Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Prima notte - Sentinella

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view post Posted on 13/4/2016, 13:24
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« Che lavoro ingrato. »
Tirò un calciò ad un sassolino, che prese a rimbalzare e poi rotolare in quel buio vicolo di Ladeca. C'era un certo mormorio nell'aria, tipico dell'ora di cena: il sole era calato e le famiglie si riunivano per mangiare e raccontarsi della giornata appena trascorsa. I cantieri dei manovali e artigiani, che abbracciavano gli edifici ancora danneggiati come se fossero armature, erano deserti. In alcuni tratti anche la strada era spaccata, rivelando la terra viva che normalmente si sarebbe celata sotto ai lunghi lastricati di pietra costruiti grazie alle donazioni provenienti dall'Eraldeo. E mentre i due soldati proseguivano verso la zona più lontana dal centro quelle buche si facevano sempre più frequenti, fino a dominare il suolo e trasformare le strade in sentieri. La pioggia recente poi aveva reso queste zone particolarmente fangose, il ché non fece che accrescere il fastidio di Verel.
« Non frignare. » Lo ammonì Andrell. Verel grugnì. « Sei tu ad essere venuto da noi. "Capitano, la prego, mi faccia combattere!" » Mentre scimmiottava il vagabondo, Andrell non poté che ridere di gusto. Verel gli rispose con uno sguardo annoiato -aveva già sentito quella storia più volte. « Volevo solo aiutare la città contro un megalomane assassino. » Sì giustificò poi, cercando di ripescare nella memoria cosa diavolo gli fosse saltato in mente. Avrebbe potuto semplicemente combattere per conto suo quel giorno, aiutando i bisognosi per le strade invece che andare a gettarsi in una missione interna. Ed ora, come ricompensa per essersi sacrificato una volta di troppo per il bene di una nazione a cui non apparteneva, si ritrovava a fare la pattuglia per le strade insieme ad un ragazzino che aveva poco più della metà dei suoi anni e lo superava nettamente di grado e in insolenza. L'uniforme della guardia cittadina poi gli stava piuttosto larga e le spalliere metalliche cucitegli addosso scivolavano pigramente sulle sue braccia, o almeno sull'unico che gli rimaneva. « Dovresti portarmi più rispetto, tenente o meno. E' così che voi giovinastri trattate i veterani della guerra del crepuscolo? »
« No. » Ammise Andrell, con un sorriso soddisfatto sul volto. « Ma è difficile darti del voi quando sembri più giovane di me. »
Verel alzò le spalle, sconfitto. « Così va la vita. »

I due percorsero in silenzio gran parte della pattuglia di quella sera, camminando pigramente nelle strade di Ladeca. I danni provocati dall'attacco di Caino non erano esageratamente estesi grazie al fatto che l'esercito del Priore non era entrato nel cuore della città. Verel ricordò con dolore il destino di Basiledra, l'unico posto che si era sentito in grado di chiamare casa, quando si erano permessi di lasciar marciare il nemico nelle strade. Il puzzo di morte non le aveva mai più abbandonate. Ripensando a quella catastrofe, Verel rimuginò sul fatto che molta della gente che camminava per le strade di Ladeca ogni giorno non era emigrata da Basiledra e non avrebbe mai conosciuto lo splendore della vecchia capitale. I vecchi abitanti erano stati in gran parte sterminati. Forse fu proprio quel massacro ad evitare che Caino ripetesse lo sbaglio di Mathias Lorch, forse la loro morte non era stata in vano. Che senso aveva conquistare una città di morti, dopotutto?
Verel sperò intensamente che anche i vari lord e duchi sparsi per la regione si ricordassero quella domanda.

« Sei fortunato, Andrell. » Disse d'un tratto, tenendo il mento all'insù per fissare le stelle -l'unica certezza che sembrava esistere in quel mondo di costanti cambiamenti. « Hai un comandante capace, che tiene ai suoi sottoposti. Riuscirai a goderti la giovinezza in una città piccola, che di capitale ha solo il nome e il parlamento. » C'era della malinconia in quelle parole. Andrell non sembrava molto convinto, ma come per rispettare il sottile filo di dolore nella voce del suo sottoposto, stette in silenzio. « Quando io avevo la tua età, circa quindici anni fa, potevi essere chiamato dal capitano Medoro e spedito in una missione suicida da un giorno all'altro. » Era successo, sì. « O ti saresti potuto trovare immischiato tra i drammi dei potenti del Bianco Maniero. O a inseguirne uno in giro per il mondo. » Tirò l'ennesimo sospiro. « Una sola parola di un duca capriccioso bastava a sterminare interi villaggi. E se non ubbidivi ai loro ordini, ti giustiziavano sul posto. » A volte Verel si svegliava nel cuore della notte, sfuggendo a ricordi che si sarebbero potuti facilmente scambiare con incubi. Se la sua spada non fosse stata spezzata, era sicuro che gli sarebbe capitato di vederla ancora insanguinata, come lo era stata quel giorno.
« Voglio credere che le cose siano cambiate. » Ma io non riuscirò più a cambiare.

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Una mano gli sfiorò la spalla.
Era Andrell, ovviamente. Lo spinse in avanti, scrollandogli di dosso quei drammi.
« Certo che sono cambiate, frignone. Forza ora, che abbiamo ancora tante strade da controllare. »

Sigh.
« Che lavoro ingrato. »

Scena privata.
 
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Red Phantom
view post Posted on 13/4/2016, 23:57





Il sole tramontava dietro i vicoli di Ladeca, il bel sole stanco e morente, con quella luce rossastra che ricorda il vino abbandonato in un bicchiere trascorsa la festa. Lo stesso colore delle aspettative tradite, bruciante come un amore desiderato e mai sperimentato. Il sole tramontava dentro le pozzanghere di Ladeca, e una su due odorava di piscio, ma tutte producevano lo stesso suono sotto gli stivali. Uno sciaguattare squallido come i mondi trascorsi e che non sarebbero tornati.
Le puttane occhieggiavano agli angoli delle strade e avevano lunghe ciglia. Erano invitanti con i vestiti rubati a qualche donna più ricca e i piedi nudi nel fango. Promettevano cosce fresche dove trovare un riposo caldo. I bambini si rincorrevano ancora, ma il fumo usciva dai camini, annunciando che per molti presto sarebbe stata pronta la cena e per gli altri una mano pesante avrebbe dispensato uno schiaffo prima di gettarli sul pagliericcio.
Nelle locande le finestre erano d’oro e la birra dietro la schiena dell’oste schiumosa. Ma gli avventori si curavano solo del formoso corpo della cameriera sotto il vestito di flanella e il grembiule bianco. Il loro grufolare le ricordava anni che non ha mai vissuto. Nella caverna si sentiva solo il suono sommesso di un pianto e ogni tanto una risata sparuta, smarrita in mezzo all’eco delle ombre proiettate dal fuoco.
Il sole tramontava negli occhi di Ladeca, nata gravida e diventata presto vecchia, colma delle memorie di antichi splendori. E in quegli occhi languiva una speranza incapace di realizzarsi. Ma, nonostante tutto, c’erano ancora delle sentinelle per le sue strade. Due, per la precisione, con passo quasi marziale. Faceva pensare non fosse il loro primo giorno, anche se uno aveva i gesti spigliati della giovinezza. Era l’altro quello veramente interessante, con quell’ombra sotto la testa pesante di preoccupazioni.
Per questo scelse loro e non altri. Era una vera fortuna averli trovati, in realtà, qualcosa che non si sarebbe aspettata. Dalla propria posizione, la schiena appoggiata contro il muro, li guardò arrivare. Si staccò all’ultimo, calcandosi sulla fronte il cappello rosso, dalla tesa ampia. Non voleva la guardassero subito in faccia, voleva che fossero più vicini quando l’avrebbero guardata negli occhi.
Si diresse verso di loro a passo deciso, rimpiangendo il pastrano rosso che aveva perduto. Completamente vestita di nero, dalla punta degli stivali di cuoio alla camicia di cotone appena slacciata sul collo, iniziava già a sfumare tra le ombre più scure. Il mantello era gettato di lato, su una spalla e forse avrebbero trovato difficile dire se si trattasse di un uomo o di una donna.



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Con quel fisico sottile, nervoso, dai movimenti aggraziati ma non sensuali, avrebbe potuto essere un qualsiasi spadaccino. Anche se non portava armi, naturalmente.


Signori, esistono dunque ancora guardiani a Ladeca. Spero non siate già impegnati”.


Immobile tagliava loro la strada, la luce alle spalle. La sua ombra lunga la faceva sembrare molto più imponente e ne era totalmente consapevole. I palmi poggiati sui fianchi, mollemente inclinati, contrastavano con quello che stava dicendo.


Devo denunciare un crimine”.


Il dito indice della mano destra salì al cappello, sollevando leggermente la tesa, scoprendo due occhi scarlatti come braci, socchiusi, poco sopra il sorriso sarcastico.


Basta bugie. Non è un gioco.
Quando si dice un colpo di fortuna, mh?
Ops ~


 
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view post Posted on 2/5/2016, 00:08
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Andrell era un giovane tenente del Corpo di Guardia di Basiledra.
Un talentuoso ragazzo pieno di senso del dovere, una qualità che lo aveva fatto brillare agli occhi del suo capitano. Era stato scelto per far parte della squadra di tenenti della sezione dedita a sorvegliare la regione a sud della città. Aveva combattuto molto per il suo regno e per i suoi re. Aveva stretto amicizie con personaggi improbabili e una volta aveva anche affrontato faccia a faccia un grande pericolo, una seria minaccia per la pace che aveva lavorato a lungo per preservare. In quell'occasione aveva visto la morte in faccia e perso un'amica.
Poi, Basiledra venne attaccata e distrutta.
Tutto svanì nel giro di poche ore. Tutto fu perso nella notte, come un sogno.

Andrell si ritrovò a pattugliare Ladeca. In fondo non sembrava cambiato niente.
Ma anche lui, come Verel, aveva delle cicatrici profonde.
« I guardiani ci sono sempre, cittadino. »
Esordì così, in qualche modo cercando anche di convincersi che era vero. Un giovanotto dall'aria misteriosa si era parato di fronte a loro; non la cosa più inusuale del mondo ma nemmeno un'alternativa peggiore di ascoltare i discorsi senza fine di Verel. Sorrise al ragazzo, cercando di guardare bene cosa si nascondesse dietro a quel largo cappello rosso. « Cos'è successo? »
Ma ecco che udì un bisbiglio: Verel, un solo passo dietro di lui, gli lanciava occhiate divertite. « Penso sia una donna, genio. » Andrell si bloccò per un istante e poi rispose a quello sguardo con un'occhiataccia. Quando lo riportò sulla straniera, il suo viso si era fatto un po' più rosso. « -ma prima di tutto ci dica il suo nome. Lady...? »
In quel momento, la donna sorrise a Verel. « Lady... che parola grossa. Mette i brividi. » Quel sorriso sembrò quasi attraversare Andrell come se non esistesse, portando al vagabondo un messaggio che non riuscì a decifrare. L'unica cosa che Verel riuscì ad interpretare nello sguardo di lei fu un vago senso di familiarità, una sensazione di déjà vu che sembrò radicarsi nella sua gola, lasciandolo senza parole. Non era sbalordito però, solo confuso da quella strana reminiscenza. La donna sembrò fermarsi un attimo a riflettere, quindi con un pizzico di malizia nella voce annunciò: « Lady Dike. » Accompagnò la presentazione con un lieve inchino, inclinando il largo cappello sugli occhi e dando a quelle labbra un'aria ancora più intrigante -per Andrell, almeno. Il soldato infatti non esitò a continuare.
« Io sono il tenente Andrell, e questo è il mio sottoposto Verel Orlànd. » Questa volta fu il turno di Verel a tirare l'occhiataccia verso il collega.
« Di che crimine ci stava parlando, miss Dike? »

La ragazza di tolse finalmente il cappello, rivelando una chioma lunga e perfettamente liscia, di certo più ordinata di un qualsiasi cittadino di quel quartiere. Pareva completamente rilassata, come se fosse uscita per fare una passeggiata e stesse chiacchierando con due amici.
Eppure le sue parole nascondevano qualcosa di tetro.

bddryNK

« Una donna è morta non lontano da qui. »

I due soldati scattarono sull'attenti, come se avessero appena ricevuto uno schiaffo.
« E ce lo dice così? » Rispose immediatamente Verel, palesemente irritato. « Ci porti lì immediatamente! »

Lady Dike si calò nuovamente il cappello sul volto.
« Seguitemi, vi farò vedere. »

Scusa per il ritardo, Anna!
 
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Red Phantom
view post Posted on 2/5/2016, 22:06




Seguitemi, vi farò vedere”.


Cosa pensi di fare.
Shh.

Le strade di Ladeca erano solo un palcoscenico uguale a tutti gli altri, dove lei poteva camminare con tutta calma davanti a loro, immaginando quali fossero le loro storie e perché si trovassero lì. Due denti rimasti nella bocca di una vecchia, che tentano in vano di mordere il futuro.
Non c’era alcuna speranza per quel luogo, già corrotto ancora prima di nascere. Gli uomini avevano distrutto e fondato regni sin dall’alba dei tempi
In quell’ordine
Odiando prima ancora di aver amato, senza darsi alcuna spiegazione. Ma in tutto quel tempo non erano mai riusciti ad eliminare l’unico vero problema.
Un sorriso sarcastico.
Lui lo aveva capito, naturalmente. Cercava a suo modo di porre rimedio. Nel suo
troppo
piccolo.


Quella donna, sapete, era intraprendente. Non si era accontentata di starsene in poltrona a filare la lana”.


Gesticolava ruotando i polsi e lasciando sfarfallare le dita senza che ci fosse alcun concetto da sottolineare, solo per smuovere la penombra, per agitare la polvere rassegnata di quei borghi dimenticati.


Aveva deciso di dare lavoro ad altre, anche loro troppo disperate ambiziose. Intascava i due terzi di quello che loro guadagnavano.
In quale commercio, mi chiederete
”.


Si fermò un istante, prima della scena finale. Ruotò lievemente il capo, di tre quarti, così da intravederli. I suoi occhi scarlatti guizzarono ironici. Forse a loro non interessava davvero. Basiledra aveva visto scene peggiori, nel suo borgo flagellato dai nobili che vi migravano ogni notte come cavallette. Tra i corridoi di un maniero imbrattato di volgarità.
E Ladeca era forse abituata a tenere le sottane alte finchè le restasse forza. Ma era sempre
Divertente
Lasciare altri con il fiato sospeso.


Vendevano le loro mani. Le loro labbra. Il loro corpo. A uomini troppo ricchi. Un solo bacio valeva come una cena.
E quel mare buio, dove il sole del vigore ama tramontare, grazie a quello la loro si era comprata una collana pesante quanto il collare di una
Cagna
Dea
”.


Svoltò l’angolo, allargando le braccia. L’ultima luce la investì come un abbraccio, disegnando sul terreno una lunga croce. Un omaggio a quello che era ormai un cimitero a cielo aperto. Alle sue spalle, non potevano vedere la sua risata muta.
Ma di certo potevano vedere l’ingresso della casa proprio di fronte. Con la bella porta in legno massiccio e il battente d’oro che raffigurava un fiore.
Con i muri intonacati di bianco, le pagine strappate di un libro davanti a un esercito di analfabeti. Imbrattate dall’incomprensione come quelle pietre lo erano dal sangue. Così tanto da essere
Stupefacente
Che potesse essere uscito dal corpo.
Inchiodata per i polsi e le caviglie con grossi chiodi. E forse già morta prima
Oh no, ti giuro di no
Perché il collo era spezzato e attorno ad esso era torta una grossa, volgare collana d’oro.
Si fece da parte, per lasciare che si avvicinassero. Che ammirassero quella veste da camera, tutta di velluto smeraldo, e quelle labbra piene. Mai avevano dovuto vendere un sussurro, quelle labbra. Ma quante volte avevano ringraziato, piegandosi alle monete d’oro altrui. E quante volte quegli occhi spalancati si erano abbassati a contare oro tintinnante mentre attorno il dolore fioriva nel campo nero della vergogna.
Ladeca, promessa del domani, svergognata dai suoi stessi figli. Stuprata dalle sue eredi. Spogliata del passato per rivestirsi di un presente esattamente uguale e soltanto con un nome diverso. Ladeca che urlava rivolta al cielo e poi si metteva a quattro zampe attendendo un nuovo dominatore. Con un guinzaglio troppo lungo perché qualcuno non lo afferrasse. Con troppa poca volontà, eroismo, umanità per essere liberata.
Incrociò le mani dietro la schiena, sperando loro fossero stupiti, orrendamente disperati.
Sperando si ribellassero a quello che vedevano senza accettarlo.
Esistono dunque ancora guardiani, a Ladeca.
Sono tre.
E tutti quanti qui.



 
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view post Posted on 27/5/2016, 19:54
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Verel, Andrell e la misteriosa donna percorrevano le strade di una Ladeca ormai deserta.
Strade già viste. Più e più volte, dopo l'ennesima ronda, dopo l'ennesima pattuglia, dopo l'ennesima passeggiata.
Eppure non sembravano mai smettere di essere nuove a Verel, che le guardava come se fossero quelle di Basiledra. Gli capitava di svoltare l'angolo e di trovarsi davanti ad un vicolo cieco anche se era sicuro che ci sarebbe stata una strada, oppure gli capitava di perdersi completamente se sovrappensiero, perché le sue gambe si muovevano come avrebbero fatto a Basiledra.
La verità è che Ladeca era un rimpiazzo, per Verel. Come se qualcuno cercasse di ricostruire una casa che non aveva mai visto e poi, finito il mediocre lavoro, la chiamava con lo stesso nome: capitale.
Ovviamente Ladeca non era la capitale. Il trono nell'Edraleo era solo un relitto del passato. Ovviamente chi aveva costruito quelle strade non aveva pensato a Basiledra.
Ma avrebbe dovuto. Questo pensò il vagabondo, ascoltando le parole della dama Dike.
In realtà Verel non era nemmeno sicuro che fosse davvero una donna. Si sentiva perso in un mondo troppo nuovo per lui.

Poi voltarono l'angolo.

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Tutto cambiò, vedendo quel fiore.
Vedendo quel corpo inchiodato ad una parete che aveva chiamato casa, lavoro, per anni.
Un lavoro sporco, certo. Schifoso. Osceno. Deprecabile.
Eppure era pur sempre sacro. Era la missione di una donna, una volta. Ora non più.
Perché su quella parete, la vittima aveva esalato l'ultimo respiro, bagnata del suo sangue, vedendo scorrere la sua vita sulla terra.
Andrell era pallido, non riusciva a fare niente se non tremare. Era da tanto che non vedeva una mattanza simile, da anni. L'ultima volta una sua amica era morta. Ora era una ladra ad essere morta, stando alla Dike.
Ma Verel non si mosse. Era morta, certo. Questo pensò. Non avrebbe potuto salvarla.
« Andrell. Vai. Prendi gli altri. Ci servirà il loro aiuto. » E lui ubbidì, senza nemmeno mettere in discussione gli ordini di un suo sottoposto. Ubbidì perché vide che negli occhi del viandante c'era già la risposta alle domande che nella sua mente invece si facevano sempre più chiassose. Sul volto di Verel era già dipinto tutto, e Andrell lo capì. Se ne andò subito, scappando via da quell'orrida visione il più velocemente possibile.

Il vagabondo si avvicinò al cadavere. Il sangue era ancora fresco, il corpo ancora profumato e morbido. Era come se la morte stesse solo aspettando il momento giusto per far vedere a tutti che sì, in effetti la donna era morta. Verel provò a togliere uno dei chiodi con la sua unica mano, ma non era abbastanza forte -il metallo era conficcato nei mattoni. « Lady Dike. »
Si voltò verso la donna che li aveva mandati in quel posto maledetto. « Non so cosa avete in mente, ma ho l'impressione che mi stiate sottovalutando. »
Puntò l'indice contro la donna (?). Sul capo di lei, con un'esplosione di luce, apparve la sagoma di una grande spada bianca. La luce dell'incantesimo illuminò quel vicolo, riflettendosi nel sangue come se fosse una distesa di rubini. Nel palmo aperto del ragazzo si formò un'altra spada, sempre composta della stessa eterea sostanza e altrettanto letale. Il suono che producevano le due armi era simile allo scoppiettare di un tuono che continua a rimbombare in lontananza, era una litania che diceva stai attenta.
« So che vi state divertendo. Lo sento. »
Il vagabondo puntò l'arma verso la Dike. Nei suoi occhi non c'era niente, nemmeno la pietà, nemmeno lo sconcerto, nemmeno il dispiacere.
Quella era solo l'ennesima tragedia che non aveva potuto prevenire, d'altronde.

« Ditemi tutto quello che sapete riguardo a questa donna.
Ditemi chi siete in realtà.
»

Energia: 95%
Fisico: 100%
Mente: 100%
Armi: Narada (brando spezzato, riposto)

Tecniche passive
Cuore di carta - dopo la tragedia di Terra Grigia, dove Aedh Lancaster ha attirato i nobili del nord con l'inganno per poi cercare di eliminarli, Verel è riuscito ad accedere nuovamente alle capacità che possedeva prima della Guerra del Crepuscolo, prima che si tirasse fuori dagli affari del mondo. Affrontando la sua incapacità a prevenire quel meschino attacco infatti il vagabondo ha iniziato a percepire qualcosa di più, qualcosa di profondo e incerto negli occhi di chi lo circonda: le loro emozioni. Attraverso il contatto con uno dei cinque sensi, Verel è in grado di scrutare nell'animo umano (e non), leggendo le emozioni di chi si trova attorno a sé. Tuttavia quest'analisi si dimostrerà utile solo se il suo intuito gli permetterà di capire come il linguaggio del cuore si intreccia con quello dei gesti e delle parole. (Passiva; numero di utilizzi: 4/5. 7/25)

La Spada del Dubbio - Verel fin dalla nascita possiede una naturale propensione per l'elemento sacro, e riesce ad invocarlo con facilità estrema. Questa forma di magia è considerabile al pari di un dono, una caratteristica affinata unicamente attraverso anni e anni di esperienza diretta in combattimento, di certo non è frutto di intensi studi. Basterà un solo comando e la volontà del Vagabondo si materializzerà in filamenti luminosi tutt'attorno a lui, condensandosi poi nelle sagome bianche di armi come spade e scudi. Verel utilizza questa capacità principalmente per ricostruire la sua amata spada Narada, ma ha avuto modo di servirsene anche quando era sprovvisto di equipaggiamento. Se adoperato per scopi offensivi o difensivi questo incantesimo ha la potenza di un semplice attacco fisico, in modo non dissimile da armi normali e basato dunque sulla quantità e tipologia di CS posseduta al momento. (Passiva; numero di utilizzi: 5/6. 1/25)

Pacifismo - vivendo per anni lontano dalla civiltà, i possessori di questo talento hanno oramai perso interesse per i conflitti delle persone comuni. Consumando un utilizzo di tale passiva, questi asceti riusciranno a esporre al mondo le loro idee attraverso una malia psionica che indurrà le persone attorno a loro ad abbandonare la violenza e ad abbassare le armi. (Numero di utilizzi: 5/6)
Tecniche attive
Gran giudizio - in più modi, nel corso della sua vita, Verel è sempre stato legato alla ricerca della verità. Quando estrae la sua spada è spesso perché si deve ergere ad una posizione scomoda -quella del salvatore. Tuttavia il vagabondo non è in grado di raggiungere quel piedistallo con la sua semplice forza di volontà -una lezione imparata attraverso molte sofferenze. Il trono del giudice è creato unicamente grazie alla legge e al supporto della gente, requisiti necessari perché i suoi verdetti vengano riconosciuti da tutti. Per questo Verel ha deciso di avvalersi della magia, modificando le leggi del mondo e piegandole alla sua convenienza: con questo incantesimo Verel è in grado di creare una spada magica, sfrigolante di luce e giustizia, sopra il capo del suo interlocutore. Se durante il turno di utilizzo egli dovesse dire una menzogna o non rispondere alle domande che gli vengono poste, la spada cadrebbe su di lui, pronunciando il verdetto. La spada luminescente è considerata come una tecnica magica di potenza bassa, tuttavia nel momento in cui cade sul capo del menzognero andrà ad arrecare danni con gli stessi criteri di un attacco non-tecnica, e non ferirà le carni ma le energie del suo nemico. (Consumo energetico basso; 8/25)
Riassunto: Verel capisce che la Dike sta nascondendo qualcosa perché percepisce il suo divertimento e la sua trepidazione attraverso la passiva empatia. Quindi attiva gran giudizio e la minaccia con la spada del dubbio. Pacifismo è attiva per minimizzare la possibilità che la donna risponda attaccando. Se la Dike non risponde alle domande di Verel o mente, sarà bersagliata dalla tecnica.
 
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Red Phantom
view post Posted on 6/6/2016, 23:24




« So che vi state divertendo, lo sento ».


Oh sì.
Lui era così…
Così
Naive.
Le strappò un sorriso tra le labbra, rivolto a se stessa. Si dondolò sulle punte dei piedi, trattenendo a stento una risatina. Si stava divertendo
Puoi giurarci
E lui era un vero guerriero nudo e crudo.
Un po’ come lei.
Che cercava di riparare ai torti senza sapere di non avere speranza. L’unico modo di combattere il male era estirparlo direttamente alla radice, come un fiore appassito.
Ladeca come la madre che non aveva mai avuto, falsa e nascosta in un androne in attesa di un nuovo guerriero a cui vendere il cuore. Era la città giusta per uomini come quello che lo accompagnava, la latrina per le loro pisciate spaventate.
Ma non per loro, lei e lui.
In piedi davanti a quello scempio, con considerazioni che, ne era certa, avevano poco a che fare con quella donna. Forse con le sue colpe, ma più probabilmente con quel corpo appena vestito
purtroppo
Esposto al pubblico ludibrio. Poco importava sfruttasse puttane o uccidesse capretti nel giorno di festa.
Meritavano tutti di morire.
O di essere difesi.
Ammiccò verso di lui e verso la sua spada. Non intendeva combatterlo.
Era sazia.
Ma le sarebbe dispiaciuto spaventarlo un po’. Lui che combatteva i cattivi e perdeva tempo con lei invece di brindare. Di farle i complimenti.


Chi sono io?


Un sorriso più ampio.
B r a v o ~
La domanda giusta, forse nel momento sbagliato. Certo quella spada non aiutava le battute di spirito.
E nemmeno la donna, tendeva a scordarsela.


Alcuni mi chiamano il Fantasma Rosso”.


Altri muoiono prima di potersi inventare un nome.
Le sarebbe piaciuto avvicinarsi, prendergli il viso tra le mani e stampargli un bacio su quelle labbra serie da bacchettone. Raccontargli della propria vita nomade alla ricerca di cattivi da punire e nuove storie da conoscere. Della propria missione, di come le sarebbe piaciuto suonare il flauto al tramonto.
E invece lui la minacciava
ironico
E voleva sapere chi lei fosse. Ma in realtà non per davvero, solo per quella verità di comodo sufficiente a condannarla o ad assolverla prima che i suoi amichetti tornassero. Voleva quella bugia al sapore di ceppi e prigioni. O di carezze tiepide dolo il lavoro e di pane sfornato.


Ma la domanda è mal posta. A vostro parere, chi mai dovrei essere?


Eroi o demoni, creature delle leggende o banali contadini dalla schiena curva. Tutti si rifugiavano come parassiti per le strade di Ladeca.
Ma lei non era nessuno di loro
per fortuna
Era solamente l’eroe che li avrebbe salvati
O eliminati
Tutti quanti.


 
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