Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Valzer al crepuscolo ~ in thy end

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La Tour
view post Posted on 15/8/2011, 11:25




« I n t h y e n d »



continua da qui

Nella buia camera di Tiamat, vi erano poche attività in grado di distrarre dall'osservarla negli occhi, o dall'ascoltare le sue parole.
Chronepsis aveva tentato prima di focalizzare il suo sguardo sull'enorme cumulo di tesori; poi l'aveva spostato sui lunghi fori lungo le pareti, che in quell'istante davano sul cielo stellato; infine, si era lasciato calamitare dall'odore del cibo.
Quello che a prima vista poteva sembrare un intestino arrosto condito con altra carne di piccione sfrigolava nel piatto bordato d'oro, sminuzzato in pezzi grossolani dalle eleganti mosse della reggente, che sembrava aver imbastito quella tavola prendendo fondo direttamente dai propri possedimenti. Le coppe erano interamente d'oro; le posate pure; il tavolo poteva essere facilmente ricondotto alla sala da pranzo di un qualche Re; le sedie stesse erano talmente imbottite e ornate da velluto rosso da poter essere scambiate per dei troni.
Tutto quel lusso intimoriva Chronepsis, che non aveva ancora toccato il suo piatto. Lo intimoriva proprio come Tiamat avrebbe voluto che fosse e, guardandola negli occhi, non poté nasconderle la propria paura.
Paura che lei parve godersi con molto più piacere rispetto a quello che le donava la propria portata.

« Rifletti, Chronepsis. » tentò dunque di riprendere il discorso lasciato in sospeso « fra noi, solo Ashardalon ti supera in età; nessuno, in debolezza. »
addentò con forza un grosso pezzo di carne, nel tentativo di fargli credere di non avere troppo interesse in lui
« Hai assistito alla morte e alla sparizione dei tuoi familiari, dei tuoi cari e dei tuoi amici più fedeli. » continuò « Una visione alla quale, grazie al tuo potere, suppongo non avresti potuto sottrarti neppure volendolo. »
Chronepsis non batté ciglio
ma qualcosa si contorse in lui
e Tiamat parve vederlo, poiché il suo sorriso si deformò ancora.
« Sei vecchio e stanco, e probabilmente è per questo che credi di non avere più nulla da perdere.
Ma ti sbagli: tu puoi ancora dare tanto, Chronepsis.
»
addentò dunque un secondo pezzo di arrosto
« e se non mi dirai ciò che voglio sapere
non dubitare che da te prenderò tutto.
»

tiamatocchionero

Chronepsis sospirò, ma si impose di non distogliere lo sguardo.
All'interno del Lauth, le cose erano cambiate. Gli equilibri di potere erano divenuti distorti; la reggenza era caduta in mano ad una donna depravata; gli obiettivi dell'organizzazione parevano sfumare in lontananza, con il ricordo di Fascies. Con il suo potere, lui era l'unico a poter mantenere un minimo di integrità.
Era stato avvicinato dal padre di Tiamat per quello stesso potere, certo
ma per usarlo come osservatore indifferente, guardiano silenzioso
non come spia.

« Vostro... splendore »
chiuse le palpebre, solo per un istante
« come vi ho già ripetuto, Venatrix Verber de Valde Igni et Ferre Aer von Draconis è stato assassinato dal reggente della seconda potenza prima di portare a termine la propria missione, sui picchi senza fine. »

Passò qualche attimo di silenzio, poi Tiamat poggiò le proprie posate sul tavolo e si alzò dalla propria sedia, pur senza allontanarsi.
Dalle sue labbra fuoriuscì una lingua di fiamma nera, che salì fino a consumargli la carne sul lato sinistro del volto, penetrando dunque nella cavità oculare.
Lei parve neppure accorgersene, impegnata com'era a stare eretta e a nascondere l'ira dietro alla propria postura.

« Non importa, Chronepsis. So essere paziente. » riprese, dunque, dopo una lunga riflessione « e sono certa che, con un piccolo aiuto da parte mia, il tempo non farà che consumare questo tuo codice d'onore. »
si piegò verso di lui
« succederà quando vedrai i tuoi tesori venirti sottratti
i tuoi pupilli venire assassinati
il mondo che stai tentando di difendere andare in pezzi.
E in quell'istante - solo quando avrai perso ogni cosa
il tuo orgoglio si spezzerà come un fusto secco, che non beve più acqua da lungo tempo

e mi dirai
dov'è mio fratello.
»

png

but
in the end
it doesn't even matter


Di quella che era stata la sua tana, era rimasto poco nulla.
Già ne aveva avuto il sentore, sorvolandola di quando in quando e vedendo il livello dell'acqua del lago abbassarsi di anno in anno, ma mai era sceso fino a terra a verificare il corso che la natura aveva preso.
Dello specchio celeste era rimasta solamente una pozza arida e salina, di non più di una ventina di metri di raggio, e profonda al massimo trenta centimetri.
Persino la sua grotta, che un tempo si trovava sul fondo della lacuna, era ora all'aperto, bagnata solamente dall'arida luce del sole.
Coricato lungo la spiaggia nella sua ingombrante forma draconica, sentiva il caldo afoso picchiare contro il suo capo in maniera persino più pesante del solito, ora che non vi era modo di trovare ristoro. Il fondo secco del lago era divenuto una specie di parabola di sabbia e pietre, all'interno del quale il sole si riversava con persino più ferocia piuttosto che sui territori circostanti. Su uno dei suoi fianchi, da lì, poteva vedere l'entrata della sua vecchia tana.
L'interno della cava era stato saccheggiato.
Com'era naturale pensare, qualche avventuriero aveva probabilmente voluto avventurarsi all'interno della spelonca e, inevitabilmente, si era imbattuto in tutti i suoi tesori. Non trovando nessuno a difenderli, dunque, se n'era impossessato.
Per lunghe ore, Venatrix era stato posseduto prima dal tormento di aver congedato le creature che aveva posto a difesa delle sue ricchezze, lungo tempo prima.
Poi, dall'idea di braccare e trovare i ladri, così da recuperare ciò che gli era stato sottratto.
Infine, di accumulare nuovamente ogni singola moneta, ricominciando da zero.
Il lento scrosciare della corrente, tuttavia, aveva cancellato ognuno di quei pensieri, erodendolo lentamente.
Non era tornato allo specchio celeste per ricominciare; non vi era tornato per rifarsi una vita.

specchioceleste

Come le onde gli stavano ricordando, scandendo il tempo al ritmo lento del suo cuore,
vi era tornato per porvi una fine.

chiuse gli occhi
e attese.



CITAZIONE
scena riservata. Si prega all'utenza di non intervenire.



Edited by Ray~ - 15/8/2011, 12:43
 
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Andre_03
view post Posted on 28/8/2011, 11:30




L'aria era satura di odori sgradevoli.
Grasso, olio lubrificante, un acre fetore invadente che esalava dal grande nucleo centrale color della notte. Intorno, nel buio della sala macchine di Purgatory, il ronzio interminabile delle decine di apparecchiature a metà tra una tecnologia incompleta e mistiche conoscenze applicate alla meccanica. Il tempo lì dentro pareva essersi fermato a quando Iena aveva fatto installare i nuovi motori della nave, nonostante le svariate modifiche strutturali che aveva applicato lui stesso nel corso di mesi. Era uno dei luoghi più caldi della nave, ma a numero Dodici piaceva moltissimo perché l'accesso era precluso a chiunque tranne che a lui e pochi addetti.
Una goccia di sudore gli segnò la fronte tracciando un solco sulla fuliggine che ivi si era accumulata. Non batté ciglio, come intrappolato in un sogno ad occhi aperti. Lo sguardo del Razziatore era fisso su un marchingegno di recente applicazione, così tremendamente familiare nelle meccaniche e nella natura da suscitargli talvolta emozioni nostalgiche. Eppure lui non guardava a quell'oggetto, la mente persa in pensieri lontani.
Dodici sollevò sovrappensiero il braccio destro, mettendo mano alla cronovela da polso che aveva riparato e modificato. Ora il bracciale nero poteva solo effettuare transazioni sull'asse spaziale, non più anche su quello temporale. L'Organizzazione non avrebbe mai individuato una cosa così piccola - o, se anche l'avesse fatto, non sarebbe stata in grado di distinguerla da mille altre sue simili. Il problema era un altro.
Sarebbe stato in grado di nascondere agli occhi dei suoi cacciatori anche il teletrasporto di una nave volante?
C'era un solo modo per scoprirlo.
Ma era ancora presto per quello.

« Ricominciamo. »
mormorò quell'incoraggiamento rivolto a nessuno.

Dal salone deserto non si levò alcuna risposta se non il solito crepitio costante che annullava il silenzio.
Poi vi fu uno schiocco seguito da un risucchio, ed il locale rimase nuovamente vuoto.

_______ _ _______

kill my will

killmywill1copy

Una piega nella realtà a mezz'aria, sopra la riva sabbiosa di un lago che fu.
L'istante successivo Iena venne sputato nel mondo alle coordinate precise che aveva impostato; e si guardò attorno con aria interessata, curiosa. Registrò appena la presenza del drago accucciato sulla sponda opposta, ammirando il panorama e pensando a quanto splendido potesse essere stato tempo addietro. Aveva letto molto poco, riguardo la tana di Venatrix - il tanto necessario a localizzarla. Ma ciononostante le sue aspettative non furono disilluse. Quel luogo emanava un'aura di malinconia palpabile, tanto opprimente per via del caldo - paragonabile a quello della sala macchine da cui era appena evaso - quanto per il placido movimento ondoso dell'acquitrino.
Il Capitano del Goryo non sorrideva, stranamente.
Un velo di cupa rassegnazione gli rabbuiava lo sguardo purpureo mentre, con passi lenti scivolava sulla sabbia in direzione della sua preda. Non si era chiesto perché dovesse fare quella cosa, né aveva avuto esitazioni nel decidere di assecondare il desiderio suicida di una bestia leggendaria. Per lui uccidere era una cosa naturale come respirare, mangiare e bere. Dal momento in cui aveva maturato la decisione di ammazzare la Torre tutta quella faccenda si era trasformata in un lavoro.
Nient'altro che questo: l'ennesimo assassinio della sua carriera.

« Cercherò di essere rapido. »

Saltò i convenevoli a piè pari, fissando i suoi occhi cremisi sulla figura dell'immensa bestia accucciata di fronte a sé. Soltanto lo specchio d'acqua li divideva, ma era come se fossero a pochi passi di distanza l'uno dall'altro. Iena disse quella manciata di parole con un rispetto che, nel loro precedente incontro, non aveva adoperato nei confronti del suo interlocutore. Era vittima di una sensazione strana che gli attanagliava lo stomaco e le viscere, contraendole in un'innaturale - per lui - conato di disgusto.
Non seppe mai perché, ma nel suo animo covava un vago senso di colpa.
Una brezza leggera gli accarezzò il petto nudo, scuotendo leggermente le pieghe dei larghi pantaloni che portava. Con gli stivali ben saldi sul terriccio, e le mani strette a pugno nei guanti borchiati lasciò al drago il tempo di destarsi pienamente dal suo torpore. Quello che li aspettava sarebbe stato quantomeno uno scontro leale - questo si ripeteva la Iena, animale da sempre dipinto come infido necrofago senza scrupoli. Nonostante i sentimenti che lo avevano spinto a quella scelta omicida, il Razziatore voleva chiaramente offrire a una creatura così maestosa la degna morte che essa meritava. Così, quando portò avanti il braccio destro di pochi centimetri ed aprì il palmo della dritta ebbe una fitta di quella già percepita vergogna.

killmywill2spadacopy

La vecchia katana apparve dal suolo con un sibilo, rilucendo al cospetto del sole mattutino con grazia.
Era una lama rovinata, già priva di fodero e dall'aspetto antico. Non pareva l'oggetto di morte che avrebbe potuto annientare un drago, né qualunque altra creatura. Eppure nel stringere l'elsa consunta Dodici sentì il suo animo appesantito dalla consapevolezza di molte - troppe - cose. Trasse un profondo respiro, sollevò l'arma di fronte a sé.
Era pronto per la battaglia.
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Il sottotitolo personale 'kill my will' vuole chiudere idealmente il cerchio iniziato con 'freedom of martyrdom', entrambe citazioni di Deadman Wonderland.
La cronovela da polso è un oggetto (citazione da PKNA) in dotazione a tutti gli agenti dell'Organizzazione (ovvero i miei main-PG), che consente loro di traslare su spazio e tempo; non è inserito in scheda in quanto non verrà da me mai utilizzato al di fuori di post come questo, in giocate specifiche.
Non inserisco ancora lo specchietto riassuntivo perché Iena è ancora ad una distanza di oltre 30 metri da Venatrix e qualunque passiva non influirebbe in ogni caso.
 
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La Tour
view post Posted on 4/9/2011, 11:39




« Direi che è tutto a posto. »
Venatrix sentì il palmo della mano di Chronepsis allontanarsi dal suo viso e riaprì le palpebre.
Erano agli Altiventi, all'entrata più bassa di cui le grotte del Lauth disponevano. Innanzi a lui Ashardalon gli sorrideva con fare paterno; Bahamut lo scrutava preoccupato.
« Pare che la tua mente non abbia riportato alcun danno permanente. » aggiunse l'uomo canuto con fare accigliato, calamitando nuovamente la sua attenzione « Il che fa di te un caso fortunato. »
Annuì con condiscendenza, senza prestare realmente attenzione alle sue parole.
Del duello combattuto poco prima con Eitinel, non ricordava quasi nulla. Nella sua mente erano chiari solamente come era arrivato al clan Sorya e come, grazie al provvidenziale aiuto di Ashardalon, l'aveva abbandonato, in macerie. Le memorie del suo incontro con l'inquisitrice erano sfumate e si erano confuse tra loro, sino al punto in cui persino il viso dell'elfa era difficile da ricostruire - figurarsi le fasi del loro combattimento.
Di una cosa, tuttavia, era certo; come Ashardalon non aveva mancato di confermargli, Eitinel era morta.
Sconfitta, divorata, dimenticata. E con lei, Il Sorya avrebbe smesso di esistere.
Aveva compiuto la sua missione con successo, pur non raccapezzandosi nei dettagli. Per conto del Lauth, aveva cancellato l'esistenza della donna che amava.
E benché negli sguardi che i suoi compagni si lanciavano l'un l'altro leggeva un segreto del quale non aveva il diritto di chiedere, nulla avrebbe potuto cambiare ciò che era appena successo.

La sensazione che il suo cuore l'avrebbe condotto nella tomba si fece più forte;
sentì annodarglisi il petto, i polmoni riempirglisi di piombo
rimase seduto in terra, a scrutare i suoi compagni con sguardo spento, incapace di alzarsi
le gambe molli, il petto dolorante, il viso contratto.

Assistette a come il proprio corpo iniziava a reagire alla morte di Eitinel:
all'ennesima morte della donna da lui amata.

L'anima era tutta data nel pensare di questa gentilissima; onde io divenni in picciolo tempo poi di sì fraile e debole condizione, che a molti amici pesava de la mia vista; e molti pieni d'invidia già si procacciavano di sapere di me quello che io volea del tutto celare ad altrui. Ed io, accorgendomi del malvagio domandare che mi faceano
rispondea loro che Amore era quelli che così m'avea governato.
E quando mi domandavano "Per cui t'ha così distrutto questo Amore?", ed io sorridendo li guardava, e nulla dicea loro.


« Non la mia mente, no. »
Come poteva capirlo chi non aveva mai amato?
Strinse una mano al petto, chiudendola e quasi stracciandosi le vesti.
Di lei ricordava ancora la ferma decisione, l'arguzia, l'eleganza, l'indipendenza; le parole che si erano scambiati quando s'erano conosciuti, ad una delle tante feste organizzate dal Sovrano Invncibile.
Aspetti di lei che né Chronepsis, né alcun membro del Lauth aveva mai - né avrebbe mai - conosciuto.
E che da quel giorno, nessuno avrebbe più potuto goderne.

« Voglio - esigo - conferire con mia sorella. »

Ashardalon e Chronepsis si scambiarono un'occhiata preoccupata, in tralice.
Era stato chiesto loro di occuparsi di Venatrix, concedendo lui qualsiasi cosa avesse chiesto. Farlo incontrare con Tiamat, tuttavia, in quello stato, avrebbe scatenato un inevitabile conflitto tra i due che, presumibilmente, li avrebbe condotti lungo la strada dello scontro.
La Torre era instabile - le sue fondamenta stavano iniziando a cedere.
Era fondamentale per il Lauth, tuttavia, che stesse eretta, in piedi - che facesse da Gargolla, che spaventasse il mondo
non importa quanto debole e stanca, non importa quanto pericolante
Venatrix era un simbolo
e tale sarebbe rimasto.

« Tu stai dimenticando, amico mio, ciò che ti è stato insegnato da tuo padre: »
asserì dunque il nero, con voce grigia e atona, incapace di nascondere il dispiacere per ciò che stava esprimendo
« Ogni successo ti costringe ad un catena. Ogni lotta comporta un peso. Ogni vittoria... è legata a un sacrificio.
Stai dimenticando ciò per cui il Lauth è stato fondato - stai dimenticando le ragioni per cui tuo padre ci ha riunito in quest'organizzazione;
Fascies ha sopportato ogni peso; non s'è mai lasciato andare, né la sua convinzione ha mai vacillato.
Il suo corpo era in grado di muoversi anche quando strattonato dalle catene, il suo animo in grado di giudicare con risolutezza anche quando dissanguato dai sacrifici.
e tu, che dovresti essere il suo successore - suo figlio, cedi solamente perché la pace ti ha chiesto in cambio il tuo cuore.

Venatrix,
noi non siamo uomini, né abbiamo alcun diritto a vivere.
Siamo le mani invisibili della pacificazione
siamo guardiani irraggiungibili, infaticabili.
La nostra vita è troppo lunga perché possiamo concederci al mondo esterno; non dimenticarlo:
l'unico tuo amore dovrebbe essere nei confronti dell'ordine che stai difendendo.
»

Per un solo, lungo istante, Venatrix parve convinto.
Il suo sguardo riacquistò decisione, volgendosi su Ashardalon. Le sue membra parvero irrigidirsi e farsi più forti.
Eppure, sul fondo dei suoi occhi giaceva una bestia indomabile - uno lui, l'amico, fu in grado di cogliere.
Una fiamma indomabile e nera - un desiderio di ribellione che la morte di Eitinel aveva liberato; un incendio inestinguibile.
Ciò che la stava alimentando non era una fede rinnovata nei confronti degli ideali del padre, bensì un odio bruciante nei confronti della sorella, dell'organizzazione e di chissà cos'altro.

« Non lo ripeterò ancora:
Esigo conferire con mia sorella.
»

E Ashardalon seppe che Venatrix non avrebbe più obbedito ad alcun ordine del Lauth.

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« Voi umani avete sempre troppa fretta. »
L'arrivo di Hyena lo colse impreparato.
Per alcuna ragione si sarebbe aspettato di vederlo arrivare così a breve dopo il loro appuntamento. Era convinto che sarebbero passati degli anni, prima che il capitano della seconda potenza potesse effettivamente compiere lo sgradevole dovere che gli era stato assegnato.
Questo, soprattutto tendendo in considerazione le circostanze: nel mondo imperversava la battaglia fra il Sovrano Invincibile e l'Asgradel - una battaglia che stava per giungere al suo culmine
perciò il drago s'era aspettato che il comandante della seconda potenza fosse impegnato a proteggere i propri sottoposti, o addirittura a schierarsi e prendere parte ai combattimenti.
Non pretendeva certo che Hyena avesse concentrato tutta la propria attenzione sul loro scontro, in quella situazione.

E tuttavia, la cosa non lo infastidiva, né lo allarmava.
Quel momento era ciò che più desiderava - attardarlo non avrebbe fatto altro che rendere più difficile l'attesa.
Eppure, non riusciva a cancellare dalla propria immaginazione l'idea di uno Hyena più maturo, coperto di segni e cicatrici, con la barba incolta, giunto a lui solo dopo un lungo addestramento - un ammazzadraghi adulto e navigato, proprio come quelli di cui si legge nelle fiabe.

Se nella sua forma draconica avesse potuto sorridere, le sue labbra si sarebbe inarcate verso l'alto. Invece furono solamente gli occhi a piegarsi, in un inappropriato segno di gioia.

Benché lo Specchio Celeste fosse lontano dal Maniero, il sole nero splendeva anche lì, alto nel cielo e grande come un pianeta, inaridendo il terreno circostante.
I suoi riflessi portavano con sé i toni di una battaglia della quale Venatrix aveva sentito solamente parlare - un combattimento inasprito dalla mole delle potenze coinvolte.
Una guerra che lui stesso avrebbe dovuto fermare - ma che non aveva potuto.

« Un tempo mi fu ricordato che non esiste alcuna vittoria priva di sacrificio. »
disse lui rialzando il capo, sollevandosi e sedendosi nella sua maestosa forma draconica, a poca distanza da Hyena.
« Venendo qui, tu stai sacrificando l'incolumità dei tuoi sottoposti che partecipano a questo Valzer che il Sovrano Invincibile e l'Asgradel stanno ballando tra loro. Il tuo "clan" »

Allungò il capo verso il sole nero, forse sperando di scorgervi l'andamento della battaglia -
immaginandolo come uno specchio, un buco che potesse riflettere ciò che stava accadendo a grande distanza.
Così che Hyena potesse vederlo. Così che Hyena potesse rendersene conto.

« ...ed è per questo che vincerai questo scontro, oggi. »
aggiunse, senza distogliere lo sguardo dalla stella.
« Poiché il mio cuore non ha più nulla da sacrificarsi. Io sono qui, parlo, respiro, ma sono già morto. »

Tutto aveva un senso, in quel momento.
Ogni cosa trovava la propria risposta.
Ogni missione, il suo risolutore.
Ogni sgarbo, la propria punizione.
Venatrix non avrebbe potuto combattere Ray - non nelle sue condizioni. Col suo cuore in pezzi, non avrebbe fatto altro che ballare nel palmo della sua mano, incapace di sopravvivere alle menzogne e alle convinzioni del sovrano; incapace di confrontarlo. Se se lo fosse trovato innanzi, il Re Mascherato avrebbe semplicemente ritorto il suo cuore contro di lui, impedendogli di combattere - o peggio, trasformandolo in un proprio servo.
Ma Hyena - Hyena avrebbe potuto sconfiggerlo. Hyena avrebbe potuto fare sua la missione che era stata di Venatrix.
e forse era stato un bene che il comandante si fosse presentato così presto;
così avrebbe potuto fare di lui il sacrificio necessario a compiere il proprio successo.

« Uccidendo me, Hyena, capirai dove dovresti essere. »
sorrise elegantemente - incurvando il lungo collo serpentino verso di lui.
Gli sibilò in viso i propri tormenti, portando il muso a pochi centimetri dalla faccia del comandante.
« Uccidendo me, compierai il sacrificio necessario a capire la tua vera missione.
...fermare il Re che non perde mai.
»
al posto mio.



CITAZIONE
Come ormai sapete, Venatrix non è aggressivo; di conseguenza rinuncio al primo turno di combattimento in favore di una presentazione "ampliata", come nella scena precedente.
Mi scuso per la mancanza di immagini, ma il mio hard disk ha deciso di bruciarsi completamente, causando la perdita di qualsiasi immagine degna di lavorazione, programma per lavorarla, brushes, texture, lavori precedenti etc. etc.

ReC: 400 / AeV: 250 / PeRf: 550 / PeRm: 925 / CaeM: 25


Status Fisico: Illeso (100%)
Status Psicologico: Illeso (100%)
Energia Residua: 100%
Abilità Passive: Dei draghi d'oro, la prima cosa che salta all'occhio è indubbiamente la potenza. Essi sono, in natura, i dominatori su qualsiasi altra razza draconica, nonché più giusti e più affidabili; detengono una quantità di potere magico di gran lunga superiore a quello dei loro simili e comunque non sono loro da meno negli scontri fisici: la loro pelle è dura come il ferro, le loro zanne possono distruggere la pietra e i loro artigli sono affilati come rasoi [Tre armi naturali]; solo le ali e il ventre sembrano sprovvisti di protezione alcuna. La loro superiorità fisica e mentale è indiscussa e mai contestata da alcuno [Un occhio della Tigre; Due occhi della Lince; Anello del potere Maggiore; Abilità passiva per la redistribuzione dei punti assegnati alla CaeM valida solo per la forma Draconica]; questo, poi, viene anche dimostrato apertamente dalla maggior parte degli appartenenti alla razza, che hanno sviluppato - nel corso della loro evoluzione - un particolare meccanismo di allerta ben più complesso della semplice colorazione che si può incontrare in natura. Che essi siano in forma umana o draconica, difatti, la loro figura emana involontariamente una potente sensazione di disagio che, andando a colpire la mente degli astanti, farà suonare in loro un potente campanello d'allarme, che porterà con sé il messaggio chiaro e tondo di "colui che ho innanzi non è ciò che sembra" [Abilità Razziale degli Avatar].
Sempre come ostentazione della propria superiorità, i Draghi d'oro sono divenuti - nel corso della loro evoluzione - maestri delle capacità arcane più disparate. Benché difatti la loro razza tenda naturalmente ad assimilare i concetti e le tecniche della luce e del sacro, la maggioranza degli appartenenti a questa specie può dirsi anche in grado di manipolare a piacimento elementi della magia che solamente gli stregoni più esperti si avventurano a riconoscere [Abilità personale che permette l'utilizzo delle pergamene della classe "Mago".]. Ciò ha permesso loro di sviluppare inusuali poteri, per nulla condivisi dai propri simili, con i quali hanno soddisfatto i propri desideri più disparati. Esemplificando, benché i draghi d'oro adorino l'acqua e gli ambienti acquatici più in genere, essi non hanno mai potuto permettersi di vivervici all'interno fino a quando non si sono evoluti in senso più magico: ora qualsiasi membro appartenente a questa specie è divenuto in grado di respirare sott'acqua per un breve periodo di tempo [Pozione di Apnea], e sono in molti quelli che hanno deciso di costruire le proprie tane sul fondo di laghi scintillanti, o vicino al mare. Allo stesso tempo, i draghi d'oro hanno sviluppato l'utile capacità di poter ignorare i limiti imposti ai propri simili a riguardo del proprio aspetto - possono assumere il loro vero aspetto indipendentemente dall'ora o dal tempo [Amuleto Luce].
In ultimo, vi è l'inusuale capacità di poter percepire qualsiasi oggetto nelle vicinanze che abbia anche il minimo valore monetario. Per loro natura, infatti, i draghi - e specialmente quelli d'oro - sono attirati dai tesori e dalle pietre preziose. Col tempo, dunque, sono divenuti in grado di percepire la presenza di qualsiasi monile intorno a loro, come se questi li chiamassero: più il loro valore sarà alto, più la chiamata sarà forte, come a provocare l'innata avarizia degli appartenenti a questa razza. Questo, qualsiasi sia la natura dell'oggetto: armi, artefatti, gemme, monete d'oro o quant'altro [Abilità personale passiva].

I draghi dalla corazza incisa sono quei draghi che - appartenenti a qualsiasi razza - decidono di rinnovare la fede al loro Lauth incidendo nel loro corpo i voti e i giuramenti di tale proposito. Scavano sulla propria corazza veri e propri tatuaggi dei colori più disparati, che rendono il loro aspetto draconico ancora più terrificante a vedersi e da fronteggiare. Nel particolare, Venatrix ha usato un colore rosso sangue per le pitture imposte sulle proprie scaglie, così da uniformarlo alla sua pigmentazione cremisi: i tatuaggi sono divenuti anche una maniera per coprire le macchie rosse ereditate da sua madre che si aprono sul suo corpo d'oro. Egli, inoltre, ha rinnovato la propria volontà al Lauth e i propri voti più volte nel corso della storia, finendo col riempirsi di decorazioni sempre nuove: oggi egli è più cremisi che scintillante, e lo splendore della sua razza d'origine sembra quasi dimenticato dalla sua pelle. Tuttavia, ognuno di questi tatuaggi racchiude un potente glifo di protezione: incantesimi che difendono il drago dai nemici più disparati, rendendolo un turbine inarrestabile. Primo fra tutti questi vantaggi, vi è la soppressione della vulnerabilità nei confronti dell'elemento sacrilego: tutte quelle tecniche che, infatti, sostengono di provocare più danni agli avatar di stampo angelico, colpiranno Venatrix come se egli non lo fosse. Come se fosse un semplice uomo, non vulnerabile alle arti necromantiche più abiette [Abilità personale passiva]. In secondo luogo, vi è l'incremento nella resistenza naturale dei draghi nei confronti dell'elemento che essi sono in grado di soffiare; nel caso di Venatrix, il fuoco. Se egli infatti dovesse essere vittima di tecniche nemiche basate sul suddetto elemento, il danno che esse provocheranno contro di lui andrà considerato di un livello inferiore rispetto al consumo impiegato per evocarle. Tecniche di fuoco Critiche provocheranno dunque un danno Alto al corpo di Venatrix, tecniche Medie un danno Basso, e così via, seppur questo danno non potrà mai essere completamente ignorato. Inoltre, tali rune non abbasseranno in alcun modo la potenza della tecnica utilizzata dall'avversario, ma né smorzeranno solamente il danno una volta giunto al contatto con la pelle di Venatrix. Se egli volesse dunque affrontarle, dovrebbe comunque impiegare i consumi appropriati [Abilità personale passiva]. Seguendo poi con le rune incise sul corpo del drago, vi sono quelle che impongono su di lui non solamente una resistenza elementale, ma anche una resistenza psionica - ma se si pensa che si stia parlando di una banale difesa psionica passiva, non si può essere più in errore. Questa è infatti, piuttosto, un'immunità al dolore psionico; la capacità di mantenere il sangue freddo e la calma indipendentemente dai danni subiti dalla propria mente, ma in nessun modo uno scudo o una barriera contro le suddette offensive psioniche. Semplicemente, Venatrix sarà sempre in grado di mantenere il proprio carattere e il filo logico dei pensieri indipendentemente da quanto gli illusionisti tenteranno di distruggerli [Abilità personale passiva]. In ultimo, vi sono i disegni più pratici ed utili nel furore della battaglia; i primi che Venatrix ha dipinto sul suo corpo, e quelli che gli hanno salvato la pelle più volte nel corso della sua esistenza. I vantaggi sono differenti e diversificati; primo fra tutti la capacità di evocare le proprie tecniche difensive - purché esse siano prettamente difensive - in maniera assolutamente istantanea, prima ancora che il proprio corpo comprenda ciò che la mente desidera imporre. In secondo luogo, il potenziamento delle proprie difese a 360° che, a dispetto di qualsiasi regola imposta dalla fisica, non disperderanno la propria energia e avranno la stessa potenza del consumo impiegato per evocarlo [Effetti passivi del dominio absolute defence].

L'immortalità pare cosa tremendamente distante e lontana se paragonata alla celere esistenza umana. Eppure l'eternità di un ricordo non potrebbe che essere misurata con fragili istanti. Meri attimi. Semplici frazioni di sguardo, unico e solo fotogramma riesumabile. Poiché il ricordo è tanto distanza quanto vicinanza per colui che vi si ritrova a richiamarsi ad esso. Così, vivo solo per una sola fragilità di un istante, Venatrix non potrà mai definirsi "vecchio" o "antico" agli occhi di altri. Egli potrà essere solo un'immagine. Solo il vissuto in un'unica, inalterabile, atemporalità perennemente immota per chi, con occhi stupiti e curiosi, tenterà invano di rimembrare quando, esattamente, egli cominciò a divenire memoria nella sua mente. In termini di gioco, Venatrix non è in grado di invecchiare. Terribilmente antico nella mente, egli è condannato ad avere per sempre le sembianze di un ragazzo o, egualmente, di un giovane Drago. Tutti coloro che avranno la fortuna di imbattersi in lui non solo avranno istantaneamente la netta sensazione di ricordarlo, ma da quel momento in poi non saranno effettivamente in grado di dimenticare la sua figura. Questo tuttavia non le farà divenire Impronte di Venatrix. [Influenza psionica Passiva]


Edited by Ray~ - 4/9/2011, 12:45
 
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Andre_03
view post Posted on 14/9/2011, 16:00




Avrebbe voluto rispondergli.
Frase per frase, parola per parola; spiegare anche a lui - al Drago possente e saggio - quali e quanti fossero gli errori commessi nella valutazione appena espressa, dirgli con tutto il rispetto che: no, non aveva capito un cazzo.
Ma non lo fece. Non quella volta. Si limitò a prendere la via per la battaglia con una flemma rilassata. Camminando oltre la pozza che era stata un maestoso lago, verso la bestia che era stata una grandiosa leggenda. Il senso di colpa andava affievolendosi in Dodici, spazzato via dalla fredda consapevolezza di essere ancora una spanna lontano da Venatrix, ma stavolta non necessariamente in basso o in alto. Nessun rapporto di inferiorità o superiorità: loro erano semplicemente diversi e distanti.
Iena avrebbe voluto parlare alla sua prossima vittima di molte cose.
Dirgli: « Quei hijos de puta? » sottovoce e con un sorriso « Sanno cavarsela meglio di quanto credi. E sono liberi di andare a morire dove gli pare. » mentendo col tono di voce, con l'atteggiamento sprezzante. Facendo finta che non gli importasse niente dei suoi uomini.
Invece tacque.
E riguardo alla fretta degli umani, beh; per quell'argomento dovette trattenere una grassa risata. Chissà cosa avrebbe pensato quel grande e vetusto Drago, se avesse saputo che al suo cospetto non c'era un essere umano. O che quella infima creatura aveva vissuto più di lui, soltanto chiusa in una capsula senza tempo e senza luogo; aveva visto morire i suoi conoscenti più volte, nell'eternità ovattata del carcere cronale in cui era detenuta; aveva subito bombardamenti di particelle chiamate tachioni, col risultato di essere diventata meno sensibile al trascorrere del tempo ma più attenta alla fragilità della vita. Tanto da comportarsi come l'umano che il suo aspetto esteriore ricordava.
Invece tacque.
Si limitò ad annuire gravemente, guardando l'altro negli occhi.

« Lo so. » ammiccò con un ghigno sarcastico che gli rigava il viso
« Il ragazzino è il prossimo della lista, non preoccuparti. »

Era di fronte al nemico, ormai.
Poteva sentirne la presenza anche sulla pelle: quella pressione psicologica che dava i brividi e faceva urlare il corpo dal panico. Esattamente come la ricordava. Furiosa, pesante, indomabile. Non cercò di combatterla, piuttosto si fece invadere da essa. Se ne nutrì, alimentando la propria concentrazione. Aveva di fronte un vero e proprio mostro, ma gli era già successo di trovarsi in situazioni analoghe. La chiave per uscirne vincitori erano sempre gli strumenti: con quelli adatti, anche un dio poteva capitolare. E lui lo sapeva bene.

« È solo questione di tempo. »

Sorrise con maggiore convinzione, mentre il suo braccio sinistro veniva avvolto da scariche elettriche.
Ray, il suo sole nero, la sua guerra. Tutto passò in secondo piano per il Razziatore. Rimasero soltanto lui e la sua prossima preda. Nient'altro. In quell'istante in cui ogni cosa smetteva di esistere, numero Dodici strinse la mancina a pugno e trasse un rapido quanto profondo respiro.

« Arrivo. »
un battito di cuore, poi la battaglia esplose

ienafenrilcopy

« Fenrir. »

Il lupo ululò col tuono, emergendo come naturale propagazione del colpo sferrato a vuoto.
Alle sue spalle corse la iena ringhiante, sulla scia elettrica che la bestia - grande quanto Venatrix stesso - lasciava sul terreno sabbioso. Nell'aprire le ostilità, con così improvvisa e voluta violenza, il ragazzo dai capelli corvini si portò addosso al drago con la spada protesa in avanti. Il filo del Flagello era già rivolto verso l'alto quando Iena giunse sotto l'altro e, noncurante degli effetti della bordata elettrica che gli aveva rivolto contro, menò una mezzaluna crescente con la quale mirava a tagliare in due il muso del figlio di Fascies.
Per ammazzarlo così come lui stesso desiderava.
Per porre fine alle sue sofferenze.
__________________ _______ _ _______ __________________


CITAZIONE

B L O C K N O T E S
appunti sparsi

[ReC_275] - [AeV_300] - [PeRf_425] - [PeRm_325] - [CaeM_275]


Condizioni Fisiche Illeso
Condizioni Psichiche Concentrato
Energie Residue 87%
Equipaggiamento Tasers; Flagello di Fascies (mano dx)
Passive Forza e Resistenza superiori, emorragie e consumi energetici ridotti, consapevolezza del proprio status fisico [Loser's Answer]; auspex per gli artefatti passivo [Scavenger's Revenge]; possibilità di ignorare le armi naturali degli Avatar [Il filo];
Tecniche lupo elettrico di potenza Critica [Electrify]; fendente di portata Alta basato sulla PeRf [Fight Club];
Note Mi scuso per il post brutto, vedrò di rifarmi. Ho considerato l'avanzare di Iena - che era inizialmente fermo oltre il lago - contemporaneo al discorso di Venatrix così da farli trovare faccia a faccia verso la fine, come descritto dal post del socio.

____ _ ____



CITAZIONE
Reperto 12.HY-346 - Tasers
Classe D - Guanti da battaglia
Precedente proprietario: Kensei Muguruma; razziato qui.

Creati appositamente per lo stile di combattimento di Kensei Muguruma, questi guanti possiedono una serie di capacità stordenti paragonabili a quelle dei comuni tasers elettrici. All'apparenza normalissime protezioni per le mani di tessuto nero, che lasciano scoperte le parti superiori delle dita, hanno come unica componente offensiva soltanto delle borchie metalliche d'acciaio in corrispondenza delle nocche. Tuttavia, sono dotati di un dispositivo autosufficiente che genera ad oltranza delle scariche elettrostatiche di potenza scarsa, tale comunque da non essere ignorata da un fisico umanoide o simile. All'atto pratico, si tratta di una semplice scossa elettrica stordente, che si può rendere pericolosa soltanto se combinata con un impatto fisico già di per sé forte. Non è ben chiaro, in ogni caso, quali siano le reali potenzialità di quest'artefatto. Il solo capace di sfruttarlo appieno era l'ormai defunto Muguruma e parrebbe che il segreto dei Tasers sia morto con lui.

[Electrify] Le vittime dell'ormai deceduto Generale Muguruma presentavano tutte una caratteristica particolare: ustioni; talvolta finivano addirittura carbonizzate, risultando quindi irriconoscibili. Dapprima Iena aveva collegato questo dettaglio al coltello da combattimento che aveva sottratto al Nono, ma presto ha realizzato che: no, non era Enola Gay a ridurre i nemici dello stronzo brizzolato a quel modo. Il piccolo generatore elettrico insito nei guanti ha difatti il potere di creare scariche di varie proporzioni, dalle più insignificanti ad immensi fulmini; tutto questo lo fa senza nemmeno attingere dalle energie del portatore, sebbene sia limitato in termini di tempo (è un'abilità da utilizzarsi difatti con molta parsimonia per non causare sovraccarichi nel sistema). Ciascuna di queste scosse può sia devastare il corpo del bersaglio che violare il suo sistema nervoso - eccitandolo esageratamente al punto da causare ingenti danni a seconda della quantità di elettricità emessa. (Nullo)


CITAZIONE
Reperto 12.HY-347 - Flagello di Fascies
Classe A - Katana [1.4 kg, 109 cm]
Precedente proprietario: ignoto; razziato qui.

flagellocopy


double, double toil and trouble;
fire burn and cauldron bubble.


Vi sono storie che si tramandano per secoli, cambiando leggermente a seconda della voce che le diffonde, senza mai essere dimenticate. Vi sono storie che, invece, si trasformano di parola in parola, giungendo alle nostre orecchie ben differenti da come quando erano state scritte la prima volta. Infine, vi sono storie che si perdono nei meandri del tempo, volgendo il capo dietro ad una grande guerra e scomparendovi all'interno. Storie di uomini, avvenimenti, creature fantastiche.

La storia del negromante Aylmer è una di quelle che si sono perse fra le pagine della storia, per quanto terrificante essa fosse. Un uomo le cui ambizioni si erano spinte al punto da costringere i draghi ad intervenire contro di lui, nel tentativo di fermarlo. Con lui inizia anche il mito del flagello, benché alcuni siano convinti che la spada esistesse prima ancora di Aylmer; che essa sia in effetti nata assieme al primo dei draghi, come non fosse altro che la sua ombra scura.

L'unica versione esistente della leggenda vuole - tuttavia - che sia stato lo stesso Aylmer a forgiare il flagello. Sapendo che ben presto lo splendente grande dragone Fascies e i suoi accoliti sarebbero intervenuti nei suoi confronti per impedirgli di espandere il proprio dominio su qualsiasi terra conosciuta, egli si adoperò per ricreare un'arma che potesse sconfiggere le creature che prima potevano essere solamente ammirate dalla distanza. Eppure, il flagello pare nulla più che una semplice katana - a tutt'oggi persino un poco arrugginita - dal manico nero e la guardia d'oro.

Nonostante il suo utilizzo, Aylmer morì nel combattimento - seppur infliggendo a Fascies quella che si sarebbe rivelata una ferita mortale - e il flagello scomparve nel nulla. Si dice che sia riapparso come per magia, nel corso dei secoli, nelle mani di coloro che hanno tentato di opporsi ai draghi; di chi abbia covato incredibili rancori nei confronti di queste creature, come se la lama possedesse un'intelligenza che la spingesse a ricadere nelle mani di chi la potesse utilizzare al meglio. In realtà, il flagello non possiede alcun ego; solamente un cieco istinto, la cui insistenza gli permette di ripiegare il fato intorno a quei pochi elementi che incrociano le spade con gli appartenenti alla razza draconica: un'ammazzadraghi, assetata del sangue di queste creature, che - proprio come se li cercasse - ricade di quando in quando nelle mani di chi la porterà a fronteggiare - e uccidere - i suoi nemici naturali.

[La sete] Come sopra detto, il flagello di Fascies - così rinominato dopo la sua prima vittima degna di tale importanza - possiede un istinto cieco che lo spinge a ricadere nelle mani di chi si appresta ad uccidere un drago. Tuttavia, non si può parlare di ego: la lama non possiede né le facoltà, né l'intelligenza di comunicare con il proprio portatore. Essa, semplicemente, si limita a far sì che quest'ultimo la trovi; entra in risonanza con il sentimento di chi è assetato del sangue dei dragoni e lo richiama, facendo sì che questi possa ritrovarla. Non è neppure necessario che il portatore abbia contrasti con le suddette creature in quell'istante: il flagello - come se piegasse il fato al suo volere - è in grado di "comprendere" chi un giorno potrà usufruire di lui a dovere e chi invece non ne ha alcun interesse. Per queste ragioni, la katana non può essere sottratta dal proprio portatore; o meglio, il ladro può anche tentarci, ma poi si ritroverà a perderla inconsciamente e - come per magia, per caso - essa tornerà nelle mani del suo precedente possessore, nelle mani di chi saprà dissetarla a dovere. Le cose saranno differenti nel caso in cui il ladro possegga un bruciante desiderio di combattere i draghi: in tal caso, il flagello non lo abbandonerà e si accosterà placidamente al suo nuovo portatore. (Passiva)

[Il filo] Normalmente, nessuna katana può scalfire la corazza di un drago. Essa è più resistente di qualsiasi armatura, e al tempo stesso i suoi artigli e le sue zanne sono più affilati di qualsiasi lama. Non esisterebbe, dunque, arma alcuna in grado di porsi a paragone di tali meraviglie naturali - se si esclude, ovviamente, il flagello. Ombra e nemesi di queste stesse caratteristiche, il filo di questa spada è stato forgiato nelle fiamme dei polmoni elementali di centinaia di queste creature, e s'è lavato del sangue di migliaia di esse. È facile immaginare, dunque, che possegga naturalmente la forza di ignorare qualsiasi arma naturale posseduta dal proprio avversario - sia essa una corazza, un artiglio o una zanna - forandola e tagliandola come se fosse pelle umana. E tuttavia, non è questa la sua caratteristica più terrificante, bensì la spaventosa maledizione che la contraddistingue. Dovendo trovarsi innanzi un appartenente alla razza dei draghi - o, più generalmente, un qualsiasi avatar - la sete dell'arma sarà tale da impregnare qualsiasi ferita provocata al corpo dell'avversario. Qualsiasi danno ad esso causato, infatti, sarà permanente e impossibile da guarire con alcuna abilità di cura: sono infatti più i draghi che sono caduti giorni dopo il combattimento - preda delle ferite critiche subite e incapaci di soppesarle senza indebolirsi giorno dopo giorno - piuttosto che quelli morti al termine del combattimento. Come se li colpisse con un micidiale veleno, infatti, il flagello fa in modo che le cicatrici sul loro corpo rimangano sempre dolorose e che non possano mai essere rimarginate del tutto. (Passiva)


CITAZIONE

-L O S E R ' S - A N S W E R-
Numero 12 è stato creato per combattere. Più nello specifico, per uccidere. E' uno degli assassini più pericolosi di cui l'Organizzazione disponeva, costruito sulla base di precise indicazioni del Generale 3. Questi ha voluto una macchina da guerra capace di sopravvivere a qualsiasi sfida, pronta e reattiva ma soprattutto potente oltre ogni limite.
Lasciandosi ingannare dalle apparenze, si direbbe che "Iena" sia uno di quei mingherlini che, per picchiare, si affidano alla rapidità piuttosto che alla forza bruta; tutte stronzate. La sua indole va a braccetto con una prestanza fisica molto al di sopra del normale, coadiuvata da una resistenza...particolare. Il numero di danni che quest'uomo può sopportare è immane, grandioso. Pur non essendo immune alla sensazione di dolore, può battersi anche con squarci sul ventre o tagli sulle braccia, venendone soltanto rallentato nel caso in cui queste ferite risultino troppo eccessive. Inoltre, grazie sempre alla forza immane che possiede, gli risulta semplicissimo sollevare pesi di notevole grandezza,
Tuttavia, ciò che più colpisce delle capacità straordinarie di 12, è il suo innaturale legame con il sangue. Autodefinitosi "Elementalista del Sangue", sa gestirlo in maniera assolutamente incredibile. Oltre ad essere in grado -come si vedrà- di creare dal nulla (e col minimo sforzo) alcune particolari aberrazioni sanguigne, ha come facoltà innata la quasi totale immunità alle emorragie. Specifichiamo: se tagliato, Iena perderà sangue come qualsiasi essere vivente, ma in quantità nettamente inferiori pur percependone il dolore normalmente. Il che, data la sua natura di assassino brutale...è una vera e propria mano santa. Ciò gli consente perfino di identificare i punti del suo corpo feriti, sia in caso di emorragie in corso, che non: Iena sa sempre in che condizioni versa, dove è stato colpito e con quale intensità. Un'abilità fondamentale, considerando che un professionista del suo calibro non può contare sull'aiuto di altri che sé stesso.
(Passiva)


CITAZIONE

-S C A V E N G E R ' S - R E V E N G E-

Iena si autodefinisce un assassino, ma per predisposizione genetica è anche -e soprattutto- un Razziatore. Insito nel suo essere si nasconde infatti l'animo di un ladro di artefatti pandimensionale, che lui non può (né vuole) ignorare. Quest'indole si manifesta in molti modi: prima su tutti è la curiosità naturale che Numero 12 manifesta di fronte a qualsiasi genere di artefatto non convenzionale su cui gli capiti di posare gli occhi. Non è un credulone, tuttavia adora sentire parlare di armi o oggetti leggendari e favolosi, che sogna spesso di poter recuperare. Essere stato chiuso per anni in un carcere cronale sospeso tra tempo e spazio non ha fatto altro che acuire i suoi desideri, così in lui si sono risvegliate diverse capacità latenti. Tutte derivate dal suo paparino, ovviamente.
Innanzitutto Dodici è in grado di sentire gli artefatti. Ne percepisce l'odore. Esattamente come i cani avvertono la paura nelle altre creature, né più né meno. Qualunque oggetto dotato di poteri o potenzialmente tale entri in un raggio di trenta metri da lui, Iena lo sente. In più, riesce anche a capire quanto sia potente -in base a una scala di valori assimilata con l'addestramento. Da vero animale da preda, quindi. Chiaramente non è in grado di stabilire che genere di abilità l'artefatto possegga -ma qui viene il bello dell'effetto sorpresa, sostiene lui.
Altra peculiare caratteristica del nostro è saper usare le varie cianfrusaglie che accumula. Questo non significa che, appena entrato in possesso di una qualche arma, Iena sia in grado immediatamente di discernerne i poteri e padroneggiarli al meglio: chiedere alla Gorger per ulteriori informazioni sul processo di sottomissione. Soltanto, Dodici ha la capacità di richiamare a sé in qualsiasi momento l'arma o l'oggetto che desidera con il semplice sblocco delle unità cronali in cui sospende il proprio equipaggiamento. In soldoni -e per i non addetti ai lavori- significa che tutto ciò che Iena possiede è sempre con lui, in attesa di essere strappato dall'alcova in cui è riposto per squartare o disintegrare lo stronzo di turno.
(Passiva)


CITAZIONE

-F I G H T - C L U B-
don't-forget-the-rules

Non si è mai considerato un bravissimo spadaccino, Numero Dodici. Sa brandire quasi ogni tipologia di spada, persino quelle più grosse e pesanti. Questo lo deve alla sua strabiliante forza fisica; tuttavia, per mancanza di interesse e di applicazione...il suo stile risulta oltremodo grossolano. È pieno di movimenti inutili, di gesti grezzi e privi di classe. Ma per fortuna la fantasia non gli manca. Fondamentalmente è grazie a questa caratteristica che riesce a cavarsela anche quando affronta i più valenti spadaccini, a spasso per le dimensioni e le ere.
La sua prima regola è "non ci sono regole". Della seconda e successive non ha, ovviamente, bisogno. In combattimento è sempre stato così, una costante improvvisazione che l'ha portato a gestire molto bene le proprie energie. Oramai sa trasformare senza problemi un fendente qualunque in un attacco temibile, un affondo nella tecnica che non ti aspetti. Il tutto basandosi semplicemente sulla sua prestanza fisica (PeRf). Insomma, si arrangia come può, per sporcarsi al meglio le mani di sangue (altrui).
(Variabile)


 
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La Tour
view post Posted on 15/9/2011, 15:29




Dicono che il pregio più grande di Fascies fosse la pazienza.
Pazienza nel vivere, pazienza nel morire. Si racconta che il grande dragone d'oro si prendesse sempre un anno di riflessione prima di compiere qualsiasi scelta decisiva, che riuscisse a sopportare qualsiasi angheria e che fosse in grado di portare sulle spalle l'intero peso del mondo e degli odi dell'umanità.
Che egli non perdesse mai la calma, né che il suo viso fosse mai stato segnato dal turbamento.
Fascies era l'essere perfetto; l'archetipo di ciò che dovrebbe significare essere un drago. Eppure, venne ucciso proprio da questa sua perfezione - da una spada forgiata per danneggiare il più gravemente possibile le creature come lui; dal tempo speso ad attendere il ritorno di suo figlio quando avrebbe potuto trattare le sue ferite, che mai avvenne.
Egli era paziente, calmo, deciso, pacato e ragionato.
Egli non era impetuoso, né tormentato, né impulsivo.
L'esatto contrario di suo figlio.

« Fascies era il mio più grande amico, il mio mentore, la persona che più ho rispettato nel corso della vita
siete più simili di quanto tu creda, Venatrix.
»

Eppure eccolo lì, a chiedere ad un estraneo di ucciderlo.
Eppure eccolo lì, sull'orlo del suicidio.
Eppure eccolo lì, affogato dai tormenti del suo cuore.

Venatrix, la vergogna. Venatrix, la pecora nera.
Venatrix, il già deceduto.

Nulla di tutto ciò aveva più importanza.
S'era finalmente slegato dalle catene di un singolo "obbedisco"; liberato dall'oppressiva ombra delle parole insidiose di sua sorella
e l'aveva fatto nell'unico modo possibile - la morte.
La morte l'avrebbe salvato; avrebbe posto fine ai suoi dubbi e alle sue angosce; cancellata la sua vita, avrebbe potuto coricarsi in una bolla di silenzio e buio, lontano da tutto ciò che l'aveva lacerato e distrutto. Egli non sarebbe stato più nulla, e nulla l'avrebbe più colto.

Io, Venatrix, oggi muoio
e non ho niente da lasciare ai posteri
poiché nella mia vita sono stato nulla
e oggi il mio corpo si riunirà al mio animo
divenendo nulla anch'esso.


obbedisco.
a ciò che mi chiede il cuore, a ciò per cui spingono le membra
a ciò che ho sempre desiderato, a niente e ad alcuno
ai miei sogni, alle mie speranze
alla scomparsa di ogni male
io, finalmente, obbedisco.

ora sono come Giuda
timoroso di ciò che sono diventato
la paura di vivere, indosso come un gioiello
per farti piacere, ucciderò il Re

non più io
ma qualcuno in mia vece
ho fatto ciò che avevi chiesto
ho ucciso il Re


« e allora, non ho più nulla da temere. »
sussurrò, lasciando schioccare la lingua sul palato, in risposta all'affermazione di Hyena
« perché l'eroe è giunto -

e il traditore, muore.
»

io, Venatrix, il Giuda.

Fu in quell'istante che il drago trovò la pace - la pazienza.
In quell'attimo, egli fu identico a suo padre; più simile di quanto fosse mai stato. E non perché stava per incontrare la stessa fine, quanto più per la pacata ragionevolezza che si gonfiò nel suo animo, scacciando qualsiasi tormento.
I suoi occhi si socchiusero in un sorriso di gioia, nella consapevolezza del sopraggiungere del suo boia.
Nulla lo affliggeva, nulla lo abbatteva
con la calma di chi sa che le cose andranno per il verso giusto,
Venatrix attese la morte con il sorriso sulle labbra
la pace nell'animo
la risolutezza nel corpo.

qualcuno si sarebbe occupato del resto;
non lui.
non più.

Quando l'emanazione elettrica di Hyena lo raggiunse, egli si limitò a soffiarvi in contro, annichilandola e costringendola in un vortice di fiamme.
Rosso e giallo si avvolsero a vicenda, svanendo nel crepitare dello scontro e infrangendosi l'uno con l'altro in un'esplosione di calore che lo investì come una piacevole brezza estiva.
Non si accorse, tuttavia, dell'attacco del capitano, distratto com'era.

La lama lo raggiunse al capo, proprio nel momento in cui lo voltava
e per un attimo, fu accecato dal suo stesso sangue.

Hyena l'aveva ferito gravemente, infliggendogli una lacerazione che andava dal collo alla punta del muso, passando esattamente sotto l'occhio, a causa del suo brusco spostamento, dovuto più che altro alla curiosità scatenata dal rapido movimento dell'avversario più che alla volontà di difendersi.
Volse il capo verso di lui, senza scomporsi, dolorando per il profondo taglio - i movimenti del suo collo s'erano fatti già più rigidi, più lenti - e gli mostrò come un attacco di quel tipo non avrebbe potuto ucciderlo; come la lacerazione stava già ricomponendosi, riportando il suo corpo allo stato naturale, o quasi.

di-TD10

« prenditi pure il tuo tempo »
in quell'istante, uguale a suo padre - stessa morte, stesso carnefice, stessa accettazione
« ho trovato la pace,

morirò con pazienza.
»

ReC: 400 / AeV: 250 / PeRf: 550 / PeRm: 925 / CaeM: 25


Status Fisico: Ferita di livello Medio al viso (88%)
Status Psicologico: Illeso (100%)
Energia Residua: 64%
Abilità Passive: zanne, artigli e scaglie come armi naturali, presenza terrificante, auspex per gli oggetti di valore, soppressione del punto debole degli avatar angelici, resistenza al fuoco, immunità al dolore psionico, tecniche difensive istantanee e alzate di un livello se a 360°, permanenza nella memoria degli interlocutori.
Abilità attive utilizzate: Consumo Critico della pergamena "Padronanza del fuoco" per bloccare Fenrir. Consumo alto delle pergamena "Aura di guarigione" per curare parzialmente la ferita subita.
Note: Venatrix blocca Fenrir soffiando un getto di fiamme di potenza Critica, quindi subisce l'attacco di Hyena. Dopodiché, si cura parzialmente, dimezzando i danni subiti. Ancora non attacca (non ne ha ragione).
 
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Andre_03
view post Posted on 19/9/2011, 19:30




Il tuono, la luce, le fiamme, il sangue.
Avvenne tutto con una rapidità tale che a malapena gli occhi di Iena - seppur allenati - riuscirono a registrare nella sua mente le immagini di quel breve, quanto intenso scontro. Era stato un assalto frontale insolito, quello portato da Dodici. Non sapeva neppure lui perché, ma aveva aggredito Venatrix in modo da permettergli di difendersi. Fu proprio l'assenza di un qualsivoglia ostacolo che arrestò l'avanzata dell'assassino. L'uomo - no: il clone, lo straniero, il mostro alieno - si trovava ormai sotto l'imponente mole del Drago leggendario. E ne sentiva la linfa vitale defluire via, piovendogli addosso come lacrime cremisi. Si lasciò inzuppare dal sangue draconico, sporcandosi non soltanto le mani ma l'intera figura di un rosso che gridava allo scandalo, al peccato, al crimine contro la vita stessa.
Così non aveva senso.
Uccidere una vittima che nemmeno opponeva resistenza era per lui un fallimento. Una delusione. Eppure non si sarebbe tirato indietro, non dopo aver visto la disperazione - o la mancanza di questa? non avrebbe saputo dirlo - negli occhi della creatura. Non dopo aver mosso indiretta promessa al Drago e al suo mondo: salverò io questa realtà disperata; la libererò dal suo male più grande e vi imporrò il mio dominio.
Non buono, non giusto, ma equo.


ienaeroicopy

« Eroi... »

Mormorò con disprezzo commisto a livore ingiustificato.
Aveva gli occhi bassi, la spada abbandonata lungo il fianco a ciondolare per inerzia. E si fece avanti cauto, mentre un sorriso diverso dal solito gli arcuava le labbra. Era sarcasmo. Era divertimento. Era profonda tristezza.
Era così vicino al ventre di Venatrix da poterlo sfiorare allungando una mano.
Lo fece: portò la mancina in avanti, quasi a toccare il petto di quella creatura così incredibile. Forte, quasi invincibile; saggia, intelligente, caparbia, ma al tempo stesso fragile come porcellana. Ne percepì il battito lento. Calmo, regolare. Venatrix Verber de Valde Igni et Ferre Aer von Draconis non era affatto agitato. Attendeva la morte veramente con la pazienza che le sue parole avevano anticipato. Per un attimo Iena si trovò a pensare che un tempo avrebbe potuto porre fine alle sofferenze del drago con il semplice tocco della mano. Governando il suo flusso sanguigno in modo da arrestarlo e - non importava quanti cuori avesse e dove fossero dislocati - fermare il suo battito senza dovergli per forza muovere violenza. Tuttavia quei tempi erano lontani e la sua potenza di allora non era paragonabile a quella di cui, in quel momento, poteva disporre.

« Una volta qualcuno mi disse che non esistono "eroi". »
sollevò la spada, il Flagello che già aveva spezzato l'esistenza del grande Fascies
e la puntò verso il petto del figlio, che certo poteva dirsi
degno di una così imponente eredità

« Ci sono solo persone che fanno la differenza. »

Addio Venatrix.

mortevenatrixcopy

La lama penetrava inesorabile le carni.
Erano lenti attimi di agonia, tanto per la vittima quanto per il carnefice; quei secondi interminabili che il Flagello impiegava a raggiungere il cuore, toccarlo con dolcezza per poi perforarlo e spegnervi ogni alito di esistenza. Definitivamente.
Venatrix moriva quel giorno, e non ci sarebbe stato un ritorno.

« Parole di un uomo molto saggio, invero. »

Voce, terrore, confusione.
Colpirono Dodici come un pugno in pieno stomaco. Poi quel suono divenne pressione fisica, ossessiva, incontenibile. Il mondo stesso parve sgretolarsi per poi riaversi, comprimendo il Razziatore come in una morsa stretta. Era un peso che si tramutò in ansia, in debolezza. L'assassino ritrasse la mano involontariamente e con essa l'arma che aveva quasi ucciso il Drago. Questi soffriva, indubbiamente. Ma era ancora vivo. E non curandosi di quella consapevolezza il Capoclan Goryo dovette voltarsi; dovette incrociare quello sguardo orbo; dovette deglutire con sforzo.
Chiunque fosse l'uomo avvolto nella tunica bianca, con la catena d'anelli al collo e lo sguardo severo, una cosa Iena la sapeva per certo: non era un avversario alla sua portata e ci teneva a farglielo sapere. Digrignò i denti facendoli stridere gli uni sugli altri. Furono momenti di silenzio forzato. Quindi l'estraneo apparso dal nulla si rivolse ancora a lui - a loro - camminando attorno al fu lago con tutta calma.

« Sarei curioso di sentire altri aneddoti del genere, Lord Iena. » si profuse in un mezzo inchino
« Ma purtroppo il corso degli eventi mi impone una certa premura. »
volse lo sguardo per un secondo al sole nero che si stagliava all'orizzonte,
appena visibile nelle ultime luci del giorno
« Sono certo che capiate entrambi. »

Pausa, respiro, pausa.
L'estraneo li osservò con uno sguardo di pena fusa a...sarcasmo?

« Non è certo il momento per stare qui a discorrere del più e del meno; » esitò
« non mentre il Re Folle e la Dama Bianca si danno battaglia-- »
ogni sua frase era calcolata al centesimo, misurata, precisa,
una devastazione d'agonia
« -condannando il mondo intero. »

__________________ _______ _ _______ __________________



Boom! :v:
Per i pignoli: Iena trafigge autoconclusivamente Venatrix, raggiungendo il cuore che - come i miei occhi mi hanno suggerito scrutando nella scheda del nostro drago preferito - è esattamente in prossimità del ventre. Prima che il peggio possa accadere, sopraggiunge Oberrin (che abusa come sempre del Passo Nero - perché? perché sì.) e attira l'attenzione con la sua abilità "Lo Straniero mi Sorregga":

CITAZIONE

Lo Straniero mi Sorregga
Dulcis in fundo, la più enigmatica delle Sette figure, quella che viene definita Straniero o Sconosciuto. Alcuni la associano alla morte stessa, tanto da non rappresentarne i tratti nel dettaglio, lasciando così molte delle sue statue o raffigurazioni prive di un volto. Oscuro e tenebroso, questo volto del divino è indubbiamente quanto di più vicino ad Oberrin esista nella religione dei Sette Déi, persino più della Vecchia stessa. E' grazie ai doni del Dio Straniero che il Maestro è ancora vivo, se di vita si può parlare nel suo caso. L'immortalità è una lama a doppio taglio: non elimina le sofferenze della vita, ma la vita stessa in un paradosso esistenziale manifesto nell'impossibilità di raggiungere la morte. Una delle tante caratteristiche di Oba che lo avvicinano al concetto di divinità, assieme a quello della paura. E' infatti una delle sensazioni che il Necromante può causare nelle persone che lo circondano, principalmente basandosi sul divario di potenza che intercorre fra lui e loro. Rilasciando un quantitativo di energie a seconda dell'intensità che vuole imprimere alla tecnica, riesce a generare una pressione i cui effetti variano a seconda del soggetto -paura, timore reverenziale, terrore puro- e della solidità della sua aura. Tutto dura per pochissimi istanti, sufficienti comunque a far persino svenire i più deboli e tentennare i meno esperti, influenzato inoltre dalla conoscenza delle arti magiche delle vittime: meno ne sono avvezzi, maggiore sarà l'entità della tecnica.
(Passiva/Variabile)


 
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La Tour
view post Posted on 20/9/2011, 11:41




La porta della cella cigolò con forza, scivolando tremolante sui propri cardini, chiudendosi sul viso stanco e pacato di Chronepsis.
Al collo del vecchio era legata una catena di dimensioni decisamente sproporzionate per un essere umano, della quale ogni anello era grande come un piatto da portata. Tuttavia, lui non pareva neppure sentirne il peso, adagiato con fierezza lungo la parete, fiero come un leone nelle gabbie dello zoo.
All'esterno, Tiamat sedeva su uno sgabello che pareva provenire da un'epoca differente, tanto era malandato. Poggiata con grazia sopra di esso, stava ammirando e conteggiando i tesori del canuto, appena sottrattigli.

« Un semplice furto non mi spingerà certo a tradire il mio onore, vostro splendore. »
Tossicchiò il vecchio, con voce rauca e soffocata. Da vicino, si potevano notare le ustioni che ricoprivano il suo corpo; i marchi di una tortura che aveva subito poco prima, e che ancora sfrigolavano sulla pelle, sotto le vesti. Un fuoco che aveva consumato la pelle, ma non il suo sguardo, né la sua determinazione.
Le fiamme di un'ideale corrotto - differente.
« dalle vostre minacce avevo presagito una tortura ben peggiore. »

Tiamat non volse lo sguardo verso di lui.
Continuò invero a passarsi le monete di mano in mano, contandole a labbra strette, con negli occhi la gioia di chi ha appena trovato un nuovo gioco.
Ossessionata dalle ricchezze, come ogni drago della sua specie, la ragazza s'era persa in un mondo suo, dove l'oro che aveva innanzi agli occhi era l'unica cosa in grado di riempirle lo sguardo - il tintinnio, l'unica cosa in grado di sentire.
Così, Chronepsis poté proseguire indisturbato, per quanto inascoltato.

« vostro fratello è morto. » aggiunse con voce rauca, a tono più alto « non c'è più bisogno che continuiate con questa campagna di persecuzione »

Morto, in vita; non aveva più importanza.
Anche nell'estremo caso in cui il reggente della seconda potenza non fosse stato in grado di compiere ciò che Venatrix gli aveva assegnato, la Torre non avrebbe fatto più ritorno al Lauth, né più avrebbe obbedito agli ordini di sua sorella.
Il regime che lei aveva tentato di costruire stava finalmente andando in pezzi.
Caduto quello, il Lauth sarebbe potuto tornare com'era una volta; con il figlio primogenito di Fascies alla sua guida.

« è la tua fine, Tiamat. »

Forse fu sentire il suo nome pronunciato da qualcun altro senza onorificenze, che la scosse.
Forse, aveva semplicemente smesso di contare.
Improvvisamente, la ragazza rovesciò il collo all'indietro e spalancò la bocca in un'orrenda risata, rauca come il gracchiare dei corvi che hanno avvistato una carcassa dalla quale cibarsi.
Ancora immerse nelle ricchezze appena ottenute, con anelli d'oro alle dita e un pugno di monete nella mano, la reggente si alzò e si avvicinò alla cella di Chronepsis, volgendo a lui uno sguardo carico d'appetito. Gli stessi occhi che un uomo volge al corpo di una ragazza formosa - carichi di un desiderio tracimante e incolmabile, fantasticante.
Eppure, non stava guardando lui.
Tiamat non aveva mai guardato lui.

« Te lo confesso, Chronepsis. » gli sputò in viso « Per essere un osservatore col dono dell'onniscenza, ti ho sempre ritenuto incredibilmente ingenuo. »

E esplose in una nuova risata, volgendo il capo in alto e dandogli la schiena;
lasciando cadere in terra i tesori che aveva appena terminato di catalogare.

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La sensazione della lama nel ventre, Venatrix la percepì come una secchiata d'acqua calda.
Si sentì come immerso in un bagno rilassante, mentre la sì leggermente fastidiosa sensazione della spada che trafiggeva il suo cuore affondava dentro di lui.
Chiuse gli occhi, e si lasciò trasportare dalla corrente. Niente e nessuno avrebbe potuto o dovuto sottrargli la pace di quel momento.
Eppure, qualcuno lo fece.

Quando l'attacco di Hyena si interruppe, come per incantesimo esplose il dolore.
Il taglio sul suo petto di fece pressante, togliendogli il respiro e pulsando con la forza di una bomba pronta ad esplodere da un momento all'altro.
La vista gli si spense per un istante e ansimò con forza, tornando in forma umana.
Poggiò una mano al torace e sentì il sangue scorrere copioso sotto le vesti.
E nonostante questo, non poté ignorare la persona appena giunta sul campo di battaglia. Un uomo che era certo di aver già incrociato, in passato, ma che in quel momento gli sfuggiva di riconoscere - forse per il dolore, forse per la confusione.

Non si presentò, ma parlò con calma, scandendo bene le proprie parole.
Così, Venatrix, non poté fare a meno di sentirglielo dire:
"La Dama Bianca".

« La dama... bianca? ...Eitinel? »

il mondo prese a girare intorno a lui come privo di senso;
per un istante, gli parve di sentirsi sospeso nel vuoto, privo di gravità -
le correnti che prima lo stavano conducendo ad una dolce morte si stavano trasformando in una tempesta. Quelle singole parole erano riuscite a scatenare nella sua mente lo stesso effetto di un'esplosione. Gli parve di non provare più alcun dolore - eppure ogni cosa si fece persino più confusa di prima.
Eitinel? Viva?

Eitinel stava combattendo contro Ray?

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Bugie, inganni, torture
dolore, vendetta
responsabilità
tutto questo passò in secondo piano
nella mente del drago, in quell'istante, viveva solamente lei
solamente Eitinel
la dama bianca.


« dove...? »

Tossì, sputando un grumo di sangue, incapace di contenere il danno provocato dall'arma di Hyena.

« dov'è? »

In quell'istante, il suo corpo parve scaldarsi, ergendosi nei suoi due metri di altezza.
Nei suoi occhi, il Lauth, il sovrano, la sua morte; tutto ciò era sparito
e di lui rimaneva solamente il drago

La terra parve spaccarsi sotto il peso della sua determinazione; le ferite parvero richiudersi; il cielo si infranse sotto il peso della sua voce
gli uomini avrebbero tremato nel terrore e temuto per la propria vita
se si fossero messi fra il drago e il suo obiettivo
se al drago avessero sottratto
il suo tesoro


« Dov'è? »

ripeté, lasciando che le lacrime gli si asciugassero in viso, con voce vibrante
un mostro; una forza indomabile; un sentimento incomprensibile
una volontà di potenza tale da deformare lo spazio intorno a sé
il drago e il suo tesoro

« Dove si trova Eitinel? »



CITAZIONE
Scena conclusa.

 
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