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Ghosts of guilt, Contest Aprile 2016 - Dortan - Tolleranza

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view post Posted on 24/4/2016, 23:07
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« Non mi aspettavo che bastasse una lettera a spingerti ad attraversare il deserto. »
Laurence sorrise dolcemente, anche se le circostanze che avevano portato a quell'incontro non erano che sgradevoli.
Era seduto dietro ad una cattedra parzialmente carbonizzata, in una grande sala che un tempo avrebbe definito aula. La donna che aveva chiamato da Taanach si fece strada tra travi cadute, raggi di sole che filtravano dal non-esistente tetto, buche nel pavimento di pietra e lo affrontò faccia a faccia. Nello sguardo di lei c'era la solita aria saccente, una specie di delirio d'onnipotenza giustificato dal fatto che raramente aveva torto. Per chiunque altro quello sguardo inquisitorio avrebbe dato un certo senso di malessere, ma non per lui, che negli occhi aveva lo stesso bagliore freddo e a volte spietato. Tra i due ci fu un breve duello di sguardi e silenzio, interrotto soltanto dallo scricchiolare dello sgabello sul quale lei si era accomodata. Poi Laurence sospirò, decidendosi a finire i convenevoli.
« Mi spiace averti chiamato di nuovo, Lena. »
Lo sguardo di Lena Lauren si fece sottile, pieno di sospetto e irritazione. Quello era un affondo che Laurence non avrebbe mai potuto parare. « Lo so. » Proclamò lei, terminando definitivamente il duello con la sua vittoria. Laurence abbassò il capo, consapevole che Lena aveva tutto il diritto di mettersi ad urlare e forse anche di sparargli.
« Ho infranto la nostra promessa per- »
« -giuramento, intendi. »
« ...perché sei l'unica che può aiutarmi. »
Lena chiuse gli occhi per un istante, ricacciando la rabbia dentro di sé. Neppure giorni e giorni di durissimo viaggio erano stati abbastanza per solidificare la motivazione di lei ad aiutare quell'ingrato che le stava davanti. Più ci pensava, più le sembrava che quella frattura tra di loro non fosse altro che una scusa del destino per permetterle di avere la sua vendetta. Forse per quello si trovava lì ora, e non per il tono con il quale quella lettera era stata scritta. Una disperazione che seppur non fosse riflessa sul volto di Laurence era chiaramente visibile agli occhi della giovane investigatrice.
« Gli amici fanno promesse. Tutti gli altri stringono patti. »
Ma non era abbastanza per spingerla ad avere pietà di lui.
Laurence non sapeva più cosa fare per convincerla a parlare civilmente, ma il fatto stesso che era lì gli dava speranza. Nonostante tutto quello che era successo in passato tra di loro, Lena era comunque venuta a sentire la sua richiesta attraversando mezzo continente.
« Puoi capire cos'è successo qui, immagino. » Laurence indicò la stanza con un lento movimento del polso prima di tornare a togliere le schegge di legno più sporgenti dalla cattedra. Lena annuì. « Incendio. Colposo. Due settimane fa, direi. Sono sorpresa che la struttura regga ancora. »
Un'ombra calò sul viso di Laurence. « Ho cercato di fare in modo che restasse in piedi. » Lena lo sapeva già, e stava intuendo cos'era successo. Ma lasciò continuare il suo vecchio amico, come per permettergli di liberarsi da quelle parole. « Ho lavorato notte e giorno, anche se gli abitanti non mi vogliono più qui. Ma non si avvicinano: dicono che è un luogo maledetto ora, maledetto dalla sventura che porto sulle spalle. » Strinse nel pugno una scheggia di legno e le nocche gli si fecero pallide.

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« Questo fanno i corvi. Portano sventura. »
Lena rimase in silenzio. Spesso per lei non c'era bisogno di ascoltare, poteva semplicemente osservare il viso di un uomo e capire quello che avrebbe detto di lì a poco. E nei rari momenti in cui ascoltava davvero, lo faceva sapendo che avrebbe trovato menzogne da ritorcere contro il suo interlocutore. Per questo in molti detestavano parlarle. Ma con Laurence non c'erano mai stati questi trucchi, questi inganni. Entrambi erano perfettamente in grado di osservare direttamente l'anima altrui senza vantare rapporti emotivi, perché era ciò che il loro compito li aveva addestrati a fare.
Lei come investigatrice, e lui come inquisitore.
« Quando Ladeca è stata trasformata in capitale e Julien ha costruito il parlamento, io insegnavo qui. In questa aula. Avevo lasciato il mio passato alle spalle, i Corvi neri e gli Arconti erano già cosa lontana per me e ne ero felice. Ma poi... » Le labbra di Lena si incresparono. « Caino. » Laurence sospirò.
« Quando attaccò la città, fui cacciato. Non ero più il benvenuto. Dicevano che ero ancora un suo burattino, e che avrei attirato altri come me e lui qui, altri mostri che avrebbero fatto il lavaggio del cervello ai loro figli. » Pausa.
« E io gli credetti. Fuggii. Ma la sventura non mi seguì, no. »

« Ti credevo più insensibile, Laurence. Insegnare a leggere ai bambini ti ha ammorbidito. »
C'era una nota di tenerezza nella voce di Lena, come un sintomo di pentimento. Forse era stata troppo dura. « Ma incolparti non serve a nulla. Non puoi farti carico di colpe che non sono tue. Non devi per forza tollerare gli sguardi maligni e le accuse infondate. Puoi voltare pagina. »
Laurence sorrise debolmente, tenendo il capo chino. Nonostante le centinaia di miglia percorse, Lena era pronta a sacrificare un possibile ingaggio pur di dare qualche parola d'incoraggiamento. Se non fosse stata permalosa e bisbetica forse si sarebbe anche potuto innamorare di lei. Non era più un Corvo, ormai.
Eppure non avrebbe mai potuto seguire quei consigli. Sarebbe tornato in quel luogo per ricostruire, per riportare alla vita la vita tranquilla e felice che aveva solamente assaggiato dopo la fine degli Arconti. Anche se fosse rimasto da solo alla fine, senza nessuno a cui impartire le lezioni del Sovrano in cui ancora credeva così fortemente nonostante tutto. E come la sua fede anche il suo spirito doveva resistere alle ondate di cieco odio.
Questo significava essere un vero pastore. Questa era la differenza tra chi guida le anime e chi le punisce.

« Non posso. » Ammise, semplicemente. « Devo trovare il colpevole di tutto questo. Devo. »
Laurence disse l'unica cosa che Lena non si aspettò.
« I bambini che erano qui quel giorno... sono spariti nel nulla.
Non hanno ritrovato i loro corpi, sono semplicemente svaniti.
»

Lo sguardo del fu-inquisitore si fece d'acciaio, come quando era fermamente convinto della sacralità delle sue purghe.
« Io devo trovarli. E ho bisogno di te, Lena. »
L'investigatrice rimase un attimo incerta, come se colpita dai fardelli di Laurence.
Poi, cerimoniosamente, proclamò:
« Io, Lena Lauren, accetto il tuo caso. »

Preludio per una scena successiva.
Lena Lauren è il mio precedente personaggio. [Qui] la sua scheda, per i curiosi.
 
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