Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

La crociata del traditore ~ terra bruciata

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view post Posted on 9/5/2016, 18:29
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Athelstan Lancaster
padre dei draghi

— terra bruciata —

E ora, noi in affari siamo franchi... Juniper ha...?
Ventisei anni. Sì, lo so, è un po' vecchia per sposarsi, però...
Dicevo di patrimonio.
Ah! Dodicimila monete d'oro di rendita in tesoro, manifesti commerciali, dazio dei vassalli, qualcosa a Ladeca...
Ah, ah, ah... Ladeca!
Sì, lo so.
Va a rotoli Ladeca.
...e poi ho il mio guadagno, che varia da quindici a ventimila all'anno.
E... eredità in vista?
Mia suocera, che a essere del tutto franchi, è più di là che di qua.
La incassa già?
Ma no, la tengo in conto.
Bene. Athelstan possiede trecentomila monete d'oro di tesoro e controlla i dazi sulle fondiarie e su qualche torbiera al confine con l'Ystfalda.
Ah, ah, ah... le torbiere dell'Ystfalda sono una montatura, sa, non valgono niente.
Infatti ci è stato consigliato di disfarcene al più presto, perciò le costituiamo in dote.
È che...
Oh, ma sono pochissime!
...in fondo non è il caso di farne una questione di denaro.

Lord Chandler e Maestro Willem si abbracciarono come se a sposarsi fossero loro due. Solo allora Athelstan intervenne.
Non sposerò Juniper.
Sin dal banchetto di fuoco organizzato da Aedh qualche giorno prima, il primogenito aveva detto sì e no un centinaio di parole, dando prova tra l'altro della limitatezza dei fonemi di cui era a conoscenza. Raramente usciva dai suoi appartamenti, rimanendo seduto sul letto a sgranare le ore come le perle di un rosario.
Maestro Willem s'era deciso a prendere in mano la situazione e non avrebbe mollato l'osso. Non ora che era riuscito a trascinarlo nella sala comune.
Athelstan, sii ragionevole... un matrimonio tra i Lancaster e i Chandler aiuterebbe le genti della Roesfalda a dimenticare ciò che è successo, come è stato ai loro tempi per tuo padre e la nostra compianta Eveline. Hai già trentaquattro anni e i Chandler sono una famiglia amata, morigerata, tranquilla...
...e mia figlia è innamorata di te da quando aveva sei anni e ti ha visto la prima volta. È bella, ha una dote accettabile e non è ancora così vecchia, ma ha rifiutato tutti i pretendenti che si sono presentati alle nostre porte nella speranza di unirsi a te, un giorno.
Lord Chandler aveva l'abitudine di torcersi le dita mentre parlava, come un topo che si pulisce il muso.
Non ho niente contro Juniper, ma non la sposerò.
Athelstan, riflettici. Noi qui non stiamo decidendo ancora niente.
Esatto. Stiamo solo verificando che il matrimonio con Juniper sia...
L'ultimo dei miei pensieri.
L'ultimo dei suoi pensieri. — ribatté il borghese Celio Wetting-Nigel, a cui peraltro nessuno aveva chiesto niente. — È evidente come Lord Athelstan sia ancora sconvolto dalle malefatte di suo padre.
Lord Chandler schioccò un'occhiata furibonda a Celio, colpevole di malizia.
Le dispiace ricordarmi che cosa ci fa qui, messer Celio?
Sono stato eletto portavoce dalle vittime del banchetto di fuoco per pretendere un risarcimento, anche morale, ohibò.
Ma questo non la obbliga a stare attaccato alle chiappe di Lord Athelstan tutto il santissimo giorno, non crede, caro messer Celio?
E lei non pensa, caro Lord Chandler, che questo valga anche per lei? Il vestito che avevo acquistato a mia figlia Lucrezia e che è andato distrutto dall'attacco dei draghi zanna, caro Lord Chandler, valeva più di tutta la dote che intende dare a sua figlia.
Chandler guardò Celio. Celio guardò Chandler.
Willem si sedette. Athelstan espirò lungamente.
Messer Celio!
Sì, Lord Chandler?
MESSER CELIO!
Dica.
Basta.
Tutti si voltarono verso Athelstan, che non possedeva un briciolo dell'autorità del padre.
Fuori.
Lord Athelstan è un po' stanco al momento, vogliate scusarlo. — maestro Willem andò in soccorso del primogenito come una chioccia col suo pulcino, e fece ampi gesti con le mani agli altri due. — Riprenderemo tutte queste discussioni dopo il processo.
Non appena Celio e Chandler se ne furono andati, Willem si avvicinò al figlioccio.
Athelstan, capisco che tu abbia tanti pensieri, ma dovresti guardare al popolo. Un matrimonio di pace lancerebbe un segnale forte a tutti coloro che...
Non sposerò Juniper.
Athelstan...
Fuori.

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Scene come quella si erano verificate tre volte al giorno nelle settantadue ore passate dal banchetto di fuoco, così come l'accaduto era stato chiamato, con grande fantasia, dalle vittime. E in qualunque momento Athelstan avrebbe potuto intercettarle, ponendogli un veto, eppure non lo fece mai: lasciò che ciascuna di quelle decisioni brancolasse nell'oscurità fino al ciglio del diverbio, nascondendo la propria sovranità fra le ombre del trauma.
Aveva sviluppato l'impressione che ogni volta che dicesse Basta, o Fuori, o Così ho deciso, la lingua modulasse le stesse note della voce di Aedh; come due strumenti accordati alla perfezione, suonati da musicisti diversi. Nessuno si sarebbe mai opposto ai suoi ordini... ma per quale ragione?
Sino ad allora aveva solo obbedito, nella speranza che la fedeltà alla sua famiglia potesse costituire un'espiazione per il suo peccato.
Athelstan, difendi.
Athelstan, proteggi.
Athelstan, combatti.
Obbedire era facile. Anche quando seguiva ordini sbagliati, lui, in fondo, stava solo obbedendo. Con quale presunzione avrebbe potuto porre la sua volontà sopra a quella di qualcun altro?
Athelstan, uccidi.
Athelstan, giustizia.
Athelstan, annienta.
Non era stato lui a distruggere Basiledra, condannare Ryellia o uccidere Raymond. Lui era stato solo la spada; la spada non si può incolpare di nulla. Che cos'avrebbe dovuto fare, altrimenti? Salvarli? Salvarlo? Solo perché era suo fratello?
Mentiva a se stesso e lo sapeva.
Mentiva a se stesso per nascondere il suo peccato. Una parte di sé a cui non aveva neppure il coraggio di pensare, figuriamoci ammettere.
Sotto un altro punto di vista - il punto di vista più comodo, quello a cui aveva bisogno di guardare - l'assassinio di suo fratello l'aveva reso una persona migliore. Gli aveva fatto intendere che la spada, qualche volta, ha, in effetti, colpa. Che il gesto va punito aldilà da chi l'ha voluto, e che ha più significato dell'intenzione. Lui non aveva voluto uccidere Raymond, ma l'aveva ucciso. E ora era solo.
Solo.
Con un intera regione del Dortan sulle spalle.
E a lui non era mai piaciuto comandare. Quando lo faceva sentiva le note della voce di Aedh modularsi sulla sua lingua, mentre il suo sangue dirigeva l'orchestra e la melodia del verbo. Proprio quelle note, fra tutte le infinite variabili di quelle nascoste tra le più conosciute.
Solo.
E doveva comandare senza sapere da che parte iniziare.
Perché aveva fatto la cosa giusta, e fare la cosa giusta è fare la cosa difficile.
E fare la cosa giusta era - non era così stupido da non capirlo - condannare a morte suo padre.

Athelstan espirò dolorosamente tutti quei pensieri, che dipinsero di un colore quasi percepibile il suo fiato. Quando riaprì gli occhi, rivelò il suo abitudinario sguardo di platino.
Conosco quel sospiro. Che senso ha pensare a così tante cose, se poi le tacerai tutte?
Juniper. — un fremito. — Hai origliato?
La ragazza, che si era introdotta in silenzio nella sala, fece un gesto di diniego con le mani.
Non preoccuparti, non sono qui per convincerti di nulla. Io... posso aspettare.
Ti ha mandata Lord Chandler?
Scosse la testa.
Tuo padre è stato portato nel cortile.

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Duecentottanta persone arrabbiate erano venute al processo di Aedh Lancaster. Nessuna sala di Terra Grigia era abbastanza grande da ospitarle tutte, così il prigioniero venne condotto all'esterno e messo su un piccolo patibolo tirato su nel centro del cortile per l'occasione, dove avrebbero potuto vederlo dagli angoli, da sopra le mura, dal portone principale e dalle finestre. La corte era stata pulita e spazzata sicché non vi fosse traccia delle atrocità compiute da Aedh, sebbene queste persistessero nella memoria. Il patio era splendido, in ordine e pulito, ma riecheggiava con le urla dei feriti, strabordava dei corpi dei cadaveri ed era lavato dal sangue. Impressioni che gravitavano come un vortice intorno alla figura in ginocchio sullo scomodo palco di legno, con le mani tenute insieme da un ceppo.
Non aveva mai visto suo padre vestire così povero.
Il corpo anziano ma vigoroso di Aedh sembrava sbagliato per indossare un saio di iuta. Come tentare di nascondere un orso in un rotolo di pergamena. E tutti la pensavano allo stesso modo, visto che invece di accalcarsi sotto al patibolo, formavano la propria cinta a non meno di un metro di distanza dal vecchio Lancaster, neanche fosse un barile pieno di esplosivo.
Duecentottanta persone, e tutte si aspettavano che avrebbe messo a morte suo padre senza esitazione.
Juniper si sedette alla sua destra, vicino all'accesso della sala comune. Lord Chandler alla sua sinistra. Willem stava vicino ad Aedh. Celio era in prima fila appena sotto i gradoni che salivano dal cortile.
L'aria era luminosa e piena di polvere. Per il tempo atmosferico, quel giorno non era diverso dagli altri, a Terra Grigia.
Duecentottanta persone si aspettavano che avrebbe condannato suo padre, perché era la cosa giusta da fare, e lui aveva sempre fatto la cosa giusta. Lui era giusto.
Davvero?
Il cielo parve trattenere il respiro. Non c'era una nuvola.

Iniziamo elencando la lista dei peccati da te compiuti, Aedh Lancaster.



Edited by Ray~ - 17/5/2016, 14:43
 
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view post Posted on 16/5/2016, 00:50
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« Caro Noma

Non ero sicuro di volerti inviare questa lettera. Conoscendoti, probabilmente il rimorso potrebbe dare un brutto scossone al tuo cuore già reso fin troppo fragile dalla vecchiaia. Ma non posso azzittire le voci del mondo, quindi preferisco che sia io a riferirti quanto accaduto. In qualche modo avevi ragione a mandarmi qui, anche se di certo non immaginavi cosa sarebbe successo. Sono ancora a Terra Grigia e sto attendendo il processo di Aedh Lancaster, che come pensavi si è rivelato come un demone assetato di sangue. Ai suoi ordini, i draghi zanna dei Lancaster si sono lanciati contro gli invitati per sterminare la nobiltà più influente della Roestfalda e dei territori vicini. Sono rimasto coinvolto anche io in questo pandemonio ma ne sono uscito solo con un morso poco profondo al braccio, niente di insanabile, quindi non preoccuparti. I morti, comunque, sono stati molti. Posso dire con sicurezza di essere salvo solo grazie all'intervento di Aedh Lancaster, il primogenito del casato, che si è ribellato agli ordini del padre e ha riportato l'ordine a Terra Grigia.
Non ho potuto fare altro che guarire i feriti e privare del dolore chi non poteva essere salvato. Anche dopo tutte queste ore, se chiudo gli occhi posso vedere lo sguardo di quegli innocenti mentre la mia magia regalava loro una morte serena. Questi nobiluomini, queste nobildonne, erano tutti uguali davanti alle fauci dei draghi. Non so con che forza sono riuscito a superare quel pomeriggio disastroso e non so cosa succederà ora. Ma stare lì, tra i fiori sporchi di sangue del cortile di Terra Grigia, ha creato una crepa profonda nel mio cuore che non guarirà facilmente.

Spero che tu stia bene. Mi farò sentire al più presto, perché c'è qualcosa di cui non posso scriverti e ho bisogno di sapere come venirne a capo.
Non importa cosa succeda, non lasciare Basiledra.

A presto. »
-Verel

Terra bruciata

I passi del vagabondo echeggiarono nella sala del trono di Terra Grigia.
Avanzava con fare inusualmente sicuro, senza alcuna incertezza. Sotto agli occhi aveva ancora le pesanti occhiaie formatesi durante -o meglio, immediatamente dopo- il banchetto di fuoco, quando aveva speso ogni oncia della sua forza per salvare quanta più gente possibile.
Poteva ancora sentire la puzza di carne bruciata.
Quella cicatrice nel suo cuore sembrava averlo privato della sanità mentale. Non si sorprese quando, dopo che i soldati ebbero sgombrato il cortile, nessuno volle avvicinarsi a lui: aveva salvato chi poteva e condannato chi non poteva, accumulando sempre più peso su una coscienza già fin troppo maltrattata. E ad ogni vita che gli sfuggiva dalle dita il suo sguardo diventava sempre più triste, disperato e vuoto. Alla fine in quegli occhi non era rimasto niente, tanto che persino Maestro Willem, rivedendolo, si era spaventato. Verel gli aveva detto che sarebbe rimasto a Terra Grigia per aiutare, e che eventualmente avrebbero riparlato di lavorare insieme sui vini metallici. Tanto era bastato per far guadagnare al vagabondo una stanza in un angolo del castello, con una branda, una coperta e il rancio di un soldato morto. Avrebbe potuto chiedere di più a Willem, ma non lo fece: in qualche modo quel giaciglio così duro gli ricordava le strade di Gerico dove aveva dormito da piccolo, dove tutto era più facile e doveva solo chiedere l'elemosina o rubare una mela al giorno per sopravvivere.
C'erano stati solo pochi momenti nella vita di Verel così angoscianti da fargli rimpiangere l'assoluta povertà.

"Devi andare via, non puoi più fare niente per aiutare la gente qui."
Verel chiuse gli occhi per due soli istanti e ricacciò la Voce indietro, nei meandri dei suoi pensieri.
Dal giorno del banchetto aveva iniziato a sentire dei bisbigli nella sua testa, come se in effetti fosse davvero impazzito a causa di quel macello. Era una possibilità lontana e vicina allo stesso momento, una prospettiva surreale ma completamente possibile. Chiuso nella sua minuscola stanza il vagabondo si era messo ad interrogare la Voce, perdendo quel sonno di cui aveva disperatamente bisogno, solo per capire da dove venisse o perché potesse sentirla. Ma per quanto si fosse sforzato non c'era stato verso di udire quei bisbigli quando non volevano farsi sentire. Ogni tanto la Voce tornava, sussurrandogli quelli che sembravano ordini, giustificandoli sempre dicendo che erano per il bene di qualche innocente.
Camminando avanti e indietro in quello sgabuzzino trasformato in stanza, Verel era giunto ad una prima conclusione: qualcosa, durante il banchetto di fuoco, aveva gravemente colpito la sua mente, oppure il trauma aveva separato la parte della sua coscienza che si era sempre spinta in atti di eroismo. Era un'ipotesi molto astratta, molto improbabile, ma era la migliore che aveva. L'assurdità della situazione lo aveva convinto a spingere il problema da parte, portandolo a restare a Terra Grigia per assicurarsi che Aedh Lancaster venisse consegnato ad una giustizia equa. Era l'obbiettivo più concreto al quale potesse pensare.
Si convinse che agiva perché era in debito con Athelstan, che lo aveva salvato, e passò i giorni precedenti al processo a studiare tomi antichi nella vasta libreria del castello, cercando nuovi modi per sentirsi utile.
Benché non avesse mai apprezzato la lettura o lo studio, pensò che fosse l'unico modo per distrarsi dal fatto che la sua mente stava cadendo a pezzi.

Verel sentì gli occhi chiari di Athelstan su di sé.
Il nuovo Lord era seduto sul trono, con Willem al fianco, che apparentemente stava discutendo faccende irritanti con dei nobili, cercando di contrattare le loro richieste. Athelstan restava in silenzio, come se le parole non potessero nemmeno sfiorare quello che stava pensando: era chiuso dentro sé stesso. Verel lo capiva. Condivideva bene quella sensazione di totale straniamento dalla realtà. Per questo gli occhi gelidi di Athelstan non lo intimorirono, dandogli invece la forza di continuare a marciare. Finite le loro pretese, i nobili con cui stava discutendo Willem si allontanarono in fretta, sorpassando Verel ma non senza rivolgergli più di un'occhiata preoccupata. Appariva come un giovane, anche se aveva probabilmente qualche anno più di Athelstan stesso, ma era in qualche modo apparente che portava su di sé un carico di esperienza e di tragedie che avrebbe distrutto chiunque non si fosse chiamato almeno una volta guerriero. Per lui, che aveva più volte affrontato autorità quasi divine rischiando ogni volta di essere ucciso in modo orribile, quell'incontro sembrava una formalità. Eppure, al contrario di quelle occasioni, Verel rispettava Athelstan. Una sensazione che non gli capitava di provare spesso.
Il vagabondo si fermò a qualche metro dal trono e dal grande teschio di drago zanna che gli guardava le spalle e che giudicava ogni ospite con severità.
« Lord Athelstan, ascoltereste un'altra richiesta? »
Il Lancaster fece un solo movimento del capo, indicandogli di continuare.
« Poco tempo fa, al banchetto, avete accolto la mia supplica. Vorrei ripagarvi. Non appartengo più ad alcun casato o regno, rispondo solo al mio nome -Verel Orlànd- e alle responsabilità di nessun altro. Proprio per questo voglio saldare il debito che ho con voi, che mi avete salvato: anche se mi sono prodigato per salvare i feriti, non mi sento ancora libero da questo impegno. Lasciate che la mia magia sia la bilancia sulla quale le parole di vostro padre verranno rivelate come verità o menzogna. Poi sarete voi a decidere come giudicare. »
Era risoluto. Persino la Voce non osò obiettare.
Athelstan disse una sola parola, con fare freddo e meccanico: « Bene. » Ma era già più che abbastanza.
Willem, poi, intervenne. « Ti siamo grati per il tuo interessamento, Verel, e non dubitare: la tua richiesta sarà acconsentita. Perdona la freddezza di Athelstan, che è ancora sconvolto dall'accaduto. Sei un uomo d'onore, e l'onore è proprio ciò di cui ha bisogno Terra Grigia in questo momento. »
Il vagabondo si sentì un pochino più sollevato.
« Vi ringrazio, Lord. Non vi deluderò. »
Avrebbe potuto darsi uno scopo per almeno un altro giorno.
________________________________________________________________________

Narada, la sua fedele spada, sembrava emanare un calore materno. Era l'unica consolazione, l'unico freno che aveva per non unirsi alla folla schiumante di rabbia che lanciava maledizioni su Aedh Lancaster. Era l'ancora che lo teneva piantato a terra, inflessibile, pronto ad intervenire. E quel calore si espandeva anche all'infuori del metallo, irradiando l'intero cortile con onde di calma e quiete. Bastava che passasse vicino a quelle anime piene di rabbia perché si calmassero, perdendosi nei suoi occhi vuoti. Tutto questo perché anche lui si potesse finalmente calmare, per non cadere a quell'impulso basso e meschino che gli torceva le budella e diceva "voglio vedere Aedh morto."
Era lì, il Lancaster. Era lì davanti a lui.
Sarebbe stato facile ucciderlo, indipendentemente da quanta forza gli fosse rimasta in corpo. Avrebbe potuto farlo e sarebbe potuto scoppiare un pandemonio, con una folla esultante ed impossibile da contenere. Con qual genere di caos sarebbe stato facile fuggire, anche se fosse stato Athelstan stesso a dargli la caccia con il suo esercito di draghi.
Sarebbe stato così dannatamente facile.

Ma Verel non era insieme a quella folla, e non sarebbe dovuto entrarci.
Era lì per difendere Aedh dalla gente. Era lì per ripagare un debito che si era illuso di avere. Era lì per costringerlo a dire la verità e nient'altro che la verità. Lo guardò bene, con la rabbia che montava nel suo cuore. Poteva vedere spavalderia in quel volto, arroganza, orgoglio, follia. Poteva vedere e percepire tante cose, ma non poteva trovare la paura. Quella mancanza così assurda aveva fatto scattare tutti i suoi sensi sull'attenti, facendogli guardare ogni singolo volto dei duecentoottanta invitati per capire chi avrebbe potuto colpire e chi no. Molte di quelle vittime sembravano non essere in grado di fare qualcosa di tanto ardito, non ad Aedh, non ad un uomo capace di osteggiare tanta presenza, tanto spessore, vestito con stracci di iuta. Aveva guardato ogni guardia, ogni soldato, per capire chi ancora avrebbe potuto aiutare il vecchio Lord e non troppo sorprendentemente ne aveva trovati. Ma chi si sarebbe mai potuto muovere contro Athelstan, che era abbastanza potente da poter soggiogare un esercito di draghi zanna in ogni momento?
Quei pensieri furono interrotti dall'ennesimo insulto rivolto verso Aedh. Verel si decise ad intervenire.

« Ascoltate, gente del Dortan. »
Il vagabondo alzò l'unica mano per farsi vedere. Irradiava silenzio, e così tutti tacquero.
« Lasciate che questo sia un luogo di giustizia e civiltà, non di sangue e vendetta.
Così che l'uomo che sarà giudicato oggi sappia che non ha peccato solo contro gli uomini, ma contro la vita stessa.
Che questo luogo si ricopra con la luce della verità e che gli Dei possano esserne testimoni.
»
Verel abbassò la mano con un gesto secco, ed immediatamente dopo un flash inondò il cortile.
Sul capo dell'imputato, accompagnata da un suono sfrigolante, apparve la sagoma di una grande spada di luce.
La folla, prima ammutolita, sospirò la sua sorpresa e meraviglia.

« Aedh Lancaster. »
Verel lo fissò intensamente.
« Sappi che ora questo incantesimo è fuori dal mio controllo.
Se dovessi mentire o evitare di rispondere alle domande dei tuoi giudici, questa spada di verità ti colpirà.
Non ti ucciderà. Non ti farà provare dolore. Non ti punirà. Non è il suo ruolo, ma riapparirà ogni volta che sarà necessario.
»

Il vagabondo non poté fare a meno di digrignare i denti, cercando di contenere la rabbia verso quel cane rognoso.
« Non potrai più mentirci. »

Energia: 85%
Fisico: 100%
Mente: 100%
Armi: Narada (brando spezzato, riposto)

Tecniche passive
Cuore di carta - dopo la tragedia di Terra Grigia, dove Aedh Lancaster ha attirato i nobili del nord con l'inganno per poi cercare di eliminarli, Verel è riuscito ad accedere nuovamente alle capacità che possedeva prima della Guerra del Crepuscolo, prima che si tirasse fuori dagli affari del mondo. Affrontando la sua incapacità a prevenire quel meschino attacco infatti il vagabondo ha iniziato a percepire qualcosa di più, qualcosa di profondo e incerto negli occhi di chi lo circonda: le loro emozioni. Attraverso il contatto con uno dei cinque sensi, Verel è in grado di scrutare nell'animo umano (e non), leggendo le emozioni di chi si trova attorno a sé. Tuttavia quest'analisi si dimostrerà utile solo se il suo intuito gli permetterà di capire come il linguaggio del cuore si intreccia con quello dei gesti e delle parole. (Passiva; numero di utilizzi: 4/5. 7/25)

Pacifismo - vivendo per anni lontano dalla civiltà, i possessori di questo talento hanno oramai perso interesse per i conflitti delle persone comuni. Consumando un utilizzo di tale passiva, questi asceti riusciranno a esporre al mondo le loro idee attraverso una malia psionica che indurrà le persone attorno a loro ad abbandonare la violenza e ad abbassare le armi. (Numero di utilizzi: 5/6)
Tecniche attive
Provocare - Verel sprigiona una portentosa luce da una delle sue armi o dal suo corpo, attirando l'attenzione di tutti gli avversari sul campo di battaglia su di sé. Adoperata per fini strategici, il vagabondo riesce ad imprimere in questa radiosità la capacità di provocare una grande carica emozionale nei bersagli, che si sentiranno improvvisamente attratti da lui in un modo o nell'altro. Ogni altro pensiero, obiettivo o compito verrà obliato dall'influenza magica, risultando di grande utilità per depistare l’attenzione di qualcuno e/o per attirarla su di sé con le relative conseguenze. La tecnica ha natura magica con potenza bassa ad area ma non infligge danno. (Consumo energetico medio; 10/25)

Gran giudizio - in più modi, nel corso della sua vita, Verel è sempre stato legato alla ricerca della verità. Quando estrae la sua spada è spesso perché si deve ergere ad una posizione scomoda -quella del salvatore. Tuttavia il vagabondo non è in grado di raggiungere quel piedistallo con la sua semplice forza di volontà -una lezione imparata attraverso molte sofferenze. Il trono del giudice è creato unicamente grazie alla legge e al supporto della gente, requisiti necessari perché i suoi verdetti vengano riconosciuti da tutti. Per questo Verel ha deciso di avvalersi della magia, modificando le leggi del mondo e piegandole alla sua convenienza: con questo incantesimo Verel è in grado di creare una spada magica, sfrigolante di luce e giustizia, sopra il capo del suo interlocutore. Se durante il turno di utilizzo egli dovesse dire una menzogna o non rispondere alle domande che gli vengono poste, la spada cadrebbe su di lui, pronunciando il verdetto. La spada luminescente è considerata come una tecnica magica di potenza bassa, tuttavia nel momento in cui cade sul capo del menzognero andrà ad arrecare danni con gli stessi criteri di un attacco non-tecnica, e non ferirà le carni ma le energie del suo nemico. (Consumo energetico basso; 8/25)
Riassunto: Verel utilizza la passiva pacifismo dell'eremita per calmare i bollenti spiriti, quindi come secondo accordi con Athelstan richiama l'attenzione dei presenti su di sé con l'attiva personale provocare (un basso magico ad area che non infligge danno) e poi attiva gran giudizio su Aedh, costringendolo a rispondere e a dire la verità nel prossimo turno di gioco se non vuole subire una punizione divina sul coppino. Ovviamente, se il processo dovesse continuare, la tecnica sarà ricastata ogni volta che sarà necessario. Grazie alla passiva cuore di carta, poi, il vagabondo è in grado di percepire le emozioni altrui.
 
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Caccia92
view post Posted on 18/5/2016, 19:25






Ero in viaggio da tre giorni e puzzavo come un maiale. Le giunture dell'armatura cigolavano, stanche di essere mosse, compresse, allungate. Sotto lo strato di metallo c'era un altro strato di sporco, poi la mia pelle. Ero ridotto proprio uno schifo. Fortunatamente conservavo un poco di dignità e riuscivo ancora a camminare eretto, con la fodera della spada legata alla schiena. Pesava molto, ma non quanto il disprezzo che provavo per me stesso, per cos'ero diventato: un cadavere ambulante. Mi trascinavo, in qualche modo, lungo la strada fangosa che s'inoltrava nella regione della Roesfalda. Il territorio cominciava già a mutare, trasformandosi in una brughiera spaventosamente umida e polverosa. E, in lontananza, come un richiamo disperato per i viaggiatori, si ergeva Terra Grigia. Le mura grigie si accostavano bene al cielo grigio e ai tronchi grigi degli alberi morenti. I signori avevano sempre lasciato trapelare una certa fantasia nel scegliere i nomi delle proprie dimore.
Mi sentivo lercio. Poco avanti c'era un piccolo ruscello che scendeva da un'altura di modeste dimensioni. Mi accostai all'acqua torbida e maleodorante per sciacquare almeno il volto e le ascelle. Incominciai, con la lentezza di un vecchio, a rimuovere i vari componenti della mia nobile protezione. L'elmo, che raffigurava un drago, scheggiato sulla calotta; lo spallaccio sinistro, di argento ormai logorato e quello destro, costruito con una lega metallica abbastanza resistente; il pettorale, inciso con rune nordiche, d'argento anch'esso. Ignorai la parte inferiore perché ci sarebbe voluto troppo tempo per rimuoverla. Disposi i pezzi di armatura con cura e in ordine di grandezza davanti al ruscello. Ero stanco morto.
Formai una sorta di coppa con le mani e raccolsi un po' d'acqua - che, dannazione, era grigia come il resto della brughiera. Me le gettai sul viso: sapeva di rame. Siccome non potevo sedermi con una certa grazia a causa dei gambali, mi limitai a trovare un appoggio contro le rocce. Rimasi così, ad occhi chiusi, nel silenzioso antro della mia mente, a preservare ricordi di cui mi vergognavo profondamente. C'era del buono in quelle immagini scure e sbiadite?
« No. Ti sei portata via ogni cosa. »
E si era portata via anche il mio onore, nella buia notte della morte? Cosa sussurravano gli dei, guardandomi dall'alto dei loro troni dorati?
« CREDETE CHE M'IMPORTI QUALCOSA DEL VOSTRO GIUDIZIO? »
Calciai violentemente l'elmo, che rotolò di un paio di metri giù dal dolce pendio. Si fermò nella stessa posizione di partenza, con gli occhi del drago che mi fissavano inquisitori. Li fissai di rimando, sfidando qualunque genere di potere ultraterreno a darmi una punizione. Pregavo che giungesse: un fulmine, una scheggia di ghiaccio, una pietra. Un pugno in faccia. Ma non arrivò nulla e l'elmo continuò a rimanere immobile, fregandosene del mio dolore.

Io l'amavo e forse la cerco nella notte,
sospinto dalla stupida idea di un tranello del fato.
Mi diletto a cader sulle speranze rotte,
vago e vago come il cavalier dal destino ingrato.





La Crociata del Traditore;
« terra bruciata »


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« Roesfalda »
— uno dei tanti sentieri


Era da molto tempo che non facevo una pausa. Il solo pensiero di fermarmi e guardarmi alle spalle mi faceva paura. Dietro, distesi a far da banchetto ai corvi, avrei trovato i corpi dei miei fratelli. Nudi, freddi, immobili. Periti a causa della loro sciocca ostinazione ad inseguire sogni di gloria, corrotti nell'anima, soggiogati da insegnamenti futili. Io li avevo liberati tutti. Ero stato io a concedergli una seconda possibilità nel mondo di Greion. Ma nessuno avrebbe concesso a me una scappatoia; perché qualcuno doveva salvare i Cavalieri dalla sofferenza di questa terra maledetta e dall'illusione della ricerca.
Mi ero accollato quel fardello da solo, una notte d'inverno. Avevo fatto giuramento al mio codice, promettendo di andare in soccorso dei compagni ancora preda dell'oscurità. Eppure, dopo tanti anni, facevo ancora fatica a perdonarmi. Forse per quegli occhi imploranti, quelle braccia alzate in muta richiesta d'aiuto, quelle bocca trasudanti sangue che balbettavano preghiere o maledizioni. Alla fine era la mia spada a calare e zittire la vita.
"Hai intrapreso un'altra missione senza prospettive di successo, Alexander. Per fortuna, questa sarà l'ultima."
Raccolsi elmo, spallacci e pettorale dalla terra umida. Non si erano sporcati tanto, tranne l'elmo che era imbrattato di fango. Lo indossai comunque. Rivoli marroni colarono lungo la superficie metallica, gocciolando fino al mento. In realtà non disdegnavo lo sporco: era in sintonia con il mio mestiere. Ammazzacavalieri. Un'occupazione, se così poteva essere chiamata, priva d'onore e malvista dall'aristocrazia e dai signorotti locali. Non prendevo denaro, tranne nelle rare occasioni in cui, per coincidenza, ponevo termine ad una disputa fra casate. In quel caso ero costretto ad accettare le monete per mangiare qualcosa e riposare in una locanda. Ma non ammazzavo cavalieri per divertimento e non volevo che la gente considerasse quel compito come una sorta di lavoro. Ero grato di poterlo fare gratuitamente - ed era anche giusto.
C'erano altri ammazzacavalieri in circolazione nei regni di Theras. Speravo, un giorno, di poterli uccidere tutti quanti. Dissacravano la mia opera in molti modi: nessuno di loro pregava, nessuno di loro seppelliva le vittime, nessuno di loro era addolorato per la morte di un Cavaliere. Maiali. Avvoltoi. Ratti.

Dalla strada fangosa giunse un cigolio ritmico. Era una carovana trainata da un mulo che trasportava varie chincaglierie, come pentole, padelle, paioli e mestoli. Sulla sommità del carro canticchiava un uomo curvo e decisamente anziano. Da quanto era piccolo poteva sembrare un bambino invecchiato precocemente. Indossava abiti semplici e sporchi; le ruote erano incrostate di fango, segno che era in viaggio da molto.
Non mi spostai e nemmeno mi nascosi. Quando la carovana giunse in prossimità del ruscello, il vecchio tirò le redini. Mi guardò a lungo - senza pudore - per giudicare il metodo di approccio. Io lo guardai attraverso le aperture dell'elmo, con le braccia lungo i fianchi.
« Salute, cavaliere. » biascicò.
Repressi un brivido. Cavaliere. Era da molto tempo che qualcuno non mi chiamava in quel modo. Feci un cenno con il capo per rispondere al saluto.
« Siete in viaggio verso Terra Grigia? »
Quella domanda poteva significare molte cose. Senza farmi vedere, sbirciai la cintola dell'uomo: era armato di pugnale. Quindi la richiesta era stata posta per ovvi motivi. Temeva che lo potessi attaccare o, addirittura, desiderava un guerriero come compagno di viaggio. Probabilmente non era la prima volta che incontrava viandanti lungo la strada che conduceva alla fortezza, viandanti che praticavano brigantaggio e vivevano alla giornata.
Feci un altro cenno con il capo.
« Queste sono vie pericolose. Magari potremmo fare il percorso insieme. » il vecchio sistemò meglio la mantella che portava sulle spalle « Un passaggio per Voi, cavaliere, e un poco di protezione per me. Che ne dite? »
Pericoloso, almeno per me, non significava nulla. Un'agevolazione nel viaggio, invece, era una manna che volentieri avrei accolto a braccia aperte. Tuttavia, com'era di buon costume, il giovane non accettava mai un aiuto dall'anziano. Semmai era il contrario.
L'uomo, che si presentò subito come Ferice, intuì la mia titubanza, ma non la interpretò nella giusta maniera.
« Il Vostro tentennamento è svelato, Sir... »
Un nuovo brivido mi scosse. Sir era un appellativo d'onore che veniva concesso a nobili di alto rango e ai cavalieri illustri. Un titolo che mi spettava di diritto, ma che non usavo da circa dieci anni. Avevo progressivamente perso l'abitudine di aggiungerlo davanti al nome, ove necessaria una presentazione.
Decisi che non era il caso di contraddire un interlocutore sospettoso.
« Sir Alexander, della casata Uradel. » l'espressione del vecchio tradiva l'ignoranza sulla stirpe, il ché era cosa buona « Accetto volentieri l'offerta. »
Siccome era impossibile salire sul carro senza spostare la spada, decisi di tenerla in grembo. Era un modo per confermare implicitamente la possibilità di utilizzarla nel caso di un agguato o peggio. Ciò rassicurò il mercante.
La prevedibile serie di domande seguì la partenza del mulo.
« Allora, Sir Alexander... » cominciò il vecchio, tutto contento della ritrovata serenità « Cosa spinge il blasone Uradel a Terra Grigia? »
« Il processo di Aedh Lancaster. »
Avevo risposto immediatamente per non destare sospetti. Chi si recava a Terra Grigia in quei giorni lo faceva per il processo al signore. Nessuno, nemmeno il più stupido dei paesani, poteva peccare d'ignoranza in tal senso. Anche perché la notizia era stata fatta trapelare in lungo e in largo senza ritegno. Persino io, che provenivo dal lontano Nord, sapevo cosa stava accadendo in seno alla casa Lancaster.
Ma l'interesse che avevo nei confronti di Lord Aedh era nullo rispetto ad altri. Rispetto ad un altro, per essere precisi.
« Ah, certo. Il marmoreo Athelstan ha convocato proprio tutti. »
Athelstan. Il miglior cavaliere del regno.
La mia mano, involontariamente, si strinse con più forza intorno all'elsa di Ambrinxer.






« Terra Grigia »
— qualche ora più tardi


Erano in tanti. Furenti, sofferenti, speranzosi. Il processo era stato ovviamente allestito nel cortile della fortezza per motivi dimostrativi e, probabilmente, anche per una questione pratica. Al centro, vestito di povero, c'era il signore del popolo, Lord Aedh; per quanto ferito nell'orgoglio e maltrattato nella figura, lo sguardo dell'uomo ostentava una certa solidità d'animo.
Non potevo disprezzare una persona che manteneva quella solidità di fronte a tanti nemici, nonostante la gravosità dei crimini commessi. Un padre, oltretutto, condannato dal suo stesso figlio. Ma, d'altro canto, non potevo nemmeno biasimare la folla, che aveva tutto il diritto di ottenere giustizia. L'equo processo, in questo caso, sapeva di pratica sana e corretta in un mondo ove corrotti e corrompibili facevano da padrone nella politica feudale. Una strana riflessione, dovevo ammetterlo, nel momento in cui mi accingevo a compiere una giustizia diversa da quella conosciuta. Il mio sguardo, infatti, era per il giudice e non per il giudicato. Nessuno faceva caso a me.
Athelstan era seduto, affiancato da una donna e un uomo, sopra le gradinate che discendevano al cortile. Vicino, molto vicino. Potevo osservarne il volto e il portamento, così simile a quello di Aedh, ma in qualche modo diverso. Tentai di avvicinarmi con calma, domandando cortesemente permesso a chi si frapponeva fra me e il grande cavaliere di Terra Grigia. Oh, quello era il culmine della mia ricerca, un passo fondamentale sulla strada della sacra missione. Un sacrificio necessario per epurare il codice dalle false convenzioni.
Athelstan doveva rinunciare al suo titolo di Cavaliere e alle imposizioni che ne derivavano. Io gli avrei offerto non una, non due, ma ben tre possibilità di farlo. Gli avrei esposto le mie motivazioni e le ragionevoli ipotesi di un mondo libero dai vincoli del Cavalierato. Speravo solamente che il Lancaster non fosse come tutti gli altri.
Ma, più mi avvicinavo alla posizione ottimale, più mi sentivo calmo, tranquillo. Cheto. Tutta la tensione andava affievolendosi, ogni prospettiva si dissipava. Quella serenità era palesemente estranea, eppure non potevo che accettarla.
Risuonò una voce forte.
« Ascoltate, gente del Dortan. »
Ascoltare? Non volevo ascoltare, non m'interessava. Non ero nemmeno del Dortan, io.
Ascoltai.
« Lasciate che questo sia un luogo di giustizia e civiltà, non di sangue e vendetta. Così che l'uomo che sarà giudicato oggi sappia che non ha peccato solo contro gli uomini, ma contro la vita stessa. Che questo luogo si ricopra con la luce della verità e che gli Dei possano esserne testimoni. »
Era un giovane uomo dai capelli corvini ad aver chiesto l'attenzione. Un vagabondo, dall'aspetto. Stranamente, ogni singola persona presente nella piazza era catturata da quella serie di parole. Parole eretiche. Chi poteva elevarsi come giudice al di sopra del signore legittimo? E chi, senza pudore, proclamava la testimonianza di Ogron, Zoikar e Yffrie senza offrire loro preghiera alcuna?
Mentre il cervello tentava di contrastare l'insolito intorpidimento, una spada di luce apparve sopra la testa di Lord Aedh. Era una stregoneria palese, eppure la folla ne risultò affascinata e meravigliata. Non potevo accettare quella visione. Chi faceva uso di espedienti magici ad un processo pubblico era da considerare alla stregua dei corrotti. Quale equità poteva esistere nelle braccia della più caotica delle manifestazioni ultraterrene?
« Aedh Lancaster. Sappi che ora questo incantesimo è fuori dal mio controllo. Se dovessi mentire o evitare di rispondere alle domande dei tuoi giudici, questa spada di verità ti colpirà. Non ti ucciderà. Non ti farà provare dolore. Non ti punirà. Non è il suo ruolo, ma riapparirà ogni volta che sarà necessario. »
Che valore aveva quell'individuo all'interno della corte di Terra Grigia?
Guardai Athelstan. La sua immobilità non mi restituì la fiamma della determinazione. Inspiegabilmente non riuscivo a provare rabbia per quell'interpretazione errata del suo ruolo. Né percepivo il resto dei presenti come degli sciocchi o il dispensatore di giustizia come nemico. Mi ero rammollito all'improvviso?
« Chiedo perdono per l'irrispettosa interruzione con cui infrango il corso di questo processo pubblico. » feci un passo avanti, appena sufficiente per distaccarmi dal resto dei testimoni.
Dovevo presentarmi. Era giusto farlo. Se qualcuno mi conosceva per le azioni da me compiute e non per il nome che portavo, allora ne avrei pagato le conseguenze.
« Sono- » ancora una volta ricacciai i dubbi nei recessi dell'anima « -Sir Alexander, della casata Uradel. Domando, con l'umiltà della mia posizione e al cospetto del legittimo erede di Terra Grigia, con quale diritto Voi, signore, pretendete di avere un qualunque privilegio sul giudizio di Aedh Lancaster. »
L'ultimo quesito, ovviamente, era posto al giovanotto che aveva osato imporsi, con la magia, su tutti gli altri.










ALEXANDER



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Riassunto/Note/Altro:
Ho presentato il mio personaggio, spero, in maniera abbastanza esaustiva. Per lo meno ho lasciato intendere quello che desideravo. Al momento conoscerete Alexander e la sua esperienza di vita attraverso questa breve scena. Il suo carattere, i pensieri, le pene e le idee. Non ho altro da aggiungere, forse perché non sono ancora pronto a mettere tutte le carte in tavola. Sta di fatto che è a tutti gli effetti un "ammazzacavalieri" e il suo obbiettivo primario consiste nell'incontrare di persona il miglior cavaliere del regno.
Purtroppo accade qualcosa che non aveva previsto. Al processo tanto discusso di Lord Aedh Lancaster viene immediatamente discostato dal suo obiettivo iniziale a causa dell'influenza di Verel. Ho interpretato la tecnica "Provocare" come, appunto, una provocazione nei confronti di Alexander - anche senza l'ausilio della tecnica la provocazione avrebbe avuto comunque effetto, contrastando in pieno con la mentalità del mio personaggio. Ovviamente è attiva anche la malia, quindi Alexander non prova alcuna rabbia nei confronti di Verel, ma non può tuttavia (non avendo impedimenti in tal senso) rinunciare a confrontarsi con il vagabondo. Lo avrebbe fatto sicuramente con la mano sulla spada in occasione differente, ma gli elementi specifici m'impediscono di agire altrimenti.

@Verel: le emozioni del mio personaggio, al momento, sono influenzate dalla tua passiva "Pacifismo". Precedentemente erano un misto tra speranza e titubanza.
 
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view post Posted on 19/5/2016, 23:00
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Cardine
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Per chi li avesse scorti da lontano, perdendo lo sguardo nelle brulle distese dell'impervio nord, i quattro raminghi rossi, che montavano altrettanti destrieri, sarebbero apparsi simili a fiamme vivaci in una distesa di cenere immota. Nelle splendide visioni di Taliesin, lui e i suoi seguaci erano piuttosto le controparti dei quattro cavalieri dell'apocalisse (Audacia, Uguaglianza, Avventura e Libertà? Credo sarebbero stati questi i nomi più papabili, per uno come il bardo): profeti e crociati di una nuova via, che illuminasse eroicamente quelle fredde e ombrose terre.
   «E poi sai, una volta ho visto un vecchio passeggiare per le strade di Ladeca. Aveva più anni che capelli sulla testa, era curvo sul bastone e trascinava le sue ossa tremolanti giù per la via» fece Taliesin ad Alan, al termine di un breve ma intenso discorso. Proprio in quel momento la celebre Terra Grigia si profilava nell'orizzonte di piombo.
   «Le lumache strisciavano più veloci di lui, non sto esagerando. Ma il bastardo spelacchiato che gli stava alle calcagna, lui no. Il cane, capisci? Si fermava, lasciando che il suo vecchio si prendesse i suoi tempi, e riprendeva a camminare al suo fianco. Era paziente. Un compagno fedele, un vero amico. Ti confesso che ho faticato a trattenere le lacrime. Certe cose mi toccano nel profondo» continuò, spronando appena il cavallo per evitare che Juan e Ishmael si avvicinassero abbastanza da udire le sue parole.
   «Insomma: per colpa della tua insolenza ci siamo persi il banchetto dei Lancaster, è vero, ma vedi... In fondo non mi importa. Io sono un tuo amico, come il bastardo lo era per il vecchio. Gli altri ce l'hanno con te, pure io mi sono incazzato, ma non è questo il punto. Non me ne frega un cazzo del banchetto, che abbiamo perso tempo. Quel che conta è averti recuperato. Nessuno deve restare indietro, nella Ruadh».
   Il ragazzo annuì, e il suo volto prima scuro si fece un briciolo più sereno. Dopo due giorni che i tre compagni si rivolgevano a lui con bestemmie e pochi altri termini, quelle parole amichevoli erano cariche di un significato non da poco. Taliesin lo aveva soltanto presupposto, ma il suo discorso si era già ben radicato nella mente di Alan, tanto profondamente da cambiare qualcosa nel suo modo di pensare. Era un po' la stessa cosa che aveva fatto con tutti gli altri, anche se in termini diversi.

Qualcuno potrebbe chiedersi da dove nascessero tutte quelle ostilità nei confronti di Alan. Ebbene, fino a qualche giorno prima la Ruadh era in viaggio d'affari, e il banchetto dei Lancaster appariva agli occhi di Taliesin una ghiotta occasione per far fruttare i nuovi fondi ricavati dalle varie scorribande, compiute in un posto molto più a nord di lì. Come spesso succedeva in quel genere di viaggi, i quattro si erano fermati a riposare in una locanda di qualche paesello senza nome. E come al solito al cibo erano seguite le bevande - fiumi di bevande -, ad esse i giochi col dado e con loro delle parole pesanti, dette senza farci troppo caso. Poi ancora erano arrivati i primi pugni sul tavolo e gli sguardi arroventati. Tutto nella norma! Ma quel che nessuno aveva previsto era come di lì a poco si sarebbe evoluta la colluttazione tra il giovane e furioso pirata e il suo avversario, l'ottuso tagliaboschi - che tanto scemo poi non parve, dal momento che non si era fatto fregare dal giovane. Una lama affilata che vibra nell'aria; un graffio che chiama lo schioppo, carico. Colpo nel piede, urla, panico, fuga.
   Il povero Alan aveva esagerato, certo, e poco era mancato che le due dozzine di tagliaboschi sparsi per la locanda non lo riducessero a una fascina d'ossa scarne. Ci impiegò una notte intera per far perdere le proprie tracce, mentre i suoi tre compagni ce ne impiegarono un'altra per ritrovarlo senza anche loro finire nei guai. Inutile dire quante Alan ne avesse prese, quando Ishmael lo scovò tra i rovi.

Una pacca sulla spalla al giovane marinaio e poi Taliesin fermò il suo cavallo. Pochi istanti dopo gli altri due li raggiunsero, entrambi muti e grigi come lapidi. Avrebbe dovuto fare un lungo discorso pure a loro, per debellare infine ogni residuo di inimicizia e tornare a una collaborazione senza attriti. Stavano andando a lavorare, in fondo, ed era necessario che fossero affiatati come al solito.
   «E che cos'è questo mortorio? Ci siamo persi la festa, ma gli affari ci aspettano ancora!»

«Bontà degli dei, la festa è appena cominciata!» mormorò appena qualche ora dopo, mentre si alzava in punta di piedi al di sopra delle persone per osservare Aedh Lancaster in persona, nel suo lento salire sul patibolo. Gli era bastata qualche chiacchiera con un paio di presenti per comprendere, a grandi linee, cosa fosse successo in quel luogo appena due giorni prima, e infine non poté che essere lieto che Alan avesse sollevato quel polverone. Mentre Ishmael e il suo allievo discutevano animatamente e Juan osservava arcigno la folla, senza staccare le dita dai lunghi pugnali sotto la mantella, il bardo si fece quindi largo tra le persone. Era piuttosto divertito dalla situazione e non voleva perdersi un momento così epocale.
   Tra la folla qualcuno parlò, improvvisandosi oratore. Taliesin ascoltò con attenzione le parole di quel vagabondo, forse un aspirante profeta, che a malapena si distingueva fra la folla; non si accorse e perciò non fu capace di ignorare il subdolo effetto che le sue frasi celavano: per quei lunghi istanti non poté fare a meno di osservare il giovane - il cui volto non gli pareva del tutto sconosciuto - mentre cresceva il lui un sentimento di ostilità, forse provocato da un'istintiva antipatia.
   Fu a quel punto che un pomposo cavaliere si fece avanti, questionando maldestramente quale diritto avesse quello sconosciuto di avanzare pretese su Aedh Lancaster. Taliesin indugiò per qualche istante: poteva godersi la scena o intromettersi, cogliendo al volo quell'occasione. Inutile dire che scelse l'opzione più divertente, e a lui più congeniale.
   «Ben detto! Con quale diritto, eh?» urlò il bardo, provando a confondersi tra le dozzine di persone ammassate a ridosso della bizzarra scenetta. «Chi diavolo sei?»


  TALIESIN
Fisico: 100%
Mente: 75%
Energia: 125%
CS: 0

POTERI PASSIVI
   Astuzia (passiva, 6 utilizzi): immunità, per il turno di utilizzo, dalle influenze psioniche passive. (5/6)
   Provocazione (passiva, 3 utilizzi): influenza psionica passiva di provocazione, che renderà gli avversari propensi all'aggressione, fisica o verbale. (2/3)

RIASSUNTO
   Just Taliesin being Taliesin. Provocazione (la mia) è l'esatto contrario di Pacifismo, in questo caso indirizzata un po' verso tutti. Vediamo che succede!
 
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view post Posted on 20/5/2016, 17:33
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Le ombre proiettate sulla steppa dai rapidi nugoli grigi, al fischiare del vento di mezzogiorno.
Un paiolo sul fuoco, nel gelo dell’enorme anticamera oltre cancelli di una rocca senza nome.
Il fiato che si condensa sulla sagoma nera di un uomo, fermo sull'altro versante di un crepaccio ghiacciato.

Njorthja sognò queste cose la notte prima del processo, ma le dimenticò ancora prima di mettersi a sedere. Eppure, negli acidi istanti del risveglio, quando i primi semi di luce scivolavano nella cella attraverso le assi che chiudevano la finestra, quei tre miraggi notturni erano indistinguibili dagli altri, ancora smorti, miraggi diurni che iniziavano ad apparire. Il miraggio di una coperta grigia, ruvida, gettata su un pagliericcio polveroso. Il miraggio del becco arancione di un bel merlo scuro, chiuso in una cassa forata di legno sottile. Il miraggio di mille piccoli fantasmini di polvere che si beano dei chiari raggi dell'alba, come uno stormo di bambini che giocano a saltare dentro e fuori la cascata, pochi piedi al di sopra del torrente. Il soffitto di legno contro le pareti di pietra. La porta rimasta aperta. Il vento che da nord gira a nord-est, facendo cigolare le grezze ante di pino della stretta finestra che si schiude da sola. Il fiato che si condensa sulla sagoma nera di un uomo, fermo sull'altro versante di un crepaccio ghiacciato, di quelli che l'estate scava fra i ghiacciai più bassi dei rilievi protesi dal versante settentrionale dell'Erydlyss verso le immemori profondità dell'Edhel occidentale, dalle torri di Lithien sino ai fiordi primitivi del mare di ghiaccio. No, quello l'ha solo sognato.
Eppure, negli acidi istanti del risveglio, il peso di un sonno inquieto non sembrò alleggerirsi nella prospettiva di una tiepida mattina. L'uomo, supino, abbandonò la testa di fianco. Gli occhi piccoli e chiari studiano lo spicchio d'ombra al di là della porta. Il primo dei tre sogni, intanto, è dimenticato. Senza muovere lo sguardo, il severo perimetro della stanza è colto ai lati della vista: quattro passi in profondità, tre in larghezza. Dal pavimento alle assi del soffitto saranno cinque passi, all'incirca. La vista periferica non è in grado di cogliere i colori. L'uomo supino è Njorthr Fryjhildson, un selvaggio civile, e nei pochi attimi prima di mettersi a sedere sul pagliericcio concessogli dalla benevolenza dei signori di Terra Grigia egli riflette, sterile, su quanto siano alti gli edifici che usano costruire a sud. E pensa che, magari, spostandosi più a sud nel Dortan avrebbe potuto vedere costruzioni ancora più alte. E magari, quando anche il Dortan finisce e qualcos'altro inizia ad avere un nome diverso, la gente abita in stanze dove non si riesce a vedere il soffitto, e le nuvole restano intrappolate fra i muri ed ogni tanto nevica all'interno, e le pareti sono tanto alte da poter vedere la cupola blu del cielo alla distanza di un braccio proteso. E le persone, laggiù a sud, saprebbero se quella è fatta di pietra oppure di acqua, e se le stelle sono calde, a toccarle.
Il secondo dei tre sogni, intanto, è dimenticato. Non ci dovrebbe volere tanto tempo, a svegliarsi. Neppure il merlo, al culmine della sua vita d'intenso apprendimento linguistico, s'era ricordato di cantare la sveglia all'alba come gli era stato insegnato. E l'uomo, supino, raccoglie le gambe e punta i talloni sulla coperta grigia che lo separa dalla paglia. La coperta se l'era portata lui. Aveva attraversato il Vanaheim, quella coperta. Era uscita dalle mura di Noatun e aveva viaggiato per il mare di ghiaccio, bagnandosi tutta durante una tempesta. Era sbarcata nei porti d'argento degli uomini di pietra, che l'avevano accompagnata sino al valico del Cervo in una borsa piena di provviste. A metà del suo cammino aveva superato l'Erydlyss, che già si era fatta vecchia e consunta, e l'ostinazione di un soldato l'aveva tenuta in vita sino a quel castello della Roesfalda, che era tanto alto. Era da buttare, però. Piena di buchi, mangiata dagli insetti, bruciacchiata dagli scherzi idioti di un compagno ubriaco che non s'era accorto del braciere accanto al tavolo, una notte nell'Ystfalda, e aveva usato la coperta a mo' di rete da pesca per acchiappare un corvo che s'era posato su di un trespolo lì accanto. Era un merlo, comunque. Saranno passati tre anni, forse quattro. Sembrano tre secoli.
E mentre s'alza a sedere, il vecchio viaggiatore chiuso nel corpo di un giovane guerriero -neanche troppo giovane, poi- finisce per dimenticare anche il terzo dei sogni fatti quella notte. Gli restano solo un aspro dolore alla schiena, un vago sapore di inquietudine ed un violento bruciore di stomaco, forse provocato dall'orrido pasto consumato quattro o cinque ore prima. Ed è in piedi, che s'alza le braghe e s'allaccia gli stivali. Sul tavolo accanto alla cassa del merlo è gettato il resto dei suoi ridicoli averi terreni, ad eccezione delle armi. La corazza, però, l'aveva nascosta sotto al pagliericcio.
Non gli era stato permesso di girare armato per la rocca, ed in generale sembrava che nessuno fosse autorizzato a trattarlo come un essere umano più che come un bove o una qualche altra bestia da fattoria. Non si disturbò ad enunciare le proprie origini, anche perché molti nella Roesfalda non credono neppure che a nord delle montagne vivano delle persone, e la prospettiva di mettersi a discutere con uno qualsiasi degli abitanti di Terra Grigia, in onestà, spaventava un poco il ruvido figlio del popolo Van. Non avrebbe capito le domande. Non avrebbe saputo pronunciare bene quelle lunghe parole che usano lì. Soprattutto, non avrebbe avuto nessuna vera risposta alla domanda che temeva più di tutte, alla domanda sugli eventi del banchetto, sulla strage, sul tradimento. Temeva che, aprendo bocca, si sarebbe messo a boccheggiare come un pesce e grugnire suoni privi di senso. Lui, che aveva recitato i canti elfici dell'alba e del tramonto. Lui, che aveva racchiuso il proprio onore -ma non il proprio orgoglio- nelle immemori rune incise sul bordo di uno specchio d'adamante, esposto sul petto d'una corazza splendente, pulita, ancora nascosta sotto un metro di paglia.
La porta era rotta, non chiudeva bene. Era aperta dalla sera prima. Il merlo tamburella sei piccoli tonfi sul bordo della sua cassa, e Njorth decide che quella mattina, per prima cosa, avrebbe liberato la piccola creatura.


Notte fonda. Reclusi come bestie, gli ultimi guerrieri Van stazionati nella Roesfalda attendono il giudizio del nuovo signore di Terra Grigia. A Njorth, giunto al castello poche ore prima, era stato concesso un breve colloquio con i suoi compatrioti, a patto che soggiacesse a tre condizioni. Avrebbe dovuto lasciare le armi alla custodia del corpo di guardia provvisorio, prima di accedere alle aule dei Lancaster. Sarebbe stato accompagnato in ogni suo spostamento da un interprete, incaricato di prendere nota d'ogni cosa avesse detto e fatto. Ultima condizione: avrebbe presenziato al processo del fu Lord Aedh Lancaster, il carnefice, in rappresentanza della divisione di guardie Van che a lui aveva prestato giuramento e che ai suoi ordini aveva preso parte al massacro del banchetto di fuoco.
« Sei fortunato, Njonjo » sputa una voce attraverso la finestrella quadrata nella porta della cella, « mentre tu eri chissà dove ad inchiappettarti i tuoi elfi, noi ci stiamo facendo ammazzare da questi porci dortaniani. Ah! »
« Sono quasi meglio gli elfi, eh? »
« Dovevo venire a cercarti, dopo Rimefeld. Dovevo venire ad ammazzarti, ecco cosa. »
« Non c’entro niente con Rimefeld—»
« Non eri lì! Non eri con noi quando hanno forzato il cancello. Quando hanno buttato giù la porta di casa tua non ci hanno trovato niente dentro, poverini! E intanto mio figlio aveva un palo nella testa. Mio figlio, Njorth! »
« Io— »
« Mi hanno ammazzato anche il cane. Dopo sette anni a proteggere quegli zotici ingrati dai banditi, mi hanno ammazzato anche il povero Garmo. E tu non c’eri, ed un cane ha combattuto meglio di te, sappilo! Ricordati, domani, mentre mi appendono per il collo, che un fottuto cagnolino ha mostrato più coraggio di te. »
« Quanti sono sopravvissuti? »
« Crepa. »
« Quanti, Frey? »
« Eravamo in dodici, alla fine. Io, Sigurth, Sigis, l’altro Sigurth, Andvari e suo fratello, Suthri, la donna di Suthri, la vedova di Harbard, il Rosso ed anche Vinello. I decarchi sono morti tutti quanti. »
« Ne hai detti undici. »
« Conto anche Cocù, il mio merlo. »
« Ed avete attraversato mezza Ystfalda e mezza Roesfalda per unirvi alla divisione di qui? »
« Mio nipote era decarca al servizio del Lancaster da quasi un anno. Dovevamo provare. Lì ci volevano morti. » Pausa. « E ora ci vogliono morti anche qua. »
« Non avete fatto nulla di male. »
« Abbiamo scannato un mucchio di donne, Njorth. Abbiamo ammazzato tanta gente disarmata, neanche fossimo cani, Njorth, cani! Non erano soldati. Non era giusto. »
« Avete rispettato il giuramento, facevate il vostro lavoro. »
« E quel giuramento non mi farà entrare nelle Aule d’Oro! Quando mi spezzeranno il collo non potrò rivedere i miei figli nella Gulhall, perché sarò morto nella vergogna! È questo che sta succedendo, Njorth, e tu non eri con noi! Tu, maledetto, dovevi morire con noi. Dovevi, tu, dovevi—»
Nessuna risposta. Passi svelti s’allontanano nel corridoio.
Vuota percezione di due piccoli occhi chiari che s'aprono come castagne.


Il processo ha luogo nel cortile, com'è stato già detto. Duecentottanta persone arrabbiate sono venute al processo di Aedh Lancaster, com'è stato già detto. In rappresentanza del corpo di guardia in servizio al banchetto di fuoco, Njorth è lì per ricevere nominalmente la sentenza dei suoi compatrioti. Perché, anche stavolta, lui non era presente quando il fatto si è compiuto. Non era lì. E se ne sarebbe andato da Terra Grigia la sera stessa, se glie lo avessero permesso, diretto probabilmente a Ladeca o a Basiledra. Lontano dall'Edhel, comunque, almeno per un po'.
Un giovane stregone enuncia il suo preambolo, com'è stato già detto, e sulla figura del vecchio lord, in ceppi al centro della corte, prende forma una lunga scheggia luminosa, una spada bianca. Lo specchio rotondo sul petto di Njorth, che presenziava inerte appena più in avanti della prima fila di spettatori, riflesse il breve raggio di luce in direzione dello scranno reale, accanto al ginepro. Nessuno parve accorgersene. Ogni sguardo era sullo stregone, sullo storpio, sul predicatore di giustizia. Le sue parole sono già state dette.
Si fa avanti un uomo, un guerriero in armi, che emergendo dalla folla si presenta come sir Alexander Uradel. Si ferma proprio due passi alla destra di Njorth.
Al Van sfugge uno sguardo verso il Ginepro in fiore.
I cavalieri stanno discutendo. Il signore di Terra Grigia attende. La polvere brucia i polmoni, e fa caldo qui in Roesfalda. Fa tanto caldo. Aedh Lancaster, a cui centotrentadue soldati di fanteria Van avevano prestato solenne giuramento d'obbedienza, respirava piano nel cuore delle terre che un tempo aveva potuto dire sue.
Dalla folla ribollente si alzano le prime incitazioni e le cose, comunque, continuano ad accadere. Lui, maledetto, doveva morire con loro.
Al Van sfugge un secondo sguardo al Ginepro in fiore.

In Vanaheim, un capo non è scelto perché figlio di un capo. Non è neppure il guerriero più forte, né quello più coraggioso. I Van sono, se vogliamo, un popolo più giovane, più primitivo, rallentato nell'invecchiamento dall'ombra dei ghiacciai eterni e dall'acqua dei fiordi. I Van sono, se vogliamo, un popolo più onesto, ed i loro capi, i loro re, sono scelti in base agli uomini che combattono al loro comando. Nessun diritto è imposto dal sangue o dagli déi, a nord dell'Erydlyss, ed è per questo motivo che Njorth faticava tanto a comprendere l'obiezione di Alexander Uradel. Aedh Lancaster aveva perso la fedeltà dei suoi, e quindi ogni diritto. La sua vita era, giustamente, nelle mani di Athelstan o di chi il nuovo lord avesse deciso. Persino uno stregone, persino uno storpio, un ragazzo.
In Vanaheim, comunque, i parricidi sono frequenti quanto le maree.

Njorth vuole solo andare via -
(e gli sfugge infine un terzo sguardo al Ginepro in fiore)


Il fiato si condensa avanti agli occhi, occultando l'immagine del crepaccio ghiacciato e dell'uomo sull'altro lato. Del ponte di corde che congiungeva le due parti adesso rimangono quattro pali solamente, due per ogni estremità. Sono coperti di neve. Il vento dell'Erydlyss penetra nei muscoli, brucia i polmoni, indurisce le ossa sino a spezzarle come pezzi di vetro, e Njorth attende immobile sul punto più alto del crinale infranto, dove la ripida salita si congiunge al precipizio in un angolo acutissimo. L'uomo sull'altro lato ha il sole alle spalle, ed è poco più di una sagoma fatta d'ombra. Regge una lanterna spenta. Sono giorni che lo segue. Il Van, marciando veloce, da solo, aveva alzato il passo per arrivare al crinale infranto prima di mezzogiorno. Attraversato il vecchio ponte, poi, l'avrebbe tagliato ed avrebbe così interrotto una volta per tutte quell'assurdo inseguimento.
Questa cosa è successa più di un anno prima del processo di Aedh Lancaster.
Njorth non s'era mai fermato ad affrontare il suo inseguitore, la sua ombra, ma il solo riconoscerlo gli era stato sufficiente a decidere per la fuga. Aveva intuito, forse che quel profilo nero che non una volta aveva emesso un richiamo o un suono, non gli era amico. E lì, stanchi, separati da più di venti piedi di vuoto e gelo, i due uomini attendono che il sole completi il suo corso alle spalle dello sconosciuto.
Dopo quasi due ore, quando l'allungarsi della sua ombra ebbe scavalcato il crepaccio, l'inseguitore parlò.
« Dovevo venire a cercarti, dopo Rimefeld. »
« Non posso ancora tornare, Frey. »
« Non mi hanno fatto entrare, Njorthja. Non posso vedere i miei figli. »



Van Nort


CS [2] Concentrazione
Corpo [100] sano, nessuna ferita.
Mente [100] presente, ricettivo.
Energia [100] in forma, operativo.

Abilità impiegate

- [Passiva] Mente Ferma (stratega, Lv1): Difesa psionica passiva, per conservare un minimo di sana alienazione. Ancora 5 utilizzi.

- [Slot 1][costo nullo] Focus (personale): powerup. +1CS da concentrazione.
- [Slot 2][costo nullo] Focus (personale): powerup. +1CS da concentrazione.


Riassunto

Njorth è in armatura, ma senza elmo. Non gli è stato permesso di presenziare armato, però. Si trova più avanti rispetto alla folla, poco più a sinistra del punto in cui Alexander si ferma per avanzare le sue obiezioni. Ascolta. Tiene per sé i commenti, ancora. Si lascia sfuggire tre sguardi verso Juniper. L'attenzione è chiaramente incentrata su Verel e Aedh, ed assieme a quella anche un certo disprezzo nei confronti dell'uso plateale della stregoneria. All'apparire di Alexander, Njorth lo ascolta e non lo comprende, come se stesse leggendo la Fenomenologia dello Spirito in tedesco. Per adesso, la cosa più naturale è attendere.

Note

Post quasilungo, e ahimè quasi solo di preambolo alla scena vera e propria. Un po' come ha fatto Caccia, mi sono servito del primo post per presentare il quasinuovo personaggio. Spero di non aver scritto troppi abomini, ma se mi metto a rileggere il post finisce che mi ripropongo di correggerlo domani e finisce che non lo invio più.
Love'ya.


 
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miky1992
view post Posted on 21/5/2016, 12:15




Stig odiava i processi, specie i processi farsa. Forse la sua prospettiva era offuscata dai ricordi sgradevoli che, di tanto in tanto, spinti dalla situazione analoga vincevano la forza dell'incantesimo e riaffioravano vividi, sovrapponendosi alle immagini che ora gli scorrevano davanti agli occhi.
Si chiese cosa volessero tutti quei volti rivolti verso l'uomo al centro del patibolo. Quanti di loro erano li per un motivo diverso dalla vendetta? Quanti di loro erano li solo per noia? Probabilmente molti di più di quanti non fossero li per senso di giustizia.
L'uomo, il condannato, il mostro a sentire i mormorii degli altri spettatori accanto a lui era un pezzo grosso da quel che aveva capito e l'uomo che lo condannava era il suo stesso figlio. Beh, la cosa poteva essere scioccante per altri, ma non per Stig. Se avesse dovuto dire in una parola cosa provasse nei confronti di Lord Aedh in quel momento, dopo aver sentito gli animosi commenti della folla, sarebbe stata: invidia. L'uomo seppur costretto in abiti logori che mal si accostavano alla sua figura non lasciava trasparire nemmeno un segno di cedimento, un'ombra a increspare il suo sguardo fiero mentre affrontava la sua “forse” giusta punizione. Era strano per Stig invidiare un essere umano, ma doveva ammetterlo: avrebbe voluto affrontare così il suo processo.
Intorno a lui però qualcosa era successo: mentre il drago era perso nei meandri dei suoi pensieri tutta la folla si era acquietata in una maniera decisamente innaturale. Forse vedendo la folla scaldarsi troppo qualcuno aveva provveduto affinché gli animi si placassero, non poteva che essere così. A giudizio di Stig era meglio così, voleva solo assistere al processo, non prendere parte a un linciaggio.
-Ascoltate, gente del Dortan.
E Stig ascoltò.
-Lasciate che questo sia un luogo di giustizia e civiltà, non di sangue e vendetta.
Così che l'uomo che sarà giudicato oggi sappia che non ha peccato solo contro gli uomini, ma contro la vita stessa.
Che questo luogo si ricopra con la luce della verità e che gli Dei possano esserne testimoni.
Mentre la spada di luce veniva a crearsi sopra la testa di Lord Aedh un guizzo di curiosità accese lo sguardo di Stig. Una magia, e sembrava potente. Forse la deviazione avrebbe garantito qualcosa di più di un mero svago. Eppure il giovane che l'aveva evocata non gli pareva così importante, sembrava poco più degno della folla che del suo posto al centro del palcoscenico a giudizio del drago.
-Aedh Lancaster. Sappi che ora questo incantesimo è fuori dal mio controllo. Se dovessi mentire o evitare di rispondere alle domande dei tuoi giudici, questa spada di verità ti colpirà.
Non ti ucciderà. Non ti farà provare dolore. Non ti punirà. Non è il suo ruolo, ma riapparirà ogni volta che sarà necessario.
Ah, questo si che è interessante! Pensò il drago e sorrise.
-Non potrai più mentirci.
-Chiedo perdono per l'irrispettosa interruzione con cui infrango il corso di questo processo pubblico.
Stig si chiese perché tutti si sentissero in dovere di intervenire.
-Sono- L'uomo misterioso si bloccò. -Sir Alexander, della casata Uradel. Domando, con l'umiltà della mia posizione e al cospetto del legittimo erede di Terra Grigia, con quale diritto Voi, signore, pretendete di avere un qualunque privilegio sul giudizio di Aedh Lancaster.
Ma perché si scaldano tutti in questo modo? Che gliene frega se quel vecchio viene ammazzato?
Stig sospirò esasperato e alzò gli occhi al cielo. -Perché devono renderla più complicata, tanto ormai il vecchio è spacciato, colpevole o no, giustizia o meno. Fatela finita è basta. Borbottò tra se e se. Insomma, dopotutto era li per godersi un piacevole intermezzo e alleggerire la noia del viaggio verso nord. Certo se i tre guastafeste si fossero messi a darsele in mezzo alla folla tanto di guadagnato, ma non si sarebbe messo di mezzo, sporcarsi le mani a gratis non faceva per lui.
-Ben detto! Con quale diritto, eh? Chi diavolo sei? Urlò qualcuno che Stig non vide.
Spinto dall'euforia del momento Stig decise di fare più che da mero spettatore. Ormai era li e tanto valeva aggiungere carne sul fuoco. Avvertiva come un fuoco dentro, rabbia immotivata, inoltre si sentiva stranamente agitato, voglioso di menare le mani e questo non era da lui, lo faceva sentire strano. -Infatti! Con quale diritto parli!

stig:

energia 125 mente 75 corpo 100

passive utilizzate questo turno: Mente gelida. La mente del drago è stata forgiata dalle privazioni subite, ciò lo rende meno suscettibile dagli influssi psionici altrui donandogli una difesa passiva. Numero utilizzi: 2-1 per bloccare pacifismo.
 
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view post Posted on 21/5/2016, 14:31
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Time Lost Centurion (3dh Economic Crisis Edition)
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Roesfalda - Terra Grigia
«End of Madness»

Nessuno si pose delle domande nel vedere un numero così elevato di Draghi Zanna disposti sulle mura a quello che doveva essere un banchetto fatto in segno di pace, nessuno si chiese perché, tra tante sale presenti nel maniero, Aedh ne ha scelta proprio una che non disponeva più di una via d'uscita. Come un pezzo di formaggio disposto su di una trappola, il topolino vede solo il formaggio, non si cura di quel buffo marchingegno a cui è poggiato. Odora il lauto pasto, lo mangiucchia, poi l'avarizia lo spinge a prenderlo. Snap! Il suono metallico, lo schianto secco del metallo sul legno, che nascondono il flebile suono del piccolo collo spezzato. Ma Aedh ha commesso un errore imperdonabile, usare una trappola per topi contro avvoltoi, lupi e vipere di ogni sorta. Bestie ben più grandi e temibili di un semplice topolino, che aspettano sol un passo falso da parte del drago per poterne ghermire le morbide carni, troppo a lungo celate sotto la sua dura scorza. Spezzato nel corpo, ma non nello spirito, non teme il giudizio di chi gli è inferiore. Neanche quando il sangue del suo sangue gli si rivolta contro, ed il suo stesso popolo si accalca per vedere il suo corpo ormai spogliato come quello di un qualunque prigioniero, esposto così che tutti possano giudicare le sue colpe. Qualcuno lo definirebbe coraggio, altri arroganza, ma al triste verità è che il signore dei Lancaster non è altri che un povero vecchio pazzo accecato dalla sua sete di potere. Tradito dalla sua stirpe, portato alla fine del suo percorso, il popolo chiamerà la sua sentenza a gran voce. Snap! La corda non sarà in grado di nascondere il suono nitido del collo spezzato, la folla silenziosa attenderà ed esulterà quando il corpo privo di vita penzolerà sospinto dal vento, espiato finalmente dai suoi peccati. Le stringo la mano, poggiata contro la sua figura, anche lei è rimasta per poter assistere alla disfatta del capostipite. Lo odia, per quello che le ha fatto, come è giusto che sia. Rimarrà vera a se stessa anche dinanzi a lui? O esiterà? Forse mostrerà pietà? Una volta qualcuno ha detto che la morte ci mostra per quelli che siamo realmente, mi chiedo cosa si paleserà dietro una simile maschera fatta di pazzia e sogni di gloria andati in frantumi.



« C'è un sacco di gente strana qui, oggi. »



C'era una strana familiarità in tutto questo, nella folla variopinta, nel chiacchierone dalle doti magiche posto in cima al palco come pagliaccio a capo di uno spettacolo. Anche lei deve rammentare quel giorno ad Acquescure, quando ancora combatteva ancora per i Lancaster, quando ancora credeva nelle smanie di potere di Aedh. Quella volta fu lei ad essere trascinata sul patibolo, contro la sua volontà, accusata di colpe create per intrattenere un pubblico di caproni. Certo forse sta volta il pubblico conta qualcosa in più di caproni e curiosi. Gli avvoltoi stanno già volando in cerchio in attesa del lauto banchetto, i lupi ringhiano e si tengono a distanza, aspettando il momento giusto per colpire. Ma le vipere, sono loro le più scaltre di tutte, le più infide e spietate di tutte. Attenderanno che gli altri abbiano fatto i loro comodi, poi si muoveranno per ghermire i lupi e gli avvoltoi. Athelsan questo lo sa, tutti cercheranno di colpire i Lancaster nel momento in cui sono più deboli, per questo lui non potrà esitare. Farà ciò che va fatto, ucciderà suo padre e quanti decideranno di schierarsi dalla sua parte. Farà si che il suo stesso sangue scorra sul patibolo, perché non vi è altro modo per permettere ai Lancaster di continuare ad esistere, se non sacrificando un agnello sull'altare lordo e senza sazietà della giustizia. Stringo la sua mano, callosa e rovinata dalla battaglia, non la mano di una nobile signora. Terra Grigia non ha bisogno di una nobile signora, bensì di una signora della guerra capace di incutere timore nei suoi nemici. Lei andrà bene, perché anche se non volesse sa di non avere scelta. Tra i pagliacci mescolati nel pubblico salta infine fuori l'arlecchino, vestito dei colori dei suoi pari, caduti forse per mano sua forse per quella di altri. Si fa avanti per sfidare il prestigiatore fatto giustiziere, un nome che nessuno ricorda, per il suo bene. Incontrare un'animale che si crede estinto è sempre un momento emozionante, ma un cane deve pur saper stare al suo posto. E non si può educare un cane con un bastone, questo mai, lo renderà solo più aggressivo e disobbediente. Un cane va ammaestrato con le parole, negandogli la ricompensa. Perché per quanto cerchi di farsi lupo, un cane rimane sempre un cane. Afferro un lembo della tunica di lei, un viso storpiato dal timore mentre la mano sinistra si estende per indicare lui, l'Arlecchino. Il viso che si nasconde tra i ricami della lunga veste, come un contadino che spaventato indica una bestia feroce.




« Mamma, perché quel mercenario dice di essere un cavaliere? »

Perché un cane non potrà mai essere lupo.






¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯ ¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯
Riassunto

CS { 0 }

Fisico {100%} ~ Mente {100%} ~ Energie {100%}




Passive:

» Amuleto dell'Auspex: (6/6)
» Passiva Razziale - Scurovisione: (6/6)
» Passiva Razziale - Sensi Migliorati: (5/6)
» Passiva Razziale - Mira precisa: (6/6)
» Passiva Acrobata - Funanbolo: (6/6)
» Passiva Acrobata - Caduta Lenta: (6/6)
» Passiva Acrobata - Scalatore: (6/6)
» Passiva Acrobata - Contorsionista: (6/6)
» Passiva Ladro - Celarsi: (6/6)
» Passiva Ladro - Velo Sonoro: (6/6)
» Passiva Ladro - Velo d'Ombra: (6/6)
» Passiva Personale - Grazia del Duellante: (6/6)


Attive & Oggetti:

//






Come start up spero vada bene, io il PG c'è l'ho da un'annetto quindi mezzo post di BG non lo potevo fare :nono:
Comunque, Odette segue il processo al fianco di Ryella, continuando la recita cominciata nell'altra quest, e alla fine addita quel povero cristo tormentato di Alexander perché parla troppo :sisi:

PS: Che comonque Cavaliere Arlecchino come nome da battaglia non è malaccio, da?


 
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Numar55
view post Posted on 21/5/2016, 14:36




Sin dal nostro risveglio nelle profondità di Baathos la mia razza ha sempre avuto bisogno di sangue. La sete è qualcosa di ben più di una semplice necessità, era un istinto naturale, una parte di noi. La più pura delle emozioni che uno come noi possa provare. Non qualcosa che si può rinnegare o a cui si può resistere...
E del resto perché uno dovrebbe resisterle? L'estasi provata durante il morso è irrangiungibile da qualsiasi altra sostanza o piacere che l'umanità abbia mai inventato nel corso dell'esistenza; per di più è l'unica cosa in grado di mantenerci (o perlomeno l'unica cosa che lo faccia efficacemente mantenendo un ottimo sapore). Quindi facendo un confronto tra vivere provando un piacere immenso e mantenere una qualche morale prima di tramutarsi in una morente belva affamata... beh direi che la scelta è ovvia. Naturalmente poi c'è chi può resistere più a lunga a questo richiamo di altri: un tempo io riuscivo a stare giorni interi senza toccare una goccia (il fatto che non lo facessi era tutta un'altra faccenda), anche se dopo la mia reclusione i tempi fra un pasto e l'altro si erano drasticamente ridotti. Ormai quasi quanto quelli del giovane che stavo seguendo.
Altezza media, bell'aspetto, occhi penetranti. I tratti tipici della nostra razza. Questo in particolare nascondeva il consueto pallore tramite la pelle scura della gente del Sud. Portava abiti ricchi e svolazzanti, indumenti che marcavano la sua identità da mercante Akeraniano. O perlomeno questo fu il titolo con cui si presentò alla puttana nel vicolo. Che senso aveva poi vantarsi con una prostituta? Non deve essere conquistata, basta darle i soldi e il gioco è fatto! Probabilmente era uno a cui piaceva parlare prima ma abbastanza viziato da pagarsi il cibo piuttosto che andare a cacciarlo.
Pigro. Molle. Perfetto per un breve chiaccherata.
La coppia si insinuò verso una stradina laterale più isolata. La luna era già alta nel cielo, nessuno li avrebbe disturbati. Nessuno ci avrebbe disturbati. Aspettai qualche secondo poi uscii dall'ombra per seguire i due, il cappuccio calato sul volto. Voltai l'angolo e li trovai stretti in un appassionato abbraccio: lei stava con la mani appoggiate alle sue spalle, gli occhi e la bocca aperti in una muta sorpresa, mentre lui la stringeva per i fianchi baciandola sul collo. Mi dava la spalle e probabilmente i suoi sensi erano troppo intorpiditi per potersi accorgere del mio arrivo. Ma l'etichetta impone sempre di presentarsi al primo incontro.

"Hai dei gusti piuttosto di merda, lo sai?"

Quello si voltò di scatto ringhiandomi contro, i denti snudati e la bocca sporca di sangue. La donna cadde a terra senza emettere un fiato con gli occhi ancora spalancati. Il vampiro non le diede neanche un'occhiata rimandendo concentrato su di me. Un altro ringhio e mi corse incontro cercando di colpirmi con gli artigli, ma era ancora inesperto a quel che pareva, attaccandomi con rabbia e senza una vera strategia. Io mi limitai a muovermi lateralmente schivando il colpo e arrivando alle sue spalle, gli afferrai le braccia e lo costrinsi ad unire le mani dietro alla schiena. Il dolce suono della carne che si contorce riempì l'aria, assieme al grido di dolore del vampiro. Ora al posto delle mani vi era un unico ammasso di carne che gli impediva di muovere le braccia, come un grottesco paio di manette. Quando quello riuscì ad intravedere cosa rimaneva dei suoi arti, la furia lasciò spazio al terrore sul suo volto.

"Che cazzo mi hai fatto?"

Io rimasi in silenzio limitandomi ad afferrarlo saldamente da dietro per i fianchi. Con un piccolo sforzo lo sollevai da terra ad una trentina di centimetri, poi lentamente comiciai a stringere il suo corpo. Le costole reagirono immediatamente al mio tocco curvandosi verso l'interno e serrando in una stretta presa gli organi interni. Quello gridò ancora per qualche ma quando (un po' per merito mio, un po' per merito suo) perse quasi tutta l'aria dai polmoni, cominciò a boccheggiare. Cessai immediatamente di eseguire la pressione, lo abbassai un po' portando il mio sorriso mellifluo accanto al suo orecchio.

"Chi è il tuo Primogeno?"

"C-cosa?!"

Le costole avanzarono di altri due centimetri verso l'interno. Quello sputò qualche goccia di sangue per poi cominciare a tossire senza fermarsi. Faceva fatica a respirare il poveretto...

"Non penso tu possa immagazzinare molto ossigeno ormai, perciò sfruttalo al meglio!
Chi è il tuo Primogeno? Dove si trova?"


"Io n-non so di cosa...AHHHHH!"

Stavo premendo le costole una ad una come fossero tasti di un pianoforte. E come lo strumento ogni tasto mi dava una nota diversa creando un splendida melodia. Non potevo negare che mi stavo divertendo, ma dovevo avere una risposta e questa necessità soverchiava qualsiasi altro interessa. Il ragazzo provò di nuovo a parlare, con una voce notevolmente più fievole.

"C'è...c'è quello che mi ha morso. Oslov...c-cerchi lui?
Era andato a-ad un banchetto dei Lancaster... a Terra Grigia..."


Fu solo dopo quella breve affermazione che notai qualcosa che all'inizio mi era sfuggito. Un paio di cicatrici larghe quanto un chiodo alla base del collo. Lo voltai costingendolo a guardarmi dritto in faccia; il suo volto era coperto di lacrime che scendevano fino a mischiarsi al sangue suo e della prostituta. Aveva lo stesso sguardo di un cucciolo mandato al macello. Gli sorrisi comprensivo.

"Il morso non si è ancora rimarginato. Non è da molto che sei eterno, vero?""

Lui scosse la testa debolmente.

"Non hai idea di cosa siano i Primogeni, vero?"

Scosse la testa con maggior vigore mentre nuove lacrime gli scendevano dal volto. Delicamente lo poggiai a terra ringraziandolo e chiedendogli scusa per il disturbo.
Poi gli spezzai il collo.

9vgNB

In seguito mi rammaricai di averlo ucciso così velocemente. Quella merdina da ultima generazione mi aveva condotto ad un vicolo cieco! Sì, il suo Signore era venuto a quel maledetto banchetto ma era stato così patetico da farsi ammazzare. A quel che pareva Aedh Lancaster, il vecchio che avevano condotto lì in mezzo alla folla, aveva escogitato un attentato ad un buon numero di nobili ma il tutto gli era si era ritorto contro, nonostante fosse riuscito ad ammazzarne un buon numero. Tra cui un particolare bastardo che non comprendeva appieno il concetto di "immortale"!
Guardai con odio Aedh fin dal primo momento in cui entrò nel mio campo visivo. Se Oslov aveva la forza necessaria per creare dei Discendenti, c'era la possibilità che fosse in contatto con altri potenti vampiri, ovvero i Primogeni. Certo, era una speranza un po' fioca, ma era pur sempre una possibilità. Una possibilità mancata grazie a quel vecchio demente.
Se non altro avrebbe dato un senso a quel viaggio assistendo all'esecuzione del mortale che gli aveva creato tutti quei problemi. Da quel poco che aveva saputo sarebbe stato il figlio Athelstan (probabilmente il biondo lì presente) a giudicare le colpe del padre. Di certo sarebbe stato uno spettacolo interessante.
Accanto al condannato apparve poi un giovane che evocò una spada di luce appena al di sopra della testa di Aedh. Beh era di certo un modo piuttosto scenico per ammazzare qualcuno; ai miei tempi si usava semplicemente una scure affilata, oggi pareva andassero di moda i ragazzini dai poteri magici. Qualcuno tra la folla tuttavia non parve essere molto contento della cosa, forse un tradizionalista.

"Sono Sir Alexander, della casata Uradel. Domando, con l'umiltà della mia posizione e al cospetto del legittimo erede di Terra Grigia, con quale diritto Voi, signore, pretendete di avere un qualunque privilegio sul giudizio di Aedh Lancaster."

Un attimo dopo altre voci di protesta si alzarono contro il ragazzo. Sorrisi tra me e me chiedendomi se oltre ad un esecuzione, avrei avuto la fortuna di assistere ad un linciaggio. Mi mettevano sempre di buon umore. Se poi nella confusione mi fosse capitato di strappare qualche assaggino...
Beh... cena con spettacolo...



L'Artista


- Basso: 5% - Medio: 10% - Alto 20% - Critico: 40%

Fisico: 75%

Mente: 75%

Energia: 150%


Passive:
- Può trasformarsi in una creatura mostruosa di notte (6)
- Capacità di volare (6)
- Insensibilità al dolore (6)
- Compiere azioni con forza sovrumana (6)

Attive:


Note:
Mi limito a gongolare osservando divertito ciò che accade :sisi:

 
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view post Posted on 21/5/2016, 19:17
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Athelstan Lancaster
le parole non dette

— terra bruciata —

...non la voglio vedere.
Solo per questa volta, Stan. E poi Aedh ha chiesto di tenerla d'occhio a entrambi.
Soltanto perché vuole che si affezioni a me e tutto il suo piano del matrimonio vada a buon fine. Gliel'ho già detto che non ho intenzione di fidanzarmi con una bambina.
Ma che c'entra? Rifiutati pure di sposarla, ma se qualcuno andasse a dire ad Aedh che si sta aggirando per il castello da sola, sono sicuro che poi verrebbero a prendersela con me. Non è colpa mia se vuole passare tutto il suo tempo con te; sei il suo principe azzurro.
Ray... se vuoi fare bella figura con lei non c'è problema, ma almeno non inventarti cazzate.
...e va bene, va bene. Ma non venirmi a dire che non sei curioso anche tu di vedere Raab da vicino.
Sì, sì... soltanto per questa volta, capito?

Quella guerra adolescente fatta di sussurri e ripicche terminò quando una fata fece la sua comparsa fra le trincee, aprendo la porta cigolante della camera e presentandosi in un lungo abito color pesca. Aveva otto anni, i capelli castani e un carattere da maschiaccio, ma si impegnò comunque a sollevare la propria gonna in una riverenza, torcendo l'orlo del vestito con le mani e abbassando lo sguardo.
Bu-buongiorno sir Athelstan...

Gi08x31

Due diversi sospiri si liberarono dalle labbra dei fratelli:
non passavano tante ragazze a Terra Grigia, e men che meno vicine alla loro età.

Non sono ancora un cavaliere, Juniper.
Sii carino, per una buona volta! — Raymond lo colpì alla spalla. — Voleva dire: "Buongiorno, Lady Juniper."
Quel singolo convenevole fu sufficiente a convincerla che l'approccio da principessa avesse lanciato su di loro una fattura. Riassunse la propria espressione felina, lasciò andare il vestito e saltò sul letto di Athelstan, sdraiandocisi a pancia in giù.
Niente duello, oggi?
No-noi non duelliamo mai. È soltanto ieri che per caso...
Non duelliamo oggi perché questo adorabile deficiente è in punizione per aver sbagliato i titoli di Lady Wellington quando l'ha presentata alla corte.
...Lady Chandler, Stan.
Sì beh, ormai non fa più tanta differenza. L'ultima volta che è venuta qui era ancora Lady Wellington.
Gia... proprio nessuna differenza...
Lo stomaco di Raymond brontolò per protesta, digiuno da due giorni. Athelstan lo prese come un rimprovero.
Scusami Ray, avrei dovuto...
È vero che avete un drago a Terra Grigia?
Un dra... chi te l'ha detto?
Juniper allungò l'indice verso Raymond, dondolando le gambe al ritmo del suo divertimento.
Mi ha detto che sono più di dieci anni che Aedh sta tentando di ammaestrare un drago e che finalmente l'hanno portato qui. Mi ha anche letto un sacco di favole sui draghi.
Ma guarda un po'...
Il fratello minore tentò di discolparsi con un patetico gesto delle mani, che tutto avrebbe potuto significare meno che una scusa.
...sì, il caso vuole che questa mattina abbiano portato un drago a Terra Grigia.
Juniper drizzò le orecchie e si sollevò sulle braccia.
Posso vederlo?!
No.
(musino arrabbiato)
Eddai, Stan...
Fattici portare da Raymond, no?
Ma lui dice che c'è Aedh in giro per il castello e che non può farsi notare a gironzolare...
Perché, normalmente c'è qualcuno che lo nota?
Colpo basso.
Ray, sai bene che io...
Voglio vedere Raab!
Ah, persino il nome!
...scusa...

La tenacia di Juniper superò quella di tutti gli eredi Lancaster presi insieme. Si attaccò alle lenzuola come una zecca e iniziò a dibattere gambe e braccia al grido di ma l'aveva promesso! l'aveva promesso!, abbattendo le porte della risoluzione di entrambi.
In fondo anche loro volevano vedere Raab, il nefando drago serpente che decimava le greggi della terra dei fiumi e che Aedh aveva promesso di ammaestrare tanti anni prima. Nessuno diceva che sarebbe rimasto lì a Terra Grigia per sempre.
Il piano era semplice:
Io e Juniper aggireremo le stalle passando da sopra le mura, arrampicandoci come gatti, mentre Stan si dirigerà nel cortile, dove si inventerà una scusa per allontanare le due guardie stanziate a difesa del (o dal) mostro.
E che cosa dovrei dirgli?
Qualsiasi cosa. Digli che Aedh li sta cercando da più di un'ora e vedrai come scappano.
E il drago è nella stalla?
Non ci sono altri luoghi abbastanza grandi a Terra Grigia per contenere una creatura così grossa.
Le iridi di Juniper scintillarono come rugiada alla luce del mattino.

Quando Athelstan si ritrovò nel cortile, non poté fare a meno di chiedersi di come ci fosse arrivato.
...è più di un'ora che vi sta cercando. — Juniper e Raymond gli facevano segni affermativi dai merli delle mura. — Non l'ho mai visto così furioso, parola mia.
Le due guardie si trasformarono nella più concreta incarnazione manifesta del panico.
— Vai tu.
— Scherzi?
— Sei tu quello che porta i messaggi!
— Ma non ci penso nemmeno!
— E che facciamo?
— Andiamo tutti e due.
— Ma la postazione...
— Non c'è nessuno per miglia e miglia! Tu vieni con me, almeno fino alla sala comune.
Starò io nel cortile per un po', non preoccupatevi.
Più che sufficiente per far sgattaiolare i due bambini giù dalla cinta e superare le porte, silenziosi come assassini.

Le stalle erano sulla destra del castello, come un grosso bernoccolo di legno sulle mura; erano adibite a contenere un centinaio di capi, che nei giorni precedenti erano stati distribuiti agli allevatori più vicini in cambio di un dazio maggiorato. I Lancaster avevano tenuto per sé soltanto i cavalli, compiendo l'ultimo passo necessario a trasformare Terra Grigia da ricco podere contadino a vero e proprio castello, mantenuto quasi del tutto dall'impegno dei vassalli.
Nessuno aveva pensato che fosse necessario fare la guardia a Raab: non vi era nulla nel raggio di chilometri che potesse mettere in pericolo la vita del drago. Le pareti che davano a ovest erano già state corrose dall'acido e il russare della creatura tumultava come una fauce pronta a divorare il loro coraggio.
Forse non è stata una buona idea...
Athelstan scoccò un'occhiata di fuoco al fratello e spinse le porte della stalla. L'interno era luminoso, con una cappa di fiato miasmatico che saliva verso il soffitto, ci premeva contro con disimpegno e si arrendeva poco dopo, sfogandosi fra le crepe delle pareti.
Che puzza!
Il gigantesco corpo di Raab stava avvolto in un'unica spira occupando lo spazio di tre box, sonnecchiando sui divisori di legno che erano stati scardinati dalle pareti e ammucchiati in un angolo come un piccolo tesoro. Teneva gli occhi chiusi e gonfiava il torace a intervalli regolari, deliberando i polmoni in tremolanti anelli di fumo nero; di tanto in tanto faceva affiorare la lingua biforcuta dal muso serpentino e scuoteva la testa come percosso da un brivido, picchiando le corna storte contro le pareti.
WOOOW!
Shhh! — la zittirono in due. — Vuoi che si svegli?
Juniper, dal canto suo, aveva già percorso un metro e mezzo all'interno della stalla.
Posso accarezzarlo?
Ma sei matta?
Oh, solo un pochino...
Non se ne parla!
Ma non lo sveglio mica!
Raymond raggiunse i litiganti con aria distratta e fece tendere loro l'orecchio.
...la sentite questa voce?

« ...dieci anni per ottenere la sua fiducia. È stata una lunga battaglia, ma questo simbolo non sarà dimenticato: quando i nemici vedranno il nostro blasone, sapranno che i draghi stanno per scendere su di loro, e non più solo metaforicamente. Potrò insegnare queste tecniche ai miei figli, e loro potrebbero usarle sui draghi zanna della zona, che sono più semplici da... »

Sgranò gli occhi così tanto che gli sarebbero potuti cader fuori dalle orbite.
È Aedh!
Aedh?
Cosa ci fa qui?
Non lo so... vorrà mostrare Raab a Lady Maria!
Nascondiamoci. — Athelstan accarezzò con lo sguardo ciò che gli stava intorno, finendo sull'unico nascondiglio possibile, accuratamente evitato di menzionare da tutti sino a quel momento. — Lì dentro.
La pila di letame di drago era alta dieci centimetri più di loro, stipata nell'angolo più vicino della stalla come un sacco di patate, ben più puzzolente, e ridicolizzava con fetida autorità la loro urgenza.
No, ti prego...
Preferisci essere sgridato di nuovo?
I passi di Aedh e Maria si avvicinavano. Il Lancaster stava parlando di suo nonno Ethelbert.
No, però...
Ormai erano dietro l'angolo delle mura. Ancora trenta secondi e li avrebbero visti.
Muoviti!
I tre bambini si gettarono nel letame.
Cacca di drago! WOW!
*plunf*

Una conquista impressionante, Aedh. Non c'è che dire. — Lady Maria si teneva alla larga da Raab e si copriva la bocca con il palmo di una mano, sventolando l'altra al ritmo del respiro del drago. — Sono certa che nostro nonno sarebbe orgoglioso di te.
Il Lancaster teneva dama Chandler a braccetto senza guardarla. I suoi capelli erano ancora castani e i suoi occhi possedevano già quella vena d'ambizione che l'avrebbe condotto alla follia, mitigata da una sfumatura d'incertezza che si sarebbe consumata col tempo. Indossava una pettiera di cuoio e aveva Dyrnwyn alla vita, la scintillante spada di famiglia.
Non spero in altro, Maria. Ammaestrare Raab è costato impegno e sacrifici.
Lo so bene. Mio marito non ti ha ancora perdonato di non aver presenziato al matrimonio.
Capirà. Lord Chandler non è uno sciocco.
È ubriaco di ambizione, Aedh. Terra Grigia sarebbe stata sua, se Richard Hefford non avesse avuto la lampante idea di regalare il feudo al suo scudiero. Perché credi che mi abbia sposata, se non per avere qualche sottile linea di sangue Lancaster su cui avanzare le proprie pretese, dopo la morte di sua sorella? Non dargli altre scuse per odiarti.
Il tono del Lancaster fu lapidario dall'inizio alla fine di quella diatriba.
Cugina, non c'è uomo più debole di chi trova in qualsiasi cosa una scusa per odiare. Lord Chandler capirà; non può permettersi di farmi suo nemico.
E i Wellington? Capiranno anche loro, quando vedranno i dazi raddoppiarsi?
Ho triplicato il numero dei loro capi di bestiame.
I Cromwell e i Brooks si lamentano ancora delle guarnigioni dei Van che hai mandato a casa loro...
Eppure nessun bandito li prende più di mira. Vai al punto, Maria.
Lady Chandler cercò lo sguardo del cugino, che si rifiutò di concederglielo.
...sto cercando di dirti che non puoi pretendere che tutti imparino a parlare il tuo stesso linguaggio, Aedh. L'efficienza e le responsabilità ti renderanno potente, ma a quale prezzo? Terra Grigia è abitata da essere umani, ed è intorno a essi che costruirà le proprie ossa. Si tratterebbe solo di accontentarli di tanto in tanto, farti vedere a qualche festa, organizzare un banchetto... non è che non comprenda il tuo punto di vista, ma...
Maria. — la interruppe il Lancaster, staccando il braccio dal suo. — Non insultare la memoria di nostro nonno.
Ethelbert...
Ethelbert mi ha chiesto, sul letto di morte, di non sprecare l'opportunità che mi è stata concessa. Di non permettere che i miei figli vivessero in povertà come ha fatto lui.
...Lord Chandler dice che Eveline...Non nominarla....non avrebbe approvato il tuo cambiamento.
Le narici del Lancaster si dilatarono per la rabbia.
Lord Chandler non conosceva sua sorella, evidentemente.
Aedh...
L'uomo strinse nel proprio pugno una delle mani di Maria, che gemette di dolore.
Quando quel mostro se l'è portata via, quattordici anni fa, Eveline ha avuto la forza di salutarmi, cugina: "non ho paura di andare incontro alla morte" ha detto. "poiché so che sarai forte anche per loro. Li lascio nelle mani dell'uomo più forte di Theras; il futuro re della Terra dei Fiumi."

— Le ho promesso di rendere i nostri figli grandi, Maria.

Nessuno dei tre bambini faceva più caso all'odore di letame.

Athelstan strinse la mano di Raymond, che si morse le labbra per soffocare un singhiozzo.

Si guardarono negli occhi, e sebbene non parlarono mai di quel momento, colsero i pensieri l'uno dell'altro come i due emisferi di uno stesso cervello:

« Raymond, dobbiamo essere grandi. »

« Athelstan, sono io il mostro che l'ha uccisa. »

k3hQPky

Il rumore del vento ingoiò le proteste degli invitati, rigurgitandole con volume raddoppiato.
Nei freddi occhi di Athelstan vi era un cielo più limpido di quello che grattuggiava polvere sulle loro teste. Nel suo silenzio c'erano più parole che sulla bocca di Willem, che tuttavia fu l'unico a pronunciarsi:
Calmatevi, non... calmatevi! — incespicò tra le provocazioni — Questo ragazzo è stato incaricato da no... no, da Lord Athelstan di sovrintendere il processo! Egli è... il futuro alchimista della famiglia Lancaster, e ha tanto diritto di parlare quanto ne ho io.
Una menzogna bianca, che Verel sarebbe stato disposto a tollerare pur di calmare le acque. Almeno per il momento. Almeno così pensava.

Riprendo da dove ci eravamo interrotti:

« Aedh Lancaster,
sei accusato di aver amministrato in maniera incosciente il tesoro di Terra Grigia, imponendo un dazio esagerato sui feudi e impiegando i profitti della famiglia in infruttuose campagne di ribellione, condotte sulla linea del tradimento e della doppiezza. Di oltraggio e tradimento alla corona. Di sperpero di denaro e, non ultimo, di assassinio premeditato nei confronti della popolazione della Terra dei Fiumi e dei tuoi stessi consanguinei.
Come rispondi a queste accuse?
»

La soddisfazione di poter dare del tu ad Aedh rese Willem cieco e piacente, incapace di cogliere la bolla di tensione che s'era formata fra Athelstan e suo padre: L'intreccio dei loro sguardi delineava un confine invalicabile, quasi elettrico, intorno al quale si alzò un'aria umida e temporalesca che andò a spennellare di nero le nubi nel cielo, sotto la mano esperta di un vento crescente.
Aedh non disse nulla e il cielo si gonfiò di rabbia.
Athelstan non disse nulla e le nuvole rigurgitarono un tuono a ciel sereno, in lontananza.
Maturò l'impressione collettiva che un lampo pendesse sul cortile, pronto a cascare sulla bocca di chiunque avesse parlato prima dei due Lancaster.
Infine, dopo un minuto che parve un giorno, Athelstan ribatté:

Come rispondi a queste accuse?

Anni di esperienza avevano insegnato ad Aedh a utilizzare correttamente la propria voce. Respirava con il diaframma, usava il teschio come cassa di risonanza ed esacerbava i movimenti delle labbra, in modo che la chiarezza delle parole non venisse impoverita dai rumori di sottofondo.
Persino quando sussurrava, le sue parole strisciavano fino agli angoli più nascosti del cortile.
E quella volta non sussurrò affatto.

Non ho intenzione di rispondere. Sono colpevole e non rimpiango il mio comportamento. — eppure, mostrava ai giudici i denti ferali di un innocente castigato. — Accetterò il giudizio di mio figlio Athelstan qualunque esso sia.
Willem si lasciò scappare una considerazione confidenziale, pronunciata più a se stesso che al suo Lord, — M-ma... non ha intenzione di dirci perché? — e come da profezia, venne incenerito dalla lampeggiante tempesta nello sguardo del condannato.
Athelstan e Aedh potevano anche trovarsi sui lati opposti di un tracciato, ma su una cosa erano certi entrambi: non avrebbero lavato i panni sporchi in pubblico.
Non avrebbero ricordato della promessa fatta a Eveline.
Non avrebbero ricordato delle ultime parole di Ethelbert.
Non avrebbero ricordato Raymond.
Tutto ciò era già stato detto, in passato.
Fai ciò che devi, Athelstan. Dai a questi uomini ciò che vogliono. — un sussurro assordante maturato in settantadue ore di meditazioni, nella cella più buia di Terra Grigia. — Sei il mio più grande successo. Siamo orgogliosi dell'uomo che sei diventato.
Quando Athelstan spaccò le labbra secche per pronunciare la sentenza, vide sul patibolo i fantasmi di Eveline, Raymond ed Ethelbert, morti perché lui divenisse grande senza colpe. I gradini di una macabra scalinata di cadaveri, che continuava a calpestare. Non aveva il diritto di potersi fermare.
Aedh, in virtù del potere concessomi come Lord di Terra Grigia, io ti condanno a...

« RAYMOND LANCASTER È VIVO! »
fu un messaggero a gridare, appena giunto dalle porte principali del cortile.
ma lo fece con voce spezzata e confusa, quasi mormorando tra sé e sé, come se scendendo da cavallo avesse sbagliato l'atterraggio, fosse rotolato a terra, avesse bestemmiato Zoikar e tutti i Daimon, ripigliato in mano il cappello sporco di fango e stormito quella notizia che nel frattanto gli si era rotta nella caduta, sgonfiata, polverizzata.
« Raymond Lancaster... è vivo! »

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Lo sguardo furibondo di Aedh si trascinò dietro tutti gli altri, facendoli strisciare nella polvere.
Alle porte di Terra Grigia si intravedeva la figura di un uomo alto, vestito di stracci, con il corpo di una bambina sulle spalle. Puzzava come una carcassa e barcollava sulle gambe come una marionetta con un filo spezzato; nessuno osò mettersi davanti a lui.
R-raymond...?
La solita, timida e ovvia considerazione di maestro Willem, alla quale si unì la voce di Juniper.
Raymond!
Il tempo atmosferico negli occhi di Athelstan cambiò, passando da un terso cielo estivo a un uggioso pomeriggio autunnale. Si alzò dalla sedia.
Tutto nei movimenti di Raymond raccontava la storia di un moribondo, tranne i suoi occhi, a malapena visibili sotto il cappuccio.
Nel silenzio più totale il drago nero attraversò il cortile, mentre la folla si tagliava in due parti come sotto la lama di un coltello. Chiunque poté vedere il corpo di Leanne caricato sulle sue spalle, vittima di un sonno profondo.
Dopo un intero minuto di cammino raggiunse il fratello. Lo ignorò.

Maestro Willem, questa ragazza ha bisogno di cure urgenti.

Athelstan strinse i pugni e si morse le labbra. Quando Juniper cercò di sfiorargli il braccio, lui respinse quel gesto con uno schiaffo. Nei suoi occhi si stava combattendo una guerra.
In quelli di Aedh, invece, non c'era dubbio su come l'odio avesse già vinto.
TU! — quel tuono spaccò il cielo. — MALEDETTO MOSTRO! ORA TUTTO SI SPIEGA: È COLPA TUA, DELLA SVENTURA CHE PORTI CON TE, SE MI RITROVO QUI! TU DOVRESTI ESSERE MORTO!
Maestro Willem, per favore.
QUANTE ALTRE COSE SEI VENUTO A STRAPPARE ALLA NOSTRA FAMIGLIA? QUANTA ALTRA OMBRA CI GETTERAI ADDOSSO?!
Raymond mosse la spalla con poca agilità e caricò la bambina sulle braccia, allungandone il corpo in direzione del curatore. Quello scattò con la testa prima verso Aedh e poi verso Athelstan, per poi prendere la ragazza e paralizzarsi alla vista del viso del secondogenito, che finalmente poteva vedere da vicino.
Fa-farò il possibile, ma t-tu...?
Non preoccuparti per me.

Ray.
Uno spiffero di gelida indecisione.
Stan.

ERAVATE D'ACCORDO FIN DALL'INIZIO! SEI STATO RISPARMIATO PERCHÈ INSIEME POTESTE INSEDIARE LA MIA POSIZIONE, DUNQUE! PATRICIDI! DEMONI!

Come puoi...?
Non lo so. È una lunga storia.
...stai bene?

Raymond abbassò il cappuccio così che tutti potessero posare lo sguardo sulla metà mancante del suo volto, sulle ciocche di capelli che venivano strappate dal vento, sulla guancia forata, sui denti scomparsi, sul naso spaccato, sullo zigomo rotto, sull'occhio reso poltiglia, sul mignolo e sull'anulare strappati dalla mano destra, sulla carne del collo penzolante, sulle falangi annerite dalla cancrena, sul sopracciglio bruciato, sulla lingua ingrigita, sulle unghie staccatesi, sul mantello bucato, sugli stivali fradici, sui pezzi d'armatura che dondolavano cigolando, sulle bende ammuffite, sulla cintola vuota, sul mento graffiato, sulla carne aperta delle gambe, sulla lama ossidata della spada, sulle nubi nere d'abbandono che spiraleggiavano fra la sua voce e nei suoi occhi, sul'anima incenerita, sul frutto acerbo e denutrito dell'amore per la vita, sulla brace consumata e sul cielo impolverato che ormai tuonava incessante sopra le loro teste.

ZRB6yMb



Non al mio massimo, come puoi vedere.

k3hQPky

Messer Celio.
Lord Chandler.
Messer Celio!
Lord Chandler!
Per una volta, e questa volta soltanto, sono d'accordo con lei.
Guarda caso, anche per me questa volta soltanto, è lo stesso.

Il processo era stato interrotto. Aedh Lancaster era stato riportato nella sua cella - e dovettero farlo in quattro persone disorientate, per impedirgli di dibattersi e ingiuriare il secondo figlio - mentre Athelstan, Raymond, Willem e Juniper, con la misteriosa ragazza che il drago nero si era portato dietro, si erano ritirati nella sala comune del castello, lasciando tutti gli invitati con il becco all'asciutto. E a breve non sarebbe stato nemmeno all'asciutto, a giudicare dal gorgogliare affamato del cielo sopra di loro.
Il vento rischiò di portarsi via il bizzarro cappello di Celio Wetting-Nigel, come si era già portato via almeno duecentocinquanta persone, ancora più arrabbiate.

Non possono trattarci così!
No, affatto. Chi si credono di essere?
Ecco, chi? E noi dovremmo tornare a casa?
E ripartire con questo tempo?
E rimanere in viaggio per quanto?
O in questo cortile, per quanto?
È oltraggioso.
Offensivo.
Irrispettoso.
Insolente.
Celio guardò Chandler. Chandler guardò Celio.
Io dico di forzare il nostro accesso alla sala comune e pretendere che ci ascoltino, e che il Sovrano ci giudichi con magnanimità.
Io dico di ignorarli una volta per tutte e abbandonarli ai loro bisticci per sempre, e che il Sovrano li giudichi con severità.
Si odiavano.



CITAZIONE
Post molto lungo, chiedo perdono, ma sono tutte cose necessarie e che mi sono immaginato per anni, nei minimi dettagli, quindi è inevitabile :sese:

Il post si divide in tre parti: un flashback di vent'anni prima, l'arrivo di Raymond a Terra Grigia e ciò che ne consegue. La comparsa del drago nero sconvolge un po' tutti - la maggior parte della popolazione è convinta che sia morto sotto la spada di Athelstan, altri l'hanno visto massacrato dal suo Dio nell'Oneiron - ma ciò che disturba ancor di più gli invitati è la reazione di Athelstan, che non appena si trova davanti Raymond, interrompe il processo e manda a casa tutti, fregandosene del tragitto percorso, degli impegni presi, ecc. ecc.
Nel cortile restano Lord Chandler e Celio Wetting-Nigel, che si sentono particolarmente oltraggiati da quel comportamento (avendo progettato insieme ad Athelstan il processo sin dal giorno del banchetto di fuoco). Il primo propone di fare irruzione nella sala comune e costringere il Lancaster a prendere una decisione, di certo per assicurarsi anche che il matrimonio con Juniper non venga ritardato ulteriormente da queste incombenze. Il secondo, invece, propone di andarsene e lasciar marcire i Lancaster nel loro brodo: si sono dimostrati inadatti a comandare più volte, ed è ora che la gente della Roesfalda prenda in mano il proprio destino, rigettando i legami con una famiglia che non è in grado nemmeno di amministrare se stessa.

Ciò che voglio facciate ora è un giro in confronto, ma non preoccupatevi: non dovrete postare le decisioni prese, in seguito, poiché sarò io a farlo per voi.
Il giro in confronto sarà svolto tra i vostri personaggi - che sono rimasti nel cortile e possono risolvere le loro questioni in sospeso - più Celio e Chandler, manovrati da me. Avete 6 giorni di tempo per decidere come comportarvi, poi sarò io a postare - in un post da QM - le azioni decise in confronto, e a far proseguire la quest. Più sarete dettagliati sulle vostre azioni nel cortile, più saprò come manovrare i vostri personaggi nel prossimo post della quest.
Potete mettervi d'accordo per seguire Chandler, seguire Celio, dividervi in due gruppi o addirittura proporre altre soluzioni; a voi il gioco, insomma! È ora di decidere cosa fare di questi Lancaster!
Tenete a mente che la maggior parte degli invitati se ne sono andati (visto il temporale in arrivo) e nel cortile siete rimasti solo voi più i PnG noti. Quindi... sei giorni di confronto, e non esitate a fare domande, se le avete! A voi la tastiera :zxc:

PS: chi ha perso il giro di presentazione può tranquillamente recuperarlo in questi sei giorni, postando anche ignorando l'arrivo di Raymond, visto il giro di quest "vuoto" per quanto riguarda i post dei partecipanti.


Edited by Ray~ - 22/5/2016, 19:01
 
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K i t a *
view post Posted on 26/5/2016, 16:50




LA CROCIATA DEL TRADITORE
TERRA BRUCIATA

kLux6po



Tornare nell’ultimo posto in cui vorresti stare.

C a s a.

Così presto,
con quegli odori che
ti t r a v o l g o n o
violenti come uno schiaffo
a n n e b b i a n o la vista
t a g l i a n o il respiro.

I r i c o r d i
ferite aperte
speri possano
p r e s t o
diventare
c i c a t r i c i.

Quella è casa,
la tua casa.
E non ti sei mai sentita
più estranea.


TERRA GRIGIA (SALA COMUNE)


Che particolare senso dell’umorismo ha il fato.
Solo poche settimane prima quell'uomo la osservava dall’alto,
mentre lei, privata di ogni cosa, attendeva si compisse il suo giudizio;
adesso, invece, era lei a fissare lui:
avvolto in poveri stracci, sostava sul patibolo messo su per quella situazione straordinaria, aspettando l’inizio di un processo che lo vedeva come imputato.
Non riusciva a capacitarsi di tanta assurdità.
Aedh Lancaster, il re della sua casata, giudicato in pubblica piazza come il più povero dei contadini.
Solo un evento di simile portata avrebbe potuto spingerla a fare ritorno a Terra Grigia.

Circa trecento persone la circondavano, permettendole di mimetizzarsi senza troppi artefici.
Un manto scuro, dall’aspetto anonimo, le avvolgeva il corpo, vestito da un abito di buona fattura, ma non abbastanza sfarzoso da attirare l’attenzione.
Lo aveva dovuto rubare, come una ladruncola di strada, per poter indossare qualcosa che non la facesse sembrare fuori luogo tra i nobilotti della Roesfalda, ma che non rischiasse di far saltare la sua già delicata copertura.
Quante altre volte il suo orgoglio doveva esser mutilato?
Il cappuccio nascondeva i lunghi capelli biondi e parte del viso dagli sguardi dei curiosi.
A un’occhiata distratta sembrava una giovane nobildonna, in compagnia della sua figliola, venuta ad assistere all’avvenimento più sensazionale degli ultimi tempi.
Così mimetizzata tra la folla, poteva osservare senza preoccupazioni i volti di suo zio e suo cugino, i veri protagonisti della scena.
Era soprattutto Athelstan ad attirare la sua curiosità, anche se vedere Aedh tanto umiliato, le dava un appagamento innegabile. Eppure, suo cugino, e il ruolo in cui lo vedeva oggi, rubava le soddisfacenti attenzioni per lo zio, portandola a concentrarsi su di lui.

Non riusciva a credere si fosse rivoltato contro suo padre.
Certo, non poteva dire di conoscerlo tanto bene quanto aveva conosciuto Raymond.
Athelstan non le aveva mai riservato tante attenzioni, mentre Ray le teneva spesso compagnia, insegnandole cose non adatte alla conoscenza di una signorina, ma non resisteva alle sue suppliche. Probabilmente gli piaceva vedere quella bambina così attenta e concentrata, che provava un affetto e un’ammirazione genuina nei suoi confronti.
Suo padre non tollerava che trascorresse il suo tempo con Raymond.
Tutti, a Terra Grigia, lo svalutavano, relegandolo costantemente in secondo piano, chino dietro l’ombra del suo perfetto fratello.
Quanto sarebbe piaciuto a Edwyn maritare sua figlia con il nipote. Quante volte lo aveva ripetuto ad Aedh, che in quel modo avrebbero realmente preservato la stirpe dei Lancaster, generando guerrieri ancora più straordinari. Ma il fratello non lo aveva mai ascoltato: aveva ben altri piani per suo figlio.

Ryellia intravide Juniper poco lontana dal palco, anche lei in attesa dell’inizio del processo.
Era la promessa di Athelstan fin dalla tenera età, eppure non si erano ancora sposati; si chiedeva quanto la cosa dipendesse dallo zio o da suo cugino. Per quanto Athelstan non fosse solito mostrare i suoi sentimenti, era persuasa dall’idea che le fosse sinceramente affezionato.
Seguì i movimenti della donna con lo sguardo, mentre lei andava a sedersi nella sedia vuota accanto al suo promesso.
Questo, dopo pochi secondi, si alzò, e preso un respiro, declamò con tono solenne:
«Iniziamo elencando la lista dei peccati da te compiuti, Aedh Lancaster».

Che si apra il sipario.


kLux6po

 
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view post Posted on 27/5/2016, 15:34
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Aedh Lancaster
nel corpo di un vecchio

— terra bruciata —

Quindi quel cadavere trascinato, quel vagabondo smozzicato, quel lordo predone... era il celebre Raymond Lancaster di cui parlano tutti quanti? Il drago scuro? M a h. Dicono che fosse tanto d'ispirazione... eppure l'unica cosa che mi ha suscitato è stata un bel conato di vomito, presentandosi così.
Ne so quanto te; per me avrebbe potuto arrivare anche il Re che non perde mai in persona e non l'avrei riconosciuto lo stesso. Ho iniziato a lavorare qui anni dopo il suo esilio, quindi so soltanto che il suo nome era abbastanza per far recitare interminabili encicliche a tutte le balie, e guai a te a nominarlo davanti ai Lancaster! Musi lunghi come quelli di un cavallo. Certo, se voleva attirare l'attenzione c'è riuscito presentandosi con la faccia mezza grattugiata.
Per un attimo ho temuto che cascasse lungo disteso al centro del cortile, lui e la bambina.
E dire che Lord Athelstan aveva quella stramaledettissima sentenza che gli penzolava giù dalle labbra, ormai. Quante probabilità c'erano che suo fratello apparisse in quell'esatto momento a rovinare tutto?
Magari l'ha fatto apposta.
...questa famiglia, ah.

Aedh veniva spinto lungo il corridoio dalla difforme onda di uno zotico pettegolezzo. Fingeva che le sue membra non fossero scosse dalla tempesta che gli saettava dietro agli occhi e fra le orecchie, lampeggiando su quei dati che ripeteva rumoreggiando fra sé e sé:

le stesse guardie dell'altra volta.
le chiavi che penzolano alla cintola di quella di destra.
raymond.
siamo appena passati davanti alla stalla di raab.
chiacchierano. di raymond.
aria umida. si sta avvicinando un temporale.
dietro l'angolo dovremmo incrociare lo stalliere.
il pomo nella schiena, ogni trenta secondi.
e raymond?
sono distratti. fra poco. l'altra volta non mi sono ribellato.
siamo già nelle prigioni.
raymond, raymond.
un colpo al plesso solare coi ceppi. spaccare lo stinco dell'altro.
raymond.
prendere la spada.
raymond.
Mentre il cielo che aveva in testa tuonava il nome assordante del figlio, le sue carni si fecero di pietra.
La guardia avvicinò l'impugnatura della spada alle sue scapole, come aveva già fatto decine di volte.
Speriamo che ci aprano, almeno. Se pensano che me ne starò fuori a infradiciarmi come un cane abbandonato, allo-
Aedh si chinò all'improvviso e si girò su se stesso, costringendo il suo avversario a spendere un secondo di troppo per realizzare ciò che stava accadendo. Sfruttò la rotazione del corpo per schiantargli l'angolo dei ceppi contro il torace, trasformando la sua esclamazione stralunata nello sbuffo di un sacco di farina gettato a terra. La spada tintinnò ai piedi del Lancaster.
L'altro riuscì appena a mettere mano alle armi, prima che Aedh gli pestasse un piede sulla tibia. Un sonoro crack. Poi le grida.
Aaaarrgh!
Ora doveva solo... anf...
Fermo!
La prima guardia gli ruzzolò addosso non appena riuscì a stringere le dita sull'elsa, franando a terra con lui. La lama tintinnò lontana da entrambi.
Prendi quel bastardo, Yorgh! Aagh!
L'altro si teneva la gamba, sdraiato su un fianco. Non si sarebbe rialzato.
Yorgh era su di lui.
Maledetto...
Lo vide stringergli le spalle e si abbassò di nuovo. Quello perse l'equilibrio.
L'avrebbe ammazzato con lo stesso trucco.
Lo superò con la testa e gli passò sotto un braccio, facendosi piccolo come un topo. Quindi picchiò col gomito contro la sua nuca, spingendolo contro il muro.
Un altro sonoro crack. Un primo disgustoso squish. Yorgh si accasciò a terra, con il viso spaccato contro la pietra.
Yorgh!
Aedh ansimò.
Prese la spada.
No, ti prego, io...
Un inquietante stab.
Poi il silenzio.

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La vecchiaia gli accartocciava il petto e giocava a bocce con le sue pupille. Sentì un rivolo di sudore freddo colargli lungo la tempia, e le ossa che aveva urtato nella colluttazione lamentarsi tutte insieme. Barcollò e poggiò una spalla contro la porta di una cella.
Le voci dei prigionieri lo raggiunsero da dietro lo schermo del suo ansimare.
Spettacolare, Lord Aedh. Un'esecuzione quasi perfetta. Una vera e propria prodezza, per un uomo della sua età.
Avrebbe dovuto prendere la spada girandosi. Certo, coi ceppi non è facile, ma io ci sarei riuscito. Una volta ho dovuto ammazzare un pugno di elfi che mi avevano attaccato mentre ero imbacuccato nel sacco a dormire, e lì...
Benedetti Vargar, chiunque ci sarebbe riuscito. Quei due non si sarebbero accorti di un gigante nemmeno se gli fosse rotolato davanti al naso, trascinandosi giù tutta la scarpata.

Aedh ci mise cinque secondi a sollevare lo sguardo.
Dieci prigionieri lo fissavano da dietro le finestrelle delle loro prigioni, divertiti dal suo fiato affettato.

Voi siete... i guerrieri Van...
I condannati rumoreggiarono con aria compiaciuta.
Ciò che ne è rimasto. — una donna grossa come un orso indicò una cella all'inizio del corridoio. — Quel povero bastardo di Frey ha urlato qualcosa sul non volersi far appendere come un fico dalle mani di un Dortaniano, stanotte, poi lo abbiamo sentito cigolare.
Pensavo... vi avessero già ammazzati.
Curiosamente qui si pensava la stessa cosa di lei, lord Aedh.

Le chiavi della prigione scintillarono dalla cintola della guardia morta.
Ricordate ancora... il vostro giuramento?
Quelli spaccarono le labbra in un sorriso, come un branco di lupi che mostra i denti.

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Athelstan Lancaster
e un blasfemo

— terra bruciata —

Raymond Lancaster masticava con poca energia da dietro un piatto di legno con polenta e merluzzo, come se lo avessero obbligato a mangiare contro la sua volontà. Teneva la bocca aperta e schiacciava coi denti cibo e domande della stessa consistenza, facendo tintinnare le posate. Athelstan stava in piedi e gli dava le spalle, all'altro capo di una tavola lunga una decina di metri, con accanto Juniper. Paralizzato dall'incredulità, si stava costruendo una mappa mentale che lo aiutasse a trovare il percorso migliore per instaurare una conversazione con suo fratello. A loro si era unita la cugina Ryellia, che si era scontrata con quel silenzio come avrebbe fatto con un muro di mattoni. A intervalli regolari ciascuno di loro prendeva il fiato per parlare, perdeva il coraggio di farlo e alimentava quella cappa di sconfortante mutismo. Sebbene fossero solamente in quattro, la sala comune sembrava piena da scoppiare. Il camino acceso lanciava ombre gonfie di cenere sui loro visi, crepitando minaccioso e spazientito.
Fu maestro Willem a spezzare la quiete, falciandola con il tonfo sordo delle porte che sbattevano.
Le condizioni della bambina sono stabili... — disse in un sospiro, rimanendo sull'uscio. — ...ma non ho idea di che cosa la affligga. È come se la sua mente fosse intrappolata in un incubo che le impedisce di svegliarsi.
Raymond poggiò le posate e si pulì le labbra, evitando accuratamente di toccare la metà del viso spaccata. Persino il contatto con un tovagliolo gli doleva terribilmente.
Allora non ha senso che io rimanga. Grazie comunque, maestro Willem.
Athelstan trovo il coraggio di scivolare su quella conversazione, ma non quello di guardare negli occhi il fratello.
Raymond. — strinse rumorosamente le dita tra loro. — Chi è quella bambina?
Quello si stava già alzando.
La figlia del mio migliore amico. È una storia lunga.
Fu Juniper la successiva a precipitare nel discorso.
Beh, a noi piacerebbe sentirla! Dove sei stato fino a oggi? Qui tutti ti credevamo... morto.
A me non fa piacere raccontarla.
Raymond, per favore...

7ewwTYT

Un sospiro stanco strisciò a terra.
...l'ho conosciuta a Lithien. È lì che mi sono rifugiato per un po' di tempo, sebbene le circostanze mi impediscano di tornarci. Questo era il luogo più vicino dove conoscessi un guaritore. — la luce del camino rivelò il suo corpo grigio, magro e consumato, appena nascosto da una maglia di lino. Sembrava uno spaventapasseri. — Non sono tornato per una visita di piacere.
Ma le tue ferite...
La voce di Raymond si ispessì.
Adesso ti preoccupi per me, fratello?
Ray...
Voglio tranquillizzarti.
Senza alcun preavviso, il drago nero prese i lembi della blusa e iniziò a togliersela.
Le cicatrici che coprivano Raymond erano più di cento, di tutte le forme e dimensioni. A partire dalla faccia strappata, le braccia mostravano i segni di quattro fratture scomposte e le mani erano inquinate dal nero della cancrena. La spalla sinistra sembrava essersi aperta ed essere stata ricucita più volte. Un'intera fetta di ventre mancava, come il fianco di una montagna franata. Due costole fuoriuscivano da sotto l'ascella destra, come minacciose corna mostruose che avevano scavato e graffiato nel suo braccio, a furia di scontrarcisi. I tendini del collo erano strappati e penzolavano da una ferita non rimarginata. Il torace era difforme, ricoperto di crateri come la superficie della luna. Era stato il veleno dei ragni di Shahryar a provocargli la maggior parte di quelle ferite, sciogliendo la sua carne e facendola marcire per tutti i tre giorni che avevano seguito il loro combattimento. Nessuno avrebbe potuto sopravvivere a un tale decadimento.
Eppure Raymond sembrava più vivo che mai.
Juniper e Willem si portarono le mani alle labbra, sconcertati. Lui indicò una grossa cicatrice all'altezza del cuore, provocata da una vecchia ferita che doveva averlo trapassato fino alla schiena.
Questo è il segno che mi hai lasciato tu.
Reindossò la maglia con lentezza magistrale.
Niente di tutto il resto è colpa tua. Non direttamente, almeno.
Athelstan si irrigidì e il fuoco del camino sembrò crepitare con più vigore, esplodendo fra le sue giustificazioni.
È stato Aedh a dare l'ordine di ucciderti. Non sono stato io a volerlo.
Ciò nonostante, immagino che la sua sedia sia la più comoda su cui tu abbia poggiato le chiappe.
Lo scranno gemeva vuoto a meno di un metro di distanza da Athelstan.
Io ho soltanto obbedito a ciò che mi era stato chiesto, Raymond! E come ti dissi quel giorno, non fui felice di farlo.
E io ho disobbedito, come sempre! Nemmeno la morte è riuscita a strapparmi da questa atroce famiglia, che si inventerebbe qualsiasi stronzata pur di giustificare le sue azioni! — Raymond picchiò un pugno sul tavolo. — Se pensi che sia venuto qui per sentire altre cazzate uscire dalla tua bocca allora sbagli di grosso, Stan.
Juniper saltava con lo sguardo da uno all'altro, e con la mente cercava un modo per evitare che i due si scontrassero. Non era così che aveva immaginato una loro ipotetica rimpatriata. Non fra le urla, le giustificazioni e il risentimento. Ancora li immaginava come quando erano bambini, a nascondersi fra le camere di Terra Grigia e sfuggire alla voce imperiosa di Aedh, per farsi leggere favole sui draghi e sognare il giorno del matrimonio fra lei e Athelstan. Le cose erano cambiate, ma nei suoi ricordi erano ancora legati, amici, fratelli che vivevano avventure di fantasia, nascondendosi nel letame di drago. Le uniche occasioni in cui li vedeva scontrarsi erano quelle in cui impugnavano le loro spade giocattolo e se le davano di santa ragione, ridendo come bambini.
...le spade!
Il giorno del banchetto di fuoco, Athelstan gliele aveva mostrate. Erano nascoste in un barile nel cortile, nell'angolo a ovest.
Se le avessero viste, forse...
Scusatemi!
Juniper interrompe la discussione dei due fratelli con un sorriso e senza spiegazioni. Fece un inchino e corse fuori dalla sala, tenendo la gonna alta per non inciampare.

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Delle duecentottanta persone arrabbiate, nel cortile ne era rimasto solo un pugno confuso. Sei erano entrate nel castello, nove erano rimaste ferme, e le altre duecentosessantacinque si erano allontanate al primo gorgogliare delle nubi, tremendamente offese. Non che Celio e Chandler non lo fossero.
A interrompere il loro battibecco fu Stig. Un viandante dalle fattezze draconiche che si era ritrovato a Terra Grigia quasi per caso, come tappa per il suo viaggio verso nord.
Ma quello chi era?
In ritardo sugli avvenimenti, forse, ma perfettamente in orario per attirare l'attenzione dei due litiganti. Rispose Lord Chandler:
Come, chi era? Raymond Lancaster, il secondogenito di Aedh! Il Lord è stato condannato anche per il suo assassinio: è stato proprio Athelstan a muovere la mano che l'ha ucciso!
E Celio, dietro di lui:
Solo che apparentemente non è così morto come si diceva.
L'arrivo di Raymond aveva calamitato l'attenzione di tutti, che lo conoscessero o meno, lasciando serpeggiare dubbi e curiosità. Alcuni provarono addirittura una naturale simpatia verso il suo portamento chino, figlia di comprensione e pietà. Soltanto uno, però, si sentì più legato ad Aedh che al figlio.
Njorth, il rappresentante dei guerrieri Van che avrebbero dovuto processare in seguito, aveva scagliato al drago nero lo stesso sguardo del padre, persino accennando con le labbra le medesime parole. Si era interrotto subito, ma quell'inspiegabile sensazione di odio profondo non l'aveva abbandonato, mutando in una rabbia senza obiettivo che lo rese inquieto. Il cielo rombava sopra di lui quanto dentro di lui, lampeggiando follie che si affacciavano sulla sua mente irata: quanto sarebbe stato pericoloso andare a liberare i suoi fratelli? Lo avrebbero notato, impegnati com'erano a risolvere i loro drammi familiari?
La figura dell'alchimista balenò ai suoi occhi. Quello l'avrebbe notato di sicuro. Ma se l'avesse ucciso lì, davanti agli altri, come un animale, quanti avrebbero avuto il coraggio di fermarlo?
Aveva già sollevato le braccia, quando si accorse dell'atrocità dei suoi pensieri. La follia di Aedh si era impadronita di lui, germogliando su quella parte di sangue che discendeva dall'Oneiron e coltivando quella rabbia. Chiuse le dita rincagnate e tornò in se stesso, mentre Ryellia Lancaster lasciava il gruppo e si dirigeva nella sala comune, dove sarebbe stata accolta dal silenzio.
Raggiunse il bersaglio del suo odio, che sembrava attendere con pazienza quel momento.
Njorthr Fryjhildson, della casa di Van. — il guerriero in qualche modo non era nuovo a Verel, che ne percepì l'ostilità e si mise ritto come un fuso. — Vorrei sapere, se mi è permesso, dove sono le altre guardie di Lord Aedh. Nelle segrete ne ho trovate meno di venti...
Per quanto ne so io, molti di loro sono stati perdonati e rilasciati. Solo i più sanguinari e quelli che si ostinano a difendere Aedh sono ancora nelle segrete. — fu la risposta sostenuta. — Se ce ne sono altri, certamente Maestro Willem o Lord Athelstan lo sapranno. Ma ora è meglio attendere che finiscano la loro riunione di famiglia, immagino. Aspetterete qui?
Sapeva bene chi fosse Njorth, ma non sapeva come trattarlo. Optò per un approccio educato e cortese, com'era sua abitudine.
Mi sono scordato di presentarmi, perdonatemi. Verel Orlànd è il mio nome, possibile futuro alchimista della casa.
Un respiro profondo.
Sì, aspetterò.
Un volto contratto.

A poca distanza da loro si trovava Alexander Chorster Uradel, il cavaliere che era intervenuto durante il processo. L'interruzione del processo l'aveva lasciato smarrito, e il biondo Van aveva raggiunto Verel prima che ci riuscisse lui, frapponendosi fra la sua occhiata severa e l'alchimista. Nel suo occhio sano - l'altro era di vetro - imperversava una tempesta di rabbia repressa, di certo dovuta a quella lunga serie di sfortunati eventi.
Quando parlò lo fece con la lingua del nord, per provocare il mercenario.
Constato, con una certa sorpresa, che i codardi portano ancora l'ascia e lo scudo.
Uradel. — replicò granitico l'altro, ricordando la presentazione fatta durante il processo. — Conoscevo un Uradel, un tempo.conoscevo. un tempo....capaci solo a sgranare rosari e mungere vacche.
Uradel minori, allora. — per entrambi quella era l'occasione di sfogare la rabbia temporalesca che andavano maturando, e nonostante Alexander avesse abbandonato la famiglia in tenera età, non avrebbe lasciato che altri ne infangassero il nome. — Altrimenti conosceresti la nostra abilità con la lama.
E così dicendo portò la mano all'elsa, tenendosi pronto a reagire.
L'hanno conosciuta le scapole Ludwig Uradel, da quanto mi è stato detto. — pausa ad effetto. Un leggero incupirsi. Il cielo che mormora e manda qualche goccia. — Condividemmo dell'idromele. Ho visitato la sua tomba sei mesi fa. Mi hanno detto che è stato un suo cugino, magari lo conosci.
Ludwig Uradel era un grande cavaliere. — un Cavaliere d'Alabastro. Maestro di scherma di Alexander. — La sua morte mi ha molto addolorato.
Cosa porta un cavaliere anahmid a Terra Grigia? ...oltre a ripetere le solite vecchie accuse, intendo.
I miei affari non ti riguardano. E non sono accuse infondate, tu lo sai bene. Avevamo bisogno di voi! Se non fosse stato per...
Hai ragione, i tuoi affari non mi riguardano. Ed è vero, avevate bisogno di noi. Sarebbe bastato un corriere con una lettera sigillata per farci risalire le montagne dall'Ystfalda, e la stessa cosa avrebbero fatto i Van in Roesfalda. Noatun vi avrebbe mandato un esercito intero da nord...cazzate....se solo avesse voluto.
Le vostre erano futili motivazioni, Van. Hai altre domande?
Nessuna domanda.

Strana cosa come fra due caratteri così lunatici possa nascere un legame. Un filo bagnato in un catrame rancoroso, che tesse la trama di una guerra contro i barbari fatta di onore, sangue, promesse infrante e miseri risultati. Njorth e Alexander si incontrarono proprio a metà, dove stavano in equilibrio i se e gli avrei dovuto, a piegare la corda dei ricordi senza spezzarla.
Poco distante da loro c'era Odette, una bambina che stava nel cortile come un attizzatoio in una rastrelliera di spade, ma che nascondeva molto più di quanto non suggerisse lo sguardo. Si era presentata come la figlia di Ryellia, ma anche questa era una bugia. Nessuno dei presenti poteva immaginare la sua natura vampiresca, né che fosse l'unica ad aver combattuto fianco a fianco con Raymond Lancaster nell'Oneiron. In effetti, aveva più diritto di molti di loro di essere lì, ma esercitò tale privilegio col solo scopo di agitare il proprio divertimento:
Perchè siete vestito come un arlecchino, monsieur Uradel?
La proverbiale goccia che fa traboccare il vaso, o spezzare il filo, in questo caso.
LO VUOI SAPERE? — con un movimento sinuoso, Alexander estrasse una lama incrostata di fango e sangue. — SONO STANCO DI QUESTE DOMANDE.
Ma fu solo un momento.
Il cielo tuonò in lontananza. Tutto il cortile si paralizzò. Un rantolo passò attraverso l'elmo del cavaliere. Poi la spada venne rinfoderata.
Perdonatemi, sono solo stanco per il viaggio.
Odette non si lasciò sfuggire l'occasione di recitare la sua parte, e finse di scoppiare a piangere.
Non sei un cavaliere, loro non fanno queste cose! — piagnucolò precipitandosi da Verel. — Sei solo un brigante che deruba gli altri di ciò che non vi appartiene!
Ora basta, stai buona, per Dio! — sbuffò l'alchimista, provato da tutta quella confusione. — Perdonatela, Ser Uradel. È solo una bambina spaventata e quasi certamente sperduta. Non badate a lei.
Se la piccola vuole morire, dovresti rispettare il suo desiderio! — intervenne l'ennesima figura. Raell, un altro vampiro; una razza che, evidentemente, traeva godimento dal divertirsi alle spalle altrui.
Ser, non siate un imbecille, vi prego. È solo una bambina.
Difendevo solo il libero arbitrio altrui, mio giovane amico.

A spezzare quel delirio una volta per tutte fu un lampo e il successivo tuono. Piccole gocce d'acqua iniziarono a cadere a terra, una dopo l'altra, spingendo Stig - che per primo era intervenuto e per ultimo l'avrebbe fatto - a rivolgersi a Celio.
Sono pienamente d'accordo con te. È meglio ignorarli, che si ammazzino tra loro e siano gli Dei a giudicare.
E allora andiamocene da questo indegno castello! La Roesfalda non ha bisogno di nessuno che la comandi, e men che meno di una famiglia di pazzi. Racconteremo ciò che è successo, e seguiremo l'esempio di Ladeca. Lì sì che hanno dato un grande esempio di civiltà, porcaccia zozza laida e ladra!
Ma sì, certo, come a Ladeca. Perché va alla grande, Ladeca. Athelstan è una persona di senno e non gli negherò il mio consenso, a costo di farmi forza nella sala comune.

Il gruppo si divise.
Alexander, Stig e Raell abbandonarono il cortile con Celio e decisero di accompagnarlo, almeno fino alla locanda più vicina. Verel, Odette, Njorth e Montu - che fino a quel momento era rimasto in silenzio - si misero con Lord Chandler, invece, a bussare alle porte del castello.
Quando Juniper arrivò nel cortile, fu accolta dall'espressione furibonda di suo padre e dalla lenta pioggia che prevede un acquazzone.
Juniper! Figliola! Come stai? — iniziò Lord Chandler, correggendosi immediatamente. — Qui fuori se ne sono andati tutti ed è il delirio. Fra poco arriverà un temporale! Cosa state aspettando a farci entrare nella sala comune?
Padre... — La ragazza si era completamente dimenticata della sua esistenza. — Mi dispiace... l'arrivo di Raymond ha sconvolto tutti quanti. Entrate pure... Athelstan sarà felice di ricevervi. Vi raggiungerò subito.
Il borbottio di Lord Chandler riecheggiò per il corridoio, insieme al suono dei suoi passi: non si tratta... futuro suocero... ma io... ah, cosa non si fa... oltraggio...

Juniper rimase sola nel cortile.
Scese le scale a passi brevi, e la pioggia iniziò a bagnarle il capo. Non le importava.
Bagnò le costose scarpe nel fango. Non le importava.
Raggiunse il barile nell'angolo ovest e lo aprì. Le spade giocattolo erano ancora lì.
Le prese tra le mani, riempiendosi di tenerezza nello scoprirle lunghe appena quanto il suo avambraccio.
Era sicura che quelle avrebbero fatto riappacificare i fratelli. Sarebbe stato sufficiente ricordare loro quanto erano legati da bambini. Di sicuro. E tutto sarebbe tornato alla normalità. Lei e Athelstan si sarebbero sposati, e Raymond e Ryellia sarebbero stati i loro testimoni. A un anno da quel giorno ne avrebbero parlato ridendo davanti a una tazza di tè, spettegolando sul nome da dare ai figli in arrivo, e la Roesfalda sarebbe divenuta il territorio più ricco del Dortan. Ne era certa.

plic.
plic.
plic.


Il rumore della pioggia le impedì di distinguere il suono dei passi, finché non li sentì proprio dietro di sé.
Voltandosi vide una ragazza poco più giovane di lei, o almeno così credette. Aveva gli occhi privi di iride, dalla sclera completamente nera. Era asciutta come se la pioggia evaporasse al contatto con la sua pelle. I capelli avevano il colore del fuoco, ed erano venati da una sfumatura bianca come la neve.
Il cielo tuonò. Juniper rabbrividì. Era paralizzata da un terrore che non aveva mai provato in vita sua.
Un lampo illuminò le labbra della sconosciuta.
Le parole divorarono la tempesta.

principessa, non aver paura. questa è la casa dei lancaster, vero?

7FHF88L

sto cercando mia nipote. l'hai vista?


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Non conosco la Roesfalda bene quanto il Nord. Sono certo che anche qui vi siano delle falle in alcuni sistemi, ma le Vostre proposte non porterebbero il Dortan ad una sorta di guerra civile? Le rivoluzioni spesso sono violente e devono poi essere sedate dai militari.
Ma le rivoluzioni a volte sono necessarie, mio caro. Questa è una triste e scomoda verità, non crede?
Triste e scomoda verità, sì. Per gli innocenti che muoiono nelle piazze e davanti ai palazzi. Lei ha mai combattuto una guerra, Messer Celio? Si è mai ritrovato in mano il cranio sfasciato di un compagno d'arme che Ha provato a difendere con ogni briciola di energia, ogni respiro, ogni muscolo del corpo? Mi creda: non vorrebbe vedere alcuna rivoluzione.
Uh, io... credo che rifletterò in silenzio, ora.
Il punto non è neppure questo. Vedete, se quelle morti poi servissero veramente a cambiare qualcosa allora potremmo pure considerarlo un sacrificio necessario. Ma le rivoluzioni sono fatte dagli uomini e gli uomini vogliono più o meno tutti la stessa cosa. Non ho mai visto una rivoluzione portare beneficio al popolo, è questa la triste e scomoda verità. Purtroppo così va il mondo; non lo cambierò io e di certo non lo cambierete voi. E se qualcuno afferma il contrario, beh, quella persona è uno sprovveduto o un truffatore.
E che cos'è che vorrebbero gli uomini, secondo lei, mio caro?
Soldi? Potere? Non sto dicendo che non esistano uomini dediti a nobili ideali; dico solo che alla fine dei conti a guadagnare da questi bagni di sangue è sempre qualche bastardo.
Ehi, io ho sempre condotto affari onesti! Credo solo che tutti gli abitanti della Roesfalda potrebbero guadagnare qualcosa in più da un'amministrazione meno insolente, ecco.
Non volevo certo giudicare un caso concreto... volevo solo far notare che la maggior parte delle volte in cui qualcuno ha promesso cose simili, poi il popolo ne ha sempre sofferto. A dispetto delle mie parole io sarei il primo a desiderare che tutto questo cambi, solo non credo che una rivoluzione possa essere utile nel lungo periodo. Sostituire un male a un altro non serve a nulla.
Ma certo, io non è che... Non è che volessi proprio una rivoluzione. Solo un comune piccolo, indipendente... poi magari gli altri si adegueranno e lo imiteranno. Non è che non possano rifiutare la protezione dei Lancaster, in fondo. In tutta onestà la Terra dei Fiumi non mi sembra così pericolosa da dover avere un cane da guardia così egocentrico, ecco.

Celio, Alexander, Stig e Raell avevano preso quattro cavalli - gentilmente offerti dalle ricchezze del borghese - e si trovavano ormai a mezz'ora di trotto dal castello, la cui ombra troneggiava sul paesaggio in lontananza. La pioggia era iniziata a cadere da qualche minuto, cogliendoli impreparati, dunque decisero di fare una piccola deviazione. La strada principale li avrebbe lasciati scoperti alle intemperie e agli attacchi dei banditi, ma Celio conosceva un percorso che correva al margine tra i campi e le foreste, leggermente più riparato.
Non erano stati gli unici, però, ad aver avuto questa idea.

Mentre procedevano in silenzio, li raggiunse il suono crepitante di un falò e la voce preoccupata di un uomo.
È sicuro che quel coso non ci attaccherà tutti, lord Aedh?
Dalla foresta proveniva la luce intermittente di un bivacco. Celio e il gruppo si fermarono.

Non è che mi senta proprio sicuro con una bestia del genere ad annusare quello che c'è nel mio piatto mentre sto mangiando. — il guerriero Van allontanò la ciotola il più possibile da Raab, che sonnecchiava accanto ad Aedh. — Anche se Sigurth dice che non sono così pericolosi come sembra, ecco.
Ehi, io non ho detto proprio niente.
L'altro Sigurth.
Raab è perfettamente ammaestrato. — la voce di Aedh era un lampo d'autorità nella loro caoticità mercenaria. — E avevo bisogno di una garanzia più credibile delle vostre parole.
Ah... così ci offende, lord Aedh. — intervenne un altro, gettando un fascio di rami umidi nel falò, che alzò un sacco di fumo. — Quando un Van presta giuramento, non è così cane da mancargli di parola.
Vi ho già liberati dal giuramento. Ho solo bisogno che mi facciate compagnia fino al confine, poi potrete tornarvene da dove siete venuti. Mi avete servito bene.
Ma Lord Aedh, una curiosità... — intervenne Suthri, meno intimorito dagli altri dal drago serpente, e più curioso. — Se non ci teneva a morire, perché non è scappato la prima volta? Ha rischiato grosso, ad aspettare fino al giorno del processo. Abbiamo rischiato tutti.

Le cose sono cambiate.

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Non posso morire lasciando quel mostro di mio figlio in vita.

Il Rosso e Sigis parlarono masticando, per nulla spaventati dal tono funereo del Lancaster.
Ah... Raymond, giusto? Ma non l'aveva già fatto uccidere una volta?
E che cos'ha mai fatto di così terribile? Ascolti me: lo lasci perdere e si faccia una nuova vita. Non è mai troppo tardi per ricominciare.
Non posso.

Ci fu un lungo silenzio, scandito dal crepitio della fiamma.
Quindi Lord Aedh continuò. Forse furono i vestiti da straccione, o la pioggia, o la fuga, o la compagnia mercenaria a metterlo nella condizione di rivelare, per la prima volta nella sua vita, quel segreto. Nessuno al mondo era a conoscenza di ciò che stava per raccontare: una storia che aveva tenuto dentro di sé per trentatré anni della sua lunga vita.

Pochi giorni prima della nascita di Raymond, feci un sogno. Terra Grigia, la mia casa, consumata dalla fiamme, e io incapace di spegnerle. Il fuoco ne lambiva la pietra, divorandone gli arazzi e facendone crollare tutte le stanze, fino a lasciarne una montagna di cenere. Feci quell'incubo sette volte in sette notti. Ne parlai persino a maestro Willem, che tuttavia si limitò a consigliarmi l'utilizzo della valeriana per garantirmi un sonno più tranquillo.
L'ottava notte il sogno arrivò come al solito. Io cercavo di spegnere le fiamme, ma ero costretto a fuggire per non rimanerne divorato, e i miei vestiti bruciavano nel tentativo. Solo che quella notte mi raggiunse una seconda visione.

Zoikar.

Il Daimon mi si presentò come un colossale uomo triclope, avvolto in un mantello nero. Ricordo perfettamente le sue parole:
"il figlio nel grembo di Eveline è la causa di tutto questo." disse. "la prima vittima che cadrà per colpa sua sarà l'anima innocente della tua adorata moglie. dopo molti anni egli tornerà a reclamare la sua casa e la tua vita. infine si prenderà quella di tutta Theras."

"devi fermarlo."


All'inizio non voletti credere a quelle parole. Poi, poche ore dopo la nascita di Raymond, Eveline morì a causa delle complicazioni del parto.


Santa merda! — lo interruppe Vinello. — Io avrei ammazzato il piccolo nella culla.
Non dire scemenze, Vinello! È pur sempre un lord, e...

È esattamente ciò che ho fatto. — un inquietante momento di silenzio, mentre Aedh prendeva un sorso della sua zuppa. — Ho raggiunto il neonato in fasce e ho trapassato il suo corpo da parte a parte con una daga, come mi aveva chiesto Zoikar.

Quello non è morto.

Allora l'ho soffocato con un cuscino, solo per vederlo risvegliarsi qualche minuto dopo. Gli ho schiacciato la testa, aperto il ventre e svuotato le budella, ma non appena uscivo dalla stanza venivo raggiunto dal suo pianto disperato. Neppure la morte l'ha mai voluto con sé. Così lo esiliai, molti anni più tardi, non appena ebbi la scusa di allontanarlo. Iniziai a pensare che forse non poteva morire per mano mia, e a Basiledra costrinsi Athelstan a combatterlo. Mi ero convinto che il fratello fosse riuscito a eliminarlo... fino a oggi.


Seguì un intero minuto di silenzio. Celio si rivolse al suo seguito. Avevano sentito tutto.
Che facciamo, ora?



CITAZIONE
Il post è lunghissimo, lo so. Scusatemi. Sono tutte cose che servono, purtroppo. In questo momento non ho la forza di ricontrollarlo, quindi spero che non ci siano troppi errori e mi auguro che riusciate a godervelo lo stesso :sisi:
Il testo è diviso in diversi paragrafi: nel primo si vede Aedh che fugge prima di essere imprigionato, liberando i guerrieri Van e portandoli con sé. Nel secondo si parla di Raymond e Athelstan, un primo incontro a cui assiste solo Ryellia (dei personaggi giocanti). Nel terzo viene illustrata la vostra fase in confronto, che si conclude con l'accesso di Chandler e seguito nel castello, e l'apparizione di un ospite inatteso, l'adorabile sorellina di Venatrix. Nel quarto si passa al gruppo guidato da Celio, che allontanandosi da Terra Grigia incappa per caso in Aedh e nei Van in fuga: questi sono accampati nella foresta e tutti i loro discorsi vengono sentiti.
Quindi :v:

GRUPPO CHANDLER
nel vostro post dovrete descrivere l'arrivo nella sala comune: questa è una stanza molto ampia, con una tavolata lunga una decina di metri e uno scranno di legno sopraelevato, contro un muro. È illuminata da un camino, i muri sono di sasso, e appesi alle pareti ci sono numerosi arazzi con lo stemma Lancaster. Un lungo tappeto scuro è a terra, rastrelliere piene di armi sono negli angoli della stanza, e alcuni bracieri spenti decorano il tutto. In generale vi da l'aria di essere una sala del trono molto povera.
In confronto possiamo concordare qualsiasi intervento compiano i vostri personaggi, che si intromettono nella discussione fra i Lancaster grazie all'irriverenza di Lord Chandler, che si lamenta a gran voce di come è stato abbandonato nel cortile. Al termine del post, la sala comune esplode.
Sì, esplode.
Il soffitto - di legno - viene letteralmente strappato via da una tempesta di fulmini, e l'angolo a nord della stanza (vicino all'entrata) crolla completamente. Tutti vanno nel panico più totale e voi dovete difendervi: il crollo della sala va considerato una tecnica ad area fisica di potenza Alta (media su ciascuno) che provoca danni al corpo, mentre i fulmini che iniziano a saettare ovunque sono una tecnica ad area di natura magica Media (bassa su ciascuno) che danneggia le vostre energie.
Fuori dalla sala, intravedete quello che è chiaramente un drago, e un drago vero: quattro ali, taglia mastodontica (probabilmente più grande dell'intero cortile), sputa lampi dalla bocca e dagli occhi, e parla. Immagini di riferimento: [1, 2, 3, 4]
Potete reagire all'accaduto come meglio credete, pur non essendo autoconclusivi. Il post finisce con l'attacco del drago.

GRUPPO CELIO
voi assistite a tutta la conversazione fra Aedh e i Van. Sono undici persone più Raab, il pericolo drago serpente del lord, ma nessuno di loro sembra accorgersi di voi. Vi chiederei di decidere in confronto (o privatamente) una linea d'azione comune, e compierla in maniera non autoconclusiva. Se decidete di rimanere nascosti, quando Terra Grigia esplode - vedi sopra - i Van si girano e vi vedono, impugnano le armi e vi attaccano. Il loro attacco è da considerarsi una tecnica fisica ad area di potenza Alta (media su ciascuno) che danneggia il fisico. Potete intervenire voi prima, per evitare che questo accada, purché non siate autoconclusivi (e potete descrivere il castello che esplode in lontananza al termine del vostro post).

Spero di essere stato chiaro; in ogni caso c'è il confronto per qualsiasi domanda :sisi: Sei giorni come al solito!
 
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view post Posted on 2/6/2016, 00:49
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Di quella giornata ricordo distintamente il cielo.
Era grigio come la terra sotto di esso, uggioso e pesante di pioggia. Gocce di pioggia s'infrangevano sulla ghiaia del cortile, carezzando le pietruzze e l'occasionale stelo d'erba con un rintocco semplice, un suono che sentiamo così tante volte eppure non manchiamo mai di notare.
Anche in quel momento lo notai. Mi colse come la pace in una tempesta di noie e fastidi, con il suo tocco freddo e bagnato sul dorso della mia sola mano, saldamente ancorata ad una più piccola e innocente: Odette mi guardava occasionalmente con i suoi grandi occhioni prima di tornare a studiare il mondo tutt'attorno a lei.
Dalla mia voce mancava la vitalità, ma è corretto dire che ogni parte di me pareva intorpidita dai recenti avvenimenti. Toccato il cuore di Athelstan non potei che rimanerne deluso, come se l'idolo dorato appena sorto davanti ai miei occhi si fosse sbriciolato, rivelandosi semplicemente essere un monolite di sabbia. Brillante e possente, certo, ma pur sempre sabbia. E così ero rimasto a Terra Grigia, mischiandomi con quel nome così tetro e diventando anch'io più grigio, più lento, più sbiadito.
Diedi la colpa al tempo.
Sapevo cosa stava succedendo ma non avevo la forza, o il coraggio, di fermarlo. Di prevenirlo in qualsiasi modo. Mi sentivo come uno straniero che capita per caso nel momento in cui vede il castello di carte di un giocoliere cadere, abbattuto da una forza invisibile. Lo straniero può aiutare a mantenere parte della costruzione in piedi, ma non fa nulla. Non è il suo castello, quello. Non era il mio castello, quello.
Strizzando involontariamente la manina di Odette mi ritrovai a pensare alle parole di Grano, che mi aveva accusato così giustamente di essere soltanto un indeciso, un perditempo insomma. Pensavo spesso a quelle parole, non perché temessi che l'amicizia tra di noi si incrinasse ma perché avevo il sentore che fossero state impresse sul mio cuore come una maledizione. Era la secchiata d'acqua fredda che non avrei mai voluto ricevere, ma si sa che questo genere di sveglia piomba sempre nei momenti in cui meno l'aspettiamo. Erano risuonate nei miei pensieri vedendo Athelstan comandare quello che mi era parso essere il mondo intero appena qualche mucchio di ore prima, eppure adesso le sentivo in modo diverso, come un avvertimento. Andavo in cerca di qualcuno che mi potesse comandare come avevano fatto i miei idoli a Basiledra -anche se erano idoli orrendi, figure di morte e violenza. Quella stessa violenza che avevo visto riflessa negli occhi dei draghi zanna, tutti soggiogati dalla volontà del loro padrone. Anche io mi volevo sentire come un drago zanna.
Libero da ogni responsabilità. Libero dal giudizio, sempre a servire il più forte, sempre in bilico tra essere un animale intelligente o una bestia mossa da istinto.
Non c'era da stupirsi se anche dopo quella scenata di Athelstan e Raymond restai a Terra Grigia. Mi illusi, come sempre, che era per la giustizia del processo, per la giustizia delle famiglie dilaniate.

Pochi minuti dopo quell'interminabile viaggio mentale, dopo aver allontanato uno scocciatore, mi ritrovai a camminare lungo la sala centrale del maniero.
Odette era corsa via, dalla sua mamma, che poi si rivelò essere una Lancaster. Quella notizia non mi sorprese, ma fu come la riconferma che se la bimba era viva il motivo c'era. Non come quel ragazzino che trovai con il collo dilaniato dalle fauci di un drago. Non importava nemmeno che non fosse vero, bastò solo il riflesso di quel pensiero per farmi disprezzare ancora di più Aedh e tutti coloro che erano stati legati al suo piano.
L'unica consolazione che mi rimaneva era nel fatto che quell'Alexander, uno dei due litigiosi del cortile, era sparito con un signorotto locale. Io avevo seguito l'altro, anche se non mi sono mai curato di ricordarne il nome. Ero entrato nel castello, interrompendo la riunione tra fratelli, perché avevo freddo, ero stanco e volevo prendere a schiaffi Athelstan.
Poi vidi Raymond, di nuovo. Non era come lo ricordavo. Non mi riferisco al suo aspetto, ma al suo spirito. Quando lo avevo visto per la prima volta a Basiledra mi aveva sorpreso la sua fede, il suo spirito ardente anche se a volte adombrato dalla malinconia. Di quella fiamma solitaria erano rimaste solo le ceneri, tanto che persino il suo corpo era diventato cenere, come un albero rinsecchito e annerito. Trovai quella similitudine fin troppo vera, visto che il volto di Raymond era scavato da solchi e deformità non dissimili a quelle di un tronco buttato nel falò.
Mi chiesi chi si era riscaldato col calore del suo corpo bruciante.
A risvegliarmi da quella galleria di paragoni mancati fu la voce squillante di Odette che si propagava per la sala. Sentendo la parola "alchimista" le mie orecchie ebbero uno spasmo, come se traumatizzate dalle menzogne di Willem. Scattai sull'attenti per correggerla.
« Non sono un alchimista, Odette. » Non potei esimermi dal tirare un'occhiataccia al maestro di casa Lancaster.
« Non ancora. » Distolse lo sguardo, il panciuto nobiluomo. Non lo avrei torturato oltre.
Poi guardai Raymond, udendo le sue parole sulla ricerca di una cura per qualcuno. « Conosco un uomo in grado di curare ogni ferita, anche quelle del cuore.
Probabilmente non vi ricordate di me, Raymond, ma è normale: la scorsa volta eravamo entrambi più sani.
»
Sentii il braccio destro formicolare nella sua immonda assenza. Mi faceva male pensarci, mi provocava un dolore acuto. Non abbastanza forte dall'impedirmi di fare qualche battuta sagace a riguardo, ovviamente. Mi giustifico pensando che allora ero più giovane, anche se avevo trentaquattro anni.
Raymond mi guardò con uno sguardo che mi avrebbe potuto dire più di mille parole. Lui non sapeva che potevo leggere la confusione nei suoi occhi, quindi dopo aver cortesemente rifiutato mi chiamò "amico mio". Mi limitai a fissarlo vacuamente, chiedendomi perché mai rifiutasse una proposta del genere. Forse era davvero venuto soltanto per rovinare l'immagine che Athelstan si era costruito nella mia mente.
Athelstan, sì... lui. Sarebbe stato il prossimo a ricevere tutta la disapprovazione di cui disponevo. Lo guardai intensamente, immaginando di spingerlo contro il muro per svelare a tutto il mondo il vero volto dell'uomo che mi aveva deluso: quello di un uomo fragile e incapace di agire per proprio conto.
Smettila di fare come me, gli avrei detto.
« Lord Athelstan. Perdonate l'intrusione, ma non potevamo aspettare oltre. Uomini sono morti e famiglie intere sono state distrutte dalle azioni di vostro padre. Famiglie come la vostra. Se attenderete oltre rischiate che i defunti tormentino il vostro sonno. Concedete, almeno a loro, la pace. »
Lui mi guardò e sentì uno straziante senso di colpa mordergli il cuore. Non era verso i defunti ma verso la propria inabilità di agire.
Almeno se ne rendeva conto. Mi disse che l'esecuzione sarebbe avvenuta presto, ma non gli credetti davvero. Pensai, con un bel po' di crudeltà, che avrebbe potuto uccidere Aedh solo se qualcuno glielo avesse ordinato.
Non poteva essere l'affetto per il padre a fermarlo, pensai. Non presi nemmeno in considerazione quell'ipotesi: io non avevo mai avuto un padre vero, quindi nemmeno Athelstan, che era l'immagine perfetta di me stesso, poteva averlo. Non si sarebbe sentito in colpa a uccidere un comune criminale, dunque.
Niente di tutto questo mi attraversò la mente quel pomeriggio. Solo ora, ripercorrendo quei momenti, riesco a comporre questo mosaico così ridicolo di me stesso.
Forse tra vent'anni farò lo stesso con ciò che resta di me ora.

Ascoltai le parole del guerriero Van in silenzio, e in silenzio commentai la decisione di Athelstan di liberare i mercenari.
Era una supplica fastidiosa, quella di Njorth. Se i Van erano così fieri e onorevoli, perché uno di loro abbassava il capo per liberare gli altri? Per essere mercenario devi capire il gioco e accettarne le regole, io stesso avevo imparato quella lezione duramente. Vedere quella grazia concessa così liberamente mi irritò, mi sentii quasi schiaffeggiato. Stetti zitto, con chissà quale forza. Ma dentro di me la rabbia montava pensando che presto qualche assassino sarebbe stato di nuovo libero, perdonato solo perché la sua ascia si compra con l'oro. Non era quella la libertà, la servitù, che anelavo tanto.
Non passò molto tempo da quel momento fino all'apparizione del drago. Un vero drago.
Stavo accarezzando il legno liscio del tavolo che si stendeva come una biscia lungo tutta la sala. Stavo guardando la fiamma delle candele muoversi, cullata dagli spifferi nella pietra. Stavo guardando quel trono piccolo e spoglio che non possedeva lo sfarzo o il potere che mi aspettavo dalla figura alla quale avrei dedicato ogni mio gesto.
Poi, boom. Tutto parve esplodere, polverizzato dall'immane potere di quelle colonne fulminanti che iniziarono a piovere dal cielo. Ma quale cielo? Pensai. Alzai il viso e vidi il grigio delle nuvole che ancora adesso ricordo così bene. Vidi lo squarcio nel castello stesso, la grande voragine inversa. Poi arrivò il dolore, bruciante, insopportabile, improvviso. Caddi in ginocchio ancor prima di capire cosa mi aveva colpito, ancor prima di rendermi conto che il rombo assordante di una moltitudine di tuoni mi aveva quasi strappato l'udito. Rapidamente il dolore mi disse, come se fosse un boia impegnato a leggere la lista di torture ancora da fare, che ero stato colpito in pieno da alcuni calcinacci sparati a gran velocità dall'esplosione del soffitto. Che il mio corpo era caduto non per lo shock, ma perché gli erano state private le forze dalla scarica elettrica che avevo appena intravisto prima.
Mi rialzai, dunque, appena in tempo per un secondo crollo. Questa volta vidi bene i mattoni e le travi cadermi addosso, e materializzai una grande lastra di luce sopra al mio capo per risparmiarmi un secondo round di dolori. I detriti caddero ai miei piedi, ormai inoffensivi, ed io li scavalcai con una grande falcata.

Avevo visto il drago.
Non ci sono parole per descrivere cosa si prova la prima volta che si vede una bestia del genere. La sua grandezza era per me impossibile.
Certamente ebbi paura, questo lo posso dire con sicurezza. Anche perché, scrutando nel suo cuore, non percepì il ben che minimo timore di perdere.
Eppure mi mossi quasi con gioia, strappandomi il mantello bucherellato di dosso ed affrontando la bestia prima di tutti, formando una spada di luce nella mia mano che, a metà tra eroismo e follia, puntai contro la bestia.
« Chi sei...? » Chiesi con incertezza. Era tutto così irreale. « Cosa vuoi? »
Era come chiedere un indovinello alla sfinge: sbagliato.
Non riuscivo a pensare.

Energia: 75%
Fisico: 90% (ematomi sulle spalle)
Mente: 100%
Armi: Narada (brando spezzato, riposto)

Tecniche passive
Cuore di carta - dopo la tragedia di Terra Grigia, dove Aedh Lancaster ha attirato i nobili del nord con l'inganno per poi cercare di eliminarli, Verel è riuscito ad accedere nuovamente alle capacità che possedeva prima della Guerra del Crepuscolo, prima che si tirasse fuori dagli affari del mondo. Affrontando la sua incapacità a prevenire quel meschino attacco infatti il vagabondo ha iniziato a percepire qualcosa di più, qualcosa di profondo e incerto negli occhi di chi lo circonda: le loro emozioni. Attraverso il contatto con uno dei cinque sensi, Verel è in grado di scrutare nell'animo umano (e non), leggendo le emozioni di chi si trova attorno a sé. Tuttavia quest'analisi si dimostrerà utile solo se il suo intuito gli permetterà di capire come il linguaggio del cuore si intreccia con quello dei gesti e delle parole. (Passiva; numero di utilizzi: 2/5. 7/25)

Pacifismo - vivendo per anni lontano dalla civiltà, i possessori di questo talento hanno oramai perso interesse per i conflitti delle persone comuni. Consumando un utilizzo di tale passiva, questi asceti riusciranno a esporre al mondo le loro idee attraverso una malia psionica che indurrà le persone attorno a loro ad abbandonare la violenza e ad abbassare le armi. (Numero di utilizzi: 3/6)

La Spada del Dubbio - Verel fin dalla nascita possiede una naturale propensione per l'elemento sacro, e riesce ad invocarlo con facilità estrema. Questa forma di magia è considerabile al pari di un dono, una caratteristica affinata unicamente attraverso anni e anni di esperienza diretta in combattimento, di certo non è frutto di intensi studi. Basterà un solo comando e la volontà del Vagabondo si materializzerà in filamenti luminosi tutt'attorno a lui, condensandosi poi nelle sagome bianche di armi come spade e scudi. Verel utilizza questa capacità principalmente per ricostruire la sua amata spada Narada, ma ha avuto modo di servirsene anche quando era sprovvisto di equipaggiamento. Se adoperato per scopi offensivi o difensivi questo incantesimo ha la potenza di un semplice attacco fisico, in modo non dissimile da armi normali e basato dunque sulla quantità e tipologia di CS posseduta al momento. (Passiva; numero di utilizzi: 5/6. 1/25)
Tecniche attive
Scudo di luce - In un singolo istante di concentrazione Verel può manifestare la luce davanti o tutt'attorno a sé, solidificarla e renderla un muro impenetrabile da tecniche fisiche. L'arma nemica verrà semplicemente respinta da quello che parrà essere un flash istantaneo, tuttavia la tecnica non ha nessun effetto sulle tecniche di natura magica o psionica, che riusciranno ad attraversare questa barriera come se non esistesse. La tecnica ha natura magica. (Consumo energetico medio, 4/25)

Riassunto: mi difendo a metà dal crollo della sala con un medio e vengo colpito dalla scarica magica, quindi minaccio (lol) Tiamat con la spada del dubbio e le rivolgo semplici domande, sempre in preda alla confusione.
 
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Caccia92
view post Posted on 2/6/2016, 15:59






« Monti dell'Erydlyss »
— molti anni fa


Faceva freddo. La tormenta non si placava da giorni e le vie erano cosparse di neve fresca. Qualunque viaggiatore, impavido o meno, avrebbe desistito dinnanzi all'implacabile voce della montagna. Non i Cavalieri. Come recitava il Codice, "ricordati di pregare, anche durante le tempeste, le nevicate e i giorni bollenti". Non avevo vissuto un singolo giorno bollente da quando possedevo memoria, ma di tempeste e nevicate ve n'erano state in abbondanza. E la preghiera era sempre stata fatta, con il capo rivolto verso il Sacro Tempio, mentre le sferzate gelide intorpidivano gambe e braccia. Ogni volta, rigido come il clima del Nord, c'era mio padre; risoluto, inamovibile, mi concedeva la forza per svolgere il mio dovere. Anche se tremavo e avevo paura di morire assiderato, il suo profilo marmoreo sapeva di protezione e calore. Era solo una sensazione, in realtà. L'energia per resistere scaturiva dal mio cuore e dalla mia mente. Così mi sussurrava lui, tra una canzone e l'altra, alla sera, accanto allo scoppiettante focolare di casa.
Ma il tempo dei preparativi era giunto al termine. Con la nuova tormenta nasceva anche un nuovo Cavaliere di Alabastro. Per l'occasione erano discesi dal monte ben quattro compagni d'arme, accuratamente bardati per la cerimonia. Mi attendevano davanti all'uscio, le spade unte di grasso per non farle congelare. Sir Remin, protettore dei testi antichi; Sir Ludwig, mastro di scherma ed erudito; Sir Ghalavant, sapiente del Codice; Sir Melphene, trascrittore delle lodi agli dei. Le pellicce di montone che portavano sulle spalle erano incrostate di ghiaccio, eppure nei loro occhi non c'era nemmeno una piccola traccia di affaticamento. Avrei fatto il viaggio d'andata scortato da loro e il ritorno da solo, come novizio dell'Ordine. Nemmeno mio padre aveva il diritto e l'onore di accompagnarmi fino alle stanze del tempio.
Avevo indossato l'armatura all'ultimo momento per evitare di sudarci dentro. L'elmo, invece, era sulla mia testa già da un po' di tempo e cominciava a pesare. L'elmo della casata Uradel, con l'albero d'inverno inciso sulla calotta.
Le mani tremavano mentre aprivo la porta della mia dimora. Il vento gelato m'investì subito e senza clemenza, rammentandomi ciò che mi aspettava oltre il riparo delle mura del villaggio. Nessuno assisteva alla partenza, come da tradizione, eccetto i quattro cavalieri giunti dal Tempio di Alabastro. Il più anziano, Sir Ghalavant, si fece avanti e mi offrì un braccio: era la richiesta di soccorso, il primo passo di un cammino senza ritorno. Allungai di rimando il braccio destro, cingendo il brocchiere tra una folata e l'altra. Non avrei mollato quella presa per tutto il percorso tra le montagne, sostenendo il fratello Ghalavant con la mia forza e le mie gambe.
Terminato il congiungimento, Sir Ludwig indossò l'elmo - una replica perfetta di quello che portavo io - e si mise al mio fianco. Recitò quindi la Canzone Princep, con voce cristallina.
« Il tuo onore, Cavaliere, è sacro. La tua parola, una sola. Sii sempre pronto con l'armatura indosso, eccetto quando tu riposi di notte. »
Ci spostammo. Sir Ludwig davanti a fare da apripista, io al centro con il fardello di Ghalavant, Sir Remin e Sir Melphene a chiudere il corteo. Superammo in fretta la palizzata di legno del villaggio, inoltrandoci nella selva di rocce acuminate della Via d'Alabastro. Quattro ore di cammino, tra la tormenta e i pericoli della natura, ci separavano dalla nostra meta. Nessuno avrebbe cantato tra le montagne, con il rischio di causare valanghe. Non i Cavalieri. E io cantavo con loro, sorreggendo il vecchio compagno d'arme con tutta la forza che avevo in corpo. Le braccia già dolevano, il fiato si condensava davanti agli occhi.
« Un Cavaliere è devoto al valore, il suo cuore conosce solo la virtù! »
« Un Cavaliere...è devoto al valore...il suo cuore conosce solo la virtù... »
Non facevano caso al mio respiro accelerato. Non mi avrebbero aiutato se fossi caduto. Era la mia iniziazione.
« La sua spada difende i bisognosi, la sua forza sostiene i deboli. »
« La sua spada...difende...i bisognosi. » il braccio di Ghalavant pesava una tonnellata « ...la sua forza...sostiene i deboli! »
« Le sue parole dicono solo la verità, la sua ira si abbatte sui malvagi. »
« Le sue parole...dicono solo la verità... »

La sua ira si abbatte sui malvagi.






« Terra Grigia »
— un sentiero immerso nella foresta


Era da molto tempo che non cavalcavo. In effetti non ricordavo l'ultima volta che lo avevo fatto. I destrieri costavano molto, dovevano essere mantenuti e richiedevano un alloggio sicuro durante i viaggi. Messer Celio, nella sua spropositata generosità, ci aveva offerto delle cavalcature per agevolarci il percorso fino ad una locanda di Terra Grigia. Avrebbe coperto le spese in toto, dispensandoci anche le sue considerazioni sul futuro del popolo della Roesfalda. Qualunque cavaliere mi avrebbe commiserato o, per lo meno, compatito in quel momento.
Odiavo me stesso e le mie stupide scelte.
L'incontro con il Van aveva turbato molto i miei pensieri. Questioni che mi parevano chiuse erano riaffiorate insieme ai ricordi, distogliendomi dalle finalità della mia presenza a Terra Grigia. Athelstan si era dileguato nel palazzo, lasciandomi con un pugno di mosche in mano. Il conto con il Lancaster non era ovviamente chiuso, ma il rimandare non faceva altro che compromettere il mio giudizio. Non sapevo come considerare l'arrivo di Raymond: era un uomo finito, distrutto, privato dell'onore e della gloria della sua casata. Eppure mi sembrava così forte nella sua determinazione, come una brace che, nonostante la pioggia torrenziale, si rifiutava di cedere il passo alla cenere bagnata. A dirla tutta, avevo paura del drago nero. Paura di come si sarebbe approcciato ad Athelstan, di come si sarebbe conclusa la riunione di Corte. Il miglior cavaliere del Dortan era mia responsabilità - e solo mia.
Cavalcavo a testa china, con la schiena leggermente incurvata in avanti. Le gocce fresche dell'acquazzone s'insinuavano nei tessuti e inzuppavano le sottovesti. Non faceva freddo, non come al Nord, eppure sentivo dei brividi correre lungo la spina dorsale. Quella storia, cominciata con un processo pubblico in una piazza da mercato, si stava trasformando in qualcosa di più concreto e spaventoso. Riuscivo quasi a percepire la tensione elettrizzante nell'aria, una serpe pronta a colpire dal buio di antichi attriti. C'erano personaggi, nel mondo schifosamente individualista di Theras, che avrebbero messo a ferro e fuoco le case degli antenati pur di assecondare i propri sconsiderati interessi. Raymond, in verità, non mi sembrava uomo da tali meschine azioni. Ma c'era un sentore di marcio nel vento sporco di quella giornata, un marcio che nemmeno la pioggia o la cenere avrebbe potuto cancellare.

image

Accanto a me stava Messer Celio, con il suo ingombrante e zuppo corredo aristocratico. Poco più indietro cavalcavano i due uomini che avevano deciso di favorire della generosità del nobile. Erano due personalità piuttosto ambigue e con cui non avrei voluto condividere idee e memorie: il primo, quello di sinistra, indossava uno strano elmo bucato e possedeva un portamento viscido, quasi rettile; il secondo, appena più a destra, era sicuramente un albino, ma troppo perfetto per rappresentare un ragazzo in età da moglie. Non sapevo come considerarli, così avevo semplicemente deciso di ignorarli e concentrarmi sulla conduzione del cavallo. Era un buon cavallo, forse un Alcrisiano.
La strada che aveva scelto Messer Celio s'inoltrava in una fitta foresta ai margini del complesso urbano di Terra Grigia. La codardia del nobile, oltre a pesare sul mio compito di proteggerlo, ci aveva costretti ad allungare di molto il percorso fino alla locanda. Celio aveva parlato di briganti, ma era una scusante fin troppo banale: i predoni, se davvero esistevano, non ci avrebbero attaccato in una zona tanto vicina al dominio Lancaster e alle spade delle guardie. Avanti di qualche passo si apriva una minuscola radura che concedeva un poco di spazio alle già appesantite gambe dei cavalli.
Il rumore della pioggia non fu sufficiente a coprire il sommesso chiacchiericcio che proveniva dalla piana nella foresta. Sollevai appena l'elmo per osservare meglio il sentiero che conduceva fra gli alberi rinsecchiti. Un filo di fumo serpeggiava nella pioggia oltre le fronde degli alberi e un fioco bagliore, ad intermittenza, fungeva da guida attraverso i tronchi grigi. Qualcuno aveva acceso un falò in quella porzione di terra, dimenticandosi dell'effetto che aveva la pioggia sui rami freschi messi a bruciare: qualcuno di estremamente stupido o che non si curava di essere notato.
Mi avvicinai in silenzio, un po' per mantenere un minimo di copertura, un po' perché non sapevo cosa aspettarmi. Messer Celio e gli altri due uomini seguirono a breve.
« È sicuro che quel coso non ci attaccherà tutti, lord Aedh? »
Lord Aedh?
Intorno ad un fuoco preparato alla bell'e meglio sostava un gruppo di persone. Erano tutti guerrieri, dall'aspetto, o mercenari. I lineamenti, la postura e l'accento nella voce non lasciavano alcun dubbio: Van. Dieci soldati della stirpe nordica che chiacchieravano tranquillamente con il vecchio re di Terra Grigia. Nelle prossimità giaceva anche una strana creatura, grande abbastanza da occupare l'intero campo visivo, simile ad un drago ma dalla forma più sottile e affusolata.
La mia prima reazione fu quella di sguainare la spada e attaccare. La sola vista dei Van aveva risvegliato nella mente le immagini che con fatica avevo ricacciato nei recessi della memoria qualche momento prima. Un flusso di fuoco, neve e morte mi accecò per un intero minuto, proponendomi i volti maciullati di antichi amici e compagni di lama. La guerra, seppur nella fantasiosa veste di una frusta maledetta, mi squarciava l'anima e mozzava il fiato. Era una di quelle fasi della rabbia che si accompagnava, solitamente, ad un'ira irrefrenabile che poi lasciava solo un vuoto sconsiderato nell'anima: né preghiere né lacrime riuscivano a colmarlo. E mi sarei pentito delle mie azioni. E mi sarei punito per la mia incapacità di controllo. E mi sarei inginocchiato dinnanzi ai cadaveri della mia mano, una volta conclusa la mattanza. Ma non potevo...non potevo reprimermi. O quello, o la pazzia.
Furono le parole di Lord Aedh a fermarmi. Stava parlando di Raymond. Non so per quale motivo rimasi ad ascoltare la storia delle origini del drago nero. Forse speravo di sentirne parlare bene o di riceve buone notizie sul suo passato.
Invece, ad ogni parola del vecchio Lord, il mio respiro accelerava. La storia raccontava di un bambino maledetto dagli dei, un bambino che non avrebbe mai dovuto nascere; i tentativi di un padre di eliminarlo per arrestare il corso di un destino ingrato. Il suo fallimento, infine. La richiesta sconsiderata di un signore ad un cavaliere di ammazzare un innocente. Quando giunsero quelle parole: "costrinsi Athelstan a combatterlo", compresi che in quella vicenda non v'era presenza d'onore. Che lo stesso Lord Aedh aveva rinunciato completamente al suo ruolo pur di salvare le proprie ricchezze.
Al termine del racconto seguì un innaturale silenzio. Messer Celio, che aveva ascoltato ed era rimasto quasi paralizzato, si discostò per primo dal torpore.
« Che facciamo, ora? » domandò, quasi balbettando.
Non m'importava più dei Van. Non m'importava più di Athelstan, di Raymondo e di Terra Grigia. Il mio occhio sano, seppur celato dalla calotta dell'elmo, riusciva a scorgere solo la figura ingobbita di un vecchio corrotto dalla disperazione. Un vecchio che era andato contro i principi d'onore e la moralità stessa. Un cavaliere poteva macchiarsi d'omicidio solo su richiesta del proprio signore, ma era considerato un atto supremo di codardia. Comprometteva l'intera esistenza del cavaliere, senza che questi avesse la possibilità di opporsi. Gli dei, seppur incomprensibili nella moltitudine delle loro sfaccettature, non perdonavano una simile mancanza di rispetto nei confronti della vita.
Aedh doveva morire.
« Voglio il suo sangue... » accennò immediatamente l'albino, alle mie spalle.
« Immagino c'è chi pagherebbe per rimetterlo in catene. » sussurrò con tono interessato il secondo compagno di viaggio.
Cercai parole comprensibili e accettabili. La mia voce, probabilmente, vibrava.
« Aedh ha deciso di ignorare le sue stesse leggi. È nostro dovere punirlo, per Terra Grigia e la Roesfalda tutta. »
Suonava come una sciocca giustificazione, ma solo nella mia mente. Gli altri non potevano sospettare ciò che realmente desiderava il mio cuore.
« Lasciatemi fare- » propose l'uomo con l'elmo bucato « -creerò un vantaggio. »
Sguainai la spada. Non avevo mai eseguito una carica sconsiderata a cavallo, eppure mi sentivo stranamente fiducioso. Quella sensazione di dover compiere un massacro legittimo mi infondeva forza, mi rendeva innaturalmente calmo. Nella testa infuriava una tempesta; la mano che stringeva l'elsa, invece, era ferma e sicura.
Esplose una strana luce accecante, come una deflagrazione privata però degli effetti esplosivi. Proveniva da un punto a mio favore e la scarica d'adrenalina costrinse il cavallo a partire al galoppo. Lo spronai con gli speroni, abbassandomi sulla schiena per agevolargli la corsa. Una serie di immagini incomprensibili mi saettarono davanti allo sguardo: un'ombra si dispiegò nel cielo, svanendo tra le fronde, mentre decine di spade luminescenti brillarono attorno al gruppo di Van. Decisi che quello era il momento d'ignorare ogni domanda sulla natura delle persone. Esisteva soltanto un obiettivo, un bersaglio, un'anima da epurare. I mercenari Van erano un ostacolo al giudizio del Codice e non più motivo di rancore. C'era un odio più grande che mi bruciava nel petto.
« Un Cavaliere è devoto al valore, il suo cuore conosce solo la virtù! » cantavo, come nelle gloriose battaglie del passato « La sua spada difende i bisognosi, la sua forza sostiene i deboli. » la spada sollevata oltre la spalla, pronta a colpire. Sempre più vicino, sempre più vicino. Sarebbero seguite due spazzate alla cieca, pensate per recidere le giugulari. « Le sue parole dicono solo la verità... »

« la sua ira si abbatte sui malvagi. »










ALEXANDER



Mente: 75%
Energia: 100% - (10+20) = 70%
Corpo: 125%

CS acquisiti: 3(Forza) + 2(Forza) + 4(Forza) + 4(Forza) + 4(Destrezza) = 13 CS(Forza), 4CS(Destrezza)
CS donati: 2(Resistenza)
CS spesi: 4(destrezza) per la carica con il cavallo. 6(Forza) per la prima spazzata con la spada. 6(Forza) per la seconda spazzata con la spada.
CS rimanenti: 1(Forza)


Passive utilizzate:
• Oltre a questo, i Cavalieri, almeno in origine, sapevano esattamente quando trarre forza dalle situazioni disperate, concentrandosi maggiormente nei momenti di grave pericolo (passiva personale, Alexander guadagna 1 CS passivo in Forza per ogni nemico che affronta oltre al primo, fino ad un limite di 3 CS cumulabili, 5/6 utilizzi)
• La maestria raggiunta da alcuni Cavalieri era tale da permettergli di schivare affondi e attacchi con la sola rapidità di movimento (passiva talento 2.2, possibilità di ignorare i semplici attacchi fisici senza l'ausilio di CS, 5/6 utilizzi)
• La tecnica, che includeva tutti i tipi di offensive portate con una lama lunga, era affinata a tal punto da fornire ai Cavalieri l'eccellenza assoluta nella scherma (passiva razziale, 1 CS aggiuntivo ogni volta che si utilizza un Power-Up, della stessa categoria, 4/6 utilizzi)
• il terzo dogma, quello dell'unione, rendeva i Cavalieri una singola unità da battaglia, consentendo loro di condividere la propria forza con i fratelli per resistere unitariamente agli assalti (pergamena Vigore condiviso, quando si utilizza un Power-Up si può donare 1 CS in Resistenza ad un alleato, 4/6 utilizzi)

Attive utilizzate:
• il quarto dogma, quello della possanza, permetteva agli spadaccini più abili di trasformarsi in veri e propri semidei, fulcri e rappresentazioni del volere di Greion. A seconda dell'intensità della preghiera, questa poteva fornire abilità sempre maggiori (pergamena Fortificazione comune, Power-Up di 4 CS alla Forza, necessita di un consumo Medio di Energia)
• il quarto dogma, quello della possanza, permetteva agli spadaccini più abili di trasformarsi in veri e propri semidei, fulcri e rappresentazioni del volere di Greion. A seconda dell'intensità della preghiera, questa poteva fornire abilità sempre maggiori (pergamena Fortificazione superiore, Power-Up di 4 CS alla Forza e 4 CS alla Destrezza, necessita di un consumo Alto di Energia)

Riassunto/Note/Altro:
Abbiamo concordato una linea d'azione per il combattimento. Stig genera un potente fascio di luce con l'intento di accecare i Van, seguito immediatamente da un tecnica ad area che produce spade brillanti per causare panico tra le file nemiche. Contemporaneamente Raell si trasforma e svanisce tra le fronde degli alberi, preparandosi per un attacco dalle retrovie; Alexander, invece, parte alla carica con il cavallo, favorito da un calma "da battaglia" (descrizione del power-up alla destrezza per governare meglio il destriero) e si avventa sul gruppo Van, cercando di insinuare due primi colpi con la spada (attacchi fisici portati con i CS). Lascio al QM l'esito delle mie azioni, nessuna delle quali dev'essere interpretata come autoconclusiva. Ovviamente il bersaglio principale è Lord Aedh, ma le spazzate potrebbero portare ad un nulla di fatto. Ho attivato una condivisione dei CS passiva per favorire le successive fasi di combattimento e la passiva per scartare eventuali contrattacchi portati nella foga dagli avversari con semplici attacchi fisici (sulla base di supposizioni).
Non mi lasciate da solo, pls.
 
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miky1992
view post Posted on 3/6/2016, 06:10




Se era contento di essersi lasciato alle spalle quel postaccio e i suoi inquietanti abitanti? Certo che si! Quel luogo puzzava di guai. Non era una semplice esecuzione, c'era qualcosa di strano sia nel condannato che negli stessi spettatori. E quel Raymond beh da quel poco che aveva potuto capire era una vera calamita per i guai. Stig scosse la testa: i guai specie da quelli in cui non c'è niente da guadagnare sono solo un'inutile scocciatura.
Il drago si voltò verso la flaccida figura di Celio. Ecco, quelli sono gli uomini che gli vanno a genio: perché conosceva e comprendeva i loro obbiettivi. Poteva assecondarli, controllarli, usarli e avere l'assoluta certezza di essere sempre in vantaggio, perché una persona così era facile da capire. Dei suoi compagni non pensava nulla, sembravano tipi silenziosi e questo al drago andava più che bene, inoltre quattro braccia in più facevano comodo in caso di situazioni spinose.
E purtroppo le situazioni spinose erano dietro l'angolo, letteralmente.
Allora l'ho soffocato con un cuscino, solo per vederlo risvegliarsi qualche minuto dopo. Gli ho schiacciato la testa, aperto il ventre e svuotato le budella, ma non appena uscivo dalla stanza venivo raggiunto dal suo pianto disperato. Neppure la morte l'ha mai voluto con sé. Così lo esiliai, molti anni più tardi, non appena ebbi la scusa di allontanarlo. Iniziai a pensare che forse non poteva morire per mano mia, e a Basiledra costrinsi Athelstan a combatterlo. Mi ero convinto che il fratello fosse riuscito a eliminarlo... fino a oggi.
Stig si reputava una persona difficile da impressionare; aveva visto e fatto cose a dir poco riprovevoli nella sua vita, eppure nell'udire le atrocità inflitte dal vecchio a un neonato per quello che altro non poteva essere che il delirio di un pazzo, gli fece rivoltare lo stomaco. Quanto odio poteva provare per arrivare fino a questo punto? No. Non era solo odio, era paura. Paura di perdere tutto quanto quell'inutile verme aveva accumulato nella sua miserabile vita. Un giorno avrebbe insegnato agli uomini come lui cosa significa perdere tutto, li avrebbe messi nelle stesse condizioni in cui era stato gettato lui stesso e avrebbe insegnato loro tutto da capo, come bambini in fasce.
La voce di Celio interruppe il drago dai suoi pensieri.
-Che facciamo ora?
Scappiamo a gambe levate. La tremarella dell'uomo suggerì a Stig che questa fosse la risposta più congeniale all'uomo.
- Voglio il suo sangue...
Vista la ferocia trasmessa da quelle parole Stig si chiese se quell'uomo imponente non avesse qualche conto in sospeso con il vecchio.
Stig non era di certo il tipo da andarsi a cacciare nei guai solo per la gloria. In circostanze diverse la sua unica azione sarebbe stata quella di voltarsi silenziosamente e andarsene. Non doveva nulla a quegli uomini e se volevano farsi coinvolgere in quella faccenda non erano affari suoi. Eppure il drago era certo che più d'uno avrebbe pagato quel mostro a peso d'oro, primo fra tutti Celio. - Immagino che c'è chi pagherebbe bene per rimetterlo in catene.
- Aedh ha deciso di ignorare le sue stesse leggi. È nostro dovere punirlo, per Terra Grigia e la Roesfalda tutta.
Ecco, un tizio inquietante e un invasato. Stig alzò lo sguardo al cielo e storse la bocca; l'importante è la ricompensa, Celio sembra ben fornito e chissà farmelo amico potrebbe pure portarmi dei vantaggi in futuro. Ai codardi pieni di soldi piace avere guardie del corpo competenti, una buona occasione per mettermi in mostra.
Stig scambiò un rapido cenno d'intesa con i suoi compagni, poi si voltò verso Celio per assicurarsi che fosse d'accordo e soprattutto che stesse guardando. -Lasciatemi fare, creerò un vantaggio.
Stig corrugò la fronte e allungò il palmo della mano destra verso il cielo. Era sera, ma per fortuna il sole non era ancora tramontato. La luce solare si concentrò nel palmo aperto del drago, migliaia di filamenti lucenti convergettero gli uni sugli altri fino a formare una sfera delle dimensioni di una mela. Un pensiero e la sfera esplose, inondando nemici e lo spazio circostante. Il colpo non li avrebbe feriti, ma con ogni probabilità li avrebbe accecati lasciandoli indifesi contro la carica successiva.
Li avrebbero falciati come grano di un campo.
E ora il tocco finale: Stig lasciò fluire la propria energia magica senza porre alcun freno. L'energia lo attraversò come un fiume in piena, diffondendo una piacevole sensazione di calore. Era come se tutto il suo corpo vibrasse, pronto a esplodere da un momento all'altro. La magia rimase per un istante quieta dentro Stig, poi esplose inondando lo spazio circostante. L'energia pura assunse la forma spade di diamante, una per ciascun avversario. Le spade rimasero per un momento sospese a mezz'aria.
I muscoli vennero percorsi da spasmi, le articolazioni si irrigidirono. Una fitta di dolore si irradiò al centro del petto. Il fiato ridotto a un sibilo gli bruciò la gola.
-Quelli come te non sono recuperabili, non meritano di vivere. Disse rivolto al vecchio Aedh.
Le spade partirono e se tutto fosse andato come previsto il vecchio e i suoi scagnozzi non ne sarebbero usciti illesi.

CITAZIONE
Riassunto Stig

100 corpo
75 mente
125 energia -30 (tecnica media e tecnica alta) 95

Lampo: L'utilizzatore intensifica e riflette la luce solare per accecare tutti coloro che gli stanno attorno. Ha natura magica. Consumo medio, tecnica ad area. Danni nulli, ma se non protetta accecherà i bersagli per un turno.

Arte del diamante: plasmare la forma. La tecnica ha natura magica e provoca danni fisici ad area. L'utilizzatore sarà in grado di creare e plasmare diamanti avendo lui come punto d'origine. Potrà in questo modo generare frecce e sfere, armi, spazzate, contro gli avversari, con consumo energetico e potenza variabile. CONSUMA ENERGIA. Consumo alto infligge danni medi ad area.
 
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Numar55
view post Posted on 3/6/2016, 11:44




"Allora l'ho soffocato con un cuscino, solo per vederlo risvegliarsi qualche minuto dopo. Gli ho schiacciato la testa, aperto il ventre e svuotato le budella, ma non appena uscivo dalla stanza venivo raggiunto dal suo pianto disperato. Neppure la morte l'ha mai voluto con sé. Così lo esiliai, molti anni più tardi, non appena ebbi la scusa di allontanarlo. Iniziai a pensare che forse non poteva morire per mano mia, e a Basiledra costrinsi Athelstan a combatterlo. Mi ero convinto che il fratello fosse riuscito a eliminarlo... fino a oggi."

Fortunatamente Aedh stava parlando altrimenti si sarebbero sicuramente i miei denti stridere tra di loro per il nervoso. Avevo dovuto osservare passivamente l'esecuzione del vecchio venire rimandata perché quello che a quanto pareva era il figlio (immagino già da chi abbia preso la bellezza...) era sopraggiunto portandosi sulle spalle una mocciosa ferita. Probabilmente era una cosa piuttosto importante per i mortali di Terra Grigia, ma dal mio punto di vista quel deforme ed inopportuno ospite a sorpresa mi aveva rovinato lo spettacolo della testa di un uomo che rotola. Pochi minuti e il Lord aveva mollato ogni cosa per andare a farsi una chiaccherata con il fratello lasciando tutti a bocca asciutta (nel mio caso letteralmente). Avevo già perso fin troppo tempo a causa del Lancaster e non intendevo sprecarne ancora, anche se ciò significava perdermi la sua morte.
Fu così imbarcai in viaggio con un tale Lord Celio, che cercava protezione per il viaggio, e altri due guerrieri. Uno era il cavaliere in armatura il cui poco autocontrollo lo aveva fatto aizzare poco prima con una bambina petulante, l'altro era invece uno sconosciuto con una strana maschera di cuoio. Prendemmo qualche cavallo e iniziammo ad avviarci lontano da Terra Grigia quando cominciò a piovere. Bestemmiando per il pessimo tempismo del tempo, avevo dovuto sopportare per tutto il viaggio i discorsi di politica umana (con una punta di filosofia) con la sete che era tornata a seccarmi la gola. Giurai a me stesso che una volta arrivati a destinazione avrei svuotato quel borioso mortale di Celio di ogni goccia di sangue. Forse non avrei aspettato così a lungo... o meglio non lo avrei fatto, se non mi fosse comparso davanti agli occhi un intero banchetto!
Il nobile ci aveva fatto prendere una strada attraverso la foresta e fu lì in mezzo agli alberi che si era radunato attorno ad un falò un gruppo di guerrieri, al centro dei quali stava Aedh Lancaster.
Ci avvicinammo in silenzio ascoltando man mano il nobile che si stava confessando a quegli uomini come una vecchia vedova che racconta com'erano i figli da bambini. La voce del vecchio risuonava ancora, descrivendo la presunta immortalità di quel Raymond, ma io non ascoltava. Fissavo famelico quel volto attempato, con odio e sete che salivano in egual misura.

"Che facciamo, ora?"

La voce di quel vigliacco di Celio mi distolse dai miei pensieri. Era chiarissimo dal suo sguardo che tutto ciò che desiderava fosse andarsene da lì, ma questa era un'opzione tutt'altro che fattibile. Aedh mi aveva fatto sprecare tempo, cosa piuttosto inaccettabile visto che avevo passato gli ultimi secoli in una tomba. Ai miei tempi avevo ucciso mortali per molto meno; lasciarlo vivere e fuggire verso la libertà sarebbe stato un insulto a quel che ero. Quel che sono!

"Voglio il suo sangue..."

Immagino c'è chi pagherebbe per rimetterlo in catene.

"Aedh ha deciso di ignorare le sue stesse leggi. È nostro dovere punirlo, per Terra Grigia e la Roesfalda tutta."

Avevamo parlato quasi consecutivamente, il che causò un attimo di silenzio nel nostro gruppo in cui ci fissammo uno ad uno. Beh perlomeno quei due condividevano il mio stesso obiettivo, anche se dubitavo seriamente che avrei lasciato che Aedh tornasse in prigione.
Quello con la maschera prese l'iniziativa affermando di poter creare un vantaggio, quindi ci suggerì implicitamente di tenerci pronti. Una sfera di luce si formò sulla sua mano ed io feci appena in tempo a chiudere gli occhi prima che un enorme flash inondasse la zona. Prendendolo come segnale d''inizio, mi diedi una spinta poggiando le mani sulla sella per poi librarmi in aria oltre le fronde degli alberi. Da quell'altezza avevo una visione parziale della zona: qualcosa simile a un gruppo di lame si era scagliato sui guerrieri mentre il nostro cavaliere aveva iniziato a caricare in sella al suo cavallo. Istantaneamente i miei occhi si poggiarono su Aedh ma sapevo che non poteva essere lui il mio primo obiettivo; l'avevo notato già da prima ma mi era ancora difficile credere davvero alla sua presenza lì. Avevo sentito che i Lancaster erano in grado di domare i draghi ma mi pareva comunque strano vedere una delle creature che gli stupidi uomini lucertola veneravano come dei nei panni da animaletto da compagnia. I tempi erano davvero cambiati, pensai con una risata.
Ma con o senza collare se quel miscuglio tra un drago ed un serpente si fosse unito al combattimento, avrebbe potuto causare qualche problema. Dubitavo che i miei compagni fossero ignifughi.
Mossi quindi le spalle facendole scricchiolare e il suono, invece di fermarsi, si moltiplicò decine e decine di volte. Accolsi con un sorriso estasiato il movimento delle ossa sotto la pelle, una sensazione di puro piacere che quasi avevo dimenticato. Le dita si fusero al resto della mani formando un coppia di affilati uncini ossei, il mio volto si allungò assumendo fattezze lupesche, dalle braccia fuoriuscì una sostanza membranosa che finì per formare della ali verdastre, i piedi si contorsero divenendo simili agli artigli di un enorme rapace, il resto del corpo poi cominciò a coprirsi di un fitto pelo nero mentre assumevo fattezze ben più imponenti del normale. Eccitato da quella sensazione, snudai le zanne in un ghigno gettandomi poi in picchiata verso il rettile. Sfruttando la forza della discesa avrei colpito con una schiacciata direttamente la testa della creatura con entrambi gli uncini, come fossero una coppia di pugni. Poi l'avrei colpito di nuovo, e poi di nuovo! Deformando il cranio del dio dei Maegon, schiacciandolo sotto la mia potenza.
Una volta compiuta l'opera, avrei aperto le mie ali in tutta la loro magnificenza e (con un tocco di stile) sarei esploso in un acuto e potente ruggito. Con un drago morto e un demone a contrastarli, mi sarebbe piaciuto vedere quanti mortali sarebbero rimasti a morire.




L'Artista


- Basso: 5% - Medio: 10% - Alto 20% - Critico: 40%

Fisico: 75%

Mente: 75%

Energia: 150%-20%-20%= 110%


Passive:
- Può trasformarsi in una creatura mostruosa di notte (5)
- Capacità di volare (5)
- Insensibilità al dolore (6)
- Compiere azioni con forza sovrumana (6)
- Rende guarigione di potenza pari a consumo (6)

Attive:

My Artistic Vision
Il soprannome "Artista" Raell lo ottenne grazie ai suoi poteri: dopo la rinascita come vampiro, ottenne dal rituale demoniaco il potere di controllare e modificare carne ed ossa. Non si sa se fu quel crudele potere a farlo impazzire (diventare interessante, secondo lui) o se lui stesso fosse portato ad atti di così incredibile sadicità, ma a nessuno è mai realmente importato una volta finito sotto le sue mani. Il suo semplice tocco può spingere le ossa di una persona ad incrinarsi causando gravi lesioni interne, senza lasciare tuttavia alcun segno esterno.
Ma è nel "rimodellamento" che riversa tutta la sua passione, tutta la sua arte; agli inizi, come ogni umano avrebbe fatto, puntava alla bellezza sopra ogni altra cosa, rendendo i suoi soggetti e sé stesso delle opere viventi, ma col tempo si stufò di una tale limitatezza preferendo uno stile più "grottesco". Le sue dita scorrono sulla pelle plasmando il corpo umano come argilla, accorciando o allungando arti, tagliando pezzi di carne e creando innaturali deformazioni...
Ed è proprio questa tecnica che rivela la vera crudeltà del vampiro: per quanto contorca un corpo, per quanto tremendamente dolorose o addirittura inimmaginabili possano essere le sue deformazioni, la vittima non morirà mai limitandosi a patire un tremendo dolore e a convivere con le relative malformazioni.
[Abilità Personale 5: Natura Magica, Consumo Alto di Energia, Danno Alto a Fisico - Abilità Personale 6: Nulla di Pk, Il caster potrà modificare totalmente l'aspetto di un persone, I limiti e la possibilità di tale azione vanno decisi con il Qm o con il player designato]


Note:

Come già concordato con i miei compagni mentre Stig inizia il suo attacco io uso la passiva di volo per portarmi al di sopra degli alberi e lì uso l'altra passiva per entrare nella mia "forma demoniaca". Fatto ciò, mi buttò in picchiata unendo i due uncini a mo' di pugni cercando di sfracellarli sulla testa di Raab usando la tecnica alta che fa danno al fisico, uso la stessa tecnica anche per il secondo attacco (uguale al primo) mentre il terzo è solo un attacco fisico (idem come sopra). Scusate il ritardo!


 
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32 replies since 9/5/2016, 18:29   1146 views
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