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La Danza dei Draghi — Făvilla, Interludio I

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K i t a *
view post Posted on 7/3/2016, 14:34




LA DANZA DEI DRAGHI
FĂVILLA

kLux6po
Y4NtCOn



TERRE GRIGIE (ARENA)



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Le gocce causate dall’umidità condensata cadevano dalle travi di legno che sostenevano il soffitto di quel tugurio, per gettarsi sul terriccio polveroso al di sotto.
Avevano un ritmo lento e cadenzato, seguivano il tempo di un respiro.
Una goccia.
silenzio
Un’altra goccia.
silenzio


Lei teneva gli occhi fissi sul piccolo cerchio di terra bagnata che si era formato, osservandolo crescere nel diametro, goccia dopo goccia. Evitava di battere le palpebre, gli occhi chiari quasi vitrei tanto era concentrata su quel movimento. Esisteva solo quel suono cadenzato, la sola cosa che le permetteva di estraniarsi dentro la sua cella, e le impediva di ascoltare le urla strazianti delle persone che amava mentre erano fatte a pezzi dalle letali mascelle dei draghi zanna.
Sedeva rannicchiata a ridosso del muro, le braccia che circondavano le ginocchia, tenendosi stretta, come per paura di andare in mille pezzi se avesse ceduto anche solo di un millimetro. I lunghi capelli biondi le cadevano disordinati e sporchi sulle spalle, sfiorandole delicatamente il viso, nascondendolo alla vista. Solo un lercio pastrano di un grigio sbiadito le copriva il corpo, drappeggiato senza troppa cura, quel tanto che bastava per non mostrare le sue nudità.

Che spettacolo indegno.
La fiera principessa Lancaster,
il sangue dei draghi,
vessata e umiliata come una cagna bastarda,
tenuta prigioniera in una gabbia.

L’echeggiare dell’acciaio destò la sua attenzione, costringendola a concentrarsi sulla realtà.
«Ehi, principessa.»
sbottò una voce maschile dal tono sgradevole.
«Ti stai godendo lo spettacolo?»
le domandò con crudele sarcasmo.

Ryellia spostò lo sguardo verso di lui, levando appena il capo nella sua direzione. La guardia, che indossava un’armatura leggera, su cui svettava l’emblema dei Lancaster, la osservava con un sorriso divertito che gli sfigurava il volto. Da poco lontano giungevano dei rumori secchi, come di sassi sbriciolati, e cupi mugugni di soddisfazione. Un brivido scosse la giovane, provocando le risate dell’uomo; probabilmente lui aveva confuso il tremito per paura, e non poteva sapere quanto si sbagliasse.

Lei non aveva paura,
non più.

Non poteva negare di aver provato dello sconforto: chi accetterebbe la propria morte con tacito assenso, d’altronde? Eppure, la disperazione l’aveva scalzato ben presto, una volta giunta la consapevolezza che sarebbe stata preceduta dall’esecuzione di tutta la sua famiglia, messa a morte a causa del suo peccato.
Questa era la pena capitale dei Lancaster: tutto il ramo infetto veniva reciso.
Per evitare che l’infezione potesse estendersi non era sufficiente togliere solo le foglie marcie.
E ciò era perpetuato nel modo più crudele pensabile: dati in pasto ai draghi del casato, divorati vivi.
E quando l’orrore era cominciato, quando le grida dei suoi cari avevano cominciato a riempirle le orecchie, aveva smesso di avere paura.

Ognuno di quei lamenti terrorizzati e agonizzanti le rievocava un viso,
frammenti della sua esistenza che si susseguivano nella mente,
accompagnata dalla consapevolezza di essere
lei
il vero b o i a
che calava la propria scure sulla loro vita.

L e i
la sua superbia
la sua brama
la sua ingenuità
si era macchiata le mani con il sangue di coloro che amava.

Allora la morte non era più spaventosa,
ma una promessa confortevole,
un abbraccio materno
che avrebbe messo fine a tutte quelle sofferenze.

Dal corridoio oltre le sbarre risuonarono dei passi; il soldato si voltò verso il rumore, per poi girarsi completamente in quella direzione. Dopo pochi secondi lo raggiunse un secondo uomo, anch’esso al servizio della guardia Lancaster.
«È il momento.»
comunicò.
L’altro annuì, portando la mano alla cinta. Frugò alcuni istanti, e un leggero tintinnio anticipò l’estrazione delle chiavi; vi trafficò brevemente, per poi sceglierne una e infilarla nella toppa. Un sonoro schiocco annunciò che la porta era stata aperta; entrambe le guardie entrarono, affiancando Ryellia.
Senza troppi convenevoli la sollevarono di peso, mettendola in piedi. Lei incespicò leggermente, per poi mettersi ritta, stringendosi nel manto.
«Andiamo.»
intimò uno dei soldati, spingendola verso la porta.
Cominciò a camminare, percorrendo il breve tragitto con i due uomini dietro di loro. Quando arrivò alla porta che conduceva all’arena, si fermò, attendendo che fossero le guardie ad aprirla. Uno le si accostò, sbloccandola rapidamente e spalancandola.
La luce calante del sole la avvolse, accecandola per qualche minuto. Il brusio della folla crebbe a dismisura, simile a uno sciame d’api.

Eccolo,
il momento tanto atteso,
il vero spettacolo
stava per cominciare.

Una mano le afferrò con forza un lembo del pastrano, tirandolo con forza, facendolo sfuggire alla sua presa.
«Questo non ti servirà.»
sibilò, divertito da quell’ennesima umiliazione.
Prima che lei potesse rendersi conto di ciò che aveva fatto, la spinse con forza oltre l’uscio, facendola entrare nell’arena, nuda come un verme.

- - -

Fece alcuni passi in avanti, guardandosi rapidamente attorno. Le tribune erano ricolme di rappresentanti dei vari ceti. Riconobbe senza difficoltà i nobili, raccolti attorno al palco riservato agli alti generali Lancaster, dove Aedh sedeva tronfio sul suo scranno, accanto suo figlio Athelstan. Gli occhi cerulei di Ryellia si fissarono sul viso dello zio, che la osservava di rimando, senza mostrare una qualsivoglia emozione.
Proseguì ancora, il vento che le muoveva leggermente i capelli, scoprendole appena il seno che quelli tentavano di nascondere. Lei non mostrò importanza alla cosa, come se si sentisse perfettamente a suo agio in quelle condizioni, con gli occhi di centinaia di sconosciuti a osservare avidamente le sue nudità. Teneva la testa alta, nel maldestro tentativo di mantenere la sua fierezza fino alla fine.
Del resto, che cosa le era rimasto?

Dopo alcuni secondi, Aedh Lancaster sollevò la mano destra.
Immediatamente il chiacchiericcio tacque, tutta l’attenzione rivolta su di lui.
Guardando sua nipote, cominciò a declamare:
«Ryellia Lancaster, sei colpevole di alto tradimento nei confronti della casa Lancaster, tuo stesso sangue».
Tacque un istante, lasciando attecchire le parole appena pronunciate.
«Per questo motivo, io, Aedh Lancaster, ti condanno a morte.»
terminò, abbassando nuovamente la mano.

Il rumore di grate che venivano sollevate le riempì le orecchie, inequivocabile che la sua esecuzione stava per cominciare. Spostò lo sguardo verso i tre passaggi di fronte a sé, da cui cominciavano a fuoriuscire alcuni draghi. Due le erano sconosciuti, due draghi zanna di medie dimensioni. Sembravano appena adulti, dalle scaglie ferrigne. Una sagoma gigantesca uscì dall’apertura centrale, facendo sussultare la donna. Non lo aveva mai visto di persona, ma la sua fama lo precedeva: Ragnar, l’Ombra Ferina. Un drago zanna adulto, le cui dimensioni superavano la media della razza d’Impuri, dalle scaglie di pece. I grandi occhi cremisi la fissarono mentre inspirava rumorosamente il suo odore.
Eccolo il boia che avrebbe mietuto la sua vita.

Un guizzo catturò la sua attenzione; un’altra figura faceva il suo ingresso nell’arena, seppur cercando in tutti i modi di tornare nella proprio gabbia.
Non ebbe bisogno neanche di guardare, le sembrò di riconoscere il battito del suo cuore.
Il respiro le s’incastrò nella gola,
improvvisamente angosciata,
terrorizzata
infuriata.

Si voltò verso Aedh, mentre calde lacrime di rabbia premevano sugli angoli degli occhi per uscire, e lo vide increspare leggermente le labbra in un sorriso soddisfatto.
Quella era l’ultima tortura che le poteva infliggere,
assistere impotente alla morte di Samael
prima di essere uccisa a sua volta.

Il suo drago zanno raggiungeva a mala pena la stazza dei primi due, ed era circa la metà di Ragnar. Non sarebbe mai riuscito a sopravvivere a uno scontro con tutti e tre, e Ryellia sapeva che la avrebbe difesa fino al suo ultimo fiato.
Così suo zio aveva condannato entrambi a morire cercando di proteggersi,
consapevole che non potevano fare altro che gettarsi nella sua trappola.

Uno dei draghi più piccoli aveva cominciato a ringhiare in direzione di Samael, che lottava per tornare nel suo rifugio; il rumore fece voltare la bestia, portando nella sua direzione una folata di vento. Sollevò immediatamente il capo, girandosi verso Ryellia. Non appena la vide, le pupille gli si dilatarono, cominciando a galoppare verso di lei; riuscì a fare solo alcuni metri, che la sua corsa fu bloccata da un altro drago, gettatosi addosso a lui, facendolo sbandare dal suo percorso.
Crollò di lato, sollevando un nugolo di polvere. Scosse il grosso capo e si rimise in piedi, affondando le unghie nella sabbia, per poi appiattirsi contro il terreno, scoprendo le zanne con un ringhio. I draghi reagirono alla minaccia allo stesso modo, e quel comportamento catturò l’attenzione del possente Ragnar.

La Lancaster decise di profittare di quel momento di distrazione per correre verso il suo drago ma Ragnar intercettò quel movimento, e a metà della corsa della ragazza la colpì con un colpo di coda, sbalzandola da terra per farla crollare alcuni metri più in la.
Un dolore indescrivibile le infiammò il corpo; l’impatto con qualcuno degli aculei ossei di cui era coperta la coda dei draghi zanna doveva averle come minimo incrinato qualche costola, se non peggio. Sentì il ruggito di Samael vibrare nell’aria, e riuscì ad aprire gli occhi appena in tempo per vederlo avventarsi contro l’enorme drago.
Per sua fortuna, uno degli altri draghi gli andò contro, cercando di prendergli il collo tra le fauci, e fu costretto a fermarsi e contrastare quell’offensiva; se fosse arrivato a Ragnar, questo lo avrebbe spezzato come fosse fatto di paglia.

Non doveva succedere,
non poteva permetterlo,
lei doveva impedirlo,
ad ogni costo.

Cercò di sollevarsi, spingendo i gomiti contro il terreno. Il fianco le doleva tantissimo, ma doveva ignorare quella sensazione, nonostante non desiderasse altro che rimettere. Lentamente si mise in piedi, barcollando leggermente. Sentiva delle risate di scherno provenire dalle tribune, e quasi si sorprese della loro presenza, passata in secondo piano dal momento in cui aveva visto Samael.
Con fatica, tenendo le braccia strette sul petto, tentò di avvicinarsi al gruppo di draghi, che continuava a dare addosso al suo; con suo stupore, il drago riusciva a osteggiare gli altri due, pur con una certa difficoltà. Gli occhi vermigli di Ragnar scrutavano la scena, e il movimento serpentino della coda lasciava intendere quanto si stesse infastidendo.
Fu solo quando Samael bloccò un drago alla giugulare, sbattendolo con violenza a terra, quello decise di intervenire, scoccando la grossa coda come una frusta in sua direzione. Lo colpì dritto sul muso, facendolo ruotare su di sé e cadere rovinosamente sul terreno, provocando un alto nugolo di sabbia. Rimase disteso, immobile, completamente inerme, mentre Ragnar avanzava verso di lui, pronto a colpire un’ultima e decisiva volta.

«No…»
la parola uscì dalle labbra della donna flebile come un sussurro.

Il colpo sembrava averle tolto il fiato, e persino parlare le provocava fitte di dolore. Strinse la presa sulla sua stessa pelle, nel disperato tentativo di ignorare quella sensazione. Doveva sbrigarsi, ormai era a pochi metri da Samael, ma a Ragnar sarebbe stato sufficiente un istante per finirlo.

«NO!»
riuscì a gridare,
prima di gettarsi in avanti, riuscendo così a raggiungere il drago.
L’impatto fu atroce, ma non le importava.
Era con lui, adesso.
La creatura aprì leggermente gli occhi, scrutando Ryellia, per poi emettere un sonoro sbuffo dalle narici. Quella allungò la mano, carezzandogli delicatamente il muso. Sentendo il tocco, l’animale chiuse nuovamente gli occhi, respirando profondamente.

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Quel rapido e inaspettato svolgersi degli eventi aveva bloccato Ragnar, che osservava intensamente il contatto tra i due, rimanendo immobile. Stupita da tanta fortuna, Ryellia cercò di approfittare di quella distrazione:

«Ragnar…»
sussurrò.

Dalla folla si alzava un alto brusio, ma nell’arena tutti ignoravano gli spettatori, come se non appartenessero alla scena.

«Ragnar, Ombra Ferina…»
cominciò Ryellia, la voce un po’ più alta e ferma.
Gli parlò in dragoniano, cosa che contribuì a destare l’attenzione dell’animale.

«Vi supplico, vi scongiuro… prendete me.
Dilaniatemi,
uccidetemi,
non mi importa.
Ma v’imploro… Risparmiate Samael…
Non condannatelo per la sola colpa di essere fedele al mio amore
Sono io la traditrice…
Sono io la condannata…
Vi prego,
non fategli del male…
».

Mentre concludeva quel breve discorso, grosse lacrime presero ad attraversarle le guance, ripulendole il viso dalla polvere, lasciandole così dei segni. Fissò il grosso drago dritto negli occhi, cercando di comunicargli tutta la sua sincerità e le profonde emozioni che la legavano al suo drago. Quest’ultimo, percependo la sofferenza della donna, cercò di sollevare il capo e avvicinarsi a lei, appoggiando il muso sulla sua mano.

Passarono alcuni secondi che le sembrarono eterni. Alla fine, l’enorme bestia mosse la testa in un inequivocabile cenno d’assenso.
Ryellia sospirò, l’angoscia e la disperazione che si dissolvevano, liberando il suo cuore dalla loro morsa.

Non le importava di morire.
Samael sarebbe sopravvissuto.
Questa era l’unica cosa che contava.
Chiuse gli occhi, preparandosi alla fine.
Lui era al suo fianco, ciò che più aveva amato nella sua esistenza.
Azzurra era al sicuro.
Erein era al sicuro.
Non poteva chiedere altro.

Tenne gli occhi chiusi, lasciandosi avvolgere la pelle nuda dal vento. Sapeva di essere ancora viva solo per i rumori che ancora riusciva ad ascoltare, un chiacchiericcio che ben presto fu sostituto da urla concitate e poi spaventate. Non sentiva più la presenza del grosso drago di fronte a sé, e anche Samael al suo fianco cominciava ad agitarsi.
Incapace di trattenere oltre la curiosità,
aprì gli occhi.

- - -

Ragnar, allontanatosi di diversi metri dai due, si era messo di fronte agli spalti, e lasciava fuoriuscire grandi lingue di fuoco in loro direzione. Le guardie tentavano di arrestare la bestia, ma le lance che brandivano non erano che legna da ardere per lui. Dalle tribune la folla cominciava a fuggire, spaventata dall’imprevista piega degli eventi. Aedh si era alzato in piedi, e urlava ordini ai suoi uomini; Athelstan si stava rapidamente allontanando dalla balconata, probabilmente per raggiungere i propri soldati. Il drago disperse rapidamente quella prima ondata di guardie, decisamente impreparato ad affrontarlo, e si volse verso Ryellia e Samael. Li raggiunse con un battito d’ali, sollevando attorno a sé un’alta nube di sabbia. Una volta atterrato, piegò le zampe davanti, allungando il muso sul terreno, in chiaro segno di lasciarsi cavalcare.
La Lancaster rimase interdetta per alcuni istanti, ma si riscosse subito da quel torpore stupefatto, per mettersi in piedi e arrampicarsi quanto più rapidamente le sue condizioni le concedevano. Guardò Samael, che faceva fatica ad alzarsi a sua volta ma Ragnar non aspettò. Si sollevò, spalancando nuovamente le ali, e con un battito si sollevò di un metro dal suolo.
«No! SAMAEL!»
gridò Ryellia, terrorizzata dall’idea di abbandonarlo li.
Si divincolò sulla groppa del drago, cercando di scendere, ma Ragnar, cominciando a spostarsi, planò appena, raccogliendo tra le grosse zampe il drago zanna, per poi dare una poderosa spinta con le ali ed elevarsi di diversi metri. Senza attendere oltre, volse il muso verso il nord e cominciò ad allontanarsi velocemente, lasciandosi presto Terra Grigia alle spalle.

Stretta sul suo dorso, Ryellia osservava gli alberi sfrecciare sotto di loro, per poi farsi sempre più diradati.
L’aria fredda le graffiava la pelle come tizzoni ardenti, ma non le importava.
Era viva,
erano vivi.

Era sopravvissuta.


kLux6po


Che dire? Sono tornata.

 
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