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Bailamme ~ Frammenti

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Jecht
view post Posted on 24/10/2019, 20:53




Un passo avanti all'altro.
Camminava da così tanto tempo da aver perso ogni memoria della partenza.
Settimane? Neanche a chiederlo.
Mesi? Probabile.
Anni? Chissà.


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Deserto dei See
Bailamme ~ Frammenti


Aveva visto il sole sorgere e tramontare un'infinità di volte durante il suo pellegrinaggio. Aveva visto la neve depositarsi sulla punta delle montagne, le foglie scivolare dolcemente sulle acque dei fiumi, le spighe d'erba farsi spazio nel mosaico di pietre dei sentieri, il vento muovere le fronte e portarsi con sé le foglie ingiallite degli alberi, i profumi della foresta, i soffioni dei campi. E ora, distante nel tempo, lontano nei ricordi, non vi era altro che sabbia, sabbia e perdizione. Si estendeva davanti ai suoi occhi per chilometri, fine come polvere, sollevata da un vento leggero e caldo, quasi a seguire i suoi movimenti. Vedeva sabbia davanti a sé e avrebbe visto sabbia anche qualora avesse voltato lo sguardo; mai avrebbe osato, i suoi occhi miravano dritto in avanti, in un quel sentiero che aveva scelto, scavato da una volontà ferrea, incrollabile.
Nella sua mente non vi era alcun pensiero, solo il più basilare dei comandi: un piede avanti all'altro. E così faceva e ogni volta la carne affondava nella sabbia, il carico tintinnava e i muscoli bruciavano. Ormai non sentiva più neanche la stanchezza, per quella avrebbe dovuto attivare delle meningi che ormai da tempo si erano estraniate. Era un corpo vuoto che si muoveva a ritmo cadenzato, senza mai una falla, senza mai un sussulto. Dietro di lui lasciava un solco profondo, scavato dall'enorme telo di iuta che usava come sacco e che si trascinava sin dal principio; un sacco macchiato da un misto nauseante di sangue, fango e sporcizia. Lo scampanellare prodotto dal suo contenuto risuonava nelle orecchie del Berserker ormai come una cantilena; avrebbe giurato di averci sentito un ritmo preciso, una melodia di morte, un requiem per una condanna. La sua? Aveva forse importanza? Avrebbe continuato a camminare in ogni caso.

L'alba si era levata da pochi minuti. L'orizzonte, sfocato dall'afa cocente, mostrava sfumature meravigliose, in un gradiente che dal giallo pallido sfociava in un azzurro sereno come l'oceano. Le nuvole - dense e paffute - lasciavano che i raggi del sole vi filtrassero attraverso, colorandole di rossi e verdi, affinché si mescolassero ai gialli e azzurri del cielo. Era uno spettacolo tanto meraviglioso quanto terribile poiché affiancato da una sensazione che avrebbe rivoltato le viscere di chiunque. Ad ogni passo, l'uomo sentiva una pressione sempre maggiore, qualcosa che nulla aveva a che vedere con la prostrazione della carne e dei muscoli, come se la gravità tutt'a un tratto avesse deciso di punirlo, costringerlo alla resa. Continuò con un piede avanti all'altro, tremolante come una foglia, finché non scavò l'ultima orma sul deserto.
Le nuvole sopra di lui si aprirono, mentre una folata di vento tiepido danzava attorno a lui, cullandolo in un trasporto che presto lo avrebbe tradito con una frustata alla schiena. Cedette e il ginocchio sinistro affondò anch'egli sulla sabbia, il capo chino in una posa di prostrazione e rispetto per ciò che a lungo si era celato ai suoi occhi e che ora finalmente aveva deciso di mostrarsi.
Quando alzò lo sguardo, di fronte a lui vi era ora la figura sfumata di un gigantesco toro nero. Una figura senza bordi, fumosa, come una nebbia nelle tenebre che dal basso si innalza al cielo, un nera fiamma di potere, altezzosità e presunzione, sotto le cui corna appuntite si mostravano ben chiari due occhi bianchi come il vuoto.

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«Mi disturbi nel momento sbagliato, Berserker.»
Il tono della creatura era secco, tanto da non lasciar spazio ad alcuna trattativa ma Rekres sapeva chi aveva scomodato, quale essere avesse di fronte; sapeva che se non avesse voluto essere lì in quel momento, a quest'ora il guerriero starebbe muovendo un nuovo passo in avanti.
Non disse una parola, si imitò a fissarlo negli occhi, tanto da notare quegli orribili occhi bianchi spostarsi sulla sagoma del sacco che portava alle spalle.
«Avanti, cosa mi hai portato?»
L'uomo si limitò a lasciare la presa che teneva congiunti i quattro angoli del telo, lasciando che il vento pressante ne svelasse il contenuto. Rapidamente, teschi, ossa e vertebre si rivelarono, accatastati come trofei che il Berserker avrebbe preferito non raccogliere. Contarli era impossibile, erano una montagna di degno rispetto, il risultato di una mattanza notevole. Rekres preferì non voltarsi a guardare, rimase lì - lo sguardo ormai chino dalla vergogna - ripeteva a mente il suo mantra, parte del raccolto.

La tibia di Rakal, il teschio di Fenneth,
la scapola di Lurk, il polso di Sitha,
la mandibola di Tarker, il femore di Thomund,
il perone di Jiskal, la costola di Ruth...


«Pelleverde, banditi, assassini, demoni... La tua spada è senza riposo, guerriero.»
Il tono era improvvisamente cambiato, nelle sue parole si celava la voce dello scherno, come se vi fosse una consapevolezza tale da rendere il Berserker ridicolo ai suoi occhi.
«Ti sei dato un bel da fare, abbastanza da attirare l'attenzione di un Daimon. »
Rekres conosceva bene Greion e la sua ossessione per la battaglia e la dimostrazione di forza, sapeva che quello era l'unico modo per evocarlo, anche a costo di riempire le sue mani di nuovi calli e il suo corpo di nuove cicatrici. La sua determinazione non vacillava, neanche di fronte a un essere ancestrale; aveva la sua domanda senza risposta e intendeva porla.
«Voglio-»
«Taci.»
La pressione sul corpo del guerriero si fece ancora più intensa; l'ossigeno si fece rarefatto, tanto da togliergli il respiro. Sentì i muscoli infiammarsi, i timpani riempirsi dalla cagnara di battaglie indistinte e perdute, le ossa inclinarsi e le viscere contorcersi. Non vi era modo di resistere a quella furia e anche il secondo ginocchio fece la fine del primo.
«So bene cosa vuoi...» Tornò il fare sornione e i nervi del guerriero per poco non gli schizzarono dal naso. «... e lo trovo esilarante. E pensare che hai già tutte le informazioni di cui hai bisogno, eppure sei così cieco e sordo da aver nascosto tutto nei meandri più reconditi della tua anima.» Il toro nero si accasciò al suolo, annoiato e divertito dallo spettacolo pietoso che aveva di fronte. «Che spettacolo vederti partire per il tuo pellegrinaggio, sguainare la spada e mietere vittime al solo scopo di parlare con me, così che io potessi dirti ciò che già dovresti sapere.»
Dalla figura del Daimon si levarono delle grossa risa mentre il Berserker rimaneva intrappolato nella sua ignoranza. Aveva gli occhi incendiati dalla rabbia e dall'umiliazione e le sue mani tremavano al pensiero di non poter fare nulla per riabilitare il suo nome. Era un guerriero imbattuto e dalla forza osannata, eppure non era altro che un moscerino di fronte alla potenza sterminata di un Dio. E non capiva, ciò che era peggio è che non aveva la minima idea di cosa stesse dicendo, del perché si stesse facendo beffa di lui, di cosa sapesse di tanto vitale da metterlo in ridicolo.

Aveva compreso da tempo di aver perso la memoria, era lì proprio per quel motivo. Poco prima di incamminarsi in quell'assurdo viaggio, aveva cominciato a fare sogni che narravano di un passato lontano. Inizialmente non erano nient'altro che sogni, ammassi di situazioni ricuci a casaccio nel suo cervello ma col tempo quei sogni divennero ricordi, i ricordi esperienze e quelle esperienze cominciarono ad infiammargli il petto, a bagnargli gli zigomi di lacrime che mai - altrimenti - avrebbe versato. Memore di un clan a cui lui stesso aveva messo fine, ricordi di una torre in cui aveva visto la morte, il volto di un viso familiare, di un amore dimenticato, di una ricerca terminata in tragedia.
«Il ragazzo...» Digrignò i denti, il potere del Daimon lo opprimeva senza tregua e ogni parola sussurrata era come una pugnalata alla gola. «Dimmi almeno del ragazzo.»
Nuove risa di levarono, questa volta ben più rumorose delle prime; per essere una creatura incapace di provare sentimenti, sapeva essere dannatamente chiassosa.
«Parli forse dell'arma che ti ostini a portarti dietro? Oh sì, la chiami Sudit, no? E tu saresti... AH, sì, Rekres.»
Quelle erano più che semplici parole. Le parole di un Daimon potevano tessere nuove trame, talvolta ricucire vecchi ricordi. Il Berserker venne abbagliato dal ricordo nell'Oneiron, quando firmò col suo sangue il contratto che lo avrebbe riportato nel mondo dei mortali. Si ritrovò come proiettato in un tunnel stretto e caldo, come se fosse stato ricacciato nuovamente fuori dall'utero della madre, una sensazione nauseante e disgustosa in cui bruciava ardente l'ultima cosa che aveva visto in quel mondo di dannati: il suo nome, ormai specchiato: Rekres Rebth Cej.
«Dimenticare il proprio nome, voi mortali siete delle creature indegne.»
«Jecht, Jecht.»

Si risvegliò come da un lungo sonno.
La mente finalmente vibrava ad una frequenza di piena chiarezza.
Non era più una iena smarrita nelle sue stesse domande, azzoppata dai dubbi e contorta nella sua ignoranza. Si alzò lentamente fissando il toro negli occhi, a sua volta compiaciuto nel vedere un vero guerriero destarsi dal suo torpore.

«Torna in piedi, Jecht il Berserker. Ora sai qual è il tuo scopo in questa battaglia.»
Poteva un toro sorridere malevolo? Non avrebbe saputo rispondere con certezza ma certo era che gli parve di vederlo con i suoi occhi.
«Hai messo fine alla vita malata di un drago,
sventrato il corpo putrefatto di un gigante non morto,
sterminato interi eserciti,
annientato il tuo stesso clan,
messo alle fiamme la tua stessa città
ma nel tuo futuro vi è qualcosa di tutt'altro livello.
»
«Ho combattuto per tutta la vita.»
«Non provare a dirmi che sei stanco, sappiamo entrambi che non è così.» Lo incalzò subito il Daimon. «E non hai scelta, lo sai bene.» Concluse beffardo.
Jecht posò una mano sul piatto del suo spadone. Per la prima volta, poteva finalmente vederci l'anima di suo figlio, Tidus. Solo ora riconobbe di averne sfruttato la lama per motivi ignobili, aveva inzuppato il proprio figlio nel sangue, lo aveva brandito per macchiarsi di atti orribili, tutto per niente. Si sentì come intiepidito al suo tatto, come se Sudit - no, Tidus - volesse rincuorarlo, dirgli quanto fosse lieto di averlo protetto.
Nell'Oneiron, Greion aveva promesso a Jecht il riposo che da guerriero aveva meritato ma la stessa sorte non era toccata al figlio. Ecco perché aveva firmato quel contratto, sarebbe tornato su Theras per portare ancora una volta il fremito della battaglia.
«Dirigiti nell'Akerat per la tua ultima battaglia e riscatterai l'anima del figlio mortale.» Il toro, dalla sua posizione rilassata, si levò nuovamente sulle zampe, pronto a voltarsi. «Anzi, va pure dove diavolo vuoi... uno come te crea scompiglio volente o nolente.»
Greion sparì lasciandosi dietro una brezza di morte e un riferimento ai Lorch e a Basiledra che l'uomo non mancò di cogliere.
Ancora una volta aveva sulle spalle il peso di molte vite ma come sempre avrebbe dato valore all'unica per cui aveva sempre combattuto.
«Andiamo, figliolo... abbiamo molto di cui parlare.»

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Stavolta vediamo di non dimenticare niente, huh ~

• Jecht cerca di portare via moglie e figlio dai territori del Clan Berserkgangr per evitargli la vita colma di tabù e guerra di cui il clan è colmo. Riesce a fuggire e a ricostruirsi una nuova vita ma il Clan lo trova e mette a fuoco la sua casa mentre Jecht è via per lavoro. Nel vedere la casa con dentro la moglie e Tidus bruciare, Jecht raggiunge un nuovo livello di furia mediante lo status Berserk e uddice l'intero Clan, rimanendo di fatto l'unico.
• Sceglie di dedicare la sua intera esistenza alla ricerca dell'Asgradel al fine di riportare in vita almeno il figlio. Comincia dunque il suo viaggio alla ricerca dell'artefatto.
• Demoralizzato dai suoi continui fallimenti, si rivolge al re Rainer il quale gli propone un'alternativa a patto di svolgere un lavoro per lui. Ingannato, Jecht si trasforma in un mostro e rade al suolo un intero villaggio nemico dell'impero del regno. Tidus, sopravvissuto all'incendio, incolpa il padre per la morte della madre e decide di assassinare il padre, ormai divenuto un mostro.
• Scoperte le vere intenzioni del padre, Tidus sceglie sì di uccidere il padre ma questa volta con l'intenzione di liberarlo dalla maledizione. Dopo aver inferto il colpo decisivo, muore pugnalato alle spalle da uno dei suoi mercenari.
• Un nuovo guerriero identico a Jecht si risveglia senza memorie, il suo nome e Rekres Rebth Cej.

NEW!

• Con l'avvicinarsi del Kishin, i ricordi di Rekres iniziano a risvegliarsi. In particolare un ricordo dall'Oneiron e di Greion lo spingono ad intraprendere un pellegrinaggio per evocare il Daimon e trovare finalmente risposta ai suoi tormenti.

 
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