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voci dal profondo ~ rivelazione

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Æclipse
view post Posted on 17/7/2016, 23:18 by: Æclipse




Ed il mondo smise di esistere.
Perlomeno si fa per dire. La terra, il mare ed il cielo divennero una cosa sola, per poi implodere su se stessi come a voler coprire il mondo, annientando ogni luce. Ma se è vero che il mondo venne così distrutto in un battito di ciglia, è anche vero che la vita non cessò.
Non quella del Maestro, quantomeno.

Vi sorprenderà sapere - quasi quanto sorprese il nostro eroe al tempo -, che il giovane Caleb non morì, quel giorno.
Le tenebre lo avvolgevano; la solitudine e il silenzio di un universo muto e senza colori. Eppure respirava. Percepiva la vita attorno a lui: fili invisibili gli carezzavano il viso, quasi a solleticarlo. Sentiva il calore di un abbraccio, la sensazione di star riposando nel grembo di un qualche sconosciuto essere.
Una voce femminile e soave cantava nella sua testa.

Bambino mio, bambino mio... Chi altri avrebbe potuto comprendere il dolore di una famiglia perduta? Avevi desiderato l'amore, Caleb? L'avresti desiderato adesso?

Chi stava parlando? Chi era Caleb? E perché quelle parole erano velate di tristezza?
Era un sogno forse. La testa gli turbinava pigramente, cullandolo in una parvenza di veglia trasognante.

La mamma adesso è qui con te, Caleb. Possiamo ricominciare Caleb, una famiglia, come una volta. Lo eravamo, riesci a ricordare Caleb?
Ma tu lo desideri Caleb? Lo desideri ancora?


Il Maestro non comprendeva la ragione di quel discorso, di quel nome. Eppure era rivolto a lui, sapeva che fosse rivolto a lui, poiché l'oscuro interlocutore era nella sua testa.
Un sogno, un delirio: così si spiegò la natura di quell'incontro. Dopotutto nei sogni la ragione degli eventi sfugge spesso dalla nostra comprensione, ma nondimeno viviamo le illusioni con la medesima convinzione con cui viviamo la realtà.
Era dunque d'obbligo una risposta, è pura educazione.

Io ho una famiglia, l'ho creata con le mie mani. Gli oppressi e gli oppressori... tutto sparirà, e ci sarà solo comunione. Sarò il vostro Maestro, ed insieme avremo la pace in questo mondo.

Lasciò una breve pausa, soppesando per un attimo quelle parole. Era la prima volta che dava voce - si fa per dire, essendo muto - alla propria volontà.

Posso darla anche a te, se vuoi.

Per tutta risposta la morsa attorno a lui si fece più forte. Non fraintendete, quella della "Donna alla fine del mondo" - questo il nome più consono per chiamarla - non era una stretta o una prigionia. Lo sorreggeva come una madre con il proprio bambino, forse nella speranza di evocare in Caleb degli ancestrali ricordi d'infanzia.
Purtroppo, però, quei ricordi non esistevano più da molto tempo. Forse non erano mai esistiti.

Bambino mio! Loro non sono che pupazzi nelle tue mani, giocattoli in mano ad un infante. Non riesci a ricordare, bambino mio, cosa si prova ad avere una vera famiglia? La possibilità di crearne una come tu desideri...

Buffo come quella voce sapesse così tanto di lui... e così poco.
Non vi è da stupirsi, certo; neppure io - autore e padre - posso affermare in coscienza di conoscere appieno il mio stesso figlio. Come potrei, quando neanche Caleb conosce se stesso.
Forse è proprio per quella contraddizione interna alle affermazioni della donna, che il Maestro si mise a sorridere divertito. Una di quelle sue risate tipiche, innocenti e fanciullesche, eppure con una punta di inquietante lucidità.

Pupazzi... sì, mi stà bene. Io mi prenderò cura di loro ed in cambio mi terranno compagnia. È più semplice essere un pupazzo. No, sono felice così, mi piace giocare con il mondo.

Esatto.
Una vera famiglia, plasmata secondo il suo volere.
Sublime contraddizione.

Fu allora che l'abbraccio si sciolse. Era come un abbandono, una dichiarazione di resa verso un qualcuno la cui mente era ormai troppo distorta per sentire ragioni.
Il Maestro si sentì così ricadere sull'erba del "Nuovo Mondo", riconoscendo per la prima volta il terreno su cui giaceva il suo corpo.

Capisco... Ma vedi a volte anche il mondo gioco con te...

La donna parlava, la sua voce sempre più distante.
A mano a mano che gli attimi scorrevano, il torpore di un sogno lasciava sempre più spazio alla dura realtà. Poteva ancora sentire i lividi che la marea aveva lasciato su di lui; i sottili vestiti ancora umidi della pioggia torrenziale; il buio... le tenebre si diradavano.
Non era più solo.
Non lo era mai stato.
La Donna alla fine del mondo era lì, in mezzo al campo fiorito, inondata da una luce ultraterrena. Poteva vederla, attraverso gli occhi della Bambola ritta dietro di lui.

Tu e la tua famiglia vi muovete come piccole particelle in un mondo infinito, troppo deboli per allontanarvi, troppo spaventati per provare a viaggiare più in là dei vostri occhi...

Mina e Antima erano comparsi al suo fianco. Quand'era successo? Come?
La sua mente era in stato confusionale, incerta se trattare ciò che stava accadendo come un sogno o una realtà.
Così distratto e abbagliato, neppure si accorse di quel che stava accadendo di fronte ai suoi occhi - o meglio, di fronte agli occhi della sua ancella. Traslucidi prismi di cristallo lo avevano circondato, rispecchiando i colori dei pianeti che gravitavano attorno al giardino ameno.

Il dolore di tante piccole scariche folgorò il suo corpo, strappando così una volta per tutte il velo effimero dell'illusione.
Quel luogo era reale, il pericolo era reale.
Poté vedere se stesso rotolarsi in terra in cerca di riparo da quella pena. Per sfuggirgli prese diretto controllo del corpo della propria donna, lanciandosi a protezione di se stesso. La mezz'elfa dunque si chiuse in un abbraccio attorno a lui, facendogli da scudo.
Richiamato dal proprio padrone, il Demone si lanciò in avanti con forza ferale, sferzando l'aria con artigli, zampe, corna; le zanne si aprivano e chiudevano ritmicamente, per ruggire e addentare.

E tu, bambino mio, cosa riesci a vedere?

I prismi si sgretolavano uno dopo l'altro, sotto l'imponente peso della Bestia, ma per quanti egli ne distruggesse, tanti più ne apparivano.
Stretto nelle braccia della Portavoce, le cieche palpebre del Maestro scrutavano la figura femminile davanti a loro. Sdegno si leggeva negli occhi del fanciullo, non tanto per il fatto che li stesse attaccando - poiché non leggeva odio nelle azioni di lei -, quanto per l'inganno nei suoi confronti.
Voleva una risposta; voleva la ragione, la sua ragione. Il Maestro lo sapeva, ma si rifiutava di accettarlo.
Le concesse unicamente la semplice verità, che le piacesse o meno.

Non ho occhi per vedere.
«Non ho occhi per vedere.»

Quella frase fu ripetuta all'unisono dalle labbra della Bambola, sottolineando così - per la seconda volta - la squisita contraddizione di quella realtà.

Solo allora la donna smise di attaccare.
I cristalli caddero in pezzi di fronte a loro, frantumandosi in mille specchi di polvere.
Un attimo di silenzio.

Allora avrai i miei occhi.

Ed ancora una volta - incredibilmente - il mondo finì.
Ogni cosa si torse e piegò su se stessa, prima che ogni panorama smettesse di esistere. Non c'era più cielo né terra, solo immagini di luoghi lontani e sconosciuti, come fossero ricordi a testamento delle ere ormai giunte al termine.
Voci e sussurri di lingue estranee attorno ad un piedistallo eretto verso il cielo.
Poi la luce dell'armageddon.




Abilità usate:

CITAZIONE
- Talento "Ammaliatore", Affascinare: Influenza psionica passiva che altera lo stato d'animo per ispirare ammirazione, timore, rispetto, gioia etc. nei confronti dell'utilizzatore. (Passiva, 5 utilizzi.)

- Abilità personale (8/25): Antima aggiunge 4 CS in potenza fisica alla sua riserva. (Medio, Consumo: Energia, Natura: Fisica) x2 -> spesi 8CS per l'attacco di Antima verso i prismi
 
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