Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Come cenere nel vento, Contest Luglio 2016 - Promessa

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view post Posted on 4/7/2016, 13:01
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La cupezza del cielo defluiva silenziosa in una soffice pioggerella autunnale, di quelle pioggerelle talmente delicate che a malapena riesci a percepire sulla pelle, come migliaia di leggere zampette di mosche. La luce sfilava impettita tra le frasche dei pini alti e snelli che dominavano l'orizzonte, dopo essere stata tamponata con durezza dal gregge di nubi plumbee che pascolavano nel cielo, donando al mondo una pesante, ferrigna desolazione. I bagliori più intensi di quel sole malato colpivano il volto dell'uomo, illuminando i solchi intricati sul suo viso. Quella mattina i suoi lineamenti erano distesi, non perché l'uomo sostasse in una rilassata meditazione, ma perché la sua mente era lontana anni luce dal corpo, e la sua espressione, di conseguenza, non poteva che essere vaga, distratta, annegata nei ricordi.
L'uomo indossava uno spolverino sdrucito che emanava un forte odore d'arenaria, piuttosto fuori luogo in quel paesaggio montano, che riusciva, solo in parte, a coprire l'olezzo del suo alito. Agli angoli della bocca brillavano di luce opaca i segni dei rigurgiti della notte appena passata. L'ubriacone sedeva sdraiato lungo la via selciata con la schiena appoggiata al muro esterno di una locanda solitaria, lontana molte miglia dal centro abitato più vicino. Tutt'attorno regnava il silenzio. Anche dentro quell'uomo, un silenzio mortale. I suoi occhi, lucidi e arrossati, erano nascosti nell'ombra netta della tesa del cappello, fissi su di una rosa che un tempo era stata rossa come il rosso accesso del cuore di un amante. Ora, quella rosa aveva perso la corona dei petali più esterna, quella più imponente e significativa, e i petali rimanenti avevano assunto un colore tutt'altro che appagante, che somigliava vagamente a quello del fango.
I ricordi, nella mente dell'uomo, presero ad animarsi come gli attori di uno spettacolo teatrale. I suoi occhi si gonfiarono di lacrime.





«Aspetta!»
Gli urlò la fanciulla, e con un solo salto coprì la distanza che l'uomo aveva percorso camminando, in quegli attimi d'attesa dopo il lungo saluto. Gli si aggrappò alle spalle e lo abbracciò forte, arrivando quasi a strangolarlo. Il pistolero, in quel momento, provò un'emozione intensa, vera, profonda, come se l'artiglio incandescente di un falco infernale gli avesse appena accarezzato il cuore. Il suo volto si distese nel sorriso sincero di chi, in una realtà di attrazioni mediocri, aveva trovato l'unica persona al mondo in grado di conciliare con tanta maestria le corde del suo cuore da riuscire a comporre quella sublime e rara melodia che i più volgari e schietti popolani chiamano semplicemente amore.
La fanciulla voleva chiedergli ancora una volta di restare, il pistolero attese che la donna gli chiedesse nuovamente di restare. In quell'attimo sfuggente appena prima dell'inizio della fine, non importa quante volte avessero già affrontato l'argomento, l'uomo avrebbe cambiato la propria decisione e sarebbe rimasto con Rosaline, amandola per tutta la vita. Ma nessuno dei due disse niente e quell'attimo fatato passò oltre, rimanendo impresso nel tempo come un semplice, comune attimo, come uno dei tanti altri senza valore che costellano la vita intera di un uomo qualunque.
La fanciulla fissò il volto di Levi mentre questo si voltava verso di lei. Il sorriso radioso del pistolero aveva lasciato spazio ad uno più cupo, presagio della partenza imminente. Il suo sguardo era basso, rivolto al pavimento di assi di legno, incapace di tuffarsi, un'ultima volta, negli universi cristallini che imperlavano le finestre mozzafiato di Rosaline. Anche lei allora abbassò gli occhi, di rimando, un po' delusa per quel freddo distacco. Allungò il braccio verso un vaso di fiori variopinti, alla sua destra, e dal mucchio estrasse una rosa, la sua preferita. Con fare un po' goffo per l'emozione, porse il fiore al suo pistolero.

«Promettimi che tornerai»
La voce gonfia, come gli occhi gocciolanti di lacrime.
«Finché il tuo cuore crederà in questa promessa, la rosa non appassirà»
Levi si mosse senza indugio, stringendo le mani più buffe che aveva visto in vita sua.
Le mani che amava, e che amava stringere.
Sorrise.
«Prometto che tornerò»
Allora non aveva avuto dubbi,
e la più potente delle magie aveva suggellato l'amore platonico e indissolubile delle due anime,
vergandolo nei petali porpora della rosa.
Prima di partire, Levi amò Rosaline un giorno ancora.

All'alba di quello dopo, il pistolero si incamminò, diretto ad est. Si voltò un'unica volta, ma rimase per molto tempo a fissare, in lontananza, la sagoma della fanciulla che amava, rischiarata dalla luce assassina del Far West. Alcuni uomini la definivano paffuta, ma per Levi quella era la donna più bella che avesse mai visto e la più bella che avrebbe mai visto. Perché era la sua donna, e i loro baci avevano il sapore del destino.

"Ti amo principessa"
Sussurrò tra sé e sé,
come tante altre volte aveva fatto in quelle ultime settimane, senza mai farsi sentire da lei.

Sospirò, e voltandosi si lasciò alle spalle Mhirt e la sua felicità.
Strano come una semplice promessa, come delle semplici parole, avessero avuto l'ineguagliabile potere di riuscire a confortarlo, a confortare entrambi. La speranza e la certezza che un giorno si sarebbero rincontrati e si sarebbero amati, finalmente. I loro cuori erano stati intrecciati da un filo rosso, da una rosa rossa che non sarebbe mai appassita.
Levi mosse il primo passo oltre i confini dell'ultimo villaggio, il suo volto era illuminato da un sorriso implacabile.






La rosa si sbriciolò tra le sue mani, come cenere nel vento.
Levi restò a fissare, immobile, la mano, sgombra, per un giorno intero. Si sentiva talmente vuoto da non riuscire a percepire la sensazione della fame, né il bisogno di espletare alcuna funzione fisiologica. È così tanto facile stringere promesse, ed è tanto semplice disonorarle, che molto spesso nessuno si rende conto del loro potere immenso. Basta un niente per deludere per sempre chi si ama.
Al tramonto il pistolero si mosse, rannicchiandosi sul proprio lato sinistro. Faceva freddo, ma a lui non importava.
Pianse, infine. Era passato molto tempo dall'ultima volta che l'uomo aveva pianto, e aveva dimenticato che alla sua età le lacrime erano asciutte e sgorgavano con mostruosa difficoltà, tanto che non è affatto esagerato affermare che le vomitò fuori dalle palpebre. I muscoli si contraevano in spasmi dolorosi, all'uomo parve di soffrire come mai prima di allora. Una dozzina di volte quella notte desiderò che il fiato gli si spezzasse per sempre, e di morire soffocato nel pianto.
Aveva perso Rosaline per sempre, e con essa aveva perso la speranza che lo teneva sveglio a combattere per la propria esistenza, aveva perso la sua felicità, aveva perso il suo destino. Aveva perso tutto.
Levi estrasse la pistola dal fodero, armò il cane. Spinse la canna contro la propria tempia e strinse con forza gli occhi arrossati.

"Ti amerò per sempre principessa"
Singhiozzò con un filo di voce.




Giuro che so scrivere anche post gioiosi e divertenti.
Il pezzo centrale del post è - ovviamente - un ricordo di quando il pistolero era ancora confinato nel Far West, intercalato nel presente di quattro anni dopo. Le promesse sono le magie più potenti.
Vi auguro una piacevole lettura.


Edited by H I G - 12/7/2016, 20:48
 
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