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La crociata del traditore ~ apologia di Raymond Lancaster

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Ray~
view post Posted on 15/10/2016, 15:20 by: Ray~
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Raymond Lancaster
una profezia

— apologia di Raymond Lancaster —

« La ricetta è unica e irripetibile. Frutto di un'intuizione organolettica e di una profonda preparazione farmacologica.
Ethelbert l'ha scoperta e tramandata fino a oggi, anche se è tenuta segreta a chiunque non appartenga al ramo principale della famiglia. La soluzione basilare contiene erbe e piante officinali tra cui achillea moscata, bacche di ginepro, assenzio e radici di genziana; la loro infusione produce un intruglio dall'odore canforato al quale vengono aggiunti altri dodici ingredienti a seconda degli effetti che si desidera ottenere. L'alcool distillato le conferisce un sapore aromatico, il sangue di drago la rende amara, il rame le dona una nota acidula...

Mi spiace, Raymond. Comunque li si prepari, i vini di ferro saranno sempre disgustosi.
»


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Gli insegnamenti di Willem mi tornano utili come non avrei mai sospettato.
Mi sento un vampiro a spremere mio padre per tirarne fuori quel poco di sangue che mi basta, ma scommetto che Odette non sarebbe fiera di me neanche per questo. Mi criticherebbe con un sorriso e direbbe qualcosa di sarcastico: « Ci sono modi più efficaci per raccogliere il sangue di una persona, sai? »
In un certo senso, mi aiuterebbe. Le budella di mio padre sono uno straccio su cui eviterei volentieri di mettere le mani. Tuttavia, se mi è rimasta una gioia, è quella di provare: sto zitto e provo. Sbaglio e riprovo. Imparo. Scavo. Nel fondo che mi è rimasto o nelle costole di Aedh Lancaster, a seconda dei casi. In tutto questo macello. E questo cos'è? Che schifo... Com'è che quando lo fanno gli altri sembra così semplice? Quando Rainier uccide qualcuno, non si sporca nemmeno. La gente sparisce così: puff, e ne viene fuori un assassinio elegante. Igienico. Chi gliel'ha insegnato? I corpi morti... ma i polmoni sono sempre stati di questo colore? E il taglio: tutti lì a manovrare le lame come guaritori provetti, e io indeciso tra il tremito della mano e i segni neri che Dyrnwyn lascia dappertutto, come una matita.
Oh beh.
Dicono che non ci sia modo migliore per imparare della pratica, aye?

La sensazione sterile del vetro mi scivola sotto i polpastrelli; l'odore pungente delle erbe mi sale fino al naso e una singola, eremitica lacrima sfugge alle orbite dei miei occhi scavati, come un figlioletto rinnegato.
È strano come il corpo umano scateni reazioni emotive in risposta agli stimoli più disparati, senza preoccuparsi di metterti in imbarazzo. Non so nemmeno da dove mi esca quella lacrima, eppure è lì, a ricordarmi di maestro Willem, del laboratorio di Terra Grigia e delle montagne di polvere chiuse nei tomi d'alchimia. A far credere a chi mi guarda che un po' mi dispiaccia per mio padre, alla fine, da qualche parte, almeno un poco. Ma chi mi guarda, d'altra parte?
Il pezzo del naso che mi è rimasto non è nemmeno in grado di starnutire per tutta la cenere che c'è nell'aria, ma quell'odore l'ha trovato lo stesso; prezioso e scintillante come una moneta sul fondo di un pozzo.
Deglutisco. Il catarro mi si ferma sul fondo della gola come un cucchiaio di crema amara. Contraggo la mandibola per mandarlo giù e i timpani fanno lo stesso suono di un piede che puccia in una pozzanghera. Il sangue di mio padre, quando lo verso nel distillato, è scuro come una nube d'inchiostro. Vince il resto dell'intruglio in pochi secondi, neanche fosse una creatura vivente.

Bevo a occhi chiusi. Segue il suono di un foglio di carta che si strappa, poi la sensazione rinfrescante della pioggia sul viso.
Quando apro gli occhi mi ritrovo a Basiledra nera, nell'Oneiron, davanti alla cattedrale di Zoikar. Una temporalesca e famigliare oscurità mi impedisce di cogliere le reali proporzioni della casa del mio Dio.
Muoversi qui è un inferno. L'oneiron è come una profondità oceanica che rallenta i miei movimenti e comprime la mia cassa toracica. I miei arti galleggiano nella direzione che desidero, senza che ne comprenda nemmeno il movimento. Marcio goffo come un burattino senza fili.
Il suono metallico di un'asta che picchia a terra mi annuncia l'appropinquarsi della guardia reale del Sovrano. Il cavaliere con l'elmo da leone non è più affiancato dal compagno felino e indossa un luttuoso mantello di piume di corvo.

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Ero convinto che l'avessimo già ucciso una volta.
La picca che stringe tra le mani termina con una punta a croce che mi viene spinta a pochi centimetri dalle labbra. Puzza di cenere, o forse l'odore mi è rimasto nelle narici da prima.
Estraggo Dyrnwyn.
Mesi di lontananza non hanno addolcito l'accoglienza del mio Dio.
La guardia spinge la croce contro il mio stomaco, tenendola a metà dell'asta. Sono costretto a spostarmi di lato per evitarla e il ginocchio destro mi si spezza con lo stesso suono di un guscio di noce. Caracollo a terra, trascinato con la lentezza della strana gravità del piano, come se affondassi. Prima ancora che il mio corpo tocchi il suolo, sento la punta di ferro della picca penetrare nella carne del mio stomaco e scavarci un buco. E spingere. E tirare. E scavare.
Aaaargh!
Quello marcia imperterrito sulla mia carne, estraendo la lama e spingendocela dentro di nuovo. Le fauci dell'elmo, socchiuse in un ghigno, lasciano intendere quanto si diverta. Temo che resterà deluso, quando mi vedrà rialzare.
Avanza fino a tenere la picca in verticale, su di me, come se stesse piantando una bandiera. Il dolore è indescrivibile: il mio corpo si agita e si dimena come quello di un pesce preso all'amo, e a ogni scossa sento le budella strapparsi e lacerarsi intorno alla croce di ferro, rovente e affilata.
Quello alza l'arma e la ribatte verso terra. Contro di me. Una. Due. Tre volte.
La gola mi si riempie di sangue. Smetto di urlare. Inizio a tossire.
Non sento più le gambe.
Sono un grumo di sangue in balia del destino, che cola sudore, ceneri e umori. La guardia del Sovrano decide di allontanarsi soltanto quando anche le braccia smettono di dimenarsi. Mi da le spalle e torna verso la scalinata.
Prevedibilmente, sento le dita dei piedi formicolarmi. Poggio i palmi delle mani a terra. I legamenti del mio stomaco si ricuciono.
Mi rialzo e raggiungo l'ombra alle spalle. Non volevo arrivare a tanto.
La lama di Dyrnwyn penetra nella schiena del cavaliere fino all'elsa, tagliandone l'armatura come burro ed emergendo dal suo torace. Quello cade immediatamente in ginocchio.

Fra cavalieri si dice che non ci sia niente di più ignobile che colpire un nemico alla schiena; niente di più bieco e disonesto. Un tempo ci credevo anche io. Pensavo che avrei sempre riconosciuto la crudeltà a vista d'occhio e che in essa avrei identificato i miei nemici. Col tempo, però, ho cambiato opinione su ciò che viene considerato disumano e ciò che è socialmente accettabile. La malignità non è un mostro che nasce tale, né una creatura che si nasconde già matura fra le pieghe della nostra cultura. Non ci è stata mandata dai Daimon, né ha l'aspetto di un demone cornuto. È, piuttosto, un banale e complesso sistema di impulsi. Non è teatrale, né premeditata; spesso non è altro che una cattiva soluzione di fretta, passione e abitudine. Siamo noi che la osanniamo e la glorifichiamo, dandole i volti di creature spaventose. Eppure essere malvagi fa schifo. È un continuo bilanciare i propri interessi con l'importanza della vita altrui. Si beve direttamente dalla fonte del senso di colpa, ci si guarda indietro e si scende a patti con ciò che abbiamo lasciato per intraprendere questa strada:

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La vita di Leanne è più importante di quella di un qualsiasi cavaliere.

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Zoikar sapeva che questo momento sarebbe giunto, Raymond Lancaster.
Dentro la cattedrale, le voci del Sovrano parlano all'unisono e se ne stanno immobili ai lati della navata, come un coro funereo. Hanno il capo chino, sono avvolte in un mantello bianco e coperte con un'armatura d'oro. Al centro dell'elmo hanno incastonata una singola perla, grande come un pugno.
Vieni avanti.
La loro voce è prima di qualsiasi intonazione. L'invito è lo stesso della volta scorsa.
Non riesco a scollarmi di dosso il ricordo di un passato timore reverenziale, che mi fa tremare le caviglie.
Sappiamo perché sei qui, Raymond Lancaster. La tua natura è malvagia.
Inspiro profondamente in risposta, ma ciò che ne fuoriesce è un grugnito volgare.
Non ci sono nato, così. È anche colpa vostra.
Sbagli e non sbagli. Non puoi sfuggire alla tua natura.
La rabbia è come un fuoco che mi arde al centro del petto, consumando le mie parole.
Sarà, ma non si è mai degnato di darmi una risposta. Ho combattuto in suo nome, memorizzato le preghiere, presenziato alle confessioni, difeso i suoi sacerdoti e recitato in pubblico le scritture. Sono stato il suo servo più fedele, e che cosa me ne è venuto? Tutto ciò che desideravo era sapere a che cosa fossi destinato; se tutto ciò che mi è accaduto facesse parte di un disegno più grande o fosse solamente frutto del caso...
Zoikar non ha voce.
Balle! — Quando fendo il braccio, lo sento strapparmisi. — Quando ha voluto uccidermi, la voce l'ha trovata eccome! Non ce l'ha per rispondermi, ecco cosa!
Zoikar non ha voce.
Piantatela di ripetervi! So bene che siete a conoscenza di ciò che voglio sapere, quindi...
Zoikar non ha voce.
Stringo l'elsa di Dyrnwyn.

Raymond Lancaster.

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Vieni avanti.

Ad aspettarmi sul fondo della stanza c'è un uomo triclope, seduto con la schiena rigida su un trono di pietra nera. Tiene le mani strette intorno ai braccioli e il suo viso è privo di espressione. La rigidità con cui mi si presenta è stemperata da una cascata di capelli biondi e un paio di labbra morbide, da donna.
Zoikar mi si presenta senza la sua armatura. Quella vista mi lascia senza fiato, così mi limito a obbedire e caracollo nella sua direzione, tenendomi a malapena in piedi.

Avevo previsto il tuo arrivo. — dice con voce spaventosamente umana, che non rimbomba fra le pareti della cattedrale. — Avresti ucciso tuo padre e poi saresti venuto per la mia anima. Così ho visto sin da prima che tu nascessi, e di questo ho informato Aedh Lancaster. Ora vedo che la profezia da me pronunciata si sta avverando.
La mancanza di tono nella sua voce non mi aiuta a capire i toni della conversazione. Forse dovrei scusarmi. Giustificarmi.
Non è qualcosa che avrei fatto, anni fa. Desidero soltanto riportare in vita la bambina chiamata Leanne Namril; se mio padre non l'avesse uccisa...
Sbagli. Tutto questo è stato deciso molto tempo prima del tuo incontro con la mezzo-drago. L'unica cosa che dovremmo incolpare è la limitatezza della tua visione e la forza vitale che ti ha permesso di marciare imperterrito contro chi ha provato a fermarti.
« un caso troppo acuto di vita » come aveva suggerito Shahryar.
Deglutisco.

Qualunque cosa mi stia mantenendo in vita, non è stata una mia decisione.
Lo so bene.
E per nessuna ragione se non esserne costretto sarei mai tornato qui.
Lo so bene.
Allora rispondimi: chi ha disegnato questo percorso? Quando? E perché?

Nessuna esitazione.

Non lo so.

Mi sento male. La testa mi gira e una forte nausea mi si è fatta strada fino alla gola.
Non mi lasci altra alternativa.
Stringo Dyrnwyn e mi muovo verso il trono, lento e sporco come un'ombra di sangue. Zoikar non si alza neppure, né segue il mio movimento con lo sguardo. Fissa dritto davanti a sé, come un cieco che non si rende conto di avere la morte a pochi passi di distanza.

Sappi questo, Raymond Lancaster:
dice, atono.
Anche se prenderai la mia anima ora, un Daimon non può morire. Nel giro di un mese sarò tornato ciò che ero e avrò reclamato i frammenti che mi saranno stati strappati, come è stato per il mio primo cavaliere. Straziare questo involucro non ti darà alcuna risposta.

Non ho più bisogno di risposte, Zoikar. Solo di potere. Un'anima forte mi permetterà di oltrepassare anche l'Oneiron.
gli passo la lama sulla gola, e quello resta immobile come una statua di gesso; solo una copiosa cascata di sangue nero inizia a colargli lungo le vesti.
Leanne Namril è l'unica cosa che conta, e il tuo sangue mi condurrà da chi potrà ridarmela indietro.



Era stata una delle ultime cose che mi aveva chiesto, a Lithien, poco prima che Shahryar attaccasse.

Posso restare con te?

 
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