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Preludio, In my wildest dreams

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Red Phantom
view post Posted on 24/5/2016, 23:40




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Aveva fatto un sogno, una notte. Se ne stava distesa con la guancia poggiata contro il dorso della mano ed era scivolata lentamente nel torpore, come morsa da un serpente. Solo che le pareva di non aver chiuso veramente gli occhi, ma anzi di averli aperti.
Attorno a lei c’era una luce fioca e mura di pietra che la soffocavano. Un soffitto alto che si perdeva dove le torce aranciate non arrivavano e un odore intenso di legno bruciato e di un banchetto terminato da troppo tempo.
Sentiva il frusciare della stoffa e il colore pesante delle tende che incombeva nella polvere. I passi erano strascicati, barcollanti, l’alcool scivolava a terra ad inumidire le pietre di quel luogo che non conosceva.
E lei aveva la mano pesante sotto la guancia, ma i suoi occhi erano staccati dal corpo, sospesi in quel corridoio. La luce delle torce era titillata da un vento autunnale, dita buffe di bambina. Si rifletteva in una danza sopra la pelle di una donna che non aveva mai visto. Aveva carnagione d’ambra e lunghi capelli scuri raccolti sopra la nuca. Un piccolo sedere sodo, fianchi dondolanti in maniera quasi ipnotica. Non aveva mai visto niente del genere. Niente come quelle labbra piegate in un mezzo sorriso e quegli occhi che parevano immensi, capaci di vedere e sapere tutto, di ingoiare l’intero mondo.
Se ne stava distesa su un pagliericcio in una stalla, eppure fu sicura che la donna potesse vederla. Glielo lesse tra le ciglia e le guance piene. Era più giovane di lei, ma aveva più dolore a pesarle sugli angoli della bocca, arroventati e poi raffreddati troppo presto come ceramica mal cotta. Era una donna spezzata, svuotata, forse ricostruita. Seta trasparente le fasciava l’addome piatto e il seno, una lieve curva piena. Portava scarpe vertiginose che le fecero venire il desiderio di
leccarle.
Camminava volgare, senza dignità, lungo quel corridoio silenzioso come se stesse recitando in uno spettacolo solo per lei. Era una ballerina passionale, che odorava di essenze costose e gambe aperte. E lei stava dormendo eppure vegliava, passava dietro le spalle di quella sconosciuta e la seguiva. Il corridoio si svelava pian piano eppure era sempre uguale. Impossibile dire se quella fosse davvero una svolta o se semplicemente si trattasse di un effetto di luce.
Riusciva a intravedere il profilo di quella donna, l’angolo dei suoi occhi, l’invito incuneato tra i seni.
E il sorriso che nasceva quasi d’improvviso, quando non era più sola.
L’uomo era lievemente ingobbito, gutturale sotto la luce. La bella e la
Bestia.
Coperto di cicatrici butterate, con i lunghi capelli scomposti, e il passo ondeggiante. Padrone. La fronte aggrottata dalla curiosità nascondeva occhi scarlatti.
Lei stava sognando.
Eppure sapeva che sarebbe finita male.
La donna guardava lo sconosciuto, in quel corridoio sospeso nella notte. La giovinezza le moriva addosso come una maschera strappata a forza. E qualcosa in lei diventava incredibilmente consunto, vissuto e dolciastro. Lui fissava con occhi di uomo quel corpo banalmente di donna e il suo respiro si faceva accelerato. Il desiderio gli cadeva sulle spalle come un mantello logoro.
Si erano cercati, trovandosi, senza bisogno di darsi appuntamento.
Mentre la gente per bene, perfino in quel corridoio, stava dormendo, loro si squadravano leccandosi le labbra.


Cosa cerchi, cagna del Toryu?


L’uomo aveva una voce
Da brivido
Che rimbombava nel silenzio come un frustata.
Lei aveva teso una mano aperta, attirandolo verso di sé. Lui era l’animale feroce, ma lei non pareva temerlo.


Lo stallone prediletto del mio padrone”.


Lui le aveva afferrato il polso, ignorando la sua sensualità. Le era scivolato addosso, premendola contro la parete, impedendole di muoversi con un ginocchio. E lei, senza smettere di sorridere, aveva socchiuso gli occhi.
Il petto della sognatrice si alzava e si abbassava tiepido, facendo desiderare di poter essere lì
A sfiorarli. Anche se stava dormendo.
L’uomo aveva annusato il collo della sua preda.


Non temi quello che potrei farti? Non ti hanno raccontato?


Quelle labbra.
Stava sognando e le sognava. Rosse e morbide come le sue non sarebbero mai potute essere. Avevano disegnato la linea netta di un invito piccante.
Quegli occhi.
In un incubo sarebbero stati la lama conficcata in mezzo al suo cuore putrefatto. Erano diventati liquidi di voglia per nulla taciuta.


Dovrei temere l’unico vero uomo di questo maniero?


Aveva sollevato una gamba, la coscia tesa contro quella di lui. I muscoli dell’uomo si erano contratti in uno spasmo
Oh, tutti quanti ~
E tra i due non c’era spazio per un solo dito.


Mostrami cosa sai fare”.


L’aveva sentita, anche se aveva parlato così piano. E anche lui.
Stava dormendo, eppure quando lui gettò a terra quella ragazza, ferocemente, senza riguardo, provò un brivido di paura. Di desiderio. Di curiosità. Voleva stare a vedere che aspetto avessero quelle grida acute e soffocate che lui copriva con la propria schiena china in avanti.
Le mani di lei avevano unghie laccate di rosso, che si aggrappavano a lui, al pavimento e alle pareti. Che gli scivolavano addosso mentre lui era ovunque.
Sognava e le pareva di non poter tornare indietro.
Mentre lei era una danza onnipresente di spire di serpente. E lui era come un orso dopo una lunga caccia.
In quel corridoio vuoto i suoi occhi si erano offuscati. Chiusi, come appesantiti dalla consapevolezza.
E
Poi
Si era svegliata.
Accanto a lei soltanto il fiato tiepido dei cavalli. Eppure le pareva ancora di vederli. L’innocenza di chi non aveva nulla da perdere in una foga da uccidere l’infinito. Non c’era freddezza in quei cuori senza sentimenti, ma solo speranza.
Questo aveva pensato.
Non c’era follia in quelle mani che all’ultimo si stringevano l’una nell’altra.
Contratte
e
rilassate. Ma solo una fame insaziabile di amore malato.
Questo aveva creduto.
Non c’era crudeltà nei graffi sulla loro pelle e nei segni dei morsi. Solo la certezza della fine, troppo vicina per quelli come loro.
Si era svegliata e aveva ancora la bocca impastata delle parole che non era riuscita a dire. Parole sconosciute.
Si era sfiorata gli occhi, accorgendosi di avere pianto. E aveva scosso il capo, ridendo.


 
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