Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Móðir § Dolore.

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miky1992
view post Posted on 15/4/2016, 06:18




Il cuore era malato.

Le sue membra tremavano a ogni battito. Dentro di lui la vita si affievoliva, minata da un male invisibile che ne corrodeva emozioni e tessuti. Era solo questione di tempo ormai. A ogni battito il male si diffondeva attorno a lui, corrompendo le creature sue emanazioni. I difensori potevano già avvertirlo nelle loro creazioni e dentro il loro animo.

La volontà del cuore avvolgeva il mondo e la vita che egli stesso aveva generato.
La malattia aveva nel Verkstæði l'apice della sua espressione. All'esterno della fortezza si diffondeva, regredendo in sintomi di sempre minore intensità. Eppure erano già presenti, come disgustose pustole, cancri maligni che crescevano e si espandevano inesorabilmente. Elfi storpi nascevano nei villaggi attorno a Verkstæði, i giovani si ammalavano e i vecchi morivano nei loro letti consumati da febbri fulminanti. Le femmine erano sterili e gli uomini indeboliti nell'animo incapaci di procacciare cibo a sufficienza per sopravvivere. Il grano generava mostruose infiorescenze, le messi marcivano e il bestiame deperiva fino a sfaldarsi in cumuli di cenere, come consumato da fiamme invisibili.

Questo era solo l'inizio della fine. Il male che lo attanagliava, se non estirpato alla radice, avrebbe consumato il mondo, disfacendo ciò che un tempo era vita.
Al di la dell'orizzonte la situazione era ancora normale, e tuttavia la malattia persisteva ancora. Come una puntura, un fastidioso prurito, quasi invisibile eppure ancora presente.
Il cuore peggiorava giorno dopo giorno e con lui le creature che aveva generato.




Hlìf conosceva il nome di ciascuno dei propri figli, sapeva che ognuno di loro era speciale e aveva una caratteristica che lo rendeva speciale e insostituibile. C'era chi brillava per intelligenza, chi per forza, chi per coraggio, chi per bontà. A differenza dei suoi simili non ricercava la perfezione in uno di loro, perché in cuor suo sapeva che tutti i suoi figli erano ineguagliabili e perfetti. La dragonessa era orgogliosa di tutti loro, come solo una madre può esserlo.
Un brivido attraversò il corpo di Hlìf. La dragonessa allungò le zampe e strinse a se le sue creazioni, i suoi figli. Poté sentirli tremare, piangere per i fratelli perduti e per l'ingrato destino che li aveva colpiti.
Hlìf aveva paura.
Rinchiusa nella sua grotta la madre assisteva impotente alla morte dei propri figli. Alcuni di essi erano impazziti e come animali selvaggi si erano rivoltati contro i fratelli, altri si ammalavano di un morbo sconosciuto e incurabile. questi continuavano in preda al delirio a invocare aiuto, l'aiuto della propria madre. Hlìf infondeva in loro tutta la forza vitale di cui disponeva, eppure per quanto si sforzasse, non poteva evitare il disfacimento dei loro corpi. Come fossero semplici pezzi di argilla si sgretolavano tornando a essere materia inanimata, invocando il nome di colei che li aveva tanto amati e che ora era costretta ad assistere ai loro ultimi giorni.
Mentre il corpo di suo figlio si disfaceva davanti ai suoi occhi in una indistinta nuvola di polvere, la dragonessa emise un verso cupo e terribile che riecheggiò fin nei meandri più oscuri di Verkstæði. Il ruggito di dolore fu così intenso e carico di emozione che più di un drago rabbrividì di tristezza. Non era il grido rabbioso di chi all'apice della propria superbia si vede strappare il proprio lavoro, era il grido di una madre disperata che avrebbe fatto qualsiasi cosa in suo potere per salvare i propri figli.



QUALSIASI COSA.




scena privata in allestimento, si prega di non intervenire.
 
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