Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

zero, arrivo.

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view post Posted on 28/10/2019, 23:48
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«Il fatto è che —»

comincia, mentre i suoi
(storici, si può dire)
compagni di avventure (ma perlopiù disavventure) alzano gli occhi al cielo, ben sapendo come quella frase sarebbe terminata. L’aria è percorsa da allegri ma stanchi suoni, di strumenti musicali che Kei non trova per niente accordati.
Che farebbero una figura migliore come soprammobili.

«— sta arrivando la tempesta.»

Terminano la frase praticamente tutti assieme, prima di mettersi a ridere (sogghignare?). Ma non tutti, solo i tre compagni che, pur avendo sentito Kei pronunciare quella frase circa un milione di volte (al giorno, per gli ultimi venti anni), non hanno mai percepito una vera e propria tempesta. Non nel senso che intende Kei. D’accordo, gli ultimi anni non sono stati estremamente favorevoli. Soprattutto per i villaggi vicini. Insomma, quelli che rimangono ancora in piedi.
Ma essi sono vivi, insieme, e a bere. Come lamentarsi?

Kei non è di quel parere.
Di fatto puoi lasciare che niente ti sfiori, puoi vivere la tua vita al presente e non pensare né al passato, né al futuro. Puoi passare le tue serate a bere e ascoltare suoni stanchi e dissonanti.
Puoi anche andare avanti senza lasciare traccia. E i compagni di Ken sono anche ben felici di farlo, a patto che la loro birra arrivi puntuale insieme al tenue calar del sole, insieme a un paio di partite a carte e, perché no, un'occasionale fumata in compagnia.
Kei non è di quel parere.

«Se quelle vostre teste di cazzo mi stessero a sentire, una buona volta—»

Ma i suoi compagni stanno già ricominciando a giocare, e bere. Ancora una volta.
Tanto che la frase cade senza risposta, e tutti si dimenticano dell’osservazione.
A parte Kei, d’accordo.

-

Ad ogni modo, l’imbrunire è anche quel giorno arrivato, mentre un gracchiare di (rane?) continua a vibrare nell’aria. Kei lo sente quasi, ma è estremamente lontano, come se non provenisse davvero da quel mondo. Un tenue vento filtra dalle fessure di quella struttura, ancora in piedi per chissà quale miracolo. L’oste, Ken crede, ha costruito il tutto con l’aiuto del figlio, chissà quanto tempo prima. Ma ha mai verificato di aver fatto un lavoro completo? Probabilmente no. Anche perché gli strani rumori che vengono dagli stipiti non presagiscono niente di buono.



(bianco)

Ha quasi una strana visione, è come se non ricordasse di aver mai visto la struttura di legno che teneva in piedi la taverna. Ma è forse solo stanchezza. Ken sbuffa, prendendo in mano il suo calice, ancora mezzo pieno. La musica nell’aria continua a suonare, il rumore bianco del costante mormorio della taverna lascia a Ken il tempo di pensare a cosa può succedere, a cosa si aspetta da tempo, a cosa — «che caz—»
(buio)

Neppure il tempo di capire la successione di eventi. Tutto è buio e silenzioso, per un solo istante. Un nulla che si forma da qualcosa. Un solo istante, in cui un ultimo, breve pur rapido, pensiero illumina la mente di Kei.
Non vede la sua vita passata, non vede quella dei suoi compagni. Hanno passato

cose
(avvenimenti)

(cosa, esattamente?)
ma ora non ce n’è più traccia. Non vede nulla davanti a sè, non riesce a pensare a sè stesso in quanto tale.
Chi sei, Kei?
(è rilevante?)

Un istante per capire che non è mai successo nulla prima di quella sera per lui. E non succedendo nulla, non c’è mai stato nulla.
Probabilmente, il significato delle loro vite è dato solamente in relazione dell’arrivo della tempesta.
Tutto il passato, non ha più importanza. Non è mai successo.

(tutto sbiadisce)

Essi sono un contorno, una decina di righe in qualche pagina narrante gli avvenimenti di quella sera.
Probabilmente, pensa in un ultimo, sfuggente sospiro, non siamo mai esistiti davvero.

(vuoto)

Di Kei si ritrova solo la testa, lontano.
Viso deformato in una specie di sorriso, perché alla fine, la tempesta è arrivata.
E con essa, la sua raison d'être.

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