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La crociata del traditore ~ apologia di Raymond Lancaster

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Caccia92
view post Posted on 28/7/2016, 12:54






« Terra Grigia »
Una radura nella foresta


Pioveva.
Mi svegliai cullato dal rumore delle gocce che, delicatamente, s'infrangevano sul terreno erboso della radura. In bocca avevo il sapore del sangue e del metallo. Respiravo a fatica. I muscoli delle braccia e delle gambe si stavano riprendendo, ma non volevo affrettare i tempi. In verità non sapevo nemmeno se quell'erba, quella pioggia e quell'aria umida fossero davvero Terra Grigia. Cosa ricordavo? Una ragazza, tanta acqua, uno strumento, animali. Ero rimasto in un limbo oscuro per...per le ultime...quanto tempo era passato? Ore? Giorni? Minuti?
Accanto a me giacevano altre figure. Sebbene rimembrassi i volti e i dettagli dei corpi, quella situazione mi pareva strana. Sbagliata. Io ero stato vivo, da qualche parte, con un elmo arrugginito sulla testa. Cos'era passato e cosa presente? Le domande continuavano ad accavallarsi nella mente, impedendomi di ragionare con lucidità. Ero confuso, debilitato e, per certi versi, estraneo alla mia persona. O solo amareggiato? Perché nell'incubo - quell'incubo feroce della Fine del Mondo - riuscivo a vedere ciò che potevo essere. Nella radura di Terra Grigia, invece, ero semplicemente Alexander, Cavaliere disertore con la mania di uccidere compagni d'arme. Persino a me faceva schifo quella descrizione, eppure racchiudeva l'essenza della mia via. Una vita misera.
Alcune voci sommesse mi giunsero all'orecchio, trasportate dal vento. Riconobbi il tono duro e fastidioso dei Van e...un timbro morente.
Voltai appena il capo per ammirare le schiene minuscole di quattro guerrieri e un vecchio. Erano accovacciati su un cadavere indefinito e ne ammiravano, forse compiaciuti, la posa disarticolata.
Digrignai i denti: Aedh era ancora vivo? Dopo il colpo di spada che gli avevo inferto?
Mi sollevai di scatto, facendo leva sulle ginocchia. Le immagini davanti ai miei occhi cominciarono a vorticare veloci, sempre più veloci, e rischiai di svenire nuovamente. Lasciai quindi qualche momento al sangue per riprendere a circolare, mentre il cuore tentava in tutti i modi di mantenere un ritmo regolare. Non indossavo l'elmo, ma la pioggia rendeva i contorni di alberi e persone fumosi, indefiniti. Persi più volte l'orientamento perché volute di fumo scuro continuavano a coprire a sprazzi la visuale. Poco lontano, verso Ovest, la dimora dei Lancaster cadeva lentamente su se stessa, divorata da fiamme e braci. Il mio occhio indugiò per qualche momento sulle pire brillanti, cercando stupidamente di rintracciare la figura di Athelstan. Era quello il motivo per cui stavo a Terra Grigia, per convincere il più grande cavaliere del regno ad abbandonare il proprio titolo.
Poi tutto era degenerato in un dipinto di orrore e morte.
Vidi la cenere volteggiare nel cielo. Gli uccelli fuggivano in stormi, stridendo e sbatacchiando gli uni sugli altri. Pareti, case e statue collassavano, dando alimento alle braci sotterrate dalle macerie. E io ero lì, immobile, davanti all'inferno.
« Che ne è stato dei tempi di cavalli, scudi e lance? » sussurrai, spiazzato da quella visione.

image


Dimenticai la rabbia per il vecchio lord di Terra Grigia. In lontananza, coperto parzialmente dal fumo, stava sopravanzando un uomo. La luce delle fiamme impediva di riconoscerlo con certezza, ma la mente era agganciata con forza al pensiero di Athelstan. Così, senza alcun motivo, ridisegnai i tratti del cavaliere sull'andatura sbilenca di quella piccola ombra sbucata dal fuoco.
Cominciai a camminare, trascinando la gamba sinistra. Portai una mano dietro la schiena per stringere l'elsa della spada. La presa era decisa, nonostante l'enorme quantità di energie spese per mantenere la posizione eretta. Sentivo che, da un momento all'altro, sarei crollato nuovamente sulle ginocchia. Ma non volevo. Non prima di aver compiuto il mio dovere.
Che senso aveva, altrimenti, la mia esistenza? In un mondo di mostri e orrori e incendi, che poteva un Cavaliere legato al passato?
« Questa è la tua condanna! » urlai verso l'uomo, furente « I tuoi ordini, i tuoi principi, i tuoi sogni di gloria...dove sono? Guarda! Terra Grigia brucia! »
Non riconobbi l'ira che mi pervadeva. Il confine tra pazzia e ragione si assottigliava ad ogni passo. E ad ogni passo, faticoso quanto sollevare una montagna, vedevo la vita sfuggirmi di mano. Le domande si accavallavano, disegnando gli sbagli di uno sciocco. Dov'era giunto il mio percorso? Qual'era il risultato conseguito dopo tutti gli omicidi e le guerre? Concepire un fallimento così evidente e di tale entità mi risultava impossibile. Non potevo aver fatto tutto quello per nulla. C'era un motivo.
« Dove ti hanno condotto l'ordine, la disciplina e il senso del dovere? Hai fallito, cavaliere! Ora rinuncia al tuo titolo! »
Ormai avevo le lacrime agli occhi. Sentivo l'elsa di Ambrinxer che vibrava come una creatura viva. Le parole uscivano dalle mie labbra come un torrente, ma non erano rivolte ad Athelstan. In qualche modo, tuttavia, riversare su altri le colpe della mia anima sembrava alleggerire il cammino verso l'inferno. Perché era l'inferno che mi attendeva oltre il velo di pioggia e fango.
« Abbiamo...abbiamo distrutto ciò che eravamo...il codice...non vale più nulla... » dissi, con la voce rotta dal pianto.
A metà strada, caddi. Crollai dolcemente sulle ginocchia, poggiando la spada sul terreno bagnato. Tutta la sofferenza accumulata negli anni si riversava sulle braccia tremanti. Ero un ramo spezzato, come aveva detto il Guardiano della Fine del Mondo. Troppe tacche disegnate sulla superficie, troppe deviazioni sbagliate, troppi rimpianti. Trasportato dal vento carico di vendetta, il ramo si era depositato lontano dall'albero d'origine. Osservai, quasi di riflesso, il disegno sul pomolo della spada. Alabastro...tempi perduti.
Sollevai la testa, scontrandomi con la pioggia leggera. Vidi il corpo carbonizzato e sanguinante di Raymond che discendeva il dolce pendio della radura. Accanto a lui trottava una bambina.
Non era una visione. Il giovane Lancaster era sopravvissuto agli eventi di quella notte oscura. Che cosa...che cosa lo spingeva ad andare avanti? Quante volte la morte aveva cercato Raymond?
« Quante ferite può sopportare un uomo, prima di crollare? » chiesi a me stesso.
Così, illuminato dalle fiamme divoratrici di Terra Grigia, attesi in silenzio una risposta.









ALEXANDER



Mente: 75%
Energia: 30%
Corpo: 85%

Passive utilizzate:
x

Attive utilizzate:
x

Riassunto/Note/Altro:
Alexander si desta nella radura in cui aveva combattuto Aedh. Confuso, amareggiato, dolorante, osserva il mondo circostante con l'anima lacerata in più parti. Non ha più nulla per cui combattere, se non i suoi stupidi propositi; è un uomo distrutto dalla vita e dagli errori commessi.
Forse sta anche impazzendo. Scambia, in un primo momento, la figura di Raymond con Athelstan e tenta di andargli incontro. Crolla a metà strada perché, in realtà, si è già reso conto della sua follia. Piange, colto dalla disperazione. Anche se mosso dalla rabbia, la sua è una strada che termina irrimediabilmente nel buio.
 
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view post Posted on 11/9/2016, 23:05
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Time Lost Centurion (3dh Economic Crisis Edition)
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Roesfalda - Terra Grigia
«You know nothing, Raymond lancaster»

Certi comportamenti o modi di fare hanno poco o niente a che vedere con l'essere una vampira. A ragion del vero poco o nulla di ciò che sono ha nulla a che vedere con la mia natura, vale anche per tutti quei vampiri psicotici e depravati che vanno in giro credendo di essere i padroni del mondo. Dietro ad ogni vampiro c'è solo un altro essere umano, o elfo, o vivente, solo un'altra persona come tante che è incappata su una di quelle strade poco battute e lasciate in disparte, lontane dagli occhi dei molti. Tutto quello che ho fatto, l'ho fatto perché volevo, sempre. Mai nessuno mi ha costretto a scegliere qualcosa di diverso, ne bene o nel male delle mie scelte sono sempre stata libera. Mie le vie percorse, mie le gioie e i rimpianti che queste hanno portato su di me, ogni trionfo o sconfitta mi appartengono come fossero figli miei. Sono stata io a scegliere di uscire dall'ombra di una piccola bambina, che giocava a fare l'orfanella, spostandosi di villaggio in villaggio finché gli anni non avessero lavato via ogni memoria di me. Un ciclo senza fine, che è andato avanti per quasi mezzo secolo, finché non ho visto una prode e ingenua Cavallerizza parlare di pace e uguaglianza. Una scena ritrita, ma non la vedevo da anni, mi ha fatto venire voglia di rimettermi in gioco, di dimostrarle che ero migliore di lei. Avevo ogni comodità, non avevo motivo per farlo, ed invece sono finita a Ladeca. Non la bella Ladeca che c'è adesso, solo un piccolo villaggio, e una moltitudine di tende a circondarlo. Da questo a finire nel mezzo di un conflitto Onirico il passo è stato fin troppo breve, ma cosa sarebbe la vita senza una sorpresa o due? Da li in poi sono successe così tante cose, così diverse fra loro. Ho visto un dio cadere nelle sabbie dell'Akeran, uno sparuto gruppo di predicatori della pace trionfare su una vile nobiltà e un folle predicatore. Ed è nel mezzo di questo caos che una scelta presa quasi per gioco si è trasformata in qualcosa di concreto e perfetto, senza nemmeno volerlo. Ho solo pensato di suggerire a quell'imponente e carismatico contadino un semplice trucco per fermare un piccolo disastro economico,m solo per divenire l'ombra silenziosa che sussurrava e consigliava ciò che adesso è divenuto il cuore pulsante di Ladeca, uno dei pilastri portanti di un bocciolo appena sbocciato. Sto mentendo, è più di tutto questo, non sono solo un mucchio di facce anonime che cercano il mio consiglio. Loro sono ciò che non ho avuto per tanto, troppo tempo. Loro sono la mia famiglia, gli voglio bene, e loro ne vogliono a me. Sanno che cosa sono, e non gli importa, lo accettano senza riserve. Questo è il solo motivo che mi ha spinta sin qui, nel cuore del dominio Lancaster, faccia a faccia con un capostipite che ha perso tutto, persino la propria sanità mentale. Dovevo porre la parola fine anche agli ultimi sprazzi di potere di una nobiltà che non si è voluta arrendere all'inevitabile fine che il tempo ha imposto su di essa, mi serviva una certezza. Invece mi sono trovata faccia a faccia con un drago che si credeva dio, ma che invero era meno di un mortale. Ed una parte di me l'avrebbe comunque salvata, avrebbe reciso di netto i polsi del Lancaster, l'avrebbe fatta sparire tra la nebbia, dimenticata da tutti. Se non fossis tata così esausta, incapace di garantirle persino il riposo eterno, servita in pasto ad un abominio. Ed è colpa sua, sapete, colpa di Raymond. Che non ha fatto altro se non blaterare, trascinandosi come un cadavere, solo per farsi giudice e dare le spalle a coloro che si erano guadagnati il diritto di scegliere della vita di lei.

« Uff, la smetta di importunarci, dobbiamo fare una cosa molto importante. Anche se lo prendeste che cosa pensate di guadagnarci? Terragrigia è in rovina, i possedimenti dei Lancaster sono distrutti, non hanno più niente. Però... » Gli ultimi sprazzi di un'epoca passata e sepolta, mercenari che si professano leali soldati. Una parte di me vuole salvarli, ci proverò ,a so già come andrà a finire. « Però la carcassa del drago che ha distrutto tutto quanto si trova ancora tra le macerie del torrione. Non come quella lucertolina volante, un drago vero, grosso quasi quanto la sala grande della fortezza. Ahed non può pagarvi, ma le zanne di quella bestia valgono una vera fortuna sul mercato nero, specialmente verso sud. »
Continuano a calciare e picchiare, insultare ed umiliare, mi lasciano andare. Povera piccola bimba, tornatene a casa, questa non è la tua battaglia. Invero non lo è, l'unico motivo per cui sto seguendo Raymond è la speranza di trovare quella piccola mezzosangue che ha portato con se, come una disperata che scava tra le macerie incenerite della propria dimora. Salvare il salvabile, rimettere insieme i pochi pezzi rimasti, poi andarsene per sempre. Lui dice di aver scoperto qualcosa a Lithien, di voler marciare nell'Onerion e uccidere Zoikar, Giovane, stolto e oltremodo sconsiderato. Ma davvero, non mi importa dei Daimion, non mi import di quanto i due Lancaster rimasti decidano di fare, non mi importa delle loro dispute e dei loro affanni. Voglio prendere quell'unico sprazzo di innocenza che sono riuscita a scorgere in questo vorace mare di nera morte, e portarla via con me. Perché so cosa significa, essere trascinati in un mondo che non si desidera, non per le proprie scelte ma semplicemente per quello che siamo. Non seguirò Raymond verso la sua condanna a morte, desideroso di vendetta verso chi non ha fatto altro che agire in risposta ad un'aggressione, a dirla tutta cercherei di fermarlo se ne avessi le forze. Si fa forte della sua immortalità, pensa che il mondo non sarà mai in grado di distruggerlo, che ormai abbia sofferto e non abbia più nulla da perdere. Tiamat mi faceva pensa, mi ispirava pietà, ma lui nella sua ipocrisia mi fa sentire solo un profondo rancore. Dimmi, Raymond Lancaster, sei mai stato incatenato ad un macigni e lasciato sul fondo del mare per mesi, prima che la corrosione della salsedine rendesse le catene troppo deboli per poter essere infrante? Sei mai stato confinato dentro le dure pareti di una prigione, torturato e seviziato con spuntoni ardenti e strumenti troppo crudeli per essere anche solo nominati? Hai mai avuto il coraggio di guardare il tuo riflesso in uno specchio d'acqua, accettando ogni goccia di sangue versata in nome dei tuoi errori, ogni volto sopito nella memoria dicendoti che stavi facendo la cosa giusta? Sai chi sei? No. Predichi morte e vendetta, dici di voler porre fine a tutto, quando nulla ha una fine. Non ti importa di niente all'infuori di te stesso, usi la tua malasorte come scusa per apparire come un eroe distrutto e perso. Ma io so chi sei, Raymond çancaster. Sei solo un figlio di puttana, una piaga che si porta dietro morte e rovina. Non per una maledizione, non per via della malasorte o del fato. Siamo tutti padroni del nostro destino, e tu hai scelto di usare i pessimi risultati delle tue errate scelte come giustificazione per fare quello che più ti aggrada, noncurante delle conseguenze che questo comporterà agli altri. Tu non sai niente, Raymond Lancaster. E se mai troverò un modo per ucciderti, puoi star certo che lo farà. ma non oggi, adesso ci sono cose più importanti da fare. Ed io, come te, ho tutto il tempo del mondo.






¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯ ¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯
Riassunto

CS { 0 }

Fisico {20%} ~ Mente {25%} ~ Energie {20%}




Passive:

» Amuleto dell'Auspex: (2/6)
» Passiva Razziale - Scurovisione: (2/6)
» Passiva Razziale - Sensi Migliorati: (2/6)
» Passiva Razziale - Mira precisa: (2/6)
» Passiva Acrobata - Funanbolo: (2/6)
» Passiva Acrobata - Caduta Lenta: (2/6)
» Passiva Acrobata - Scalatore: (2/6)
» Passiva Acrobata - Contorsionista: (2/6)
» Passiva Ladro - Celarsi: (2/6)
» Passiva Ladro - Velo Sonoro: (2/6)
» Passiva Ladro - Velo d'Ombra: (2/6)
» Passiva Personale - Grazia del Duellante: (3/6)







No, non ho scritto tutto questo un mese fa, salvandolo in un file e vivendo la mia vita serenamente sino a questo momento, realizzando che mi sono bellaamente scordato di postarlo mentre attendevo invano che la scena andasse avanti.
Si, ho fuckappato malissimo, ma eccolo qui!


 
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view post Posted on 24/9/2016, 19:19
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Raymond Lancaster
prospettive

— apologia di Raymond Lancaster —

Quando i guerrieri Van mi buttano per terra, la cenere di Terra Grigia mi entra fino alla gola, graffiandomi le labbra come carta vetrata.
Non è terribile né inaspettato. Mi rialzo un passo alla volta e uno di loro prende la rincorsa per darmi un calcio nello stomaco, mentre sono ancora a gattoni.
Stai giù, depravato!
Le loro risate coprono il suono delle mie costole rompersi.
Non importa. Mi serve solo un secondo, poi riuscirò a rialzarmi di nuovo. Solo un secondo.
Niente di personale, cavalierucolo: tuo padre ci ha ordinato di non farti passare.
La sensazione rinfrescante di una goccia di pioggia mi tocca la guancia.
No. Non pioggia. Uno sputo.
Metto i palmi delle mani a terra e mi faccio forza per tornare in piedi. Quando parlo lo faccio con voce spezzata, tenendo le labbra socchiuse per non far scattare la mandibola.
Lasciatemi passare, per favore.
Sei sordo?! — Tutto si fa bianco. Una sensazione di freddo contro le tempie. Il piatto di una spada, forse. Mi ritrovo a terra di nuovo. — Tu non vai da nessuna parte!
Un sasso mi si incastra sotto l'unghia dell'indice della mano destra. La solleva e la spacca nel centro. Il sangue che ne sgorga ha un effetto quasi lenitivo sui miei pensieri: il dolore è come la profondità di un abisso inesplorabile, ormai, e ogni ferita è come un lampo di luce che mi tende la mano dalla superficie.
Mi rimetto in piedi senza aggiungere altro. Mi ci vogliono trenta secondi.
Nemmeno loro proferiscono parola. Questa volta mi arriva uno stivale sul ginocchio, che mi abbatte come la scure di un taglialegna.
Cosa cazzo non hai capito?! — grida uno di loro. — Stai giù!
Un guerriero infilza la lama a terra, si appoggia sul pomo e si accoscia per parlarmi faccia a faccia.
Vi ho chiesto: "per favore".
Gli dico in un sibilo.
Voi figli di papà siete tutti uguali. — dice lui. — Credete che il mondo vi appartenga di diritto solo perché siete nati nobili. Basta che un contadino vi pesti un piede perché decidiate di bruciargli la casa e il villaggio. Non siete abituati a perdere. Non siete abituati a soffrire. È questo che vi rovina. Alla tua età tutta la mia famiglia era già stata ammazzata da un orso. La vedi questa cicatrice? — mi mostra un segno sul collo, frastagliato come il delta di un fiume. — Me l'ha lasciata quella bestia maledetta quando ho provato a vendicarmi. Mi sono salvato solo perché sono caduto da una scarpata di diciotto metri e lei non aveva voglia di venirmi a cercare. Ci ho messo sei mesi a rimettermi in piedi e in quel tempo mi sono nutrito soltanto di bacche e di neve.
Indica dietro di sé e io seguo il dito.
E il rosso, lo vedi? Lui si è fatto catturare da un signore della guerra dell'Alcrisia che gli ha cavato tutti i denti. Fagli vedere, Rosso, apri la bocca! — le sue gengive sono deflorate come le sbarre di un cancello sfondato. — Per non parlare di Sigrun, a cui hanno immerso per dieci minuti il braccio destro nella pece bollente, fino alla spalla. Di sicuro tu puoi sopportare qualche calcio, no?
Non mi sembra di essermene lamentato.
Mi rimetto a gattoni e poi seduto. Quello mi tira una ginocchiata sul naso, mandandomi di nuovo disteso. Crac. Altro sangue. Qualche dente.
Merda. Non importa.
Tutti ridono.
Torno in piedi.
Cazzo... i miei complimenti, figlio di puttana. Stare in piedi con quelle ferite non è cosa da poco. — questa volta mi spingono per le spalle, come bambini litigiosi. È sufficiente a farmi cadere di nuovo. — E sicuramente hai coglioni da vendere... ma che cosa te ne fai? Arrenditi e basta.
Guardo il cielo e prendo un lungo respiro. Non me ne frega un cazzo di tutte queste stronzate.
Allungo lo sguardo verso Odette, che è stata allontanata da me, e nei suoi occhi leggo le stesse parole che escono dalle labbra dei Van e che sono uscite da quelle di Tiamat: minacce di morte e spacconerie, perlopiù, e per cosa? Per aver vendicato mio fratello? Per essere rimasto in silenzio?
A questo mondo non esiste crimine peggiore che quello di ignorare gli altri. Sono tutti pronti a pensare che ti credi meglio di loro, se te ne stai zitto. A fare a gara a chi sta più male, a chi ha gli impegni più importanti e le opinioni più giuste.
Io di queste stronzate non ne voglio sapere nulla. Venire qui è stato un errore e ora voglio solo trovare Leanne e andarmene.
La ragazza è morta. — mi dice un altro Van, come se mi leggesse nel pensiero. — E presto farai la sua stessa fine.
A quella parole ogni fibra del mio corpo si raggela. Mettersi in piedi è molto più difficile.
Lasciatemi passare.
Mi colpiscono nello stomaco con il pomo di una spada. La saliva che sputo dalla bocca è nera come il carbone. Rialzo il viso.
Lasciatemi passare.
Quelli ridono.
Provaci pure! Sei circondato, non andrai da nessuna parte!
Metto le mani sull'elsa carbonizzata di Dyrnwyn.

Tutto ciò da cui sono circondato sono architettate fantasie, verdetti retorici...

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...e uomini morti.

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Sulla fronte di mio padre si forma una ragnatela di rughe quando, invece di veder apparire i soldati Van coperti del mio sangue, vede arrivare me coperto del loro.
Figlio mio. — estrae la spada, e così fanno anche i guerrieri che si è tenuto vicino. — Sei venuto a prendere la mia vita?
Caracollo giù dal pendio. La gamba sinistra sostiene a malapena il mio peso, e tutta la schiena mi si piega in quella direzione. Cammino sul ciglio di un precipizio che mi attrae verso le sue profondità.
Sono venuto per la ragazza.
Quello sorride. È un sorriso sgradevole.
Lo immaginavo, ma arrivi tardi. — con un gesto ordina ai Van di farsi da parte. — Non ho idea di che cosa questa bambina significasse per te, ma me ne sono occupato.
Alle loro spalle c'è Leanne Namril.

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Il suo corpo è stato deturpato in ogni modo che la mente di un vecchio depravato abbia potuto architettare. Ha la pelle coperta dalle tracce degli stivali dei suoi assalitori. I lineamenti del viso sono distorti da ematomi grossi come bubboni. Sotto di lei un lago di sangue grosso come una pozzanghera è ingrigito dalle spire di cenere che raccoglie da terra. I tagli delle spade, a confronto con tutto il resto, sembrano gli orli di un delicato abito di seta rossa.
Leanne è inequivocabilmente morta e il suo corpo è stato fatto a pezzi da Aedh e dai Van.
Non ho idea di come quella scoperta si rifletta nei miei occhi, ma mio padre, a quella vista, scoppia a ridere.
Lo interrompo subito.
Sharyar e i Van me l'avevano detto, ma non ho voluto crederci. Ora sarò costretto a prendermi la tua vita, per riavere la sua.
Torna subito serio. Ha lo stesso sguardo di quando io e Athelstan rubavamo qualcosa dalla dispensa. Muove il pomo d'Adamo in su e in giù prima di parlare; l'ha sempre fatto per prepararsi a un'orazione. Così riscalda il diaframma. La sua voce suona sempre come se parlasse dal palco di un anfiteatro.
Io non ho alcuna colpa; ciò che ho fatto, l'ho fatto solo per legittima difesa. Per dissuaderti dalle tue bieche intenzioni. Sappiamo entrambi che sei tornato a Terra Grigia col preciso intento di uccidermi. Ammettilo!
Non mi arrabbio nemmeno. Scuoto la testa, sperando che non si stacchi.
Non è così. Cercavo un rifugio sicuro.
E speri che io ti creda, dopo tutto ciò che è successo?
Le persone credono solo a ciò che esce dalle loro labbra.
Questa non è una risposta.
Né la tua poteva essere considerata una domanda.
Né io né lui abbassiamo lo sguardo. Finalmente riesco a vedere quanto ci somigliamo. Lui ha qualche ruga in più, qualche capello in meno e una sfumatura di grigio, ma è come se fossimo la stessa persona. Quello specchio mi terrorizza: io non alzerei mai la lama su un innocente, come lui ha fatto con Leanne.
Il suono della contrazione delle dita di Aedh sull'elsa mi riporta alla realtà.
Non c'è alcuna ragione di tergiversare. Sono pronto ad abbracciare il destino che Zoikar ha voluto per me, ma non sarò così codardo da andarmene senza difendere il mio onore.

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Annuisco senza paura. Lui ordina ai Van di farsi da parte e muove due passi in avanti.
Aedh era un eccellente guerriero, quando avevo otto anni. Ora è un uomo anziano, sorprendentemente forte per la sua età, stanco e provato da una giornata di sconfitte, che ha già accettato la morte. Non vale nemmeno la pena considerarlo un nemico. Non provo né gioia né disgusto nell'aggiungere il patricidio alla lista dei miei crimini. È una cosa scontata.
Dyrnwyn si muove come se avesse una volontà propria. Tra le mie mani, non sembra più la spada luminosa che brandiva Athelstan: il fuoco di Tiamat l'ha consumata, sbeccata, e ne ha sfilacciato l'elsa. È l'ultimo vascello di una breve genealogia di spettri crudeli.
Aedh mi attacca a destra e io devio la sua spada. Non si scopre. Dyrnwyn fuma. Un secondo attacco mi arriva all'altezza del ginocchio e sono costretto a piegarmi verso sinistra per scansarlo. Lui si fa avanti, ma la voluta di polvere che si è sollevata dalla spada gli entra negli occhi. Tossisce e sbatte le palpebre una volta di troppo. Alzo una gamba e lo colpisco con il piatto del piede nello sterno. Si sbilancia. Muovo la lama all'altezza della gola. Il suo sangue schizza fino ai miei occhi, bruciandomeli.
Arrrh-dettho... — cerca di dire qualcosa. Se la parola ferisce più della spada, è altrettanto vero che la spada può togliere qualsiasi parola. — Mossh-thro... tu... la tu-ah... vendhet-tah...
Nessuna vendetta, padre. — Non sento nemmeno un briciolo di comprensibile pietà. Sapere che le sue ultime parole sarebbero state un altro insulto non fa che farmi salire la nausea. — Solamente tanto studio.
A pagina quarantatre di "Sugli incubi e sulle abiezioni", Rainier Chevalier teorizza come il consumo delle anime altrui attraverso le maglie del proprio corpo sia in grado di creare una potenza energetica tale da sfondare il velo della realtà. L'assunzione di molte vite all'interno di un solo corpo fisico genera una massa spirituale così pesante da piegare la trama della realtà come un foglio di carta, come ha verificato lui stesso, in seguito, durante il Crepuscolo.
Stando alle sue idee, ciò è possibile in tre modi: consumando un gran numero di anime, un'anima particolarmente potente o un'anima che abbia una particolare risonanza con la propria. Quella di un parente stretto, ad esempio.

A pagina quarantacinque, Rainier Chevalier confessa di preferire il sacrificio di una larga parte dei suoi sudditi alla separazione da Charles Étienne Chevalier.

Ma, anche se la tua anima da sola non sarà sufficiente a condurmi fino al mio obiettivo, io non sono il re che non perde mai e non toccherò la vita di nessun innocente. Tu sei solo il primo passo.


Muovo il braccio con un gesto secco e la testa di mio padre rotola a terra. Fa lo stesso suono di un'arancia che casca da un albero. Il suo corpo si accascia in ginocchio, senza più fili a tenerlo in piedi. Le sue labbra, da cui sento ancora venire il puzzo del sangue e del suo alito, restano aperte in una replica ancora da pronunciare. Nemmeno la morte è in grado di strapparlo della sua supponenza.
Mio padre, come tanti altri, preferisce essere seppellito nella tomba con le sue opinioni, piuttosto che con la verità.
I Van ripongono le armi. Non sembrano né dispiaciuti né infastiditi. Mormorano tra loro; uno alza le spalle.
Siete dispensati dai vostri compiti. — gli dico, alzando ciò che resta dei miei occhi nella loro direzione. — Mi dispiace per i vostri compagni.
Uno schiocca le labbra — Sapevano a cosa andavano incontro. — e ciò conclude la discussione con quegli uomini intelligenti.
Mi chino sul corpo di mio padre.


Ne l'Architettura del cosmo è scritto che l'anima risiede nel sangue.
Quello di mio padre, quando scende lungo la gola, sa di cenere.


CITAZIONE
Considerati i ritardi, non sentitevi più obbligati a rispondere alla scena. Qualsiasi post/accordo privato è benvoluto, ma di regola la porterò avanti in autonomia, nei momenti liberi.
 
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view post Posted on 15/10/2016, 15:20
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Raymond Lancaster
una profezia

— apologia di Raymond Lancaster —

« La ricetta è unica e irripetibile. Frutto di un'intuizione organolettica e di una profonda preparazione farmacologica.
Ethelbert l'ha scoperta e tramandata fino a oggi, anche se è tenuta segreta a chiunque non appartenga al ramo principale della famiglia. La soluzione basilare contiene erbe e piante officinali tra cui achillea moscata, bacche di ginepro, assenzio e radici di genziana; la loro infusione produce un intruglio dall'odore canforato al quale vengono aggiunti altri dodici ingredienti a seconda degli effetti che si desidera ottenere. L'alcool distillato le conferisce un sapore aromatico, il sangue di drago la rende amara, il rame le dona una nota acidula...

Mi spiace, Raymond. Comunque li si prepari, i vini di ferro saranno sempre disgustosi.
»


HFPRSGJ

Gli insegnamenti di Willem mi tornano utili come non avrei mai sospettato.
Mi sento un vampiro a spremere mio padre per tirarne fuori quel poco di sangue che mi basta, ma scommetto che Odette non sarebbe fiera di me neanche per questo. Mi criticherebbe con un sorriso e direbbe qualcosa di sarcastico: « Ci sono modi più efficaci per raccogliere il sangue di una persona, sai? »
In un certo senso, mi aiuterebbe. Le budella di mio padre sono uno straccio su cui eviterei volentieri di mettere le mani. Tuttavia, se mi è rimasta una gioia, è quella di provare: sto zitto e provo. Sbaglio e riprovo. Imparo. Scavo. Nel fondo che mi è rimasto o nelle costole di Aedh Lancaster, a seconda dei casi. In tutto questo macello. E questo cos'è? Che schifo... Com'è che quando lo fanno gli altri sembra così semplice? Quando Rainier uccide qualcuno, non si sporca nemmeno. La gente sparisce così: puff, e ne viene fuori un assassinio elegante. Igienico. Chi gliel'ha insegnato? I corpi morti... ma i polmoni sono sempre stati di questo colore? E il taglio: tutti lì a manovrare le lame come guaritori provetti, e io indeciso tra il tremito della mano e i segni neri che Dyrnwyn lascia dappertutto, come una matita.
Oh beh.
Dicono che non ci sia modo migliore per imparare della pratica, aye?

La sensazione sterile del vetro mi scivola sotto i polpastrelli; l'odore pungente delle erbe mi sale fino al naso e una singola, eremitica lacrima sfugge alle orbite dei miei occhi scavati, come un figlioletto rinnegato.
È strano come il corpo umano scateni reazioni emotive in risposta agli stimoli più disparati, senza preoccuparsi di metterti in imbarazzo. Non so nemmeno da dove mi esca quella lacrima, eppure è lì, a ricordarmi di maestro Willem, del laboratorio di Terra Grigia e delle montagne di polvere chiuse nei tomi d'alchimia. A far credere a chi mi guarda che un po' mi dispiaccia per mio padre, alla fine, da qualche parte, almeno un poco. Ma chi mi guarda, d'altra parte?
Il pezzo del naso che mi è rimasto non è nemmeno in grado di starnutire per tutta la cenere che c'è nell'aria, ma quell'odore l'ha trovato lo stesso; prezioso e scintillante come una moneta sul fondo di un pozzo.
Deglutisco. Il catarro mi si ferma sul fondo della gola come un cucchiaio di crema amara. Contraggo la mandibola per mandarlo giù e i timpani fanno lo stesso suono di un piede che puccia in una pozzanghera. Il sangue di mio padre, quando lo verso nel distillato, è scuro come una nube d'inchiostro. Vince il resto dell'intruglio in pochi secondi, neanche fosse una creatura vivente.

Bevo a occhi chiusi. Segue il suono di un foglio di carta che si strappa, poi la sensazione rinfrescante della pioggia sul viso.
Quando apro gli occhi mi ritrovo a Basiledra nera, nell'Oneiron, davanti alla cattedrale di Zoikar. Una temporalesca e famigliare oscurità mi impedisce di cogliere le reali proporzioni della casa del mio Dio.
Muoversi qui è un inferno. L'oneiron è come una profondità oceanica che rallenta i miei movimenti e comprime la mia cassa toracica. I miei arti galleggiano nella direzione che desidero, senza che ne comprenda nemmeno il movimento. Marcio goffo come un burattino senza fili.
Il suono metallico di un'asta che picchia a terra mi annuncia l'appropinquarsi della guardia reale del Sovrano. Il cavaliere con l'elmo da leone non è più affiancato dal compagno felino e indossa un luttuoso mantello di piume di corvo.

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Ero convinto che l'avessimo già ucciso una volta.
La picca che stringe tra le mani termina con una punta a croce che mi viene spinta a pochi centimetri dalle labbra. Puzza di cenere, o forse l'odore mi è rimasto nelle narici da prima.
Estraggo Dyrnwyn.
Mesi di lontananza non hanno addolcito l'accoglienza del mio Dio.
La guardia spinge la croce contro il mio stomaco, tenendola a metà dell'asta. Sono costretto a spostarmi di lato per evitarla e il ginocchio destro mi si spezza con lo stesso suono di un guscio di noce. Caracollo a terra, trascinato con la lentezza della strana gravità del piano, come se affondassi. Prima ancora che il mio corpo tocchi il suolo, sento la punta di ferro della picca penetrare nella carne del mio stomaco e scavarci un buco. E spingere. E tirare. E scavare.
Aaaargh!
Quello marcia imperterrito sulla mia carne, estraendo la lama e spingendocela dentro di nuovo. Le fauci dell'elmo, socchiuse in un ghigno, lasciano intendere quanto si diverta. Temo che resterà deluso, quando mi vedrà rialzare.
Avanza fino a tenere la picca in verticale, su di me, come se stesse piantando una bandiera. Il dolore è indescrivibile: il mio corpo si agita e si dimena come quello di un pesce preso all'amo, e a ogni scossa sento le budella strapparsi e lacerarsi intorno alla croce di ferro, rovente e affilata.
Quello alza l'arma e la ribatte verso terra. Contro di me. Una. Due. Tre volte.
La gola mi si riempie di sangue. Smetto di urlare. Inizio a tossire.
Non sento più le gambe.
Sono un grumo di sangue in balia del destino, che cola sudore, ceneri e umori. La guardia del Sovrano decide di allontanarsi soltanto quando anche le braccia smettono di dimenarsi. Mi da le spalle e torna verso la scalinata.
Prevedibilmente, sento le dita dei piedi formicolarmi. Poggio i palmi delle mani a terra. I legamenti del mio stomaco si ricuciono.
Mi rialzo e raggiungo l'ombra alle spalle. Non volevo arrivare a tanto.
La lama di Dyrnwyn penetra nella schiena del cavaliere fino all'elsa, tagliandone l'armatura come burro ed emergendo dal suo torace. Quello cade immediatamente in ginocchio.

Fra cavalieri si dice che non ci sia niente di più ignobile che colpire un nemico alla schiena; niente di più bieco e disonesto. Un tempo ci credevo anche io. Pensavo che avrei sempre riconosciuto la crudeltà a vista d'occhio e che in essa avrei identificato i miei nemici. Col tempo, però, ho cambiato opinione su ciò che viene considerato disumano e ciò che è socialmente accettabile. La malignità non è un mostro che nasce tale, né una creatura che si nasconde già matura fra le pieghe della nostra cultura. Non ci è stata mandata dai Daimon, né ha l'aspetto di un demone cornuto. È, piuttosto, un banale e complesso sistema di impulsi. Non è teatrale, né premeditata; spesso non è altro che una cattiva soluzione di fretta, passione e abitudine. Siamo noi che la osanniamo e la glorifichiamo, dandole i volti di creature spaventose. Eppure essere malvagi fa schifo. È un continuo bilanciare i propri interessi con l'importanza della vita altrui. Si beve direttamente dalla fonte del senso di colpa, ci si guarda indietro e si scende a patti con ciò che abbiamo lasciato per intraprendere questa strada:

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La vita di Leanne è più importante di quella di un qualsiasi cavaliere.

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Zoikar sapeva che questo momento sarebbe giunto, Raymond Lancaster.
Dentro la cattedrale, le voci del Sovrano parlano all'unisono e se ne stanno immobili ai lati della navata, come un coro funereo. Hanno il capo chino, sono avvolte in un mantello bianco e coperte con un'armatura d'oro. Al centro dell'elmo hanno incastonata una singola perla, grande come un pugno.
Vieni avanti.
La loro voce è prima di qualsiasi intonazione. L'invito è lo stesso della volta scorsa.
Non riesco a scollarmi di dosso il ricordo di un passato timore reverenziale, che mi fa tremare le caviglie.
Sappiamo perché sei qui, Raymond Lancaster. La tua natura è malvagia.
Inspiro profondamente in risposta, ma ciò che ne fuoriesce è un grugnito volgare.
Non ci sono nato, così. È anche colpa vostra.
Sbagli e non sbagli. Non puoi sfuggire alla tua natura.
La rabbia è come un fuoco che mi arde al centro del petto, consumando le mie parole.
Sarà, ma non si è mai degnato di darmi una risposta. Ho combattuto in suo nome, memorizzato le preghiere, presenziato alle confessioni, difeso i suoi sacerdoti e recitato in pubblico le scritture. Sono stato il suo servo più fedele, e che cosa me ne è venuto? Tutto ciò che desideravo era sapere a che cosa fossi destinato; se tutto ciò che mi è accaduto facesse parte di un disegno più grande o fosse solamente frutto del caso...
Zoikar non ha voce.
Balle! — Quando fendo il braccio, lo sento strapparmisi. — Quando ha voluto uccidermi, la voce l'ha trovata eccome! Non ce l'ha per rispondermi, ecco cosa!
Zoikar non ha voce.
Piantatela di ripetervi! So bene che siete a conoscenza di ciò che voglio sapere, quindi...
Zoikar non ha voce.
Stringo l'elsa di Dyrnwyn.

Raymond Lancaster.

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Vieni avanti.

Ad aspettarmi sul fondo della stanza c'è un uomo triclope, seduto con la schiena rigida su un trono di pietra nera. Tiene le mani strette intorno ai braccioli e il suo viso è privo di espressione. La rigidità con cui mi si presenta è stemperata da una cascata di capelli biondi e un paio di labbra morbide, da donna.
Zoikar mi si presenta senza la sua armatura. Quella vista mi lascia senza fiato, così mi limito a obbedire e caracollo nella sua direzione, tenendomi a malapena in piedi.

Avevo previsto il tuo arrivo. — dice con voce spaventosamente umana, che non rimbomba fra le pareti della cattedrale. — Avresti ucciso tuo padre e poi saresti venuto per la mia anima. Così ho visto sin da prima che tu nascessi, e di questo ho informato Aedh Lancaster. Ora vedo che la profezia da me pronunciata si sta avverando.
La mancanza di tono nella sua voce non mi aiuta a capire i toni della conversazione. Forse dovrei scusarmi. Giustificarmi.
Non è qualcosa che avrei fatto, anni fa. Desidero soltanto riportare in vita la bambina chiamata Leanne Namril; se mio padre non l'avesse uccisa...
Sbagli. Tutto questo è stato deciso molto tempo prima del tuo incontro con la mezzo-drago. L'unica cosa che dovremmo incolpare è la limitatezza della tua visione e la forza vitale che ti ha permesso di marciare imperterrito contro chi ha provato a fermarti.
« un caso troppo acuto di vita » come aveva suggerito Shahryar.
Deglutisco.

Qualunque cosa mi stia mantenendo in vita, non è stata una mia decisione.
Lo so bene.
E per nessuna ragione se non esserne costretto sarei mai tornato qui.
Lo so bene.
Allora rispondimi: chi ha disegnato questo percorso? Quando? E perché?

Nessuna esitazione.

Non lo so.

Mi sento male. La testa mi gira e una forte nausea mi si è fatta strada fino alla gola.
Non mi lasci altra alternativa.
Stringo Dyrnwyn e mi muovo verso il trono, lento e sporco come un'ombra di sangue. Zoikar non si alza neppure, né segue il mio movimento con lo sguardo. Fissa dritto davanti a sé, come un cieco che non si rende conto di avere la morte a pochi passi di distanza.

Sappi questo, Raymond Lancaster:
dice, atono.
Anche se prenderai la mia anima ora, un Daimon non può morire. Nel giro di un mese sarò tornato ciò che ero e avrò reclamato i frammenti che mi saranno stati strappati, come è stato per il mio primo cavaliere. Straziare questo involucro non ti darà alcuna risposta.

Non ho più bisogno di risposte, Zoikar. Solo di potere. Un'anima forte mi permetterà di oltrepassare anche l'Oneiron.
gli passo la lama sulla gola, e quello resta immobile come una statua di gesso; solo una copiosa cascata di sangue nero inizia a colargli lungo le vesti.
Leanne Namril è l'unica cosa che conta, e il tuo sangue mi condurrà da chi potrà ridarmela indietro.



Era stata una delle ultime cose che mi aveva chiesto, a Lithien, poco prima che Shahryar attaccasse.

Posso restare con te?

 
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view post Posted on 11/11/2016, 10:55
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Raymond Lancaster
tutte le risposte

— apologia di Raymond Lancaster —

Un mondo bianco, vuoto, ancora da scrivere. Si estende a perdita d'occhio, come la soglia di un'immaginazione sconfinata, senza vento né fonti di luce precise. Non c'è nulla da vedere. Nulla da descrivere. È la tela infinita di un pittore stanco. Incute rispetto e al tempo stesso mette un po' di malinconia.
Cammino incerto. Non saprei dire se i miei piedi poggiano su un piano invisibile o se sto galleggiando nel nulla: forse è solo l'abitudine che mi permette di farlo; il fatto stesso di non conoscere altro modo per avanzare. Non sento nemmeno il rumore dei miei passi. In effetti, non sento alcun rumore. Il suono del vuoto non è meno assordante di quello di un'esplosione.
WRRRRRRRRR
Poi una voce, come una scarica elettrica, lo attraversa.

Finalmente, Raymond Lancaster.

2hdsMIb

Ti aspettavo.

Due figure. Una prima, di spalle, seduta su una voluta di vapore bianco appena scontornata perché abbia la forma di uno sgabello. Una seconda, femminile, distesa a terra. Entrambe piccole, come bambini. Le loro membra sono inesistenti. È come se il loro aspetto fosse determinato dallo schizzo di un bimbo su una pergamena; i contorni abbozzati a matita e gli spazi lasciati privi di colore. Qui, aldilà dell'Oneiron, ha tutto questo aspetto; è tutto uno scarabocchio.

Sono spaesato.

Mi aspettavi? — La mia voce torna indietro come quella di uno sconosciuto. Rimbalza nel vuoto. — Chi sei?

Una domanda che merita una risposta complessa.

IdGICla

Siediti.
E mi indica un secondo sgabello.

Non so bene come sono finito qui. Se mi guardo indietro, l'ultimo pezzo della mia vita è stato un percorso di fretta e istinto; di imprudenza aliena. Sotto le pietre che pavimentano la mia esistenza, ho scoperto marcire un sentiero di sangue. Eppure è come se quella strada non potesse che portare qui, a questo momento, comunque decidessi di percorrerla e qualunque bivio superassi. A questa sedia e a questa discussione. A penetrare nel territorio dell'Asgradel senza invito, sedermi faccia a faccia con lui e costringerlo a esaudire il mio desiderio.
Le ginocchia mi fanno il suono di una noce che si spacca. Ancora. È difficile sedersi sullo sgabello senza perdere l'equilibrio.
Non sei in gran forma, vedo. — quello sorride. Almeno credo che lo faccia. Una piega di nulla si contorce per farmi intendere la forma che prendono le sue labbra e i suoi occhi. Non so né come guardarlo né dove, così mi fisso i piedi, più familiari. — Comunque, sei riuscito ad arrivare fin qui.
Hai detto che mi stavi aspettando.
Non mi aspettavo che tu non saresti arrivato. Come e quando sarebbe dipeso da te. C'erano diversi percorsi; ne hai imboccato uno particolarmente impervio. Nemmeno il più difficile. Solo un po' faticoso.
Smetto di farmi domande e annuisco.
Torniamo alla tua prima domanda. Tu chi credi che io sia?
Le parole mi muoiono nella gola per la tensione.
L'Asgradel. Colui che esprime i desideri della gente.
Quello annuisce con lentezza, guardando verso il basso.
È esatto. Colui che esprime i desideri di tutti. L'onnipotente. L'espressione finale dell'ambizione. Una fornace di tracce incancellabili, nella forma di miracoli esauditi. La mia vera esistenza è definita da ciò che faccio. — una pausa inaspettata. — Ma aldilà di questo? Chi pensi che io sia, prioritariamente alla mia opera su Theras?
Non so rispondere, quindi resto in silenzio. Nessuno dei testi che ho letto fornisce una spiegazione chiara alla domanda; solo teorie.
Non era così che mi aspettavo avvenisse l'incontro con il padre di tutto il creato. Pensavo che l'Asgradel mi avrebbe parlato dal suo trono con voce imperiosa; che avrei dovuto pregarlo per farmi ascoltare; che mi avrebbe ignorato e si sarebbe rivoltato contro di me come con Zoikar. Invece siamo qui, su due sgabelli di legno, a mormorare definizioni imprecise, come due amici al bancone di una locanda con un boccale di troppo nello stomaco.

Quello cambia argomento.
Perché sei qui?
Formulo la frase successiva con attenzione.
Desidero che riporti in vita Leanne Namril.
E questo è chiaro. — risponde immediatamente. — Ma perché?
Le lettere ballano sulle mie labbra prima di formare le parole.
Devo la vita a suo padre.
Solo riconoscenza?
No, non solo. La ragazza significa molto anche per me.
Anche Fanie, Airin... cosa c'è di diverso, questa volta?
Mi guarda fisso. Abbasso gli occhi.
Lei... è come una figlia, per me. Ed è morta per colpa mia. È stato mio padre a ucciderla.
Tuo padre. — quello annuisce nel suo modo triste. — Per lui costituiva una minaccia alla vostra famiglia.
Qualsiasi cosa avrebbe costituito una minaccia alla sua famiglia. Mio padre non si è mai fidato di nessuno.
Credi di essere diverso?
A questo ho una risposta pronta.
Non sarei qui se non fosse così.
Esatto! Esatto! — da sterile com'era, lo scambio di battute si colora di quell'esclamazione inaspettata, accompagnata da un dito puntato contro il mio viso. — Tieni a mente questo punto. Tu non sei come tuo padre. Sei diverso. Per questo sei venuto fin qui: perché Leanne significa molto per te, certo, ma anche per darti una definizione più accentuata. È un viaggio che hai compiuto per entrambi, e in questo non c'è niente di male. Niente di male. Avevi bisogno di trovarti qui per poterti dire: "non sono come lui", un po' come quando ci si guarda in uno specchio.
Io non rispondo e l'entità sposta la sua attenzione verso il corpo disteso a terra, che solo ora realizzo essere Leanne. Che senso ha tutta questa discussione?
Esaudirò il tuo desiderio. Riporterò in vita Leanne Namril e lo farò un po' per lei e un po' per me, come stai facendo tu. Quando la bambina tornerà a camminare su Theras, sarà merito dell'Asgradel. Per definizione, la mia esistenza sarà composta un po' più da lei e un po' meno da te.

Da me?

Quello annuisce, di nuovo, sempre allo stesso modo.

Sono io che ti ho portato qui, Raymond Lancaster.

Per un lungo momento, nessuno di noi due aggiunge altro. Nella testa mi frullano talmente tanti pensieri che è difficile mettere insieme le parole per formare una frase.
Ch-che cosa intendi dire?
Non letteralmente. Il libero arbitrio degli abitanti di Theras è assoluto. Io mi sono limitato a dare il via agli eventi che ti hanno spinto a penetrare sin qui.
Torno con la mente alla morte di Leanne, all'incontro con Shahryar, allo studio a Lithien, alla morte di Fanie Elberim, alla fuga da Basiledra, alla guerra dei due re, al servizio per i Corvi, alla Schiera del Drago Nero, all'Ala Rossa e all'esilio da Terra Grigia. Troppe cose si sono susseguite in modo naturale per pensare che ci fosse la mano di un singolo individuo dietro a esse, per quanto divino. Dove e come si è inserito l'Asgradel, nella mia vita?
Spiegati meglio.
La durezza della mia voce si spezza contro la sua atonicità. Un vuoto ancora da scrivere, infinito, come il mondo che ci circonda.
Non volevo confonderti: avete fatto tutto da soli. Io ti ho solo donato ciò che ti avrebbe reso un'ingiustizia agli occhi di Zoikar e, in un lontano futuro, una minaccia al suo potere. Il Daimon ha deciso autonomamente di informare tuo padre delle sue visioni, e da lì in poi il tuo destino si è piegato al singolo binario che ti avrebbe condotto qui: i pregiudizi della tua famiglia, l'esilio, il tradimento dei Corvi e tutta la serie di sventure che ne sono succedute. Tutti i pezzi si sono incastrati gli uni con gli altri. Non sarebbe potuto andare diversamente.
Un dono?
Lo stesso dono che sto per fare a Leanne Namril. Il dono più grande.
La vita.
Tu... è colpa tua se non... se sono così?
Quello annuisce.
Ti ho tenuto in vita ogni volta, Raymond Lancaster.

Lo sgabello rovina a terra con un suono secco.
Rispetto a me, l'Asgradel ha il fisico di un bambino.

hYnwuiH

« perché? »

Alza lo sguardo verso di me, con una lentezza che non da adito a turbamenti.

« perché sono diverso da te. »

Per rispondere alla tua prima domanda: Chi sono io?
Non lo so. Io non so chi sono, ma prima abbiamo convenuto che uno dei motivi per cui sei qui è che "tu non sei tuo padre". Una valutazione che stimo. Nella definizione di se stessi è tanto importante rafforzare la propria identità muovendo azioni di principio quanto identificare una serie di diretti contrari senza i quali non potrebbe esistere l'opposto. Il buio e la luce. Il rumore e il silenzio. La realtà e la fantasia. L'Asgradel e Raymond Lancaster. Non è un comportamento che dovrebbe essere alieno proprio a te, che non sei come tuo padre, non sei come tuo fratello, non sei uno schiavo dei Corvi e non sei un assassino. Tutto nasce dalla mia inconsapevolezza, nemico mio; tutto: la creazione di Theras; i Daimon; i desideri. Io sono tutto questo e non sono una serie di elementi specifici. Tra questi elementi specifici ci sei tu. In ragione di ciò non c'è da nulla da sorprendersi, in fondo, che l'intero mondo ti odi.

Un giorno mi sono svegliato è ho creato qualcosa che non sarei stato io.
Ti ringrazio per essere cresciuto in un lamentoso, mediocre e patetico uomo.


Eccola lì, la risposta che avevo tanto cercato.
La ragione della mia immortalità non è mai stata la maledizione di un Daimon, un qualche rituale o una strana fatalità. È soltanto il capriccio di un'entità ignorante ed egoista che mi ha costretto a sopravvivere sinché non sarei divenuto la sua nemesi. Quando Zoikar lo ha predetto, ha messo la mia famiglia, il mio regno e la mia fede contro di me. Per soddisfare questa frivolezza filosofica, la mia carne è stata masticata e digerita dalle bocche di abominevoli bestie. La mia famiglia si è annodata come un serpente che divora se stesso. La speranza e la fede che provavo si sono scoperte gravide di sangue. Ogni singola fibra di Theras si è sollevata per farmi sapere che il mondo mi avrebbe rifiutato. Tutto per un infantile ghiribizzo esistenziale. Il bacio di Athelstan, i giuramenti di Fanie, il tradimento di Airin... chiunque abbia riposto fiducia in me è stato ammazzato nel peggiore dei modi, solo per averlo fatto, senza sapere che non sarebbe potuta finire in altro modo. Le loro membra e i loro pensieri colano ancora adesso sul piatto di Theras, che presto li laverà via per sempre; di loro non resterà che un ricordo sottile da scaricare in un fiume, per colpa mia. Perché io esisto. Perché l'Asgradel mi ha creato così. Dov'è la giustizia, in tutto questo? Qual è la soddisfazione che mi spetta per essermi piegato a un tale destino?
Finalmente riscrivo la figura dell'Asgradel che assume un aspetto definito: ha la pelle di ferro di Nazir, gli occhi spiritati dei ribelli di Basiledra, lo zigomo fracassato del corvo Saul, i capelli scarmigliati di Sigrund Lorch, le rughe di Aedh Lancaster, i denti perfetti di Athelstan, le labbra sottili di Zeno, il portamento indefesso di Zoikar, le mani sottili di Airin, il cuore crudele di Tiamat e la mente perversa di Shahryar. È la somma di tutti i miei nemici. La mia nemesi. Il mostro che mi ha costretto a tutto questo. Per un solo, bieco, capriccio.
L'odio muove il mio corpo senza che me ne renda conto. Stringe le mie mani e spalanca le mie labbra.
Sangue e sputo macchiano il viso dell'Asgradel.

« perché proprio io?! perché non qualcun altro?! »

Quello si prende trenta lunghissimi secondi di riflessione.

Non farne una questione personale, Raymond Lancaster.

« ho scelto a caso. »

A caso.
Sarebbe potuto essere chiunque. Di tutti gli abitanti di Theras, chiunque. Invece, fra Akeran, Dortan ed Edhel, Baathos e Oneiron, l'Asgradel ha scelto me, quando appena ero stato concepito, e ha iniziato lil suo piano uccidendo mia madre. Non c'è alcun merito, né demerito. Alcuna scelta. Alcuna ragione. È così e basta.
Tutto il sangue del mio cervello precipita fino alle ginocchia. Il mio pugno si muove senza controllo. Mi getto con tutto il peso contro di lui, agitando le braccia come un indemoniato, solo per attraversarlo e finire lungo disteso. L'Asgradel è come un fantasma. Non ho il potere di fargli nulla. Allora urlo. Urlo. Continuo a urlare. Mi strappo le vesti, mi rotolo a terra e piango. Sono un ingranaggio rotto. Impazzito. Gli stracci che ho addosso si macchiano di sangue; il mio corpo lascia qualche crosta in giro; la gola mi si riempie di muco. Tutto questo non può essere vero.

Ora che sai ciò che sei, Raymond Lancaster, il tuo ritorno su Theras sarà diverso. Questo è il potere della consapevolezza; un potere tanto principe, per me e per te, che forse un giorno arriverai a comprendere le mie ragioni. Non pensi che sarebbe magnifico se ogni uomo avesse il potere di plasmare l'universo sulla lunghezza del proprio pensiero? Una casa per tutti. No, una casa per ciascuno. Questa è la natura del mio dono; esaudire un desiderio. Farò di te un uomo nuovo, donandoti questa capacità: l'onnipotenza. La messa in atto del tuo animo e della forma dei tuoi pensieri, nelle tue mani. La capacità di imporre il proprio arbitrio sul mondo che ti circonda. Quando tornerai nel mondo che ti odia, nessuno si ricorderà di Raymond Lancaster e ti conosceranno solo come il Drago Nero. Così, ti terrò in vita e ti osserverò attentamente. Per ricordarmi di tutto ciò che non dovrei essere.

« stai attento a ciò che desideri. tu sei già il mio desiderio. »

A malapena quelle parole mi raggiungono. Sto singhiozzando come un neonato, raccolto a terra sulle ginocchia.
Leanne, perlomeno, sarà salva?

Per un solo, breve istante, avevo creduto che sarei riuscito a vincere.
Ma come potrebbe trionfare il tradimento? Se così fosse, nessuno lo chiamerebbe in quel modo.



Sei una schiappa, Ray.
La voce di Athelstan mi arriva da venticinque anni prima, quando duellavamo nel cortile di Terra Grigia con due spade di legno.
Tirati in piedi.
Athelstan, non esagerare.
Gli dice Juniper, prendendolo per un braccio.
Sei più grande. Non fargli male.

Non preoccuparti, Juni... ce la faccio.
Vomitavo sempre, dopo quei combattimenti. Quando ero piccolo mi sembrava che non esistessero dolori né umiliazioni peggiore di quelle. L'odore del fango del cortile mi è rimasto nelle narici per anni.
Vincerò.

Neanche tra un milione di anni.
Rideva mio fratello, e com'era bello quando rideva. Invincibile e irraggiungibile.
Torna in camera, Ray, prima che ti lasci troppi lividi e papà si arrabbi con tutti e due.

No. Anche papà sa che non perderò.
Sputavo io, e com'ero stupido quando lo facevo. Ingenuo e luminoso. Un tempo che non sarebbe tornato mai più.
In fondo, mi ha dato lo stesso nome del Leviatano.

iaKEkhR

Quindi anche io, quando sarò grande, non perderò mai.

Theras attende il mio ritorno.
Theras aspetta l'arrivo del Drago Nero.

 
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