Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Il lascito degli Dèi ~ pericolo

« Older   Newer »
  Share  
K i t a *
view post Posted on 7/11/2019, 15:41




I L   L A S C I T O   D E G L I   D E I

PERICOLO ❞.


kLux6po



Le Hooglans, terra di nessuno, terra di tutti.
Terra in cui ciascuno può chiamarsi Re e non possedere altro che polvere e roccia.
In cui per sopravvivere alle creature che la popolano dovrai imparare ad essere b e s t i a anche tu.
In cui i beni non contano niente, ma dove solo la forza potrà permetterti di vedere un’altra alba.
Lo chiameresti inferno, ma c’è chi la chiama libertà, e lo grida a gran voce.

L i b e r t à,
da tutti,
da nessuno.

Così questa terra impervia la ha accolta, diventando la sua casa. Si potrebbe commentare che un luogo come questo non sia il più adatto a una donna, ma che vere differenze ci sono rispetto alla sua casa natia, al nord?
Il sole, vi direbbe.
Un sole forte, accecante, che riscalda le montagne facendole diventare delle fornaci. Il maledetto caldo che le si appiccicava sulla pelle, inumidendola di sudore e polvere.
Sarebbe sempre stata una donna del nord, del resto.

Era iniziata come una giornata simile a tante. Insieme a un gruppo di compagni si erano mossi dall'accampamento prima dell’alba per andare a caccia. Da qualche tempo le battute si stavano rivelando scarse, ed erano costretti a spingersi molto più avanti rispetto ai percorsi abituali. Era come se gli animali si stessero muovendo, abbandonando le proprie zone in cerca di qualcosa; per questo però erano costretti a trascorrere molto più tempo lontani dal proprio territorio, esponendosi al pericolo di incontrare bande di predoni, o barbari. Non che fossero un reale problema, ma sicuramente poteva definirsi una seccatura.
Quel giorno il sole era quasi arrivato alla fine del suo percorso quando fecero ritorno al villaggio. Desiderava così tanto un bagno caldo, e si chiedeva se le avrebbero concesso di riscaldare un secchio d’acqua e isolarsi per una mezzora. Quando arrivarono però, percepì subito che c’era qualcosa di diverso, un tremito che attraversava tutto l’accampamento.
Due guardie vennero loro incontro, due grossi orchi dalla pelle del colore della montagna, con spesse cicatrici che solcavano le braccia e il viso dall’espressione dura e corrucciata. Lei si fermò a pochi metri di distanza, e loro si fecero avanti fino a fermarsi proprio di fronte al manipolo di cacciatori:
«Mama draak» esordì uno riferendosi direttamente alla donna «shaman chiede di te. Vuole vederti nel suo alloggio.» le disse,
il tono di voce profondo e rozzo di chi è abituato a far parlare solo la propria spada.
Lei corrugò le sopracciglia, sorpresa da quella richiesta, domandandosi cosa spingesse la shaman a farla chiamare non appena tornata dalla spedizione. Anche gli altri pelleverde attorno sussultarono dallo stupore, e un lieve brusio si accese alle sue spalle. Inclinò leggermente la testa di lato, gesto che fu accompagnato dalla lunga treccia bionda, che scivolò lungo la spalla. «Subito?» chiese allora, sperando ardentemente in una risposta negativa.
«Ja.» ribatté lui, accompagnando la sillaba con un cenno del grosso capo.
Sorpresa, raddrizzò la testa. L’urgenza lasciava intendere l’importanza di quel richiamo.
«Kom ons gaan» disse allora, e le due guardie si mossero, voltandosi.
Insieme il gruppo iniziò ad attraversare l’accampamento, più silenzioso e popolato del solito. Dopo brevi minuti giunsero di fronte a una grande tenda, la più grande del villaggio, e una delle guardie scostò il lembo che bloccava l’ingresso, lasciando passare il resto dei compagni.
Lei si abbassò leggermente, oltrepassando l’uscio, e spostò lo sguardo lungo l’interno. La stanza si rivelò piuttosto affollata.
Di fronte a lei, seduta su dei cuscini ampi e colorati, stava la shaman, un’orchessa dall’aria antica, la pelle di un verde scuro e lunghi capelli grigio fumo stretti in trecce ornate da sottili anelli e perle di fiume.
Sedeva con le gambe incrociate, avvolta in un pesante manto decorato a mano, e dal collo spuntava una lunga collana, con pietre colorate e lunghe zanne bianche, trofei di numerose vittorie.
Incontrò i suoi occhi e le sorrise con dolcezza, gli occhi neri e profondi come un pozzo che si socchiusero formando delle mezzelune.
Attorno a lei sedevano altre pelleverdi, più giovani ma dall’aria meno mistica.
Seduti vicino all’ingresso, invece, stavano tre uomini, dai capelli neri e la pelle chiara, vestiti con abiti semplici dalle tinte anch’esse scure.
La donna ricambiò il sorriso della shaman, accompagnandolo con un lieve inchino rispettoso, e avanzò nella stanza, voltandosi verso il gruppo di stranieri.
Questi la guardavano con interesse, e quello seduto al centro, posto leggermente più avanti rispetto ai due compagni, le sorrise con aria complice e le disse:
«È un piacere incontrarti, finalmente,
Ryellia Lancaster
».

4XoVA7s

Si irrigidì.
Quanto tempo era trascorso da quando qualcuno la aveva chiamata così.
Nessuno la usava quel nome.
Nell’accampamento era conosciuta come Mama draak, la mamma del drago.
Nessun titolo nobiliare, nessun riferimento al suo passato, al suo lignaggio, alla sua storia.
L’unica cosa che la distingueva dagli altri pelleverde era la sua capacità di interagire con i dragonidi che convivevano con le varie tribù, in special modo con il suo dragonide, Samael.
Il drago zanna, ormai raggiunge le ragguardevoli dimensioni di un grosso lupo, coda a parte, era accucciato in un angolo della tenda, sopra un ampio cuscino, e pareva sonnecchiare, tradito però dal lieve movimento della coda a contatto con il tappeto sottostante.
Ryellia deglutì, riprendendosi dopo un istante dalla sorpresa di essere riconosciuta.
Si spostò accanto alla shaman, in uno dei cuscini vuoti tra le pelleverdi presenti, e si sedette incrociando le gambe, sollevando appena la gonna di pelle.
Posò gli occhi azzurri su quelli scuri dell’uomo, che continuava a sorriderle gentilmente, aspettando con educazione che anche lei prendesse posto prima di continuare.
«Sono lieto di vederti in salute. Non eravamo certi di trovarti, ti sei nascosta con molta attenzione.» le disse, come se volesse farle un complimento.
«Evidentemente non abbastanza.» rispose lei con un sorriso, irrigidendosi nuovamente.
La presenza di quegli uomini non la rendeva tranquilla. Non riusciva a capire la loro provenienza.
Non sembravano uomini del nord, ma Aedh avrebbe potuto assoldare qualsiasi mercenario.
Possibile la cercasse ancora dopo tutto questo tempo?
L’uomo rise dolcemente, come se avesse sentito una battuta brillante.
Aveva una risata melodiosa, e la cosa la colpì. Quegli stranieri la intimorivano e la incuriosivano allo stesso tempo.
«Discutevo con la sacra shaman su una richiesta che vorremmo farle.» iniziò a spiegare, con lo sguardo fisso sul suo.
«Prima però, ho richiesto la vostra presenza. Sarebbe stato un tale spreco perdere la possibilità di conoscere una discendente Lancaster. Quale grande casa è stata.» continuò, e il suo sguardo si spostò rapidamente sul drago dormiente, per poi tornare sulla donna.
Lei corrugò la fronte.
«È stata?» chiese, visibilmente confusa.
«Oh… vedo che non ne siete a conoscenza.» fece una breve pausa.
«Terra Grigia è bruciata, i Lancaster sconfitti.»
concluse, guardandola attentamente.

Gelo.
Come poche volte aveva provato in vita, men che meno in quella terra arida e afosa.
Era
vero?
Erano morti tutti?
La grande casata Lancaster, la nobile famiglia di addestratori di draghi,
arsa dalle fiamme?
Era… libera?
Improvvisamente il sollievo.
Da quanto tempo era stretta dalla morsa dell’angoscia?
Da quanto la paura la incatenava nelle Hooglans?
Sì, aveva trovato un rifugio sicuro, una famiglia.
Amava ed era amata, sorelle e fratelli, compagni fedeli.
La cultura dei pelleverde era così diversa da quella umana.
E nonostante le differenze, quella piccola similitudine, il suo legame con i draghi, le avevano consentito di far parte della loro comunità,
di diventare la pelleverde bianca, la Mama draak.

Però...

Era come se il giogo si fosse sciolto.
Una sensazione straordinaria.
Erano m o r t i.
Era libera.

Provò un moto di immensa gratitudine verso quello straniero che le portava quelle notizie.
Il lato più razionale di lei le sussurrava di non fidarsi, di aspettare ad avere delle prove.
Strinse i pugni, deglutendo. Sorrise a fatica, cercando di mantenere un atteggiamento disinvolto.
«Capirai che faccio fatica a credere a queste tue parole.» gli disse.
L’uomo annuì, mantenendo la pacatezza, Lentamente infilò la mano in tasca, e ne estrasse - gli orchi di guardia si irrigidirono seguendo questo gesto con attenzione - un piccolo oggetto dorato e luccicante: un anello.
Poggiato sul palmo della sua mano, la allungò verso Ryellia, che lo prese con la punta delle dita, per poi osservarlo attentamente.
Sgranò gli occhi, impressionata.
Il piccolo cerchio d’oro recava sopra il profilo di un drago, in rilievo, con un rubino sull’occhio. L’anello di Aedh Lancaster, ereditato da suo padre e fondatore della casata in persona, Ethelbert Lancaster.
Nessuno, al di fuori della cerchia più stretta dei familiari, era a conoscenza di quell’anello.
Aedh lo custodiva come uno dei suoi tesori più preziosi, e non se ne sarebbe mai separato finché in vita.

Questo voleva dire…

Sollevò lo sguardo, con un’espressione stupefatta, e incontrò il dolce sorriso del suo interlocutore.
«… è morto.»
disse lei, e lo straniero annuì.
Ryellia riportò lo sguardo sull’anello, passandolo tra le dita, continuando ad osservarlo, ammaliata.
L’uomo attesa qualche secondo, e poi riprese:
«Non è questo il motivo che mi porta qua da voi.»
con fatica riportò lo sguardo su di lui. Il suo sguardo si spostò allora sulla shaman, che aveva seguito la conversazione in silenzio, lo sguardo profondo che si posava su entrambi, percependo l’importanza delle parole dette.
La pelleverde lo guardò con attenzione, in attesa.
«Una minaccia incombe su Dortan, su tutti noi.» iniziò.
Fece una breve pausa, lasciando che l’attenzione di tutti si acuisse.

«Il Kishin sta arrivando».

Un tremito di sorpresa e orrore scosse il gruppo.
Tutti sapevano di che stesse parlando.
Avevano sentito tuonare la voce dal cielo, il Kishin sta arrivando per voi.
Il terrore si era fatto padrone del villaggio, e nessuno sapeva come reagire a questa prospettiva.
Avevano ponderato ogni cosa, compreso scappare.
Sì, scappare sembrava una valida idea, ma la domanda che seguiva era:
dove?
Dove potevano rifuggiarsi da una minaccia tanto grande e spaventosa?
Così avevano cominciato ad armarsi, a radunare provviste, a forgiare armi.
Si tenevano pronti, per neanche loro sapevano cosa.
Tutte le tribù avevano preso a comunicare tra loro febbrilmente, in modo da gestire un possibile attacco in modo compatto, come un unico popolo.
«Sbaglio a pensare che non siate venuti qua solo per comunicarci questa spiacevole notizia?» domandò una voce melodiosa e profonda.
La shaman sorrideva allo straniero, in attesa.
«No, non solo.» rispose lui, con sincerità.
«Sono qua per chiedere aiuto. Per aiutarci, e per aiutarvi» precisò.
I pelleverde si scambiarono delle occhiate confuse, ma la shaman tenne lo sguardo su quello dell’uomo.
«Aiutarci e aiutarvi.» ripeté lei, come se volesse conferma di aver capito correttamente.
Lui annuì: «Dortan non rimarrà inerte a subire l’attacco. C’è giunta notizia che dalla capitale stanno radunando delle truppe, per mettere in insieme il più grande esercito mai visto nella storia del regno. Non sono qui per chiedervi di combattere con noi.» precisò, prima che i pelleverde potessero interromperlo. Doveva aver avvertito l’astio che attraversava la sala mentre raccontava. «Noi pensiamo di avere a disposizione un’arma più efficace dell’esercito ordinario.» concluse.
«Noi?» domandò allora la shaman.
L’uomo annuì. «Siamo emissari del nuovo regno d’Oriente.» disse.
Fremito di stupore.
Conoscevano le storie dell’antico regno d’Oriente, e della sua splendida regina, scomparsa da diversi anni.
Nessuno però, neanche tramite i mercanti con cui scambiavano pelli e metalli raccolti nelle montagne, aveva mai accennato a questo nuovo regno d’Oriente.
«La nostra organizzazione è poco nota.» anticipò brevemente lui.
«Eppure nutrita.» aggiunse.
«E ciò che vorremmo, ciò per cui siamo qua, e che vorremmo chiedere a lei, mia signora, è di aiutarci a riportare tra noi la nostra regina.» spiegò, finalmente.
«Riportare in vita la Signora d’Oriente.» disse la shaman, senza chiedere realmente.
«Lei è la sola che può aiutare l’esercito di Dortan a sconfiggere il Kishin. La sua preparazione, la sua esperienza, le sue abilità. La nostra Signora è l’unica valida speranza per la nostra terra, di tutti noi.» sottolineò lui.
Le sue parole erano pregne di passione, nessuno avrebbe potuto dubitare che credesse davvero in ciò che diceva.
La shaman soppesò a lungo i suoi pensieri, per poi riprendere:
«Indubbiamente la Signora d’Oriente è stata un’abile condottiera durante la sua vita. Le sue gesta e le sue vicende sono note anche a noi. Però… è nota anche la sua pericolosità, oserei dire… instabilità.» spiegò, sottolineando l’ultima parola.
«Mi chiedo dunque: ne varrebbe la pena rischiare un simile pericolo?» domandò.
L’uomo si raddrizzò, guardando la shaman negli occhi. Ryellia non aveva mai visto qualcuno così convinto, pervaso da un ideale così radicato.
«Credo che nessun pericolo possa mai superare l’arrivo del Kishin, mia signora. Sì, la signora d’Oriente sa essere grande quanto terribile. Eppure sono convinto che darebbe la sua stessa anima per salvare il suo regno. E sono pronto a sacrificare la mia vita, a sostegno delle mie parole.» spiegò.
La shaman continuò a guardarlo negli occhi, in silenzio, come se scavasse nella sua anima. Ryellia alternava lo sguardo tra i due, in attesa del giudizio della gran sacerdotessa.
Dopo secondi che parvero ore, lei sorrise, annuendo leggermente:

«Posso farlo».


kLux6po



CITAZIONE
Scena coordinata al racconto di Anna. Spero vi piaccia.
 
Top
0 replies since 7/11/2019, 15:41   44 views
  Share