Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Rubietentia

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view post Posted on 25/8/2014, 23:51
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« the course of true love never did run smooth »
Più gli occhi serro e più i miei occhi vedono, | ché il dì posando su futili oggetti, | quando dormo, nel sonno guardan te, | e luci buie al buio in luce tendono.
Tu che con l'ombra l'ombre fai lucenti, | qual visione sarebbe al chiaro giorno, | più chiara assai, di tua ombra l'essenza, | se occhi ciechi tanto splendi in ombra:
quanta goia ai miei occhi, dico, quando | ti guardassero nel giorno vivente | se in morta notte sui chiusi occhi stai, | bella ombra imperfetta, e il sonno fendi.
Notte è ogni giorno finché io veda te, | la notte è luce se in sogno ti svela.


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amore è un fumo levato col fiato dei sospiri;
purgato, è un fuoco scintillante negli occhi degli amanti;
turbato, un mare alimentato dalle loro lacrime.
che altro è esso? una follia discreta quanto mai,
fiele che strangola e dolcezza che sana.





Né più mai udirà di quelle grida
che tutt'oggi gl'ammorban'il ricordo
dell'arme'e i ferri, delle loro strida
immoti nel trovars'in disaccordo
d'un drago, trionfante'e non dimentico
che sorvol'il terreno di battaglia
com'una nube carica di pioggia
vol'in ampi cerchi e dunqu'identico
alla nebbia, la morte'e la sua uggia
s'abbatte in terr'e dell'orme la spoglia.

XJAuGMN

Sono bordate a lutto le ultime parole che ti rivolgo, Amore. Percosse e consumate come il corpo di un'aquila nella pancia di un gigante.
Forse tu nemmeno esisti. Ti ho braccato per un centinaio di vite e sei sempre fuggito, come un ladro inseguito. Eppure io continuo a scriverti, incapace di arrendermi all'idea che tu aborrisca la mia insistenza.
C'è mai stato un tempo in cui queste parole hanno significato altro? Sono sempre state così lugubri? È esistita un'era in cui la libertà di essere solo, di poter fare, dire e vedere tutto ciò che ho sempre desiderato non sia gravata sulle mie spalle come un macigno, ingobbendomi come un vecchio?
Sono paralizzato, Amore. Schiacciato come un verme fra i due massi del presente e del passato. Quando riesco ad agitare convulsamente un braccio al di fuori di questa morsa tutto ciò che ottengo è di annaspare con la mano nelle ceneri dei miei imperi, sfiorando con orrore le ossa di chi mi è stato amico. Il sole che mi intiepidiva la pelle da bambino è lontano, freddo e azzurro; mi deride e mi attrae con i fantasmi di ricordi brucianti come fuoco in mezzo ai ghiacci. E io mi piango, nella mia comoda caverna. Terrorizzato dalle risposte che giacciono all'esterno vivo guardando le fotografie di momenti che non mi appartengono più e il cui significato è rimasto deformato dal tempo, imbruttito, gonfiato e dimenticato. La chiami paura? Nostalgia? Parole che sono state inventate per sfondare lo stomaco dei deboli e burlarsi degli incapaci. La mia uggia è un male che non tramonta; che mi si attarda sul capo come un presagio di futura sventura, fracassandomi con i tuoni dei miei errori, i rovesci delle occasioni mancate e le nubi di ciò che ho lasciato andare.
È il mio passato, Amore, che mi trattiene per le caviglie come un cadavere risorto dalla tomba. E non lo si può uccidere, benché sia già morto.
Dici che passerà? Quando ci ho provato io non è bastato. Ora sono uno spettro che si aggira fra facce conosciute, impossibile da riconoscere. La mia identità si è consumata.
Non lo nego, c'è comodità e sicurezza nel vivere lontani dal vortice caotico del presente. Le catene che mi trattengono sul fondo di questa caverna sono più confortevoli ogni giorno che passa. L'aria che respiro è sempre più pulita; i miei muscoli dolgono di meno; i ricordi anche. Volgendo la testa all'apertura alle mie spalle il mio sguardo incontra dolorosamente la luce del sole: c'è malinconia in quel dolore e speranza riflessa nelle lacrime che scendono dai miei occhi abbagliati. C'è l'attesa del giorno in cui guarderò al presente con avvilimento, non al passato.
Credi che sia pazzo? Che confonda il dolore col piacere e la comodità con il malessere? Perché ti ostini a farmi sentire insensato, quando tutto ciò che vedo in questo mondo mi è conforme? Non sono speciale, Amore, né invincibile. Non lo sarò mai, per quanto mi ostini a raccogliere le tue disperate richieste di perfezione. Sei una donna vecchia e brutta che si specchia in un ritratto impolverato e vede ancora una principessa; la mia condanna è quella di aver imbracciato lo scudo ed essermi eletto a tuo cavaliere quando ti trovavo bellissima, come tanti altri. Ho assolto ogni tua richiesta, sebbene del nostro castello non resta che qualche pietra sparpagliata. Noi l'abbiamo capito molto tempo fa, eppure tu continui a sbraitare; molti di noi hanno smesso di ascoltarti e tu hai ripreso a chiamarci con più foga.

Forse sei tu, Amore, a dover smettere di vivere nel passato.

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Nome: Aleksjéj,
Rubietentia, Rubio
Razza: Drago
Classe: Nomade
Fascia: Nera
Pericolosità: A
Risorse: E: 125% | M: 50% | C: 125%
Conto: Link

Venatrix Verber de Valde Igni et Ferre Aer von Draconis

Vi sono creature su Theras la cui forma non è legata ad un singolo aspetto. Possono apparire a proprio piacimento con un numero indefinito di sembianze, mascherando la propria identità dietro a una forma mutevole e sfuggendo così alla comprensione dei più, che si affidano ai propri occhi per determinare ciò che è vero. Questo tipo di personalità viene facilmente mitizzato e si ha l'impressione di vederle ovunque, poiché non vi è creatura che non ricerchi la verità; su di loro si formano leggende e favole che ne falsano le reali apparenze. Così è capitato a Venatrix, il cui nome rievoca negli abitanti di Theras una sensazione di gloriosa sicurezza, seppur in pochi sappiano riconoscerlo quando se lo trovano innanzi, scambiandolo invece per una creatura mostruosa o per un beneducato girovago.
Il drago è solito assumere due forme. Nella prima egli appare come una gigantesca creatura rettile grande tre volte un elefante, di colore rosso scuro e dall'aspetto solenne; il suo corpo massiccio poggia su quattro lunghe gambe, termina con una coda muscolosa da coccodrillo ed è capeggiato da un collo flessuoso e un affilato muso serpentino. Possiede due ali membranose simile a quelle di un pipistrello e il suo corpo è interamente ricoperto di scaglie dure come l'acciaio, più morbide sulla gola e sul ventre. Le squame costituiscono per lui una vera e propria armatura, così come i lunghi artigli e le zanne fungono da eccellente armamentario, essendo affilate come rasoi.
Il suo secondo aspetto - che ama utilizzare più abitudinariamente, presentandosi come Aleksjéj Vasìljeviç Lévin - è quello di un giovane ragazzo alto più di due metri, esile e avvenente. I suoi capelli e occhi sono dello stesso colore rosso delle sue apparenze mostruose; una pigmentazione che richiama anche con i propri vestiti, tinti analogamente. In questa forma ama portare con sé chincaglierie come girocolli d'oro, bracciali di cuoio, fermagli d'avorio e cavigliere d'argento; ornamenti femminili che fanno risaltare i tratti androgini del suo viso, rendendolo attraente per entrambi i sessi. Ciò nonostante, la corporatura tonica e allenata, il torace ampio e sottile, le braccia tornite e i muscoli ben delineati non lasciano spazio ad alcun dubbio sulla sua appartenenza al genere maschile.

sinossi fisica: slanciato, androgino e avvenente.


Dove il corpo di Venatrix è in grado di mutare con semplicità, la sua mente è invece contraddistinta da un anchilosato intorpidirsi dovuto a età ed educazione. Il drago è in vita da più di mille anni e ha compreso che anche se il mondo è scosso da un caotico gorgo invisibile che ne cambia i nomi e le teste, tutto si sposta senza che si sposti mai nulla, nell'idea che la storia si ripeta identica a se stessa, indipendentemente dai suoi protagonisti. Sarebbe tuttavia errato definirlo un nichilista. Piuttosto che arrendersi a codesta realtà egli vaga alla ricerca di un senso per cui vivere, incapace di abbassare le armi contro le più potenti ragioni del caos e darsi la morte. Egli è nientificato nel niente e ha fatto del suo Axis mundi il ricordo delle persone che ha amato in passato: la vela che gli permette di navigare in questo disordine fatale.
Per comprendere la sua psicologia, immaginate un uomo che venga costretto a spingere una roccia perfettamente sferica fin sulla cima di un monte. Giunto a destinazione la roccia inizierebbe a rotolare giù dall'altro versante e l'uomo dovrebbe ricominciare a spingerla verso l'alto sin dai piedi della montagna. C'è chi si lascerebbe schiacciare da questa roccia; chi troverebbe il senso della propria vita nello spingere la roccia stessa, impegnandovisi a fondo. Venatrix non fa nessuna di queste cose, ritenendo che questo ingrato mestiere sia il calvario necessario per trovare un senso alla sua esistenza. E il motore che gli dà la forza di proseguire in codesta ricerca è l'affetto che prova verso chi l'ha accompagnato nel corso della sua vita. Dunque egli vive, slegato da qualsiasi istituzione e aiutando il prossimo, spingendo la propria pietra come se potesse condurlo da qualche parte.
Agli occhi altrui questo si traduce come l'idea di una malinconica pazienza, l'impressione di una tristezza difficile da comprendere per chi non può vantare migliaia di anni d'età sulle proprie spalle. Venatrix appare contemplativo, imperturbabile e logorato, ma non manchevole di un'educazione impeccabile e di una dialettica di vasta cultura.

sinossi mentale: devoto, paziente e malinconico.


« and yet, to say the truth, reason and love keep little company together nowadays »
Così, in immagine o nell'amor mio, | lontano, sei con me presente sempre:
dei pensieri più in là non puoi fuggire | e sempre io son con loro e lor con te,
o, se dormono, l'immagine appare | e il cuor risveglia, e il cuore e l'occhio affascina.

è il cenere d'un mondo che forse un giorno fu


O2W4U7i
[La Miseria]
[Stairway to heaven]
[Interludio II-III Il titano ed il dragone]
[Atto VI: Il tredicesimo giorno]
[La Salle des Roses Fanées]
[L'incubo]
[a Zacinto]
[Valzer al crepuscolo ~ Hurt]
[Valzer al crepuscolo ~ in thy end]
[Valzer al crepuscolo ~ a swan song]
[Sandstorm; le ultime note del Valzer]
[Sandstorm; reunion]
[Sandstorm; dragonheart]
[Fetiales; rou]
[Fetiales; il terzo Ahriman]
[Fetiales; Kahraman]
[in memoriis]
[Fetiales; ʤɛna]
[Fetiales; barınak]
[Fetiales; iανός]
[Fetiales; il quarto Ahriman]
[un'ultima risposta]

XJAuGMN


I primi secoli della mia vita li ho passati a muovere le ali e spiccare il volo intorno agli Altiventi, senza il permesso di allontanarmi troppo. È stato solo dopo il mio ducentododicesimo anno d'età che mi è stato concesso di esplorare il mondo.
A quel tempo quello che oggi chiamiamo Dortan era un insieme di centinaia di piccoli regni, tutti in guerra tra loro. Gli uomini non sapevano quanto si estendesse il mondo, né che cosa celasse l'orizzonte aldilà delle proprie campagne: temevano soltanto i soldati dei reami vicini e credevano che dietro a quei territori si nascondessero infiniti altri nobili, sempre più potenti e pericolosi. L'Edhel era un paradiso verdeggiante. L'Akeran una palude di sciacalli e reietti: macerie viventi di un impero dimenticato.
Quando ho compiuto cinquecentosettantadue anni è apparsa Eitinel. Quando ne ho compiuti settecentoquarantatre è nato Rainier Chevalier. I luoghi che amavo sono cambiati. Le persone che conoscevo sono sparite. Ho sentito il mondo sfuggirmi dalle dita, come se non esistesse più alcun luogo su Theras al quale io potessi appartenere.
A settecentosessanta anni si è verificato il crepuscolo e il mondo è cambiato un'altra volta. Eppure ero sempre lì. Ho vissuto a lungo coi Groenleer, che avevano fatto della mia esistenza quell'identità inaffondabile che io stesso ero andato cercando.
Quindi è toccato a Raymond Lancaster, l'ultimo dei miei più grandi amici. Morto l'anno scorso senza che ne vedessi le spoglie né potessi difenderlo. Un uomo buono e onesto come raramente ne ho incontrati. Ci ha lasciato nonostante gli avessi donato metà del mio cuore, e io sono ancora qui.
La morte mi è più vicina di quanto non ti appaia, amico mio. È un confine sempre all'interno delle mie percezioni, popolato da ricordi che mi passano le dita sulla pelle, caldeggiandomi con le tentazioni di storie che non diverranno realtà. È un labirinto che racchiude i miei tesori, all'interno del quale non mi è permesso entrare. Uno specchio deforme che riflette l'immagine di un me più giovane, e di un me più anziano, e di un me meno innamorato, e di un me accanto a mio padre, e di un me alla guida dei miei fratelli, e di un me che stringo mio figlio fra le braccia e ho una donna al mio fianco. È una risacca che spiaggia sulle rive della mia coscienza i cadaveri di parole sepolte, destinate a essiccare finché il sole non le cancellerà. È un alter ego; un gemello che comprendo, che mi consiglia e mi sostiene.
C'è dell'ottimismo su questo confine. Quale bene credi che mi farebbe ritirarmi in una tana per l'eternità e addormentarmi fra le spoglie che mi restano? O nascondermi fra i picchi della mia infanzia, lasciando che la neve stenda una coperta sul mio capo? Credi che così facendo potrei varcare la soglia di questa barriera? Che l'immobilità mi aiuterebbe a dimenticare il ciglio della non esistenza? In quale direzione dovrei guardare, trovandomi un Theras vivo alla mia sinistra e gli spettri del passato alla mia destra?
Io vivo, Kahraman. E la vita non mi è mai sembrata così bella come da questo labile confine, poiché è inaspettata, vera e infinita. Perché rappresenta la faccia della medaglia sul cui altro lato giace ogni cosa che ho perso. sono questi fantasmi a trascinare la mia carne, facendo di me una macchina che si muove bruciando rimpianto. L'amore è il motore di chi non possiede nient'altro, amico mio.

Nessuno dovrebbe vivere a lungo quanto me.
Comprendi la ragione per cui non voglia augurarlo?

« my heart | is true as steel »
In me quel tempo dell'anno tu scorgi | quando nessuna foglia pende o rara,
gialla, dai rami che al freddo si scuotono, | cori in ruina senza uccelli e canti.

e9Tlc


draco qui instit
Col tempo, l'esistenza stessa di Rubietentia è divenuta un'istituzione per le genti di Theras. Un miracolo nel quale sperare e un desiderio di pace che ha acceso una scintilla di bontà negli animi di chiunque. Aleksjéj è diventato un nome difficile da dimenticare, e persino evocato da certe popolazioni: nelle loro preghiere vi è la certezza che il drago non sia mai morto e che vegli su di loro con la benevolenza di un Dio misericordioso. Lo invocano perché faccia piovere fuoco contro i mali immortali del mondo, annientandoli con un potere che sfugge alla loro comprensione, e continuerebbero a invocarlo anche se dovesse essere sconfitto e si trasformasse in una statua di cristallo, nella convinzione che le proprie lacrime possano risvegliarlo.
Che siano forse queste preghiere a tenerlo in vita? Rubietentia ha difatti superato da lungo l'età massima toccata da altri draghi, mantenendo un corpo giovane e sano in qualsiasi forma; ciò l'ha reso distante e irraggiungibile. La sua mente è atrofizzata e difficile da scalfire; il suo corpo è un tempio senza tempo. Se ciò sia dovuto alla fede riposta in lui, alla sua ostinazione o al suo enorme potere magico è tutt'ora un mistero. Egli stesso non saprebbe darvi risposta, benché la nobiltà del suo sangue non si manifesti solamente attraverso quest'incredibile longevità, ma anche riassumendo nella sua persona tutti i tratti migliori della razza dei draghi, trasformandolo nell'archetipo assoluto di codeste creature.

axis mundi
Contrariamente a ciò che sostengono alcune malelingue, Rubietentia non ha mai tentato di imporsi sul mondo, né si è mai celebrato autonomamente. La sua grandezza scaturisce dalla grandezza dei nemici che sconfigge, divenendo tanto più venerato e conosciuto tanto più grande è il male che ha distrutto; e siccome la malvagità attira altre empietà, egli si ritrova spesso a dover combattere una lunga serie di nemici prima di rendersi conto di essersi trasformato, così facendo, nell'albero maestro che conduce Theras alla salvezza.
La maggior parte dei suoi poteri sfruttano la forza dell'avversario contro di lui: tanto più potente esso si rivelerà, tanto più grande sarà la reazione del drago e tanto più solida la sua celebrazione. Innanzi a lui i peggiori stregoni hanno visto i loro incantesimi fallire come se la magia stessa si inchinasse alla presenza del drago. Chi si credeva immortale ha scoperto di non esserlo e chi l'ha affrontato con tutto il proprio potere non ha fatto altro che renderlo più forte. Rubietentia reagisce al male irrobustendosi e quando combatte lo fa per impedire ai propri avversari di fare altrettanto.

Promethéus
Il titolo di bandiera vivente di pace e salvezza di Rubietentia non è dovuto unicamente alle sue lotte contro il male, ma anche alla gentilezza che spesso ha saputo dimostrare nei confronti degli sconosciuti. Vagando in lungo e in largo su Theras egli si è imbattuto in ogni tipo di gente e cultura. Da ciascuna di esse ha appreso le superstizioni, le abitudini, gli usi e i costumi, e in cambio si è spesso fermato tra loro per dispensare cure e guarigioni a chi ne aveva bisogno. Ha risanato malati e feriti, donato intrugli corroboranti e ridato ai propri cari persone destinate a morte certa.
Chi assiste a tali prodezze non può fare altro che chiamarle miracoli, ma la verità è che le capacità di Rubietentia derivano perlopiù da un lungo e affannato studio delle arti mediche: egli è in grado di curare buona parte delle ferite con un'imposizione delle mani ed è competente nell'uso di moltissime erbe e radici, di cui conosce le proprietà benefiche.

la ferŭla cava
Ciò che l'ha reso più famoso e temuto è però senza dubbio la sua imponenza sul campo di battaglia: a volte si è reso necessario che Rubietentia calasse sugli eserciti come una nube carica di pioggia, facendo piovere fuoco sulle loro teste e tuonando i propri lamenti nelle loro orecchie. Il suo intero corpo è un'armatura resistente sia alle frecce dei nemici che agli sgarbi della natura; i suoi artigli e le sue zanne sono rasoi in grado di sgretolare la pietra; la sua voce è più terrificante del suono di un esplosione e il suo soffio è un alito di fuoco in grado di incenerire intere foreste. Per chi non ha mai assistito a niente del genere, la sua sola apparizione è causa di spaesamento, angoscia e terrore; egli stesso tende a moderare tali interventi e preferisce manifestarsi nella sua forma umana, manipolando il fuoco come un qualsiasi stregone e producendo suoni distanti come un banale illusionista. L'ironia di tutto ciò risiede nel fatto che sono stati proprio i draghi a trasmettere ai maghi questi segreti, che senza i loro insegnamenti non sarebbero in grado di compiere alcunché.

Sisyphus
In realtà sono in pochi a poter dire di aver visto Rubietentia combattere. La maggior parte delle persone che l'hanno conosciuto sono state salvate da lui oppure l'hanno semplicemente incontrato nel corso di uno dei suoi viaggi, mentre cercava riparo per la notte o si confondeva fra la folla. Egli è un viandante alla ricerca della propria meta e non ama dare sfoggio delle proprie capacità se non è necessario farlo; piuttosto ama perdersi nel corso dei propri viaggi, scoprire cose che non credeva potessero esistere, assistere ai comportamenti umani e riflettervi.
Venatrix ama guardarsi intorno; sa di avere un'infinità da imparare e di essere ben lontano dal termine del suo viaggio. Così egli ha imparato a guardare oltre il tempo e dentro le persone; ha imparato a conoscere ciò che lo circonda e a questionarsi sugli accadimenti dei luoghi e il passato degli individui. Non gli piace dare qualcosa per scontato ed è sempre aperto alle più grandi esperienze della vita: amare e imparare. I ricordi prendono vita intorno a lui e si manifestano come paesaggi, illusioni, visioni o veri e propri individui; sono dotati di una loro coscienza e, come ogni ricordo, se lasciati fare sono anche in grado di uccidere.

Rubietentia_zpsbe3fb6b1



Edited by Ray~ - 30/1/2016, 20:58
 
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PARACCO TRAVESTITO ALOGENO
view post Posted on 26/8/2014, 11:52




Scheda idonea

 
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1 replies since 25/8/2014, 23:51   2366 views
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