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Il Lascito degli Dèi ~ Quasi nessuno

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»Rose
view post Posted on 12/11/2019, 22:39 by: »Rose
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Like a paper airplane


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Era piena notte, la casa era silenziosa e la strada deserta. Le tende tirate lasciavano filtrare solo la luce sfuocata delle stelle. L’uomo russava profondamente, nemmeno si accorgeva del peso lieve della donna, dei suoi lunghi capelli neri che gli ricadevano sul petto e sulla spalla, degli occhi spalancati nel buio, insonni, occhi da gatta che attende qualcosa.
Gli passava il polpastrello dell’indice dietro le orecchie e lungo il collo, tracciandone i contorni che non riusciva a vedere bene, immaginandosi come sarebbe stato lasciarsi inghiottire dal fuoco e bruciare quelle lenzuola, quell’essere inutile, quella casa, tutto il villaggio. Le capitava quasi ogni notte di ragionare sulla possibilità capricciosa di cancellarlo dall’esistenza nel tempo di un pensiero o di lasciargli addosso il proprio marchio rovente finchè avesse avuto vita, magari sopra quella brutta cicatrice o al centro del petto. Era da parecchio che non sentiva l’odore dolce della carne bruciata, simile alla pelle di un pollo lasciato sulla brace troppo a lungo.
Sospirò, chiudendo le palpebre, tentando di ricordare il passato, il tempo in cui si sedeva nuda su un trono d’oro con un bicchiere di vino in mano e chiamava i propri servi a farle aria. Allora si appoggiava ad un corpo diverso, altre mani la stringevano come se ogni volta profanassero un tempio. E lei odiava e amava al tempo stesso, ed era vittima e carnefice. Si morse il labbro inferiore, cercando di riportare ai sensi il frusciare dei fiori di ciliegio e il profumo tiepido della brezza, la seta che si insinuava tra i loro corpi appena sudati.
Tre battiti.
Potevano essere i battiti del suo cuore, che era risalito lungo la gola fin dentro le orecchie. I battiti di un sogno, del legno di un letto dimenticato.
Tre colpi.
Aprì gli occhi di scatto, l’iride scintillante nel buio. Jack non si era svegliato, sua madre che dormiva nell’altra stanza era quasi sorda e di certo non aveva udito nulla. Ma lei sapeva che qualcuno voleva entrare, qualcuno che non avrebbe aspettato. Per un attimo pensò che avrebbe potuto essere un nemico venuto a cercarla, magari un assassino. Allontanò l’idea con un sorriso divertito: nessuno a conoscenza della sua identità si sarebbe mai voluto suicidare a quel modo.
Si alzò, coperta solo dei propri capelli, i piedi nudi sul pavimento freddo, e si diresse fino alla porta. Ad ogni passo quei colpi nervosi le rimbombavano dentro, la chiamavano a sé, trascinavano la sua curiosità.
Chi. Chi sei?
Ora arrivo.
Aspettami.

Le era mancato quel brivido, quell’insicurezza. Non sapere. La sorpresa, come quando ai tempi scartava i regali di qualche amante geloso. Si strofinò le mani, pregustando il momento.
Le dita avvolsero il pomolo della maniglia.
C h i s e i?
No, non dirmelo, voglio scoprirlo da sola.
Ah no dimmelo, dimmelo prima che apra.
La porta si socchiuse, poi si spalancò di scatto. Incorniciato dal legno butterato, sullo sfondo della strada e dell’erba nera, degli aloni delle stelle, c’era lui. Non lo vedeva da tanto
troppo
tempo, eppure era quasi come se lo ricordava. Lì, in quel luogo fuori contesto, in quella notte senza che la sua presenza avesse alcun significato. Così sorprendente che avrebbe voluto mettersi le mani nei capelli. Non avrebbe mai, mai indovinato.
E per di più era arrabbiato, davvero adirato, come non lo vedeva da tempo. Come quando lei gli giocava qualche brutto scherzo e lui voleva fargliela pagare.
Squisito.


Ti ho aspettato”.
Ridacchiò.
No. Non è vero. Ma sei sempre il benvenuto”.


Alzò le braccia per aggrapparsi al suo collo. I capelli si sollevarono, rivelando la sua nudità vulnerabile. Forse l’avrebbe ridotta in cenere una volta per tutte, o forse si sarebbe lasciato convincere dalle sue dita lungo le guance, dalle sue labbra sul petto e sulla bocca. Dal suo respiro accelerato.
Finalmente.


Portami via. Io e te”.


Gli si appoggiò contro, il suo tono si fece acuto, capriccioso. Lui era sempre stato al suo fianco. Un amico, un amante, uno strumento. Lui era l’unico che fosse rimasto da allora. Lo guardò in volto con attenzione, cercò nei suoi occhi la memoria di quello che erano stati, la promessa che non sarebbe cambiato, che non sarebbe rimasta sola, che non era diventata nessuno. Trovò le loro ombre mai assopite.


Insieme per sempre”.


Cercò di attirarlo verso di sé. Non ti arrabbiare, Zephir Luxen Van Rubren. Non arrabbiarti perché sei mio e di nessun altro. Anche io sarò tua.
Solo per questa notte.
Poi possiamo parlarne.
Mi sei mancato.
Quasi.


 
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