Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Il Lascito degli Dèi ~Something new, Something old

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view post Posted on 4/11/2019, 12:58
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Regni del Leviatano - somewhere

Il prato è un campo di fiori che si estende dalla strada all’orizzonte. Ogni giorno il sole sorge e tramonta, il vento sparge i petali tra l’erba e i viaggiatori si soffermano solo distrattamente a chiedersi cosa siano quelle pietre bianche che sembrano gettate a terra senza un vero e proprio ordine. Alcuni, i più anziani, quelli che ormai non possono più cavalcare, ricordano un piccolo mausoleo eretto qui anni prima, chissà da chi, chissà in memoria di cosa. Una mezza ala di pietra è ormai divorata dall’edera e dalle radici di un albero. I bambini dei villaggi vicini si spingono fino a qui a giocare, fingendosi cavalieri intenti ad espugnare una fortezza. Di tanto in tanto gli amanti, nelle notti stellate, si sdraiano a contemplare il cielo terso. Qualcuno ha sussurrato loro che questo luogo è di buon auspicio, che chi si scambia una promessa d’amore su quelle ampie piastrelle sbeccate ha davanti a sé un futuro di gioia.
Capita che qualche cavaliere raccolga un mazzo di quei fiori per la sua amata, di ritorno dalla guerra, o che semplicemente sosti per pisciare.
Il sole sorge, tramonta, sorge di nuovo. L’inverno caparbio erode gli spigoli e sibila tra le fenditure, l’estate umida si insinua nella frescura della volta ancora in piedi per metà. È un luogo tranquillo, che per puro caso le recenti guerre hanno appena toccato. Nessuno si sognerebbe di turbarlo.
Nessuno tranne Jack. In realtà si fa chiamare Wild Jack, ma questo lo sanno solo i suoi compaesani, anche perché nessuno lo conosce nei luoghi più distanti di un giorno di cammino. Lo si potrebbe definire uno dei tanti ragazzotti partiti per la guerra e tornati con qualche soldo da investire. Le vecchie sussurrano che sia stato un mercenario e che abbia compiuto le peggiori nefandezze, forse per via di quella brutta cicatrice che gli ha storpiato il labbro superiore. Certo è che tutte quelle chiacchere e quel suo brutto aspetto, insieme agli occhi color ghiaccio, alle orecchie smangiate e alle guance butterate dal vaiolo, hanno contribuito a creargli una certa fama e ora nessuno tenta di dargli fastidio.
Da quando è tornato ha vissuto quasi perennemente alla taverna, tentando di sperperare le proprie sostanze il più lentamente possibile e fallendo ben presto nell’intento. Non è mai stato bravo a tenere a memoria i numeri, soprattutto dopo un bel goccetto. Ecco quindi la necessità di procurarsi ancora qualche moneta d’oro. E si dà il caso che vicino al suo villaggio, a meno di un giorno di cammino - quindi ancora nell’area in cui nessuno avrà voglia di rompergli le palle - ci sia quel bel mausoleo mezzo distrutto in un campo di fiori. Forse gli altri contadini e mandriani non hanno idea di cosa voglia dire, ma lui certamente sì: lui ha visto altri posti come quelli, templi di vecchi e nuovi dei, sepolcri di supposti eroi. E sa che dentro si nasconde sempre qualcosa. Naturalmente se qualcuno glielo chiedesse negherebbe di avere alcuna esperienza in materia, non sono certo cose da ammettere a cuor leggero. È questo che racconterà a sua madre, ammesso riesca ancora a sentirlo abbastanza da distinguere le sue parole: le dirà che aveva una pala tra le mani e gli è venuta un’ispirazione, quella di scavare proprio accanto al pavimento di marmo. Le dirà che lui è sempre stato uno con delle intu…inta...intuimenti, insomma, che è con quelli che se la cava un uomo di mondo, che non è il caso di avvisare nessuno. Se qualcuno trova una fortuna è più che giusto che gli appartenga. Si asciuga la fronte con la manica del farsetto e sputa a terra un grumo denso di muco.
La terra è friabile, facile da domare, la sposta con gesti ampi. Non ha nemmeno il tempo di perdere la speranza: non è passata una mezz'ora che già il ferro impatta contro qualcosa di solido, legnoso. I padroni di casa si sono impegnati il minimo indispensabile. Scosta il terriccio e rivela una superficie di mogano con un intarsio in oro. Qualcosa di simile a un ghigno gli fa pendere la faccia verso sinistra: anche solo quella decorazione, opportunamente fusa, gli varrà un certo margine di permanenza dall’oste. Si rimette a lavorare alacremente, gioendo momento dopo momento: quello che poteva essere uno scrigno sepolto è in realtà una cassa lunga circa cinque piedi, abbastanza pesante da dargli qualche difficoltà a sollevarla. Qualcuno l’ha inchiodata con dei morsetti d’oro. Ridacchia tra sé: il disegno sulla superficie superiore rappresenta una grande rosa, grande abbastanza da diventare un lingotto. Chiunque si sia dimenticato qui quel tesoro è un bastardo sfortunato. Si frega le mani callose, forzando le cinghie. Uno sbuffo di polvere scivola dalle vecchie giunture e il coperchio scivola come se non avesse atteso altro.
Jack, anzi Wild Jack per gli amici, spalanca la bocca. Ci passeranno gli insetti, direbbe sua madre. Lui invece scandisce un’imprecazione a mezza voce, senza sprecare troppo fiato, cercando di pensare. In quel momento avrebbe proprio bisogno di quell’intuimento di cui prima. O di un bicchierino bello carico. Sdraiata su un letto di fiori ormai appassiti, le mani giunte in grembo, gli occhi chiusi e i capelli pettinati con cura, c’è una giovane donna di meno di trent’anni. Come fa a dirlo? Oltre che per la sua innegabile esperienza in materia di giovani donne, questa è totalmente nuda e la sua pelle liscia e tesa non può mentire. I capelli le coprono il petto, ma per il resto indossa solamente un paio di eleganti scarpe rosse.
Roba da matti.
Questo pensa Wild Jack, e non sa proprio spiegarsi come il corpo possa essersi conservato così bene, tanto che sembra essere solamente assopita. Proprio roba da matti, non certo il tesoro che si aspettava di trovare. Però, nel dubbio, pensa che potrebbe toccarla, giusto per accertarsi che non sia fatta di cera. Allunga un dito, lo poggia sulla pelle, scopre che è più tiepida di quanto si aspettasse, come se avesse la febbre, e non è certo gelida come i cadaveri che ha visto per tutta la sua non proprio brillante carriera. Un bel grattacapo. Si sfiora l’orecchio smangiato da una spadata con la mano libera. Alza lo sguardo. Abbassa lo sguardo, di scatto.
Le lunghe dita sottili della donna gli hanno stretto il polso in una morsa da cui non riesce a liberarsi. Risale lungo il braccio nudo, fino alla spalla, poi al viso. La guarda negli occhi grigio verdi che ora sono spalancati. Improvvisamente non sente più il bisogno di una soluzione.
Lei è la soluzione. È così bella da togliergli il fiato, molto più bella di quando sembrava morta, bella più di qualsiasi altra abbia mai preso con le buone o con le cattive, perfino più di quella locandiera sfacciata che avrebbe volentieri sposato lungo la via del ritorno. Viene scosso da un tremito di desiderio quando lei socchiude le labbra.


Sono…”.
Dice soltanto questo, e la sua voce è melodiosa. Si mette a sedere, senza lasciargli la mano. Lui si piega in avanti. I loro volti ora sono molto più vicini e può sentire il profumo dei suoi capelli. È curioso, pensa, che sembri appena uscita da un bagno.
…viva”.


Sul volto di lei legge confusione. Poi consapevolezza. Gli rivolge un’occhiata ammiccante, che lo fa arrossire. Lui, un uomo fatto, si sente senza armi di fronte a quella ragazza dallo sguardo che pare centenario.


Ma ti devo ringraziare” dice lei, e il suo tono non è più stupito. Raccoglie le gambe al petto, la stretta della sua mano diventa quasi una carezza, morbida. “Mi hai salvato, anche se non so come. Forse la hai sentita anche tu? Forse è per questo?


Lui non capisce. Continua a fissarla, e senza sapere perché non si ribella quando lei esce dalla cassa appoggiandosi alle sue spalle. Ora che entrambi sono in piedi si accorge di essere più alto di lei di almeno una spanna, nonostante indossi i tacchi. Pare fragile, con quel corpo dal colorito pallido. Si passa una mano tra i capelli. Gli basterebbe uno schiaffo per farla ricadere tra l’erba e il marmo, inerte, in suo potere.


O forse tu non la hai sentita?


Lui scuote il capo. Non capisce proprio cosa lei intenda. Capisce solo che lei potrebbe avere freddo. La avvolge nel proprio pastrano lurido, stupendosi di saper essere tanto gentile. Lei non commenta e anzi lo stringe sul petto con quelle piccole mani che sembrano danzare.


Come ti chiami?
Quasi balbetta. “Jack…Wild Jack”. Si sente uno stupido di fronte a lei, davanti a quel sorriso che sembra saperla lunga.
Molto bene, WILD Jack”. Si passa la lingua sulle labbra. Gli pare di intuire una risata al di sotto del suo tono di voce. “Sembra proprio che tu sia un duro”. Gli strizza l’occhio. Lui si chiede se lei intenda proprio quello che sembra. “Una vera fortuna”.


Gli avvolge le mani attorno al collo, sollevandosi a poggiare un bacio delicato all’angolo del labbro, sulla cicatrice. Non lo trova disgustoso o ripugnante. Forse è un angelo, o una creatura mandata da un dio per aiutarlo.


Hai una casa, Jack?
Annuisce.
Potresti darmi riparo per questa notte?


Lui vorrebbe risponderle che le darà riparo per ogni notte, tutte quante fino a che lui o lei avranno vita. Ma dalla bocca gli esce soltanto un fiato di imbarazzo. Annuisce velocemente. Lei gli regala un altro sorriso, avvolgente, umido, pronto per essere colto.


Molto bene Jack. Allora credo proprio che divideremo il tuo letto e che non lo racconterai a nessuno”.
Lui annuisce di nuovo mentre le prende la mano per farle strada.
Sai, Jack, sta per succedere qualcosa. Qualcosa di molto grosso. Qualcosa che potrebbe incularci tutti e non nel modo che ci piacerebbe”.
Sobbalza per quella volgarità. Lei si stringe nelle spalle, affondando nel mantello troppo ampio. Lo fa ridacchiare come uno scolaretto.
Non sono una romantica, non di solito, ma questo è un conto in sospeso, come un vecchio amante a cui non posso negarmi per quanto sia spaventosa l’idea di rivederlo”. Sospirò “Forse una volta, prima di morire intendo, me ne sarei fregata. È quello che ho fatto, in effetti. E sai che ti dico? È stata una delle mie peggiori idee”.


Ora il sorriso di lei si è trasformato in una smorfia sarcastica, dolorante. Scioglie la mano dalla sua e gli carezza la nuca. Il suo tocco è lieve, come un soffio di vento.


Allora sono fuggita. Allora credevo di essere libera. Ma ora sono diversa. Ora so cosa devo fare. Lo faccio per mia figlia”.


Fa qualche passo avanti, facendo una giravolta. I suoi passi sono leggiadri, si sentono appena, i capelli sciolti come un’onda d’ebano. Lei sospira, un sospiro che pare un canto, il sole crea ombre e luci sul suo collo nudo. Lascia cadere il manto e allarga le braccia, bagnandosi di tepore. Lui trattiene il fiato. Lei pare dimenticarsi di lui, mentre traccia figure nell’aria con le braccia e con la vita sottile. Lui pensa di non aver mai visto nulla del genere.


Hai una figlia?


Si ferma, gli rivolge un sorriso dolcemente malinconico.
Lui capisce di aver fatto la domanda sbagliata, legge il dolore dentro i suoi occhi. Ma quella debolezza passa veloce sul volto di lei, come l’ombra di una rondine in volo. Presto lascia il posto alla solita espressione, maliziosa e infantile, capricciosa.


No. Non ne ho mai avuta una”.


La sua voce grave contraddice ciò che sta dicendo. Raccoglie il mantello, se lo avvolge attorno come se improvvisamente sentisse freddo, lo affianca di nuovo, lasciando che le faccia strada. Camminano in silenzio, senza che lui trovi qualcosa di interessante da dire per quanto si impegni, fino a quando non intravedono il villaggio. Allora, d’improvviso, lei parla ancora. La voce gli giunge dalle spalle, ma pare distante miglia e miglia.


A proposito: io sono Dalys. Qualcuno mi chiamava la rosa, ne andavo fiera, ma ora non vale più nulla. Non è divertente? Avevo tutto e ora sono qui, con indosso solo questo mantello pulcioso”. Silenzio, profondo come un oceano. “Probabilmente è così che deve essere, proprio come all’inizio. Ho una cosa da chiederti, Wild Jack: visto che probabilmente morirò molto presto, morirò per sempre, potresti ricordarti di me?


Jack, solo e soltanto Jack, non osa girare la testa per verificare se le lacrime nelle sue parole le scorrano anche sulle guance.



CITAZIONE
Scena puramente introduttiva del pg che ho scelto, coordinata a quella con claudia <3
Che bello essere di nuovo in game con voi ragazzi, sono commossa.

 
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