Dov'è il cacciatore? Il cervo dai palchi dorati l'ha perso di vista nella corsa, ora si guarda attorno smarrito, dilata le narici per captarne l'odore.
Ma il cacciatore è furbo: procede sotto vento per non farsi fiutare, veste di cuoio verde per confondersi tra gli alberi, in pugno un arco, la freccia incoccata.
Lo schiocco del legno secco che cede sotto il peso di qualcosa. Un rumore poco più forte del sottofondo della foresta, ma tanto basta ad attirare il cervo. Eccolo li, il cacciatore con la freccia già pronta. Allora il cervo fugge, con un'agile corsa, per cercare la salvezza nella foresta.
Il mondo esplode nel dolore, il cervo inciampa e cade contro una grande quercia. Il cervo rimane immobile, il petto si alza e abbassa spasmodico, la freccia conficcata nella zampa posteriore blocca con fitte di dolore ogni suo tentativo di rialzarsi.
Lacrime infuocate solcano il muso del cervo.
Il cacciatore raggiunta la preda prende un secondo dardo e punta.
Il cervo fissa la freccia, si irrigidisce. E' pronto.
- Colpiscimi ora, non esitare. Dice il cervo con aria rassegnata. - Il tuo dardo mi ha immobilizzato, ha tinto di rosso il mio mantello. Non posso più sfuggirti, questo è il tuo giorno, colpisci con il tuo dardo e strappami questi maledetti palchi. Questa è la tua vittoria e il tuo signore sarà lieto del dono che gli offrirai.
Il cacciatore esita, la mano trema e si rifiuta di obbedire al comando. - Perché piangi? Non è stata una caccia memorabile per entrambi? Dall'alba fino al crepuscolo mi hai sfidato, ingannato, hai dimostrato di potermi tenere testa ancora e ancora. Più di una volta ero sul punto di arrendermi e preso dallo sconforto ero certo di dover tornare a casa sconfitto. Non è bello che alla fine la nostra caccia sia arrivata alla fine e che ti abbia costretto alla resa con la mia forza e la mia astuzia?
-Si lo è.
-Allora non piangere.
-Non posso non piangere.
-E io non posso non colpire.
Il cervo emette un verso strozzato, poi espira tranquillo e si rilassa. La caccia è conclusa, non ha niente da biasimarsi e lo sa.
Il cacciatore prende il coltello e si china sull'animale. Deve farlo lo sa, ma di nuovo la mano si ribella e le dita si irrigidiscono. L'uomo scoppia in lacrime e getta il coltello. -Non voglio più infierire, non posso rubarteli, non voglio donarli al mio signore. Per cosa poi? Perché possa spacciare per sua la nostra caccia? La mia anima si rivolta a un pensiero simile. No. Questa caccia sarà solo nostra, non mi macchierò di quest'offesa nei tuoi confronti, non diventerai il trionfo di un altro.
La terra trema.
Il corpo del cervo viene avvolto dalle radici della quercia, esse non lo stritolano, lo avvolgono dolci come l'abbraccio di una madre. Il cacciatore impietrito cade in ginocchio; -Perdonami, perdona le mie offese, le tue ferite oltraggiano la mia anima, il tuo dolore è la mia vergogna. Perdonami per il sangue che ti ho fatto versare!
Non vi è nulla da perdonare cacciatore, la tua caccia è stata leale e i tuoi sentimenti nobili. Vieni! Allora le radici si aprono e rivelano un piccolo seme. Il cacciatore lo prende: è caldo e pulsa.
Non temere l'ira del tuo signore, lasciatelo alle spalle e sii libero in me.
Il cacciatore prende il seme, chiude gli occhi e lo inghiotte.
Allora i palchi dorati del cervo si illuminano, lo spirito del cervo si solleva libero nella foresta e si volta verso il cacciatore. -Possiamo continuare la nostra caccia, non ne sei felice?
-Ho paura che questa volta non sarò all'altezza.
-Mettici lo stesso coraggio di questa caccia e nessuno potrà fermarti.
Il cacciatore sorride e solleva lo sguardo. La notte è arrivata, è ora di andare a caccia.
CITAZIONE
storiella breve breve, avevo letto una cosa simile tempo fa in un libro mi pare e boh mi pareva calzare a pennello con la fazione di Demetra. ho scelto il tema radici appunto perché si tratta di lei, spero abbiate gradito e chissà il cacciatore potrebbe tornare, magari insieme al cervo?
