La Nereide aveva da poco lasciato il porto di Dorhamat a vele spiegate e mastro Aymar, soddisfatto, scrutava l'orizzonte con un sorriso carico di aspettative. Si era occupato personalmente di scegliere gli uomini migliori per quella missione - per lo più i suoi vecchi compagni che lo seguivano da una vita, veri e propri avanzi di galera svelti di mano e pronti a maneggiare le armi - e la presenza a bordo di un funzionario del Sultanato, quel mollaccione di Turgün Jizzakh, non lo preoccupava più di tanto. Sapeva di avere il pieno controllo della ciurma: i suoi fedelissimi non gli avrebbero mai voltato le spalle e se quel mercante dell'Akeran, il grasso e stupido Jalaal, credeva che i suoi soldi sarebbero bastati a conferirgli una certa importanza nel corso della spedizione, si sbagliava di grosso. Aymar cavalcava le onde del vasto e vuoto Oceano di Zar da quasi trent'anni e per lui i viaggi per mare, quand'anche pericolosi e potenzialmente mortali, non rappresentavano un problema. Si era arricchito razziando e depredando e con quegli stessi soldi aveva comprato la sua influenza sul governatorato di Dorhamat, ottenendo di diventare uno degli uomini più potenti della città. Quella spedizione era una manna dal cielo. La sirena, poco prima di morire, aveva lasciato loro tutte le informazioni necessarie e Aymar non aveva dubbi che sarebbero riusciti ad arrivare senza intoppi; conosceva l'Oceano come le sue tasche e quella nave non l'aveva mai tradito nel corso della sua carriera. Sarebbe stato il suo ultimo viaggio prima di ritirarsi e darsi alla politica; era stanco di andare per mare, ormai aveva quasi cinquant'anni e non faceva che navigare fin da quando era un ragazzino: avrebbe volentieri rinunciato a quella vita in cambio dei lussi e degli agi che la sua ultima razzia avrebbe potuto assicurargli. Degli scrupoli del nano o delle mire del mercante non gli importava niente; si immaginava già circondato da puttane e galoppini: quello era il suo sogno, non avrebbe permesso a nessuno di portarglielo via.
~
Oceano di Zar; ???
Tutto procedeva abbastanza tranquillamente sulla Nereide. Da un paio di giorni avevano abbandonato le rotte conosciute per avventurarsi nelle vastità dell'Oceano, ma ancora nessuno aveva idea di dove fossero diretti. Fortunatamente Gurz, il pelleverde timoniere nonché capitano in seconda, non sembrava affatto preoccupato e continuava a svolgere il suo lavoro nel suo solito, religioso silenzio. Quella mattina Aymar aveva ordinato che la ciurma si radunasse sul ponte: avrebbe reso noti la destinazione e lo scopo della spedizione. Buona parte dell'equipaggio continuava a svolgere le mansioni per le quali era stato assunto come di consueto, ma si respirava una strana atmosfera a bordo della nave: gli uomini non erano abituati a rimanere all'oscuro dei dettagli e volevano sapere al più presto dove si stavano dirigendo e alla ricerca di che cosa. L'aria era tersa, il cielo sgombro da nuvole. Le temperature restavano miti in quella stagione particolarmente propizia per le lunghe traversate e l'Oceano, docile e mansueto, sembrava non poter spaventare nessuno.
- CIURMA!!
Aymar, in piedi al centro del ponte, scrutava i membri dell'equipaggio con i suoi occhi sottili e iniettati di sangue, uno strano sorriso maligno dipinto sul volto.
- Il Governatore di Dorhamat ci ha affidato una missione molto delicata, un viaggio che ci porterà ai confini dell'Oceano, molto al di fuori delle rotte segnate sulle mappe. La nostra destinazione è Dys, una colonia di sirene nelle profondità dello Zar.
Rimase in silenzio per qualche secondo per fare in modo che le sue parole venissero assorbite da tutti i membri dell'equipaggio; poi, con una vena di soddisfazione, continuò:
- Non stiamo andando alla cieca: tutte le informazioni che ci servono sono qui - disse sventolando una pergamena - . Andremo avanti a vele spiegate. Il mare è tranquillo, la rotta sicura. Saremo i primi theraniani a raggiungere questi luoghi leggendari, entreremo nella storia!
Ci furono mormorii di sorpresa e stupore. Le sirene continuavano a rimanere un mistero per gran parte della popolazione del continente e molte delle notizie che trapelavano di tanto in tanto dai pochi temerari che avevano avuto modo di incontrarne una erano vaghe e decisamente poco credibili.
- So che molti di voi si staranno chiedendo per quale ragione Dorhamat sia interessata a incontrare le sirene, ma non temete: non è solo per la gloria che ci siamo messi in viaggio. Dys ha una cosa che Dorhamat vuole ardentemente, un'avanzata tecnologia che potrebbe farci guadagnare soldi a palate e...
Dietro di lui qualcuno si schiarì la voce. Dacché gli uomini potessero ricordare nessuno aveva mai osato interromperlo durante un discorso; ma un nano dalla barba folta e dai lunghi capelli fulvi infagottato in una veste damascata di gran pregio, con una pipa in bocca e le mani dietro la schiena, si fece allora spazio per affiancare il capo corsaro con un lieve borbottio, come se avesse voluto, con quel gesto, mettere bene in chiaro che lui, su quella nave, era un pari del capitano a tutti gli effetti.
- Si tratta di una lega che le sirene chiamano aurorite, leggera ma incredibilmente resistente, oltre che plasmabile a basse temperature. La formula per ottenerla è stata sviluppata a Dys e nessuno degli ingegneri di Qashra è riuscito a replicarla con successo. Una simile scoperta - continuò, scrutando l'equipaggio con i suoi profondi occhi azzurri - potrebbe portare a un grande avanzamento della tecnologica militare e dell'ingegneria civile e navale. L'ambasceria del Sultanato, che io rappresento in questa sede, e il governo di Dorhamat spingono affinché vengano aperte con le sirene delle trattative diplomatiche in vista di accordi commerciali che possano farci ottenere la formula dell'aurorite in maniera pacifica e con reciproco vantaggio. Capirete allora quanto questa missione sia delicata.
Fece una pausa per assicurarsi che tutti avessero compreso a pieno il significato di quelle parole. Il suo tono era calmo, la sua espressione serena. Sapeva di rappresentare un governo potente e avanzato e credeva di riuscire a gestire quella masnada di pirati e bucanieri in virtù della sua autorità e della sua posizione.
- Ben detto, nobile Turgün!
Era stato Jalaal a parlare, un ricco mercante che aveva finanziato la spedizione e che aveva insistito per prendervi parte a tutti i costi, pur non essendo un guerriero né tantomeno un diplomatico. Grasso, grosso e inutile non faceva che dare ragione a tutti indistintamente; ma Turgün sapeva che di fronte alla prospettiva di un brevetto non si sarebbe fermato di fronte a niente.
- Il nostro governo - riprese Aymar, visibilmente seccato - Quello di Dorhamat, ha sancito che l'ottenimento della formula rappresenta la nostra unica priorità. Faremo tutto il possibile per completare la missione nel migliore dei modi.
Poi, con maggiore convinzione e con un lampo di ferocia negli occhi, aggiunse: - Tutto il possibile.
CITAZIONE
QM POINT
Benvenuti alla quest!
Mastro Aymar ha finalmente radunato una ciurma per ordine del Governatore e lascia la città a bordo della Nereide. E' una nave abbastanza piccola ma molto veloce, famosa per averlo accompagnato in molte delle sue avventure per mare. Di lui si sa poco, se non che è uno dei corsari più ricchi e potenti del continente, molto vicino agli ambienti politici della città portuale e temuto da tutti per i suoi metodi notoriamente spietati. Nella prima parte del vostro primo post dovrete narrare in che modo i vostri personaggi vengono a sapere della spedizione e per quali ragioni decidono di imbarcarsi; le uniche informazioni di cui siete in possesso riguardano la paga, spropositamente alta, mentre non sapete nulla della meta o della lunghezza del viaggio; la presenza di Aymar, comunque, è una garanzia di ricchezze e avventure. Dal momento ch'egli ha arruolato gran parte dei suoi fedelissimi, i posti a disposizione sono molto pochi, ma trattandosi di ruoli di bassa manovalanza come cuochi, mozzi, facchini o polverieri non sono richiesti requisiti particolari. Potete descrivere liberamente ogni dettaglio: sappiate solo che di solito il reclutamento avviene al porto di Dorhamat, in una sorta di cabina in cui un galoppino di Aymar, un vecchio di lupo di mare sulla cinquantina con un forte accento del Sud, esaminerà ciascuno di voi e deciderà chi prendere a bordo, ma avete massima libertà anche su questo aspetto. Al termine del colloquio vi sarà consegnata una carta d'imbarco e farete parte ufficialmente della ciurma della Nereide.
Nella seconda parte del post, al termine del discorso di Aymar, sarete invece liberi di descrivere che cosa fanno i vostri personaggi nel corso del viaggio, quali sono le loro occupazioni, che cosa pensano della spedizione e via dicendo. Potete interagire tra di voi senza limiti di sorta, mentre se pensate di rivolgere le vostre attenzioni agli altri membri dell'equipaggio sarà necessario un giro in Confronto. Resto sempre disponibile per domande e chiarimenti La scadenza è fissata alle 23.59 di Lunedì 29. Buona giocata!
♥ Non piangere Nishimiya sai poco fa ti ho parlato in un sogno, mi sembrava di aver rinunciato a molte cose, ma non è così. Ho sempre pensato come te Nishimiya...♥ ········
Più le cose cambiano, più rimangono le stesse. L'avvento dei caduti ha fatto mutare profondamente la città portuale che era Dorhamat, a conti fatti anche in meglio. L'ultima volta che ero stata qui il luogo era squallido come lo ricordavo. Stradine strette e appestate dal puzzo misto ma ben distinto di pesce marcio ed urina, schiamazzi provenienti da ogni viuzza, prostitute a pieno servizio sia di giorno che di notte. Una città di pirati, di malfattori, di truffatori e manigoldi. Un inferno per la brava gente, un paradiso per chi può fare a meno della legge. C'è chi crede che con il controllo del sultanato le cose siano migliorate, ed in effetti è così. Ora le prostitute se ne stanno in bordelli di media qualità, i ladri si raccolgono in gilde controllate direttamente dal governo cittadino, e gli assassini lavorano come guardie del corpo delle personalità di spicco locali. Il governo Dorhamatiano, una macchina tanto insolita quanto funzionale. Salvo per la minoranza composta dai nani mandati dal Sultanato, le figure più influenti sono Capitani Corsari conosciuti e temuti, affiancati sempre dai loro migliori uomini. Non ci sono mai guerre civili, proteste, con la caduta dell'Ahriman gli Onesti sono divenuti la guardia locale con poco o nulla da fare. La popolazione teme e rispetta i suoi leader, e questi non danno mai loro motivo di pensarla diversamente. Certo qualche volta il concilio cittadino diviene piuttosto acceso, un paio di proiettili schizzano fuori dalle finestre, ma di solito non ci scappa mai il morto. Ed è qui che ho conosciuto Jericho, quasi mezzo secolo fa, all'epoca era solo uno spadaccino troppo buono per fare il pirata. Venire a Dorhamat a fare il giustiziere rappresenta uno dei più efficienti metodi di suicidio conosciuti nell'Akeran, ma lui era troppo scemo per capirlo. Ne avevo visti altri come lui, ma lui era... sorprendentemente determinato. Il modo in cui pensava, ecco cosa mi ha convinto. A lui non dispaiceva far razzie, andare nei bordelli, malmenare qualche mercante arricchito per tirarci su un bel gruzzolo. Ma aveva un certo senso dell'onore nel farlo. Non uccideva praticamente mai, nemmeno quando le circostanze avrebbero suggerito altro. Inoltre buona parte di quello che guadagnava lo usava per dare da mangiare ai bambini negli orfanotrofi. Certo, a suo dire era perché a Dorhamat dovevano venir fuori pirati forti ed in salute, ma sotto sotto lo so che ci teneva a loro. Ha finito col farsi ammazzare perché un corsaro di una certa notorietà voleva far prendere i bambini per poterli vendere al mercato degli schiavi. Da li a poco sono sopraggiunta io, e gli ho dato una seconda possibilità. Ventitré persone massacrate nel giro di una notte, un'intera ciurma spazzata via in una manciata di ore, oserei dire di aver fatto un ottimo acquisto. Ma la fama se l'è fatta durante la marcia dei caduti, è stato allora che si è unito agli onesti e ha guadagnato il suo nuovo titolo, Ghermitore. La maggior parte degli Onesti se ne stava in panciolle, agendo solo quando era necessario, sfruttando il loro rango come lasciapassare per cibo e grog gratis. Ma lui no, a lui piaceva quello che faceva, ogni notte se ne andava in giro per le strade di Dorhamat da solo. Braccava i demoni, al punto da mettergli persino paura, li chiudeva nei lugubri angoli della città bassa e li massacrava sino a renderli irriconoscibili. Ora si impegna ancora a mantenere l'ordine, ma i sanguinosi giorni del Ghermitore sono ormai passati.
« Sembra davvero confortevole qui, nella sala grande ci sono abbastanza tavoli da sfamare un esercito. E dall'odore direi che anche i piatti non sono affatto male. »
Ultimamente Jericho aveva iniziato ad interessarsi alla vita politica della città, in fondo con la promozione a capitano di brigata non mi sorprenderei se prima o poi si sarebbe trovato invischiato in qualcosa di rilevante. Se vuoi attraversare l'Erydlyss, devi sempre portare un bel cappotto, la mamma me lo ripeteva ogni giorno. Ed io ho finito col ripeterlo a lui, sono contenta che stia facendo buon uso dei miei insegnamenti.
« Assolutamente, il boss ci tiene a mantenerci tutti felici e con lo stomaco pieno. Figurati che un paio di volte a settimana raduna un po di prostitute per far divertire i veterani. Ah, bando alle ciance, mi fa paicere vedere che anche tu te la stai passando bene nel canale. »
« Ph si, adesso sono Mademoiselle Odette de Sang, ricca e giovane mecenate con un fervido interesse nell'avanzamento tecnologico del Sultanato. Pensa che qualcuno mi conosce anche qui, nel cuore della notte tutta sola e nessuno che osasse anche solo fissarmi per più di qualche secondo. Pur con i suoi difetti, sono contenta che Dorhamat sia progredita a tal punto. »
« Già, chi l'avrebbe detto, eh? Comunque, ti ho fatta venire qui per proporti una cosa che troverai... interessante. Un po di tempo fa mi avevi parlato di come ti sarebbe piaciuto imbarcarti per vivere una bella avventura nell'Oceano dello Zar. E beh, mi è capitata tra le mani una richiesta che avrei dovuto rigirare a qualcuno competente per il lavoro. Un aiuto navigatore, niente di impegnativo, ti interess-... »
La frase fu tagliata bruscamente dal brusco movimento della mia mano che, con focosa celerità, staccò i documenti dalla sua mano. Gli occhi scorrevano rapidamente sulle righe scritte con fine inchiostro nanico. Firme e bolli, sigilli e raccomandazioni, non sono un esperta ma sembravano veramente tutti in regola. Ed in fondo Jericho non avrebbe motivo alcuno di farmi un tiro mancino.
« Magnifico, quando è la partenza? »
« Oh, tra circa sette ore. »
Dorhamat - La Nereide «Old enemies»
Chiassosa e puzzolente. Non v'è modo migliore per descrivere la sezione portuale di Dorhamat, nossignore. Già dalle prime luci dell'alba le bancarelle di pescivendoli ed armaioli sono in piena attività, disponendo la mercanzia e scaldando le forge. Ormai qui hanno tutti un'arma da fuoco attaccata alla cintura, il boom tecnologico del Sultanato non ci ha messo molto ad invadere i mercati locali, legali o meno. Mi son dovuta sbrigare a preparare i bagagli per raggiungere la nave prima che questa salpasse. Fortunatamente la spedizione prevedeva l'arrivo di alcuni ospiti speciali, quindi si è dovuta trattenere in porto un po più del necessario. Al mio arrivo stanno ancora caricando le ultime vettovagli con gli onagri, quello che sembra essere il capitano si cura di controllare tutto ciò che viene caricato, forse si preoccupa che qualche clandestino gli rovini la spedizione. Davanti alla passerelle se ne stava seduto un omaccione, seduto dietro ad un banchetto talmente piccolo dal costringerlo a tenere le gambe disposte sui lati dello stesso. Dinanzi a lui una piccola fila di volontari pronti a dare le loro firme e le loro membra per avventurarsi nello Zar. Un paio di facce note, ma adesso devo sbrigare il lato burocratico della faccenda. Passo oltre la fila, fermandomi di fianco all'energumeno barbuto che, forse stranito dai miei modi di fare mi guarda storto. All'inizio non dice niente, mi fissa intensamente coi suoi occhi azzurri, palesemente nascoste sotto delle folte sopracciglia castane. Alla fine sbuffa, passandosi una mano sul volto prima di rivolgersi a me.
« Si?... »
« A lei! »
Gli porgo tutti i documenti che Jericho mi ha dato, tre o quattro fogli in tutto, molto di meno rispetto a quello che immaginavo in origine. L'uomo infila le grosse dita nel taschino della sua giacca malandata, tirandone fuori un paio di occhialetti dalle lenti arrotondate, tenuti con cura, stonano incredibilmente con l'aspetto rozzo e semplice dell'uomo. Senza scomporsi l'uomo divora rapidamente ogni riga dei documenti tenuti saldamente tra le mani, lo sguardo trovo allargandosi non poco quando finalmente raggiunge l'ultimo foglio, guardandomi con un misto di meraviglia e sorpresa. Quando parla, il vocione burbero ha un suono misto di contentezza e rispetto, mentre le grosse ma agili mani ripiegano con cura i documenti prima che questi mi siano restituiti.
« La talentuosa nipotina di Jericho, si! Quel boia precisino mi aveva avvisato che avrebbe mandato qualcuno di fidato per dare una mano. Hmmm... eppure, mi sembri un po piccolina e gracilina per questo genere di cose. Non dubiterei mai delle sue scelte ma... sei proprio sicura di voler salire a bordo? »
« Assolutamente si, monsieur! Lo zietto ci tiene tantissimo alla mia istruzione, quindi quando ha saputo di potermi mettere al fianco di un navigatore esperto invece che a qualche paffuto figlio di mercante, non ci ha pensato due volte a mandarmi qui! »
« Mhmmm, molto bene allora. Dammi un momento che ti faccio accompagnare nei tuoi alloggi. »
L'omaccione si alza ritto in piedi, scrutando le balaustre della nave in cerca di qualcuno. Quando capisco che sta caricando un urlo per attirarne l'attenzione, capisco subito che ha trovato chi stava cercando.
« AOH! MOZZO! VIE QUA! Ce sta da porta er navigatore in erba alla stanza sua! E vedi de sbrigatte, senno te usamo pe carica i cannoni! »
La nave è vecchia, vissuta, eppure ben mantenuta e solida. Non ho avuto ancora modo di conoscere il capitano, troppo impegnato a garantire al sicurezza della sua nave per sdilinquirsi con discorsi da cabina. Il mozzo arriva tutto di fretta. Giovane, un po magrolino ma pieno di energie, nonostante le urla ben poco cortesi dell'omaccione ha un sorriso radioso stampato sul viso, ebbro d'eccitazione. Senza sforzo alcuno afferra le tre valige ricolme rispettivamente di indumenti, armi e strumenti di navigazione, correndo con leggiadria sulla passatella per mostrarmi i miei alloggi. Nulla di troppo maestoso, una semplice stanza dall'aspetto sobrio dotata di un letto, un armadio, un comodino con sopra una lampada ad olio fissata allo stesso con dei chiodi ed una piccola finestra che da al mare. Senza perdere tempo comincio a disporre i miei indumenti nell'armadio, dopo averlo ovviamente ripulito da qualsivoglia accumulo di polvere pronto ad attentare alla pulizia del mio vestiario. Metto una pistola sotto al cuscino insieme ad un pugnale, nascondendo la valigia delle armi sotto il letto stesso assieme a quella degli strumenti. La nave partirà a breve ed il viaggio non sarà certo dei più brevi, avrò modo di conoscere la ciurma lungo il tragitto.
Zephyr decise di lasciarsi alle spalle le strade, prendendo d'esempio il sole che stava già calando oltre l'orizzonte, ed entrare nella locanda de “Il Calice di Ghiaccio”. Aveva cercato informazioni su Bark tutta la mattina e, sebbene non lo avesse trovato, in molti concordavano che di solito si faceva vivo in quella locanda per l'ora di cena. Amava giocare a carte, ed era uno dei briganti più bravi nella città: alcuni lo paragonavano persino all'araldo di Loec, ma erano solo i giovani a fargli questo complimento, ancora ammaliati dalle storie del vecchio ladruncolo. Già sulla soglia di quella taverna tipica dell'Akeran, Zephyr riusciva a sentire il chiacchiericcio della gente, ed una volta varcata la soglia venne inondato da un profumo di zuppa e pesce fatto ai ferri. Non gli ci volle molto per farsi un'idea del perché: tra poco alcuni marinai avrebbero spiegato le vele nell'Oceano di Zar, e un po' per abituarli e un po' per prenderli in giro il proprietario di quel locale aveva fatto preparare dei piatti tipici marinareschi. Il giovane passò un paio d'ore al bancone, facendosi servire del vino annacquato. Se non fosse stato per necessità, lui avrebbe preso il proprietario per la maglia e lo avrebbe riempito di schiaffi: con quella schifezza non solo prendeva in giro i suoi clienti, ma rovinava persino la reputazione del povero viticoltore che ci aveva messo passione nel preparare la bevanda che ora, se fosse stata viva, si sarebbe sentita tagliata e ferita dall'acqua. Passò il tempo parlando ora con un omaccione senza capelli, poi con uno guercio, ed infine anche con un vecchio pazzo che non faceva che parlare del Kraken, una mostruosa creatura tentacolare che distruggeva le navi senza nessuno sforzo. Il mare era pieno di leggende come quelle, ormai non sapeva più a cosa credere: uomini pesce? Draghi acquatici? Tutto sembrava così reale quando usciva dalla bocca di quei vecchi ubriaconi, che il ragazzo ormai era sicuro che gli abissi avessero creature mostruose quanto i demoni del Samarbethe. Decise in fine di sollevare la testa oltre la massa di uomini e cercare Bark. Non ci mise molto ad individuare la pelata arsa dal sole. Era seduto ad un tavolo con altri due uomini, intento a giocare a carte. «Ehy Bark, amico mio! Mi posso unire a voi?» Gli uomini lo guardarono sollevando gli occhi dal tavolo, e una volta capito chi fosse, Bark e Mortz lo accolsero con un caloroso sorriso e una forte stretta di mano. Prima di invitarlo a sedersi guardarono entrambi il terzo uomo, uno con pochi capelli ma una folta barba sale e pepe. «Cinquanta per entrare.» Zephyr si accomodò sulla sedia, prendendo poi dalla saccoccia le monete necessarie, sistemandole in piccole torri di diverse dimensioni. «Nessun problema»
Le partite si susseguirono finché in gioco non rimasero solo tre concorrenti: l'uomo che non aveva detto il suo nome per tutto il tempo, Bark e Zephyr. Il ragazzo stava perdendo, e per l'ultima volta guardò le sue due carte. Due assi. Si massaggiò il mento, poi prese a ticchettare sul tavolo guardando in faccia gli altri concorrenti. Esitò. Non gli erano rimaste molte monete. Temporeggiò, guardando gli altri due assi ed il fante sul tavolo. «Tutto.» disse spingendo tutto ciò che gli rimase. L'uomo rise. «Non è un gioco per i giovani, questo.» «Perché?» «Sei come un libro aperto per me ragazzo!» e con un sorriso a trentadue denti spinse tutto al centro del tavolo. Bark a sua volta, fiducioso di avere le carte migliori, decise di provare la sorte. Il ragazzo sorrise lasciando cadere i due assi sul tavolo, ammirando lo stupore degli astanti. «Direi che hai visto solo la copertina» Tutti e tre gli uomini si alzarono, ma rapidamente Zephyr chiese loro di fermarsi: «Non andatevene, abbiamo finito di giocare, ma non di bere. OHY, ANCORA UN GIRO!»
Fu solo a fine serata che ottenne ciò che volle: «Domani, alle... facciamo a mezzogiorno. Sì, a mezzo giorno!» singhiozzo fortemente l'uomo ubriaco fradicio «Presentati al porto e chiedi per la spedizione di Aymar. E porta qualcosa da mangiare!» Furono queste le ultime parole che ricordava prima di essere andato a sboccare. Ma ci era riuscito, aveva trovato un aggancio per quella spedizione di cui aveva sentito parlare la gente del Dorhamat. Voleva prenderne parte, sapeva che si trattava di Aymar, un pezzo grosso da quelle parti, e poi vi era anche una specie di ricerca scientifica, qualcosa che non aveva capito dal suo informatore, uno troppo precisino e specifico in quel campo.
Oggi~
Zephyr chiuse gli occhi e si massaggiò le tempie: aveva fatto una grande cavolata ad essersi imbarcato. Lui soffriva di mal di mare, e lo aveva capito solo dopo esser partito. Grazie al cielo non faceva il mozzo sul ponte: solo a guardare le onde il suo stomaco tentava di svuotarsi da solo. Almeno lì, nella cucina, aveva un misto di erbe che riuscivano a placare il suo malessere in qualche modo, e soprattutto il lavoro riusciva a tenerlo tanto impegnato da non dare molto peso alla sua condizione. Lavorava da prima dell'alba fino a notte fonda, ed essendo ancora all'inizio della navigazione poteva permettersi di fare una zuppa di verdure decente, o qualche zuppa di pesce. Per quelli che comandavano invece spesso e volentieri provava a fare qualche altra ricetta da rifilare loro di nascosto: gli altri marinai non dovevano sapere di queste piccole cose che faceva, altrimenti si sarebbero sentiti offesi da quel trattamento impari.
Il lavoro sulla Nereide era stressante e ben poco appagante. Nonostante la presenza del suo giovane amico, le giornate di Ririchiyo si susseguivano una uguale all'altra. Si occupava prevalentemente di lucidare pavimenti e di pulire latrine e gli unici momenti di riposo erano costituiti dai pasti, scialbi e molto poco gustosi, e dalle ore notturne, durante le quali divideva la cabina con il suo compagno Doris e con un altro ragazzotto che non parlava mai ma lavorava sodo. Gli alloggi erano molto spartani e i mozzi erano costretti a stipare i loro oggetti personali tra una branda e l'altra, cosicché non avevano mai l'occasione di gustarsi la solitudine e la comodità di una cabina esclusiva. Anche a causa dell'irascibilità del loro superiore, un goblin alto poco più di un metro ma dall'aria assai minacciosa, i tre mozzi non facevano che sgobbare tutto il tempo senza un attimo di respiro. Del resto Kahrak, responsabile del loro lavoro, aveva fatto dentro e fuori dalle più terribili prigioni dell'Akeran ed era abituato a farsi rispettare dai più deboli; Aymar l'aveva preso sotto la sua protezione per via dei suoi metodi crudeli e non c'era alcun dubbio che sapesse usare la sfilza di coltelli, pugnali e spadini che si portava appresso ogni volta che lasciava la sua branda. Era una canaglia, ma di quelle capaci di sopravvivere in qualsiasi situazione, adattandosi alle avversità e aggrappandosi alla vita con tutte le forze di cui poteva disporre. Ririchiyo era il bersaglio preferito delle sue angherie per via del suo aspetto e della giovane età; d'altra parte Doris preferiva farsi gli affari suoi e non si era mai ribellato ai comandi del loro capo, nonostante dovesse far finta di non vedere i soprusi che commetteva ogni giorno, come pretendere prestazioni impossibili o farsi consegnare i pochi pasti destinati a sfamarli durante la traversata. L'altro ragazzo, invece, divideva volentieri il lavoro con la giovane ma rimaneva sempre in silenzio. Aveva detto di chiamarsi Gavin, ma nessuno sapeva da dove venisse né quanti anni avesse. Era però animato da un altruismo senza pari, tant'è che era sempre disposto a dividere con lei il cibo e la fatica in ugual modo.
Le cose erano andate diversamente per Odette, che forte della raccomandazione di un parente era riuscita ad ottenere un ruolo di maggior prestigio e un alloggio assai più dignitoso delle cabine normalmente occupate dai membri della ciurma. Ma a dispetto delle rassicurazioni iniziali, anche per lei il viaggio sulla Nereide si prospettò colmo di seccature. Aymar, non sapendo in quale altro modo impiegarla, l'aveva assegnata al noioso e burbero Turgün, che rimaneva chiuso nella sua stanza per la maggior parte del tempo. Doveva portargli i pasti, consegnargli messaggi, sistemargli le pergamene che quotidianamente consultava al suo scrittoio, assisterlo in ogni cosa che richiedesse il suo aiuto. Odette raramente aveva occasione di gironzolare per la nave e solo per svolgere qualche compito per il vecchio ambasciatore di Qashra. Si imbatteva spesso nel mercante Jalaal, con il quale Turgün passava molto tempo discutendo del viaggio e della missione, ed era sempre gentile con lei. Le regalava dei dolci e la trattava con molto garbo, forse perché l'aveva presa in simpatia. Non sembrava particolarmente sveglio, ma quanto ad affabilità era molto meglio del nano, che non faceva che darle ordini e avanzare sempre nuove richieste senza mai ringraziare né guardarla negli occhi.
Di solito le cucine erano considerate un buon posto, a bordo di una nave: non si rischiava di incappare nelle ire dei superiori e non si soffriva mai la fame. Purtroppo sulla Nereide le cose andavano diversamente. Zephyr aveva scoperto suo malgrado che cercare di accontentare tutti era piuttosto difficile. Il cuoco originariamente assunto da Aymar, un omaccione con più di qualche goccia di sangue orchesco nelle vene, si era preso una coltellata nello stomaco in seguito a una rissa sul ponte ed era stato immediatamente degradato e gettato in mare, così che fosse d'esempio a tutti coloro che, per qualche strana forma di incoscienza, avessero voluto creare guai sulla nave del capitano Aymar. Accortisi che il nuovo cuoco era molto più bravo di quell'avanzo di galera che si erano presi a bordo, i pezzi grossi della ciurma cominciarono ad avanzare richieste sempre più assurde e diventarono, man mano che proseguivano lungo la rotta, sempre più esigenti. Aymar in particolare cambiava idea tre o quattro volte al giorno su quello che voleva mangiare e spesso si faceva portare in cabina dei pasti fuori orario. Inviava un suo tirapiedi a ritirare il cibo e quando non era di suo gradimento minacciava il povero Zephyr di fargli fare la stessa fine del suo sfortunato predecessore. L'unico a non essere schizzinoso era senza dubbio Gurz, che consumava solo carne cruda innaffiata da una discreta quantità di quell'intruglio annacquato che i dorhamatiani chiamavano birra. Per il resto, né Jalaal né Turgün gli avevano mai dato problemi, e gli altri membri dell'equipaggio, ignari che nella stiva si celassero certe prelibatezze, continuavano a consumare ciò che veniva messo loro sotto il muso senza replicare.
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Le giornate si trascinavano lentamente a bordo della Nereide e la ciurma lasciava che il tempo scivolasse senza che vi fosse mai alcuna novità. Nonostante le rassicurazioni di Aymar il timoniere continuava a sostenere che seguendo quella rotta non sarebbero arrivati da nessuna parte, ma dal momento che nessuno osava contraddire il capitano non vi fu alcun ripensamento sulla missione. Il viaggio era tranquillo: procedevano speditamente e senza intoppi da quando erano partiti e il mare continuava a rimanere calmo, fatta eccezione per qualche debole tempesta che era possibile scorgere in lontananza, a diverse miglia di distanza. Buona parte degli uomini temeva che non avrebbero trovato nulla oltre i confini delle rotte conosciute; del resto erano in molti, tra i naviganti, a credere che l'Oceano di Zar fosse solamente un'immensa distesa d'acqua che non celava alcun continente misterioso e non dava asilo a nessuna civiltà intelligente o razza sconosciuta, fatta eccezione per i giganteschi cetacei che avevano intravisto di tanto in tanto solcare le onde e altre creature per le quali i theraniani non si erano mai sprecati a trovare un nome. Erano passate quasi due settimane e l'umore dell'equipaggio cominciava rapidamente a volgere verso lo sconforto. Per tenere impegnati gli animi Aymar aveva ordinato che fossero aperte le botti di vino affinché quella sera potessero festeggiare, anche se non ve n'era motivo: si erano spinti molto in profondità nell'Oceano, ma non avevano trovato alcun indizio sulla loro destinazione. L'aria era stranamente calda e il tramonto conferiva all'acqua dei riflessi adamantini. Ciascun membro dell'equipaggio, attendendo con impazienza che facesse sera per cominciare a far festa, svolgeva il suo lavoro come di consueto e qualcuno di loro persino con più entusiasmo del solito. Però Gurz, abile e smaliziato navigante, aveva messo in guardia il suo capitano circa i rischi di quelle acque sconosciute: l'Oceano era volubile e il meteo assai mutevole in mare aperto. E fu così che il cielo, animato fino a poco prima da un tramonto freddo e argentato, si coprì di fitte nubi scure e cariche di pioggia; la superficie piatta del mare si tramutò rapidamente in un inferno di marosi con creste di schiuma bianca che si infrangevano contro le paratie e in breve la Nereide si ritrovò in balia di una tempesta tanto improvvisa quanto violenta. La burrasca vomitava pioggia e vento e le gigantesche ondate che il mare scaricava sull'imbarcazione si portarono via l'albero di trinchetto assieme a qualche cassa e diversi membri dell'equipaggio. A nulla valsero i tentativi del timoniere di traghettare la Nereide in acque più tranquille: di tempeste ne aveva viste tante, ma mai nessuna come quella. Aymar, fattosi persuaso che non c'era più niente da fare per la sua nave, si precipitò verso una delle scialuppe lasciando i suoi uomini in balia di loro stessi; ma molti altri ebbero la sua stessa idea e in breve sul ponte si creò una vera e propria lotta per la sopravvivenza. Qualcuno decise di evitare le coltellate dei compagni e di gettarsi in mare nel disperato tentativo di aggrapparsi a qualcosa, ma furono in molti a scegliere di rimanere e provare a tutti i costi a guadagnarsi un posto su una scialuppa a suon di pugni e fendenti. Chi sarebbe riuscito a mettersi in salvo per primo in quel parapiglia?
CITAZIONE
QM POINT
Molto bene ragazzi. Potete descrivere le vostre occupazioni sulla Nereide come preferite: sono stata volutamente vaga sulla caratterizzazione di alcuni PNG, potete descriverli a vostro piacimento attenendovi però alle poche direttive che vi ho fornito. Adesso arrivano i guai. Lungo la rotta per Dys la Nereide incappa in una violenta tempesta e tutti i tentativi di Gurz, il timoniere, di portarla in acque più sicure falliscono miseramente. Avete poco tempo per salvarvi e l'unico modo è quello di raggiungere una scialuppa o in alternativa di aggrapparsi a qualche flutto che galleggia sotto di voi. Purtroppo sulle scialuppe non c'è posto per tutti. Per raggiungerne una e assicurarvi la salvezza dovrete farvi largo tra gli altri membri della ciurma subendo un Danno Alto al fisico. Potete anche decidere, subendo un Danno Medio ulteriore, di portare in salvo solo un altro tra i PNG che avrete nelle vicinanze: - Ririchiyo può scegliere di accogliere sulla barca Doris, Gavin o Kahrak. - Odette può decidere di salvare il nobile Turgün o il mercante Jalaal. - Zephyr ha l'opportunità di prendere a bordo il capitano Aymar oppure Gurz, il timoniere.
Se deciderete di buttarvi in mare tra i flutti subirete solo un Danno Medio, ma non avrete l'opportunità di salvare nessuno. La scelta è vostra. La scadenza è fissata alle 23.59 di Sabato 5 Marzo. Come al solito, per dubbi, domande o chiarimenti sono sempre disponibile Buona giocata!
♥ Non piangere Nishimiya sai poco fa ti ho parlato in un sogno, mi sembrava di aver rinunciato a molte cose, ma non è così. Ho sempre pensato come te Nishimiya...♥ ········
« Non preoccuparti, andrà tuttio liscio. In un modo, o nell'altro. »
[...]
Ogni rosa ha le sue spine, ogni moneta un suo rovescio, al mondo non vi è nulla capace del bene assoluto o del male incondizionato. Jericho ha davvero a cuore questa spedizione, per motivi ben più importante della semplice compassione. La nave, l'equipaggio, i nani, l'obbiettivo finale; ruota tutto intorno alle Sirene. Se ne parla in libri, racconti popolari, storie per bambini. Nel metodo di ricerca della verità bisogna cercare ogni fonte affidabile, analizzarle con cura e trovare degli elementi in comune. Non due ripetizioni, ma tre o anche quattro, dettagli costanti che variano in maniera irrisoria di storia in storia. Le certezze sono poche, ma importanti. Creature marine, aspetto umanoide, in natura se ne sono osservati solo esemplari femminili ma questo implica che esista anche una controparte maschile. Alcuni sostengono che siano dei pesci, ma la presenza di seni implica che esse siano invece dei mammiferi dotati comunque di branchie. Creature a sangue caldo, non mi sorprenderebbe se le loro città siano situate in prossimità di insenature vulcaniche capaci di produrre calore a sufficienza per il loro benessere. Informazioni comunque approssimative, incomplete, la loro cultura rimane un mistero, motivo per cui Jericho è così preoccupato. Aymar è un capitano competente, capace di mantenere insieme una ciurma e di guidare una nave. Questo mette fine alla lista di tratti positivi che lo riguardano. Un uomo rozzo, impudente, scellerato e senza una morale. Un bucaniere, stupratore, assassino e mercante di schiavi. L'unico uso che abbia mai fatto del suo cervello è stato interamente dedicato a come massacrare gli abitanti delle navi mercantili razziate lungo la costa. Quella che andiamo ad intraprendere è una missione diplomatica, al sua presenza è dettata semplicemente dal ricco finanziamento, nulla di più, risultati concreti a qualunque costo. Jericho teme che i suoi modi di fare finiscano col mettere le sirene sul piede di guerra, creature marine senzienti e civilizzate, non troppo lontane da Dhoramat. Se ne avessero motivo, sarebbero capaci di paralizzare l'intero traffico mercantile della città, persino causarne la caduta. Il che porta al mio brocco vincente, il nano a cui interessa la lega metallica, Turgün. Non è la persona più socievole del mondo, ma questo semplicemente perché è consumato dalla preoccupazione, per ragioni probabilmente molto simili a quelle di Jericho. Il lavoro è intenso, ma lo faccio volentieri, mi permette di capire come il nano sia esperto in quello che fa. Controlla i suoi documenti più e più volte, si assicura che mantenga tutto in ordine e incontra giornalmente il mercante che ha finanziato la spedizione. Jalaal, panciuto e sempre di buon umore, al contrario di Turgün sembra non avere preoccupazioni di sorta, forse perché fin troppo abituato alla ricca vita del Sultanato per comprendere il pericolo che corre su una nave di bucanieri, non importa quanto profumatamente pagati questi siano. Ogni sera, dopo aver posizionato gli incarti in ordine cronologico, mi ritiro nei miei alloggi e mi assicuro che tutte le armi siano perfettamente funzionanti e pulite. Spera per il meglio ma preparati al peggio, ci sono volte in cui mi chiedo se la mamma abbia mai fatto cose di questo genere. Durante una delle mie commissioni per il nobile nanico ho riconosciuto il profilo familiare del mezzo demone, impiegata nell'ingrato compito di mozzo. Qualcosa mi dice che il goblin non vivrà ancora a lungo. Nelle cucine invece c'è quel marpione belloccio di Zefiro, è lui che si cura di preparare piatti degni di nota per i nani, il capitano e me. Peccato abbia chiuso la locanda, è davvero un cuoco coi controfiocchi. Il viaggio durerà ancora per qualche giorno, c'è tutto il tempo per sistemare un problema o due, prepararsi per l'incontro con le sirene. Ed assicurarsi che la questo sia il più diplomatico possibile.
L'Oceano di Zar - ??? «...before the storm»
L'Oceano di Zar è per la maggior parte un luogo ignoto, inesplorato, pericoloso per coloro che lo conoscono, letale per chiunque altro. Molti disprezzano i viaggi in nave, per problemi denigranti come il mal di mare, o semplicemente per un'amore quasi passionale per la terra ferma. Il mare sa essere spietato, ma è anche misericordioso, proprio come un essere vivente. Quando la nave avanza con fare pacato nel cuore della notte, sospinta leggiadramente dalle correnti, mi sembra quasi di essere in una morbida culla. Dondolata dolcemente a destra e a sinistra, come l'abbraccio di una madre amorevole, che si prende cura del proprio bambino. Il capitano inizia ad invocare l'apertura dei barili di vino, mastro Turgün d'altro canto non sembra essere felice della situazione. La ciurma era relativamente sotto controllo fintanto che questi restano sobri e capaci di seguire li ordini del loro capitano, ma farli ubriacare di vino? Non solo li rendeva pericolosi, ma sottolineava come il viaggio non stesse andando nel migliore dei modi. Nella migliore delle ipotesi sarebbero stati attaccati da una nave pirata. Ma quando la nave cominciò a traballare bruscamente e il fragoroso suono delle onde si schiantò violentemente sulle fiancate, capii che era la peggiore di queste ad essersi avverta. Una tempesta, apparsa dal nulla, ha investito in pieno la nave cogliendo alla sprovvista l'intera ciurma. Ero ancora nella stanza del nano ad occuparmi di alcune scartoffie quando il caos della battaglia si mescolò al vento ululante della tempesta, non serviva essere li per capire cosa stesse succedendo.
« Si prepari, se vogliamo salvarci dovremo scappare prima che questa bagnarola coli a picco. »
Mi dirigo rapidamente nelle mie stanze, la Masquerade e i pugnali sono tutti al loro posto, la furibonda combriccola fin troppo preoccupata nel darsi alla fuga per considerare anche solo l'idea di sgraffignare qualcosa. Il nobile mi aspetta all'uscita, mi dirigo in cerca del mercante ma non sembra vi sia traccia di lui, spero che sia già riuscito a mettersi in salvo. Una volta raggiunto il ponte realizzo veramente l'entità di ciò che sta accadendo, in tutto il suo splendido orrore. Del capitano non v'era traccia, il timoniere stava facendo tutto il possibile per mantenere la nave stabile ma ormai è solo una questione di tempo prima che la tempesta riesca ad avere la meglio. Tutti contro tutti, i primi che arrivano ad una scialuppa libera vincono, gli altri annegheranno senza speranza di salvezza. Turgün dal canto suo non aveva alcuna intenzione di rinunciare alla sua vita per colpa di un mucchio di topi di fogna Dorhamatiani, stringeva una sciabola dall'impugnatura lavorata nella mano destra ed una pistola dall'aspetto piuttosto tecnologico nell'altra. I nostri sguardi si incrociano per un attimo, annuiamo, e senza indugiare ci gettiamo nella mischia. Spalla a spalla, la nostra piccola stazza un vantaggio non indifferente in questo putiferio. I più non sembrano nemmeno fare caso alla nostra presenza, tanto sono impegnati a massacrarsi nel disperato tentativo di raggiungere una delle poche scialuppe rimaste. Le urla , per quanto forti, sembrano quasi fittizie nella baraonda generata dal vento, un caos degno di un vero campo di battaglia. All'inizio cerco di dare un senso ai miei movimenti, ma bastano una manciata di secondi per perdermi tra i cadaveri e i feriti, martoriati da coloro che fino a poco fa consideravano come fratelli o compagni d'avventura. Questi uomini, ecco cosa rappresenta veramente Dhoramat, ecco chi sono i pilastri portanti della città. Degli animali, bestie prive di qualsivoglia fibra morale, egoisti senza scrupoli. Poi lo vedo, difficile non fare caso ad una tozza figura vestita di abiti color cremisi, specialmente in una situazione come questa. Era riuscito a salire su una scialuppa, peccato che tre uomini non fossero del medesimo avviso, cercando in tutti i modi di trascinarlo sul ponte della nave. La sua sicurezza viene prima di ogni altra cosa. Scatto rapidamente verso il più corpulento del trio, recidendo di netto i suoi tendini con relativa semplicità, aspetto che cada in ginocchio per poi finire l'opera con un affondo pulito nel suo testone vuoto. Gli altri due si voltano per osservare il loro compagno caduto, mi guardano con astio, ma commettono il grave errore di distrarsi. Un fendente di sciabola squarta l'addome del secondo, un colpo di pistola spezza brevemente il furore della tempesta mentre il cervello dilaniato dell'uomo dipinge il ponte di una poltiglia rosastra. Il terso si scaglia furiosamente verso il nano nel tentativo di strangolarlo, mi avvento su di lui per toglierglielo di dosso ma finisco con l'essere scaraventata a terra con una poderosa gomitata alla bocca dello stomaco. Un attimo per riprendere fiato, le dita strette a morte attorno alle else dei pugnali, affondo al bestia nei genitali dell'uomo e tiro abbastanza forte da strapparglielo come un rotolo di pergamena. Il colpo di sciabola del nobile mette fine alle sue sofferenza. Mi appresto a far calare al scialuppa in mare prima che qualcun'altro decida di cercare un posto in più su di essa. Poi, in poco più di un'istante, perdo la presa della corda. Qualcosa impatta violentemente sul mio fianco destro, Turgün non riesce a mantenere la scialuppa da solo, l'impatto con la superficie acquosa è violento, abbastanza da stordirmi. Mi trascino brevemente per poggiare la schiena sul bordo della scialuppa, rimuovo la mano poggiata sul fianco, solo per osservare la pioggia burrascosa lavare via il sangue da essa. Un foro di proiettile, dimensioni non trascurabili. Prendo la bella ed infilo la punta nella ferita, piango disperatamente ogni volta che il duro acciaio muove la carne, poi lo sento. Un affondo deciso, faccio leva nella ferita fino a far saltare fuori il proiettile, il dolore è insopportabile. Poi, il buio.
Una goccia di sudore scivolò dalla fronte arcigna di Zephyr per cadere sulla piastra ardente. Non fece molto rumore, d'altronde vi erano quattro bistecche il cui grasso sfrigolava incessantemente già da qualche minuto. Era giunto il momento. Senza farsi molti problemi il giovane cuoco rigirò la carne, constatando di aver colto il momento opportuno e di non doverla rigirare. I migliori chef infatti sapevano bene che la bistecca andava girata solo una volta, quello era uno dei piccoli segreti che aveva appreso nel corso degli anni. Quello e che sale e pepe devono essere sempre presenti. Lui adorava metterci anche altre spezie, ma purtroppo, benché la nave fosse ben fornita, non poteva avere tutto il necessario. Così decise che anziché sbilanciare troppo il gusto, sarebbe stato meglio non speziarle per nulla. Il capitano quel giorno non aveva ancora cambiato idea su che pasto volesse mangiare, e forse, per la prima volta da quando l'orco che si occupava delle cucine era morto, Zephyr non era inquieto per via dei cambi repentini d'umore del vecchio. Non voleva fare una brutta fine, né voleva essere lanciato in mare per insubordinazione. Anzi, forse sarebbe stato meglio, sarebbe riuscito a volare di nuovo sulla terraferma. Anche perché era dalla mattina che la cucina si muoveva un po' troppo rispetto agli standard, e il giovane aveva anche vomitato una volta. A nulla era valso imbottirsi di erbe per tenere a bada il mal di mare, lo stomaco non era riuscito a contenere i tre cucchiai di sbobba che aveva mangiato a pranzo, e tutto d'un tratto era corso al cestino. Mentre le bistecche sfrigolavano, qualcosa sembrò colpire la nave, e tutte le bottiglie di olio ed aceto scivolarono dagli scaffali. Zephyr barcollò, tentando di mantenere l'equilibrio, ma un'altra botta lo fece cadere. Bestemmiò, tirando in mezzo Zoikar e Voljund. Con una mano sul muro di legno, nel vano tentativo di sorreggersi in piedi in qualche modo, il cuoco salì sul ponte. Lo scalpiccio di passi e le urla degli uomini si intensificarono a tal punto che appena arrivato sul ponte, l'uomo non capì subito cosa fosse successo. Infine si accorse, vedendo alcuni mozzi raccolti attorno al ormai distrutto albero maestro, che le condizioni della nave erano critiche. E non solo, il temporale stava facendo troppi danni, tra pioggia che rendeva il legno scivoloso ed il vento che buttava in mare gli uomini. Tra le urla, le botte e le coltellate, i marinai stavano calando le scialuppe di salvataggio. In un attimo, i fedelissimi di Aymar erano diventati belve, e nemmeno il capitano stesso era considerato granché importante per essere accolto su una barca per salvarsi la pelle. Si fidava tanto di quegli uomini, ed ora alcuni gli voltavano le spalle. Zephyr un tempo aveva creduto alla storiella del capitano che non abbandona mai la nave, ma ora, mentre il vecchio veniva spintonato ed allontanato dalle scialuppe, capiva bene che ognuno ci teneva alla propria pelle. Ma nella stessa condizione si ritrovava anche Gurz, il timoniere che mai gli aveva dato problemi per il cibo. L'uomo stava spesso in disparte a mangiare carne secca imbevuta di birra.
Chiuse gli occhi per un attimo, e subito dopo si buttò di corsa verso il capitano. Lo afferrò per il braccio, alzandolo di forza, e lo buttò nella calca che accerchiava una scialuppa. Lo spinse a forza, sgomitando senza curarsi di chi colpiva. Pugni alle costole, manate in faccia, strattoni: non si era risparmiato nulla. Per fortuna nessuno poteva afferrarlo e tirarlo addietro: l'acqua rendeva la sua pelle scivolosa, quasi come se fosse immerso nell'olio. Alla fine ce l'aveva fatta, aveva portato il capitano sulla piccola barchetta, mettendosi anche lui in salvo, e solo quando si stava allontanando dalla nave che si accorse di avere una ferita all'addome. Con una mano tamponò alla bene e meglio il taglio, e guardò il capitano, che aveva lo sguardo perso verso la sua vecchia nave.
Con la stessa rapidità con la quale era arrivata, la tempesta infine si placò e lasciò le poche scialuppe che erano state in grado di domarne i marosi in balia dell'Oceano. Buona parte degli uomini che si era gettata in mare rinunciando a un posto sulle imbarcazioni di salvataggio era affogato e sarebbe diventato presto cibo per i pesci, mentre gli altri sarebbero sicuramente morti di stenti nel giro di qualche giorno. Sulle scialuppe la situazione non era certo migliore: l'equipaggio della Nereide, ormai decimato, non avrebbe visto che acqua e nuvole e intorno a sé. Qualcuno conosceva la rotta per Dys, ma non sarebbero mai riusciti a raggiungerla in quelle condizioni: non avevano né cibo né acqua e molti erano rimasti feriti sulla nave in seguito agli scontri sul ponte. Attorno a loro galleggiava quel che era rimasto della favolosa imbarcazione del capitano Aymar, il fiore all'occhiello di Dorhamat, che aveva solcato le acque del mitico Oceano di Zar per l'ultima volta. La disperazione si impossessò presto dei sopravvissuti, che cominciarono ad accusarsi a vicenda per quanto era avvenuto e a chiedere con insistenza che qualcuno facesse qualcosa o proponesse una soluzione. Altri, consapevoli di non avere scampo, si agitarono inutilmente e presero a lamentarsi o a farneticare frasi senza senso. Che cosa avrebbero potuto fare in una circostanza come quella? A un tratto i pochi marinai rimasti lucidi poterono intravedere, sotto di loro, qualcosa che si aggirava attorno alle scialuppe. I più esperti sostennero che doveva trattarsi di delfini, altri di squali, ma nessuno fu in grado di identificare con certezza le misteriose ombre che li stavano rapidamente circondando; finché, all'improvviso, una di quelle creature non emerse dall'acqua per mostrarsi infine all'equipaggio e palesare così la sua presenza. Nel panico generale qualcuno tra gli uomini cominciò a menare fendenti, calci o pugni per allontanarla, e in breve altre ne sarebbero apparse tutto attorno a loro. A un primo sguardo i naviganti non avrebbero visto altro che esili e longilinee fanciulle dai capelli fluenti, in tutto e per tutto simili alle femmine di razza umana che popolavano Theras; ma la loro pelle era straordinariamente lucente, più spessa del normale, e qualcuno tra i più attenti avrebbe potuto scorgere, quasi invisibili agli occhi, piccole scaglie luminescenti che sembravano ricoprire le loro braccia nude. Si muovevano tra le onde con la medesima maestria e fluidità delle creature sottomarine e molte di loro indossavano armature leggere di strana fattura, dalla forma arrotondata e morbida, ed erano armate di spade, lance o tridenti. Provarono molte volte a rivolgere ai sopravvissuti qualche parola in una lingua che nessuno tra i presenti aveva mai udito prima, dopodiché, in seguito a un comando piuttosto secco e autorevole di una di loro, buona parte dei marinai smise di combattere e si limitò a fissarle in preda al terrore e alla meraviglia. Non fu mostrata alcuna pietà per coloro che decisero, benché feriti e spaventati, di non arrendersi, tanto che vennero immediatamente sconfitti e passati per le armi. Nell'improvviso silenzio che era sceso sul gruppo di sopravvissuti, la stessa creatura che aveva parlato poco prima si fece avanti per prendere nuovamente parola. I naufraghi trovarono con stupore che, nonostante l'accento un po' affettato, era in grado di parlare la lingua maggiormente in uso nel continente alla perfezione e senza alcun errore o esitazione.
- Cercherò di essere chiara, così che possiate capire in quale spiacevole situazione vi trovate. Siete entrati nei nostri territori senza autorizzazione e questo, per Dys, equivale a un atto di guerra. Sfortunatamente per voi, la vostra nave è incappata in una tempesta ed è andata distrutta. Se le circostanze fossero state diverse, vi avremmo giustiziato seduta stante. Tuttavia - riprese dopo un attimo di silenzio - Dal momento che la vostra posizione non appare... chiara, sarete imprigionati e portati a Dys, in attesa di essere giudicati secondo le nostre leggi.
Nessuno, tra i presenti, mosse alcuna obiezione.
Legateli. - ordinò infine alle sue sottoposte.
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Erano arrivati a Dys attraverso un condotto sottomarino dal quale potevano scorgere in trasparenza le profondità dell'Oceano che li circondava. Grazie a uno speciale dispositivo che creò attorno alle loro teste una specie di bolla d'aria furono in grado di respirare sott'acqua e di muoversi, anche se un po' goffamente, attraverso il cunicolo. Fu immediatamente chiaro a tutti che le sirene sembravano possedere tecnologie avanzatissime pressoché sconosciute ai popoli della terraferma, tanto che erano state in grado di costruire, avvolta da una gigantesca cupola argentata, un'intera città negli abissi dello Zar. Nel breve tragitto che percorsero dal condotto alle prigioni poterono vedere una serie di edifici giganteschi dalla forma sferica adagiati su rocce marine o sui fondali frastagliati di quel tratto di mare e numerose sirene che si muovevano a cavallo di enormi pesci o che nuotavano con impressionante rapidità per spostarsi da un palazzo all'altro. Si accorsero inoltre con un certo stupore che sembravano non esserci esemplari maschi. C'erano poche guardie situate ai confini della città, oltre che all'ingresso di qualche edificio dall'aria particolarmente maestosa, tanto che se non fosse stato per il crudele trattamento inflitto poco prima ai loro compagni, i naufraghi avrebbero immediatamente pensato a un popolo avanzato e del tutto pacifico. Vennero rinchiusi tutti insieme in una grande cella sorvegliata a vista da soldatesse in armatura, in un agglomerato di costruzioni che costituiva a tutti gli effetti il carcere della città. Il nobile Turgün chiese immediatamente udienza presso l'ufficiale in comando e le guardie, riconoscendo in lui una sorta di autorità per i theraniani, lo scortarono in caserma, dove rimase per un paio d'ore. Nel frattempo ai prigionieri furono consegnati dei pasti consistenti in acqua potabile e in una ciotola di zuppa che, nonostante l'odore nauseabondo di pesce, sembrava commestibile. Aymar, salvato dal cuoco che aveva tanto tormentato a bordo della sua nave, si era chiuso in un ostinato silenzio: non toccò cibo e si limitò a restarsene in un cantuccio scoccando occhiate maligne a tutti i sopravvissuti. Ririchiyo scoprì che il suo silenzioso compagno era in grado di curare alcune ferite con il solo tocco delle mani e tutti approfittarono della sua bontà per alleviare, anche se di poco, il dolore causato dai fendenti e dalle botte che avevano ricevuto in seguito agli scontri in mare aperto. Della ciurma di Aymar non restavano che una dozzina di sopravvissuti, per lo più semplici marinai che, spaventati dalle circostanze e sentendosi traditi dal loro capitano, non fecero altro che restarsene in un angolo a confabulare tra loro. Quando il nano fu di ritorno tutti i prigionieri cercarono nel suo sguardo qualche indizio su ciò che li attendeva; si accorsero subito che a scortarlo non c'erano le guardie carcerarie ma una sirena, la stessa che li aveva sorpresi durante il naufragio e che aveva ordinato di catturarli. L'incarnato diafano e gli occhi adamantini conferivano alla sua persona un aspetto decisamente glaciale. A giudicare dalle preziose vesti e dall'armatura intarsiata era chiaro che doveva trattarsi di una figura di un certo rilievo.
Una volta giunta di fronte ai prigionieri, rivolse loro un'occhiata che avrebbe dovuto trafiggerli da parte a parte, dopodiché esclamò:
- Il nobile Turgün mi ha riferito che vi trovate invero nel corso di una missione diplomatica. Sebbene non abbiate richiesto l'autorizzazione necessaria per recarvi a Dys, ho deciso di credere alle sue parole. Verrete liberati e sarete trattati come ospiti.
Si fermò un istante, scrutandoli con disprezzo.
- Resta inteso - riprese poi, gelida - che la vostra permanenza sarà oggetto di discussione con il prefetto di questa colonia, madamigella Astrea, in attesa di verificare quali siano le vostre reali intenzioni e quale sia il trattamento adeguato per le vostre azioni. Immagino che "discutere" sia la parola che nella vostra lingua esprima meglio questo concetto, anche se raramente ci sono disaccordi tra noi, come accade tra le specie primordiali. Ritenevi fortunati: Dys è una delle colonie più periferiche del nostro regno. Se foste capitati presso le nostre sorelle più in profondità sareste stati uccisi seduta stante.
Nonostante vi osservi con una punta di orgoglio è difficile dimenticare quale sia stata la sorte dei vostri compagni più bellicosi.
- Sarete sotto la mia responsabilità: qualsiasi infrazione sarà punita con la morte. Attenetevi dunque alle regole e non vi accadrà niente. Vi saranno consegnati dei pasti e vi verrà assegnata una branda nella foresteria, accanto alla prigione. Io sono Goetia e potrete trovarmi, per qualsiasi domanda o spiegazione, alla caserma. Dovrete rivolgervi a me chiamandomi madamigella.
Detto ciò, si voltò verso il nano e chinò un poco il capo come per manifestargli, seppur blandamente, il rispetto che portava nei confronti del suo rango. Le sirene sembravano essere particolarmente legate all'etichetta e alle buone maniere, ma i prigionieri sapevano bene che non avrebbero esitato, se necessario, a passarli per le armi. I passi di Goetia risuonarono a lungo nel corridoio metallico delle prigioni mentre le guardie, aperta la cella, lasciarono che i naufraghi uscissero senza degnarli di uno sguardo.
CITAZIONE
QM POINT
Bene ragazzi. Dopo il naufragio venite recuperati da un gruppo di sirene che, anziché uccidervi, decide di catturarvi e portarvi a Dys per un processo. Coloro che oppongono resistenza vengono giustiziati seduta stante, cosicché non vi rimangono molte alternative. A Dys trovate un popolo avanzato in possesso di tecnologie sconosciute e in apparenza completamente pacifico. Riuscite a respirare e a sostenere l'enorme pressione dell'acqua grazie agli speciali dispositivi di cui siete stati dotati, semplici collari da portare intorno al collo.
Il risultato delle vostre scelte nel turno precedente è presto detto: Gavin, salvato da Ririchiyo, sembra possedere misteriose arti guaritrici e attraverso il tocco delle sue mani molte delle vostre ferite si rimarginano; siete quindi in grado di sottrarre un danno Medio dal calcolo dei danni complessivi. Sembra che sia davvero muto, o perlomeno che non riesca a proferire parola: non vi sarà di grande aiuto nel trattare con le sirene, ma i suoi enormi occhi blu dall'aria innocente e benevola potrebbero comunque fare una buona impressione. Il nobile Turgün, grazie alla sua avvedutezza e alle sue spiccate abilità diplomatiche, è stato in grado di assicurarvi una permanenza perlomeno dignitosa nella colonia. In seguito alle sue rassicurazioni avete inoltre avuto indietro le vostre armi e gli oggetti personali che siete riusciti a salvare dal naufragio. Il capitano Aymar, ferito nell'orgoglio, non è molto interessato a stringere legami con il popolo sconosciuto e sembra progettare al contrario una sorta di vendetta personale; d'altra parte non è detto che egli non provi a portare a termine la missione con o senza di voi. Le sue abilità guerresche potrebbero salvarvi il collo se la situazione dovesse mettersi male.
Inutile dire che non esistevano scelte giuste o scelte sbagliate: volevo che semplicemente vi sentiste liberi di agire in base a quello che il vostro personaggio riteneva più opportuno in quella situazione.
A questo punto entriamo nel cuore della quest. Si prospettano, per voi, varie possibilità. La vostra situazione non è chiara, nel senso che siete trattati sia come ospiti che come prigionieri, e di conseguenza, pur potendovi muovere liberamente per Dys, sapete di essere tenuti d'occhio. Il prossimo turno si svolgerà in Confronto. Ognuno di voi può decidere che cosa fare: potete cercare di ottenere la formula dell'aurorite attenendovi quindi al piano originale, in maniera pacifica oppure con la forza; potete decidere di cercare un dialogo con le autorità della colonia per stringere accordi commerciali o per barattare la vostra vita, avviare le tanto desiderate trattative diplomatiche o prendere iniziative personali. Potete semplicemente vagare per la colonia senza uno scopo o per scoprire di più sulle sirene, sui loro usi e costumi, sul perché esse conoscano così bene la lingua Comune, e via dicendo. Non avete più un capitano e comunque in questa situazione le gerarchie non contano nulla. Sentitevi liberi di fare quello che preferite. Ancora una volta non esiste una scelta giusta: l'esito e l'andamento della quest dipenderà unicamente dalle vostre azioni, non esistono piani prestabiliti. Potete fare quello che volete, a tutti gli effetti. Naturalmente ogni vostra azione avrà una conseguenza, ma non siete più obbligati ad eseguire per forza il compito per cui siete stati assunti da Aymar, né ad esaudire le richieste di Turgün. Gavin seguirà volentieri Ririchiyo nel caso ella dovesse chiederglielo mentre Aymar, in particolare, sguscerà fuori dalla cella senza fornire spiegazioni né degnarvi di uno sguardo. Potete seguirlo, se lo desiderate. Turgün invece risulterà inaccessibile, forse impegnato a far valere le sue ragioni presso le autorità.
Vi elenco brevemente alcuni tra i PNG più importanti e i luoghi a cui potete accedere:
- Il Palazzo del governo sorge al centro esatto della città, su una piattaforma rialzata alla quale è possibile accedere grazie a una ripidissima scalinata, ed è il centro amministrativo di Dys. Qui si trovano gran parte delle figure di rilievo nel governo della città tra cui spicca il prefetto, Astrea, che è sempre molto indaffarata. Sarà difficile ottenere un colloquio con lei; ma nella vostra condizione potrebbe anche decidere di darvi ascolto.
- La caserma è ovviamente il luogo in cui vive e si addestra il braccio armato di Dys. Si trova nell'area più a est della città ed è possibile incontrare reclute e soldatesse, ma anche qualche gerarca. Qui si trova anche Goetia, l'ufficiale in comando responsabile della difesa della città, nonché della vostra permanenza.
- Il Fondaco di Verdacqua, ovvero la corporazione di mercanti ed esploratrici, dedito al commercio, alla cartografia e naturalmente all'organizzazione di spedizioni e viaggi di ricerca è invece l'edificio più a meridione della città. Gli interessi commerciali e quelli scientifici qui sembrano fondersi perfettamente tra loro. A capo della corporazione vi è Xenia, una sirena che si dice abbia passato diversi anni nel continente, tra i theraniani.
- La Piazza centrale è il cuore pulsante della città. Qui si concentrano gran parte delle attività economiche, per lo più botteghe artigiane, empori di speziali, alchimiste e bazar, nonché l'istituto di credito della colonia, la Banca. Quest'ultima finanzia buona parte dei viaggi e delle spedizioni del Fondaco.
- Le fucine, instancabili crogioli in cui vengono prodotti i materiali per l'edilizia e in cui sono forgiate armi e armature, sono situate al limitare settentrionale della città e sono attive a qualsiasi ora del giorno e della notte. L'entrata non è consentita agli estranei, ma non tutto il perimetro è sorvegliato dalle guardie.
- L'Università è il luogo in cui vengono praticati gli studi specialistici di medicina, arte, letteratura, musica e ingegneria. Si trova a ridosso della Piazza centrale, poco distante dal Palazzo del Governo. E' anche la sede dell'Accademia diplomatica, ente dedito a formare le future ambasciatrici e amministratrici delle colonie. Qui, oltre a giovani studentesse e ricercatrici, è possibile avere un colloquio con l'Ambasciatrice in carica della città, Elettra.
Questo è solo un breve elenco dei PNG. Naturalmente potrete trovarne altri in tutta la città, non siete obbligati ad interagire solo con quelli evidenziati; li ho riportati per permettervi di orientarvi seppur minimamente in questo scenario aperto.
La scadenza è fissata alle 23.59 di Lunedì 14. Cerchiamo quindi di non attardarci troppo nella fase in Confronto.
♥ Non piangere Nishimiya sai poco fa ti ho parlato in un sogno, mi sembrava di aver rinunciato a molte cose, ma non è così. Ho sempre pensato come te Nishimiya...♥ ········
Il nobile è al sicuro, la nave è affondata, ma i superstiti se la sono cavata meglio di quel che immaginassi. Sfortunatamente anche il capitano è riuscito a scamparla, questo significa che finirò col crearci dei problemi e che dovrò sporcarmi le mani per toglierlo di mezzo. Quelli più battaglieri e belligeranti sono stati massacrati sulle scialuppe, lasciando solo i codardi e gli animi pacifici. Quando ho sentito parlare di Dys ho immaginato come potesse essere una città sottomarina, in fondo non ne ho mai vista una prima d'ora! Ma non immaginavo qualcosa del genere, qualcosa di così maestoso, di così accattivante, di così bello! Una gigantesca cupola nelle profondità abissali, grande abbastanza da contenere una città grandi quanto la vecchia Basiledra. Piena zeppa di sirene, pulsante di vita, e l'architettura... oddio l'architettura! Grazie alle capacitò di Mastro Tùrgun ci siamo addirittura assicurati una permanenza libera da restrizioni fisiche o legislative. Con le trattative ufficialmente aperte, potrei anche considerare una permanenza pacifica, magari gironzolare un po per la città, conoscere qualche sirena che non fosse quella spinosa burbera che ci ha condotto qui! Le mie speranze vengono abbattute quando vedo la losca figura del capitano sgattaiolare con fare furtivo fuori dai nostri alloggi. Se a questo sommo il comportamento ben poco socievole detenuto sino a quel momento, non ci vuole molto ad immaginare che stia tramando qualcosa. Quindi ho deciso di seguirlo, per vedere cosa aveva in mente, per capire cosa possa mai tramare in un posto del genere. Grazie ad un briciolo di agilità e ad un moderato uso di magia riesco a seguirlo per tutta la città, giungendo sino a quello che ci è stato indicato come il Fondaco. Li è dove vivono buona parte delle sirene che hanno già viaggiato sino alla superficie, facendone ovviamente anche ritorno. Sirene di mondo, ideali per aprire un dialogo. La vera domanda è... perché? Il nobile riuscirà a metterci in una posizione di vantaggio, è il suo lavoro, ci si può fidare di lui. Ma il capitano sembra aver paura di qualcosa, e qualunque cosa sia non sembra promettere bene. Per questo decido di seguirlo dentro la struttura, nascosta dal velo della magia. Cerca un incontro con una certa Xenia, e lo trova. Quello che segue, ad esser sincera, non mi sorprende poi più di tanto. Accordi segreti ed illegali con la terraferma, il motivo della ricchezza ottenuta dal capitano spiegata con quel rapido scambio di battute. Ha paura di Goetia, ha paura che ci ammazzeranno tutti, ma a lui importa solo di se stesso. Oh ma non ha di che temere, mon capitaine, sarà proprio grazie a questa informazione che metterò te sulla forca e noi al sicuro, magari ottenendo anche un po di fiducia da parte dei nostri ospitali patroni. Ma non sono la sola ad aver fatto la spia, a quanto pare.
« Oh oh, qualcuno vuole fare una gara. Bene, vediamo chi arriva per primo. »
Goetia, tanto dura quanto preventiva, aveva già messo una delle sue a pedinare il capitano. Se arriva prima lei, non avrò alcun merito da ottenere, potrebbe persino incolparci di aver saputo tutto sin dall'inizio. Ma c'è anche il rischio che qualcuno, magari anche sgherri di Xenia, possa notarmi se entrassi senza prendere le dovute cauzioni. Opto per infiltrarmi clandestinamente nella caserma, cercherò di incontrare Goetia in segreto, così facendo manderò a monte la fuga del capitano senza destare sospetti. Quantomeno quello era il piano originale, prima che quei stramaledetti mastini con le orecchie a pinna riuscissero a fiutarmi. Alla fine mi hanno comunque portato da Goetia, ma anche a parità di risultato avrei preferito giungere sin qui per conto mio. Goetia, figuriamoci, credo che con quella faccia ci sia nata. Volendo approfondire potrei anche immaginare che il suo astio nei nostri confronti sia dettato da qualche esperienza passata, in fondo Theras non è un luogo propriamente amichevole, che qualcuno le abbia fatto abbastanza male dal farla diventare così non è impensabile. Oppure, semplicemente, è come quei bifolchi rincitrulliti del Dortan. Mania di superiorità, magari un filo di xenofobia, colei che teme e odia perché non sa. Le rivelo tutto quello che posso dirle nel breve tempo che mi è concesso, abbastanza dal convincerla ad avere quantomeno dei sospetti. Quando la sua spia arriverà le darà comunque conferma delle mie parole, quindi non ho di che preoccuparmi, per ora. Unico inconveniente? Adesso sono bloccata al punto di partenza, senza avere alcuna possibilità di poter visitare la città in santa pace. Comunque, con questo piccolo passaparola dovrei essermi assicurata l'incolumità di tutti, ad eccezione del capitano. Salvo imprevisti, la situazione volgerà a nostro favore. Allora, forse, potrei andare a visitare la piazza del mercato.
«Scusate» disse il giovane allargando le mani «Levatevi!» finì appena di parlare che dovette subito sporgersi oltre la barca, rigurgitando quel poco che aveva nello stomaco. Gli sembrò una situazione tragicomica, e quando gli puntarono un tridente alla faccia, Zephyr non fece altro che alzare la mano destra aggiungendo: «Ma non preoccupatevi, sto bene.» A nulla era valso quello stupido tentativo di spezzare la tensione. Li fecero scendere ad uno ad uno dalla barca, facendo dondolare senza sosta, tanto che l'uomo pensò di dover vomitare anche l'anima prima che toccasse a lui. Più problematico fu per le sirene mettergli quel collare: il bruciore che gli provocava la salsedine del mare sulla ferita ancora aperta lo agitò, tanto che per stare abbastanza fermo si aggrappò alla barca. Le sue mani strinsero tanto forte il legno che su quello varie crepe fecero capolino. Nemmeno la discesa verso l'abisso fu meno problematica. Il giovane dovette nuotare, ma ad ogni bracciata la ferita al ventre si apriva sempre di più. Solo per via della buona anima di due sirene, o per un ordine superiore, le due creature che lo affiancavano lo presero a braccetto per portarlo con loro più velocemente. In un primo momento non considerò strano il fatto che vi fossero solo donne tra quel manipolo di creature marine. Forse era un'unità speciale, una di quelle che doveva portare sott'acqua i giovani per annegarli e mangiarli. Quando tale pensiero lo sopraggiunse guardò di sottecchi le due sirene accanto a lui e solo per via delle armi e delle armature – oltre all'assenza della coda – si calmò. Magari aveva una chance di sopravvivere.
Appena arrivati a Dys li misero tutti in una grande cella, come se fossero merce da stipare in un magazzino. Che li tenessero in vita per avere carne fresca? Lui di sicuro non era tanto buono con quella ferita che ormai era troppo salata probabilmente. Come scusa non avrebbe comunque retto di fronte alle sirene, perciò si avvicinò vicino ad un giovane che usava la magia per guarire le persone. Non poté richiudere tutta la ferita, ma la disinfettò e lenì parte del dolore. Quantomeno ora non sanguinava più, e gli uomini – o donne – squalo non lo avrebbero fiutato da chilometri di distanza. Dopo aver ricevuto le cure si rannicchiò in un angolo, e senza un orologio che segnasse il tempo, non si accorse di quanto tempo passò a sonnecchiare. Grazie alla pennichella, sia la tensione che la stanchezza diminuirono tanto che, quando Goetia – sirena a capo della caserma – parlò a tutti loro, Zephyr si sentì rassicurato, sebbene le sue parole fossero gelide come i ghiacciai di Samarbethe. Quando il discorso volse in direzione di una certa Astrea -che non era presente lì – e sul fatto che le sirene fossero sempre d'accordo come le specie primordiali, un pensiero altrettanto antico, selvaggio e cattivo sfrecciò nel cervello del ex-cuoco: “Speriamo che l'altra sia meno frigida di te, e che si sia data da fare.” L'amarezza di non essere né libero né vivo al cento per cento lo angosciava a tal punto che ascoltò poco altro dei discorsi della sirena. Era dunque così che si sentiva un prigioniero di guerra? Avvilito, impotente, senza voce in capitolo per ciò che riguardava la sua stessa vita?
L'uomo scelse però di non vivere con la paura della morte, e con il sorriso sulle labbra, decise di andare a farsi un giro per le strade di quella città che li ospitava. Si accorse subito passeggiando, che la cupola era immensa, e che la città aveva forme architettoniche del tutto diverse da Lithien o da Ladeca. Per tutto il tempo guardò in alto, ammirando le veloci sirene sfrecciare nell'acqua, lasciandolo quasi a bocca aperta, mentre ammirava tutte quelle curve -degli edifici -. Arrivato nella piazza si rese conto di non poter più stare con il naso all'aria, e di dover guardare dove camminava. Non voleva travolgere qualche sirena e passare dei guai: anche se tutte le creature lo guardavano ora curiose, ora con un po' di diffidenza, e nessuna di loro si avvicinava. Tutte tranne una si tennero lontane da lui. «Dunque voi siete uno dei naufraghi» disse con una voce amabile la piccola sirena sorridente. «Naufraghi è alquanto fuorviante come concetto» asserì Zephyr, sorridendo a sua volta «Ma sì, sono un vostro ospite inatteso» aggiunse. La donna-pesce si fermò a parlare con lui, suggerendo di spostarsi da quei sguardi indiscreti. Senza esitazione l'uomo la prese a braccetto, e cominciarono a camminare per i vicoletti, continuando a parlare, saziando senza remore la loro curiosità. Lui chiedeva della città di Dys, curioso dell'assenza di esemplari maschi; lei chiedeva della loro spedizione, dello motivo che li aveva spinto così lontani dalle sabbie auree delle spiagge dell'Akeran. L'attenzione di Zephyr si accuì quando le sentì dire: «... apprezzano i piaceri della vita», e gli occhi di lui subito cercarono sul viso di lei qualsiasi nota di lascivia. Sfoderò i ricordi degli anni accademici passati a studiare theraniano antico, memorie arrugginite dal tempo rimesse in moto solo per farle un complimento. E ci riuscì, la vide arrossire. Ma lei cambiò discorso, facendosi più seria, e facendogli abbandonare la nave del Don Giovanni ancor prima che potesse navigare in acque più impetuose. Riusciva a sentire l'amarezza della giovane, incapace di nutrire la sua curiosità sul mondo di Theras, e di come quella assenza di libertà le negava di far avverare i suoi sogni. Eppure lui non la volle prendere in giro, promettendole la luna, per poi deluderla. Non voleva darle false speranze come avevano fatto anni addietro con lui. Poteva ancora sentire le voci che gli dicevano: «Tu puoi fare di tutto» o ancora: «Arriverai in alto in men che non si dica». Poi rivide negli occhi di lei se stesso, quando tutti gli chiudevano le porte in faccia, negandogli anche il benché minimo apprezzamento per il lavoro svolto e per la sua dedizione. La prese per le spalle, lasciando che la verità da lui conosciuta parlasse al posto suo: «Non voglio dirti di no, ma devo smorzare il tuo entusiasmo. In molti sono ottusi sulla terraferma, e non so se potrebbero capire le tue ragioni ed accoglierti. Io posso anche provare a portarti con me, non sai quanto mi piacerebbe vederti mentre realizzi i tuoi sogni, ma ritengo più saggio che tu passi del tempo nell'accademia militare, in modo che tu sappia difenderti. Non vorrei averti sulla coscienza.» Non riusciva a capire quanto la sirena avesse compreso, lei gli stava simpatica, ma quando accennò al fastidio che non gli avrebbe arrecato lo lasciò con un po' di amaro in bocca. La salutò poco più tardi, lasciandole detto che lo avrebbe trovato a girovagare per l'università. Mentre lei gli dava le spalle e si allontanava, lui la guardò. Solo quando stava per scomparire dietro ad un angolo, Zephyr riuscì a scrollarsi di dosso quella serietà e malinconia che lo avevano avvolto. Con un sorrisetto malizioso sulle labbra si lasciò sfuggire, tra se e se, un piccolo commento sulle curve della sirena: «Niente male. Proprio niente male.»
Camminò attraverso un lungo corridoio fatto di una pietra bianca e liscia, di cui anche le statue ne erano composte. Ogni porta aveva affiancata una placchetta con simboli neri che spesso si ripetevano simili: erano una lingua che lui non capiva, come non capiva le parole delle sirene provenienti da alcune aule dove si svolgevano ancora le lezioni. Osservò con interesse quella lingua scritta, stupendosi di come non gli venisse in aiuto nemmeno il theraniano antico, che lui aveva studiato nelle fredde aule a Lithien. Con il senno di poi si era reso conto di non aver mai apprezzato quella materia: a cosa gli serviva una lingua ormai in disuso? E poi i professori, vecchi ed arcigni, non gli avevano perdonato alcun errore. Al solo ricordo delle note basse si rattristò, ma essere ospite di un'università senza dover seguire corsi o altro lo rincuorava un po'. Non era più costretto a vivere nuovamente quel periodo della sua vita. In fondo al corridoio, avvicinandosi ad un'entrata assai più ampia, poteè scorgere il dorso di qualche libro ben rilegato. Nonostante la sua curiosità urlasse dentro di lui, scalpitando dal voler toccare la copertina e dall'annusare le pagine per sentire se anche in fondo al mare i libri avessero lo stesso profumo di “vecchio”, lo spirito avventuroso appoggiò il palmo sul corrimano finemente intagliato e sorretto da alghe pietrificate – o qualcosa di molto simile – e salì la pomposa scalinata. Mentre la percorreva, il suo pensiero si rivolse ad Iris e a quei dubbi a cui lei era stata restia dal voler illuminare con la conoscenza. Cosa voleva dire riprodursi in modo più efficiente? La fantasia del ragazzo incominciò a vagare, domandandosi se per quel aspetto le sirene fossero più vicine ai pesci. Uova. Gli occhi smeraldinei sgranarono al solo pensiero, ed istintivamente si guardò attorno, sperando di non aver dato voce ai suoi pensieri e di non essersi fatto udire. Non c'era nessuno. “Nel caso” pensò voluttuoso “le chiederò di darmi una mano” Il sorrisetto comparso sul volto dopo aver formulato la battutina si ridimensionò quando le guardie lo fermarono. La sua mente cercò frettolosa una buona risposta: «E non si potrebbe avere un incontro?» chiese cordiale «Madamigella Goetia ha accennato ad una certa autorizzazione per arrivare a Dys, ma noi purtroppo non abbiamo alcun modo per richiederla, e speravo di poter ricevere alcune informazioni: non vorremmo violare ulteriormente le vostre leggi» Le guardie si scambiarono una breve occhiata, per poi aprirgli le porte. Ci mise qualche secondo in più del dovuto ad arrivare da Elettra. Lei forse non se n'era accorta, visto quanto era assorta dalle carte che scritava intensamente prima di firmare. Zephyr si prese un momento per osservare i coralli e gli affreschi colorati: alcuni avevano uno stile ben noto anche a Theras, quello del realismo, mentre altri erano un infinità di puntini di colori diversi, che da vicino non gli dissero nulla.
Di fronte alla sirena l'uomo avrebbe voluto fare una battutina, definendola “incartevole”, ma la voce secca, quasi arcigna, lo fece desistere. Lui fu cordiale e rispettoso, ricevendo in cambio parole velenose, dettate dalla frustrazione nel ricoprire una carica ormai inutile in quella città degli abissi. L'uomo se la giocò sulla difensiva, affinché la rabbia della sirena non si rivoltasse subito cotnro di lui. Dovette persino negare di star insinuando qualcosa: aveva di fronte un essere lungimirante almeno quanto lui, se non più scaltro, ed ogni errore poteva costargli la vita, come aveva innumerevoli volte constatato anche lei. Ribadì dunque la propria posizione sulla nave, quella di cuoco, ma alla fine non potè astenersi dal farle una piccola nota retorica. Zephyr chinò il capo per congedarsi, e prima ancora di girarsi la guardò, dicendo: «Ma non sarebbe meglio non fare di tutta l'erba un fascio? Ha forse colpa un cuoco che voleva fare due soldi su una nave? O un mozzo che puliva il ponte della barca? Sarebbe come se io me la prendessi con tutte le sirene perché una di loro ha trascinato in fondo al mare un ragazzo per sbranarlo.» Si voltò, aggiungendo mentre stava già dirigendosi verso la porta: «Queste sono solo dicerie del continente, voci.»
Aprì le porte, e con un cenno alle guardie si apprestò a scendere gli scalini. Avrebbe dovuto fare più attenzione alle lezioni di Retorica, magari se la sarebbe cavata meglio con madamigella Elettra.
Astrea, china su quei documenti, non sapeva che cosa fare. Aveva interpellato la sua fedele consigliera prima di firmare quelle carte, ma ora non era più tanto certa della decisione che stava per prendere. La visita degli stranieri era arrivata decisamente inaspettata, e per giunta appena poche settimane dopo il naufragio di quegli altri naviganti sperduti nello Zar. Goetia l'aveva messa al corrente delle informazioni che le sue spie avevano raccolto sui continentali e tutta quella faccenda non le piaceva neanche un po': i rapporti che Xenia aveva intrattenuto con quel bucaniere, tenendo peraltro l'amministrazione centrale all'oscuro dei suoi traffici, equivalevano a un vero e proprio tradimento punibile con la morte. La loro era una colonia troppo vicina alla terraferma, non servivano che due o tre settimane di viaggio per raggiungerla e, per di più, non era situata in quelle profondità abissali del tutto inaccessibili in cui le altre sorelle avevano deciso di stabilirsi decenni prima: se avessero aperto le rotte commerciali sarebbero stati invasi da quei popoli primitivi e violenti che su Theras non facevano che ammazzarsi a vicenda, con tutta la loro progenie di creature inferiori quali orchi, goblin e una lista pressoché infinita di abomini. Eppure era stata informata anche del fatto che molti dei loro ospiti si erano comportati bene durante il loro soggiorno forzato; alcuni avevano persino mostrato interesse per la loro cultura, ottenendo di stringere amicizia con qualcuna delle sue sorelle. La rettrice dell'Università l'aveva rassicurata circa la bontà delle loro intenzioni e a parte lo spiacevole episodio accaduto in caserma, durante il quale una giovane nemmeno adolescente aveva cercato di ingannare le guardie, nessuno tra gli ospiti aveva tenuto una condotta riprovevole né aveva causato guai in alcun modo. Quel mezz'uomo con cui aveva avuto il piacere di parlare le era sembrato una persona per bene, un diplomatico avvezzo a trattare con i popoli belligeranti e che non intendeva imporre le sue idee sapendo rimanere al suo posto quando necessario. No, la decisione era presa: avrebbe condannato a morte il corsaro e si sarebbe occupata personalmente della direttrice del Fondaco, che sarebbe stato immediatamente smantellato per attività illecite. Ma gli altri, tutti gli altri, sarebbero tornati a casa. La sua razza non faceva che autoproclamarsi popolo eletto, a ergersi al di sopra delle altre genti del mare e del continente in virtù di una cultura superiore, delle loro avanzate conoscenze ottenute in secoli di ricerca e sperimentazione e del progresso tecnologico che ne era derivato: ma se avessero davvero passato per le armi dei visitatori neutrali, come avrebbero potuto giustificare una simile crudeltà dinnanzi alle loro pretese egemoniche? Firmò il documento con un gesto secco e lo passò alla sua assistente.
- Consegnalo a madamigella Goetia. Gli stranieri saranno domani mattina. Il loro capitano, invece, rimarrà in custodia a Dys. - le disse con sguardo deciso - Il nostro comandante potrà sfogare su di lui le sue manie sanguinarie.
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Goetia lesse il documento tre o quattro volte, in silenzio. Aveva sempre pensato che il loro prefetto fosse debole e assai manipolabile ed ora ne aveva avuto la conferma. Si era sempre limitata a fare quello che il suo comandante le suggeriva senza discutere, soprattutto se si trattava della sicurezza di Dys; perché allora quella volta aveva deciso di non seguire i suoi consigli? Forse che quel mezz'uomo l'aveva infine persuasa a stringere un'alleanza con i popoli del continente? Immaginava già il prossimo futuro: orde di volgari briganti e accattoni giungere nelle loro città avanzate e civilizzate per distruggere la loro cultura, arraffare tutto ciò che trovavano e uccidere le loro sorelle, o peggio impiegarle come schiave o prostitute destinate a soddisfare ciascuno dei loro istinti più animaleschi e selvaggi, propri delle razze inferiori che popolavano la terraferma. No, non avrebbe permesso una simile follia. I confini andavano difesi ad ogni costo. Anche se in gioco c'era il rispetto delle gerarchie o quell'etica civile che la sua razza si vantava tanto di onorare. Strappò il documento e lo gettò in un angolo, poi, facendosi improvvisamente scura in viso, osservò le sue sottoposte aspettando qualche secondo prima di dire:
- Trovateli nelle loro stanze e uccideteli.
- Ma, madamigella, il prefetto ha dato ordine di...
- Questi sono i nuovi ordini. Coloro le quali si rifiuteranno di obbedire saranno accusate di tradimento.
Le due guardie si scambiarono uno sguardo d'intesa prima di chinare il capo in segno di rispetto e congedarsi con una frase di circostanza. Sapevano bene che cosa stava succedendo, e lo sapeva anche il loro comandante. Così moriva la presunta superiorità della loro razza in favore della barbarie e della xenofobia; ma nessuno sembrava preoccuparsene più di tanto.
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Poco prima del crepuscolo, Aymar fu catturato mentre dormiva nella sua stanza e condotto fuori da un paio di guardie armate di tutto punto che non fornirono alcuna spiegazione circa il suo destino. Odette avrebbe forse potuto immaginare di che cosa si trattava, ma tutti gli altri rimasero in silenzio ad osservare il loro vecchio capitano sapendo che non l'avrebbero mai più rivisto. Non ne avrebbero certo sentito la mancanza; d'altra parte non faticavano a dare la colpa a lui per tutte le disgrazie che si erano abbattute sulla ciurma fin da quando avevano lasciato Dorhamat. Il corsaro farfugliò qualcosa, cominciò ad agitarsi inutilmente e a blaterare frasi senza senso, forse il nome di qualcuno che secondo lui avrebbe potuto spiegare com'erano andate davvero le cose, ma le sue lamentele non ebbero alcun effetto sulle rigide e intransigenti sirene che lo scortarono via senza dare segno di ascoltarlo. La notte calò sulla colonia e la luce prodotta dalla gigantesca cupola trasparente si fece fioca e fredda. I naufraghi, costretti nelle loro brande dal coprifuoco, sarebbero probabilmente scivolati in lungo sonno senza sogni di lì a poco se non fosse stato per un rumore improvviso e assordante che li mise di colpo in allarme, costringendoli ad affacciarsi dalle loro stanze per vedere di che cosa si trattava. Alcuni tra i pirati di Aymar passavano per i dormitori a svegliare i loro compagni e ad aizzarli contro le guardie: tra loro c'era una giovane sirena che rimaneva in disparte, evidentemente intimorita dalle circostanze. Un paio di energumeni misero fuori gioco le due soldatesse che sorvegliavano Odette, si affacciarono nella stanza e le intimarono di uscire. Era chiaro che i naufraghi si stavano preparando a una fuga in piena regola. Il suono ripetitivo ed enfatico di una sirena rimbombava nelle loro teste e chi seguì i vecchi compagni di viaggio si ritrovò presto nel bel mezzo di una battaglia senza esclusione di colpi. Gli uomini di Aymar erano armati fino ai denti, pronti a tutto pur di portare a casa la pelle: era gente svelta di mano e disposta a tutto pur di sopravvivere; d'altra parte nemmeno le guardie cittadine sembravano avere molto riguardo nei loro confronti: attaccavano per uccidere, non certo per disarmare.
- Forza! - urlò dei pirati, agitando la sua rozza spada di ferro per aria - Cerchiamo di raggiungere il tunnel!
Nuotare e difendersi allo stesso tempo non era facile, specie perché le loro avversarie non trovavano alcun impedimento in quella condizione; ma arrendersi significava morire e di questo ne erano tutti persuasi. Persino il nobile Turgün aveva estratto il suo spadino di rappresentanza: le trattative diplomatiche erano fallite e non c'era più niente che potessero fare per salvare i rapporti con la colonia e regolarizzare la loro posizione in maniera pacifica. Il suo sguardo era perso nel buio e non faceva che osservare affranto i risultati di quel suo ultimo fallimento. Se qualcuno non l'avesse difeso probabilmente sarebbe morto. Il tunnel che portava in superficie era vicino, ma per raggiungerlo i naufraghi avrebbero dovuto dare fondo a tutte le loro energie. Non c'era modo di sottrarsi a quel massacro.
CITAZIONE
QM POINT
Molto bene Purtroppo siete rimasti invischiati nei giochi di potere tra Goetia e Astrea e in seguito all'ordine di cattura emanato dalla prima siete costretti a fuggire da Dys. I marinai si sono infatti ribellati alle guardie e vi hanno radunati per scappare nel tunnel. Aymar invece è stato scortato via prima del coprifuoco e così tutti i sotterfugi per ottenere una via d'uscita a discapito dei suoi uomini sono andati in fumo.
Nel prossimo post dovrete affrontare l'esercito di sirene che vi insegue. Le guardie sono da intendersi come un corpo unico e il loro attacco va considerato una tecnica fisica di potenza Alta; per avere la meglio dovrete provocare loro un danno complessivo di entità Critica. Siate pure autoconclusivi.
Qualche piccolo appunto: - Zephyr può scegliere se portarsi appresso Iris, che ha dato l'allarme ai marinai per aiutarli a guadagnare tempo nel corso della fuga. Non essendo una guerriera non vi sarà però di alcun aiuto nel corso del combattimento.
- Ririchiyo, tu hai disposizione Gavin. Puoi muoverlo come preferisci. Sa combattere, ma tieni presente che è armato solo di una piccola spada di fortuna. Fammi sapere anche se intendi portare con te il volume che hai preso il biblioteca.
- Turgün ha bisogno di protezione. Se lo volete ancora vivo al termine del post lo dovrete difendere. Lui d'altra parte si renderà utile come può, anche se naturalmente è impacciato e molto poco incisivo nei suoi attacchi.
Mi sembra di non aver dimenticato niente. Per qualsiasi chiarimento scrivete in Confronto
La scadenza è fissata alle 23.59 di Martedì 22. Buona giocata
♥ Non piangere Nishimiya sai poco fa ti ho parlato in un sogno, mi sembrava di aver rinunciato a molte cose, ma non è così. Ho sempre pensato come te Nishimiya...♥ ········
• Danno alto • Danno medio • Curato un medio da Gavin • Danno alto diretta a Turgün
»Stato mentale: Indenne »Sinossi: Egoista, indipendente e irascibile; coriacea, corna e occhi viola »Energia:
Energia 105/125 %
Mente 105/125%
Corpo 20/50 %
»Equipaggiamento:
-Arco -Naginata -Armatura naturale
»Oggetti:
-Cristallo del talento -Amuleto lunare
»Talenti:
-Affascinare -Maledire -Focalizzare -Trasmissione
»CS: 0
»Difesa [スピード] “Supiido”:
»Ne corso degli anni di caccia Ririchiyo ha imparato a muoversi sempre più veloce e ora, con anche l’aiuto del demone, i suoi movimenti sono più fluidi e più leggiadri riuscendo a schivare senza alcun problema gli attacchi dei nemici ed ha natura fisica.« Consumo di energia: medio energia, medio mente
»Attacco [爆発] “Bakuhatsu”
»Ogni volta che usa il suo arco, Ririchiyo è in grado di imprimere nella sua freccia il potere del demone che è in grado di condividere con Lilith, aumentando così il suo potere e facendo esplodere l’obiettivo; se invece la utilizza in forma di demone Lilith non avrà alcun bisogno di utilizzare armi vere e proprie ma si creerà una lancia col suo potere demoniaco ed è di natura magica. Se il colpo va a segno, in entrambi i casi, causerà un danno alto al singolo bersaglio e sarà sempre riconoscibile come “fonte” del danno. Se portata a segno causa un alto al corpo.« consumo: medio energia, medio mente
»Specchietto rassuntivo
Si difende utilizzando Supiido e poi si prende i colpi diretti a Turgün per assicurarsi che ne esca vivo e vegeto. Infine attacca con Bakuhatsu sperando di fare combo con la tecnica di Odette.
Zephyr sentì i passi nell'oscurità: non stava ancora dormendo, il riposino pomeridiano gli aveva scrollato di dosso la stanchezza, e quando i suoi compagni marinai avevano iniziato ad aprire le porte delle stanze e dare l'allarme, lui era già pronto. Prese al volo la giacca ma non si degnò di prendere gli scarponi: avrebbe sprecato troppo tempo, ed era troppo angosciato dalla situazione per pensare a quel piccolo dettaglio. Corse nel corridoio, mentre uomini armati di lance e spade ricurve si gettavano nella mischia, liberando il passaggio per tutti quanti. In testa al gruppo una sirena li stava guidando, e ci mise poco a riconoscere Iris. Si affrettò il più possibile, scavalcando gli omaccioni infervorati dall'adrenalina , prima di arrivare dalla giovane.
«Iris!» la chiamò, afferrandole la mano. Mentre la guardava negli occhi scorse un tridente puntare verso la sirena, e la tirò a sé, facendo una mezza giravolta mentre sulla sua schiena una barriera trasparente deviò un po' il colpo, facendo si che lo ferisse solo di striscio al costato. Il bruciore della ferita gli fece scappare un urlo, e il suo volto si contorse in un'espressione mista tra il dolore e la rabbia. Tra le sue mani comparve una lunga ascia di cristallo azzurrino, e con un altro mezzo giro la fa scendere sopra la testa della soldatessa. Lì, in testa al gruppo, il nobile Turgun stava per cadere dopo essere stato spinto e Zephyr, in un eccesso di altruismo, lo prese per la mano tirandolo su, prendendo poi la giovane tra le sue braccia, iniziò a correre veloce dove Iris gli indicava. Al primo angolo, in testa al gruppo, il giovane dovette fermarsi e spingere indietro la massa di uomini che lo stavano seguendo, prima che tutti capitombolassero in una trappola. Le lance lo raggiunsero, e sebbene il ragazzo scaltro tentò di scappare alla morsa delle lame, sentì qualche grido di dolore. Senza pensarci due volte saltò oltre le teste dei compagni, sfiorando per tutto il tempo il soffitto del tunnel che portava verso la superficie. Sia la ferita di quando aveva abbandonato la nave, sia quella più recente causata dalla lama della lancia bruciavano senza sosta. Riusciva a sentire il dolore dei muscoli lacerati, ma non poteva mollare. A denti stretti e con una continua espressione di rabbia mista a dolore continuò a nuotare a grande velocità verso l'uscita. Non si guardò all'indietro subito, e forse avrebbe dovuto farlo, ma non voleva vedere l'orda di sirene che lo stavano inseguendo. Loro erano veloci, lo aveva notato quel pomeriggio mentre le osservava sfrecciare sopra la sua testa. Aveva misurato ad occhio la loro velocità, ma lui non poteva permettersi di andare così in fretta verso l'alto. Aveva sentito, tempo addietro, di persone che nuotando negli abissi, avevano fatto ritorno troppo in fretta, una volta esaurito l'ossigeno, e che in seguito si erano sentiti male. Gli dissero che era una qualche malattia del sangue che si prendeva dentro agli abissi, una di quelle che bloccava l'ossigeno nelle vene. Così, con un po' di paura aspetto che altri andassero verso l'alto, prima che lui stesso tentasse di arrivare alla superficie. Quando in fine si girò, vide tra gli omaccioni due esili figure. Nonostante l'oscurità dell'acqua, le due ragazzine le aveva riconosciute. Una era stata una sua cameriera per un po', e si era fatta conoscere come Josephine. L'aveva vista un paio di volte sulla nave, ma non aveva avuto tempo di parlarle, mentre l'altra l'aveva intravista solo nella cella comune di Dys. Non ricordava il suo nome, ma lo aveva aiutato nella sua impresa. Ricordava ancora quando aveva cercato di chiudere i conti con Barius. Così, incuriosito, decise di attirare la loro attenzione.
«Oh, chi si rivede!» disse alle due ragazzine, prima di riportare la propria attenzione su Iris «Perché ci stavano attaccando?» chiese guardandola negli occhi «Il colloquio non è andato bene?» Lasciò il braccio del nobile Turgun, il quale si stava dimenando dalla sua morsa ferrea. Quantomeno sperava che la giovane sirena non avesse da ridire se fossero rimasti abbracciati ancora un po', lui con la mano attorno alla sua vita, con il viso a pochi centimetri l'uno dall'altro. Zephyr tentò di sorriderle, quasi a rassicurarla, anche se il sangue di lei ed il suo si stavano mischiando a vicenda dentro all'acqua.