Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Notte Sesta, Sacerdote

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Red Phantom
view post Posted on 3/5/2016, 21:09




Il giorno che sono nata
Ho chiamato mia madre.
Se solo avessi gridato il nome di mio padre
Non mi avrebbe
Ugualmente
Risposto.
Quando morirai, chiedi chi sei a quelli che
Ami
Così che nessuno possa risponderti.

qwan9ZT



Il mondo degli uomini era come il suo corpo coperto di cicatrici, martoriato dall’egoismo e dalla fame di potere. Ogni boccone di carne capace solo di affondare nel vuoto di altra brama. Ogni moneta d’oro solo l’antifona di una ricchezza più grande.
Il mondo delle razze era percorso da più guerre che parole d’amore, l’unica lingua universale quella delle armi. Le mani attorno al collo sottile della speranza si erano strette da tempo, dalla rinascita del mondo. Lei era in una grotta buia e per un giorno era stata notte.
Ma non se ne era neppure accorta.
E nemmeno loro.
Il mondo degli eroi, spazzato dalla forza inimitabile di uno solo, annientato dall’ambizione irragiungibile. L’alibi perfetto. E mentre il sole sorgeva sulla
vecchia
vita tutte le bocche si erano aperte come quelle di uccelli nel nido, chiedendo nuovo cibo. Ancora e ancora. Ma nessuno li avrebbe più nutriti. Non c’erano più madri e padri in quel mondo giovane e sconfitto dai suoi vincitori. Non c’erano più mani tese o grembiuli colmi di pane tiepido.
Non c’erano i salvatori, che si erano piegati al potere di un dio irriverente. Non c’erano gli esagerati, arditi, volgari individui, capaci di violare ogni regola ormai non più scritta. Con cuori così grandi da esplodere in una valanga di sangue e ambizione frustrata.
C’erano solo quelli come Lui.
E come l’uomo che sedeva mollemente adagiato in una poltrona, incurante della vita della sua corte. Aveva l’odore stantio dell’ambizione affaticata dai fallimenti, provata dalla sconfitta. Eppure, non ancora domato, insisteva ad essere signore, senza rassegnarsi alla fine. Troppo debole per essere all’altezza di altri, più grandi fallimenti, moriva nella sua camera secondo per secondo, opponendosi solo a parole. Come un insetto prigioniero di un vetro.
Se solo fosse stato diverso avrebbe potuto scintillare nel cielo come un sole, per un’ultima volta, prima di tramontare per sempre.
Ma quelli come lui non lo erano mai.
E quelle come lei
soltanto lei
avevano il compito di mettere fine alla follia prima che fosse troppo tardi. E il primo secondo della loro esistenza era già un secondo in eccesso.
Rimase in piedi sulla porta a fissarlo, il vassoio tra le mani. Un camuffamento inutile, tanto che quell’unico bicchiere di liquore pareva una presa in giro più del suo sciocco vestito scuro. Vestita da donna si sentiva patetica
Quasi quanto lui.
Inclinò il capo, cercando di udire il suono della sua agonia.
Si era aspettata un uomo forte, un mangiatore di anime, un ingannatore. Un corpo possente da fare a pezzi lentamente, a piccole strisce da infilargli nel breviario come segnalibri, tra il ricordo di una locandiera nuda e quello di un adepto troppo scettico. Un guerriero memorabile da cui farsi colpire fino a che non fosse stata stanca. Per poi farne un esempio.
E invece era poco più di un vecchio.
Poggiò il vassoio su un tavolo che pareva dimenticato. Socchiuse gli occhi scarlatti, sperando che lui si girasse e la affrontasse. Che fosse solo un camuffamento, un inganno per coglierla in fallo. Sospirò.
Il mondo degli uomini e i suoi nemici apparentemente irraggiungibili, poco più che gli scarabocchi di un bambino, rachitici ricordi di quelli che potevano essere mostri veri. Spalancavano le fauci per emettere pigolii ridicoli dai quali nessuno aveva più voglia di fuggire.
Dove gli eroi erano solo giustizieri con nomi fantasiosi come il Fantasma Rosso. E combattevano a mani nude, con le mannaie come macellai, senza più il fiato per ridere, senza più argento per brillare. E senza mai riuscire a spegnere la sacra sete
di sangue.


Erein. Signore fallito delle preghiere”.
Rimase in piedi alle sue spalle, le mani incrociate dietro la schiena, immobile come una statua.
Hai un ultimo desiderio?
Ho sempre sognato di dirlo ~


 
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view post Posted on 11/5/2016, 12:52

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·····

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Erein di Deyrnas era un uomo finito.
L’oro era svanito dai suoi capelli, la pelle gli rimaneva attacca alle ossa come un velo posato su una statua.
Magro oltre ogni canone di bruttezza. Pallido, emaciato, molle. Gli occhi erano scavati, bordati di nero, febbrilmente incendiati. Non che avesse perso del tutto quella sua esotica avvenenza, no … Era comunque bello e affascinante ma come lo può essere qualcosa di ormai destinato a svanire in fretta. Bello come un cerchio di fumo e parimenti caduceo.
Aveva visto molte esistenze consumarsi. Alcuni imploravano pietà, altri rivolgevano lo sguardo al cielo, tanti imprecavano contro la propria sorte. Lui si distingueva …
Resisteva. Sopravviveva. Perdurava. O almeno si ostinava a farlo. Molti avrebbero apprezzato il suo coraggio.
Lo Straniero, semplicemente, lo trovava patetico. Molto più semplice sarebbe stato accettare la sconfitta …
Erein non lo avrebbe mai fatto, quindi ciò che gli toccava era conoscere la verità. E lo Straniero gli avrebbe rivelata. Alla fine.

«Ci hai messo una vita! Il tuo ritardo mi offende!» - lo apostrofò con la consueta arroganza.
Ai suoi piedi i due infami gemelli, totalmente proni alla sua volontà come cuccioli di una cagna meticcia pronti a leccare le scapre del padrone. Lo sguardo vacuo ed adorante dei due lasciava ben poco di misterioso circa la sorte che gli era toccata: Erein era famoso per dominare i cuori di coloro che gli si opponevano. I gemelli avevano commesso qualche errore .... O forse il Re Stregone si era semplicemente annoiato della loro stravanganza e li aveva ricondotti a più miti consigli. Al suo fianco, nel confortevole cono d’ombra proiettato dal trono, Gwalch Glass, lo Sparviero. Silenzioso, ghignante, sempre avvolto nella sua cortina di inganni e menzogne sussurrate con una voce dolce come il miele. Alla destra lo Sceriffo di Deyrnas un uomo fedele e alla sinistra Aureus il Drago, un residuato di un tempo glorioso ma ormai finito. La Sirena, invece, occupava un posto più discreto … Sedeva tra la folla degli adoratori del Falso Profeta e Re di Deyrnas. Impossibile confonderla tra quelle anime perdute nella spirale di follia di Erein: era l’unica tra i pochi adoratori presenti a non fissare il Re Stregone come se fosse il centro dell’Universo Conosciuto.

«Oh davvero? E chi se ne fotte.» - lo Straniero adorava vedere quell’espressione formarsi sulla faccia dei suoi committenti. Il copione era sempre lo stesso.
Loro si rivolgevano a lui. Lui se la tirava un po’. Loro minacciavano. Lui faceva capire chi tenesse per le palle chi. Loro cedevano, salvo ricadere nella solita arroganza un attimo dopo.
Erein inaspettatamente sorrise …un secondo prima di rivolgergli uno sguardo che avrebbe corroso il ferro. Un lampo di sincerità in una farsa patetica. Forse, quel reucolo destinato a morire nell’oblio della sua corte non era tanto male dopotutto. Recitava una parte e la recitava bene.


«Trova quella dannata cripta …sempre che tu non voglia che io a cercarne una tutta per te!»

Lo Straniero accolse la minaccia non proprio velata con un inchino tanto profondo quanto evidentemente derisorio. Si defilò confondendosi tra la folla.


«Bene!» - riprese il Re con tono annoiato ripiombando nella sua apatia - «Qualcun altro vuole chiederci udienza?»

Prima che qualcuno potesse anche solo respirare si udì una voce. Lo Straniero rabbrividì.
Era li, sulla porta. Una figura che sarebbe passata inosservata se solo non avesse schiuso le labbra e proferito parola. C’era qualcosa che non andava in lei … Qualcosa di familiare eppure oscuro.

«E tu chi diavolo sei? » - rispose Erein. Sembrava divertito. I suoi occhi sfolgorarono di una vitalità che sembrava irrecuperabilmente perduta. Finalmente aveva un pretesto per vivere un giorno in più … Lo Straniero lo sapeva, nulla ci rende vivi come una minaccia.

«Chiunque sia …» - rispose lo Straniero dal suo angolino -«Sembra che voglia farti la pelle Eccellenza! E se ciò accade io perdo il mio compenso. Avrei dovuto farmi pagare in anticipo …»

Sdrammatizzava ma dentro sentiva le viscere attorcigliarsi.


«Non mi piaci ragazzina. Non mi piaci nemmeno un po' ...» - pensò sentendo un brivido corrergli lungo la schiena. Un brutto presagio. Un pessimo presagio.


 
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Red Phantom
view post Posted on 19/5/2016, 16:34




Una corte di uomini adoranti chiudeva gli occhi dell’anima tappandoli con le illusioni, si batteva il petto e si inchinava davanti ad un falso profeta. Una folla di innocenti si strappava le vesti invocando pietà, offrendo la propria innocenza sul trono dell’ingiustizia per avere salva la vita.
Dove lo aveva già sentito?
E intorno a loro il mondo sfumava nell’oscurità di una notte incapace di rinnovare. Li lavava con lo sputo del disprezzo di un dio che non li aveva davvero amati.
E nelle tenebre, fitte come l'angoscia, gli eroi si perdevano e si avvolgevano l’uno all’altro, in una congiunzione vorace e carnale che nutriva le loro paure. Si toccavano con le mani gelide e desideravano una fine davanti alla quale non doversi arrendere.
Dove era già accaduto?
In una corte che non aveva davvero un nome, nobili senza corona intrecciavano promesse tra i capelli e lasciavano che il loro signore facesse passare l’autunno. Si gettavano nel trascolorare delle stagioni con la fiducia di potersi ingozzare al banchetto altrui senza dover pagare pegno, nell’inconsapevolezza di essere fanciulli nel corpo decrepito di vecchi. E i pochi che potevano intuire tutto fingevano di non sapere, preferivano ridere come tutti gli altri e godere di quella gioia che non conoscevano.
Succedeva ogni giorno.
Lì, davanti a lei
disgustoso
il residuo di un sovrano la fissava cercando un briciolo di alterigia nella polvere di quello che era stato. Poggiata tra le tende c’era la ragnatela delle sue vecchie parole, che forse era stata capace di imprigionare qualcuno.
Tra le sue gambe
l’ombra di un seme che non poteva più versare.


Parli bene, Erein”.


Fece un passo avanti, chinando gli occhi senza timidezza, lasciando che a parlare fosse il suo sorriso.
In una reggia una donna si piegava davanti a un uomo più forte di lei, che cercava la via più breve per il suo cuore. Sollevava la gonna invitandolo ad essere il suo cavaliere e lui le raccontava delle sabbie calde del deserto in cui aveva intinto le mani.
Ma non lì.


Ma il tuo servo parla meglio”.


Gli ultimi saranno
gli ultimi.
Ma i primi li si può trascinare nella sabbia per i capelli, finchè non si strappano. Finchè non sanguinano dal naso e dagli occhi. E la lama non trova più carne nella quale affondare.


Sono qui per farti la pelle”.


Tanto va la gatta al lardo
che ti ammazzerò sgozzandoti come un vitello.
Non pareva armato o pericoloso, ma lei sapeva che le apparenze possono ingannare. Che una stanza piena di accoliti poteva essere pericolosa quanto un cannone. Come sapeva che lui era un grumo di piscio, una macchia essiccata di malevolenza su un lenzuolo bianco da lavare al più presto.


In parole povere significa che ti ucciderò e libererò questo mondo dalla tua presenza”.


All’alba di un mondo distrutto, un uomo si era levato in piedi, reclamando di essere il migliore. Gridando che anche i cattivi nascevano buoni e avevano diritto a una possibilità.
E altri uomini e donne cattivi gli avevano dato credito per sentirsi migliori. O perché non avevano nulla da perdere. O perché non aveva senso contraddirlo.
E quell’uomo era morto molte volte senza morire mai. Fino a quando qualcuno si era stufato.
Dove aveva sentito quella storia?
Probabilmente da qualcuno che si era pentito dei propri peccati
prima
che lei lo uccidesse.
Sorrise senza malizia. Non aveva fretta: che il re sconfitto si prendesse pure il tempo per congedarsi
bye bye babes ~
Era stato grande, un tempo, un vero nemico degno da affrontare. Ma ormai era solo un relitto a cui spezzare
fantastico ~
tutte le ossa, ascoltandole scricchiolare come il legno secco prima di gettarlo nel fuoco.


Il mio nome non ha importanza, da morto non potrai comunque ricordarlo”.


Dopo la morte non potrai ricordare proprio nulla.
Da qualche parte, in qualche tempo, una donna aveva scelto un nome anche per lei. E un uomo lo aveva carezzato con i polpastrelli, sotto l’ombelico e nel piccolo cuore dirompente. Quella parola era risuonate fuori da un grembo pieno d’istinto e nessuno l'aveva mai davvero sentita.
E non c’era più nome da cantare.
Qualcosa era esploso, e sangue aspro si era aggrappato per non sfuggire tra due gambe tiepide e tremanti.
Nessuno a cui riferirlo.
Solo tanto male
doloroso
da cancellare.


 
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