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Notte Quarta - pelle

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K i t a *
view post Posted on 21/4/2016, 23:31




NOTTE QUARTA
PELLE

~ ~ ~

Una leggera brezza era arrivata a carezzare la baia di Dorhamat, portando un po’ di sollievo dalla calda giornata. L’umidità avvolgeva la cittadina, rendendo l’aria pesante, attaccandosi alla pelle come resina. Il vento fresco riuscì a scuotere gli abitanti dal torpore pomeridiano, preparandoli ad affrontare la sera, da sempre la parte più produttiva della giornata.
In un vicolo, nei pressi del porto, lavorava lei.

Era nota come Pantera,
o Boccadimiele,
ma il suo vero nome, che in pochi ormai conoscevano,
era Carmilla.

Un caschetto di capelli corvini le incorniciava il viso, terminando giusto poco sotto il mento, mettendo in risalto i lineamenti affinati. Gli occhi scuri osservavano con attenzione alcuni fogli, su cui faceva scorrere lentamente un pennino imbevuto d’inchiostro. Ogni tanto interrompeva il movimento della mano, portando la penna tra le labbra piene, dalla sfumatura scarlatta, trattenendola leggermente.

Per tre cose Carmilla era nota a Dorhamat.

Primo.
Era figlia di un pirata piuttosto rinomato nell’ambiente; questo potrà sembrare una nota da poco, ma lui non aveva semplicemente scopato sua madre: quando era nata, lui la aveva riconosciuta come sua figlia.
Ben diverso rispetto a tutti i bastardi che giravano in città.
Poi anche lui era sparito, lasciando figlia e amante al proprio destino.
Non diverso da altri tipi di bastardi

Secondo.
Era una dei tatuatori migliori presenti nella città. L’unica donna, di certo.
Ciò che riusciva a fare con le sue mani era un dono offerto da chissà quale Dio.

Terzo.
Anche la sua bocca era un dono di Dio.
Non di meno era Boccadimiele, d’altronde.

Campare con quei due soldi era sempre più difficile, ormai. Il giro d’affari andava sempre più ad assottigliarsi, ed era ben consapevole di dove stesse il vero denaro in città. Eppure non riusciva a rinunciare al suo dono, e si sentiva come un’amante gelosa, incapace di arrendersi di fronte a ogni sopruso.
La vita di un’artista non è mai granché semplice.

Probabilmente erano trascorse ore da quando era china sui suoi disegni. La pelle delle braccia, nuda, era lucida per l’umidità accumulata nella piccola locanda in cui lavorava, e ogni tanto tamponava la scollatura, per darsi un po’ di sollievo dal caldo.
Fu il rumore dei passi a distrarla, finalmente. Sollevò gli occhi, spostandoli verso la porta.
Immediatamente le labbra si curvarono in un sorriso seducente, mentre poggiava il braccio sinistro sopra il tavolo, portando l’altra mano sul suo fianco.
«Benvenuta, hermosa».

 
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Red Phantom
view post Posted on 26/4/2016, 13:58




A volte non si sentiva soddisfatta, proprio come in quel momento. Se ne stava a cavalcioni del balcone, con una gamba dondolante nel vuoto e un soffio di fumo chiuso tra le labbra. Gli occhi chiusi erano bagnati dal sole tiepido e la schiena sudata poggiata contro il muro intonacato. Il suo corpo era vibrante e rilassato come uno strumento alla fine del concerto.
Eppure era insoddisfatta.
Tra le sue labbra sapori estranei e sotto la pelle un indolenzimento torpido che si squagliava sotto il sole. La sigaretta tra le dita penzolava mollemente, quasi dimenticata. I capelli sudati le aderivano sulla fronte. Aveva gridato e poi si era spinta all’indietro. E in avanti, con tutta la foga che aveva.
Eppure era insoddisfatta.
L’uomo nel letto sgangherato aveva un mezzo sorriso sulle labbra mentre sonnecchiava. Forse con i pensieri tornava a quanto era appena accaduto. Forse la mano ancora sopra i gioielli di famiglia serviva a confortarli, a complimentarsi per la bella mano che gli era salita in quella partita. O forse era solo un gesto cauto, nell’eventualità in cui la ragazza che l’aveva fermato durante una ronda non fosse chi diceva di essere. Aveva un odore di spezie e di maschio lavato da poco, un odore rassicurante di guardiano. Quasi paterno.
Eppure era
Insoddisfatta.
Era quasi certa che suo padre
Paparino ~
Non fosse come quell’uomo.
Forse dipendeva da quello. Forse era la certezza di non aver avuto quanto avrebbe potuto ottenere, di non essersi presa abbastanza. Certo era che, con la schiena poggiata contro il muro in quella giornata sin troppo calda, totalmente nuda, sentiva un disperato bisogno di ucciderlo. Tagliandogli a fette quella pistola che non era riuscita a ucciderla e mangiandosela mentre la guardava.
Sospirò. Restare più a lungo sarebbe solo stato deleterio per entrambi.
Raccolse le proprie cose senza commentare il suo sonno, senza poggiargli un bacio sulle guance o congedarsi. Dopo tutto non era lì per delle smancerie.
Le vie battute dalla calura erano quasi deserte e lei era vestita di bianco per combatterla. Non avrebbero mai fatto caso a una come lei, che pareva una come tante altre. Solo più consumata, più sporca, con degli occhi più strani.
E un sorriso più insoddisfatto. Calciava pietre invisibili e si chiedeva come
Come
Placare quella fame insopportabile. Guardava le donne affacciate alle finestre e immaginava di balzare verso di loro, trascinarle a terra e strangolarle. O di strappare tutti quei capelli sottili. Danzandoci sopra. Strinse i pugni, cercando di calmarsi.
E poi
un’insegna.
La risposta che aveva aspettato. Aghi sotto la pelle, pronti a penetrarla decine di volte, provocando minuscole, dolorosissime ferite. Colore per sempre, un segno indelebile come una cicatrice, ma decine di volte più evidente, capace di rendere indimenticabile la sofferenza. Passarci sopra le dita.
Non dentro.
Non attorno.
Sopra.
E ripercorrere quegli attimi terribili con lo stesso fiato trattenuto, come se non fosse passato neppure un secondo.
Non si era nemmeno resa conto di essere entrata.


«Benvenuta, hermosa».


Né aveva pensato che il proprietario potesse essere una donna. Con un taglio di capelli molto simile al suo e lo stesso sguardo che sta attendendo una svolta.
Interessante.
Coperta di sudore e intenta a lavorare. Ignara di chi avesse davanti. Sorrise estasiata, immaginando lo stupore di lei e quello che stava per iniziare.
Hermosa.
Non sapeva esattamente cosa volesse dire. Ma era quasi certa che non significasse assassina puttana folle che si è appena fatta una guardia nella stanza pulciosa di una locanda. No. Decisamente. Quindi voleva dire che poteva spacciarsi per un’altra, con quegli abiti candidi da viaggiatore.


È qui che
Si soffre
Si fanno dei tatuaggi?
"


Si leccò le labbra. Ma certo che era lì. Altrimenti le sue aspettative sarebbero state deluse.
Molto, molto male.
Era lì e dovevano solo contrattare. Dopo di che la sua giornata si sarebbe trasformata di colpo. Da un estremo all’altro.
E non era più insoddisfatta.
Niente affatto.


 
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1 replies since 21/4/2016, 23:31   48 views
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