La foresta era fredda, con un lieve strato di brina che si sgretolava sotto gli stivali. Aveva i brividi, una sensazione spiacevole sulla sommità della nuca che le metteva fretta. Negli occhi teneva stretto il ricordo del villaggio devastato, con gli steccati divelti e gli animali impazziti. Un grosso gallo ferito starnazzava correndole incontro. Ma nemmeno tirargli il collo l’aveva aiutata a sfogare la rabbia. Si era ritrovata quello stupido volatile tiepido tra le mani guantate e tutti quei corpi morti attorno.
Le donne piangevano e si portavano le mani al volto, abbassandosi la gonna per qualche genere di stupido pudore. I loro figli, quelli sopravvissuti, cercavano padri che non sarebbero tornati.
La dura vita del nord, si sussurrava. Quando non erano famiglie avversarie erano i briganti. Quando non era per una lotta di potere era per denaro, cibo, sopravvivenza. Sesso. Sentiva quell’odore dolciastro un po’ ovunque, disgustosamente mescolato al sangue e alla violenza. Sui muri dove si erano conficcate le frecce e attorno ai polsi slogati. Riusciva appena ad immaginare quanto avessero sofferto.
Peccato ~
La foresta era silenziosa, solo qualche corvo bruno gracchiante, appesantito da un pasto recente. Nel biancore si muovevano creature troppo piccole per interessarla, producendo fruscii sommessi. E poco distante il gorgoglio gelido del ruscello spezzava isole di ghiaccio.
Sotto le dita aveva qualche piuma morbida e sulla coscia i segni delle unghie di quella donna. Si era aggrappata a lei, gridandole di fare qualcosa, di vendicarli. Aveva gli occhi arrossati di pianto e credeva nella rivincita. Non sapeva nulla dei giochi e delle Belle Lezioni. Altrimenti avrebbe saputo quanto fosse inutile uccidere per soddisfare il proprio ego.
Glielo aveva detto Lui.
Bisognava uccidere
Per divertirsi
Per eliminare il male dal mondo. Senza fretta, con metodo, senza rovinare nulla. Come in una casa piena di scarafaggi dove si intenda ancora vivere.
L’acqua del ruscello era limpida. Una volta un agnello ci si era abbeverato credendo di sfuggire al lupo. Non lo aveva ancora attraversato, ma poteva immaginarlo. Il posto ideale per riposarsi, con quelle rive sgombre dove la prima erba era tenera e verde. Dove incrociare le gambe e lavarsi il viso. Il sangue scoagulato giungeva fino a valle, dove nessuno si sarebbe certo curato di uno sciocco villaggio tra i boschi. Bevendo quell’acqua contaminata di errori avrebbero continuato ad essere i vermi meschini di sempre.
La foresta era spettatrice, trepidante. I rami appena mossi, come mani tremanti, le chiome senza foglie simili a occhi spalancati. Aspettava il momento cruciale, mentre lei guardava l’uomo di spalle, con i capelli rasati dietro la nuca e la pelle delle guance dipinta di simboli sconosciuti.
Forse aveva un codice d’onore o una tribù, una donna a cui tornare e a cui donare il ricordo di un’altra. Molto commovente, come solo le storie dei gregari sanno essere. A pensarci era quasi tentata di commuoversi
Per quello stronzo
E riportarlo a casa propria, davanti ai suoi bambini con le trecce e il naso gocciolante. Una buona azione, prima di sgozzarlo come un maiale davanti ai loro occhi, tagliandogli la gola e le palle. Peccato che non sarebbe mai riuscita ad avvicinarsi abbastanza. Sospirò.
“Alzati in piedi, animale”.
Lui sobbalzò, afferrando la corta daga con cui aveva sfidato deboli contadini. Aveva il naso piccolo e schiacciato e delle cicatrici sul petto. Si chiese se fosse suo padre
Mmmh papà mh mh
E se in quel caso l’avrebbe uccisa senza scampo. C’era un solo modo di scoprirlo.
“Chi sei?”
Sospirò. Era un’abitudine di quella gente fare domande senza senso.
“Una a cui hanno chiesto di ammazzarti per vendicarli. Una stupidaggine, se vuoi la mia opinione. Che non cancella quello che hai fatto”.
Ci parlava sempre. Era parte di quel ridicolo melodramma, rendeva tutto più eroico se mai qualcuno lo avesse raccontato.
Lui pareva perplesso, come se non fosse davvero convinto. Forse nemmeno si ricordava del villaggio dove i cavalli avevano lordato le strade in preda al terrore. Magari non aveva nemmeno lavato le mani dopo aver preso quelle donne per i capelli.
Si era piegato in avanti, pronto a vendere cara la pelle.
Fantastico. Proprio quello che si aspettava.
“Sai qual è la cosa più ironica?”
Balzò in avanti. La mannaia scintillò alla luce soffusa solo all’ultimo momento, la lama più affilata di un rasoio. Lui era svelto. Forse partecipava a qualche guerra tribale, di quelle in cui si urlava tanto e ci si tagliavano le orecchie nel fango. Ne aveva sentito parlare.
Dettagli pittoreschi.
Sferrava colpi decisi, ma troppo lenti per una come lei. Lui era uno stupido bufalo spaventato e lei era la leonessa, la sua guerra era come una danza. Si piegava all’indietro e gli sferrava brevi colpi fuggitivi, saltellandogli attorno. Lui era un nemico colto di sorpresa. E lei aveva una precisa coreografia.
Colpì dietro il ginocchio. Il sangue le schizzò sulla mano, strappandole un sorriso. Il suo nemico cadde bocconi.
“Insomma, la vuoi sapere la parte più ironica?”
Aveva il fiato corto, ma cercò di non farglielo sentire. Avrebbe rovinato tutto. Lui aveva le pupille dilatate e tendeva la lama in avanti, come se potesse in qualche modo aiutarlo. Il suo sangue le era schizzato sul completo nero e si vedeva appena. Tanti piccoli graffi, niente più. Avrebbe potuto guarire, se lei gliene avesse lasciato il tempo.
Sospirò, scuotendo il capo.
“Tanto te la dirò lo stesso, funziona così quando perdi. La cosa più ironica è che non morirai per quello che hai fatto”.
Lo afferrò per il ciuffo che si era lasciato crescere in cima alla testa. Un vezzo ridicolo, da donnicciola. Forse saccheggiava i villaggi per sfogare la frustrazione.
“Morirai perché mi fanno schifo quelli come te. E quindi è giusto così”.
La mannaia era un’arma affamata. Si portò via il collo e la testa con un movimento circolare. Regalò una doccia di sangue arterioso che le schizzò sul viso e sui capelli corvini.
Si leccò le labbra, asciugandosi le ciglia con il dorso dei guanti già umidi. Finalmente in qualcosa non l’aveva delusa. Allargò le braccia, assaporando la sensazione che ce ne fosse uno di meno.
La sua morte aveva un cattivo odore. Sorrise di nuovo, beffarda, sperando che, da qualche parte nella dimensione degli spiriti falliti, lui potesse vederla.
CITAZIONE
Scena con Ashel. Si prega di non interrompere.