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La crociata del traditore ~ apologia di Raymond Lancaster

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Ray~
view post Posted on 11/11/2016, 10:55 by: Ray~
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Raymond Lancaster
tutte le risposte

— apologia di Raymond Lancaster —

Un mondo bianco, vuoto, ancora da scrivere. Si estende a perdita d'occhio, come la soglia di un'immaginazione sconfinata, senza vento né fonti di luce precise. Non c'è nulla da vedere. Nulla da descrivere. È la tela infinita di un pittore stanco. Incute rispetto e al tempo stesso mette un po' di malinconia.
Cammino incerto. Non saprei dire se i miei piedi poggiano su un piano invisibile o se sto galleggiando nel nulla: forse è solo l'abitudine che mi permette di farlo; il fatto stesso di non conoscere altro modo per avanzare. Non sento nemmeno il rumore dei miei passi. In effetti, non sento alcun rumore. Il suono del vuoto non è meno assordante di quello di un'esplosione.
WRRRRRRRRR
Poi una voce, come una scarica elettrica, lo attraversa.

Finalmente, Raymond Lancaster.

2hdsMIb

Ti aspettavo.

Due figure. Una prima, di spalle, seduta su una voluta di vapore bianco appena scontornata perché abbia la forma di uno sgabello. Una seconda, femminile, distesa a terra. Entrambe piccole, come bambini. Le loro membra sono inesistenti. È come se il loro aspetto fosse determinato dallo schizzo di un bimbo su una pergamena; i contorni abbozzati a matita e gli spazi lasciati privi di colore. Qui, aldilà dell'Oneiron, ha tutto questo aspetto; è tutto uno scarabocchio.

Sono spaesato.

Mi aspettavi? — La mia voce torna indietro come quella di uno sconosciuto. Rimbalza nel vuoto. — Chi sei?

Una domanda che merita una risposta complessa.

IdGICla

Siediti.
E mi indica un secondo sgabello.

Non so bene come sono finito qui. Se mi guardo indietro, l'ultimo pezzo della mia vita è stato un percorso di fretta e istinto; di imprudenza aliena. Sotto le pietre che pavimentano la mia esistenza, ho scoperto marcire un sentiero di sangue. Eppure è come se quella strada non potesse che portare qui, a questo momento, comunque decidessi di percorrerla e qualunque bivio superassi. A questa sedia e a questa discussione. A penetrare nel territorio dell'Asgradel senza invito, sedermi faccia a faccia con lui e costringerlo a esaudire il mio desiderio.
Le ginocchia mi fanno il suono di una noce che si spacca. Ancora. È difficile sedersi sullo sgabello senza perdere l'equilibrio.
Non sei in gran forma, vedo. — quello sorride. Almeno credo che lo faccia. Una piega di nulla si contorce per farmi intendere la forma che prendono le sue labbra e i suoi occhi. Non so né come guardarlo né dove, così mi fisso i piedi, più familiari. — Comunque, sei riuscito ad arrivare fin qui.
Hai detto che mi stavi aspettando.
Non mi aspettavo che tu non saresti arrivato. Come e quando sarebbe dipeso da te. C'erano diversi percorsi; ne hai imboccato uno particolarmente impervio. Nemmeno il più difficile. Solo un po' faticoso.
Smetto di farmi domande e annuisco.
Torniamo alla tua prima domanda. Tu chi credi che io sia?
Le parole mi muoiono nella gola per la tensione.
L'Asgradel. Colui che esprime i desideri della gente.
Quello annuisce con lentezza, guardando verso il basso.
È esatto. Colui che esprime i desideri di tutti. L'onnipotente. L'espressione finale dell'ambizione. Una fornace di tracce incancellabili, nella forma di miracoli esauditi. La mia vera esistenza è definita da ciò che faccio. — una pausa inaspettata. — Ma aldilà di questo? Chi pensi che io sia, prioritariamente alla mia opera su Theras?
Non so rispondere, quindi resto in silenzio. Nessuno dei testi che ho letto fornisce una spiegazione chiara alla domanda; solo teorie.
Non era così che mi aspettavo avvenisse l'incontro con il padre di tutto il creato. Pensavo che l'Asgradel mi avrebbe parlato dal suo trono con voce imperiosa; che avrei dovuto pregarlo per farmi ascoltare; che mi avrebbe ignorato e si sarebbe rivoltato contro di me come con Zoikar. Invece siamo qui, su due sgabelli di legno, a mormorare definizioni imprecise, come due amici al bancone di una locanda con un boccale di troppo nello stomaco.

Quello cambia argomento.
Perché sei qui?
Formulo la frase successiva con attenzione.
Desidero che riporti in vita Leanne Namril.
E questo è chiaro. — risponde immediatamente. — Ma perché?
Le lettere ballano sulle mie labbra prima di formare le parole.
Devo la vita a suo padre.
Solo riconoscenza?
No, non solo. La ragazza significa molto anche per me.
Anche Fanie, Airin... cosa c'è di diverso, questa volta?
Mi guarda fisso. Abbasso gli occhi.
Lei... è come una figlia, per me. Ed è morta per colpa mia. È stato mio padre a ucciderla.
Tuo padre. — quello annuisce nel suo modo triste. — Per lui costituiva una minaccia alla vostra famiglia.
Qualsiasi cosa avrebbe costituito una minaccia alla sua famiglia. Mio padre non si è mai fidato di nessuno.
Credi di essere diverso?
A questo ho una risposta pronta.
Non sarei qui se non fosse così.
Esatto! Esatto! — da sterile com'era, lo scambio di battute si colora di quell'esclamazione inaspettata, accompagnata da un dito puntato contro il mio viso. — Tieni a mente questo punto. Tu non sei come tuo padre. Sei diverso. Per questo sei venuto fin qui: perché Leanne significa molto per te, certo, ma anche per darti una definizione più accentuata. È un viaggio che hai compiuto per entrambi, e in questo non c'è niente di male. Niente di male. Avevi bisogno di trovarti qui per poterti dire: "non sono come lui", un po' come quando ci si guarda in uno specchio.
Io non rispondo e l'entità sposta la sua attenzione verso il corpo disteso a terra, che solo ora realizzo essere Leanne. Che senso ha tutta questa discussione?
Esaudirò il tuo desiderio. Riporterò in vita Leanne Namril e lo farò un po' per lei e un po' per me, come stai facendo tu. Quando la bambina tornerà a camminare su Theras, sarà merito dell'Asgradel. Per definizione, la mia esistenza sarà composta un po' più da lei e un po' meno da te.

Da me?

Quello annuisce, di nuovo, sempre allo stesso modo.

Sono io che ti ho portato qui, Raymond Lancaster.

Per un lungo momento, nessuno di noi due aggiunge altro. Nella testa mi frullano talmente tanti pensieri che è difficile mettere insieme le parole per formare una frase.
Ch-che cosa intendi dire?
Non letteralmente. Il libero arbitrio degli abitanti di Theras è assoluto. Io mi sono limitato a dare il via agli eventi che ti hanno spinto a penetrare sin qui.
Torno con la mente alla morte di Leanne, all'incontro con Shahryar, allo studio a Lithien, alla morte di Fanie Elberim, alla fuga da Basiledra, alla guerra dei due re, al servizio per i Corvi, alla Schiera del Drago Nero, all'Ala Rossa e all'esilio da Terra Grigia. Troppe cose si sono susseguite in modo naturale per pensare che ci fosse la mano di un singolo individuo dietro a esse, per quanto divino. Dove e come si è inserito l'Asgradel, nella mia vita?
Spiegati meglio.
La durezza della mia voce si spezza contro la sua atonicità. Un vuoto ancora da scrivere, infinito, come il mondo che ci circonda.
Non volevo confonderti: avete fatto tutto da soli. Io ti ho solo donato ciò che ti avrebbe reso un'ingiustizia agli occhi di Zoikar e, in un lontano futuro, una minaccia al suo potere. Il Daimon ha deciso autonomamente di informare tuo padre delle sue visioni, e da lì in poi il tuo destino si è piegato al singolo binario che ti avrebbe condotto qui: i pregiudizi della tua famiglia, l'esilio, il tradimento dei Corvi e tutta la serie di sventure che ne sono succedute. Tutti i pezzi si sono incastrati gli uni con gli altri. Non sarebbe potuto andare diversamente.
Un dono?
Lo stesso dono che sto per fare a Leanne Namril. Il dono più grande.
La vita.
Tu... è colpa tua se non... se sono così?
Quello annuisce.
Ti ho tenuto in vita ogni volta, Raymond Lancaster.

Lo sgabello rovina a terra con un suono secco.
Rispetto a me, l'Asgradel ha il fisico di un bambino.

hYnwuiH

« perché? »

Alza lo sguardo verso di me, con una lentezza che non da adito a turbamenti.

« perché sono diverso da te. »

Per rispondere alla tua prima domanda: Chi sono io?
Non lo so. Io non so chi sono, ma prima abbiamo convenuto che uno dei motivi per cui sei qui è che "tu non sei tuo padre". Una valutazione che stimo. Nella definizione di se stessi è tanto importante rafforzare la propria identità muovendo azioni di principio quanto identificare una serie di diretti contrari senza i quali non potrebbe esistere l'opposto. Il buio e la luce. Il rumore e il silenzio. La realtà e la fantasia. L'Asgradel e Raymond Lancaster. Non è un comportamento che dovrebbe essere alieno proprio a te, che non sei come tuo padre, non sei come tuo fratello, non sei uno schiavo dei Corvi e non sei un assassino. Tutto nasce dalla mia inconsapevolezza, nemico mio; tutto: la creazione di Theras; i Daimon; i desideri. Io sono tutto questo e non sono una serie di elementi specifici. Tra questi elementi specifici ci sei tu. In ragione di ciò non c'è da nulla da sorprendersi, in fondo, che l'intero mondo ti odi.

Un giorno mi sono svegliato è ho creato qualcosa che non sarei stato io.
Ti ringrazio per essere cresciuto in un lamentoso, mediocre e patetico uomo.


Eccola lì, la risposta che avevo tanto cercato.
La ragione della mia immortalità non è mai stata la maledizione di un Daimon, un qualche rituale o una strana fatalità. È soltanto il capriccio di un'entità ignorante ed egoista che mi ha costretto a sopravvivere sinché non sarei divenuto la sua nemesi. Quando Zoikar lo ha predetto, ha messo la mia famiglia, il mio regno e la mia fede contro di me. Per soddisfare questa frivolezza filosofica, la mia carne è stata masticata e digerita dalle bocche di abominevoli bestie. La mia famiglia si è annodata come un serpente che divora se stesso. La speranza e la fede che provavo si sono scoperte gravide di sangue. Ogni singola fibra di Theras si è sollevata per farmi sapere che il mondo mi avrebbe rifiutato. Tutto per un infantile ghiribizzo esistenziale. Il bacio di Athelstan, i giuramenti di Fanie, il tradimento di Airin... chiunque abbia riposto fiducia in me è stato ammazzato nel peggiore dei modi, solo per averlo fatto, senza sapere che non sarebbe potuta finire in altro modo. Le loro membra e i loro pensieri colano ancora adesso sul piatto di Theras, che presto li laverà via per sempre; di loro non resterà che un ricordo sottile da scaricare in un fiume, per colpa mia. Perché io esisto. Perché l'Asgradel mi ha creato così. Dov'è la giustizia, in tutto questo? Qual è la soddisfazione che mi spetta per essermi piegato a un tale destino?
Finalmente riscrivo la figura dell'Asgradel che assume un aspetto definito: ha la pelle di ferro di Nazir, gli occhi spiritati dei ribelli di Basiledra, lo zigomo fracassato del corvo Saul, i capelli scarmigliati di Sigrund Lorch, le rughe di Aedh Lancaster, i denti perfetti di Athelstan, le labbra sottili di Zeno, il portamento indefesso di Zoikar, le mani sottili di Airin, il cuore crudele di Tiamat e la mente perversa di Shahryar. È la somma di tutti i miei nemici. La mia nemesi. Il mostro che mi ha costretto a tutto questo. Per un solo, bieco, capriccio.
L'odio muove il mio corpo senza che me ne renda conto. Stringe le mie mani e spalanca le mie labbra.
Sangue e sputo macchiano il viso dell'Asgradel.

« perché proprio io?! perché non qualcun altro?! »

Quello si prende trenta lunghissimi secondi di riflessione.

Non farne una questione personale, Raymond Lancaster.

« ho scelto a caso. »

A caso.
Sarebbe potuto essere chiunque. Di tutti gli abitanti di Theras, chiunque. Invece, fra Akeran, Dortan ed Edhel, Baathos e Oneiron, l'Asgradel ha scelto me, quando appena ero stato concepito, e ha iniziato lil suo piano uccidendo mia madre. Non c'è alcun merito, né demerito. Alcuna scelta. Alcuna ragione. È così e basta.
Tutto il sangue del mio cervello precipita fino alle ginocchia. Il mio pugno si muove senza controllo. Mi getto con tutto il peso contro di lui, agitando le braccia come un indemoniato, solo per attraversarlo e finire lungo disteso. L'Asgradel è come un fantasma. Non ho il potere di fargli nulla. Allora urlo. Urlo. Continuo a urlare. Mi strappo le vesti, mi rotolo a terra e piango. Sono un ingranaggio rotto. Impazzito. Gli stracci che ho addosso si macchiano di sangue; il mio corpo lascia qualche crosta in giro; la gola mi si riempie di muco. Tutto questo non può essere vero.

Ora che sai ciò che sei, Raymond Lancaster, il tuo ritorno su Theras sarà diverso. Questo è il potere della consapevolezza; un potere tanto principe, per me e per te, che forse un giorno arriverai a comprendere le mie ragioni. Non pensi che sarebbe magnifico se ogni uomo avesse il potere di plasmare l'universo sulla lunghezza del proprio pensiero? Una casa per tutti. No, una casa per ciascuno. Questa è la natura del mio dono; esaudire un desiderio. Farò di te un uomo nuovo, donandoti questa capacità: l'onnipotenza. La messa in atto del tuo animo e della forma dei tuoi pensieri, nelle tue mani. La capacità di imporre il proprio arbitrio sul mondo che ti circonda. Quando tornerai nel mondo che ti odia, nessuno si ricorderà di Raymond Lancaster e ti conosceranno solo come il Drago Nero. Così, ti terrò in vita e ti osserverò attentamente. Per ricordarmi di tutto ciò che non dovrei essere.

« stai attento a ciò che desideri. tu sei già il mio desiderio. »

A malapena quelle parole mi raggiungono. Sto singhiozzando come un neonato, raccolto a terra sulle ginocchia.
Leanne, perlomeno, sarà salva?

Per un solo, breve istante, avevo creduto che sarei riuscito a vincere.
Ma come potrebbe trionfare il tradimento? Se così fosse, nessuno lo chiamerebbe in quel modo.



Sei una schiappa, Ray.
La voce di Athelstan mi arriva da venticinque anni prima, quando duellavamo nel cortile di Terra Grigia con due spade di legno.
Tirati in piedi.
Athelstan, non esagerare.
Gli dice Juniper, prendendolo per un braccio.
Sei più grande. Non fargli male.

Non preoccuparti, Juni... ce la faccio.
Vomitavo sempre, dopo quei combattimenti. Quando ero piccolo mi sembrava che non esistessero dolori né umiliazioni peggiore di quelle. L'odore del fango del cortile mi è rimasto nelle narici per anni.
Vincerò.

Neanche tra un milione di anni.
Rideva mio fratello, e com'era bello quando rideva. Invincibile e irraggiungibile.
Torna in camera, Ray, prima che ti lasci troppi lividi e papà si arrabbi con tutti e due.

No. Anche papà sa che non perderò.
Sputavo io, e com'ero stupido quando lo facevo. Ingenuo e luminoso. Un tempo che non sarebbe tornato mai più.
In fondo, mi ha dato lo stesso nome del Leviatano.

iaKEkhR

Quindi anche io, quando sarò grande, non perderò mai.

Theras attende il mio ritorno.
Theras aspetta l'arrivo del Drago Nero.

 
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4 replies since 28/7/2016, 12:54   393 views
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