Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Ghosts of antiquity

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view post Posted on 2/5/2016, 19:16
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Ghosts of antiquity

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Qualche tempo fa

« Ascoltate, piccoli stronzi! »
Dal tetto di un palazzo devastato, un nessuno si faceva voce.
Aveva il volto duro e scavato dalla fame, pochi peli biondi sul capo e una barba ispida sul mento. Gli occhi bruni erano fissi sulla strada ai suoi piedi, dove quelle che gli sembravano formiche si iniziavano a radunare per sentire chissà quale cazzata stesse per sputare. Ma erano solo formiche ormai, e lui era al di sopra. « Ascoltate! » Ripeté, additando le sagome. Alcune le riconosceva, erano delle canaglie, dei nessuno come lui. Poveracci e mendicanti radunati nell'ammasso di macerie altrimenti noto come Basiledra. Poteva sentire le loro risa, anche se il vento gelido lo frastornava con potenti folate.
« Ho trovato la luce, giù nel baratro! »
Mosse il dito verso la grande voragine nera che un tempo era riempita dal Cuore di Marmo e dal trono del Re Invincibile. Solo osservare quel luogo così vuoto e triste lo riempiva di sconforto e frustrazione. Il freddo, la solitudine, il dispiacere sarebbero presto state cose del passato per lui. Ma prima doveva far vedere la luce a quegli idioti, quei farabutti. Poi -era sicuro- avrebbe pensato alla felicità della gente per bene.
« C'è un mondo laggiù! Un tesoro! »
Iniziò a scendere dal palazzo, scivolando sui detriti e sui mattoni. Con un paio di salti fu di nuovo a terra, tra la gentaglia di Basiledra, tra le brutte facce e la loro puzza. Lui non era diverso, certo. Era come loro, una canaglia assassina. Ma lui aveva sempre desiderato il bene, e alla fine il suo Dio gli aveva concesso la grazia più grande. « Che cazzo stai dicendo, Ginka? Credi di poterci fottere? Ti conosciamo bene. » Un bruto gli si parò dinnanzi. Era gigantesco rispetto a lui, come se fosse una specie di mezz'orco dalla pelle chiara. Lo chiamavano Torchio. Ginka iniziò a camminare verso la voragine, incitando gli altri ladri a seguirlo. Quelli si guardarono tra di loro con incertezza, rimanendo impalati a fissare il matto. Poi, finalmente, il bruto si decise a spaccargli la faccia. Lo inseguì con tutta calma, raggiungendolo fino al bordo della voragine. Ginka era fermo ad un passo dal vuoto, osservando l'abisso nero. Poteva già sentire i suoni delle strade...
Quando Torchio fece per acchiappargli il collo, Ginka sorrise.
Si aggrappò a quella gigantesca mano e, tenendo quell'espressione giocosa sul volto, fece un passo indietro e trascinò con sé l'orrendo gigante.
Caddero entrambi nell'oscurità, accompagnati da un urlo.

Due giorni dopo, Torchio riapparse nel mezzo della sorpresa generale.
Nei suoi occhi risplendeva un barlume di luce che quella feccia anarchica aveva da tempo dimenticato: la speranza. Il gigante umano raccontò a tutti di una città meravigliosa nascosta sotto la superficie di Basiledra, proprio sotto ai loro piedi. Era grande, piena di gente sorridente. Nelle strade echeggiavano gli annunci dei mercanti più rumorosi e nei quartieri più alti le belle signore passeggiavano senza preoccupazione, strizzandogli l'occhiolino. Gli avevano promesso tanto oro, Ginka glielo aveva promesso. Gli era apparso nei panni di un grande Re, con addosso una veste ricamata e una corona sul capo. Gli aveva detto che anche lui poteva avere tutta quella ricchezza. Doveva solo tornare e portare gli altri. Poi anche loro sarebbero usciti, per raccontare agli altri ciò che avevano visto.
Gli chiesero spiegazioni, cercarono di trattenerlo, ma Torchio non ne volle sentir ragioni.
Quel giorno stesso si buttò di nuovo, senza mai più tornare.

Solo Ginka tornava, ogni tanto. Ed ogni volta che tornava le sue parole si facevano più attraenti e i suoi discorsi più convincenti.
Aveva sempre la stessa faccia sporca di polvere, ma sembrava che fosse diventato un altro uomo.
Non più un nessuno, ma un Re.
« Tornate nella Basiledra di un tempo... »

PR3q1iM

« Non sarete mai più dei perdenti. »
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Pochi giorni fa

La tenda dell'ombrosa dimora di Grano si aprì, tagliando l'oscurità all'interno con un caldo raggio di sole.
Il Guaritore di Campi Duri brontolò qualche protesta finché Verel non si decise ad entrare nella stanza, chiudendo la "porta" dietro di sé.
Grano era immerso in decine di fogli di pergamena, seduto nel buio più totale. Il nuovo ospite non poté fare a meno di chiedersi come diavolo facesse a leggere. « Hai portato rinforzi? » Disse il guaritore con fare sbrigativo, continuando a tenere gli occhi incollati sulla pergamena. Verel annuì distrattamente, anche se non era per quello che era venuto. « Non dire loro niente della voce, per favore. » Il vagabondo si sedette su uno dei cuscini di piume sparsi disordinatamente nella stanza di Grano. Presto sarebbero arrivati anche gli altri membri della spedizione e voleva passare subito al sodo, per quanto gli costasse parlare apertamente di quell'argomento.
Grano, come al solito, era in grado di leggergli nei pensieri. « Non sei pazzo. » Verel grugnì. « Sono piuttosto sicuro che sentire una voce nella testa che dà ordini sia un grosso segno di pazzia. »
« Delle persone potrebbero morire in questo esatto istante, Verel. Per quanto vuoi continuare a lamentarti? Qualsiasi cosa sia la voce che senti, ha avuto l'idea giusta. Non posso fare tutto da solo. Sono vecchio. »
Grano scostò la pergamena e si alzò dal suo cumulo di conoscenza. Aveva una figura esile e scheletrica, un volto allungato da un mento appuntito e rovinato dalle numerose cicatrici che si mischiavano con le rughe. I suoi capelli biondo cenere erano perennemente legati in una lunghissima treccia che gli scendeva fino al bacino. Verel notò solo in quel momento che al fianco portava la sua spada, la solantiana -una spada così sottile che si dice sia in grado di pungere il cuore di un uomo senza che se ne accorga. Verel la indicò. « Non puoi venire, Noma. Sei troppo debole, ti reggi a mala pena in piedi. » Grano sorrise beffardo davanti a quell'affermazione.
« E tu hai un braccio solo. » Verel si irrigidì. « Siamo ugualmente qualificati. »

Era successo durante i fatti di Terra Grigia.
Una voce aveva improvvisamente iniziato a parlare con Verel, risuonando dai suoi stessi pensieri. Nessun altro poteva udirla.
La voce parlava senza mezzi termini, ordinandogli di andare in alcuni posti o fare alcune cose. Più la ignorava, più aumentava d'intensità e si faceva sentire con maggior frequenza Poi, dopo qualche ora o qualche giorno, improvvisamente taceva. Ma quella volta la voce era stata fin troppo insistente e le sue parole si erano fatte così forti da non permettergli di dormire la notte. Ignorarla era diventato impossibile.
"Vai a Basiledra. Parla con Grano."
Nient'altro.
Una volta arrivato nelle rovine, Verel udì i bisbigli di alcuni profughi che avevano camminato per pochi minuti davanti a lui. Parlavano di una città nascosta sotto le macerie, un'altra Basiledra ancora più bella di quanto non lo fosse mai stata. Quando li interrogò a riguardo loro gli rivolsero un sorriso serafico, fin troppo innaturale per appartenere a dei mendicanti. Ma Verel sapeva che quella gioia era genuina, lo sentiva. Era una felicità così intensa da cancellare ogni altra emozione, ogni altro pensiero razionale: esisteva solo la nuova Basiledra.
Grano aveva confermato quella storia. Non aveva mai visto la città nascosta, ma ormai la sua esistenza era certa.
Tutti coloro che entravano nella voragine al centro delle rovine scomparivano nelle tenebre, solo per tornare due giorni dopo pieni di gioia. E tutti, senza esclusione, tornavano nella voragine per poi non uscirne mai più.
Grano era convinto che si trattasse di un qualche sortilegio mentale, ma Verel era scettico.
Qualsiasi cosa si stesse nascondendo sotto quella distesa di tristezza era vera.
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Oggi

2SQDc6y

« Che il Sovrano possa guidarti. »
Dopo aver intonato una preghiera, Laurence chiuse gli occhi del cadavere.
Era il corpo di un giovane ragazzo, abbandonato su una delle strade di Basiledra. Piccole gocce di pioggia si posavano sul suo volto, scorrendogli sulle guance piene e sfiorando le labbra, che erano piegate in un sorriso innaturale. Laurence si sollevò da quel corpo, fece due passi e si chinò sul''altro, iniziando ad intonare la stessa preghiera.
Lena Lauren lo osservava in silenzio, stando al riparo dalla pioggia grazie ad un'abitazione diroccata. Laurence era un giovane uomo, alto e dai lineamenti regali. I capelli biondi gli scendevano ordinatamente sulla frangia, appena sopra due occhi dal taglio sottile. Era sempre stato un uomo curato, ma era la prima volta che Lena poté ammirarne la bellezza. Il suo volto era sempre stato coperto da una maschera da corvo, permettendole di studiarne solo gli occhi. Lena aveva sempre pensato che la maschera servisse solo per nascondere le menzogne del suo ordine, e fu grata che la vita avesse deciso di far proseguire Laurence in una direzione differente. Ciò nonostante lui continuava indefessamente a pregare il suo Dio, inginocchiandosi dinnanzi ai caduti e raccomandandogli le loro anime. Osservarlo così non poté che rimandarla indietro nel tempo, quando anche lei si era inginocchiata davanti ad una tomba, cercando ogni Dio possibile con mille preghiere.
Ma erano tempi passati, ormai. Un lavoro l'attendeva.
« Laurence, dobbiamo andare. » Lui non la guardò nemmeno. « Dobbiamo dare a questi corpi la loro degna sepoltura. »
Lena sbuffò. Un'imboscata di banditi avrebbe potuto coglierli di sorpresa ad ogni minuto. Basiledra era un luogo pericoloso e l'unica cosa che poteva riposare al suo interno era il ricordo della città che era un tempo. « So cosa stai pensando. » Disse lui, anticipandola. « Ma non posso lasciarli qui, in mezzo alla strada. Aspetteremo i tuoi mercenari mentre scavo una fossa dove possano riposare in pace. »
Lena era impaziente, ma sapeva che non lo avrebbe convinto nemmeno se si fosse messa a manipolargli i pensieri. « D'accordo. Fai in fretta. »
Laurence spostò i corpi dei due ragazzi sul lato della strada ed estrasse una pala dal suo zaino. Lena sapeva che era un tipo zelante e preparato ad ogni possibilità, ma fu sorpresa lo stesso. Subito dopo, però, si pentì di essere stata divertita da quel pensiero: l'ex-corvo aveva portato con sé quell'attrezzo perché si aspettava già che la loro ricerca si sarebbe conclusa tristemente -con dodici piccole tombe da scavare.
« Come sono morti? » Chiese d'un tratto, mentre iniziava a scavare la seconda tomba. Lena rispose con un pizzico di esitazione ed incertezza. « Una ferita all'altezza del cuore. Non l'hai vista, vero? È incredibilmente sottile. » Laurence scosse la testa, confuso. C'era del sangue sul loro torace, ma non aveva notato nessun taglio.
L'investigatrice continuò la sua spiegazione. « La ferita deve raggiungere il cuore. Solo un individuo con molta esperienza in questo genere di affondo avrebbe potuto farlo due volte senza sbagliare.» Il suo volto si incupì. « Non so cosa ci attenderà là sotto. Non sottovalutiamo il nemico. »
Laurence piantò la pala nel terreno e si rimise il mantello sulle spalle.
« Lo scopriremo presto. I tuoi amici stanno arrivando, pare. »
Lena si voltò verso l'ingresso della città, dove le macerie delle grandi mura riposavano.
« Prepara le tue cose.
"Basiledra" ci attende.
»

QM Point

Benvenuti in Ghosts of antiquity. Iniziamo subito con un elemento atipico: l'apertura della giocata prima della chiusura del bando. Ho deciso di postare immediatamente l'introduzione alla quest per permettere a chi si vuole iscrivere di farsi un'idea del perché il suo personaggio vorrebbe partecipare. A questo proposito avete completa libertà, salvo per un particolare: in qualsiasi modo desideriate unirvi, alla fine del primo post dovrete descrivere l'entrata del pg nell'abisso che si trova al centro delle rovine di Basiledra.
La città è in rovine da anni ormai, ma ultimamente numerosi rumors si sono sparsi per la regione: sotto le rovine esisterebbe una seconda Basiledra, ancora più bella e scintillante di quando il Re che non perde mai comandava il Leviatano. Chiunque sia già stato in questa "seconda capitale" ne parla entusiasticamente, arrivando anche a portare nuove persone con sé usando la forza, spingendole nel baratro. Nessuno di coloro che è tornato dalla città è riuscito a mantenere la sanità mentale -tutti parlano di come all'interno di essa i sogni si realizzino, diventando dei fanatici.
Qui di seguito vi propongo delle possibili soluzioni per l'entrata in scena dei vostri personaggi. Queste possibilità sono assolutamente facoltative. Tuttavia ricordate che in base a quale motivazione scegliete per entrare nella misteriosa città, entrerete in momenti diversi. Ecco qui delle possibili soluzioni:
(Settimane fa) Con gli anarchici di Basiledra: i fuorilegge che piagano le rovine sono stati i primi ad essere coinvolti con la seconda Basiledra. Nel giro di due settimane la maggior parte di loro è stata inghiottita dall'abisso e nessuno li ha più visti. Generalmente solo i personaggi che sono capitati per caso vicino alle rovine in questo periodo o che abitano direttamente nella vecchia capitale sono riusciti a sentire le storie di un uomo chiamato Ginka, il primo a cadere sotto il giogo di questo misterioso incantesimo.

(Due giorni fa) Con la squadra di Verel: spinto nella vecchia capitale da una misteriosa voce, Verel ha deciso di rivolgersi a Grano (un suo vecchio amico, chiamato Guaritore di Campi Duri) per capire cosa stesse succedendo. La voce gli ordina di scendere nei meandri dell'abisso, tuttavia il vagabondo ha deciso di essere prudente e assoldare dei mercenari per accompagnare lui e Grano nel sottosuolo. Potete sentire o leggere di questo ingaggio nelle taverne della regione (ce ne sono numerosi che indicano la misteriosa capitale), oppure potete capitare per altre ragioni nei pressi dell'abitazione di Grano in quel momento. Qualcosa che attirerà la vostra attenzione succederà di lì a poco.

(Presente) Con la squadra di Lena: l'investigatrice Lena Lauren è stata ingaggiata dal corvo Laurence per indagare sulla misteriosa sparizione dei bambini di una scuola dove insegnava nei pressi di Ladeca. La scuola è andata distrutta dalle fiamme e in molti sono morti, ma dei piccoli corpi non c'è traccia. Lena decide di assoldare degli accompagnatori attraverso i suoi contatti a Ladeca (spie e vecchie guardie che avevano servito i Quattro Regni) oltre che i più tradizionali bandi nelle taverne.

Qualsiasi altro motivo: come già accennato, la vostra introduzione alla quest è completamente libera e può prendere luogo in una qualsiasi delle tre timelines principali. Il vostro post si concluderà comunque con la discesa verso il sottosuolo.
Se intendete partecipare alla spedizione di Verel o di Lena, segnalatelo prima in confronto per un rapido giro di dialoghi. Risponderò con indicazioni vaghe però, lasciando che siate voi a manovrare i png direttamente. Questo, chiaramente, sarà oggetto di valutazione.

Col tempo, i fanatici hanno costruito delle impalcature e delle scale che è possibile usare per calarsi nella fossa, forse nel timore che buttandosi non avrebbero raggiunto la loro mitica città.

La scadenza per postare sarà cinque giorni dopo la chiusura del bando e la conferma dei partecipanti.
 
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Numar55
view post Posted on 11/5/2016, 03:59




Le note discordanti di un coro di ubriachi, le risate di amici e commilitoni, gli ordini dati dalle cameriere all'oste...
Le taverne erano molto più chiassose e confusionarie di quanto ricordassi. Come facevano i mortali a non impazzire? Ero entrato lì dentro da dieci minuti al massimo e già mi faceva male la testa. Dopo quasi un'era di silenzio assoluto, tutto quel chiasso, tutte quelle vite ammassate in un'unica struttura, erano oltremodo irritanti. Senza contare poi il sangue.
Al di sopra della canzone più stonata, al di sopra delle gride più alte, ciò che percepivo era il fluire del dolce sangue. Raschiava contro quelle miserabili vene, bramava di uscire. Instintivamente snudai i denti fissando famelico i commensali al tavolo di fronte al mio, ma con un rapido gesto portai la mano di fronte alla bocca fingendo un colpo di tosse. Maledicendomi mentalmente afferrai il boccale di vino bevendolo d'un fiato; aveva meno sapore dell'acqua di stagno ma bastò a distrarmi. Avevo bevuto solo qualche ora fa ma la sete era già di ritorno per farmi seccare la gola. Del resto secoli di prigionia non dovevano aver fatto molto bene al mio metabolismo...l'intera squadra di minatori ad Ur Lachesh era stata appena sufficiente per farmi riguadagnare una parvenza di sanità mentale. Dovetti nutrirmi ancora molto per ricominciare a fare pensieri lucidi ed iniziare a progettare una sorta di "piano". Sempre che di piano si potesse parlare: attraversare il deserto e raggiungere il Dortan, senza una destinazione precisa. Ma forse era riuscito a trovare una pista durante la caccia.
Intrecciò le dita concentrandosi unicamente sulle parole degli uomini seduti al tavolo alle sue spalle.

"Ho preparato già il tutto. Se parto entro stasera, dovrei raggiungere Basiledra entro domani..."

"Pessima idea, è una pessima idea..."

"Senti, ne abbiamo già parlato! Hai visto l'annuncio, no? Se li aiuto a trovare quei marmocchi, mi aspetta un bel di po' di grana."

"Sì, ma... girano strane voci su Basiledra negli ultimi tempi..."

"Ma non me ne frega un cazzo! Se dovessi stare ad ascoltare tutte le stronzate che si sentono in giro, non lavorerei più!
Fidati di me, Glenn, ti offrirò un'intera settimana di bevute al mio ritorno."


Passò ancora qualche minuto e lo sentii alzarsi per poi dirigersi alla porta. Passò qualche istante ed io feci lo stesso.

9vgNB

Mi piacerebbe dire di aver gestito la faccenda con l'eleganza che un tempo mi contraddistingueva. Ma la realtà era che avevo spaccato le gambe al mercenario per farmi dare il resto delle informazioni e poi gli avevo squarciato la gola nella foga di nutrirmi. Solitamente non apprezzavo il sapore degli uomini del Nord, il loro sangue era fin troppo miscelato con la birra, ma sul momento non avevo fatto caso a cose come le sfumature di sapore. Con un po' di nostalgia ripensai ai tempi in cui il nutrimento era un piacere da assaporare lentamente, un momento della giornata in cui dare libero sfogo alla sua fantasia...
Sospirai. Quei tempi sarebbero ritornati un giorno, ma ogni lungo viaggio inizia con un piccolo passo. E trovarla sarebbe stato quel primo passo.
Loro erano lì, al luogo prescelto per l'incontro. Due umani, una donna dai capelli castani e un uomo dai capelli biondi. Poco prima di avvicinarmi a loro, mi coprii il volto con una bandana lasciando scoperti solo gli occhi. Se quei due avessero capito, chi davvero aveva risposto al loro annuncio probabilmente avrebbero dato di matto. E se davvero si trovavano in prossimità del suo rifugio, non volevo attirare troppe attenzioni così presto. Con passo calmo e cadenzato mi avvicinai infine alla coppia.

"Ho letto il tuo annuncio."

La donna si fece subito avanti presentando sé stessa come Lena, un'investigatrice di Taanach, e l'altro come Laurence, un semplice maestro. Per quel che mi riguardava la discussione poteva anche terminare lì ma quella continuò chiedendomi di presentarmi a mia volte ed ad esporre le motivazioni del mio supporto al gruppo (oltre al denaro, si intende). Lì per lì stavo per risponderle male: gli umani erano davvero diventati così ingenui durante la mia assenza? Che senso aveva far circolare la voce di un incarico se poi si temeva di incontrare gente dalla scarsa moralità?! Ma mi trattenni, limitandomi a fissarla dritta negli occhi. Ero sul punto di presentarmi quando mi fermai nuovamente; presentarsi come "L'Artista" avrebbe dato alla donna dei dubbi sulla mia sanità mentale o più probabilmente non avrebbe accettato uno che non diceva il proprio temendo che nascondesse qualcosa di losco. E dirle il mio nome puro era fuori questione...
Un ricordo mi venne in aiuto, accompagnato da un tremito di rabbia.

"Razor. Mi chiamo Razor.
Ho sentito delle sparizioni e sono semplicemente interessato a ritrovare i bambini..."


Non era del tutto falso. Avevo viaggiato per tutto l'Akeran alla ricerca dei miei vecchi compagni, senza però ottenere alcun risultato. Quindi o avevano abbandonato il nostro vecchio stile di mostrarci al mondo senza alcuna inibizione per un atteggiamento più furtivo (troppo furtivo!) o avevano abbandonato quella terra desertica, patria di innumerevoli ricordi spiacevoli (ma anche di così tante rivincite!). Frustrato ed ancora confuso dalla sete, avevo attraversato il Deserto dei See con un gruppo di viaggiatori; beh perlomeno fino a metà... mi ero lasciato un poì andare e li avevo uccisi tutti in una sola notte. Arrivato nel Dortan avevo cercato sangue ed informazioni con pari ferocia, ma (fortunatamente da un certo punto di vista) le seconde non erano così facili da trovare come il primo. Questo almeno fino all'annuncio di quell'investigatrice.
Ora, dopo mesi di infruttuose ricerche, ero sulle tracce di un Primogeno, e non di un Primogeno qualunque. La Prole adorava i bambini e poteva essere la soluzione ai miei problemi.
Tra tutti noi era sempre stata la più portata allo spionaggio grazie ai suoi poteri: se l'avessi convinta, mi avrebbe saputo dire con ogni probabilità la posizione di ogni singolo Primogeno di Theras. Per di più era una dei pochi che non si era alleata con l'Assetato durante la guerra, quindi avrei quasi potuto considerarla una potenziala alleata. Certo, uno dei motivi principali per cui non era intervenuta nello scontro era che gli altri Primogeni non si fidavano di lei né lei di loro (né di me d'altro canto); essendo la più debole tra di noi passava la maggior parte della sua esistenza a nascondersi, usando metodi alternativi per nutrirsi e perseguire obiettivi. Ma nella mia situazione non avevo il lusso di scegliere da chi farmi aiutare. Se lo avessi avuto naturalmente il gruppo di umani attorno a me, sarebbe già immerso in una pozza di sangue.
Nel frattempo infatti due nuove reclute li avevano raggiunti in risposta alla richiesta di aiuta di Lena. Non attirarono molto la mia attenzione, erano solo grossi e armati, i tipici mercenari che di solito si fanno guerrieri per racimolare qualche soldo.
Lena ci spiegò brevemente che avremmo dovuto infilarci all'intterno di un crepaccio. Mentre riflettevo su quanto quello potesse essere un nascondiglio perfetto per la mia antica compagna, fui distratto dallo sguardo che uno dei mercenari mi stava rivolgendo avvicinandosi al baratro. Solitamente chi mi guardava storto moriva ammazzato o mi aiutava a concepire una nuova opera, ma (per l'ennesima in pochi giorni) mi trattenni. Laggiù doveva essere molto buio, nessuno se ne sarebbe accorto.
Ci mettemmo qualche minuto ma alla fine (grazie a delle impalcature offerte da chissà chi) cominciammo a scendere nelle profondità. Stavo iniziando a chiedermi quanto ci avrei messo se mi fossi semplicemente limitato a scendere come al mio solito quando il fato non mi lasciò altra scelta. Il suono di corde che si spezzano giunse alle nostre orecchie e sentii quest'ultime scivolarmi sotto le dita. Seccato, schioccai la lingua fermandomi dopo un paio di metri a mezz'aria, sotto di me il resto del gruppo era piombato nel buio. Guardai accigliato verso l'alto maledicendo i bastardi che avevano causato quel contrattempo ma non andai a dargli la caccia; se la Prola era laggiù doveva provarla.
Planò lentamente verso il basso chiedendosi in quanti pezzi avrebbe trovato i suoi "compagni di squadra".




L'Artista


- Basso: 5% - Medio: 10% - Alto 20% - Critico: 40%

Fisico: 75%

Mente: 75%

Energia: 150%


Passive:
- Può trasformarsi in una creatura mostruosa di notte (6)
- Capacità di volare (5)
- Insensibilità al dolore (6)
- Compiere azioni con forza sovrumana (6)

Attive:


Note:

Faccio esattamente ciò che abbiamo discusso in confronto :sisi:


 
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view post Posted on 11/5/2016, 12:30
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Miserabili coloro su cui piove.
Le lastre oblique, le porte vuote, gli scarni costati d’acero e pino che furono carri, che furono banchi, tetti, infissi, adesso li vedi curvarsi allo sferzare del vento. Fa quasi caldo. Ed un’anima sensibile potrebbe ascoltare la strada che geme, sfinita. Miserabili e nere fauci sdentate si schiudono squadrate al suono dei passi, dei piedi nelle pozzanghere, del frusciare piovoso sulle cappe cerate, sui mantelli, miserabili osservano i passanti dalle socchiuse porte vuote.
Coloro su cui piove hanno conoscenza del mondo. E finché i mendicanti restano al coperto, finché i vagabondi spiano innocui, finché le ombre oblique delle lastre grigie non s’allungano sul percorso dei miserabili, allora la via è praticabile. Ci si bagna solo un po’. S’immergono gli stivali sino alla caviglia. Si rallenta, un attimo. Si controlla il respiro, taci, le labbra premute sul cotone sottile che sta sotto al cuoio traforato che sta sotto alla pioggia d’anelli d’acciaio intrecciati, per proteggere il volto. Si lascia il privilegio dell’aria agli occhi solamente. Tuona.
Gli scarni costati d’acero e pino che furono barricate, che furono lance, frecce, scudi, adesso li vedi spezzarsi all’ordine d’avanzata. Cose strane ti fa vedere la pioggia. Ed un’anima sensibile potrebbe scorgere magrissime ombre che, dalle finestre di edifici deserti, fanno come per chiamarti a casa. Come attraverso i campi di Fafnigaard, quando s’avanzava tenendo la linea, miserabili, miserabili io dico, ricordando perfettamente le sequenze opportune da far seguire al comando del decarca, che a spada sguainata indicava alla truppa -che non poteva vederlo- il varco nella barriera nemica.
S’impilano ricordi come mattoni d’un muro crollato.
Desolato, un uomo varca i cancelli di Basiledra. Strane cose, davvero, ti fa vedere la pioggia. Cammina, attento, tutto coperto da un telo cerato del colore che ha il mare quando la corrente ne sommuove i muschi e le alghe. Circospetto. Conosce la direzione. Tuona ancora, e vista dall’alto la strada sembra il letto di marmo di un torrente.
Miserabili le lastre oblique, che sono state pareti, mentre l’acqua ne martella le strisce scure. Questo pensa. E tremendo il sentiero che dovette imboccare, questo pensa, ma non fa nulla. Non importa, in questo momento. Cammina. Scansa le pozze, quando può. Solo. Saturnino.
Scorge l’ombra di un altro tesa nel gesto di spingere col piede un badile nel terreno. Ha dei corpi, accanto, ed un’anima sensibile potrebbe anche lasciar tremare lo scarno costato d’un uomo infreddolito, ma non lo fa. Ha camminato a lungo, l’armatura pesa, il mantello soffoca il respiro; solo fermandosi al cospetto di quell’ombra che pia trascinava i corpi nelle fosse, quasi una visione portata dal vento, l’uomo in armatura iniziò a sentir freddo. Era, forse, arrivato. Il fiato gli si condensa innanzi.
Dovette alzare la voce per farsi sentire, tanto forte la tempesta scuoteva quello scheletro d’una città. Salute, disse l’uomo in armatura alla donna che stava lì accanto, mentre l’ombra curva aveva abbandonato quel suo triste arnese ed anche lui muoveva due passi bagnati verso colei che, al riparo dalla pioggia, portava il nome di Lena Lauren e, qualche volta, persino lo adoperava.
S’erano già incontrati, loro tre.

Il sibilare del vento che s’incastra nei pertugi della pietra morta, per strada, era quasi simile al bel fischio di una teiera sul fondo di un’osteria. Un’osteria in particolare, in una notte in particolare, dove la vecchia zingara aveva trascinato Sigurth e Njorth, due omoni di quelli che non sanno sentire freddo, senza dar loro particolari spiegazioni. Eppure la donna, anche lei abbastanza a sud da soffrire di nostalgia, già in passato era riuscita a rimediare qualche buon lavoretto a quei due disgraziati e ai loro amici allo sbando. Se non avessero l’abitudine, ad essere poveri, non avrebbero mai dato ascolto ad una fattucchiera di montagna. Erano guerrieri, loro. Erano due fieri fanti delle truppe pesanti del popolo Van, nati nel Vanaheim, oltre le montagne, oltre la foresta, oltre cento fiumi e cento strade ed impercorribili pianure ed un milione di carcasse di stivali consumati dal marciare troppo a tempo e troppo a lungo. Tuona. E quella era una vecchina in una locanda del Dortan, e loro non erano mai stati tanto a sud. Sigurth, alto come sarebbe alto un bue messo su due zampe, sbuffa e guarda di traverso la zingara tutta curva e piccina, la cui sagoma tonda non era dovuta al grasso più che al sovrapporsi di feticci, di amuleti e di un’infinità di spigoli di stoffe d’ogni possibile tonalità del verde. Ghignava maliziosa, ma Njorth, l’altro uomo, credeva fosse una donna buona. Ed aveva ragione.
La fattucchiera si fece seguire sino ad una delle panche, quasi sul fondo, e mentre l’oste riempiva d’acqua bollente due tazze belle lucide, evidentemente nuove, un odore di camomilla ed agrumi serpeggiò sottilissimo lungo l’interezza del locale. Un’anima sensibile avrebbe avvertito l’ospitalità della mercede, il mestiere del locandiere che vizia gli avventori più distinti con bevande saporite per riempire una o due stanze in più. Per comprare alla moglie quella gonna blu tutta sfrangiata che per lei era una cosa bella, e l’oste sorride mentre pensa, nel mescere scorza di limone e margherite secche nell’acqua tiepida, che cosa proprio bella che sarebbe nelle prime balere aperte a primavera, quando verrà, e quella gonna avrebbe davvero volato fra le risa e la brezza salata ed il sudore del ballo sulle gambe che, per un po’, sarebbero state ancora giovani. Njorth sbattè le palpebre ripetutamente. Il puzzo del braciere quasi spento al centro della stanza coprì l’aroma di tisana, tuonò, l’oste voltandosi sovrappensiero prese una tazza troppo calda e scottandosi lasciò che cadesse e Njorth continuava a guardarlo in volto e a pensare a che cosa bella che sarebbe stata sua moglie, che non aveva mai visto, con quella soffice gonna blu tutta sfrangiata mentre seduta d’estate sullo steccato al bordo del fiume lui –ma non era lui!- avrebbe potuto ricordare che bell’odore di agrumi e camomilla ha il sudore di due gambe che hanno danzato tutta la notte in un drappo colorato dall’ombra dei sogni di qualcun altro.
Njorth, che è quell’altro uomo del nord al seguito della zingara, di nuovo sbatte forte le palpebre e si porta una mano al volto. Contratto. Saturnino. Non s’era accorto del discorso fra la vecchina e quell’altra donna, quella seduta al tavolo (quando ci siamo avvicinati al tavolo?) che invano attendeva la sua tisana. L’oste si scusa. Il giovane che siede accanto alla giovane donna (quanti anni avranno?) sembra accettare le sue scuse. Lei si chiama Lena Lauren. Contrariata. Professionale. Non avrebbe pagato per tutti e cinque.

Da quando era tornato nel Dortan, non un singolo evento favorevole aveva allietato il già plumbeo morale di un soldato –parliamo appunto di Njorth- per proprio conto poco incline all’iniziativa. O così credeva. Fatto sta che, per soddisfare i meno informati, il nostro fante di Vanaheim è riuscito a farsi seguire da altri quattro miserabili suoi colleghi ormai privi d’impiego per un’avventurosa ricerca a sud dell’Ystfalda.
Con avventurosa ricerca si intende un goffo ed istintivo tentativo di sopravvivenza onesta.
Poi è entrata in scena la fattucchiera. Poi sono comparsi Lena Lauren e Laurence Qualcosa. Vabbé, un cognome non ce l’hanno tutti. Poi l’oste ha rovesciato il tè e Njorth ha iniziato a starnutire mentre Sigurth andava via urtando forte contro la sua spalla sinistra e le cose, comunque, continuavano ad accadere. L’importante è mantenere uno sguardo attento. Ignorare l’emicrania.
L’incalzare di eventi che hanno trascinato l’aspro Van’Njorthr Fryjhildson, tutto bardato con l’armatura dei guerrieri-specchio del suo paese, sino ai cancelli di Basiledra, da solo, non è poi molto importante.
L’appuntamento era con Lena e Laurence proprio in quel punto, per quanto non credeva che i suoi compagni l’avrebbero lasciato presentarvisi da solo. La parola va mantenuta, comunque. Nonostante la tempesta. Nonostante quello strano impilarsi di immagini come sottili foglie verdi premute sul muro dal vento troppo forte, che sovrapponendosi mostrano un’infinità di spigoli d’ogni possibile tonalità di verde. Ed un’anima sensibile avrebbe iniziato a preoccuparsi, a studiare una procedura.
Forse era così che si sentiva il decarca, sul campo di battaglia del Fafnigaard (che nel Dortan chiamano Roesfalda), appena prima di gridare l’ordine di carica. In tempo per scansare il fuoco. Quasi in tempo per evitare di aprirsi sul lato destro. Nel momento giusto per sfondare la linea di luce e poi, e poi –
Tuona.
Miserabili coloro su cui piove. Le lastre oblique, le porte vuote, gli scarni costati d’acero e pino che furono carri, che furono banchi, tetti, infissi, solamente adesso li vedi curvarsi allo sferzare del vento. Forse è già successo. Njorth si scusa, rivolgendosi a Lena, di essersi presentato da solo. Restituisce la caparra, senza neppure aver mai contato i soldi. Ignora le sagome nere nelle finestre vuote, oltre la strada. S’affiancano altre due persone, uomini. Lei spiega la situazione, dà l’ordine, dispone le procedure appropriate al raggiungimento dell’obbiettivo. Lo spirito ha finito di seppellire i corpi, sembra.
Calarsi nella voragine. Trovare i bambini. Portarli su.
Non era proprio il caso di estraniarsi in quel momento per pensare all’Erynbaran e ai due bambini tenuti indegnamente distanti da un indegno padre. È un’altra cosa, quella. Sta’ concentrato.
Lei, comunque, sembra una persona intelligente. Sarebbe un buon comandante, forse.

Sono in cinque. Lena, Laurence, Razor, Montu. E poi Njorth, ovviamente.
Razor ha l’aspetto di chi nasconde qualcosa. Montu era a Basiledra quando è caduta. Laurence non si fida di Razor, e dice a Njorth di tenerlo d’occhio. L’avrebbe fatto comunque. Montu non sa come possa essere il terreno sul fondo del crepaccio. Sta’ attento, Njorth, figlio di Fryjhild. Razor dice di voler ritrovare i bambini, ed il fante Van inclina un poco la testa in avanti e la ruota di lato appena. Ascolta Montu, un colosso, ma meno grosso e meno stupido di Sigurth, pare. Un’anima sensibile avrebbe avvertito qualcosa di simile alla bontà, nelle sue parole, ma Njorth non l’avvertì.
«Stiamo parlando di salvare dei ragazzini, al denaro ci penserò quando saremo tutti fuori dalla città » furono le parole. « Inoltre... ero a Basiledra quando è caduta e non sono più tornato da allora; credo che questo sia un momento perfetto per farlo » è Montu che parla a Lena. Njorth, che come guerriero Van qualche ferita ai fianchi l’aveva lasciata rimarginare, con la coda dell’occhio segue il sottile profilo di Razor mentre quello si prepara alla discesa, un poco in disparte. Dietro, ancora la stessa spiegazione sul da farsi. È bene ripeterle, le cose importanti. Aspetta. Tuona. Saturnino.
« Sei già stato qui, allora » fa Njorth a Montu, « sai dirci com’è il terreno, sul fondo? »
Eppure questa cosa è già successa.
« Sono passati anni dall'ultima volta che ho messo piede a Basiledra, non so dirti cosa troveremo lì sotto. Ma non so di qualcuno che sia tornato in superficie dopo essere sceso, quindi presumo nulla di piacevole » risponde il colosso.
Potrebbe essere un ottimo alleato, pensa Njorth mentre toglie da un sacco lo scudo tondo e se lo mette a tracolla. Lucido come uno specchio. Speriamo non sia un buon nemico.
« Vorrà dire che ci adatteremo » dice il Van, « sono Njorth, comunque. Della casa di Van. »
« Montu » risponde.
Eppure io queste cose le ho già dette. Le ho già fatte.

Miserabili coloro su cui piove, quasi pronti a scendere più a fondo. A salvare un gruppo di bambini dispersi, forse rapiti. La cosa più nobile che abbia fatto il Van, se fosse stata tutta la verità. Ma ormai è questione di parola data, è questione di senso della coerenza e non di buon senso. Ed è questione di pioggia e di lastre storte e di sguardi obliqui vagamente ostili.
Quel Razor non dovrebbe essere qui.
Passandovi accanto, dirigendosi verso il ciglio del baratro (che ancora non aveva voluto vedere), Njorth scaglia un ultimo sguardo obliquo vagamente ostile al pallido ragazzo incappucciato, con quegli strani occhi gialli. Gli ricorda gli uomini-vipera di Guesgaard, abilissimi con gli esplosivi. Tornano alla mente anche i necromanti di Neirusiens, aspetto vagamente elfico, vagamente antico, corrotto. Perverso. Quel Razor non dovrebbe essere qui, pensa Njort passandovi accanto con occhi di vetro. E lui, intanto, risponde allo sguardo e sembra nervoso, certo, ma eccitato, impaziente. Il suo unico pensiero è scendere, scendere giù e trovare quello che sta cercando.
Sta zitto, ma un’anima sensibile sa ascoltare la voce delle cose silenziose. Come alla taverna, pensa Njorth, mentre uno snello mal di testa incede verso l’alto lungo il collo e si congiunge ad uno snello mal di vivere che intanto stava procedendo verso il basso, lungo la schiena, con lo scopo di causare alle budella un’opportuna contorsione. Come paura. Proprio mentre la prima immagine del vuoto esplodeva alla vista dell’armigero, che con un sangue freddo più falso di una bufera ad agosto lancia una pietruzza giù nell’abisso. Nessun tonfo. Guarda. Tuona.
Saturnino.
Nero.
L’ombra lo chiama a casa. Lui trasale in segreto. Miserabile, miserabile.
Coraggio, scendi. Va fatto.

« Coraggio » gli dice l’oste, avvicinandolo con una tazza d’acqua calda mentre, da solo, il Van sedeva al tavolo più isolato della taverna. « Torna a casa, adesso. » Le corde si spezzano, o vengono tagliate, mentre il gruppo si sta calando. Del fondo, nessun segno. Tuona, pianissimo, in alto. No, no, no.
A casa? Noatun?
No.
Quale casa, allora? Devo tornare da lei, devo tornare e fingere di fare il padre? Fingere di non essere un miserabile, uno zotico, una scimmia? Non ho famiglia, io.
No, appunto.
Queste cose ce le siamo già dette, credo. Lasciami lavorare, adesso. Lo so che è buio.
Lasciami cadere.
« Eh? Cos’hai detto, amico? » fa l’oste. Confuso. Saturnino.
Niente, davvero.
Niente -



Van Nort


CS [1] Concentrazione
Corpo [100] sano, nessuna ferita.
Mente [100] concentrato, ricettivo, quasi paranoico.
Energia [100] in forma, operativo.

Abilità impiegate
- [Passiva] Intuito (stratega, Lv1): utilizzata su Lena per farsi un'idea più precisa dell'individuo. Ancora 5 utilizzi.
- [Slot 1][costo nullo] Focus (personale): powerup. +1CS in concentrazione. Usata quando Laurence si raccomanda di tenere d'occhio Razor.
- [Slot 2][costo nullo] Empatia (personale): capto le emozioni di Razor poco prima di scendere nel baratro.

Note
Tutto come organizzato in confronto. Ahhh, quanto mi mancava il pbf.



 
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view post Posted on 11/5/2016, 16:48
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Il tempo è la sostanza di cui sono fatto.
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La notizia della scuola in fiamme come un’epidemia aveva raggiunto tutti gli abitanti di Ladeca, ma come sempre in questi casi erano veramente pochi quelli che conoscevano i dettagli dell’accaduto. Si parlava della criminalità organizzata che si era vendicata con un uomo uccidendo suo figlio e mascherando la cosa, si parlava dei vampiri creduti scomparsi che avevano bisogno di sangue fresco e avevano coperto le loro tracce; tante storie, una meno probabile dell’altra per una serie infinita di motivi, eppure la gente ci credeva e la malattia continuava a diffondersi.
Un semplice incidente, una disgrazia che la folla aveva ingigantito verrebbe da pensare, ma tutti, nessuno escluso, concordavano su un particolare: non era stato trovato nemmeno un corpo, dei bambini non v’era traccia. Le coincidenze confermarono al Demone che fosse successo qualcosa di strano, ma mai avrebbe pensato che questo qualcosa l’avrebbe portato lì dov’era iniziata la sua vita da uomo.
-Una donna ha portato questo bando: cercano uomini disposti a cercare i ragazzini scomparsi dalla scuola incendiata.-
Davakas stringeva in mano un pezzo di carta giallastro che avevano lasciato a “Le Tre Lune”.
-E dove li cercherebbero? Hanno intenzione di battere tutto il Dortan o andranno direttamente nei mercati degli schiavi nell’Akeran?-
Il tono di Montu lasciava intendere che non nutrisse particolari speranze né intenzioni di aggiungersi alla spedizione.
-Sembra abbiano le idee abbastanza chiare in realtà. Sono sicuri si trovino a Basiledra, vivi o morti è da scoprirlo.-
Un secondo di silenzio per essere sicuro di aver sentito bene, l’Eterno si sorprese a trattenere il fiato.
-Basiledra hai detto?-
-Basiledra.-



23xoC




I grandi zoccoli dello shire nero affondavano nel fango sporcandogli il pelo fin sopra la caviglia. Ladeca e Basiledra non erano molto distanti ma quella pioggia torrenziale stava allungando non di poco il viaggio; il diluvio era iniziato due giorni prima e Montu era potuto partire con largo anticipo, ma la cosa era ugualmente snervante: sentiva l’acqua inzuppargli i vestiti anche sotto la pesante cappa e il cappuccio a poco serviva contro la pioggia a vento che gli sferzava il viso. Nonostante tutto l’animale aveva continuato ad avanzare per ore e il profilo della vecchia capitale si delineò nella pioggia quando ormai questa scendeva molto meno copiosa.
Lasciò il cavallo in una zona sicura, ringraziando il fatto di conoscere bene la foresta davanti la città e sperando che i banditi che ora vivevano tra le macerie non si fossero presi la briga di esplorarla.
Raggiunse il gruppo che lo aspettava davanti una grossa porzione di mura sciolte e una fitta gli strinse il cuore: rivide Kuro guidare l’esercito mentre il Pipistrello liquefaceva la roccia come fosse stato burro, rivide il Cuore di Marmo crollare davanti ai suoi occhi e la Mano scomparire nell’oscurità, rivide la sua città cadere e il suo futuro vacillare in equilibrio su un filo troppo sottile per sorreggerlo.
-Lena, lui laggiù è Laurence.-
La ragazza era molto minuta, grandi occhi marroni incorniciati dai capelli fradici raccolti in una grossa treccia che le arrivava fin sulla vita. Il compagno si teneva a distanza evidentemente turbato da qualcosa.
-C’è qualcosa che ti porta qui, oltre il denaro ovviamente?-
Denaro? No, era lì per qualcosa che andava oltre il denaro. Era lì per percorrere le strade del suo passato, e se ciò avesse contribuito a salvare dei ragazzini non poteva che esserne felice.
Decise di essere sincero, non avendo motivo in fondo per mentire.
-Stiamo parlando di salvare dei ragazzini, al denaro ci penserò quando saremo tutti fuori dalla città. Inoltre... ero a Basiledra quando è caduta e non sono più tornato da allora; credo che questo sia un momento perfetto per farlo.-
Lena gli spiegò il piano: non era in superficie che avrebbero trovato i bambini ma in una porzione sotterranea della città che avrebbero raggiunto calandosi in una spaccatura nel terreno.
Montu aveva sentito parlare di quella Basiledra sotterranea, una città sotto la città da cui nessuno tornava. Ovviamente non si sapeva se ciò fosse dovuto a qualcosa di incredibilmente bello nelle profondità di quelle macerie o a qualcosa di incredibilmente pericoloso. Tra le due opzioni, il Demone, optava per la seconda.
Si avvicinò al ragazzo, Laurence, e gli tese la mano:
-Montu. Preoccupato per i bambini?-
Rispose freddamente, scostandosi dall’Eterno, saettava con gli occhi da lui a Lena, osservandosi di tanto in tanto i piedi come a sfuggire il contatto con l’uomo che aveva davanti. Era rassegnato a trovarli senza vita, ma era evidente che non nutrisse nessuna fiducia verso Montu. E lui non avrebbe di certo perso tempo a convincerlo di quanto, lì sotto, avrebbe potuto salvargli il culo.
Mentre uno dei due avventurieri che avevano raggiunto Basiledra osservava i resti della città l’altro -con indosso un’armatura con un disco lucido sul torace- si avvicinò al Demone:
-Sei già stato qui, allora. Sai dirci com’è il terreno, sul fondo?-
-Sono passati anni dall'ultima volta che ho messo piede a Basiledra, non so dirti cosa troveremo lì sotto. Ma non so di qualcuno che sia tornato in superficie dopo essere sceso, quindi presumo nulla di piacevole.-
-Vorrà dire che ci adatteremo.-
Non aveva preso troppo male la cosa, quasi quella domanda facesse parte di una prassi ormai imparata a memoria. Tolse da un sacco che aveva con sé un grosso scudo e se lo sistemò a tracolla.
-Sono Njorth, comunque. Della casa di Van.-
Un guerriero esperto senza dubbio, non avrebbero avuto troppi problemi nel sottosuolo.
-Montu.-

Raggiunse il crepaccio mentre l’ultimo dei tre, decisamente molto silenzioso, si assicurava che la sua cima fosse assicurata bene. Era pallido, i capelli bianchi cadevano su un viso piuttosto giovane e l’unica nota di colore era data dalle due iridi giallo oro tuffate nella sclera nera come la luna piena in un pozzo.
Non gli disse nulla e lo superò, afferrando la sua corda.
Quando tutti furono in posizione Lena diede il segnale e si calarono. La discesa iniziò nel migliore dei modi, nonostante la lieve pioggerellina che li bagnava non incontrarono ostacoli; una volta raggiunto il fondo avrebbero dovuto pensare a qualcosa per evitare di camminare avvolti dall’oscurità in cui si stavano immergendo. Il silenzio si fece assordante, interrotto poi da uno schiocco di frusta: l’unico appiglio che i cinque avevano mancò di colpo, le corde tese si fecero morbide, recise in superficie, e loro precipitarono giù. Si guardò intorno cercando di individuare i compagni, poteva afferrarli ma quanti sarebbe riuscito a salvarne? Due, forse tre. Doveva già scegliere chi sacrificare? Allungò le braccia, frenò la caduta. Qualcuno si sarebbe salvato.



Energia: 150%
Fisico: 75%
Mente: 75%
Riserva CS: 4 [+2 Forza, +1 Velocità, +1 Intelligenza]

Equipaggiamento:
Shokan
Pistola

Armature:
Pelle Coriacea [Arma Naturale]
Guanti di pelle di Drago

Oggetti:
Biglia Stordente: 1
Biglia Tossica: 1
Biglia Deflagrante: 1
Corallo [+1 Forza, +1 Velocità, +2 Maestria nell’uso delle Armi]
Corallo [+2 Forza, +1 Velocità, +1 Intelligenza]
Gemma della Trasformazione
[Anello del Tuttofare - Immortalità]

Pergamene Usate:
//

Abilità Usate:
//

Passive Usate:
Immortalità. Passiva (Numero di utilizzi: ∞)
Il Demone sfonda lui stesso la barriera della non vita, divenendo un immortale e sconfiggendo la morte una volta per tutte.
La tecnica ha natura magica e conta come un'abilità passiva - si potrà dunque beneficiare dei suoi effetti in qualsiasi momento nel corso di una giocata. Il caster diviene a tutti gli effetti immortale, rimanendo in vita indipendentemente dalla quantità di danni subiti. Non potrà comunque continuare a combattere con una somma di danni mortali sul corpo, non sarà immune al dolore né agli effetti dei danni - ad esempio, con una gamba spezzata non potrà camminare. La tecnica garantisce una difesa dalle scene in cui è possibile perdere il proprio personaggio o al termine di un duello con Player Killing attivo: i personaggi possedenti questa passiva non potranno essere uccisi in nessun caso.
[Il Demone potrebbe comunque essere ucciso qualora gli si cavassero gli occhi]

» Intuito: abituati da sempre a barcamenarsi tra i rischi del continente, i possessori di questo talento hanno sviluppato un intuito fuori dal comune che gli permette, con una semplice occhiata ad un interlocutore, di capire cosa sia in grado di fare, di fatto apprendendone la classe e il talento di appartenenza. (Numero di utilizzi: 65)

Note: Nulla di particolare da segnalare. Riporto l’utilizzo della Passiva Intuito e, visto che l’atterraggio come hai detto avverrà nel prossimo turno, accenno solamente alla possibilità di utilizzare Volo, che però scalerò se necessario al prossimo giro.
 
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view post Posted on 11/5/2016, 17:12
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(Due giorni fa)

Verel sventolava la sua spada di luce forsennatamente.
La lama attraversava i corpi con facilità estrema, ferendo unicamente la loro anima -cadevano immediatamente a terra, incapaci di alzarsi per qualche secondo. Intanto altri di loro sbucavano dalle case vicine, correndo verso Verel e Grano, a volte urlando deliri incomprensibili. « Sono posseduti? » Gridò il vagabondo in direzione di Grano. Il guaritore era poco dietro di lui, sull'orlo della fossa. « Hanno perso il senno dopo essere tornati da laggiù. Ma non ne avevo mai visti così tanti insieme. » Arrivavano come le onde del mare, mossi da una forza inestinguibile. Si infrangevano contro la spada di Verel, tornavano in piedi e poi si gettavano di nuovo contro di lui. Il vagabondo faticava a tenerli tutti a bada e il fiato iniziava a bruciargli nel petto, lasciandolo senza respiro. Era tutta gente vestita di stracci, probabilmente dei profughi o banditi che si erano stabiliti in città. Le loro grida dissennate rimbombavano fino ai suoi timpani. Ad ogni minuto altri di quei folli si univano alla rissa -alcuni erano anche armati, costringendo Grano a deflettere i colpi di spada che avrebbero altrimenti sorpreso Verel alle spalle. Ogni tanto il Guaritore di Campi Duri ne spingeva uno o due nell'abisso, quando capitava l'occasione. Uno di quegli sfortunati atterrò sulla precaria impalcatura che portava direttamente nell'abisso, schiantandosi contro un palo di ferro. L'intera struttura sembrò ruggire mentre si iniziava a staccare dalla parete rocciosa. « Non possiamo andare avanti così! »
Prima che Verel potesse fermarlo, Grano si parò dinnanzi a lui. Un sussurro nei suoi pensieri ammonì il vagabondo:
"Sono innocenti. Non lasciare che li uccida."
Ma era già troppo tardi. Veloce come non lo aveva mai visto, Grano affondò in un lampo la sua spada nel cuore di un ragazzo. Fu un movimento quasi istantaneo, che lasciò Verel sbalordito e inorridito. Ma prima che potesse persino urlare « Che diavolo stai facendo?! » Il Guaritore aveva già ripetuto quella sentenza su un altro uomo. Le sue vittime facevano altri due passi, incapaci persino di rendersi conto che il loro cuore era stato aperto a metà in un battito di ciglia, prima di crollare morti al suolo. Verel afferrò il braccio di Grano prima che potesse disfarsi di un altro pazzoide. « Sono innocenti! » Granò lo fissò severamente, ma prima che potesse parlare sentì altre cinque mani su di lui: in quell'unico momento di distrazione erano stati circondati.
La folla sembrò esplodere di gioia mentre i due combattenti venivano sollevati.
Poi, in un moto suicida, tutti i folli di Basiledra si lanciarono nel vuoto della voragine, trascinando Verel e Grano con sé.
Era un tripudio di risate, gioia e amore.
Era il loro battesimo.

Vlu9gmb

Ahhh... ahh! G... Gra...
« Eccolo. »
Ginka sobbalzò sentendo la sua maschera parlare. Nella penombra della sala del trono, accasciato sui marmorei braccioli dello scranno del Re che non perde mai, la sagoma di un uomo ebbe uno spasmo. E poi un altro. E un altro ancora. Ginka estrasse in tutta fretta la maschera di ferro e se la calò sul volto, per proteggersi. Attraverso le fessure scheggiate di quella volgare lastra di ferro, la canaglia di Basiledra osservò con orrore mentre l'assassino di tutti i suoi amici e il creatore del suo sogno fu preso da delle spaventose convulsioni, rotolando a terra e schiumando sulla spoglia pietra. Nella sua gola, mischiato tra vomito e bava, un rantolo cercava di farsi strada verso le labbra. Ma non avrebbe mai potuto farsi sentire, strozzato com'era dalla totale assenza delle corde vocali. Fu la maschera di Ginka, l'unico volto inanimato della stanza, a parlare per lui: era un sortilegio che al ladruncolo faceva sempre venire i brividi. Quello stronzo è qui « Il malfattore è giunto. »
« Chi è arrivato, M-Morgan? » Disse Ginka. La sua voce tremava come quella di un bambino colpevole. « Vuoi che lo vada ad accogliere? »
NO!
« Non si disturbi, Padre. »
Gli occhi grigi di Morgan, l'uomo senza cuore, si fissarono sull'amato volto di quello che credeva essere il suo Padre di Ferro.
Lo trascinerò qui « Sarà lui a venire da noi. » Lo sbudellerò « Ed io lo giustizierò. »
Vendicherò Elia « Come mi aveva ordinato di fare molto tempo fa, Padre. »
GRANO!
« Noma Sharif. »
______________________________________________________

xS1xvFA


(Oggi)

La realtà sembrava ridere in faccia alla fantasia, abbagliandola con la propria magnificenza.
Non può essere vero. Certamente questo fu uno dei primi pensieri che attraversò la mente di Raell, l'Artista.
Eppure poteva sentirlo sulla sua pelle: fredde folate di vento si abbattevano su di lui, mischiate al calore del sole, appena nascosto dietro ad una nuvola. Non poteva essere vero.
Era successo quasi istantaneamente. Nell'oscurità dell'abisso d'un tratto si era aperta una luce incredibile, abbagliando tutti coloro che erano precipitati nelle grandi fauci di pietra. Ma quando Raell riaprì gli occhi vide un'immensa distesa bianca, un mare sospeso nell'immensità di un cielo che non poteva essere lì. Attraversato quel soffice ma freddo mare il vampiro si ritrovò d'innanzi alla maestosità di quella fantasia: una città splendente appariva sotto di lui, incastonata in una prateria infinita. Non c'erano montagne né mari, soltanto la piatta distesa dell'orizzonte.
Ed al centro di quell'impossibile mondo, la città del passato si ergeva più maestosa che mai: Basiledra.
Il grande muro bianco, l'invalicabile difensore del Leviatano, si ergeva ancora attorno ad essa e la cingeva con la sua imponente protezione, come se il Crepuscolo non l'avesse mai sfiorato.
Il Cuore di Marmo, l'incredibile fortezza del Re che non perde mai, era ancora al centro della città come un fiore è circondato dai suoi petali. La sua struttura, così geometricamente perfetta, dava chiara idea della precisa metodicità del suo Re. Raell poteva vederne solo il tetto, una grande distesa di bianco quadrata, ma era facile capire quanto fosse grande. Tutt'attorno al Cuore i palazzi più meravigliosi che il Dortan avesse mai visto si aprivano in un'intricata distesa di vie, e poi ancora le dimore più umili si moltiplicavano all'infuori di quel cerchio di perfezione. Ma anche i palazzi più poveri, quelli nei cerchi esterni vicino alle mura e immediatamente fuori, possedevano una grazia ed una dignità percepibile persino a decine di miglia d'altezza.
Certamente, neppure nelle grandi città Maegon della prima era o tra le imponenti guglie di Lithien, non si era mai vista opera tanto bella e tanto adatta ad ospitare l'uomo. Vicino al centro della città la grande Cattedrale appariva maestosa e suprema. Anche in quel mondo impossibile la fede per il Sovrano si era fatta strada. Forse fu proprio la volontà di coloro caduti nell'abisso a crearla, per riportarla alla luce dalle macerie, per avere un luogo dove pregare e ubbidire. Non troppo lontano da essa, direttamente al di sotto di Raell, una grande fossa si apriva in modo non dissimile alla breccia presente nella vera Basiledra, quella in rovine.
Benché le sue dimensioni fossero simili, la fossa presente nella nuova Basiledra era perfettamente circolare e certamente artificiale. Era circondata da un grande giardino, con centinaia di aiuole colorate che ne toccavano i bordi. In qualche modo, anche quell'occhio nero e sinistro aveva un che di suggestivo, forse perché era in netto contrasto con la purezza del Cuore di Marmo.
Non c'erano dubbi a riguardo, quel grande mosaico era stato concepito con un'unico pensiero in mente: riportare indietro il passato.
Per creare un luogo dove solo il più grande dei Re avrebbe potuto dominare il Dortan.
______________________________________________________

Nessuno degli altri soccorritori vide la città dall'alto dei cieli.
Quando la luce li abbagliò, costringendoli a chiudere gli occhi, la loro presenza fu notata dal Re di quell'antico mondo.
Bastò un suo comando per fermare la loro caduta, e ancor prima che potessero riaprire gli occhi egli li aveva già trasportati in un luogo sicuro,
dove avrebbe potuto accoglierli.

Lena istintivamente estrasse la sua arma. La canna scura di Misericordia, una meraviglia ingegneristica tutta Akeraniana, rifletteva un brillante raggio di sole appena filtrato dalle finestre. Un mugolio spaventato sembrò riportarla alla realtà, mentre man mano i suoi occhi si abituavano al cambio improvviso di luminosità. Lena ed il suo gruppo si trovavano in una stanza ampia, con pavimento di legno e muri di mattoni. Il sole brillava dietro alle tre finestre ed oltre ad esse si apriva il profilo di una città, con tetti e comignoli fumanti. Affacciandosi verso di essa e volgendo lo sguardo in basso si sarebbe potuta vedere una grande via trafficata da numerosi carretti e costellata di mercanti rumorosi e mercanzie invitanti. Il brusio di quella quotidianità riempiva la stanza.
Dodici banchi e dodici sedie erano posizionati in modo ordinato e su di essi dodici bambini spaventati guardavano l'arma di Lena con orrore, anche se non sapevano esattamente cosa fosse o cosa facesse. L'investigatrice, incapace di pronunciare una singola parola, l'abbassò -anche se era il potere della meraviglia a gravare sul suo braccio teso e non la realizzazione di aver terrorizzato degli innocenti. « Come può essere? » Sussurrò Laurence, anche lui completamente congelato dalla sorpresa. I ragazzini, appena lo videro, scesero dalle loro sedie e corsero verso di lui per poi cingerlo con grida festive ed abbracci gioiosi. Il maestro si ritrovò in ginocchio a stringere i suoi alunni tra le braccia, con lacrime pesanti che gli riempivano gli occhi.
« Laurence... » Lena esitò, percependo qualcosa nell'aria. Una sensazione sgradevole ma familiare, che le punzecchiava la pelle come un vento gelido. « Torna in te, Laurence! » L'investigatrice lo prese per il bavero, costringendolo ad alzarsi e risollevarsi dal suo torpore. I bambini si nascosero dietro di lui, sempre più ostili verso Lena ma troppo spaventati per parlarle. Chiamavano il loro maestro e gli stringevano il mantello, chiedendogli chi fossero quegli stranieri. Istintivamente Laurence tese un braccio per schermarli da Lena, e lei lo guardò con una furia quasi inimmaginabile. « Non riesci a vedere, cretino?! Questo posto è un'illusione! Non è reale! Dovresti saperlo anche tu! »
L'inquisitore sembrò essersi paralizzato per un momento, cercando una qualche giustificazione. Ma non sentiva niente, non percepiva niente, non capiva niente. O forse semplicemente non voleva comprendere o accettare la realtà dietro a quella finzione. Il tocco dei bambini era così vero e concreto, completamente diverso da qualsiasi altra illusione avesse mai visto nei suoi giorni come inquisitore. « Ti sbagli... questo è... »

« Tutto vero, sì. »
La voce proveniva dall'altro lato della stanza, il più lontano dalla porta, dove la cattedra del maestro era sistemata.
Seduto dietro di essa c'era un uomo, o meglio, l'immagine di un uomo. Era come una proiezione, come una visione o un miraggio: il suo volto era parzialmente celato da una specie di interferenza magica e la sua intera figura era bi-dimensionale. Solo la sua voce era chiara e forte, e con essa arrivò anche l'opprimente presenza di un maleficio potente ed eterno, che investì tutti. Laurence cadde immediatamente in ginocchio, sudando freddo, e i bambini lo circondarono con ansia e preoccupazione. Lena dovette concentrarsi per un istante ma rimase salda, alzando nuovamente Misericordia verso quello che doveva essere il nemico. « Cosa gli hai fatto? Chi sei? »
L'immagine accennò un sorriso. « L'ho battezzato. La sua mente mi ha mostrato ciò che desidera, niente di più. Ma io lo sapevo già, ovviamente: il suo desiderio era la sopravvivenza di questi piccoli. »
Lena ebbe voglia di sputargli in faccia. « Già, perché sei stato tu a rapirli, lurida canaglia. Chi sei? »
L'uomo si alzò dalla sedia, continuando ad accarezzare la superficie legnosa della cattedra.
« Il mio nome è Rainier. Io sono il Re che non perd- » uno scoppio sordo riempì la stanza, provocando le urla dei bambini.
La punta della canna di Misericordia fumava, e un foro si era aperto nei mattoni alle spalle di colui che si proclamava re.
« Non sparare palle con me, pezzente. »

« Sei una donna rude. »
L'immagine fece una pausa, come se stesse cercando le parole giuste da dire. Lo sfarzo e la pomposità delle sue precedenti affermazioni sembrava essere svanito in un lampo, rivelando la sua impreparazione. Forse in passato tutti erano rimasti colpiti e soggiogati dalla sua presentazione.
« Questo è un luogo di cura e pace. Di serenità e ricchezza. Questo è ciò che Basiledra dovrebbe essere.
Io ho costruito questo luogo sacro, l'ho creato dove prima non c'era altro che oscurità e povertà. Ma non sono che un uomo. E così siete voi: uomini. Non posso permettere che persone piene di rimpianto calpestino il mio lavoro, cercando di ricostruire le loro vite con illusioni. Qui tutti possono vivere serenamente, ma il potere di ciascun individuo è grande ed è in grado di cambiare il tessuto stesso della realtà che ci circonda.
Sto cercando solo di mantenere l'equilibrio in questo grande sistema. Un obbiettivo nobile, non credete?
»
L'immagine tese la mano verso il gruppo, un gesto di benvenuto.
Lena rimase immobile, pronta a sparare un altro colpo. Non percepiva alcuna menzogna in quelle parole.

« Ma per fare ciò, ho bisogno che siate battezzati. Così che il vostro potere qui sia limitato, in modo che non vi si ritorca contro.
Mostratemi tutto ciò che c'è in voi, ed io vi accoglierò. Riporterò alla luce i luoghi in cui siete stati felici e vi circonderò con i cari che avete perduto.
Sto cercando di creare un'utopia.
»
u4xteoS
« Vi prego... aiutatemi a realizzarla. »

QM Point

What a tweeest :laserone:
In questo turno venite separati in due gruppi.

Numar: attivando la passiva di volo, Raell è riuscito ad entrare in città direttamente dall'alto. Volendo potresti anche tornare indietro: se guardi in alto noterai che nel cielo c'è un'apertura simile al crepaccio dell'originale Basiledra. Ci sono delle corde che penzolano pigramente da quest'apertura e che probabilmente scendevano fino alla superficie dell'illusione prima di essere spezzate. Sotto al tuo personaggio si apre l'immensità della Basiledra illusoria, ed è evidente che qualsiasi cosa abbia percepito la presenza dei tuoi compagni non ha notato te. A questo punto sei libero di scendere dove vuoi in città, anche creando una tua location personale se vuoi, dove puoi ambientare un incontro con La Prole ed espandere la storia del tuo personaggio. Alternativamente puoi scendere in una delle location che ti propongo qui. Comunicami le tue intenzioni in confronto e ti darò le prossime indicazioni.
Le Bianche Mura: le leggendaria muraglia candida che non ha mai subito danni prima di essere completamente distrutta nella Guerra del Crepuscolo. Si tratta di una cinta muraria in pietra molto alta, le cui uniche entrate sono dei grossi portali posti ai punti cardinali. Puoi scegliere di atterrare sopra il muro o ai suoi piedi, come preferisci.

Il Cuore di Marmo: la sede del Trono che non trema, lo scranno di Rainier. Si tratta di un imponente edificio rettangolare che svetta su tutta la città. Avvicinandoti puoi vedere che è pesantemente sorvegliato da quella che sembra essere un'intera legione di soldati. Tra questi ci sono anche delle possenti statue raffiguranti angeli e demoni -sono solo all'apparenza inanimate. Se ti avvicini sarai soggetto ad una malia passiva che ti comunica la loro pericolosità. Le statue hanno tutte lo stesso volto.

La Cattedrale: la grande chiesa, il punto fondamentale della Basiledra post-Crepuscolo. Tutte le statue che un tempo si affacciavano da essa sono sparite, lasciandola in qualche modo spoglia, ma ancora imponente. Nella Cattedrale si sta radunando una folla, forse per qualche funzione religiosa.

La Fossa: l'unica struttura che non appartiene alla Basiledra di un tempo. La Fossa è una grande apertura circolare nel terreno, posta nel mezzo di un largo giardino di fiori. Anche qui ci sono delle persone nei paraggi, ma sono solo dei passanti che non si avvicinano molto a questo pozzo gigantesco. Non ne sembrano spaventati nonostante sia in qualche modo inquietante.
EDIT: Numar ha scelto di cogliere lo spunto narrativo. Come per accordi via mp, Raell si troverà ad affrontare una delle statue che proteggono la città insieme alla Prole. Durante questo scontro potrà usare uno slot tecnica in più da adoperare in ogni modo che preferisce purché sia La Prole a castare la tecnica, e non utilizzerà le risorse del suo personaggio. Avrà due turni prima che altre statue arrivino a dargli la caccia: durante questo scontro dovrà ideare una strategia per fuggire dal nemico o distruggerlo.

Ramses e Kactuar: venite trasportati, insieme a Lena e Laurence, in quella che sembra essere un'aula di scuola. I bambini, tutti e dodici, sono qui e accolgono calorosamente Laurence prima che la scena descritta avvenga. A questo punto potete reagire come desiderate alla proposta del "Re", comunicando i vostri dialoghi o le vostre azioni in confronto. In base a quello che fate la vicenda proseguirà in modo diverso, sentitevi liberi di fare ogni cosa vogliate. Il Re vi scaglia contro una tecnica psionica ad area di potenza media per ciascuno:
CITAZIONE
Battesimo: nella Grande Illusione, ogni uomo è in grado di alterare la realtà. Questo grande potere avrebbe portato lo scompiglio nel mondo se non fosse stato per l'intervento del suo Sovrano, che con l'autorità concessagli da Dio sembra essere in grado di strappare agli altri la capacità di manipolare la sua creazione. [Chi verrà colpito da questa tecnica perderà temporaneamente la possibilità di utilizzare la tecnica "Fantasma del rimpianto" e subirà un danno medio alla mente. Potenza: media.]

Tutti: in aggiunta alle indicazioni fornite qui sopra, ci sono altri due dettagli che interessano tutti. Nello specifico sono due tecniche: una vi viene rivolta contro e l'altra vi viene donata:
CITAZIONE
La stretta del Leviatano: non c'è luogo senza menzogna, non c'è luogo privo di sofferenza. Non c'è posto senza paura, non c'è posto senza sconfitta. Ma nella Grande Illusione, siamo tutti figli del Leviatano -egli ci accarezza gentilmente con le sue spire, ci cinge in un abbraccio di pace. Come si può disobbedirgli? Sarebbe un crimine contro la vita stessa, che ci ha dato l'occasione di vivere in questo luogo lontano dalla sofferenza. Sarebbe un comportamento punibile con la morte. Ma il Leviatano sa essere misericordioso, e stringerà la presa finché i suoi ospiti non saranno convinti ad unirsi alle sue innumerevoli scaglie. [Chi verrà colpito da questa tecnica sarà soggiogato dalla Grande Illusione e ne diventerà suo spettatore, cadendo in uno stato di estasi e pace ed arrendendo la propria volontà a quella del suo Re. Per ogni turno in cui la Grande Illusione persiste in gioco la potenza di questa tecnica raddoppierà fino a che ogni resistenza sarà estinta. Non è necessario possedere tecniche di difesa mentale per proteggersi dalla volontà collettiva dell'illusione: coloro soggetti ad essa potranno spendere una qualsiasi combinazione delle tre risorse per respingere temporaneamente la malia psionica (ad es. spendendo il 10% della mente ed il 10% del fisico per respingere la tecnica a potenza alta). Quest'azione non consuma slot tecnica. Potenza: bassa]

CITAZIONE
Fantasma del rimpianto: com'è grande il potere dell'immaginazione. Si estende all'infinito, raccogliendo ciò che già sappiamo del mondo e riadattandolo in miliardi di combinazioni diverse. Nella Grande Illusione, i sogni concessi dall'immaginazione diventano realtà: tutto è possibile al suo interno, se l'uomo che decide di agire è sufficientemente determinato. Non ci saranno limiti, non ci saranno confini se non quelli posti dalle altre immaginazioni. Ma bisogna fare attenzione quando si sogna: i nostri desideri possono rivoltarsi contro di noi e tramutarsi in incubi esattamente come il vento può decidere di cambiare direzione. [Utilizzando questa tecnica il caster può compiere un'azione o materializzare un oggetto o un luogo, acquisendo il potere della Grande Illusione ed usandolo per plasmarla secondo la sua volontà. Tuttavia, se non utilizzato con cautela, questo potere può essere contaminato dai rimpianti del suo utilizzatore e rivolgersi contro di lui in tutta la sua rovinosa potenza, sfregiando l'Illusione. Per attivare questa tecnica è necessario spendere una qualsiasi combinazione di risorse che raggiunga la potenza critica (40%). Potenza: critica]

Tutti i personaggi che sono in grado di percepire illusioni riescono a capire che l'intero mondo in cui si sono ritrovati è una finzione. Anche alcuni dei bambini sono illusioni, mentre altri sono veri. Né Laurence né Lena lo hanno capito per ora, perché sono troppo coinvolti nella situazione per concentrarsi.
Maggiori informazioni sul primo segmento del post: [Tempeste senza volto] (lettura non obbligatoria / MOLTO lungo)

Ho scelto di separare il gruppo per dare l'opportunità a Numar di approfondire il suo personaggio, inizialmente non avevo pianificato di farlo -l'utilizzo della passiva di volo è solo un espediente narrativo (non ti voglio male, Ramses). So anche che Kactuar non ha una difesa psionica attiva: non preoccupatevi figliuoli, tutto è stato pensato con cura.

Termine per il prossimo post: la sera del 17.


Edited by Verel - 13/5/2016, 01:47
 
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Numar55
view post Posted on 17/5/2016, 04:10




L'aria scorreva prepotentemente contro il mio volto mentre mi inoltravo a testa in giù sempre di più nell'oscurità della terra. Sentivo in lontanza le grida degli umani che stavano cadendo riecheggiare tra le pareti di pietra. In effetti iniziai a chiedermi quando avrebbero raggiunto l'inevitabile impatto; erano già da un po' che stavamo giocando ad acchiapparello con la gravità ma il suono di ossa infrante non aveva ancora raggiunto le mie orecchie.
D'un tratto una luce. Era l'ultima cosa che mi aspettava di trovare nel ventre della terra, perciò mi colse impreparato. Se un illuminamento improvviso era fastidioso per un umano, per un vampiro poteva essere traumatico. Specie se si stava ancora abituando al sole.
Con un ringhio mi portai una mano al volto per coprire gli occhi cercando al tempo stesso di rallentare la mia discesa. Avevo acquisito molta velocità, quindi dovette passare una buona manciata di secondi prima di riuscire a fermarmi completamente. Tenendo sempre gli occhi ben chiusi, iniziai ad allontare lentamente la mano dal volto respirando nervosamente per l'imprevisto. Dopo qualche secondo trovai la forza di socchiudere gli occhi e la luce mi avvolse di nuovo, ma non potei fare a meno di aprirli di scatto per la sorpresa. Tra tutte le cose che mi sarei potuto aspettare di vedere un cielo azzurro ed un mare di nuvole erano di gran lunga le ultime della lista. Rimasi lì a fissare confuso quell'ordinario, ed al tempo stesso strano, panorama, poi però mi decisi ad abbassarmi di quota. Il sole (sempre che potessi chiamare "sole" una sfera di fuoco che brucia sottoterra) era fin troppo luminoso per i miei gusti; avevo superato da secoli il rischio che mi bruciasse ma non per questo significava che doveva piacermi. I miei occhi discesero quindi lentamente attraverso quel bianco oceano per poi posarsi su un panorama ancora più strano: una vasta prateria al cui centro stava una splendente città. Non avevo mai visto Basiledra quand'era ancora fiorente (avevo sempre preferito i sapori agrodolci degli Akeraniani), eppure non feci molta fatica a riconoscerla. In quelle strade trafficate rivedevo parte dell'architettura della città in rovina da cui mi ero da poco lanciato. Ma non poteva essere la vera Basiledra...anche se non proprio questo il punto. Il punto era: cosa cazzo ci faceva una città con tanto di cielo azzurro sotto terra?!
Tutto ciò puzzava tremendamente ma non poteva semplicemente andarsene e dimenticare tutto (del resto i vampiri avevano una memoria fin troppo buona). Con una spinta acquisii nuovamente velocità dirigendomi sempre più vicino alla città; fu quando riuscìì a distinguere le persone che riempivano le strade che lo percepii. Fu come immergersi nella gelatina, ma senza alcun affaticamento o difficoltà di movimento. Non sapevo spiegare il perché ma l'aria ora pareva più pesante, concreta, quasi...malleabile...
Rimasi così sospeso a mezz'aria fissando incuriosito un punto invisibile davanti a me mentre vi allungavo la mano aperta. La chiusi di scatto a pugno ma le mie dita afferrarono solo l'aria. Tuttavia era proprio questo il punto: ero certo che si mi fossi sforzato, sarei a toccare quell'aria. A cambiarla.
Un brividi di eccitazione mi percorse la spina dorsale. Qualunque posto fosse quello aveva un'aura magica che pareva ampliare i miei poteri di modellamento, normalmente relegati al corpo umano, a tutta la realtà che mi circondava. La sete mi aveva impedito di pensare ad altro negli ultimi tempi ma era una vita che non praticavo la mia "arte". Da quanto non percepivo il piacere dei muscoli che cedono alla mie dita, delle ossa che si piegano al mio tocco...
Ed improvviso migliaia di meravigliose idee riempirono la mie mente con la violenza di un uragano. Case contorte in una corona di pietra, strade spezzate da enormi crepacci, gli abitanti fusi alla pietra...
Prima che potessi dedicarmi attivamente a quel paese dei balocchi sotterraneo un forte rumore attirò la mia attenzione. Qualcosa di molto pesante aveva colpito il terreno sollevando una nube di calcinnacci che invase completamente una strada poco lontana da me. Dalla polvere una figura minuta uscì a grande velocità, subito seguita da qualcosa di molto più imponente. Quello che i miei occhi videro fu l'enorme statua di un angelo armato di alabarda che inseguiva a passi pesanti la sua preda, quello che la mia mente pensò fu che forse il paese dei balocchi non era così piacevole come speravo. La figura si mosse verso un vicolo cieco per poi lanciarsi contro il muro in fondo alla strada, la statua mosse l'alabarda ma non riuscì a colpirla poiché aveva cominciato a correre verticalmente lungo il muro ignorando del tutto qualsiasi legge di gravità, l'arma quindi si limitò a conficcarsi nell'edificio dinnanzi all'angelo. Dopo qualche passo l'agile figura si gettò all'indietro librandosi in aria con la grazia di un uccello portandosi sul tetto di un palazzo lì vicino.
Già da prima avevo qualche dubbio ma quello fu ciò lo convinse ad agire. Di scatto volò verso la figura che aveva ripreso a correre per poi atterrare dinnanzi a lei.
"Oh. Ce l'hai fatta ad arrivare..."
Davanti a me stava un ragazzina di dodici, al massimo tredici, anni. La Prole.
Il fisico era magro e in procinto di avviarsi verso l'adolescenza, il viso dolce era contorta in una smorfia d'ironia che mal di accompagnava al suo giovane aspetto. Gli occhi erano di un viola accesso.
Rimasi qualche istante ad osservarla rimanendo abbastanza stupito dal suo aspetto. Naturalmente non era davvero lei, non era mai lei, solo un altro corpo privato del sangue e controllato dai suoi poteri mentali. Questa volta però ne aveva trovato uno straordinariamente simile a lei; l'unica differenza era che al posto di una lunga chioma corvina aveva dei capelli castani e ricci.
"Come facevi a sapere che sarei venuto?"
Domanda stupida.
"Un paio di barboni di sopra. Sono già da qualche anno a Basiledra."
Tenendo le braccia incrociate mosse una mano come per scacciare qualcosa, chiudendo subito la faccenda. Rimasi a fissarla con cautela, ancora indeciso se fidarmi di lei. Pensavo che i miei dubbi si sarebbero risolti ma mi ero sbagliato. Del resto l'ultima volta che mi ero ritrovato faccia a faccia con un Primogeno ero finito in un buco per secoli. Notai che nonostante parlasse con voce calma, il suo corpo mostrava una certa fretta. Il motivo di quest'ultima li raggiunse abbastanza velocemente sulla cima del tetto; la statua dell'angelo stava levitando ad un decina di metri da noi. Fissò qualche istante la Prole per poi posare il suo sguardo su di me. E così rimase.
"Amico tuo?"
Lei sbuffò fissando l'angelo con la testa inclinata.
"Ora anche tuo."
L'essere di pietra atterrò di botto accanto a noi con un gran fracasso, muovendo l'alabarda con la chiara intenzione di usarla. Io e lei agimmo d'istinto in perfetta sincronia e per un attimo rivissi gli antichi tempi in cui cacciavo i Maegon con i miei compagni. Ma fu solo un attimo, causato dall'improvvisa adrenalina del momento. Lei portò una mano alla tempia fissando pacamente il costrutto e percepii un forte spostamento d'aria al mio fianco, probabilmente uno dei suoi giochetti mentali. Dal canto mio mossi rapidamente il polso scagliando le mie unghie contro il volto inespressivo della statua. Non speravo di riuscire a provocagli delle vere e proprie ferite ma perlomeno di distrarlo con il nostro attacco combinato in vista del vero attacco.
Misi a prova tutta la mia forza di volontà ma alla fine ce le feci. Modellai il paese dei balocchi.
Mossi le braccia verso l'alto facendole ondeggiare mentre artigliavo l'aria con le dita. Mi concentrai con tutto me stesso sul tetto ai piedi della statua. Ed infine sentii il potere fluire dentro di me. L'energia della città mi percorse come una scarica elettrica e per un attimo temetti di non riuscire a contenerla; percepii chiaramente la mia pelle che iniziava a scottare, ma alla fine la convogliai con un grido obbligandola a seguire il mio volere. La roccia si contorse innaturalmente formando quattro lungo tentacoli attorno all'angelo che si allungarono in circolo verso l'alto per poi stringersi sempre di più nel tentativo di immobilizzarlo e stritolarlo. Una volta raggiunto il mio obiettivo, l'avrei aggirato in volo per poi portarmi vicino al suo volto. L'avrei afferrato con entrambe le mani cercando di strapparglielo di netto. Dopotutto era solo pietra, avevo spezzato cose più resistenti...



L'Artista


- Basso: 5% - Medio: 10% - Alto 20% - Critico: 40%

Fisico: 75%-5%= 70%

Mente: 75%-5%= 70%

Energia: 150%-5%-5%-30%= 110%


Passive:
- Può trasformarsi in una creatura mostruosa di notte (6)
- Capacità di volare (3)
- Insensibilità al dolore (6)
- Compiere azioni con forza sovrumana (5)

Attive:

Extreme Manicure
Le stesse unghie dell'Artista sono della armi letali. Appaiono normali unghie, sebbene piuttosto lunghe per un uomo, ma sono estremamente resistenti arrivando a scalfire il ferro, specie se accompagnate alla mostruosa forza del loro possessore. Neppure i nemici più lontani sono al sicuro da esse poiché Raell le può lanciare come piccoli pugnali contro il bersaglio, ricreando nello stesso momento quelle ormai perdute.
[Arma Naturale: Artigli - Abilità Personale 7: Natura Magica, Consumo Basso di Energia, Danno Basso a Fisico]

Fantasma del rimpianto
Com'è grande il potere dell'immaginazione. Si estende all'infinito, raccogliendo ciò che già sappiamo del mondo e riadattandolo in miliardi di combinazioni diverse. Nella Grande Illusione, i sogni concessi dall'immaginazione diventano realtà: tutto è possibile al suo interno, se l'uomo che decide di agire è sufficientemente determinato. Non ci saranno limiti, non ci saranno confini se non quelli posti dalle altre immaginazioni. Ma bisogna fare attenzione quando si sogna: i nostri desideri possono rivoltarsi contro di noi e tramutarsi in incubi esattamente come il vento può decidere di cambiare direzione. [Utilizzando questa tecnica il caster può compiere un'azione o materializzare un oggetto o un luogo, acquisendo il potere della Grande Illusione ed usandolo per plasmarla secondo la sua volontà. Tuttavia, se non utilizzato con cautela, questo potere può essere contaminato dai rimpianti del suo utilizzatore e rivolgersi contro di lui in tutta la sua rovinosa potenza, sfregiando l'Illusione. Per attivare questa tecnica è necessario spendere una qualsiasi combinazione di risorse che raggiunga la potenza critica (40%). Potenza: critica]

When the Bell Tolls
Debole nel fisico fin da prima di diventare un Primogeno, La Prole ha dovuto sviluppare i suoi poteri verso una sentiero più furtivo e meno portato al combattimento. Ma nei rari casi in cui si fa coinvolgere in uno di essi, può sfruttare un potere mentale decisamente pericoloso. A seconda della propria volontà può generare ondate mentali di varia potenza che riverberano nell'aria per poi andare a schiantarsi contro la mente del malcapitato.
[Natura Psionica, Consumo Variabile Medio di Energia, Danno Variabile Medio a Mente]


Note:
Ok, accadono cose! Arrivato in città (su cui fluttuo usando un utilizzo di volo) incontro la Prole che mi parla attraverso il corpo di una bambina. Una volta che la statua ci raggiunge io uso "Extreme Manicure" mentre lei usa "When The Bell Tolls" per distrarlo. A questo punto uso "Fantasma del Rimpianto" (pagando 30% di Energia, 5% di Fisico, 5% di Mente) per distorcere il tetto ai piedi dell'angelo in quattro tentacoli di pietra che si muovono attorno a lui cercando di immobilizzarlo e stritolarlo. Infine uso un altro utilizzo di volo per aggirare la statua e raggiungere la sua testa cercando di strappargliela a mani nude (usando un utilizzo della passiva di forza sovrumana).
EDIT: Mi ero dimenticato di aggiunger il consumo basso di energia per evitare di soccombere alla tecnica "La stretta del Leviatano".



Edited by Numar55 - 18/5/2016, 04:17
 
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view post Posted on 17/5/2016, 19:57
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Il tempo è la sostanza di cui sono fatto.
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Un istante prima che Montu riuscisse ad afferrare i compagni una luce bianca li investì e tutti furono costretti a chiudere gli occhi; la loro caduta si arrestò di colpo, a mezz’aria, e quando aprirono di nuovo le palpebre si ritrovarono in una stanza di mattoni, con dodici bambini a guardare spaventati i nuovi arrivati -soprattutto Lena che ancora accecata aveva estratto d’istinto la sua pistola-.
Non appena Laurence parlò i bambini corsero verso di lui e lo abbracciarono, gli stringevano le gambe e lui si era piegato affondando in quelle piccole braccia con gli occhi pieni di lacrime. L’aria era fresca, luminosa, ma sembrava innaturalmente pesante; Montu si affacciò ad una delle finestre dell’aula e si sorprese ad osservare tetti e comignoli fumanti, lasciò che il suo sguardo viaggiasse lungo la strada percorsa da carri e persone baciate dal Sole finchè l’occhio non incontrò il profilo candido del Cuore di Marmo.
Basiledra. Riconosceva quelle vie, quelle case, cercava con gli occhi i luoghi che aveva chiamato casa. Sentì il cuore fermarsi, poi venne di nuovo catapultato nella realtà dalla voce di Lena: non poteva essere vero, erano caduti nel sottosuolo della vera Basiledra, la città era distrutta.
Il Demone si voltò di scatto e guardò con occhi diversi la stanza, i bambini, i tetti che sembravano volerlo accogliere come un figlio tornato a casa.
-Nulla di tutto questo è reale, nemmeno alcuni ragazzini. Non lasciatevi ingannare.-
Ma un’altra voce impedì qualsiasi risposta: un uomo seduto dietro la cattedra li fissava, o almeno quella era l’impressione nonostante il volto nascosto da una sorta di interferenza. I contorni tremolanti come la fiamma di una candela e l’aspetto bidimensionale lasciavano capire fosse una visione, una sorta di miraggio, più che un uomo in carne ed ossa.
-Io sono Ranier.-
Lena gli sparò in testa, attraversando la figura e aprendo un foro nei mattoni.
Il falso Re non si scompose nonostante l’urlo terrorizzato dei bimbi, ancora accalcati intorno a Laurence.
Spiegò loro che si trovavano nella Basiledra come sarebbe dovuta essere, senza corruzione, senza guerra, senza carestie e senza morte. Una città perfetta dove le persone vivevano lontane dal dolore, una città perfetta dove tutti potevano contribuire al benessere sociale, una città perfetta dove anche loro potevano essere accolti. Il potere dell’immaginazione doveva essere però limitato, altrimenti Basiledra sarebbe stata distrutta dai suoi stessi abitanti, fuori controllo.
-Re Ranier ha commesso tanti errori, ma non si è mai nascosto. Incontraci faccia a faccia, e parleremo di questa tua utopica Basiledra.-
Se tutta la città era un’illusione creata da quell’uomo dovevano arrivare a lui per potersene liberare, non sarebbe stato facile ma la prima cosa su cui puntare era senza dubbio l’orgoglio. Un uomo si proclamava Re, si faceva chiamare con un nome che non era il suo, e solo toccando quel tasto avrebbero scosso la sua anima tanto da farlo vacillare.
-Lena, abbassa l'arma, ascoltiamolo.
Lei e Laurence sembravano fin troppo coinvolti, non poteva metterli al corrente del suo piano senza rischiare che si tradissero; il guerriero Van, però, poteva rivelarsi un perfetto asso nella manica.
-Njorth, sono Montu, possiamo comunicare telepaticamente. Dobbiamo raggiungere l'uomo dell'immagine e far crollare quest'illusione, è l'unico modo che abbiamo per tornare in superficie sani e salvi. Non so se basterà tramortirlo o bisognerà ucciderlo; a dirla tutta non so nemmeno se funzionerà, ma dobbiamo provare.-
Il soldato non rispose, ma gli fece un impercettibile cenno d’assenso. Era d’accordo.
-Sono felice di vederti così disponibile, avrai senz’altro capito quanto Basiledra possa essere perfetta se tutti noi ci impegniamo a renderla tale. Purtroppo però non posso incontrarvi: il mio ruolo è quello di accogliere e guidare chiunque arrivi in città, non posso abbandonare il mio posto nel Cuore di Marmo.
Trovato.
-Non perdere di vista i bambini-
Njorth uscì, senza dubbio in direzione del Cuore di Marmo. Vederlo non sarebbe stato difficile, anche senza conoscere la città.
-Finchè il canale resiste informami su qualunque cosa succeda lì fuori; riesco a percepire tutto il potere che la mia mente può sprigionare qui sotto, potrò aiutarti.-
-Anche voi siete i benvenuti ovviamente, ma la città è dotata di un particolare sistema di difesa che individua e imprigiona chiunque non limiti il proprio potenziale qui. Non posso lasciarvi circolare liberamente a meno che non accettiate questo limite, come il vostro amico d’altronde.
A Montu sembrò di sentirlo sorridere, un sorriso invisibile e inquietante.
-Non leccherò mai i piedi ad un sovrano che rapisce dei bambini.
E il Demone non poteva certo lasciarla sola.
-Io sto con la ragazza. Non piegherò la testa.-
-Peccato.-

Li investì un’onda invisibile, il mondo intorno a loro si contorse e contrasse su sé stesso aggrovigliandosi in una spirale di immagini, colori e suoni. Le loro membra si deformarono risucchiate dalla spirale per poi schiantarsi violentemente in un tunnel di pietra illuminato a malapena da una fila di torce. I piedi del Demone affondarono fino alla caviglia in un misto tra sangue e sostanze vischiose non identificabili, accatastati ai lati di quello che sembrava un canale fognario erano ammassati numerosissimi cadaveri, alcuni dei quali senza dubbio figli dell’illusione ma i non pochi reali non lasciavano presagire nulla di buono.
Forse con il potere acquisito una volta scesi nella Basiledra sotterranea potevano liberarsi da quella prigione fittizia, ma Lena sembrò leggere nei pensieri del Demone:
-Proseguiamo. Non credo sia saggio provare ad alterare l’illusione, il Re si aspetterà senza dubbio una mossa simile. Inoltre non mi sembra sia molto stabile, temo che modificandola potremmo solo peggiorare la nostra posizione.-
Sì, senza dubbio aveva ragione, tanto valeva sopportare quell’orribile fetore di escrementi e decomposizione e vedere fin dove li avrebbe condotti il tunnel.
Lena rimase in silenzio mentre avanzavano con difficoltà nella melma finchè non raggiunsero una zona circolare illuminata dalla luce del Sole che attraversava un foro fin troppi metri più in alto rispetto a loro.
Le pareti erano viscide, ma raggiungere in volo l’uscita non sarebbe stato così difficile.
Poi un uomo, biondiccio e gravemente ferito, alzò la mano per farsi notare dai due ma prima che potesse dire qualcosa sgranò gli occhi per il terrore.
-Fate attenzione! Sta tornando!-
L’intero tunnel tremò e la melma nera si condensò al centro del cerchio di luce fino a formare una gigantesca sfera. Lena e Montu arretrarono di qualche passo quando questa si schiuse come un uovo alzando schizzi di sangue e viscidume, ma quello che ne emerse fece ancora una volta trasalire il Demone: Belphegor.
Il guardiano della Cattedrale accoglieva chiunque giungesse a Basiledra, un costrutto estremamente capace nel combattimento mentale che aveva messo alla prova anche l’Eterno.
-Io sono te, o meglio, tu sei me. Quindi mi sai dire chi sei tu?-
Impossibile. Quelle erano le prime parole che Montu aveva sentito giunto nell’enorme città, ma Belphegor era morto! Si era sacrificato al posto di Re Julien.
Un brivido percorse la schiena del Demone, salì lungo il collo mostrandosi come un tremolio della guancia destra, poi si condensò in una lacrima che silenziosa gli scavò un solco sulla pelle.
Il falso Belphegor emise un grido e lanciò un’onda di melma nera contro l’Eterno, che rimase come impalato di fronte l'antico avversario, incapace di reagire ad un attacco che sembrava diretto più al suo cuore che al suo corpo. Lena non fu dello stesso avviso, si gettò sul Demone sbilanciandolo e facendolo cadere tra i cadaveri marcescenti. La sostanza non lo toccò più di quanto non fosse già sporco a causa della traversata del tunnel, l'investigatrice aveva subito il colpo al posto suo ed era completamente ricoperta da quel viscidume. L'Eterno la vide singhiozzare, le lacrime si facevano largo nel nero. Belphegor le stava straziando la mente, si era sacrificata per lui. Non lo meritava, non la conosceva. Semplice istinto, umanità. L'avrebbe portata fuori da quell'inferno. Si rialzò sorreggendola, sosteneva tutto il peso di lei che tremava incontrollabilmente.
-Sono cambiate tante cose da quella notte amico mio. Ora hai un altro uomo davanti.-
Lena, attingendo alla sua forza di volontà mai spezzata, impugnò di nuovo la pistola ed esplose tre colpi; i proiettili fenderono l’aria verso Belphegor, uno di questi disegnando una scia violacea che svanì immediatamente. Non smetteva di lacrimare, ma le si leggeva negli occhi la rabbia che provava verso il costrutto.
Montu alzò la mano destra rivolgendo al nemico il palmo e tra le dita si allargò una palla di fuoco, i muscoli si tesero tremando e le ossa della mano risaltarono per lo sforzo, poi la sfera partì accompagnata da un urlo del Demone.
Il fuoco consumò i cadaveri che oltrepassò e fece evaporare una scia di acqua e sangue illuminando per un secondo l’interezza del tunnel. Sì, era cambiato tutto dalla sua prima notte a Basiledra, ma il suo cuore iniziava a desiderare di rimanere lì per sempre.
Doveva allontanarsi dal costrutto, non poteva sapere quanto quell’illusione potesse rivelarsi potente. E quell'uomo che li aveva avvertiti… forse avrebbe dovuto trascinare fuori dal tunnel anche lui, volando, poteva rivelarsi un’ottima pedina e in fondo se Ranier l’aveva sbattuto lì sotto a marcire un motivo doveva pur esserci. Volare via, Belphegor non l’avrebbe mai permesso, non se il megalomane che aveva dato vita alla città sotterranea aveva avuto a che fare con l’originale: il guardiano non si sarebbe arreso, avrebbe lottato, sarebbe morto se necessario; non provava dolore, non provava paura. Era forse quello l’aspetto più terrificante del manipolatore di menti.
Aveva annientato Montu anni prima, l’avrebbe fatto ancora? No, non aveva senso scappare. Quel crudele abominio affogava in quella melma nera la purezza di Belphegor. Andava combattuto. Andava distrutto.



Energia: 150 -20 -10 =120%
Fisico: 75 -5 =70%
Mente: 75%
Riserva CS: 9 [+3 Forza, +3 Velocità, +1 Intelligenza, +2 Maestria nell’uso delle Armi]

Equipaggiamento:
Shokan
Pistola

Armature:
Pelle Coriacea [Arma Naturale]
Guanti di pelle di Drago

Oggetti:
Biglia Stordente: 1
Biglia Tossica: 1
Biglia Deflagrante: 1
Corallo [+1 Forza, +1 Velocità, +2 Maestria nell’uso delle Armi]
Corallo [+2 Forza, +1 Velocità, +1 Intelligenza]
Gemma della Trasformazione
[Anello del Tuttofare - Immortalità]

Pergamene Usate:
//

Abilità Usate Montu:
[13/25] Mente inviolabile. Consumo Energetico: Variabile (Medio)
Freddezza. Cinismo. Concentrazione. Violare la mente del Demone può rivelarsi un'impresa più difficile del previsto. E le conseguenze di un fallimento sono letali.
La tecnica ha natura Psionica. Sfruttando qualsivoglia motivazione legata alle proprie caratteristiche o capacità il Demone è in grado di schermare la propria mente da qualsiasi offensiva nemica, di potenza pari al Consumo speso.

[19/25] Figlio del Fuoco. Consumo Energetico: Variabile (Alto)
Il Demone può generare una sfera di fuoco tra le sue mani, modificandone aspetto e grandezza secondo la sua volontà, e scagliarla contro il nemico.
Tecnica di natura Fisica. Potenza pari al consumo speso, infligge danni da ustione al Fisico. (A consumo Nullo il fuoco generato sarà sempre una piccola sfera e potrà essere usata solamente come fonte di illuminazione; Montu potrà inoltre trattenerla nella mano)

Abilità Usate Lena:
Elusione: indipendentemente dall'area in cui un investigatore si voglia specializzare, prima o poi si ritroverà faccia a faccia con il pericolo. Potrebbe essere costituito da una complessa trappola, come già menzionato, ma anche da qualche individuo particolarmente scontento dell'esito di un'indagine. Spesso l'investigatore non è solo incaricato con il dovere di arrivare alla verità, ma anche di fare in modo che la giustizia (di chi lo assume) sia eseguita: in questi casi egli diventa un vero e proprio giudice con il potere di sentenziare e giustiziare chi infrange la legge del luogo, sempre che ne abbia le capacità ovviamente. Per questo, anche se Lena disprezza il combattimento ravvicinato, ha dovuto imparare a sopravvivere ai pericoli che si potrebbero porre sul suo cammino -e a quelli che l'hanno già intralciata. Sopravvivere, in fin dei conti, è l'assoluta base richiesta ad un investigatore, anche a quelli che se ne stanno dietro una scrivania a fissare complessi meccanismi magico-alchemici. Con un semplice movimento ed un appropriato consumo di energie Lena può muoversi velocemente al di fuori della portata di qualsiasi attacco fisico o magico nemico in modo da non venirne ferita in alcun modo. Questa tecnica è di natura strettamente fisica e non richiede nessun esercizio della magia, solo una prontezza di riflessi adeguata a percepire il pericolo (fisica - consumo variabile, personale 1/25). Consumo: (Alto)

Passive Usate Montu:
Immortalità. Passiva (Numero di utilizzi: ∞)
Il Demone sfonda lui stesso la barriera della non vita, divenendo un immortale e sconfiggendo la morte una volta per tutte.
La tecnica ha natura magica e conta come un'abilità passiva - si potrà dunque beneficiare dei suoi effetti in qualsiasi momento nel corso di una giocata. Il caster diviene a tutti gli effetti immortale, rimanendo in vita indipendentemente dalla quantità di danni subiti. Non potrà comunque continuare a combattere con una somma di danni mortali sul corpo, non sarà immune al dolore né agli effetti dei danni - ad esempio, con una gamba spezzata non potrà camminare. La tecnica garantisce una difesa dalle scene in cui è possibile perdere il proprio personaggio o al termine di un duello con Player Killing attivo: i personaggi possedenti questa passiva non potranno essere uccisi in nessun caso.
[Il Demone potrebbe comunque essere ucciso qualora gli si cavassero gli occhi]

» Intuito: abituati da sempre a barcamenarsi tra i rischi del continente, i possessori di questo talento hanno sviluppato un intuito fuori dal comune che gli permette, con una semplice occhiata ad un interlocutore, di capire cosa sia in grado di fare, di fatto apprendendone la classe e il talento di appartenenza. (Numero di utilizzi: 5)

» Scetticismo: una delle capacità che sviluppano i possessori di questo talento è l'intuito: essi avranno una comprensione del mondo che li circonda superiore al normale ed una capacità di deduzione ben maggiore di quella di qualsiasi altra persona. Per questa ragione nel caso in cui essi si dovessero trovare innanzi ad una illusione sarebbero sempre in grado di dubitare di essa, e con il consumo di un utilizzo. I possessori del talento semplicemente non si lasceranno ingannare dalle più banali illusioni, affidandosi alla loro esperienza per discernere il reale da ciò che non lo è. (Numero di utilizzi: 65)

[16/25] Fiducia. Passiva (Numero di utilizzi: 65)
Montu può rendere le sue parole estremamente convincenti, facendo credere a chiunque lo ascolti che dica sempre il vero. Tale abilità può essere applicata anche alle scelte che il Demone compie, rendendole agli occhi degli altri sempre le migliori possibili.

[15/25] Telepatia. Passiva (Numero di utilizzi: 54)
Montu può comunicare telepaticamente con chiunque, purchè il suo interlocutore non sia eccessivamente lontano. Ostacoli fisici -quali possono essere muri, vetri, persone etc.- non precludono la possibilità di usare la telepatia.

Passive Usate Lena:
Oltre ai proiettili normali e prodotti artigianalmente, Misericordia possiede una capacità peculiare che la differenzia da una normale arma. Infondendo la propria volontà nei meccanismi della pistola, Lena è in grado di sparare proiettili costituiti di pura energia che viaggeranno verso il nemico a grande velocità tracciando nell'aria una linea di color viola che sparirà immediatamente dalla vista. Questo attacco speciale non ferisce il corpo del nemico, bensì il suo spirito, la sua mente. L'entità del danno effettuato è correlata alla zona colpita: un proiettile mentale non è meno letale di uno normale in caso dovesse colpire direttamente il capo nemico, spezzandone il flusso di pensieri direttamente alla radice. I colpi mentali sono considerati attacchi fisici e dunque sono contrastabili come tali (passiva: 32 cariche, abilità personale 5/25).

Note: Tutto come da Confronto, mi difendo dall'attacco di Belphegor e rispondo con Figlio del Fuoco a potenza Alta.
Lena usa la Passiva di Misericordia sparando due colpi normali e uno mentale.

Editato come accordato in Confronto.


Edited by RamsesIII - 17/5/2016, 22:23
 
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view post Posted on 18/5/2016, 12:12
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La memoria a lungo temine non presenta dei limiti teorici né alla dimensione del suo contenuto né alla sua durata nel tempo. Da un punto di vista pratico, tuttavia, esistono dei meccanismi che portano al decadimento della traccia ed al graduale oblio delle cose memorizzate. Il principale fra questi meccanismi è l’interferenza: il materiale appreso successivamente può inibire il recupero del materiale appreso per primo (interferenza retroattiva) ed il materiale appreso per primo interferisce con quello appreso dopo (interferenza proattiva). L’interferenza è massima quando i materiali si assomigliano fra di loro, mentre è minima nel caso opposto. Questo vuol dire che in una serie di stimoli si ricorda più facilmente quello che si distingue (che è saliente) rispetto agli altri. Questo è chiamato effetto Von Restorff o principio di salienza.
Come un unico papavero rosso fra l'erba alta, prima della scogliera.
Beati coloro su cui piove, che sono inconsapevoli dell'acqua. Beati quei volti sereni che affollano strade inquiete, fissando a modo loro lo sguardo al suolo. E Basiledra è colorata. Ed è bella, Basiledra, come il colorato incresparsi del lino nuovo sul voluttuoso seno d'una ballerina scalza nell'ultima ora prima del tramonto. Assolati, i volti sereni muovono lo sguardo precisi, nella direzione del loro percorso, poi a destra a vedere le mura, poi dritto di nuovo, poi a sinistra per il tempo d'osservare la vetrina dello speziale ed il banco del cappelliere un isolato più in là. E ancora dritto, inconsapevoli dell'acqua che precipita da un cielo remoto su un suolo altrettanto remoto, da qualche parte al di là del sole e della volta azzurra e del candido incresparsi delle sparute nuvole sulla sterile volta azzurra, del colore che ha il mare quando la corrente non ne sommuove né i muschi né le alghe. Ogni cosa, pur muovendosi, pare ferma. Paiono fermi i cavi sottili che da un balcone all'altro sorreggono camicie, mutande e fazzoletti, quando il vento appena riesce a spingerli di fianco e a scuoterli un poco con la forza che avrebbe potuto imprimervi un topolino o un pettirosso. Fermi, come la polvere sui davanzali. Fermi come le scarpe che marciano quasi da sole lungo strade che marciscono quasi da sole, le une indipendenti dalle altre, forse incoscienti, solo indirettamente riconducibili ad un comune principio di movimento. Alla maniera dei ceri votivi, che solo spegnendosi in sequenza fanno dedurre la potenza e la direzione del vento notturno che fa irruzione in abbazia. Non una spegne l'altra, ma tutte soffiate via dal medesimo nume. Beati, io dico, coloro su cui piove, ché sono inconsapevoli di sé. Suona un organetto, ma non si vede il suonatore.
Ed ogni cosa, pur ferma, pare muoversi. Lo scintillio di un imbuto nella bottega del droghiere riflette il bagliore di uno dei vetri dell'osteria dirimpetto, che ora è chiusa, e quel vetro spesso e sporco pare rifrangere lo sfarfallare di un raggio di luce che a sua volta singhiozza riflesso da un grosso specchio tondo che oscilla ritmico, chiaro e convesso, al fianco di un passante che pur essendo fermo pare muoversi. E lo scudo di Njorth, specchio rotondo delle sue vite, pur essendo fermo pare muoversi. Accomodare l'incedere del soldato in armatura, inconsapevole della pioggia che non cade ed inconsapevole che forse un soldato non è più tale se non ha altri come lui accanto, e che magari ora è solo un viaggiatore, un vagabondo di mercede, un miserabile che intanto aspetta. Ma di questa cosa non frega a nessuno, comunque. Ora bisogna fare alla svelta, scansare i mendicanti, ignorare le sperdute delegazioni elfiche, evitare di sorridere alle prostitute, non travolgere nella foga il carretto dei cavoli. Non travolgere il carretto dei cavoli. « I MIEI CAVOLI! » Ma cazzo, guarda dove cammini, rincoglionito. Fa' finta di niente, va' avanti. Fra un comignolo ed una piccionaia spunta bianchissima la sagoma squadrata del Cuore di Marmo. Con le Lettere Maisucole. Il distinto pezzo di merda che aveva accolto la squadra di recupero in quella pittoresca cartolina di Basiledra ha detto di trovarsi lì. Nort se lo ricorda bene.
Che poi non si spiega ancora perché qui nel Dortan nessuno sappia pronunciare bene il suo nome. E finisce che sbaglia pure lui. No, non te lo ripago il carretto. Levati di torno.
Il cuore di marmo. Dannati coloro su cui piove. Il cuore di marmo, come nome, è davvero catacretico. Ed è davvero lontano, ci vorrà almeno un'ora. Il calore è insopportabile, in questo postaccio. Ed è bella, Basiledra, come l'ammuffito incresparsi del cotone stinto sul bordo di un arazzo usato come tappeto, inconsapevole scherno d'un casato qualsiasi sepolto da abbastanza tempo, proprio all'ingresso di una specie di trattoria. Sono tre ore, che è ora di pranzo. Bevi un poco d'acqua, prendi fiato. Rammenta il tuo compito contingente.
Rammenta le procedure da far seguire al comando del decarca, soldato. Il prato, quaggiù, è un buon posto per prendere fiato. Rammenta, ancora, chi è che stai cercando. Il re. Il prato. Devo chiedere scusa al tipo dei cavoli. Il prato. L'unico papavero rosso sul terreno incolto prima della scogliera. Le manovre d'attacco da impiegare contro le squadre miraggio, sporchi elfi, quando il comandante ordina l'apertura centrale e la marcia a spazzata, e le linee si muovono come le ante di un portone viste dall'alto, facendo perno sull'ultimo fante a destra e sull'ultimo fante a sinistra, perché il decarca sa che gli sporchi elfi attaccheranno ai lati e alle spalle, dopo aver riempito il campo di merda colorata e fuochi fatui. Njorth dà l'ordine, prende fiato, il re, il cuore, stai un po' attento, cazzo. Stavi quasi per cascare in quel fosso, e poi voglio vedere in che lingua ti lamenti. Profondo, eh. Profondissimo, rotondo, proprio nel mezzo di un bel prato verde, fra la gente che passeggia inconsapevole della pioggia che non cade, ma che cade. E non cadere. E prosegui. Stai concentrato. Non fare confusione.

Trema. In nero, vibra lo spazio fra le orbite oculari. Brucia un poco la gola. Nello sforzo, nel sudore della sopportazione, i muscoli della schiena sono tesi come lenze. E fa male. Completamente inaspettato, se non per il comune destino del povero Lucien, che a differenza di Njorth non è stato capace di rimanere in piedi. Che si porta le mani alla testa, mentre l'aula gli gira attorno. Qualcosa è successo, ed è stato quella merda colorata, quel fuoco fatuo che continua a parlare dalla cattedra. Qualcosa è successo, perché questo non somiglia all'idea che si erano fatti del fondo di quella voragine su a Basiledra, scavata nei ruderi. E tutti, nell'ordine, parlano. Agiscono. All'inizio Njorth ascolta, si riprende dalla scossa, dal battesimo, come lo chiama il re. Non è necessario riportare tutte le battute della scena ancora una volta. Le conosciamo.
« Purtroppo però non posso incontrarvi: il mio ruolo è quello di accogliere e guidare chiunque arrivi in città, non posso abbandonare il mio posto nel Cuore di Marmo. » Finalmente un'indicazione. Njorth muove un passo. Njorth fa un cenno, muove uno sguardo. Njorth si sposta in avanti. Njorth ha un nome difficile da pronunciare. « Con permesso- » e Njorth lascia una specie di messaggio alla fatua immagine di un sovrano al centro della scena, andandosene a lunghe falcate. Usando meno parole possibili, il senso della cosa era più o meno "con rispetto, ora vengo a prenderti a calci". Con rispetto, vossignoria.
Nessun fante Van lo confesserebbe mai, ma la voglia di massacrare un conte, un duca o un re è qualcosa di simile all'istinto che hanno certi cani da caccia di lanciarsi contro le lepri e le volpi. Perché li addestrano per fare questo, in fondo. Perché le cose non sono sempre facili da capire, soprattutto se ti riguardano. Perché le cose che in realtà sono ferme, pressoché immobili, paiono spesso rapide, semoventi, fluttuanti come nugoli sperduti di vapore bollente sui tetti della città fasulla, sulle tegole grigie, fra i comignoli spenti e le guglie acuminate della vecchia nuovissima cattedrale di quella terra dimenticata dagli déi, o da loro maledetta.
Ora bisogna uscirne. Con calma. Scansando la folla nel sagrato, non importa se ne spingi qualcuno per terra. No, davvero, mi dispiace. Venga, la aiuto da alzarsi. Ma che minchia fai? Il cuore di marmo. Il re. Il Fosso, no, il fosso no. Il cuore di marmo.

Eppure qualcosa, un tempo -
Eppure io ricordo qualcosa. Qualcosa che è deve succedere. Un unico isolato saliente papavero rosso nel centro simmetrico di un prato scosceso d'erba alta e sassi e pietre appena prima della scogliera, in alto, di modo che si possa sentire bene la risacca, l'acqua sulla roccia, lo spruzzo dello scoglio. Che si possa sentire la pioggerella salata colpire la pelle nuda. Che si riesca a rammentare. Perché, lo ricordo, nella memoria permangono con più facilità, resistendo alle interferenze, quei materiali che meglio si distinguono dagli altri. I giorni speciali che si staccano dai mesi insulsi. I volti potenti, che emergono dalla moltitudine delle teste di manichino di quell'idra che è la memoria e ritornano e permangono e restano e restano e tremano. Magari perdono significato, smettono di essere simboli. Eludono la semantica, che è l'unica cosa che tiene legate logica e mistica, e permangono in una qualche forma mentale, meno che fantasmi, con la sola possibile contemplazione del pensiero estetico. O meglio, pre-estetico. Trascendentale. Ma sto divagando.
Nei villaggi dell'Erydlyss, nel naos scavato e scolpito nella parete della sala più profonda in quelle grotte che gli sciamani adoperano come case e come lazzaretti, si sente spesso raccontare di come gli spiriti, che i Van chiamano fantasmi e gli elfi chiamano ombre, non siano solo anime di antenati tornati nel mondo dei vivi, per compiere del male o del bene, come si dice altrove. E non sono neppure mostri, non solamente. E se morendo andasse conservato qualcosa, delle persone che hanno vissuto, quella cosa non potrebbe essere banale come uno spirito o slancio vitale. Serve, perché il ragionamento funzioni, un elemento molto più complesso. Se morendo qualcosa va conservata, e quella cosa debba persistere ed oltrepassare il mondo verso quello che gli sciamani chiamano Iku, dalle parti del quadrato stellare nella costellazione di Pegaso, che i Van chiamano Gulhall -le aule dorate- e che gli elfi chiamano Oneiron, allora quella cosa deve essere la memoria. Ed è l'unica cosa davvero personale che potrebbe salvarsi alla distruzione del corpo.
Ed è risaputo che l'oneiron è pieno di campi di papaveri.
Ed un drappo colorato sventola alle spalle di un passante, dietro la cattedrale.
E Njorth non è mai stato tanto sveglio. Neppure sul campo di battaglia. Neppure quando, nudo, correva fra gli alberi dell'Erynbaran per salvarsi la vita. Ed un passante lo urta, lo fa quasi cadere. Njorth si volta, fa per protestare, nonostante l'armatura, nonostante il passo svelto, nonostante il drappo scarlatto e le camicie ed i fazzoletti e le mutande appese ai fili tesi fra un balcone e quello di fronte e fra quello ed un altro ancora, a zig zag, che tracciano fra il suolo ed il cielo una seconda e più bella strada. Quando il cielo è ben al di sotto del suolo, e rammenti, e dimentichi, e vedi cose che solo tu stai vedendo. E tremi. E fa caldo, bisogna prendere fiato.
Ignorare lo sconosciuto in rosso. Trovare un posto all'ombra.
Fare giochi di parole.

Il cuore di pietra è ben difeso. Monolitico nel mezzo dell'urbe, il palazzo reale non smette di ammonire i sudditi del suo signore. E ciò che non comunicano le mura e non comunicano il grosso portale e la lunga scalinata, lo comunicano gli ordinati eserciti schierati attorno al suo basamento. Ed il messaggio, quello che vuole sentire Njorth, è chiaro quanto l'edificio stesso: quì è la cosa più importante. Questo è il centro del problema.
Ma magari si sta sbagliando.
Magari, sorpassando interi plotoni di cavalieri in perfetta panoplia, contando nella periferia dello sguardo almeno due dozzine di enormi colossi di pietra, vivi, perlustrando con il pensiero l'asperità delle pareti del torrione e la presa degli stivali sul pavimento ed il respiro profondissimo e le fibbie dello scudo che ha sostituito proprio tre giorni prima, coltivando lunghissimi periodi pieni di allucinazioni ed incidentali e strani déjà vu, il guerriero nota qualcuno ai piedi della scala. Ed il portone di marmo, in alto, è aperto abbastanza da farci passare un uomo.
La sconfinata piantagione di uomini in armatura che reggono stendardi chiari come il gesso è spezzata soltanto da un barbaro colorato, con un mantello dello stesso colore che ha il mare dopo una battaglia. E di fronte a lui un biondo paladino, un guardiano capace, una fiera statua di carne priva d'ogni patimento e passione. Colui che interrompe la marcia di Njorth è un cavaliere, probabilmente, biondo ed imponente. Al fianco porta un fodero costoso, finemente decorato, con dentro una lama costosa almeno quanto il resto della bardatura. Se c'è qualcosa che fanno bene, nel Dortan, è l'acciaio. E c'è qualcos'altro. C'è del fuoco. Un Van non si sbaglia, quando dice che qualcuno ha gli occhi da stregone; ma Njorth tiene per sé quel commento. Si ferma. Allarga le braccia mostrando i palmi, nel gesto universale dei buoni propositi, della tregua. Roba che neanche ti insegnano, la sai e basta. Guarda, non impugno armi. Ma guardami bene, che io adesso salgo lassù esercito o non esercito. Evitiamoci la fatica, dai.

« Desidero entrare. »






In controcanto, una voce sussurra desidero entrare.
In grassetto: desidero entrare.
In rosso: fammi entrare.



••



Van Nort


CS [2] Concentrazione
Corpo [100] sano, nessuna ferita.
Mente (100-10[danno di Battesimo])=[90] battezzato, leggermente stordito, allerta.
Energia (100-5[consumo per resistere alla Stretta del Leviatano])=[95] in forma, attivo.


Abilità impiegate:

- [Passiva] Mente Ferma (stratega, Lv1): difesa psionica passiva, attivatasi spontaneamente in risposta all'insieme invasivo di malie ed illusioni presenti nell'ambiente, ma senza alcun particolare effetto (se non una certa interferenza nella comunicazione telepatica con Montu). Ancora 5 utilizzi.

- [Slot 1][costo nullo] Focus (personale): powerup. +1CS in concentrazione. Impiegata durante il tragitto per il cuore di marmo.

- [Passiva] Intuito (stratega, Lv1): Impiegata per studiare le capacità del cavaliere a guardia della scalinata per il Cuore di Marmo. Ancora 4 utilizzi.

- [Slot 2][costo nullo] Empatia (personale): Attivata assieme ad intuito, permette a Njorth di percepire lo stato emotivo del guardiano.
"Le ombre si nutrono delle emozioni di chi sta loro attorno; è logico dunque supporre che si lascino influenzare dai sentimenti degli altri molto più facilmente di quanto non faccia chiunque altro. Utilizzando questa abilità un'ombra è in grado di comprendere lo stato d'animo del proprio interlocutore alla perfezione e di condividerne le stesse emozioni, lasciando che queste fluiscano in lei e le permettano di mettersi nei panni dell'altro."

Note:

Come organizzato in confronto: i personaggi si ritrovano nell'aula, Laurence e Njorth subiscono il battesimo quasi contemporaneamente, poi il personaggio assiste in silenzio ma con attenzione al breve discorso del sedicente re, e alle risposte di Lena e Montu. Intanto imbraccia lo scudo, sul braccio sinistro. Parallelamente riceve il messaggio mentale di Montu e gli mostra d'aver capito. Una volta concluso il discorso del re, mentre quello attende la risposta dei personaggi, Njorth esce dalla stanza a larghe falcate. Attraversa Basiledra, passando anche per il prato della fossa e nei pressi della cattedrale, ma senza fermarsi. Giunge infine ai piedi del Cuore di Marmo, e qui si conclude la scena.

Armatura indosso. Elmo legato alla cintura (troppo caldo). Spada nel fodero, al fianco sinistro. Ascia appesa alla cintura, fianco destro. Scudo-specchio rotondo al braccio sinistro. Bisaccia generica alla cintura.

Chiedo ancora scusa per il ritardo. Spero che il post risulti piacevole.




... come al tramonto.
 
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view post Posted on 18/5/2016, 15:34
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« Dove li hai mandati? »
Laurence non riuscì a guardare quel finto e meschino sovrano. Non voleva guardarlo. Si sentiva violato, profanato, marchiato. Era ferito. I bambini, ancora spaventati, rimanevano dietro di lui. Ma quali erano veri? E quali no? E perché non riusciva a capirlo? Le parole di Montu erano state così sicure, così certe. Ma erano le parole di un demone! Si sarebbe dovuto fidare? Aveva tempo di pensare a questo?
« Lontano. Dove la loro voglia di ribellione non potrà nuocere. »
L'immagine del Re era ancora ferma dietro alla cattedra. Non era svanita, e Laurence ebbe la netta impressione che non se ne sarebbe andato presto. I due rimasero in silenzio per molto tempo, nel cui l'inquisitore iniziò a pensare ogni uscita, ogni stratagemma possibile. I suoi compagni forse non si fidavano più di lui, o forse lo avevano lasciato a difendere i bambini. Lena e il demone erano scomparsi e il guerriero Van si era sicuramente diretto al Cuore di Marmo. Doveva aiutarlo, in qualche modo. « Sei un mostro. »
« Voi non capite. Non siete i primi a venire qui e cercare di cambiare tutto, rispondendo a chissà quale senso di giustizia.
Io ho creato un sistema perfetto in cui questo mondo può coesistere con quello che c'è di sopra. Senza di esso hai una qualche idea di cosa succederebbe?
»
Laurence poté solo restare in silenzio. Davanti a sé c'era un uomo impaziente e megalomane, il tipo di persona che se provocata tende a fare errori. Certamente, prima di prendere possesso di chissà quale potere, doveva essere stato un perdente. Come un mendicante che trova una pila d'oro, anche lui era stato colto da un complesso di superiorità. "Io sono il più fortunato", "Io sono stato scelto dal destino", "Io mi merito tutto questo." Il Corvo ne aveva visti tanti così. Ma anche con le illimitate potenzialità che aveva, c'era una falla in quella grande macchinazione. « Esatto. Non lo sai. Nessuno di voi lo sa. » Continuò il Re. Sembrava che stesse parlando con sé stesso, e probabilmente, da qualche parte del Cuore di Marmo, lo stava facendo davvero. « Se quelli avessero scoperto questo posto prima di me lo avrebbero usato per i loro scopi. Pensa a cosa può fare un mondo infinito sotto una città! Ci sarebbe solo caos. Io sto solo cercando di mantenere l'ordine, di far tornare Basiledra ai suoi splendori! Quando il Re che non perde mai ancora viveva e tutti i suoi sudditi si prostravano ai suoi piedi, amandolo e temendolo! »
Laurence cercava di cogliere ogni sfumatura sospetta di quella follia così ordinaria. « Chi sono quelli? »

Il Re sbottò
« TUTTI! »

Laurence si rialzò.
« Non sei solo un mostro. Sei anche un pazzo.
Ma io non starò ai tuoi giochi.
»

Il volto del finto sovrano si adombrò di collera. Perché nessuno obbediva e basta?
Schioccò le dita. Laurence non si accorse di nulla finché i bambini non iniziarono a piangere di nuovo, chiamandolo.
Poi vide che due di loro erano scomparsi. Sbiancò. « DOVE SONO I BAMBINI?! »
« Saranno morti spiaccicati, ormai. » Il Re si compiacque del proprio ingegno, sogghignando.
« E altri li seguiranno se decidi di ribellarti di nuovo. »

L'inquisitore cadde in ginocchio, impotente. L'influenza della Grande Illusione ci mise poco a impossessarsi di lui.
« Bene. Bene... »

4OX9usI

« Sottomettiti al Leviatano. »
___________________________________________________________________

Quando Raell riuscì a distorcere la realtà della Grande Illusione, il mondo sembrò produrre un suono molto simile ad un crack.
La pietra si arrampicò attorno alle gambe e alle braccia della statua, stringendola con una morsa che avrebbe spezzato la schiena di qualsiasi uomo. Gli attacchi dei due vampiri l'avevano appena scalfito e infastidito, lasciando il costrutto vulnerabile alla presa di Raell. La magia che animava quella creatura aveva impiegato poco a rilevare che nemmeno lui era stato battezzato, e dunque che andava catturato o ucciso e gettato nella Fossa.
L'essere non aveva sentimenti o pensieri, non poteva essere distratto o ingannato, ma poteva essere corrotto.
La presa di pietra attorno ai suoi arti si fece più morbida mentre il vampiro cercava a mani nude di staccargli la testa. Uno sforzo inutile, che anche se fosse riuscito non sarebbe bastato a fermare la sentinella. Fu in quell'istante che avvenne: la roccia tramutata dai poteri di Raell si trasformò nuovamente, scurendosi fino a diventare completamente nera. Con uno strattone la statua si liberò dal terreno, quindi cercò di togliersi di dosso quella sostanza che si faceva sempre più liquida e disgustosa. Provò una, due volte. Il suo collo, incredibilmente, iniziò a riempirsi di crepe. Ma il costrutto era incapace di sorpresa. Era incapace di terrore. O almeno doveva essere così, perché così era stato stabilito.
Ma la statua iniziò a provare paura.
In un baleno la sostanza nera le si attaccò al volto, estendendosi poi su tutto il suo corpo come un mantello.
Non vide altro che buio. Tutto era nero, tutto era chiuso. Si sentiva come se fosse stata intrappolata nei meandri della terra.
Era quello il rimpianto di Raell? L'altro lato del suo desiderio, l'altra faccia del suo potere, che ora gli si sarebbe ritorto contro.
Come la testa di una marionetta, quella della statua si girò di centosessanta gradi in un singolo, terrificante secondo. Si ritrovò a fissare faccia a faccia Raell, che era saltato sulle sue spalle, guardandolo con due occhi ora rossi e pieni di malizia. I suoi denti, anch'essi ricoperti dalla melma, si fecero più appuntiti e letali. Le ali del costrutto si piegarono in modo innaturale sulla sua schiena, riempiendo l'aria con un suono simile a quello che fanno le ossa quando vengono frantumate, muovendosi per cingere il corpo del vampiro in una stretta di pietra. La statua produsse un grido sinistro, come se si stesse annunciando alla sua preda, e tutti in città poterono udirlo. Poi il suo collo si deformò, facendosi morbido e slanciato, e le fauci della sentinella si diressero in un baleno verso la faccia del suo nemico con tutta l'intenzione di strappargliela.

Qualche metro più in basso, intanto, Belphegor veniva devastato dagli attacchi di Montu e Lena.
Il corpo del fu-guardiano iniziò a grondare quella disgustosa sostanza, quei rimpianti, da ogni foro che veniva lasciato sul suo corpo. Ruggì selvaggiamente, dimostrando che a differenza delle statue lui sembrava ancora possedere qualcosa che lo identificasse come essere vivente, anche se in effetti non c'era niente di autentico in lui.
Questo Lena lo sapeva bene, ed anche Montu sarebbe dovuto arrivare a quella conclusione. Ma come era successo per lei nell'aula poco prima, ora il demone era troppo coinvolto emotivamente per pensare. L'investigatrice cercò di rialzarsi, ma le gambe tremavano troppo. Riusciva a stringere la sua Misericordia e sparare, ma la vista era ancora annebbiata dalle visioni che quel liquame aveva creato nella sua mente.
Aveva visto suo padre. Da solo, abbandonato nel grande castello della sua famiglia, un luogo che sarebbe presto stato dimenticato: l'Altaloggia.
Cadde di nuovo nella melma. Poi un'urlo, dall'alto, la sorprese. No, erano due urla. Sgranò gli occhi.
Erano due bambini che precipitavano con gran velocità dalla cima della Fossa. Senza nemmeno pensare a come o perché, Lena urlò: « Montu! Salvali! »

Tutto avvenne in pochi istanti. Dall'urlo di Lena, la caduta dei bambini avrebbe impiegato circa cinque secondi prima di terminare bruscamente.
Il volto senza connotati di Belphegor sembrò piegarsi in un ghignò malefico. Da esso il costrutto sputò una palla di melma diretta verso i due bambini. Sapeva che Montu li avrebbe salvati. Era sempre stato così. Rise ancora, tremando come gelatina, gracchiando il suo compiacimento. Poi un flash lo avvolse, costringendolo a guardare in basso. Ciò che vide fu l'uomo che aveva preso a calci prima rialzarsi, brandendo una spada di luce, che quando venne abbassata produsse una terribile onda luminosa. La luce si abbatté sul corpo del guardiano, vaporizzando parte dei liquami che lo costituivano e mandandolo a sbattere contro la parete circolare del Fosso, che tremò tutto. L'uomo cadde in ginocchio lanciando una supplica al demone di fuoco.
« VAI! »

La loro vita era nelle sue mani.
___________________________________________

« L'educazione impone che un uomo pronunci il suo nome e un giuramento quando vuole mettere piede nelle terre del Re che non perde mai. »
Il biondo cavaliere fissava Njort. I soldati, udendo le parole del loro capitano, si fecero da parte e liberarono la scalinata, disponendosi ordinatamente ai lati della strada e poi qualche metro più indietro del guerriero Van, come a dirgli che non sarebbe potuto tornare indietro.
« Tempo fa gli invasori del regno mancarono di rispettare l'autorità del Re. » Proseguì l'uomo, rimanendo fiero e perfetto anche mentre si accingeva a raccontare della sua stessa morte. « Violarono le mura, che caddero come gesso. Marciarono sulla città e la distrussero, spinti dalla follia di un uomo indegno. »
Un grido interruppe quel monologo. Proveniva dai cerchi più esterni della città, a centinaia di metri dal Cuore di Marmo. Era un ruggito disperato, era una dichiarazione di morte. Udendo quel suono inquietante, le statue appostate sul Cuore scattarono sull'attenti. Una ad una si precipitarono in picchiata per poi spiegare le ali e volare a pochissimi metri dalla testa dei due uomini, alzando un polverone che gettò i capelli del guardiano al vento e costrinse i soldati a ripararsi dalla polvere dietro ai loro scudi. Una ad una le statue si diressero a tutta velocità verso la fonte di quel suono, che era il marchio del rimpianto e della corruzione.
Il cavaliere sorrise.
« Pare che uno dei tuoi compagni sia in pericolo. »
Con un gesto sdegnato gli indicò la via del ritorno. I soldati dietro a Njort ruppero la formazione e lasciarono libero il passaggio.
« Puoi tornare indietro ad aiutarlo, se così preferisci.
Ma se decidi di rimanere, il tuo valore sarà messo alla prova.
»

Il cavaliere sfoderò la sua lama, bianca e brillante. Attorno ad essa si raccoglievano delle particelle di luce, leggere e magnifiche.
« Il Cuore di Marmo è un luogo pieno di pericoli, ora. Per questo siamo qui a difenderne l'entrata. »
Alzò la spada, che si immerse nella luce di quell'innaturale sole. Improvvisamente, il riflesso di quella luce si espanse il tutte le direzioni, inondando gli occhi di tutti coloro che si trovarono impreparati. I soldati, tutti accecati, chinarono la testa in segno di rispetto.
Sembrava un rituale praticato innumerevoli volte.

Il guardiano impugnò la sua arma con entrambe le mani e assunse una posa perfetta.

tTLdp9Z

« Il mio nome è Medoro. »
Capitano della Guardia.

« Dì il tuo nome e combattimi, straniero! »

QM point

Numar: tutte le tue offensive, meno la decapitazione, riescono. La tua passiva non può essere utilizzata così senza nemmeno qualche CS a dar supporto, d'altronde. Comunque gli attacchi combinati alla statua hanno inflitto parecchi danni (più di un critico) ma ora il costrutto sembra essere stato corrotto dallo stesso potere che gli hai lanciato contro. Cerca di chiudere le ali attorno a te per intrappolarti (tecnica di potenza media che non ti fa danno) e al contempo ruota la sua testa di centosessanta grandi e tenta di morderti il viso. Questo attacco non è una tecnica, ma un'azione da 4CS in velocità. Difenditi e contrattacca, oppure inventa un'altra soluzione. Sappi che le statue che prima erano appollaiate sul Cuore di Marmo stanno venendo a prenderti.

Ramses: Belphagor incassa tutti gli attacchi, che però non erano fatali. Proprio mentre sta per contrattaccare però due bambini appaiono dal nulla sopra alle vostre teste e cadono a tutta velocità. Né Lena né l'uomo ferito possono salvarli. Belphagor sputa verso uno di questi una sfera di melma di potenza critica (tecnica fisica) che se colpirà anche con solo una potenza media il bambino lo ucciderà. Il guerriero ferito si rialza, distrae Belphegor con un flash di luce e poi gli spara una bordata sacra che lo manda a sbattere contro la parete, infliggendogli danni critici e dandoti il tempo che ti serve per agire. Se riuscirai a salvarli, dovrai dare il colpo di grazia al guardiano.

Kactuar: l'uomo davanti a te si rivela essere Medoro (totally didn't see this coming) che, come da tradizione, ti sfida a duello. Al contrario della tradizione, però, è lui che ti attacca per primo: ti lancia un flash magico di potenza media che se ti colpisce ti priverà della vista per il prossimo turno, senza farti danno. Se decidi di attaccare, non c'è bisogno di fare giri in confronto, ma se fai altre azioni allora continuiamo lì.

Nessun giro di confronto in questo turno. La Stretta del Leviatano vi colpisce di nuovo e stavolta richiede una spesa media per essere parata.

Termine per il prossimo post: la sera del 25.
 
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view post Posted on 25/5/2016, 15:55
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Il tempo è la sostanza di cui sono fatto.
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I proiettili di Lena aprirono dei fori nella massa brulicante del costrutto, che forse distratto o semplicemente incapace di difendersi subì in pieno anche la palla di fuoco del Demone.
Arretrò alcuni passi per l’onda d’urto ma, nonostante la vischiosa sostanza nera uscisse a fiotti dalle ferite, non sembrava voler demordere. Ruggì, e Montu ebbe l’impressione che in Belphegor ci fosse qualcosa in più della semplice illusione messa in piedi da quel folle autoproclamatosi Re; sembrava provasse dolore, paura, rabbia. Stava affrontando i nemici di Basiledra con tutte le sue forze, non lasciava un metro al nemico e soffriva per quella sconfitta quasi imminente.
Lena si era alzata in piedi, sorreggeva a fatica il peso della pistola ma si ostinava a puntarla contro il guardiano. Non capiva. Come faceva a non rendersi conto che erano loro gli invasori, stavano calpestando il suolo sacro di Basiledra! Belphegor stava difendendo il simbolo imperituro della grandezza del Dortan! Non era Lithien, non era Taanach, era di Basiledra che parlavano! Montu fissava la nuca di Lena, portò la mano sul cane della sua pistola, le avrebbe fatto esplodere il cervello se avesse osato affrontare ancora il costrutto e la città che questo rappresentava. Cosa voleva quella donna da loro, era forse una Vaash venuta per destabilizzare il trono? Perché non li lasciava in pace, perché non abbandonava quella meravigliosa, perfetta, eterna Basiledra?
Poi la bestia smise di ruggire, la mano dell’Eterno tremò toccando l’acciaio freddo dell’arma e guardò con occhi diversi Belphegor: cosa diavolo stava facendo? Cosa diavolo stava pensando?! Era un’illusione. Tutto quanto. Nulla era vero. Belphegor era stato ucciso da Mathias Lorch! Il suo sacrificio aveva salvato il giovane Re Julien. Perfino la figura di Ranier era una menzogna: il Re che non perde mai non c’era più. Il suo Regno era finito. Tutti i Regni erano finiti. Basiledra era caduta, ora c’era Ladeca. Il Cuore di Marmo era sprofondato, ora c’era l’Edraleo. Il Re era scomparso, ora c’era il Parlamento. La fine della monarchia, la nascita della democrazia.
Lena cadde in ginocchio nella melma, ancora evidentemente scossa per il colpo subito poco prima, poi sopra di loro esplosero le urla di due bambini: precipitavano verso il suolo, urlavano, piangevano, perché il Re stava giustiziando due di loro?
Montu! Salvali!


Uno.


Lui? Lena stava di nuovo puntando tutto su di lui. Quanta fiducia poteva riporre in uno sconosciuto?
Belphegor rise sgraziatamente e lasciò partire ancora una sfera di melma nera verso i due bambini che mulinavano le braccia in aria cercando un appiglio che non avrebbero mai trovato.
Poi un flash.


Due.


L’uomo ferito si era alzato in piedi brandendo una spada di luce che abbattè sul costrutto mandandolo a sbattere contro una parete.
VAI!
La melma era sempre più vicina. Il Demone fece forza sulle gambe e partì in volo verso il suo obiettivo. Poteva fare solamente una cosa.


Tre.


Sentì la schiena lacerarsi per far venire alla luce il paio d’ali da pipistrello, sentì il fuoco invadergli le membra mentre le sclere affondavano nella lava che prese il loro posto, il cranio si deformò facendogli esplodere il cervello dal dolore e lasciando che due corna ricurve crescessero sulla sua fronte.
La pelle era nera, le fiamme correvano sui suoi muscoli, le ali alzavano polvere e liquami: era un mostro. Quella era la sua vera natura. Quello il suo vero aspetto. Poteva lui essere in grado di salvare quei bambini? No. Ma l’avrebbe fatto comunque.
Sentì la sostanza eruttata da Belphegor colpirlo in pieno, il nero combattere contro il fuoco. Le fiamme guizzavano incendiando ogni goccia, non avrebbero mai raggiunto la pelle dei bambini a cui erano destinate. L’odore era insopportabile, era carne, era cuoio, era combustibile, era polvere da sparo. Tutto bruciava insieme sulla schiena del Demone mentre le sue mani si gettavano verso i piccoli ad un passo dal suolo.


Quattro.


Proprio quelle mani furono le prime a tornare umane: gli artigli lasciarono il posto alle unghie, poi le corna ai capelli, la lava agli occhi, le ali alla schiena e il fuoco alla pelle.
Afferrò con il braccio sinistro uno dei due rallentando il volo, si piegò verso il pavimento e strinse la mano destra intorno al braccio dell’altro.


Cinque.


Quello guardò verso l’alto, vide Montu sorridergli lercio, sudato, visibilmente spaventato anche se cercava di nasconderlo ed esplose in un pianto ancora più forte ma ora liberatorio.
Li posò a terra, a poco più di un metro da dove aveva fermato la loro caduta. Salvi. Corsero verso Lena che esausta li abbracciò senza curarsi del fatto che li stava inzuppando con quell’acqua sporca di terra, tempo e sangue.
Il Demone arrancò stanco verso Belphegor, ormai allo stremo delle forze, superando prima l’investigatrice in lacrime e poi il guerriero che li aveva aiutati, ringraziandolo con uno sguardo.
Continuava a camminare con gli occhi fissi sul costrutto, sulla menzogna. Estrasse la katana e quando lo raggiunse quello provò ad alzare una mano artigliata nell’ultimo ridicolo tentativo di puntare sulla fragilità mentale che quel luogo causava nell’Eterno.
Il vero Belphegor, nella vera Basiledra, si lamentava spesso del suo obbligo di accogliere i nuovi arrivati e servire il Re dei Quattro Regni, ma non si esimeva mai dal farlo.
Forse quella sarebbe stata la volta buona per liberarsi da quel giogo. Almeno per finta, almeno nell’illusione. Montu non disse niente, nemmeno voleva farlo. Seppur ormai conscio di non affrontare il vero costrutto non sarebbe stata una cosa facile.
Doveva portare tutti in superficie.
La lama guizzò in direzione del collo di Belphegor.



Energia: 120 -40 -10 =70%
Fisico: 70%
Mente: 75 -10 =65%
Riserva CS: 6 [+32 Forza, +31 Velocità, +1 Intelligenza, +2 Maestria nell’uso delle Armi]

Equipaggiamento:
Shokan
Pistola

Armature:
Pelle Coriacea [Arma Naturale]
Guanti di pelle di Drago

Oggetti:
Biglia Stordente: 1
Biglia Tossica: 1
Biglia Deflagrante: 1
Corallo [+1 Forza, +1 Velocità, +2 Maestria nell’uso delle Armi]
Corallo [+2 Forza, +1 Velocità, +1 Intelligenza]
Gemma della Trasformazione
[Anello del Tuttofare - Immortalità]

Pergamene Usate:
//

Abilità Usate Montu:
[21/25] Intoccabile. Consumo Energetico: Variabile (Critico)
Il Demone sfrutta la sua abilità con la katana, la sua velocità, la resistenza della sua pelle o qualsiasi elemento scenico per difendersi da qualsivoglia offensiva nemica.
Tecnica di natura Fisica. Potenza pari al consumo speso, difende da attacchi rivolti al Fisico di potenza pari o inferiore al consumo speso.

Sembra passata una vita da quando sono arrivato. Ci preparano per la guerra ma vorrei tornare a casa. Il Capitano non accetta inetti, ripete sempre: "Una cosa è saper maneggiare elegantemente una spada, un'altra è saper essere efficaci."
Se l'eleganza mi è stata data da mio padre quand'ero bambino, devo solo al Capitano l'efficacia dei miei colpi: ora sono in grado -con un consumo Energetico Medio- di affondare un colpo, a mani nude o con qualsiasi arma bianca, in grado di ferire gravemente l'avversario.
[Affondo (1/25) - tecnica fisica di potenza Media; danneggia il Fisico.]

Abilità Usate Lena:
//

Passive Usate Montu:
Immortalità. Passiva (Numero di utilizzi: ∞)
Il Demone sfonda lui stesso la barriera della non vita, divenendo un immortale e sconfiggendo la morte una volta per tutte.
La tecnica ha natura magica e conta come un'abilità passiva - si potrà dunque beneficiare dei suoi effetti in qualsiasi momento nel corso di una giocata. Il caster diviene a tutti gli effetti immortale, rimanendo in vita indipendentemente dalla quantità di danni subiti. Non potrà comunque continuare a combattere con una somma di danni mortali sul corpo, non sarà immune al dolore né agli effetti dei danni - ad esempio, con una gamba spezzata non potrà camminare. La tecnica garantisce una difesa dalle scene in cui è possibile perdere il proprio personaggio o al termine di un duello con Player Killing attivo: i personaggi possedenti questa passiva non potranno essere uccisi in nessun caso.
[Il Demone potrebbe comunque essere ucciso qualora gli si cavassero gli occhi]

» Intuito: abituati da sempre a barcamenarsi tra i rischi del continente, i possessori di questo talento hanno sviluppato un intuito fuori dal comune che gli permette, con una semplice occhiata ad un interlocutore, di capire cosa sia in grado di fare, di fatto apprendendone la classe e il talento di appartenenza. (Numero di utilizzi: 5)

» Scetticismo: una delle capacità che sviluppano i possessori di questo talento è l'intuito: essi avranno una comprensione del mondo che li circonda superiore al normale ed una capacità di deduzione ben maggiore di quella di qualsiasi altra persona. Per questa ragione nel caso in cui essi si dovessero trovare innanzi ad una illusione sarebbero sempre in grado di dubitare di essa, e con il consumo di un utilizzo. I possessori del talento semplicemente non si lasceranno ingannare dalle più banali illusioni, affidandosi alla loro esperienza per discernere il reale da ciò che non lo è. (Numero di utilizzi: 54)

[16/25] Fiducia. Passiva (Numero di utilizzi: 5)
Montu può rendere le sue parole estremamente convincenti, facendo credere a chiunque lo ascolti che dica sempre il vero. Tale abilità può essere applicata anche alle scelte che il Demone compie, rendendole agli occhi degli altri sempre le migliori possibili.

[15/25] Telepatia. Passiva (Numero di utilizzi: 4)
Montu può comunicare telepaticamente con chiunque, purchè il suo interlocutore non sia eccessivamente lontano. Ostacoli fisici -quali possono essere muri, vetri, persone etc.- non precludono la possibilità di usare la telepatia.

Forma demoniaca [Per alcune razze di Theras, il concetto di "forma" è limitato. I demoni possono apparire agli altri sia con l'aspetto di umani qualunque che con la forma più consona di creature mostruose come li si rappresenta solitamente, a seconda della necessità. Consumando un utilizzo di questa passiva e soltanto se durante la notte, una progenie dei demoni può assumere una forma che manifesti la sua discendenza: per alcuni si tratterà di trasformarsi in un mostro vero e proprio, mentre per altri di assumerne solo alcuni tratti tipici (corna, ali, ecc.).] (Numero di utilizzi: 65)

[14/25] Volo. Passiva (Numero di utilizzi: 54)
La naturale capacità del Demone di volare grazie alle sue ali è permeata nella sua forma umana, permettendo così a Montu di levitare anche quando non appare con il suo vero aspetto.

Passive Usate Lena:
Oltre ai proiettili normali e prodotti artigianalmente, Misericordia possiede una capacità peculiare che la differenzia da una normale arma. Infondendo la propria volontà nei meccanismi della pistola, Lena è in grado di sparare proiettili costituiti di pura energia che viaggeranno verso il nemico a grande velocità tracciando nell'aria una linea di color viola che sparirà immediatamente dalla vista. Questo attacco speciale non ferisce il corpo del nemico, bensì il suo spirito, la sua mente. L'entità del danno effettuato è correlata alla zona colpita: un proiettile mentale non è meno letale di uno normale in caso dovesse colpire direttamente il capo nemico, spezzandone il flusso di pensieri direttamente alla radice. I colpi mentali sono considerati attacchi fisici e dunque sono contrastabili come tali (passiva: 2 cariche, abilità personale 5/25).

Note: Allora allora, spero vada tutto bene. Compaiono i bambini e spendo 2CS in Velocità per spostarmi molto più rapidamente, spendendo poi un utilizzo di Volo per raggiungerli. In volo consumo un utilizzo di Forma Demoniaca per rendere un po' più "scenico" l'utilizzo della Personale Intoccabile con cui difendo il bambino dalla palla di melma. Appena raggiunti i due marmocchi uso 1CS in Forza per afferrarli al volo ed evitare che terminino la caduta sfracellandosi. Li poso a terra e mi dirigo verso Belphegor, a questo punto al limite, e nonostante alzi la mano (ancora solo scena, spero non sia considerata autoconclusività) lasciò partire la katana verso la sua gola.
Lena non ha usato lo Slot perchè ancora debilitata dal colpo di prima e poi impegnata a consolare i bambini.

P.S. All'inizio del post sembro subire la Stretta del Leviatano ma consumando un 10% alla Mente resisto ancora, e ormai quasi convinto che Belphegor e tutto ciò che mi circonda sia reale -nel momento in cui quasi sparo in testa a Lena- consumo un altro utilizzo di Scetticismo per autoconvincermi che sia tutto solamente un'illusione.
 
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Numar55
view post Posted on 25/5/2016, 17:10




Avevo passato la maggior parte della mia eternità a modellare i corpi. Non era un semplice passatempo o una dimostrazione di potere, era parte di me. Di conseguenza mi piaceva ritenermi un esperto in tale campo (sempre che esistesse un campo del genere). Ma fu con una certa irritazione che scoprii che modellare la realtà non era altrettanto semplice. Certo era anche la mia prima opera, quindi non dovevo essere troppo duro con me stesso; tuttavia dopo secoli di perfezione era difficile accettare un lavoro venuto a metà.
La pietra infatti si era contorta seguendo i suoi desideri con un forte suono, come se avesse spezzato l'aria stessa, per farlo ma ad un certo punto aveva assunto toni nerastri divenendo sempre denso e melmosa. Il costrutto lottò con tenacia contro quella sostanza venendone però completamente avvolta prima al volto e poi al resto del corpo, fino a diventare quasi un'ombra corporea. Si mosse ancora qualche istante per poi fermarsi del tutto.
Con uno scatto improvviso la sua testa si girò di scatto all'indietro scivolandomi tra le dita. I suoi occhi, prima freddi e vuoti, ora erano rossi e crudeli. Senza accorgermene rimasi a fissarli stranito rivedendo in essi uno sguardo fin troppo familiare, subito seguito da un ricordo ormai antico.

Addio, Artista...

Il secco suono di ossa rotte mi fece intuire che avevo indugiato fin troppo. Normalmente avrei anche apprezzato quella melodia, testimone di tanti bei ricordi, ma non vi fu nulla di piacevole quando le ali dell'essero si contorsero verso di me in un abbraccio che avrebbe spezzato un qualunque mortale. Non riuscivo a muovere le braccia, completamente bloccate fino al gomito, e la gambe si dibattevano inermi a mezz'aria. Come un animale in gabbia ringhiai al mio carceriere mostrandogli i denti; quello non parve molto impressionato rispose con un acuto grido che si propagò ovunque attorno a noi. Il suono penetrò nelle mie orecchie stordendomi completamente; per un attimo mi sembrò di galleggiare nel vuoto mentre qualcosa in lontanza pareva richiamarmi invitandomi a cedere. Sarebbe stato bello lasciarsi andare, restare in quella sensazione per sempre...
Fu solo un attimo. Scossi la testa grugnendo e mi ritrovia di nuovo stretta tra quelle ali rocciose.
Non avevo idea di cosa fosse quella cosa, né cosa le avessi fatto per renderla tale, ma non sarei rimasto lì a farmi sconfiggere da quell'abominio. Quello parve leggermi nella mente e, allungando innaturalmente il collo, snudò una lunga fila di denti aguzzi che scattarono verso di me. Provai ad allontanarmi con tutte le mie forze ma le ali mi mantennero immobile ed incapace di difendermi dal morso della creatura. Sentii distintamente quelle dure zanne penetrarmi nel volto, sprofondare nelle mie carni e poi tirare. Quando la bocca dell'essere si ritirò, brandelli di pelle giacevano tra le sue fauci e la mia faccia era una grottesca maschera piena di sangue, graffi e con diversi pezzi mancanti. Avevo superato i limiti del dolore da molto tempo ormai, ma sentire la propria faccia venir strappata via non era per niente una bella sensazione. Mi sembrava quasi che la carne viva sfrigolasse per il bruciore che mi causava il suo contatto con l'aria. Rimasi però a fissare il costrutto con sguardo feroce mostrando sempre i denti (anche perché non potevo nasconderli più a causa della mancanza di labbra).
La voce della Prole giunse poco distante.

"Sbrigati. Stanno per arrivarne altri."

La calma con cui lo disse mi fece imbestialire ancora di più. Ovvio che lei si sentisse così al sicuro: probabilmente il suo vero corpo era in luogo sicuro e comodo, non avrebbe avuto ripercussioni dalla morte della bambina. Le diedi un'occhiata di puro odio da oltre la spalla del costrutto parlando con non poca fatica e diversi sputi di sangue.

"Tappati la bocca e dammi una mano!"

Quella incrociò le braccia sbuffando ma alla fine fece qualche passo verso la statua. Io riportai la mia attenzione sulla creatura fissandola dritta negli occhi; nel mentre la poca pelle rimasta sul mio volto cominciò ad allargarsi richiudendo a poco a poco le orrende ferite subite. Bastarono pochi secondi e la mia faccia fu di nuovo integra permettendomi di esprimere al meglio i miei sentimenti per quella creatura.

"E tu mollami, ahmaq tendys!"

Con un ringhio portai indietro la testa per poi scattare in avanti cercando di colpire il volto dell'essere con una podersosa testata. Nel frattempo La Prola si avvicinò alla sua enorme gamba allungando una mano per toccarla; una volta fatto ciò, la sua energia psichica si sarebbe riversata nel resto della statua con la violenza di un terremoto.
Se fossimo stati fortunati, quel dannato costrutto sarebbe crollato una volta per tutte.



L'Artista


- Basso: 5% - Medio: 10% - Alto 20% - Critico: 40%

Fisico: 70%-5%-20%+20%= 65%

Mente: 70%-5%= 65%

Energia: 110%-20%-10%= 80%


Passive:
- Può trasformarsi in una creatura mostruosa di notte (6)
- Capacità di volare (3)
- Insensibilità al dolore (5)
- Compiere azioni con forza sovrumana (5)
- Rende guarigione di potenza pari a consumo (5)


Attive:

I Will Never Die
L'esperienza ha po insegnato a Raell un'altro modo di utilizzare la propria arte: la cura. Tramite i suoi poteri può infatti suturare le proprie ferite e ricomporre le proprie fratture con una facilità disarmante, rendendolo quindi un nemico molto ostico a causa della sua autorigenerazione. Potrebbe anche usare questa capacità su qualcun'altro, ma accade davvero raramente; non appena tocca qualcuno di solito si lascia prendere la mano...
[Pergamena Campione "Guarigione Vigorosa": Passiva, Rende tecnica di guarigione di potenza pari al consumo (6) - Pergamena Campione "Cura Incisiva": Natura Magica, Consumo Alto di Energia, Cura Media Alta a Fisico]

Innatural Force
Quando si pensa alla figura del vampiro, si immagina una creatura più forte di un uomo. I Primogeni, essendo i primi di questa razza, possiedono questa capacità ma a livelli molto superiori rispetto alla norma: possono compiere azioni impensabili per chiunque altro, per esempio rivoltare un carro con la sola forza delle braccia. Naturalmente possono sfruttarla anche per azioni ben più semplici ma altrettanto efficaci come un poderoso colpo atto a spezzare il proprio avversario.
[Passiva Talento "Impeto": Compiere azioni sovrumane (6) - Abilità Personale 1: Natura Fisica, Consumo Medio Energia, Danno Medio a Fisico]

The Flesh is Weak
Invidiosa degli altri Primogeni per via della loro immensa forza, la Prole sfruttava ogni occasione in cui poteva essere sicura di non avere troppe ripercussioni per dimostrare la sua superiorità mentale. Se i suoi compagni incrinavano la pietra, lei la sbriciolava dall'interno, se loro spezzavano la colonna vertebrale di un Maegon a mani nude, lei faceva i suoi organi vitali: con il tempo infatti aveva sviluppato la capacità di concentrare parte della propria potenza psichica in una mano, una volta che questa fosse entrata in contatto con qualunque cosa l'energia si sarebbe propagata in essa devastandola dall'interno con potenti scosse telluriche.
[Consumo Alto di Energia, Natura Psionica, Danno Alto a Fisico]


Note:

Dopo il grido della statua, resisto alla malia della città pagando un basso alla mente e al fisico. Subisco in pieno il morso della statua che mi fa un danno Alto al volto, poi usa la tecnica di guarigione, portata a potenza pari al consumo grazie alla passiva (che tra l'altro mi sono dimenticato fino ad ora di segnare nella tabella, spero non sia un problema), per curarmi un Alto al fisico. Infine un tecnica di potenza media fisica per colpire la statua in faccia mentre La Prole cerca di avvicinarsi alla sua gamba e toccarla per usare una tecnica psionica di potenza Alta.
La frase che dico alla statua è in Lingua dei Demoni Antica: Ahmaq Tendys ---> Stupida Statua

 
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view post Posted on 26/5/2016, 15:22
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Come un unico papavero rosso fra l'erba alta, prima della scogliera. Ancora quel sogno.
L'educazione impone che un uomo pronunci il suo nome e un giuramento quando vuole mettere piede nelle terre del re che non perde mai. Njonjo, dice lei, Njonjo vieni quà. Una specie di voce senza suono che avanza a piedi scalzi nell'erba. Ed il suo nome di bambino ricorda un capriccio, suona come gné-gné, quasi. Forza, fatti un po' vedere. Ma che hai fatto, dove sei andato a gettarti? Hai tutta la camicia sporca, guarda, è verde. L'educazione impone che un uomo pronunci un giuramento. Un passo avanti l'altro, una notte dopo un giorno, una specie di lungo fischio continuo, appena distinguibile, che appare e scompare ad onde, a tempo. Un papavero, una scogliera, ancora un sogno. Un vecchio sogno.
Girati un po', Njonjo, che hai una cosa sulla schiena. Ma che cos'è? Era un fiorellino, un unico papavero rosso un po' schiacciato che l'erba umida aveva appiccicato sulla camiciona di lana cotta di Njorth, mentre giocava sul prato. (Vedi, è scivolato. S'è sbucciato il ginocchio. Questo non era successo, l'altra volta.) Quanto tempo sarà passato? E poi lo sappiamo: il materiale appreso successivamente può inibire il recupero di quello appreso per primo; è l'effetto Von Restorff. Una specie di lungo fischio intermittente, sempre più nitido, che imita lo schiantarsi delle onde sulle rocce del fiordo. Delicato. Fastidioso. Un prato di erba alta ai piedi della vecchia torre, quella che usavano per sorvegliare l'approdo quando ancora qui le navi non arrivavano. No, aspetta, la vecchia torre ce l'hanno costruita dopo, quando già Njorth se n'era andato via, a sud. Quando già aveva preso scudo. A quell'epoca, invece, c'era solo il prato. Era tutto fitto fitto di erba alta sino al polpaccio, pianeggiante sino ad una piccola collina oblunga (che in seguito avrebbe scoperto essere un tumulo) che s'affacciava proprio sul mare, in basso. E dal mare veniva il vento, ed una specie di fischio sottile. E stavano i papaveri, nel prato, sopravvivevano selvatici alle burrasche dell'oceano e alle tormente delle montagne, nel mezzo. Al centro di tutto. Poi piano piano morivano tutti al sopraggiungere dell'inverno, e lei allora raccoglieva tutti quelli che poteva e li portava a casa, quelli che non erano ancora appassiti, e ci riempiva i bicchieri e le tazze ed i catini. Dava loro un poco d'acqua. Così l'autunno, il crudele autunno di Noatun, era per Njonjo una cosa anche un po' bella, anche un po' divertente, perché vedeva mamma tutta contenta a girare per quella casa a macchioline rosse con un piccolissimo annaffiatoio che aveva fatto sua sorellona, e canticchiando qualcosa di vecchio si posava come una farfalla su quei fiocchetti rossi che aveva sistemato accanto alla finestra, sul tavolo quadrato, accanto al letto, dentro le scarpe vecchie, davanti l'ingresso, nell'angolo delle scope, sulle sbarre della tenda, sull'altro tavolo quadrato, nei suoi capelli e fra le frange del vestito nuovo che stava cucendo a Perla, la sorellona. Un sorriso largo largo. E Njorth pensa a quanto sarà divertente quando verrà l'autunno ed i fiori sulla scogliera inizieranno ad appassire, così mamma li porterà tutti a casa. L'aiuteremo noi. Quest'anno, poi, sono proprio tantissimi. Non ne abbiamo mai visti così tanti, davvero. Tutto il prato sulla scogliera è una distesa di fiocchetti scarlatti da un orizzonte all'altro, ed è bellissimo, pianeggiante lungo lungo sino a quella piccola collina oblunga che guarda sempre il mare. Il tumulo.
Un fischio stridente, discontinuo come la risacca. Fastidioso. Quasi insopportabile. L'aspetto che hanno gli anni quando muoiono, e tu prima che muoiano tutti cerchi di raccoglierli e te li porti a casa, li metti nei bicchieri, nelle tazze, nelle scarpe, sulle tende, nei capelli, nei vestiti. Ma l'acqua non tiene in vita i papaveri, hanno bisogno di terra. Di calore. E tu ti muovi come una grossa farfalla di anno in anno con quell'orribile annaffiatoio che ha fatto tua sorella, cercando di tenere in vita i morti rimasugli delle cose che ti piaceva fare, delle cose che ti piaceva vedere, delle cose che ti piaceva dire. Fermo pur muovendoti, in attesa che l'inverno di Noatun si riscaldi e la prossima primavera riesca a far crescere altri papaveri sul prato prima della scogliera, accanto a tutte quelle strane colline oblunghe un poco rotonde, proprio sotto alla vecchia torre. Vedrai che ci saranno tantissimi fiori. Non riuscirai a vedere dove finisce, quel prato tutto rosso.
E camminerai fra gli steli, cercando di non spezzarli coi piedi, e quando col polpaccio o col ginocchio sfiorerai il delicato sfiocchettìo dei petali potrai sentire un breve dolcissimo scuotersi dell'anima, come una campanella che suona. Come in un sogno. Un sorriso largo largo, all'ombra della vecchia torre. Ho paura di dimenticare, sai?
« Il Cuore di Marmo è un luogo pieno di pericoli, ora. Per questo siamo qui a difenderne l'entrata. »
Ho paura di dimenticare com'era prima. Ho paura di quello che c'è dopo le colline oblunghe, quasi tonde. Del mare, che non riesco a vedere più. Di quel brutto stridio nella mia testa. Di questi sogni che non mi fanno riposare bene, io che la mattina devo essere sveglio, rilassato. Per fortuna che ci sono i papaveri, nel prato, tutto attorno alla vecchia torre. Ancora questo sogno. Per fortuna.

L'uomo ha alzato la spada, Njorth non vede più niente. Fanno male gli occhi, bruciano. Ma per fortuna ci sono i papaveri, quelli sono così rossi che non si possono non vedere. Guarda, avrebbe detto il van al paladino. Guarda ne hai uno accanto al piede. Non calpestarlo, che poi lo porto a casa. Ma, ovviamente, non lo disse.
« Il mio nome è Medoro. »
Ed il tintinnio d'una campanella lontana, sulla destra, accompagna la risacca che cresce come un fischio fantasma.
« Dì il tuo nome e combattimi, straniero! »
« No. »

Un esercito di morti, una distesa di tumuli oblunghi completamente coperti dalle onde scarlatte, fortissime, dei fiori che in primavera riempivano i prati del Vanaheim. L'erba alta quasi quanto i papaveri. La torre già non si vede più. Un'isolata raffica di vento a bassa quota, di quello che viene dal mare, scuote un poco gli alti steli nella sequenza del proprio carezzare il suolo e ne fa suonare i campanelli. Poi cessa. Tutti quanti iniziano a capire. Njorth ancora no, non tanto bene. Vede soltanto i petali dei papaveri. Nient'altro.
Un ghigno. Rossi, quasi viola... Smettila.
Tutti quanti iniziano a muoversi, a convulgere confusi. Njorth ancora no. Sente soltanto le campanelle che trillano quando gli uomini le sfiorano coi piedi, quando gli spadaccini tranciano gli steli che le sorreggono. Uno che sta a sinistra, un poco indietro, ad esempio, sta girando in tondo: lo si capisce dal suono che fa. Oh, nonostante la spiacevole situazione, davvero, è un bel suono. Un altro, proprio di fronte, si, quello che si chiama Medoro: lui si muove di scatto, ruota a destra, a sinistra, cerca di tagliare via i miei papaveri. Ma sono troppi, non può riuscire.
Uno stormo di urla dal cielo di pietra. ... come al tramonto. Smettila.
Una collinetta oblunga alla fine del prato, un poco rotonda, che s'affaccia sul mare e ne occlude la vista al piccolo Njonjo, che sta sul prato, col suo ginocchio sbucciato ed il fiorellino appiccicato sulla schiena ed un abbraccio dimenticato e le cose, comunque, continuano a succedere.
« Questo duello non sarà interrotto. »
Perché, è successo qualcosa?
« Avrò il tuo nome o la tua testa. Decidi ora, guerriero! »
No, dai, ancora dieci minuti. Lasciami dormire.
Riverberare d'ottone sottile al muovere le campanelle avvicinandosi veloce. Medoro, capitano della Guardia. Sta attaccando, probabilmente.
Ma non vedo nulla, qui. (dinn) Un passo. Uno due tre passi veloci (din din dindin) poi fa perno col sinistro per scaricare la forza con la spalla (diindin) e ruota solo un poco verso sinistra, mettendo i piedi in pari come fanno gli spadaccini della costa di Derentòn, che lo hanno imparato dai vecchi barbari Burghound. Din din din. Non è una cosa difficile, dai, l'avrai fatto mille volte. Qualcuna anche ad occhi chiusi. Sù. Alza lo scudo, bravo. Puntella con la destra e fletti la sinistra. Lo abbiamo provato. Goditi le campanelle.
Smettila.
Avverti l'impatto del metallo sul metallo. Lo spostamento della spalla destra, che incassa l'urto al posto del gomito. Un movimento pulito, elegante, se avesse potuto vederlo non avrebbe neppure detto che in quel fendente obliquo ci fosse così tanta forza, da come l'arma ha trovato lo scudo e s'è ordinatamente fatta di lato, scaricando nel vuoto la forza in eccesso. Era bravo (din din dindin), molto bravo. Ma tu sei Njorthr Fryjhildson, il migliore dei guerrieri-specchio della casa di Van. No?
Dai, smettila. Lasciami riposare un altro po'.
Destati, anelito. Destati, ombra! E torna al sogno a cui appartieni, l'incubo che ti detiene.
Sono anni che ti stiamo aspettando, quaggiù.
No...
Decidi ora, guerriero!
Che sia la mia testa, allora. Il mio collo. Le mie orecchie, i miei occhi, la mia bocca il mio naso i miei capelli la mia mascella l'osso del cranio, il cervello, l'anima.
La memoria. I sogni. I prati di papaveri al limitare della scogliera. Vuoi la mia testa?
« Eccotela, la mia testa! »
Abbassa veloce lo scudo, quando ancora la spada di quell'altro è bassa a sinistra. Quando ancora l'acciaio sfiora l'acciaio. La gamba destra, che premeva il suolo a contrafforte, pulsa e si contrae come un elastico tirato. La schiena si allinea. Ed è tutto buio, salvo quei bei fiocchetti rossi un po' dappertutto. E le spalle si stringono, parallele al suolo. Ed è un po' perché era arrivato lì disarmato ed il tempo di sguainare la spada non è che ce l'ha proprio avuto. Ed è anche un po' perché questo gran cavaliere stava dando più problemi di quelli che già c'erano, e ad un certo punto non è più il caso di fare i diplomatici. Ed è un po' perché questo fischio, questa risacca è tanto forte che fanno quasi male le orecchie.
Ed è un po' per ironia, anche.

Lo specchio tondo dello scudo, agli occhi di Medoro, slitta di lato per appena un attimo ed un'informe palla di cannone dal colore che ha la cenere al sole gli si spara dritta in faccia, spinta dietro da più di cento chili di carne, pelle e metallo. Eccotela, la mia testa, pezzo di merda.
Ti avevo chiesto di non calpestare il fiori, che poi me li porto a casa.

Non perdere tempo, destati.
Smettila.
E poi torna da noi, a nord.
Fammi sognare un altro poco, dai.
Cinque minuti.





•••



Van Nort


CS (2-1)=[1] Concentrazione
Corpo (100-10-5)=[85] sano, ferita al ginocchio destro.
(-10 Stretta del Leviatano (ferita onirica al ginocchio))(-5 Zona-Limbo)
Mente [90] battezzato (oppure no?), stressato, leggermente euforico. Abbagliato.
Energia (95-10-5)=[80] in forma, attivo.
(-10 Stretta del Leviatano)(-5 Guardia)


Abilità impiegate:

- [Slot 1][costo basso (corpo)] Zona-Limbo (personale - psionica): usata, come spiegato (meglio) in confronto, circa nel momento in cui Medoro abbaglia Njorth. In questo turno, Njorth interseca un proprio sogno personale al grande sogno illusorio di Basiledra, facendo spuntare dal suolo una vastissima distesa di strani papaveri-campanella rossi, che gli permettono di dedurre i movimenti precisi e marziali di Medoro pur senza vederlo. Zona-Limbo, ricordo, dura due turni.
"L’area attorno a Njorth acquisterà le caratteristiche di un Limbo fra Theras e L’Oneiron: per due turni, tutti gli esseri senzienti nel campo di gioco (entro un’area ragionevole) potranno modificare l’area, consapevolmente o inconsciamente. Le modifiche saranno reali, non illusorie, sebbene di durata limitata, ed ogni giocatore potrà nel proprio turno decidere che forma far prendere al campo di gioco. Se ad esempio uno dei presenti immaginasse l’apparizione di un ponte, quel ponte sarebbe normalmente percorribile e potrebbe anche essere danneggiato. Al termine della tecnica, ogni nuovo elemento introdotto svanirà, ma eventuali danni ad elementi preesistenti persisteranno. È possibile prolungare la durata della tecnica ripetendone il cast. La tecnica bersaglia il campo, non i personaggi, e non causa loro alcun danno diretto. Tramite questa tecnica è possibile generare armi ed alleati temporanei (da parte di tutti), ma questi non avranno alcuna proprietà speciale e nessuna CS, e svaniranno al termine della tecnica.
In base alla situazione, i presenti potrebbero non accorgersi di trovarsi nella zona-limbo.
L’impiego di questa abilità è quasi sempre indipendente dalla volontà di Njorth, e gli causerà un danno fisico di bassa entità, solitamente al livello dell’encefalo o, se presenti, dei tessuti d’ombra rigenerati."

- [Passiva] Zona-Sogno (personale): tutte le azioni nella zona-limbo sono, per un turno, azioni di natura psionica. Tecniche e non-tecniche. Difese, attacchi e supporti. Azioni di Njorth, di Medoro, di tutti quanti. Tutte le difese sono difese psioniche, anche. Siamo ufficialmente in un sogno. Ancora 1 utilizzo.

- [Slot 2][costo basso (energie)] Guardia (personale - psionica [fisica in origine]): usata per difendersi dall'attacco di Medoro, assumendo una posizione difensiva con lo scudo che già in passato è stata più che utile a Njorth per evitare fendenti molto simili.
"Il personaggio assume una posizione di guardia impenetrabile, in grado di difenderlo da attacchi di natura fisica di potenza bassa o inferiore."



Riassunto

La sequenza di eventi è la stessa che è stata concordata nel topic in confronto. In aggiunta a quello: Njorth è in armatura, ma senza elmo, che è legato dietro la cintura. La spada è infoderata, l'ascia è appesa alla cintura. Lo scudo è al braccio sinistro, ed è usato per difendersi dall'attacco di Medoro (difesa fisica bassa contro attacco non-tecnica a 8cs). Quindi, dopo una battuta tra i denti, il van cerca di sfruttare la reciproca posizione per incastrare una testata proprio sul naso di Medoro, che è in fase di riposizionamento dopo il fendente (che è stato deviato verso l'esterno-basso, dallo scudo). La testata è un attacco non-tecnica portato con 1CS (concentrazione), impiegata appunto sfruttando l'esperienza di battaglia e la reciproca posizione dei combattenti per portare un colpo quanto più inaspettato ed efficace possibile.
Irony and surprise.

Note

Non ho riletto bene bene il post, ma dovrebbe essere decentemente bello. Leggibile, almeno. Stranamente, è proprio il genere di post che facevo col vecchio Finnegan. Forse solo meno grezzo, più levigato. Vabbuò, l'importante è che si possa leggere bene. Per il resto, nessuna nota particolare.
Chiedo scusa per il ritardo, ma dallo scorso giro ho affrontato un po' di cose (aspettate ed inaspettate) che mi hanno preso un bel po' di tempo. Nulla che possa impedirmi di continuare, ovviamente. Forza ragazzi, che apriamo in due il Cuore di Marmo e prendiamo un po' a calci in culo il simpaticone dentro.

Edit: mi ero dimenticato di mettere a posto il "No" di dialogo. L'avevo lasciato proprio all'inizio





Edited by Kactuar - 26/5/2016, 17:56
 
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view post Posted on 27/5/2016, 18:01
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« Che scrivi? »
Lena cinse il collo del suo uomo con un tenero abbraccio, abbandonandosi contro di lui.
La calda brezza le carezzava i capelli allora corti, troppo corti. Era sempre stata una ragazza ribelle.
L'ombra degli alberi li proteggeva dal caldo sole del Sultanato. Si trovavano in uno dei meravigliosi giardini di Qashra, al riparo da tutto e tutti, due studenti soli e persi nel loro amore. Solo il lontano brusio della città li poteva raggiungere, ma era un suono ovattato e distante, come se fosse lì solo a ricordare loro che quel momento non sarebbe durato in eterno.
Christopher spostò le briciole di grafite che la sua matita ormai troppo consumata continuava a spargere per il foglio. « La mia tesi. » Rispose, con un filo di speranza nella voce misto al timore di quello che avrebbe dovuto dire di lì a poco. « Ti annoi? » Disse invece, allontanando quel momento il più lontano possibile. Lei sorrise, sfiorandogli il capo con un bacio. « Certo che no, qui è tutto più rilassante. » Prese un profondo respiro, crogiolandosi nelle bellezze naturali di quella pacifica oasi, e poi continuò: « E poi mi piace vederti così impegnato. Sarai un bravo investigatore. » Fece un sorriso, poi Christopher si liberò dal suo abbracciò e le diede un buffetto sul naso. « Ti ho già detto che non è quello che voglio, scema. » Lei sbuffò.
« Ma sarà così divertente, e tu sei così talentuoso! Potremmo andare in giro per il mondo! »
« Lo so, lo so. » Le accarezzò il volto con la destra. Le guance di lei, così naturalmente rosee e delicate, erano la parte che Christopher preferiva più di tutte. « Sai che gira voce dell'apertura del canale. Voglio farne parte. » "Un fiume irrealizzabile" pensò Lena, che si limitò ad alzare gli occhi al cielo. « Ho capito, mister ingegnere, ho capito. »
« Ma prima... » Christopher si alzò ed andò a raggiungere la sua borsa, abbandonata poco prima nell'erba. Estrasse una scatola e la porse a Lena. « Un regalo? » Disse lei, con la meraviglia negli occhi. Quella luminosità non poté che far sorridere Christopher. « Aprilo, dai. »
E così fece. Schiuso l'umile contenitore, Lena rivelò un gioiello: un orecchino. Era un cerchio d'argento sottile grande più o meno come un palmo al cui centro, fermata attraverso dei fili quasi invisibile, una pietra rossa brillava contro la luce di quella magnifica giornata. Era un po' troppo pacchiano per lei, che era sempre stata più umile, ma ciò nonostante ne fu commossa. « Oh Christopher, è magnifico... ma perché ora? »
Christopher mandò giù la sua paura.

« Dovrò partire a breve. »
L'espressione di Lena perse ogni traccia di gioia. « Non posso abbandonare la mia famiglia così, dopo quello che è successo... ma devo solo avvertirli che resterò qui ora.
Tornerò presto, te lo prometto.
»
Non andare, ti prego. Non ora che tutto è così perfetto, non ora che siamo finalmente insieme.
Lena accarezzò istintivamente la fede nuziale che portava al dito.
« Capisco... ma stai attento, ti prego. »

Perché non lo fermai?

Il pianto disperato dei bambini la riportò definitivamente alla realtà.
I piccoli la stringevano più forte che potevano. Lei non poté far altro che tentare di consolarli, accarezzandogli il capo. « Va tutto bene ora, va tutto bene. Vi proteggeremo noi. » Schioccò un'occhiata a Montu. Il suo eroico intervento era il solo motivo per cui quei bambini erano vivi -un pensiero che la fece sentire inutile e incompetente. Montu aveva persino rivelato la sua vera identità e subito grosse ferite pur di salvarli. Nessuno avrebbe mai potuto dubitare di lui. Lei non lo avrebbe più permesso. Prese per mano i bambini e si avvicinò al guerriero che li aveva aiutati. L'uomo era riverso a terra, con la schiena appoggiata su un paio di cadaveri, ed era quasi completamente insozzato da quella sostanza nera e melmosa ai loro piedi.
« Mi fa piacere che ti sia ripresa. » Disse lui, candidamente, cercando di rialzarsi. Gli diede una mano e quello si rimesse in sesto meglio che poteva. Anche se quasi piegato completamente dalle ferite e dalla stanchezza, il guerriero sovrastava completamente Lena e rivaleggiava con Montu per altezza. Aveva un barlume chiaro negli occhi e un'armatura che l'investigatrice non aveva mai visto. Legato alle sue spalle c'era un mantello bianco che sembrava non potersi mai sporcare: la melma scivolava semplicemente sulla sua candida superficie. « Come ti chiami? » Chiese. Poteva fidarsi?
« Non mi ricordo nulla di me, nemmeno il mio nome. Mi spiace... » Non si poteva decisamente fidare. « L'unica cosa che ricordo è che stavo combattendo nella sala del trono. » Le orecchie di Lena furono prese da uno spasmo incontrollabile prima ancora che lei potesse recepire l'informazione. « Chi stavi combattendo? »
« Un uomo. L'architetto di questo posto. Il suo nome è Morgan. Ho vinto, e credo di averlo messo fuori gioco, ma poi Belphegor mi ha preso di sorpresa e mi ha gettato qui. Stavamo combattendo da due giorni prima che arrivaste. »
Quanto?! « Due giorni...? »
« Sì. » Sul volto dello sconosciuto non ci furono cambiamenti. Era come se quella fosse l'informazione più ovvia della giornata. « Per fortuna che siete arrivati voi. Stavo per soccombere. » Fece un sorriso sincero, ma che a Lena parve solo alieno. Poi indicò il corpo del guardiano, al quale Montu si stava avvicinando. « Non può morire. Tornerà attivo tra circa venti minuti. Visto che il tuo compagno può volare, potete uscire direttamente dall'entrata qui sopra. »
Le parole del guerriero erano tutte vere. Non era nemmeno un'illusione, era una persona vera, in carne ed ossa. Sembrava però che l'illusione si stesse piegando alla sua stessa presenza, come se la sua esistenza fosse una contraddizione all'interno di quel mondo. L'investigatrice percepiva una sensazione simile a quella che aveva provato appena entrati nella finta Basiledra, una fonte di grande potere.
« Avevamo lasciato gli altri bambini nelle cure di un nostro compagno.
Sono preoccupata per lui, ma non possiamo tornare indietro. Dobbiamo distruggere questo posto.
Aprirò un tunnel che porta direttamente al Cuore di Marmo modificando l'illusione e porremo fine a questa follia.
»
« Non so nemmeno in che direzione sia o quanto sia distante, però. E io ci sono stato. Non sappiamo nemmeno a quanti metri di distanza siamo dalla superficie. Non puoi aprire un sentiero. »
« Posso. » Controbatté Lena. « Guarda in alto. Cosa vedi? » Il guerriero ubbidì. Lontano, oltre l'apertura della fossa, incastrata nel cielo fittizio, una grande crepa nera sembrava voler spaccare la volta celeste in due. « Quella è l'entrata da cui siamo passati. L'ho vista prima, quando eravamo in superficie. Dunque posso farmi un'idea di dove siamo, e se ho ragione potrò calcolare la distanza esatta dal centro della città. »
Il guerriero alzò le mani, impressionato, come per concedere quella discussione all'investigatrice. « Impressionante. Però se modificherete l'illusione, questa vi getterà contro i vostri peggiori rimpianti. Potreste non sopravvivere. Quando ho provato a farlo contro quel coso non mi è andata proprio bene. »
Esitò. Aveva avuto ragione a non fidarsi di quel nuovo potere, ma non potevano esimersi dall'utilizzarlo ora. Grazie ad esso avrebbero potuto sfruttare l'effetto sorpresa e uccidere il Re. L'uomo di cui aveva parlato il guerriero, Morgan, era stato sconfitto due giorni prima, quindi non poteva essere lui il Re. Anche perché l'illusione non era sparita. Doveva essere solo un altro inganno, un'altra illusione. Lena era determinata. « Dobbiamo correre il rischio. Non sappiamo cosa potrebbe succedere là fuori. Ma visto che siamo entrambi messi male sarà Montu, il mio compagno, a decidere. »
L'uomo fece spallucce. « Mi sembra giusto. »

La lama di Montu guizzò verso il collo di Belphegor, trapassandolo di netto.
Ciò nonostante, la mano del guardiano si protese ancora per qualche millimetro verso il viso del demone.
« Prode guerriero del Regno... » La sua voce metallica ancora veniva soffiata da una bocca inesistente. « ...perché non hai protetto la tua casa? »
La forma del guardiano iniziò a liquefarsi. Sparì rapidamente, mischiandosi con il resto dei rimpianti della Fossa, sprofondando in un inferno invisibile.
« Io sono morto per lui. Perché non lo hai protetto, quando ne aveva più bisogno? »

------------------------------------

Medoro arretrò di cinque passi, facendo tintinnare i campanelli con i suoi schinieri.
Con il gomito premette su una sua narice, poi con un soffio espulse un grumo di sangue. Un rivolo scarlatto gli scendeva fino alle labbra.
« Vedo che non hai paura di colpire, guerriero. »

Poi tutto cambiò.
I fiori sonanti scomparvero, la città scomparve, il Cuore di Marmo scomparve, la strada scomparve. I soldati si guardarono attorno attoniti, forse persino il guerriero Van lo avrebbe fatto, o forse semplicemente non se ne sarebbe curato. Poi la terra riapparve come un sentiero, un percorso attraversato da centinaia di coraggiosi. La città riapparve, ma alle spalle di Medoro, chiusa dietro a bianche mura invalicabili. Ma lo erano per davvero: alte, altissime, infinite.
Una grande porta e davanti ad essa il suo unico guardiano, il suo unico capitano.
« Mi hai macchiato con la tua impura stregoneria.
Ma posso vedere attraverso il tuo stratagemma.
»

« Mi affronterai. »
Affermò poi, dopo una breve pausa.
« Se cado qui, come guardiano delle bianche mura, tu e questi uomini avrete salva la vita.
Entrerete nel palazzo del mio Re e tenterete di scappare da questo luogo, facendolo crollare su sé stesso e uccidendo centinaia di innocenti.
»
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« Ma se sarò io a vincere, noi tutti saremo presi dagli invincibili protettori del Cuore.
E il sogno di Basiledra continuerà a vivere finché io avrò la forza di proteggerlo.
»

Medoro puntò la sua spada contro Njort. Quel rifiuto testardo e insensato non lo avrebbe privato dell'onore.
« Forza, ora. Prova a superare questo muro. Se ci riesci.»
E lì avrebbe atteso, come fanno i bastioni più possenti.

QM Point

Ramses: Belphegor viene momentaneamente ucciso dal tuo attacco, quindi Lena si avvicina a te. Ti racconta per filo e per segno quanto successo nella sua conversazione con il guerriero e ti propone le alternative. Puoi decidere di prendere uno dei due adulti o tutti e due i bambini e scappare dalla fossa volando, oppure puoi seguire il piano di Lena e decidere di aprire un varco nel tunnel. Se decidi di aprire il varco puoi scegliere se far usare la tecnica a Lena o se usarla tu stesso -in quel caso Lena ti istruirà sul come, e ovviamente spenderai le tue energie. Da questo momento non puoi più usare Lena come png e torni ad avere due slot per turno. Puoi compiere qualsiasi altra azione tu voglia, ovviamente, compreso qualsiasi dialogo. Continuiamo in confronto.

Numar: il tuo segmento non è descritto nel post perché si lega agli altri due: i tuoi attacchi hanno effetto, e la statua cede. Inizia a frantumarsi e crollare prima che qualcosa al suo interno esploda violentemente, creando un botto di dimensioni considerevoli (critico magico ad area, quindi alto a testa). L'esplosione sbalza lontano La Prole che va a finire contro una parete, morendo praticamente sul colpo. Puoi descrivere i suoi ultimi momenti se vuoi, ma quel corpo ormai è inutilizzabile per il png -che quindi non è più sotto il tuo controllo, facendoti tornare a due slot per turno.
A questo punto puoi decidere cosa fare liberamente. Le locations della città sono sempre le stesse: Fossa, Cattedrale, Cuore di Marmo. Se scegli di avvicinarti al Cuore di Marmo tutto d'un tratto sarai coinvolto nella proiezione castata da Medoro grazie a "Zona-Limbo" e non potrai più tornare indietro. Comunica la tua scelta in confronto.

Kactuar: lo scontro con Medoro continua dopo che il tuo attacco ha successo, causando però solo un timido danno basso. Questa volta il guardiano sfrutta le capacità della tua "Zona-Limbo" per ricreare l'esterno delle mura, dove un tempo accoglieva i nuovi arrivati. L'unica differenza è che ora le mura sono virtualmente infinite. Dopo averti lanciato l'ultimatum aspetta il tuo prossimo attacco, dandoti l'ultima chance di proseguire con un onorevole duello tra cavalieri. Anche tu continui in confronto.

Anche in questo turno subite La Stretta del Leviatano, stavolta a potenza alta.

Termine per il prossimo post: sera del primo Giugno.


Edited by Verel - 27/5/2016, 23:03
 
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Numar55
view post Posted on 1/6/2016, 19:58




Finalmente sentii la testa del costrutto incassarsi sotto al mio colpo mentre percepivo le vibrazioni causate dalla Prole si riversavano anche nelle ali che mi tenevano stretto. Su tutto la sua figura comparvero numerose crepe e la presa che mi bloccava si fece meno stretta. Bastò quindi qualche spallata per liberarmi dalle ali, che caddero rovinosamente al suolo; tenendomi attaccato al resto della statua con una mano provai a darle un ultimo pugno per abbatterla definitivamente, quando notai la luce che fuoriusciva sempre di più dalle crepe. Il ghigno che mi si era delineato sul volto scomparve in un batter d'occhio. Feci appena in tempo ad allontanarmi di qualche metro scattando in volo ma non riuscii minimamente ad evitare ciò che seguì: il costrutto si disintegrò in un'esplosione d'inaudita potenza che, scuotendo con un rombo di tuono tutta la zona, mi investì in pieno scagliandomi contro il muro del palazzo accanto. La forza dell'impatto mi scombussolò del tutto facendomi precipitare ma riuscì comunque a rallentare un minimo la caduta piantando gli artigli nella parete e cercando di riprendere una minima stabilità di volo. Alla fine raggiunsi il terreno crollando con un gemito a terra; stetti qualche secondo con il volto poggiato contro il terreno mentre maledicevo mentalmente quella stupida statua e il bastardo che l'aveva costruita. Lentamente sollevai lo sguardo sulla strada deserta nella quale ero capitato, probabilmente i cittadini erano scappati sentendo i suoni della battaglia. La testa mi girava e la vista era un po' offuscata, la stessa sensazione di pace che avevo percepito durante l'urlo della statua venne di nuovo a farmi visita. Provai a mandarla a quel paese prima di rendermi conto che non era una cosa viva e che quindi non aveva senso farlo. Sospirai accasciandomi a terra; forse potevo stare lì a dormire per un po'...
I Primogeni erano eterni, avrei potuto riposarmi laggiù per qualche altro secolo e pensare alla mia vendetta più tardi...NO. Diedi un pugno al terreno e la sensazione scomparve di nuovo. Una fitta mi attraversò il cervello mentre la pelle cominciò a fumare ancora una volta, ma non ci feci caso. Dovevo alzarmi.
Mi misi a sedere finché non sentii una fastidiosa sensazione al petto, me lo tastai con una mano e con disappunto notai che le costole si stavano muovendo un po' troppo per poter essere definite "sane". Poggiando di nuovo le mani a terra, presi un enorme respiro e con diversi piccoli schiocchi sentii le mia gabbia toracica rinsaldarsi a poco a poco. Mi rimisi in piedi fissando torvo la cima del palazzo da cui ero caduto, rassettai un minimo la mia casacca e poi ripresi ad ascendere verso il luogo dello scontro.
Con mia somma soddisfazione della statua non rimanevano che macerie sparse qua e là. Della Prole invece non vi era alcuna traccia. Aggrottai la fronte, abbastanza preoccupato, e cominciai a volare attorno alla zona cercando un minimo segno della sua presenza. Se quella puttana se l'era data a gambe, non sarei stato tanto amichevole la prossima volta. Ero disceso nelle profondità della terra per cercarla, mi ero battuto con un cazzo di golem a causa sua, e ora non l'avrei lasciata andare senza aver ottenuto le risposte che volevo. Notai una piccola figura, distesa in uno dei vicoli accanto al palazzo; bestemmiando a mezza voce mi lanciai verso il basso. La Prola giaceva scomposta nella polvere, gli occhi che fissavano vacuamente il cielo e il petto si alzava ed abbassava debolmente. Appena atterrai mosse lo sguardo verso di me, piegando le labbra in un sorriso.

"Temo che l'ultimo colpo fosse un po' troppo per questo corpo..."

Incrociai le braccia, annoiato, e la fissai con disappunto.

"Potresti perlomeno sceglierti indumenti meno gracili!"

Quella rise divertita. Dalla bocca cominciò a fuoriuscire del sangue che lei sputacchiò qua e là a causa delle risate.

"Lo so, lo so... ma non ho saputo resistere!"

Calò qualche attimo di silenzio tra noi due. Solo in quel momento mi resi davvero conto di avere davanti agli occhi (si fa per dire...) un Primogeno, l'unico essere che potrei davvero considerare un mio simile., uno dei miei vecchi compagni. L'improvviso combattimento mi aveva impedito di rifletterci lucidamente ma... cosa ci si dice dopo secoli di ostilità?
Probabilmente il minimo necessario.

"Ho delle domande per te?"

"Oh lo so! Cerchi gli altri, vero? Probabilmente loro stanno facendo lo stesso con te."

Aggrottai la fronte, innervosito, chinandomi su di lei. Non avevo calcolato quella possibilità...

"Ma temo che al momento il tempo a nostra disposizione stia scadendo... e le cose su cui ti devo mettere al corrente sono molte.
Ma non temere, Artista, la prossima volta sarò io a trovare te..."


L'ultima frase parve stranamente simile ad una minaccia piuttosto che ad un offerta di aiuto. Ma non riuscii a non soffermarmi su una domanda.

"Sembri molto disponibile ad aiutarmi. Perché?"

Ero giunto nel Dortan per il suo aiuto, ma ero convinto di doverla costringerla a farlo. E invece lei si offriva con una disponibilità che mal si accordava al ricordo che avevo della Prole.
Quella rise di nuovo alla mia domanda e altro sangue fluì al di fuori della sua bocca.

"Sei nuovo al Grande Gioco! Un pezzo importante, e mi piacerebbe averti dalla mia parte della scacchiera."

Ancora un momento di silenzio. Nessuno di noi due pareva intenzionato a prendere la parola, quand'ecco che lei sputò un fiotto di sangue in quello che sembrava uno sbuffo.

"Questa mocciosa ci sta mettendo una vita! Ti dispiacerebbe?"

"Con piacere."

Poggiai un piede sulla gola della Prole e cominciai a premere.
Ciò che mi aveva appena detto, sul Grande Gioco e sul volermi usare, mi diede da pensare. Non avevo mai sentito prima di allora quel termine, ma probabilmente era il nome che gli altri avevano dato a qualcosa nato negli ultimi tempi; ci era sempre piaciuto dare dei nomi alle cose, del resto il termine Primogeni non era nato mica da solo.
La parte sul fatto di usarmi invece era, ironicamente, l'unica che mi dava un certo senso di sicurezza: manipolare e sfruttare gli altri erano da sempre ciò che la Prole preferiva, ciò in cui spiccava, e se quello era il suo motivo potevo star certo che almeno in quello era sincera. Sapeva perfettamente quanto avessi bisogno di lei. Anche a costo di giocare il ruolo di suo pedina.
Finalmente il suono del suo collo spezzato giunse alle mie orecchie ed io abbandonai il cadavere della bambina per dirigermi in strada. Levai lo sguardo verso l'alto in direzione della voragine da io e il resto del gruppo eravamo entrati. Ero abbastanza sicuro che se mi fossi anche solo azzardato ad avvicinarmicisi, mi sarei trovato circondato da altri simpaticoni di pietra in un battito di ciglia. Mi ritrovai a fissare l'enorme costruzione rettangolare che svettava sulla città; un edificio del genere non poteva che essere la base di qualunque cosa stesse accadendo laggiù (o almeno così speravo!). Il piano quindi era semplice quanto poco fattibile: entrare là dentro, staccare la testa di qualunque cosa tenesse in piedi quella città sotterranea e poi andarmene. Non un gran piano, ma al momento era tutto ciò che avevo.
Con uno scatto cominciai a volare per le strade tenendomi a raso terra in modo da evitare di essere un facile bersaglio per chiunque mi stesse cercando dall'esplosione. Quando mi ritenni sufficientemente vicino alla struttura mi sollevai di diversi metri volando al di sopra dei tetti per poi fermarmi quasi subito, sorpreso. Davanti ai miei occhi era improvvisamente comparsa una lunga cinta di mura (anche se ero piuttosto sicuro che quelle dovettere trovarsi nella direzione opposta verso la quale andavo), ma purtroppo non fu l'unica sorpresa. Diverse statue volteggiavano in aria e si erano voltate a fissarmi con i loro freddi occhi di pietra. Strinsi i denti, un po' intimorito, ma riuscii a calmarmi notando che quelle non parevano avere intenzione di attaccarmi. Si limitavano a fluttuare al di sopra della piazza sottostante dove un duello era in atto. Uno dei due combattenti era un cavaliere biondo in armatura, il tipico stereotipo da cavaliere mortale, mentre l'altro era... il mercenario! Uno di quelli che erano caduti con me nella voragine. A meno che gli umani non avessero imparato a volare negli ultimi secoli, non avevo la più pallida idea di come fosse riuscito a sopravvivere alla caduta; ma al momento non me ne importava niente. Ero solo felice che ci fosse lì lui a prendersi tutte le attenzioni della piazza. E che mi offrisse la schiena del cavaliere...
Con un movimento del polso mossi i bracciali che portavo e due lunghe lame ricurve per braccio comparvero in tutta la loro gloria mentre mi muovevo attorno allo scontro cercando il punto perfetto per colpire. Non si erano ancora accorti di me, sarebbe stato una cosa veloce.

"Se cado qui, come guardiano delle bianche mura, tu e questi uomini avrete salva la vita.
Entrerete nel palazzo del mio Re e tenterete di scappare da questo luogo, facendolo crollare su sé stesso e uccidendo centinaia di innocenti. Ma se sarò io a vincere, noi tutti saremo presi dagli invincibili protettori del Cuore.
E il sogno di Basiledra continuerà a vivere finché io avrò la forza di proteggerlo.
Forza, ora. Prova a superare questo muro. Se ci riesci."


Sorrisi e la mia voce risuonò alta nella piazza.

"Accettato!"

Come un aquila che punta la preda mi gettai con le lame sguainate contro il fianco del cavaliere. Solo allora il mio alleato parve notarmi.

"FERMO! Se interrompi il duello, le statue attaccheranno! "

Ebbi appena il tempo di sentirlo, ma bastò. Scartai il cavaliere passandogli a fianco per risollevarmi a qualche metro d'altezza, a metà tra i due. Non mi fidavo propriamente della parola di un mercenario umano, ma se c'era il rischio di trovarmi addosso uno stormo di angeli di pietra, preferivo evitarlo ad ogni costo. Non ero abbastanza potente per poterli sconfiggere tutti. Non ancora perlomeno...
Mi limitai quindi a fissare dapprima annoiato, e poi incuriosito, lo scontro. Quei due umani non si limitavano a combattere con le armi ma modificavano anche la realtà attorno a loro per avvantaggiarsi nel combattimento. Ne risultò fuori un duello che forse solo l'Ingannatore avrebbe potuto superare in termini di stranezza. Un piacevole spettacolo dopotutto, la cui unica pecca era l'ovvia superiorità del cavaliere. Il mercenario non sarebbe durato molto, dovevo trovare un modo per levarmi da quella situazione.
E d'un tratto ecco lo spiraglio che cercavo: il terreno si mosse come un mappamondo e le mura crollarono su sé stesse per scomparire definitivamente. Nessuna maceria, niente di niente; persino il terreno era tornato a posto. E l'entrata era per il palazzo era proprio lì.
Con un sorriso scattai verso di essa con l'intenzione di inoltrarmi in quella che speravo fosse la base di quell'enorme illusione. Le lame era ancora pronte a colpire, non le avevo nemmeno fatte rientrare. Avevo come la sensazione che sarebbero servite.



L'Artista


- Basso: 5% - Medio: 10% - Alto 20% - Critico: 40%

Fisico: 65%-20%-10%+20%= 55%

Mente: 65%-10%= 55%

Energia: 80%-20%= 60%


Passive:
- Può trasformarsi in una creatura mostruosa di notte (6)
- Capacità di volare (2)
- Insensibilità al dolore (4)
- Compiere azioni con forza sovrumana (5)
- Rende guarigione di potenza pari a consumo (4)

Attive:

I Will Never Die
L'esperienza ha po insegnato a Raell un'altro modo di utilizzare la propria arte: la cura. Tramite i suoi poteri può infatti suturare le proprie ferite e ricomporre le proprie fratture con una facilità disarmante, rendendolo quindi un nemico molto ostico a causa della sua autorigenerazione. Potrebbe anche usare questa capacità su qualcun'altro, ma accade davvero raramente; non appena tocca qualcuno di solito si lascia prendere la mano...
[Pergamena Campione "Guarigione Vigorosa": Passiva, Rende tecnica di guarigione di potenza pari al consumo (6) - Pergamena Campione "Cura Incisiva": Natura Magica, Consumo Alto di Energia, Cura Media Alta a Fisico]


Note:

Scusate il ritardo! Subisco in pieno il danno dell'esplosione ma mi curo subito dopo(usando la passiva della potenza di cura pari al consumo), resisto alla stretta del leviatano pagando un medio al fisico e alla mente, parlo un po' con La Prola e l'ammazzo (anche se non nel senso più stretto del termine). Da inizio turno ho anche usato la passiva di volo per muovermi in aria questo turno e la passiva di insensibilità al dolore per non risentire molto la caduta. Vado da Njorth, lo ascolto e quando la zona limbo svanisce mi fiondo verso il Cuore di Marmo.

 
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view post Posted on 4/6/2016, 14:24
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Il tempo è la sostanza di cui sono fatto.
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La katana si conficcò nel collo del costrutto, che parlò con voce metallica.
Io sono morto per lui. Perché non lo hai protetto, quando ne aveva più bisogno?
Montu guardò il corpo di Belphegor liquefarsi e unirsi alla melma del tunnel, poi ricordò la notizia della morte di Re Julien per mano di Mathias Lorch, della vigliacca fuga di Caino, la rivelazione di Ludmilla mesi dopo e il viaggio verso il nascondiglio del ragazzo, ancora vivo.
L’ho protetto quando era Basiledra ad averne bisogno.
Vide la spada di Medeo abbattersi ad un centimetro dal viso del Re, la richiesta di Julien di poter sparire nell’ombra perché Ladeca non aveva più bisogno di un Sovrano ma di un Parlamento democratico.
Lo proteggo ora che Ladeca cerca di dimenticarlo.
Due frasi sussurrate al cuore di chi non esisteva, due verità incise nel cervello per impedire che le menzogne del costrutto lo facessero impazzire.
Poi Lena corse accanto a lui, l’aveva visto trasformarsi, si era pentita di averlo portato con lei?
Non è morto. Il guerriero mi ha detto che lo stava combattendo da due giorni, ogni volta che viene sconfitto risorge dopo circa venti minuti.
Due giorni contro quel costrutto? Quell’uomo doveva essere veramente potente, lui e quella spada di luce che aveva. Lena continuò a parargli, gli raccontò di Morgan, della crepa nel cielo che si vedeva dal foro, delle uniche possibilità di fuga: portare in superficie uno dei due adulti, entrambi i bambini o modificare l’illusione e salire tutti insieme direttamente nel Cuore di Marmo. Era impossibile lasciare i due ragazzini nel tunnel con Belphegor, specie perché il guerriero sarebbe potuto essere più utile in superficie che laggiù, ma altrettanto impensabile era portarli in superficie ed esporli a chissà quali pericoli.
Dovremo salire tutti insieme, modificando l’illusione.
Voi dovete mantenere le forze, potremmo dover combattere contro il Re. Penserò io ad aprire un sentiero verso il Cuore di Marmo; ma vi avverto, rimpiango molte cose del mio passato.
Un rischio che dovevano correre.
Lena si concentrò per pochi secondi, poi le pareti del tunnel iniziarono a tremare e si aprì un passaggio completamente immerso nell’oscurità.
Mi ci vorrà ancora un po’ prima di riacquistare completamente le forze, ma proteggerò io i bambini.
Già, i bambini, erano terrorizzati e si stringevano ai fianchi dell’uomo guardandosi attorno.
Andiamo.
Alla fine del nuovo tunnel una luce spingeva il gruppo ad avanzare finchè, una volta raggiunta, Montu, l’uomo senza nome e i bambini si ritrovarono seduti su una panca senza trovare Lena al loro fianco.
Si guardarono attorno preoccupati, il Demone portò d’istinto la mano sull’elsa della spada ma quando gli occhi si abituarono alla luce si rese conto di essere in una chiesa gremita di persone. Un Corvo sull’altare guardava verso la navata centrale con accanto un uomo vestito elegantemente, quest’ultimo aveva gli occhi lucidi e un sorriso estasiato disegnato sul volto. L’Eterno si voltò e vide entrare, accompagnata da un uomo piuttosto anziano, Lena. Molto più giovane, senza la sua bellissima treccia, con indosso un umile abito bianco. Un matrimonio. Il suo matrimonio.
Ma chi era l’uomo sull’altare? Seguì con lo sguardo l’investigatrice che non lo notò nemmeno, poi chiese ad un’anziana signora seduta accanto a lui:
Chi si sposa?
Il mio bel Christopher e la sua fidanzata Madeleine! Chi altri? Peccato che i genitori di lei non siano venuti, lei ne sa qualcosa? La ragazza non ha mai voluto parlarne.
Montu era sempre più confuso:
Madeleine…? Lena?
Chi?
Lena, maledizione. Il Demone si alzò e seguì la sposa lungo la navata mentre gli occhi confusi del guerriero e dei bambini osservavano tutta la scena; la donna lo notò dopo qualche metro, si scusò con l’uomo che la accompagnava e poi si rivolse a Montu senza dare segni di averlo riconosciuto.
Scusatemi, sarei troppo scortese a chiedervi di aspettare seduto?
Era raggiante.
Certamente avremo occasione di parlare più tardi.
No, non poteva aspettare.
Lena… cosa stai facendo? Tutto questo non è reale!
Doveva credergli!
Chi… chi è lei? Cosa vuole?
Un nitrito proveniente dall’esterno distrasse tutti, poi i vetri decorati esplosero e all’interno della chiesa piovvero non morti e scheletri che iniziarono a massacrare gli invitati alla funzione.
Dai loro occhi, dalle loro bocche, perfino dalle loro orecchie colava la vischiosa sostanza nera; in un secondo le aberrazioni raggiunsero i bambini, prontamente fermati dal guerriero che ne decapitava uno dopo l’altro.
Lena era paralizzata dallo spavento, e Montu freddò con un colpo alla testa un mostro un attimo prima che questo la raggiungesse.
Poi l’occhio del Demone venne attratto da un uomo a cavallo, all’esterno della chiesa, che completamente avvolto da un mantello nero partì al galoppo. Era lui la causa di tutto quello che stava succedendo?
L’Eterno partì nuovamente in volo, sopra le teste dei non morti che tentavano invano di raggiungerlo, protesse Lena, i bambini e l’uomo creando delle finte colonne intorno ai loro corpi, sperando che i mostri non si rendessero conto dell’illusione ed evitassero di attaccare i pilastri di roccia.
Uscito dalla chiesa impugnò ancora la pistola e fece fuoco, non verso l’uomo ma verso il suo cavallo.
Centro perfetto, l’animale stramazzò a terra ma l’uomo con un acrobazia riuscì a cadere in piedi e non appena Montu gli fu vicino estrasse una sottile lama da un bastone e tentò di piantargliela nel cuore.
L’Eterno deviò il colpo con il piatto della katana ma prima che potesse contrattaccare un colpo di pistola lo atterrò: Madeleine si avvicinava ai due a passo spedito, ad ogni passo i suoi capelli crescevano e si raccoglievano nella treccia, il suo viso invecchiava e i suoi occhi cambiavano espressione. Quando raggiunse i due, zoppicante e coperta di sangue, scaricò il caricatore della sua pistola nel cranio dell’uomo poi scoppiò a piangere. Continuava a premere il grilletto e il cane batteva a vuoto sul metallo dell’arma.
Singhiozzava il nome di quel giovane che l’attendeva sull’altare.
Montu la abbracciò, entrambi in ginocchio, mentre l’illusione collassava su sé stessa e si apriva una scalinata verso il Cuore di Marmo. Il guerriero li raggiunse, con qualche nuova ferita sul corpo ma con i bambini illesi.
Lena, cos’è successo?
Il Re avrebbe pagato per tutto.



Energia: 70 -20 =50%
Fisico: 70 -10 =60%
Mente: 65 -10 =55%
Riserva CS: 4 [+21 Forza, +1 Velocità, +1 Intelligenza, +31 Maestria nell’uso delle Armi, +32 Mira]

Equipaggiamento:
Shokan
Pistola

Armature:
Pelle Coriacea [Arma Naturale]
Guanti di pelle di Drago

Oggetti:
Biglia Stordente: 1
Biglia Tossica: 1
Biglia Deflagrante: 1
Corallo [+1 Forza, +1 Velocità, +2 Maestria nell’uso delle Armi]
Corallo [+2 Forza, +1 Velocità, +1 Intelligenza]
Gemma della Trasformazione
[Anello del Tuttofare - Immortalità]

Pergamene Usate:
Illusione amplificata fortificante. Consumo Energetico: Alto (20%)
Il mentalista crea sul campo di battaglia un'immagine che inganna tutti i cinque sensi, in grado di spostarsi ed emettere suoni, e che può essere percepita da tutte le persone sul campo di battaglia, invece che solamente da una. Tale illusione può rappresentare una persona, una creatura, un avvenimento o persino modificare l'aspetto del campo di battaglia stesso per intero. Influenza tutti i presenti, per un turno. Inoltre, al momento del lancio di questa illusione, il mentalista aggiunge 4CS (+3 Mira +1 Maestria nell'uso delle Armi) alla propria riserva, come se trasportasse l'avversario in un mondo nel quale lui è più potente.

Abilità Usate:
//

Passive Usate Montu:
Immortalità. Passiva (Numero di utilizzi: ∞)
Il Demone sfonda lui stesso la barriera della non vita, divenendo un immortale e sconfiggendo la morte una volta per tutte.
La tecnica ha natura magica e conta come un'abilità passiva - si potrà dunque beneficiare dei suoi effetti in qualsiasi momento nel corso di una giocata. Il caster diviene a tutti gli effetti immortale, rimanendo in vita indipendentemente dalla quantità di danni subiti. Non potrà comunque continuare a combattere con una somma di danni mortali sul corpo, non sarà immune al dolore né agli effetti dei danni - ad esempio, con una gamba spezzata non potrà camminare. La tecnica garantisce una difesa dalle scene in cui è possibile perdere il proprio personaggio o al termine di un duello con Player Killing attivo: i personaggi possedenti questa passiva non potranno essere uccisi in nessun caso.
[Il Demone potrebbe comunque essere ucciso qualora gli si cavassero gli occhi]

» Intuito: abituati da sempre a barcamenarsi tra i rischi del continente, i possessori di questo talento hanno sviluppato un intuito fuori dal comune che gli permette, con una semplice occhiata ad un interlocutore, di capire cosa sia in grado di fare, di fatto apprendendone la classe e il talento di appartenenza. (Numero di utilizzi: 5)

» Scetticismo: una delle capacità che sviluppano i possessori di questo talento è l'intuito: essi avranno una comprensione del mondo che li circonda superiore al normale ed una capacità di deduzione ben maggiore di quella di qualsiasi altra persona. Per questa ragione nel caso in cui essi si dovessero trovare innanzi ad una illusione sarebbero sempre in grado di dubitare di essa, e con il consumo di un utilizzo. I possessori del talento semplicemente non si lasceranno ingannare dalle più banali illusioni, affidandosi alla loro esperienza per discernere il reale da ciò che non lo è. (Numero di utilizzi: 43)

[16/25] Fiducia. Passiva (Numero di utilizzi: 54)
Montu può rendere le sue parole estremamente convincenti, facendo credere a chiunque lo ascolti che dica sempre il vero. Tale abilità può essere applicata anche alle scelte che il Demone compie, rendendole agli occhi degli altri sempre le migliori possibili.

[15/25] Telepatia. Passiva (Numero di utilizzi: 4)
Montu può comunicare telepaticamente con chiunque, purchè il suo interlocutore non sia eccessivamente lontano. Ostacoli fisici -quali possono essere muri, vetri, persone etc.- non precludono la possibilità di usare la telepatia.

Forma demoniaca [Per alcune razze di Theras, il concetto di "forma" è limitato. I demoni possono apparire agli altri sia con l'aspetto di umani qualunque che con la forma più consona di creature mostruose come li si rappresenta solitamente, a seconda della necessità. Consumando un utilizzo di questa passiva e soltanto se durante la notte, una progenie dei demoni può assumere una forma che manifesti la sua discendenza: per alcuni si tratterà di trasformarsi in un mostro vero e proprio, mentre per altri di assumerne solo alcuni tratti tipici (corna, ali, ecc.).] (Numero di utilizzi: 5)

[14/25] Volo. Passiva (Numero di utilizzi: 43)
La naturale capacità del Demone di volare grazie alle sue ali è permeata nella sua forma umana, permettendo così a Montu di levitare anche quando non appare con il suo vero aspetto.


Note: Eccomi, perdonatemi per il ritardo. Qualche precisazione: consumo il 10% sia al Fisico che alla Mente per contrastare la Stretta del Leviatano, uso come specificato in Confronto 1CS in Mira per colpire il cavallo poi consumo 4CS (1 Intelligenza, 2 Maestria nell'uso delle armi, 1 Forza) per intuire il colpo, muovere velocemente la katana e imprimere la giusta forza per parare il fendente dell'uomo.
 
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14 replies since 2/5/2016, 19:16   414 views
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