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Il Lascito degli Dči ~ Quasi nessuno

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»Rose
view post Posted on 6/11/2019, 23:00 by: »Rose
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Regni del Leviatano – Casa di un tal Wild Jack

I contadini si dirigono verso i campi, alcuni trascinando restii cavalli da soma o carretti pericolanti. La maggior parte portano semplici casacche rattoppate e gli zoccoli, e alzano i volti cotti dal sole a guardare l’alba priva di nuvole. Hanno lavorato da prima di avere i primi peli sul petto e termineranno quando le gambe non riusciranno piů a reggerli. A casa, per i piů fortunati, una donna aspetta di mettere al mondo i loro figli e di ricucire gli strappi sulle loro ginocchia. Alcuni cantano melodie popolari che hanno imparato dai propri nonni e portano fili di fieno impigliati tra i capelli.
Tutti rivolgono un’occhiata indecifrabile alla finestra della casa di Jack, ora Wild Jack, che da parecchi giorni č chiusa solo da pesanti tende inchiodate alla bell’e meglio dove prima c’erano le persiane di legno scolorito dalla grandine invernale.
Il vento tenta pigramente di scostarle, portando all’interno il profumo dell’erba appena tagliata e il suono del campanaccio delle mucche al pascolo oltre le colline. Di tanto in tanto, attraverso uno spiraglio, si riesce a intravedere una delle uniche due stanze del casolare. La camera da letto non č come quella di tutti i contadini, non piů: qualcuno ha cambiato gli arredi e coperto il letto con un lungo drappo rosso che scivola a terra. Sopra, coperta solo dalla vita in giů, riposa una creatura che in pochi hanno visto. I bambini sussurrano che si tratti di una strega o di una creatura delle tenebre, ma gli uomini sanno bene che si tratta di una donna in carne ed ossa. L’hanno vista, per puro caso intendiamoci, farsi il bagno nell’aia. A loro discolpa, lei non faceva assolutamente nulla per nascondersi. Anzi, sollevava i lunghi capelli sopra la testa, lasciando una scia di gocce nell’aria alle proprie spalle.
A casa i braccianti avevano raccontato che doveva trattarsi di una qualche donnaccia che Jack aveva rapito al porto quando era tornato. Sulla schiena aveva un disegno che non si erano certamente soffermati a guardare. Era una rosa, certo, ma solo perché lo aveva riferito loro il cugino dell’amico di un conoscente. E non l’avevano affatto guardata in quegli occhi a mandorla color acciaio e smeraldo. Non si erano sentiti cosě vicini a lei da rivolgerle qualche parola, da desiderare di passarle la spugna sulla pelle liscia sotto i seni. Assolutamente.
No.
Piuttosto si erano lamentati con Wild Jack che lei non facesse nulla per quel villaggio a parte mangiare il loro cibo, dormire e farsi comprare alcool da bere. Quasi piů alcool degli stessi contadini al tramonto. Non si univa a loro alla taverna, naturalmente, ma sedeva sul davanzale con in mano il rozzo calice di terracotta pieno di vino scadente a cui puntualmente accompagnava una faccia insoddisfatta.
Le loro lamentele, come le onde, si erano infrante sulla pazienza del padrone di casa, che ogni volta era tornato sempre piů irritato a riferire. Ma la giovane donna sembrava imperturbabile. Forse aveva i propri modi per convincerlo ogni volta a farla restare, sebbene a tutti sembrasse impossibile che quella creatura cosě bella dividesse il letto con un uomo tanto brutto.
La voce della sua presenza era rimasta quasi segreta, condensata nelle chiacchere delle casalinghe alla fontana e nei borbottii alla taverna a cui l’oste si univa raramente, rispettoso di una cliente tanto assidua.
Ma poi era giunto il giorno della festa del raccolto, il grande falň acceso nello slargo che gli abitanti del villaggio chiamavano piazza, i dolcetti distribuiti ai bambini, la musica dei tamburelli e dei liuti. Ed era arrivata anche lei, come un uccello scappato dalla gabbia, vestita soltanto di una sottogonna, con una fascia che le avvolgeva il seno minuto. Aveva legato i capelli in una treccia e qualcuno, probabilmente Jack, le aveva donato dei braccialetti di legno grezzo che producevano un rumore secco sbattendo l’uno sull’altro quando lei si muoveva.
Si era avvicinata al fuoco.
Tutti l’avevano guardata di sbieco, pronti ad allontanarla.
Aveva alzato le braccia.


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Alcune donne si erano allontanate, altre avevano distolto lo sguardo e avevano tracciato nell’aria un gesto per esorcizzare il male.
Il liuto non aveva smesso di suonare. E lei aveva iniziato a ballare.
Tutti avevano trattenuto il fiato.
Lei era a piedi nudi ma non sollevava nemmeno un filo di polvere dalla terra battuta. Le fiamme parevano avvolgersi attorno alle sue dita, ai capelli, dentro gli occhi. Un attimo prima pareva che sarebbe caduta nel fuoco e quello dopo con un passo elegante era quasi inghiottita dalla notte. I suoi gesti disegnavano creature di luce e ombra sul terreno. La sua danza parve durare in eterno, e forse il musico prolungň appositamente la melodia e il bardo non smise di cantare.
Da allora il suo segreto non fu piů tale, nonostante fosse tornata al proprio perenne ozio. Forse il bardo aveva riconosciuto quei movimenti, ormai ricordo di antiche leggende. O forse le voci si erano diffuse, sospinte dal fuoco e dal fumo. Ma la sua presenza divenne nota al circondario, al mezzadro e alle sue guardie, ai villaggi vicini e ai mercanti itineranti. E con essa un nome, che veniva sussurrato di bocca in bocca e che per quasi nessuno aveva significato.
Quasi nessuno sapeva chi fosse Dalys.
Quasi.


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