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Il Lascito degli Dèi ~ Whispers Arise (again?), [Contest Dortan - Theras]

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»Rose
view post Posted on 20/12/2019, 22:26 by: »Rose
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Like a paper airplane


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La figura ammantata di nero aveva il cappuccio calato sul volto. Avanzava a passi lunghi, le spalle lievemente curve, il portamento allampanato che sembrava stonare con l’austera eleganza della grande cattedrale. Sfilava tra le panche di legno, e i suoi passi facevano appena rumore sul pavimento di marmo. Per quanto il suo capo guizzasse circospetto a destra e a sinistra, i suoi piedi non rallentarono e si diressero decisi verso l’ambone al termine della grande navata, verso una figura che pare minuscola sotto le alte colonne e le ampie vetrate. La pelle di lei non era più ambrata, ma risplendeva dei colori del vetro. Rosso, blu, giallo, nero, si confondevano sui suoi vestiti e sui suoi capelli legati in una treccia. Stava a braccia conserte davanti a una forma indistinta sotto un telo chiaro di iuta, un mezzo sorriso sulle labbra, quel sorriso che era il suo marchio distintivo.
Le poggiò una mano sulla spalle e lei sobbalzò appena, afferrandogli rapida il polso. Non aveva bisogno di armi, non lei. Gli uomini che la circondavano, servi e artigiani, si irrigidirono. Lei levò la mano libera, agitandola distrattamente. Dovevano tornare al lavoro, questo suggeriva il suo portamento rilassato racchiuso in un elegante vestito di velluto rosso.


Ti ricordavo un più sfacciata, Rosa. È il potere che ti intima questa foggia di vestiti o forse sei… invecchiata?


Lei gli afferrò il cappuccio, costringendolo a piegarsi all’indietro. Sentì le ossa scricchiolare sotto la presa di lei, decisa come il primo giorno che si erano incontrati. La vide digrignare i denti, ma senza rabbia, nello sguardo un guizzo di divertimento. Si chinò sopra di lui, facendo scivolare le dita sui suoi capelli ormai sale e pepe. Tiepida, sensuale. Nessun vestito avrebbe potuto cancellare il sapore accogliente della sua pelle o la fossetta invitante prigioniera all’angolo delle sue labbra.


Devono credere in me, non nelle mi cosce”.


Mollò la presa, lasciandolo scivolare a terra e tornando a guardare i suoi uomini al lavoro. Lo sconosciuto si rialzò, notando che gli altri non lo riconoscevano. Era passato davvero troppo tempo da quando loro due, uno accanto all’altra, avevano influenzato le sorti del mondo. Lui burattinaio, lei soltanto un’orgogliosa pedina.


Mi hai mandato a chiamare per invitarmi al grande evento?
Lei girò il capo di tre quarti, strizzandogli un occhio.
Un’incoronazione e un matrimonio, cose che non mi sarei aspettato da una come te. È per rimembrare insieme i vecchi tempi prima che inizi il tuo nuovo gioco…?


Dalle labbra di lei scivolò un sibilo di divertimento. Allargò le braccia a comprendere quella chiesa, i campi coltivati, i campi di battaglia, le città che non potevano vedere. Le sue dita spalancate riuscivano a malapena ad afferrare un pugno d’aria odorosa di legno tarlato e incenso, eppure l’uomo ebbe la sensazione che lei vedesse ben altro sul proprio palmo.


Non ho interesse a celebrare con te il mio potere. Non avevo nemmeno alcun interesse a vederti vivo”.


Si girò verso di lui, fronteggiandolo. Era più bassa, senza i suoi tacchi rossi, i capelli sciolti nel vento e il trucco pesane. Era più bassa ora che non stava a gambe aperte su un trono d’oro massiccio invitando i suoi dignitari a rendere omaggio all’unico verso strumento di governo dell’Oriente.


Ma questo mio nuovo potere è del tutto inutile senza qualcuno che mi aiuti ad utilizzarlo. Per il momento sto guidando un popolo unito solo per caso, per pararsi il culo o perché spera di spazzarmi via come polvere marcia e mettere un altro al mio posto. Pregano ancora gli dei, il Sovrano, Caino o Zeno. Alcuni hanno nuovi dei tutti loro. Nessuno prega me. Nessuno mi invoca o crede che li salverò, a parte pochi guerrieri che mi hanno visto al loro fianco”.
Strinse i pugni.
Per questo ti ho chiamato, Kuro il Sussurro. Perché non mi accontenterò di essere la loro amante in attesa di trovare una buona moglie”.


Si leccò le labbra, camminando all’indietro fino a raggiungere i suoi uomini al lavoro. Loro si scostarono, facendole spazio con un inchino, rivolgendole occhiate di segreto desiderio.
Kuro il Sanguinario, signore delle spie e dei complotti, sapeva che lei aveva ragione. Sapeva che non sarebbe bastato un matrimonio tra vecchi gerarchi del regno ad unire quella nazione.


Mi stai chiedendo di lavorare con te”. Prese fiato, si grattò il mento. “Ma in cambio di cosa? Il Dortan è già stato nelle mie mani una volta, non mi interessa”.


Lei rise, una risata forte e sonora, che si diffuse in tutta la grande chiesa. Gli corse incontro, gettandosi al suo collo. Si chiese se volesse supplicarlo, ma le labbra di lei gli sussurrarono poche parole all’orecchio, percepibili solo da loro due, parole che pietrificarono l’espressione di Kuro, l’uomo che aveva udito di tutto.



Tacque, mentre lei ritornava indietro. Tacque e lentamente sulle sue labbra si disegnò un sogghigno.
Stai attenta a quello che dici nella chiesa di Zoikar, Dalys Speranza del Dortan. Certe bestemmie…
Lei rise più sommessamente, portandosi una mano alle labbra. Sfacciata, provocatoria.
Zoikar non se la prenderà, non dopo il dono che farò alla sua chiesa in onore del matrimonio e dell’incoronazione”.


Tirò lievemente il telo con una mano, scoprendo una grande statua. Alta quasi quattro metri, in oro massiccio, rappresentava un uomo imponente, completamente armato, con una grande spada in mano. La punta della spada si piantava nel cuore del mondo, nel cuore di Theras. Distesa sul mondo ai piedi del cavaliere, le mani morbidamente avvolte attorno alla lama, più piccola, la figura di una donna vestita soltanto di delicati drappeggi di seta, gli occhi fissi verso l’alto, un’espressione di venerazione.


Non è bellissima?


Lei sorrideva, sottintendeva. La sua voce era gravida di significati. Non avrebbe dovuto ascoltarla, avrebbe dovuto andarsene. Se fosse stato saggio avrebbe girato i tacchi e l’avrebbe lasciata ai suoi ridicoli piani. Ma ricordava ancora quando aveva deciso il destino di Dortan. Era stato inebriante. E Dortan era così p i c c o l o rispetto a quello che lei gli stava offrendo.
La Rosa si appoggiò al braccio enorme dello Zoikar d’oro, gli avvolse il gomito con le proprie braccia sottili, quasi stesse cercando protezione.


Sai, lui è stato il nostro dio. Lui ci ha guidato in tante battaglie. Ha guidato questo regno”.


Leccò il braccio di metallo con la sua piccola lingua, quella lingua perfida che aveva osato pronunciare un sogno tanto ambizioso. Kuro, che aveva già saputo resisterle altre volte, provò un brivido lungo la schiena. Si chiese come potesse sposarsi, come l’angelo di cenere potesse accettare quel rischio.


O forse no”.


La voce di lei si fece sottile, per sentirla fu costretto ad avanzare. Erano loro due, vicini, loro due contro tutti gli ignari esseri viventi. Non solo di Basiledra. non solo del Dortan.


Forse sono tutte cazzate. Le guerre le abbiamo vinte e perse noi. Ed è ora che gli dei si levino dalle palle”.
Di tutto Theras. Di quel mondo su cui una figura d’oro si distendeva come se già le appartenesse.
Forse è ora che queste terre spettino a chi se le è meritate. Dopo tutto Basiledra è sempre stata un po’ stretta”.


Kuro pensò che erano troppo vecchi. Che non sarebbero mai sopravvissuti ad un complotto del genere. Che unire i popoli divisi del mondo intero era pura follia. La guardò negli occhi, trovò un grumo palpabile di eccitazione e desiderio. Si chiese se ci avesse ragionato anche solo per un istante, o se quelle idee le nascessero dentro improvvisamente, come fuochi d’artificio.
Sospirò.


Dovremo lavorarci”.


Lei diede un buffetto affettuoso al sedere della statua, lasciando l’impronta rovente del suo palmo su una delle natiche dell’armatura. Lo fece ridendo, guardando l’oro fuso che si distendeva in filamenti sottili tra le sue dita. Lo condenso in una piccola sfera, grande abbastanza per il suo palmo. La depose nella mano del suo nuovo alleato. Scottava nonostante i guanti di pelle. Circondò la mano di lui con le proprie, come a proteggere quel loro piccolo tesoro.
Quel loro immenso segreto.


Lascia fare a chi lo sa fare”.


Gli fece il verso con un mezzo sorriso.
La porta della chiesa si spalancò. Qualcuno stava litigando. Riconobbero la voce di Zephyr. Lei si portò il dito indice della mano destra alle labbra, mentre con la sinistra gli nascondeva di nuovo il volto con il cappuccio. Lo lasciò lì, davanti alla grande statua, mentre si allontanava a passo svelto.




CITAZIONE
Visto che Theras e Zoikar (il daimon da me scelto) non sono temi vicinissimi alla Dalys di un tempo, ho deciso di cavalcare l'onda della crescita che il pg ha avuto in queste ultime giocate.
Presento quindi una Dalys maturata, seppur esteticamente immutata, che si confronta con la necessità di un'investitura ufficiale (un'incoronazione). Da persona insicura, che tende a stare nei propri spazi, ad essere gregario, improvvisamente pare esserle sorta un'idea, un'ambizione nuova. Per coltivarla ha bisogno dell'aiuto di un vecchio compagno: Kuro. Ormai di mezza età, dimenticato dalla massa, che non ha alcun desiderio di rischiare tutto di nuovo, ma che forse non può rinunciare a quel richiamo, a quel rischio che è stato parte della più grande impresa della sua esistenza.

I temi Theras e Zoikar, incarnati dalla statua, sono oggetto dell'ambizione di questi due personaggi diventati adulti, che si confrontano con i loro sogni di un tempo, che dovrebbero aver ormai raggiunto un punto fermo ma che non riescono a rinunciare alla spinta di fare di più, di andare oltre, di non fermarsi. La guerra imperversa fuori Dortan, ma per un attimo, nella grande chiesa, si stringono le mani e pensano che potrebbe esserci un futuro.

 
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