Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Valzer al crepuscolo ~ Inno alla morte

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Andre_03
view post Posted on 27/8/2011, 18:57




Guardò i loro volti, in mezzo a quell'accozzaglia di mostri.
Vide guance glabre infossate dal nervosismo, sguardi ancora puri in cui s'annidava il terrore più cupo e vide - coi suoi occhi maligni - come ognuno stringesse la propria arma quasi aggrappandovisi disperatamente. Come se un oggetto potesse rappresentare l'ancora di salvezza da gettare nei lugubri porti della morte e dell'oblio. Ridicoli. Indegni. Li passò in rassegna tutti con lo sguardo. E quando Hoggar Barbarossa si volse a fissare l'esercito di elfi che stazionava di fronte a sé, non poté trattenere un moto di sdegno - ma nemmeno una breve, grassa risata.
Il Re Invincibile si era fatto scudo di una masnada di deboli formiche, così sarebbe toccato a lui e ai suoi fratelli fare il lavoro sporco.
E mentre il mondo si tingeva di un nero innaturale i Guitti avrebbero cosparso quella giornata d'un cremisi violento.

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« Sparpagliatevi. » disse con voce secca, atona
rivolgendosi unicamente a coloro che chiamava 'fratelli'.

I tre Generali di Ray si erano disposti lungo l'armata di Gruumsh. Lo stesso comandante degli orchi, quel Bara-Katal di cui aveva già sentito parlare in passato, si era preso la briga di porsi alla testa di una frangia dell'esercito. Ai Bravi era stato ordinato di aprire una breccia tra le fila degli 'infedeli' là dove le difese nemiche erano più alte: al centro degli schieramenti. Ma i cinque mostri lì riuniti erano disposti solamente a combattere, non certo a seguire le direttive di un pelleverde del cazzo. E quando il Terzo parlò, suggerendo con voce secca l'indicazione di disperdersi lungo lo schieramento, i quattro lì riuniti obbedirono senza fiatare.
A tutti loro piaceva l'idea, nessuno escluso. Avrebbero dato battaglia in più punti, sconvolgendo gli esiti dello scontro come solo loro sapevano fare. Il grosso delle truppe improvvisate - quei Campioni mancati, quei partecipanti perdenti di un'ordalia fallimentare - sarebbero però rimasti con "Tre-Dita" a guardare e aspettare.
Il silenzio che precedeva la guerra era turbato soltanto dai grugniti impazienti e dagli sbuffi dell'Occhio - o come diavolo si facesse chiamare quell'accozzaglia disordinata di bestie deformi. Qualche ordine grottesco venne sputato, gridato dalle retrovie. Vi fu una carica preliminare a cui Hoggar non diede nemmeno peso. Erano scaramucce, quelle; stupide sortite di una schiera male addestrata che servivano solamente a mettere alla prova il nemico. Poi venne dal cielo un'arma così gigantesca da oscurare per un istante la luce sul campo di battaglia. Si abbatté furiosamente sugli inermi elfi con una tale forza che, se avesse colpito, avrebbe potuto spazzarli via tutti come fuscelli in mezzo a una tempesta.

« Non ancora. » sussurrò compiaciuto il Titano
« Che nessuno muova un muscolo. »

L'impatto non fece tremare la terra. Non l'aprì in due squarciandola senza pietà.
Avvenne nella quiete innaturale che accompagnava quello scontro tra leggende, mentre tutti intorno stavano a guardare. Zitti e muti. Rapiti da quanto potevano catturare con gli occhi, e con le orecchie.
Solo allora - nell'istante in cui il fermento degli orchi si tramutava in carica impetuosa e nugoli di frecce piovevano da una parte all'altra dello scenario bellico - Hoggar Barbarossa fece un passo avanti. Un singolo passo che scosse il mondo.
Slacciò la sgargiante tunica affinché cadesse lungo i fianchi lasciandogli il solo petto scoperto. Due cinture gemelle incrociate sul torso muscoloso e villoso mostravano un'infinità di piccoli coltelli da lancio. Ne estrasse uno per mano, con una calma che denotava esperienza, prontezza. Freddezza di fronte alla battaglia imminente.

« Arrivano. »

I seguaci dell'Asgradel rispondevano alla carica gettandosi nella mischia con meno ordine di quanto avrebbero fatto presumere le loro armature lucenti, i loro paramenti reali, il loro aspetto marziale. Li osservò con attenzione, il Bastardo.
E pregustò gli attimi in cui avrebbe camminato sui loro cadaveri, schiacciandoli come pulci.

[...]

fenicevalzercopy

« Una fenice, quindi. » il bisbiglio tradiva una certa sorpresa
« Non avrei saputo scegliere forma migliore. »

Con sarcasmo malcelato Oberrin Martell si rivolse al fratello.
Aveva voluto Asmodeus con sé nelle retrovie ad ogni costo, pur di non restare solo a conversare con un rozzo orco quale era Vraashnak. I tre stavano eretti sulle rovine del Borgo a grande distanza dagli schieramenti di Gruumsh che si stagliavano in lontananza. Per volontà del Primo dei Bravi, avrebbero rappresentato la difesa estrema in caso di sortite degli elfi o di Campioni della Dama Bianca. E, nonostante una prima opposizione piuttosto timida, Bara-Katal aveva acconsentito a rinunciare alla potenza del Ramingo in quella circostanza: saperlo comunque a difesa degli sciamani posizionati in fondo allo schieramento lo aveva persuaso.
Lo stregone era chiuso in se stesso da quando il trio si era allontanato dal campo di battaglia. Stava a gambe incrociate su un grande blocco di marmo crollato dal Castello e pareva meditabondo o in preghiera. A lui il Maestro non dedicò che un misero sguardo dell'occhio buono, prima di rivolgere ancora la propria attenzione a quanto stava per accadere.
Viveva quello scontro con emozioni contrastanti: da un lato si ergeva il profondo disinteresse per le sorti dei soldati coinvolti - suoi Camerati compresi - e per la guerra di per se stessa; dall'altro era la sua sete di sangue insaziabile a cullarlo verso un'attenzione così marcata nei confronti della macchina bellica pronta a scattare, nonché la curiosità nei riguardi delle mosse che Eitinel e Ray avrebbero compiuto nel fronteggiarsi. Sapeva che il Re era lì, da qualche parte. Li osservava come lui osservava il fiammeggiante uccello su cui si ergevano i Campioni dell'Asgradel. E Oberrin non poteva fare a meno di chiedersi cosa covasse in quella mente malata che aveva condotto un Monarca a trascendere il divino.
Trasse un respiro incolore, riconducendo il flusso dei pensieri verso i vari compiti che lo attendevano.
Come al solito, sarebbe stato lui a decidere le sorti di ogni cosa.
E nessuno lo avrebbe saputo.
Mai.


Benvenuti alla scena free del terzo turno del Valzer al Crepuscolo.
Come avrete intuito, gli eventi che prenderanno piede in questa giocata sono direttamente contemporanei a quelli raccontati in Ragnarok; la battaglia campale tra le forze schierate dell'Asgradel e del Leviatano vi vedrà coinvolti non come spettatori, ma come partecipanti attivi - con l'unica differenza, rispetto ai giocatori ancora in corsa per la vittoria finale, che non potrete incidere concretamente sull'andamento degli eventi. Vi invito comunque a non disperare, pensando semplicemente a divertirvi senza fare cazzate.
La scena è aperta ai soli iscritti al regolare bando; ogni giocatore non figurante in tale lista vedrà il proprio personaggio orribilmente massacrato. Per tutti gli altri, si ricorda che il PK è disattivo ma si raccomanda comunque una sana dose di buonsenso, perché i PnG possono sempre uccidere e io - con Maionese al mio fianco - assumerò il ruolo di QM per quanto riguarda le direttive generali.

Detto questo, le indicazioni:
Leviatano - i vostri personaggi si trovano al centro dello schieramento di Gruumsh, alle spalle di Hoggar. Gli altri Guitti sono sparpagliati lungo le fila dell'esercito, irraggiungibili a voi. In questo primo giro dovrete limitarvi a descrivere i primi momenti della battaglia non ancora scoppiata effettivamente.

Asgradel - vi trovate tra le fila degli elfi, posizionati come meglio ritenete opportuno. Le indicazioni restanti relative alla fazione Leviatano valgono anche per voi.


Vi invito ad attendere il post di Maionese prima di intervenire, e vi avviso che andremo al passo - là dove possibile - con Ragnarok stesso, per mantenere un senso di contemporaneità anche in-Game.

Per ogni dubbio o domanda sulla presente giocata fate uso del bando. Lasciate il thread in Confronto libero per chi sta giocando nella Quest principale.
 
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view post Posted on 28/8/2011, 00:41
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Esempio
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Sennarsudato

Il principe sollevò la mancina scarna e lurida e se la passò sulla fronte madida di sudore. La tensione della battaglia sapeva conferire a quel contesto un acre sapore di sogno: più il tempo scorreva, più l'ambiente acquisiva sfumature surreali, cedendo in cambio le ultime briciole di logica che ancora conservava. Ogni cosa pareva muoversi con un'angosciosa lentezza, manifestazione di una pallida e ingannevole quiete prima della vera tempesta. Nel grigio cielo del deserto l'unica cosa a brillare era un sole nero, pregno di oscurità, che splendeva sulla terra dando luogo ad un'alba sordida e sinistra, dove gli oggetti sembravano perdere confini definiti e i colori sfumavano l'uno sull'altro. Più in basso, invece, sotto quella nera iride che tutto scrutava, due eserciti impattavano tra loro: un'unico, grande fiume di sagome verdi -i pelleverde fedeli al dio Gruumsh prima che al dio Ray- scendeva impetuoso giù da una duna del ciò che non c'è più, abbattendosi fragorosamente contro un argine bianco, i predatori di Neiru, che combattevano per le forze dell'Asgradel che possedeva Eitinel. Un caos ancora inconcepibile, lontano per il principe che ancora attendeva fremente di inserirsi nella Battaglia del Crepuscolo, battaglia destinata a sconvolgere gli equilibri del continente ma che per lui, ancora, aveva addosso la parvenza di una mera immagine-- una mera proiezione olografica. In quell'ambiente che Sennar ancora viveva intorpidito come in una visione onirica di cui non era partecipe, soltanto la musica suonava come terribilmente reale: un ritmico cozzare di armi, urla di guerra e sortilegi vari che suonava come un'organica sinfonia, a cui la danza di sangue che si consumava nella piana sapeva adeguarsi con la perfezione di un decimo di secondo. La stessa sinfonia che riportava il principe alla realtà, flagellandolo con la sconvolgente consapevolezza che tutto quello era reale, non un sogno, per quanto potesse averne la parvenza. Realizzò con terrore, vergogna, rabbia, tristezza che quella realtà di un sogno aveva solo il caos incontrollabile e disordinato in cui tutto poteva verificarsi, con la sola logica di non seguirne una. E alla fine comprese che stava combattendo sotto l'effigie di un sovrano che come sovrano non sentiva più, che sovrano non era più, che del sovrano concreto e umano che era non aveva più nulla e che di sovrano debole e perituro era divenuto molto di più; un sovrano che del caos, del trascendentale, di tutto ciò che non comprendeva e non comprendeva era ormai divenuto il simbolo.
E fu come se la terra gli venisse sottratta da sotto i piedi.

---
« Arrivano. » annunciò in quel preciso istante il titano Hog Barbarossa; e bastò quella frase a destare il suo animo. La tensione ormai tangibile si manifestò in incontrollabili fremiti, e gettò in pasto agli abissi della mente ogni altro pensiero, che decadeva ad una mera astrazione dal combattimento fine a sé stesso. Improvvisamente gli parve di sentire un'intera colonia di formiche zampettare sulle sue gambe, sul suo petto, sulle sue spalle; un brivido appena impercettibile ma diffuso, insistente, impossibile da ignorare e capace di cancellare ogni altra percezione che lo intralciasse. Istintivamente la mancina scese lesta verso il fodero della spada, serrando le dita sull'elsa gelida; dunque il principe si concesse un lungo e profondo respiro, assaporando l'ormai familiare odore di polvere, battaglia e sangue.
« Arrivano. » ripeté Sennar più a sé stesso che a coloro che gli stavano accanto, facendo eco al Guitto.
Sollevò lo sguardo al cielo: in quell'esatto istante, una splendida fenice dalle ali ricoperte di fiamme sorvolava il piano di battaglia.
« Arrivano. »

urlo


Non ho nulla da aggiungere rispetto a quello che è già stato detto. Auguro solo buon gioco a tutti ;)
 
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Stray
view post Posted on 28/8/2011, 10:14




Inno alla Morte
Maledetto il paese che ha bisogno di eroi.



Passa la fenice, e i suoi occhi di fuoco vedono migliaia di punti aguzzi coprire la terra del borgo. Un milione di singoli numeri uno, tutti uguali dall'alto del campo di battaglia, tutti con lo stesso sangue rosso di dolore e speranza, caldo come il sole. Passa la fenice, muovendo lenta le ali d'oro e alabastro, e i suoi occhi vedono un maniero che non è più un maniero, l'eco di un nome antico che risuona nelle macerie, un mostro invisibile che predica l'all will be one, millemila guerrieri nella pancia del re, millemila di cuori d'acciaio nelle mani di un singolo uomo, millemila burattini costretti dai fili della soggezione e dell'onore.

Un'esercito di singoli numeri uno, grige comparse sulla linea del fato, voci e urla che si spengono nel crepuscolo, piccole faville schizzate in alto dal fuoco della guerra che roteano e annaspano nell'aria, sguardo fisso e muscoli tesi per arrivare anche solo un centimetro più avanti, più vicino alla luna, alla salvezza dell'eternità.

Passa la fenice, il traghetto verso il mondo dei vivi, e nella sua iride concava si stempera il colore dell'armata del re, pelleverdi e umani fianco a fianco, di fronte agli elfi traditi e alle cavie costrette. O forse è tutto il contrario, forse nessuno degli schieramenti è davvero libero. Se ci fosse una scelta molti scapperebbero via, abbandonando brandi e corazze. Morire per la gloria. La gloria del Re.

La fenice vede tutto, dunque sa della superficiale sapienza di chi scruta dall'alto.
Arthur Finnegan sogna, dunque capisce ben più a fondo di qualunque altro, o forse sogna perchè non può capire.
Lady Alexandra accetta, dopo essersi persa invano nel cercare risposte, dunque trova una strada.
Shakan Anter Deus non esita, dunque è disposto ad ogni prezzo, gli occhi fissi sull'alba fino a entrare lui stesso nella luce.
Tristan Cousland obbedisce, dunque rifiuta, malsubendo gli ordini di un capitano che non è la Hyena.
Rekla Estgardel brama, dunque combatte, azzanna e dilania ogni cosa, per colmare una ferita più profonda di qualunque altra.
Viktor von Falkenberg è sprezzante, dunque dissimula, cercando qualcosa che non potrà mai avere.
Oberrin appura, dunque acconsente allo svolgersi degli eventi, con la saggezza di chi ha già visto tutto.
Venatrix attende, dunque non ha paura, vedendo ogni fine come un lieto fine.

Rohan vede, sogna, accetta, obbedisce, brama e attende,
sprezzante del pericolo e senza esitazioni,
eppure in questo momento è cieco e impotente più di una larva.
Dietro la schiena del tre-dita Rohan sa meno di chiunque altro.
Se potesse, se gli angeli davvero potessero parlargli, se un deus-ex-machina scendesse dal cielo per fargli aprire gli occhi! Se sapesse che dietro al magistrato della scrivania di mogano c'era il kishin, che dietro al kishin c'era lo spaventapasseri Jason e che dietro a tutto c'è il Re che non perde mai, probabilmente Rohan non sarebbe qui. Se sapesse che sopra alla fenice ci sono i due paladini della chiesa di Elhonna, se sapesse che loro sono lì sopra e lui è a terra, se riuscisse ancora a vedere l'oberkommanidere e quella ragazza incappucciata, se sapesse che loro due sono i generali dell'esercito del re, probabilmente Rohan non rimarrebbe più immobile. Se sapesse che è stato ingannato, superato e sfruttato, se sapesse che è stato accantonato, umiliato e disprezzato da re, comandanti, cavalieri, mostri e vagabondi, probabilmente Rohan non sarebbe più Rohan.

Sarebbe furore, rancore e vergogna.
Ambizione, pazzia e disappunto.
Sarebbe fuoco, uragano e tempesta.
Mille lame, denti affilati e veleno mortale.
Sarebbe coacervo di tutte le occasioni sprecate,
calderone di odio e orgoglio, disperazione e risentimento.
E nè il nuovo dio Ray, nè la dama dell'Asgradel, nè l'intero fronte unito del leviatano, nè le truppe di elfi e cavie, nè i capitani e nè i guittti riuscirebbero a fronteggiarlo.

« Arrivano. »
« Arrivano. »

Ma Rohan non sa.
Rohan è sempre al centro di tutto,
e non sa mai niente.

« E noi combatteremo. »

Risponde, nella prima fila del drappello del titano, riconoscendo il principe poco distante da lui.
Lo schianto delle prime linee gli fa stringere più forte la presa,
è un clangore d'urla e scontri che si propaga come un'onda,
tutto esplode cozza sbreccia divampa e sibila nell'aria, descrivendo parabole,
sempre più forte, sempre più saturo e accecante.

« FINO ALLA MORTE! »


 
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Matt Stranger
view post Posted on 28/8/2011, 11:37




GORGEOUS NIGHTMARE
I

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Tu sei il più bello crudele tra i figli dell'uomo Leviatano,
sulle tue labbra è diffusa la grazia disgrazia,
perciò Dio Ray ti ha benedetto maledetto per sempre.
O prode guitto, cingiti al fianco la spada,
tua gloria vanagloria e tuo vanto,
e avanza trionfante.


Due occhi neri osservavano un sole del medesimo colore, un magnifico artificio frutto dell'opera di un Dio. Stupefacente.
Lo ammirava dal basso di quella terra che pareva tanto minuscola in confronto al cielo e alla stella color della pece che osservava tutto come un gigantesco occhio divino. E si chiedeva, il guerriero, quanto potente possa essere la creatura che abbia dato vita a tale creazione. Il corpo immobile, bloccato a scrutare il disegno degli Dei dal basso della sua umana debolezza, incatenato al suo ruolo di pedone nella scacchiera che avrebbe deciso le sorti del continente.
Il Leviatano contro l'Asgradel.
Due titani, giganti che camminavano lenti ma inesorabili, marciando verso una guerra inevitabile e sanguinaria. Sarebbe stato coinvolto in un conflitto più grande di lui, forse più grande di ogni altra cosa, ne era consapevole. Era solo uno dei tanti, solo una delle tanti correnti che confluivano in un unico, grande fiume.
Il più grande spettacolo che Asgradel abbia mai visto, il più grande esercito esistente che divorava e faceva a brandelli ogni cosa su cui poggiavano i suoi guerrieri.

I FIGLI DEL LEVIATANO
png


Centinaia di migliaia di orchi, uomini, demoni e quant'altro, un'informe ammasso di creature che dall'alto parevano una singola macchia nera che si espandeva rapidamente annichilendo ogni forma che si parasse loro davanti. Uomini-pedine che avanzavano su una scacchiera di proporzioni immense.
Il Leviatano nella sua forma più letterale e poetica, manifestazione eccelsa di supremazia, la forza più grande di questo mondo nelle sue mani. Mani colme di cupidigia, mani avide di potere, assetate di sangue e pronte a radere al suolo tutto per egli, l'Asgradel.
Magnifico, si diceva mentre avanzava assieme a esseri alti più di due metri, poteva sentire il furore di tutti loro, il fiato di ciascuno di loro, la loro voce rozza, le urla, gli incitamenti. Poteva sentirsi tutt'uno con loro, parte di quell'agglomerato di uomini, dei suoi fratelli, figli dello stesso padre e spettatori dello stesso spettacolo.
Nel cielo prese il volo una gigantesca fenice nera come la notte, trasportava due uomini e una donna. Un'entrata in scena niente male, pensò Chevèl, ma non sarebbe bastata a intimidire l'esercito del Re che non perde mai.

Dum dum
Dum dum


Il suono dei tamburi, dapprima lento e lieve, accompagnava la marcia della morte. I portatori di morte, i guitti, gli orchi, negli occhi di tutti una sola fiamma, nelle menti di ognuno solo una parola: vittoria. Loro erano i Figli del Leviatano, instancabili.


Dum dum
Dum dum


Più forti, a essi si univano i suoni delle trombe e le urla aumentavano e con le urla aumentava l'eccitazione ed essa alimentava le grida dando vita a un susseguirsi di insulti e incitazioni.
Perchè loro erano i Figli del Leviatano e urlavano al mondo la propria potenza.
Tutti uniti per compiere l'ordalia di un Dio malvagio, tutti lì per portare a termine ciò che sarebbe stata l'ultima guerra del Re.

Guardali, Principe, stanno arrivando, sono tanti e...
E... chissene fotte! Li annientiamo tutti, anche se un po' mi dispiace... sono così carini, che spreco di cotanta bellezza...
Yes my lord bitch

« Arrivano. »

A parlare era stato lui, Hoggar Barbarossa, il Bastardo del titano, uno dei più potenti mercenari al servizio di Ray. Era lui che come un gigante stava alla testa del gruppo e lui da dietro si faceva forte della sua presenza.

« Arrivano. »

Annunciò l'apertura delle danze, l'inizio dello spettacolo del sangue, nient'altro che un magnifico incubo.
Alzò l'enorme spada al cielo.

« Diamogli il benservito! »

Dum dum
Dum dum


Con ancor più potenza, furore e rabbia, perchè solo la nostra voce doveva sentirsi, come se fosse una. Con il dolore, il sangue e le lacrime di tutti gli uomini che non combattono per scelta. Per tutte le terre, i borghi, le nazioni che sono state sacrificate per un'unica grande causa. Facendo mia ogni speranza, ogni desiderio e divenendo il vaso di pandora di ogni cosa.
Per il Re, no, per il Leviatano, io oggi combatterò, per lavare con il sangue il marciume d'un mondo che non conosce purezza. Per trasformare tutto ciò nel mio mondo.
Per tutti e per nessuno, forse solo per me stesso.
Io combatterò!
anche per te, Laurence



Edited by Matt Stranger - 28/8/2011, 20:14
 
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view post Posted on 28/8/2011, 18:49
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Valzer al crepuscolo, Inno alla Morte

Schwarze Sonne

Una sensazione di pace.
Forse.

Una sensazione di rassegnazione.
Probabile.

Forse, più semplicemente, l'assenza totale di foga.
La spada, nel fodero allacciato alla vita, ballava senza posa ad ogni passo. Il pugnale, memento del Purgatory Show, poco più sotto.
Ma lo facevano con calma.

Questa è guerra.

Il vento soffia fra i capelli del Guerriero, gettandoli all'indietro e accarezzando le gote con dita fresche.

Questa è la guerra.

Riflettendoci, quella sarebbe potuta essere l'ultima battaglia campale alla quale avrebbe mai partecipato. Ricordi mischiati di Uthenera e delle guerre passate. Ripensandoci, aveva fatto bene a fare qualcosa di tanto sconsiderato? Si stava forse pentendo?

Asgradel.
Una parola che si era fatta strada nel suo animo sin da quando era piccolo. Asgradel, Asgradel, Asgradel..
Una gemma. Un tesoro. Un piccolo, dolce, lieto frutto che porta la sapienza assoluta e la forza eterna.
Forse no: un piccolo carillon il quale, una volta girata la chiave, si apriva ed esaudiva ogni tuo desiderio. Forse uno solo, da scegliere con tanta cautela da far invecchiare di centurie colui che lo aveva invocato, e di farlo avvizzire in preda alla lussuria di potere. Un dono crudele nella sua purezza.
Eppure, ora, eccolo qui. Il potere dei miracoli, l'entità che rappresenta la sovranità di quelle terre, trascende le leggende ed entra nel reame fisico. Una favola che diviene realtà, un incubo che si concretizza.
E c'era anche chi aveva approfittato di ciò. C'era chi aveva raccolto le forze, radunato eserciti, forgiato alleanze per portare le creature più fiere e temute dalla propria parte.

Ray.
Ray, Re che non Perde Mai, l'unico uomo che ha fatto dell'avidità il proprio potere. Della propria sete di potere, il suo scudo. Del proprio potere, la sua spada. Una figura tetra che già quando Jevanni era resuscitato aveva conquistato numerose terre. Contrariamente a tutte le previsioni dello Spirito, inoltre, la fiamma della conquista non si era spenta, soffocata da ribellioni o da altri potenti monarchi.

No.
Lui si era elevato al di sopra degli uomini, riunendo nel palmo della sua mano i mercenari più sanguinari, e piegato la volontà dei più acerrimi nemici sotto il suo gonfalone. Alleanze fragili, che si sarebbero spezzate non appena la guerra fosse finita - ma chi avrebbe garantito che dopo tutte le forze racimolate, il Leviatano non sarebbe divenuto capace di schiacciare i suoi alleati con la stessa facilità con la quale aveva distrutto i suoi nemici?

La presa sull'elsa di Orizzonte, ancora infoderata, si strinse dolorosamente.
No.
Non avrebbe lasciato che a vincere la partita fosse un essere come quello.
Non poteva essere un umano a detenere il controllo di qualcosa di divino: solo catastrofe seguiva ciò.
Un uomo che trascendeva i suoi limiti? Era un Guerriero.
Un uomo che voleva divenire Dio? Era un Cataclisma.
I Cataclismi erano entità che andavano scongiurate, nella Storia, per evitare che intere città e civiltà venissero scagliate nell'oblio.

Eppure, nel profondo del cuore, come poteva biasimarlo?
Non aveva cercato lui stesso sempre più potere, sino a quel momento?

Cosa lo aveva portato a prendere la parte di un Dio che abbatteva i suoi stessi soldati come carne da macello?
Cosa lo aveva portato a fronteggiare un Cataclisma che, al calare del Sole, faceva splendere un nuovo astro?
Una notte senza stelle, un cielo illuminato da un terrore senza precedenti.

Terrore che dilagava fra le truppe.
Dita puntate verso l'alto, occhi spalancati, membra tremanti.
Le bandiere sventolavano anche loro con una certa esitazione, come per evitare di alzare lo sguardo verso l'alto.

Urla lontane, mormorii nefasti, voci piagnucolanti e ancor più. Era questo il vero potere di Ray? La paura?

Si portò una mano a massaggiarsi il mento e le labbra, in preda al tormento. Fra le truppe non-elfiche era stato seminato un terrore senza nome o misura, e gran parte di coloro che avevano ricevuto il 'dono' del Fiume erano ancora troppo deboli. Inoltre non avrebbero combattuto contro altri umani, ma anche contro orchi.
Orchi, orchi, orchi, ORCHI. Più pensava a contro cosa stesse andando, più Jevanni aveva l'impressione di starsi preoccupando troppo poco. Sentiva troppa pace, troppa rilassatezza.
Troppa poca paura.

Un Crepuscolo adatto al Valzer più grande di tutti i tempi, vero?

Seyrleen lo aveva raggiunto, finalmente, dopo aver cercato di portare ordine nelle retrovie gettate nel panico. Insubordinazioni, uomini che si rifiutavano di camminare...i disertori avevano già cominciato a farsi sentire. Jevanni aveva la sensazione che anche lui si sarebbe rifiutato di camminare, se non ci fosse stata quella strana quiete a cancellargli i pensieri negativi, come pure quelli positivi. Una mente vuota, che vacua trascinava il corpo verso la propria tomba. Tomba che lui non riusciva a riconoscere come tale, poiché nemmeno dava per scontato di star combattendo una battaglia senza speranza. Come Uthenera.
Il Guerriero fece una smorfia, e afferrò la borraccia che lei gli stava porgendo. Bevve un sorso di vino elfico, per scaldare il proprio stomaco, quindi si passò il dorso della mano libera sulle labbra.

Una danza di spade, sangue, follia e brama. Avrei preferito una luna, comunque.

La Neiru annuì, lasciandosi sfuggire un mezzo sorriso. Sorseggiò un paio di gocce della bevanda offerta a Jevanni, quindi si riassettò per bene. Controllò che entrambe le spade fossero ben legate e che l'armatura fosse ben allacciata. Lasciò che l'altro finisse del tutto la borraccia, quindi lanciò un'occhiata enigmatica diretta al compagno.

Hai qualche rimorso?

Il Guerriero assaporò pensosamente l'ultimo rimasuglio di alcol, quindi il suo sguardo si perse nel vuoto. Rimase in trance, riflettendo sulla domanda improvvisa di Seyrlina. Era una domanda strana, perché mai prima di allora aveva avuto l'impressione che si dovesse andare in battaglia con il pensiero che quella sarebbe stata l'ultima marcia.
Sino a quel momento, aveva creduto che l'unico pensiero necessario fosse combattere.
Effettivamente aveva avuto pensieri simili anche durante le notti uggiose nelle quali si preparava a condurre la guerra di Uthenera: pensieri rivolti a Visilne. Al terrore di poter ritardare troppo e perderla.

Alzò la mano indicando il cielo, e più in particolare il sole nero.

Non uno. Un'intera montagna di sogni infranti, che si eleva fino al cielo.

Non era pronto a morire. Non di nuovo. Non senza aver detto ad Irina che l'ennesimo viaggio non avrebbe avuto ritorno, non senza aver scoperto le reliquie di ciò che era ora il passato. Non senza aver regolato i conti con le persone che avevano insozzato il suo onore di Guerriero.
Non senza aver vissuto in pieno la vita strappatagli in passato.

Voleva vivere.

Voglio costruire un monumento al passato, e fare della mia vita lo scalpello.

La via del Guerriero? No, non più.
Non era la via di colui che cercava di guadagnare ancora più controllo sulla propria vita. Anzi, sembrava che si stesse allontanando sempre più da essa. Da quando il Fiume gli era stato iniettato nelle vene riportando il corpo in vita, questi stava percorrendo all'indietro la strada dei propri ricordi. Un cammino di sale, percorso a piedi nudi per sentirne appieno il dolore e la gioia provata in quei giorni.

E una cupa, vagamente baluginante reminiscenza di una persona decisamente importante.
Visilne.
Un nome, dal quale scaturiva una miriade di stelle e pianeti, interi sistemi solari che ruotavano attorno alla sua figura. Memorie che riempivano il suo cuore di malinconia e straziante tristezza, rimorsi per averla lasciata ad una vita sola.

Perdonami, Dama del Focolare. Io..

Batté le palpebre prima una, poi due volte, perdendo il filo dei pensieri. Aveva scorto, nella falsa notte, una linea d'acciaio solcare il cielo. Una pausa, un breve sibilo, e poco dopo Jevanni scorse quella che in seguito la sua mente avrebbe ricordato esclusivamente come l'Incubo.

Un Incubo di metallo, una mannaia abnorme e titanica che si era abbattuta sulle file dell'esercito dell'Asgradel.
Ma quando? Quando era accaduto?

Il colorito già pallido del Guerriero perse improvvisamente l'ultima parvenza di rossore causato dal vino.
C-cosa...cosa sta succedendo?
Gli occhi spalancati fissarono l'arma gigantesca ferma a qualche metro, sospesa. Quando Jevanni cercò di scorgerne l'origine, le caviglie rischiarono di cedere per qualche lungo, eterno istante. Una goccia colò lungo la fronte.

Non..non è possibile..
Sussurrò, misurando a occhio e croce la lunghezza dell'arma.
Era QUELLA la portata degli attacchi nemici?
Chilometri con un'arma da mischia?
E' uno scherzo..giusto?

Grida e movimenti improvvisi riverberarono nei plotoni che lo circondavano, in fermento, celando il punto d'impatto dell'Incubo; eppure lui rimase paralizzato. Non fu capace di muoversi, per qualche attimo, in preda al chaos nella propria testa.
Riconobbe finalmente la sensazione che era scivolata fra le costole e le vertebre, provocando una sgradevole serie di brividi.

Paura.

Al velo che copriva il futuro in un tessuto grigio e opaco, era stato applicato uno squarcio che aveva permesso di scorgere una delle tante probabilità.

La probabilità della morte, sino a quel momento negata.

Il brivido che prima bloccava, e poi pian piano metteva in moto un sistema di ingranaggi e lancette; un orologio che veniva bloccato e poi riportato all'ora Zero.

L'ora in cui combattere.
L'Ora Solenne.

Quanto rumore.

Il Guerriero si voltò verso lei, e vedendola posare le mani sulle else delle spade decise di fare lo stesso.

Come?

Con il mento indicò verso il punto nel quale la lama era rimasta bloccata, evitando di colpire la terra e scuoterla. Un singolo personaggio si ergeva, la mano a bloccare l'acciaio gigantesco come se niente fosse. Gli occhi azzurri dell'uomo si spalancarono, nel riconoscere Ashlon, del quale aveva sentito innumerevoli storie dalla stessa Seyrleen.

L'ha blocc -- CON UNA MANO?

Non insultarlo con il tuo stupore, Jevanni - potrei quasi prenderla personalmente.

Ma ella sorrideva con una luce quasi diabolica negli occhi rivolti al suo signore e dio. Il Cantore della sua gente.
Lo Spirito non poté non sentire l'effetto del vino farsi strada nel corpo, risvegliando la parte ancora assopita della sua mente.
Quella che anelava la battaglia.
Per poter farla finita con questa attesa.

Le dita si posarono sul pugnale ancora rinfoderato inavvertitamente, in risonanza con la brama di sangue che lo spingeva ad abbandonare la paura verso ciò che avrebbe presto fronteggiato.

Sta per iniziare.

Lei annuì.






________________Jevanni Glacendrangh, Guerriero dell'Inverno


speedpaintbyheader
__________________________ReC 200 | AeV 200 | PeRf 325 | PeRm 125 | CaeM 450/900


______________________Nullo 0% | Basso 2% | Medio 6% | Alto 15% | Immenso 33% | Estremo 69%


______Condizioni fisiche__

Ferite accumulate
<nessuna>

Quantitativo danni da tecnica
0/16


Stato d'animo
Lucido; vagamente teso.

___Condizioni mentali______

Influenze accumulate
<nessuna>

Quantitativo danni da tecnica
0/16

Stato d'animo:
<da specificare>

Energia: 100%

Armi:
- Orizzonte [Rinfoderata]
- Principe Musashi [Celato]
- Stella del Tramonto
[Rinfoderata]
- Fumogeno [x1]
- Esplosivo [x1]
- Veleno indebolente [x1]
- Veleno psionico [x1]


Armatura:
- Brina, classe media [Indossata]
- Mani dell'Atronach [Indossate]


Scemo chi legge.

Atarassia:
Passiva. Razziale.
Capacità di ignorare il dolore senza penalità.


Energeia:
Passiva. Anello del potere.
Risparmio energetico del 3% su tutte le tecniche.


Sacrificio Mu:
Passiva. Artefatto [Principe Musashi]
I poteri dell'artefatto sono risvegliati solo dal proprio sangue
versato anche in minime quantità sulla lama.


Sacrificio Mu:
Malus. Artefatto [Principe Musashi]
Danno Basso psionico ogni due turni a partire
dall'attivazione dei poteri dell'artefatto.


Tempra del drago:
Passiva. Artefatto [Tempo]
Calma costante.


Abilità passive:
Meta-Abilità:
Passiva. Primo livello del Warrior Style.
Raddoppia la CaeM in stato di calma.


Meta-Lancio:
Passiva. Pergamena Verde. Classe Guerriero.
Fa tornare al mittente un'arma lanciata.
Pergamena originale: Boomerang.


Meta-Intento:
Passiva. Secondo livello del Warrior Style.
Ogni colpo fisico passivo viene passato a Basso in stato di calma.


Meta-Universo:
Passiva. Terzo livello del Warrior Style.
Fornisce un auspex circoscritto al raggio dell'arma impugnata.


Meta-Maestria:
Passiva di Metagame. Personale.
Il Dominio è portato al livello successivo.



Scemo chi legge.

Abilità attive utilizzate (in ordine di utilizzo)
<nessuna>:
---
. . .



Sintesi:
Non credo ci sia molto da sintetizzare, poichè
oggettivamente mi sono limitato a conversare con
l'NPC di Neiru del secondo turno. Ho descritto il
fermento delle truppe, minate psicologicamente
dal sole nero e dal coltello (..) di Hoggar. Spero di
non aver trattato niente autoconclusivamente,
nel processo di descrizione di ciò che mi circonda.
Dato che come ho detto c'è poco da fare, ho giocato
il tutto sullo psicologico. L'apatia iniziale dovuta ai postumi
del veleno, il "risveglio" dovuto all'attacco del Titano,
e infine la grinta riconquistata.

Edit: mi ero dimenticato di aggiungere il player.




Edited by ~Coldest.Heaven - 28/8/2011, 21:42
 
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view post Posted on 28/8/2011, 21:32

season of mists
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Valzer al Crepuscolo - Inno alla Morte


SPJ3PlLxR5


L'Asgradel. Il potere dei miracoli. Suona molto ... interessante. Quale scopo più nobile potrebbe esistere se non quello di impossessarsene? Un potere non sfruttato è un potere sprecato. Ray. Il suo nome viene sussurrato con timore riverenziale, dagli abitanti di queste terre. Deve essere qualcuno come il Primo Manipolatore su Vrok. Qualcuno così potente da sussurrare il proprio messaggio nella mia testa. Nella testa di ogni essere vivente. Ha pienamente ragione. Perchè non dovremmo chiudere le nostre mani sull'Asgradel, qualunque ... cosa esso sia? Perchè Lui non dovrebbe ... conquistarlo? E' uno scopo giusto. Perchè dovremmo essere noi a cambiare quando è il mondo stesso che può mutare per noi? Esaudire ogni singolo desiderio. Mi chiedo se sia vero. Ogni singolo desiderio. Incredibile. Ma devo crederci. Perchè la ricompensa è troppo allettante. Non mi sono mai ritenuto un Vrok avido. Ma ... costruire qualunque cosa io desideri! Realizzare qualsiasi progetto, fabbricare qualsivoglia marchingegno! Perchè dovrei rinunciare? Per la paura di osare? Per il timore di schierarmi, su questa terra straniera? Sì, forse dovrei. Potrei ... potrei morire. Io non voglio morire. Voglio ... inventare! Forse posso evitare di combattere contro l'Asgradel. Forse non è necessario sfidarlo sul campo. Forse posso dare il mio contributo senza dover per forza rischiare la mia vita. Ma, se quando avrà vinto, Ray potrebbe dimostrare benevolenza verso coloro che si sono schierati sul campo dalla sua parte. No, dovrò combattere. Ne vale la pena. Basterebbe ... basterebbe un solo desiderio. Un mondo a mia immagine e somiglianza. Un universo nuovo ... un luogo progettato dalla mia mente. Un mondo dove io mi senta davvero a casa.
Sì, perchè dovrei rinunciare?


L'Asgradel. Il potere dei miracoli. Suona molto ... allettante. Deve essere mio. E lo avrò, grazie a questo stupido. Se sarò abbastanza accorta, riuscirò a manipolare la mia goffa prigione. Lui lo prenderà, per me. O meglio, noi aiuteremo Ray a conquistarlo. Incredibile. Un uomo che trascende la propria misera condizione e si eleva, verso imprese divine. Mi piace. Sono sicura che andremmo d'accordo. Sfidare la divinità stessa del pianeta. Ahahah, un bel coraggio, non c'è che dire. Ma sono certa ci sia qualcosa oltre la semplice avventatezza. Sarà un onore servirlo. E Lui ... Lui ricompenserà chi lo avrà aiutato. Come potremmo perdere contro una divinità che ha paura di usare i suoi stessi poteri? Come potremmo venire sconfitti da un'entità che, pur avendone il potere, non domina sugli altri essere inferiori? No, l'Asgradel non rappresenta un vero ostacolo. Semmai potrebbero essere un problema le menti che si sono fatte attrarre dalla sua essenza pseudo-divina. Ah, ma i seguaci sono fatti di carne, sangue e paura. Sono sempre stata brava con tutte queste cose. Non ho mai avuto problemi a squarciare le carni, a versare il sangue, a suscitare paura. E' vero, non io personalmente, ma tutti gli assassini Vrok sono stati istigati da una parte di me, da una delle mie tante sfaccettature. Io sono l'incubo che affligge le menti altrui. Ma quello che davvero desidero ... è una mente tutta mia. Oh, sì ... basterebbe un solo desiderio. Un corpo. Un corpo interamente mio. E cosa mi separa da esso? Niente che io non possa facilmente schiacciare, anche grazie - lo ammetto - al corpo di Strange. Dunque, cosa mi trattiene dallo scendere in campo?
Sì, perchè dovrei rinunciare?



QB8Pw

Venire qui è stata una pessima idea.

Lo sguardo di Strange è fisso nel cielo, per evitare che si posi sull'enorme esercito radunato dall'Asgradel. E per evitare di guardare anche l'esercito del Leviatano, che il Vrok trova altrettanto terrificante. Lassù, tra le nuvole, quello è l'unico posto in cui i suoi occhi possono sostare senza sgranarsi per la meraviglia e il timore. Due soli, come su Vrok. Poco importa che uno sia nero, livido presagio di morte. Sul momento non gli appare tanto sconvolgente.
Sta ripetendo ormai da parecchi minuti le sue lamentele, mentre spazia con le sue grigie pupille lungo tutto l'orizzonte. Si rivolge ad un interlocutore che condivide il suo corpo, ma che non presta minimamente attenzione alle sue parole. Azure è per metà esposta alla luce dei soli, il nero corpo proteso dalla schiena di Strange verso il campo di battaglia, lo sguardo bramoso rivolto alla carneficina imminente.

Sì, la prossima volta dovremmo evitare di farci attirare dal richiamo di un qualche uomo che si crede un dio. Avremmo dovuto lasciare che queste divinità straniere si combattessero per i fatti loro. Non avremmo dovuto immischiarci.

Cosa è un mondo a propria immagine e somiglianza che si staglia lontano ed impalpabile nel futuro, quando molto più vicina si erge la visione dell'aldilà, orrenda ed insopportabile? Per quanto egli guardi le nuvole, esse non sanno dargli risposta. Forse perchè la risposta lui la conosce già. Non è nulla. E' stato tutto un grande errore, fin dall'inizio. Se ne rende conto proprio mentre una fenice attraversa il luogo di rifugio del suo sguardo, sconvolgendo anche quell'angolo di pace, costringendolo con la propria mitologica presenza ad abbassare gli occhi.

Ai suoi piedi nota diverse sigarette, la metà delle quali lasciate cadere ancora integre dal tremolio delle mani, e non più raccolte. Può sentire dentro di sè un rombo crescente, un ringhio a lungo represso. E' Azure, ne è sicuro. Ne è spaventato, ancora di più che degli eserciti che lo circondano. Ma cosa può fare ormai? Di certo non scappare. Non è sicuro di cosa gli orchi facciano ai disertori, ma di certo non vuole scoprirlo. E sicuramente non può distogliere Azure dai suoi evidenti propositi. Può solo lasciarsi trascinare dalla corrente e sperare di rimanere in vita.

Attorno a lui si levano grida gutturali, in lingue conosciute e non. Frecce solcano il cielo, rovinandolo con l'avanzare della guerra. Le prime linee degli orchi caricano, e il mondo sembra tremare. E, nell'epicentro di quell'uragano di furia e istinti omicidi, Strange si sente terribilmente solo.

Lentamente scioglie i legacci che legano la mostruosa chiave inglese alla sua schiena. La impugna con tutta la sua forza, per scacciare il tremore che lo pervade. Il metallo è freddo, contro le sue mani sudate. Un'immensa malinconia lo assale. Uno splendido strumento per costruire, che verrà usato per distruggere vite. Alle litanie degli orchi, alle grida belluine, ora si aggiungono anche il clangore delle spade e le urla dei primi feriti. Persino Azure sbraita la propria furia cieca al mondo, non rendendosi conto che risuona solo nella mente di Strange.

Ma lui rimane zitto, preferendo non unirsi a quell'inno alla morte.




Strange

ReC 300| AeV 175 | PeRf 325 | PeRm 275 | CaeM 200



Condizioni fisiche: Illeso

Condizioni mentali: Illeso

Energia: 100%

Armi:
Chiave inglese - Impugnata
Ingranaggio - Legato alla schiena
Ingranaggio Abbagliante - Riposto nel camice

Abilità Passive:

Le stranezze del'inventore - Passiva per un secondo dominio + Up al dominio illusionista
Quello dell'inventore è un mestiere duro - Pelle più coriacea + Emorragie ridotte e ossatura quasi indistruttibile
Sognare non costa nulla - Cast istantaneo delle illusioni + Sconto del 5% sulle illusioni (mai sotto l'1%) + Illusioni con di 1 livello di potenza superiore al consumo
Qui ci sono già io! - Difesa Psionica Passiva

Abilità Attive impiegate:

Immagino che qualcuno dovrà badare ad entrambi
Azure ha ben presto capito che intrufolarsi nel corpo di Strange è stato un madornale errore. Lo ha realizzato quando lo sbadato Vrok ha accidentalmente fatto esplodere la terza invenzione in meno di un mese. Le ferite riportate sono state così gravi e l'indifferenza di Strange così disarmante, che ben presto Azure si è dovuta adoperare per mantenere in vita entrambi. Così, con un grande sforzo di volontà, è riuscita a ... liberare se stessa. Con un consumo Variabile Nullo, sarà infatti in grado di uscire dal corpo di Strange, sia parzialmente che interamente, rimanendo tuttavia collegata a lui. Apparirà come una donna formata da oscurità, effimera ed impalpabile come un sogno, che tuttavia avrà un notevole potenziale difensivo. Il suo scopo sarà infatto quello di bloccare qualsiasi offensiva che verrà mossa contro il Vrok, ponendo se stessa come barriera. Una libertà ben misera, dal momento che sarà comunque vincolata alla sua missione di guardiana. Tutto ciò conterà come un dominio difensivo dell'elemento oscuro, che dovrà necessariamente avere origine da Strange o dalle sue immediate vicinanze

Note: La prima parte del post è una riflessione mentale di Strange e di Azure. Entrambi riflettono se entrare in guerra e sulle loro motivazioni. Entrambi sperano che Ray conceda loro un desiderio a battaglia finita. Specifico che Strange non percepisce quei determinati pensieri di Azure, e viceversa. La seconda parte non è nient'altro rispetto a quanto scritto. Strange si trova, come da indicazioni, sul campo di battaglia. Vede la fenice e osserva controvoglia la prima carica degli orchi. Non è assolutamente contento di trovarsi lì, si è pentito della sua decisione, mentre Azure ne è entusiasta
Ps.: Ho usato uno slot per la manifestazione fisica di Azure, che esce dalla schiena di Strange un po' come Ragnarok da quella di Chrona, se avete presente.

Legenda:

Pensato Azure - Inudibile a chiunque
Pensato Strange - Inudibile a chiunque
Parlato Strange - Udibile



 
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view post Posted on 29/8/2011, 15:57
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Capitolo n. 7 - Qualcosa di ... diverso.



unled1ec

Aveva sbattuto la testa.

Questo il primo, sciocco pensiero che riempì la sua mente.
Non era morto. E come avrebbe potuto? Ma quando aprì gli occhi non vide la Torre. Non vide la bambina.
Non vide Eitinel.
Vide invero una tenda, il soffitto di questa, una fioca luce che l'illuminava. Fuori, buio. Proprio come il corpo del Dannato.

« Ehi, ti sei svegliato finalmente. »

Non guardò da chi provenisse quella frase. Era una voce maschile, calma, contornata da rumori di... una marcia. E non gli rispose. Perché c'era qualcosa di strano, addosso a lui. Qualcosa che la sua mente non controllava.
Si guardò il busto, privo di maglia.
A sinistra di esso, alcune tracce di un colore rosso scuro sembravano formare un disegno, un tatuaggio, sulla sua pelle. Tracce che si andavano ad interlacciare, vagamente, nel formare un fiore vermiglio. A sinistra, la stessa parte da cui in viso aveva i tatuaggi, ormai diventati quasi neri, come il resto del suo corpo. E sì, il suo busto era nudo. La sua maglietta era strappata in più punti, lacerata, e giaceva a terra, sporca.

« Se te lo stai chiedendo, abbiamo dovuto strapparla per fare prima. Le tue condizioni erano molto gravi, e non permettevano altro: ma ne abbiamo parecchie di riserva. Anche simili, se vuoi. »

Si alzò a sedere. Prima, si trovava in posizione sdraiata; solo ora si rese conto di essere rimasto a dormire su un letto di paglia, costruito in una tenda abbastanza grande da contenere cinque o sei persone. Non in piedi, comunque.
Qualche secondo in questa posizione, e dovette girarsi verso destra per vomitare. Si sentì meglio, seppur di poco. Ma l'uomo che gli aveva parlato non sembrava turbato.
E il fiore vermiglio fece più effetto che mai.

« Tranquillo, è normale. Il tatuaggio, che ti ha permesso di riprendere i sensi, fa questo effetto. Ti dona un po' di energie, ma ti provoca nausea e senso di trance. »

... Asgradel. Eitinel.
Non poteva pensare ad altro. La sua vista era sfocata, ma doveva avanzare, uscire da quel posto. Si alzò in piedi, prendendo una maglia tra quelle impilate poco distante, e la indossò.
Barcollava.

« Ti sei svegliato proprio in un bel momento. Ma senti, mi sembra di averti già visto. Chi sei? »

...
Chi sono?

png


Il Dannato si voltò, e nel farlo scoprì che l'essere che parlava con lui, seduto, non era un uomo, bensì un elfo. E contemporaneamente, si vide riflesso in uno specchio dietro di lui.
Non si era mai visto, così.

Il suo volto era cambiato. Il tatuaggio era intatto, ma i suoi lineamenti... non erano più i suoi. Assunse un'espressione di stupore, ma il suo corpo non glielo permise, e con un conato di vomito in arrivo si piegò verso il basso.
Non rispose all'elfo, che storse la bocca per la mancanza di informazioni ricevute, ma uscì dalla tenda.
E qui vide un mondo, che non era quello che si ricordava.

-

Innumerevoli truppe si stavano mobilitando, avanti, avanti e ancora avanti, proprio come il Guardiano stava facendo, inconsapevole, nello stesso momento. Si addentrò nella folla, senza curarsi della Silverlight che si muoveva nella fodera, senza curarsi della direzione in cui tutti stavano andando.
Sapeva di combattere per l'Asgradel. Sapeva di combattere per Eitinel.
E non voleva, ma d o v e v a farlo.
I suoi occhi si socchiusero, entrando in uno stato definitivo di trance. Sapeva di non poter provare emozioni.
Sapeva che, la sua mente, non era viva, così come non era morta. E così anche il suo corpo. Privati entrambi, per sempre, di entrambe le condizioni.

...

In alto, il Sole nero non illuminava il territorio, e il cielo assumeva un tinta scura.
Sarebbe stato un giorno perfetto, se avesse potuto morirvi.

Ma purtroppo, non era possibile. Il suo compito era difendere Eitinel e l'Asgradel con lei, nella battaglia che ormai stava per avere inizio. La terra tremava, da tanti erano i guerrieri lì disposti. Tanti, molti dei quali sarebbero forse mai più tornati indietro.
La bocca del paladino si tese, fino a formare una linea. Non poteva provare nulla, ed ora il tatuaggio... gli ribolliva. Era in uno stato precario, non era ben consapevole di cosa stava per avere inizio. Si stava facendo solo trascinare dagli innumerevoli elfi tutt'intorno a lui, mera marionetta in mani troppo incaute per potercisi fidare appieno, ma solo così potevano andare le cose per il Guardiano.
Era stato privato di tutto, e perciò, non aveva niente da perdere.
Alzò lo sguardo verso l'alto, in attesa di scorgere

Eitinel?
il Mastro di Chiavi?


ma lo abbassò subito dopo, privo di alcuna speranza. In lontananza si sentivano tamburi, mentre la terra che stavano calpestando, già smossa da altre centinaia, se non migliaia, di persone, si uniformava, nel creare un tappeto solido, per la
guerra

Lui era pronto.
Lui...che non ricordava neppure il proprio nome. Dal volto così diverso, che aveva ancora la facoltà di modificare a suo piacimento. Lui, la cui anima era divenuta immortale, dandogli così una maledizione che l'avrebbe accompagnato per i secoli a venire. Da cui non poteva liberarsi, perché così aveva voluto.

E questa condizione avrebbe accettato, perché non avrebbe potuto fare altro.
Non voleva nessuna spiegazione, adesso. Non sapeva che cosa gli era successo dalla Torre, e non sapeva in che modo era riuscito ad arrivare lì, tra le file dell'esercito dell'Asgradel. Ce l'aveva mandato Eitinel? Qualcun altro? E che fine avevano fatto gli altri? Non sapeva perché, ma tutto ciò non gli interessava, scivolava via dalla sua mente come acqua in un fiume di pietre.
Ora, era lì per combattere, ed estrasse la propria spada dal fodero, scintillante nella notte del giorno.
Qualsiasi cosa avesse dovuto fare, l'avrebbe fatto per Eitinel.

La quale, se avesse potuto, avrebbe voluto uccidere.




hocragpost2

[ReC 425.][AeV 200.][Perf 150.][Perm 550.][CaeM 225.]

Status Fisico. » Nausea e stato di trance dovuti al tatuaggio; amplificati ulteriormente dalle vicissitudini passate, che ora non ricorda ancora appieno.
Status Mentale. » Privo di volontà propria.
Energia Residua. » 100%

Attive utilizzate nel turno. »

Attive dai turni precedenti. »
Passive in uso. » Immune al colpi fisici in stato di calma, chiaroscuri che gli percorrono il corpo, vista notturna, percezione Auspex, influenza psionica passiva (chi lo vedrà penserà di conoscerlo), difesa psionica passiva (da normali alterazioni dello stato d'animo quali turbamento, dolore), le difese psioniche contano un livello superiore in stato di calma (annullando il malus del Ba Xian), può cambiare aspetto e nascondere le ferite, non sviene al 10% di energia.

Consumo energia tecniche. » [Trentasette.][Diciassette.][Sette.][Due.]
Note. » Post più lineare rispetto al solito, o almeno spero; avevo bisogno di introdurlo semplicemente nella battaglia, dopo tutto quello che ha passato nella Torre; ma il tatuaggio e lo stato mentale non gli permettono di riprendersi egregiamente, cosa che dovrà fare in seguito.
Musiche di Epic Score.


 
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~ D a l y s
view post Posted on 29/8/2011, 16:32




jpg


Gettati come pepite d’oro in un mare di carbone, gli uomini respiravano il tanfo acre degli orchi, delle loro pelli fatte per la battaglia, delle loro armature rituali, dell’incenso che spandevano durante i propri riti. Non erano più i soldati sfavillanti, ma erano uomini senza più ordine, senza più nulla in cui credere se non quella voce che sussurrava ai loro cuori, svelandone i desideri più proibiti. Molto si sarebbero sentiti smarriti, molti sarebbero fuggiti.
Dietro le spalle del Titano, la Danzatrice del Re sorrise. Lei non aveva mai creduto in nulla, aveva semplicemente giurato la propria fedeltà all’uomo che l’aveva umiliata e sconfitta. E ora era lì per pagare il proprio voto. Sarebbe morta nel suo nome o avrebbe vinto quella guerra. E in ogni caso molti cadaveri avrebbero ricoperto i gradini verso il suo personale inferno.
Sebbene all’apparenza il suo autocontrollo fosse perfetto, il cuore e la mente le tremavano, labili come un miraggio. Mentre si avvicinavano aveva potuto abbracciare con lo sguardo l’esercito nemico. Non sarebbe stata come le altre volte, non sarebbero stati in vantaggio. Per quanto avessero fatto violenza, avrebbero potuto cadere, schiacciati da quell’avanzata.
Mosse con un gesto indolente il ventaglio davanti al viso.



Il nostro esercito non profuma di acqua di colonia, mio Signore”.



Rivolgendosi ad un Sovrano lontano, disinteressato, con il tono che avrebbe usato a corte ad una festa. Sdegnosa, memore del proprio rango. Eppure con una voce flebile, di bambina. Si sentì improvvisamente smarrita. Non sarebbe bastata da sola a decidere di quel gioco pericoloso. Levò gli occhi verso il sole nero alle loro spalle, verso gli ufficiali nascosti sulle mura del Maniero. Sperò si salvassero, almeno loro, tornassero indietro per raccontare le prodezze di quella giornata campale. Lei si sarebbe gettata nella mischia. Voleva guardarli negli occhi, voleva leggere l’espressione di terrore sui loro volti prima di ucciderli. Era vuota, e forse il loro sangue l’avrebbe riempita.
Si domandò se lui, l’uomo che amava, fosse in mezzo a loro. Non aveva dei da pregare, eppure pregò che di non incontrarlo. Di non dover scegliere di ucciderlo.
Chiuse gli occhi per un istante. Era come una piuma smarrita da un gabbiano sulla superficie oleosa del mare. Presto avrebbe perso la propria lucentezza e sarebbe sprofondata nell’acqua. Nessuno l’avrebbe rammentata.
Alzarono la testa all’unisono, guardando l’immensa fenice spiegare le ali nel cielo. Una nuova manifestazione di potere, mentre gli eserciti iniziavano ad avanzare.



jpg
Tch”.



Alcuni orchi attorno a lei si girarono a fissarla.
Richiuse il ventaglio con uno scatto, puntandolo avanti a sé. Avrebbe potuto sembrare buffa, se loro non avessero percepito il potere scorrerle attorno come una fiamma. E forse l’avrebbero derisa. Lei non era più la Rosa del Toryu, non era più la Principessa, era soltanto la bizzarra ombra di una dama, scaricata in mezzo ad una guerra.



Vogliono giocare con il fuoco.
Sarebbe un peccato non accontentarli
”.



Sulle sue labbra si distese una smorfia sarcastica. Aveva paura. Ma non era il momento di pensarci. Il Titano sfoderò le proprie armi.
Arrivano.
Questo disse.
Un brivido le corse lungo la schiena, che si fletteva come quella di una predatrice. Il tatuaggio della rosa, le sue linee sapienti, si deformarono per un attimo lungo la scia incurvata della colonna.
Andiamo a prenderli.


png



Equipaggiamento: Bloody Maries (indossate); Leviatano (non utilizzato); Mietitrice Scarlatta (alla cintura).
Consumi: //
Energia Residua 100%
*Anello del potere + Risparmio del Dominio
Danni riportati: //
Azioni: //

Passive in utilizzo




Autocontrollo ~ Al 10% Dalys non sviene

Ammaliamento ~ Risparmio energetico dall'1% al 5% per le tecniche illusorie e aumento di un livello dei loro effetti

Intimità ~ Abilità passiva che induce fascino nell'osservatore

Dominio ~ Equilibrio su qualsiasi superficie

Danza di Salomè ~ Sfuggevolezza dei movimenti (abilità passiva); se resta immobile avrà a disposizione 3 slot tecnica

Equilibrio ~ Equilibrio su qualsiasi superficie



Attive Utilizzate




//

 
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Xord Gik
view post Posted on 29/8/2011, 18:34




Per venticinque anni era stato Godrik vonTabark, un soldato comune in un mondo dove gli umani morivano a miliardi, un uomo non comune nel modo di amare, odiare, invidiare. Per due Xord Gik, Nessuno dotato del dominio sull'Oscurità e garante della pace fra i mondi, mago e stregone dal potere inusitato. Per diciotto, solo un essere comune che viveva una vacanza non comune fra le pieghe del tempo. Per uno, arbitro suo malgrado della medesima contesa già affrontata in quello che ormai era divenuto il presente.
I suoi occhi avevano visto le azioni e le passioni di milioni di persone, l'evolversi e l'estinguersi di migliaia di civiltà, la fine e l'inizio di centinaia di mondi. Conosceva il segreto di mille poteri affini alla sua arte, tutti avendoli indagati con la ponderata valutazione di uno scienziato. La sua forza era grande, enorme. Aveva potenza, controllo, esperienza, sapere. Non era immortale, ma custodiva la conoscenza per sperimentare una vita dopo l'altra in una sequenza molto più difficile da spezzare che la semplice refrattarietà alle armi, al deperimento, alla magia. Possedeva tutto quello che gli uomini desideravano.
Aveva un unico limite. Uno molto sottile.

Non sapeva cosa farsene di tutto questo.


Atto Ultimo

.così finisce un mondo.

Con gli occhi chiusi all'epicentro della fine, il mondo è solo odore.
Odore metallico, ramato o forse ferrigno, pungente, insistente, violento ed efferrato, che un'ondata dopo l'altra lo aggredisce e lo insidia e cerca di farlo sprofondare in un mare di sangue. Odore dolciastro, ammuffito e avariato, che sinuoso si spinge a zaffate improvvise e sferzanti verso di lui prima che le Potenze e le vane urla d'incoraggiamento dei loro araldi ne ostruiscano parzialmente la sorgente, quella paura ormai onnipresente che dilagava per la battaglia mietendo più vittime delle spade. Odore di zolfo e fuoco, il cui calore rovente si abbatte sulla sua pelle e sembra rialzarla e disseccarla nello stesso tempo, in realtà solo stimolando con le sottili note della sua immaginazione il sudore che ormai non è più motivo di disagio per lui. Odore incandescente, piccante e violento allo stesso modo, che come fiammate infuria e brucia come paglia contagiando orco dopo orco, elfo dopo elfo e soldato dopo soldato, seguendo fedele come un cane la rabbia che stuzzica e sobilla tenendo acceso il fuoco della battaglia.
Odore di morte, odore di disperazione, odore di battaglia.

Sorrise, immerso in una cacofonia di suoni ed odori senza significato alcuno. Con un occhio
-orecchio? narice? percezione?-
rivolto alla battaglia incombente, cercò con dovizia le Scie Oscure di coloro che lo circondavano e si domandava quasi oziosamente cosa passasse nelle loro menti bramose. Si identificavano con il 'Leviatano', l'essere nato dalla moltitudine ma creato da un uomo ormai trasceso alla divinità? Si valutavano pedine, meri pedoni di una guerra senza fine degni solo di essere sacrificati in gambetti o fortezze, né più né meno che muti e ciechi pezzi di una scacchiera chiamata vita e sottesa ad una realtà più grande? Vedevano il genio, e la follia, nelle mosse dei due più grandi giocatori che quel continente e forse quell'intero mondo abbiano mai visto?
Capivano che Ray ed Eitinel non avrebbero scritto la storia, solo delineato la trama?

« Non ancora. »

L'apocalisse? Non era poi così difficile da ottenere.
Basta la giusta leva e il giusto tempismo.
Agire, e lasciare che il mondo rovini da sé.

« Che nessuno muova un muscolo. »

Aprì gli occhi e li batté, scacciando le immagini residue di uno sciame di scie luminose sul fondo della retina. Il suo sorriso si tramutò in quello di uno squalo all'odore del sangue. Era stato un soldato, riconosceva i segnali della fine delle schermaglie: ora iniziava la vera guerra. Con un risolino compiaciuto estrasse Animofago e il suo occhio senza palpebre batté perplesso di fronte ad un'abiezione peggiore persino di quella che lo aveva generato, mentre la sua armatura pulsava al battere di migliaia di cuori colmi di odio, rabbia, paura, ira, violenza, disgusto e vendetta: Oscurità pura, purissima, così abbondante che il suo intero corpo sembrava vibrare all'unisono con le pulsazioni della battaglia.
Le voci del Leviatano si chiamarono l'un l'altra, infinite teste di un'idra a fauci spalancate.

« Arrivano. »
« Arrivano. »
« E noi combatteremo. »
« Arrivano. »
« Diamogli il benservito! »

Sul ciglio del baratro, sull'orlo di un abisso, Godrik attese in silenzio che le orde nemiche si avvicinassero fino a giungere in gittata col cuore che batteva . Pur non potendo ancora provare la benché minima traccia di emozioni, nel guardare il frangersi della realtà prestabilita e i primi spasmi convulsi della nuova imposizione - fra il bello e il terribile della creazione e distruzione di un intero mondo - c'era un che di semplicemente
sublime



~
open your heart...


La passiva di auspex è interpretata anche, e soprattutto, come informazione sensoriale legata all'olfatto. Quoto ora tutte le passive (inclusa quella di coraggio di Tre-Dita) e non ne parlerò più.
CITAZIONE
Sensi Oscuri ≈
L'azione nociva dell'Oscurità non si limita a corrompere il limite interno dei poteri dell'Oscuro, bensì si manifesta mutando il corpo stesso di colui che ne diviene un assiduo frequentatore: le iridi si tingono di arancione, poi brillano rosse, i capelli assumono sfumature elettriche, stranamente rilucenti, la pelle assume una consistenza più serica e un colorito pallido. Più sottilmente, l'Oscurità influenza profondamente il sistema di incanalamento dell'energia dell'Oscuro rendendolo più cosciente, più consapevole dell'Oscurità che lo circonda, e trasportandolo in una sfera sinestetico-sensoriale completamente nuova: tale percezione ultrasensoriale, più volgarmente 'auspex', è tendenzialmente reinterpretata dal cervello come un'alterazione di tutti e cinque i sensi, che diverranno quindi tutti veicoli dell'informazione extra-sensoriale arrecata dal proprio intero corpo, e che coinvolge ogni forma possibile ed immaginabile di energia.
Lo sapevate che la magia illusoria ha il sapore dei lamponi?
{ passiva: auspex }

CITAZIONE
Razza: Nobody
Nati dall'Ombra, specie negletta, gusci vuoti, vestigia del passato - tutto questo e molto più, ecco cos'è un Nessuno. Un tempo erano umani, tutti, e tutti hanno ceduto all'Oscurità: essa è cresciuta in loro, li ha sobillati e confusi, attirati e sedotti, finché non hanno ceduto al loro potere ed essa li ha distrutti. Tuttavia non così facilmente cade il Cuore umano, e in un ultimo guizzo di resistenza capita talvolta che esso riesca a proteggere quantomeno le parti meno attaccate del proprio essere, il Corpo e l'Anima, e che esse riescano a sopravvivere per conto loro.
Il Nessuno è un essere nella sua massima espressione di aspetto umano, poco cambiato rispetto alla sua Forma Completa, tuttavia completamente privo dei sentimenti della passata esistenza - spazzati via assieme al Cuore. Solitamente dotato di capacità di levitazione e di limitata manipolazione dell'Oscurità di cui in gran parte composto a livello metafisico, esso nasce in possesso di una capacità mutuata dalla propria vita come essere umano assieme ai ricordi; questa, generalmente chiamata "Dominio", può variare in ogni senso. I Nessuno di più basso livello hanno al contrario sembianze solo vagamente umanoidi, assomigliando più a demoni argentati capaci di deformare il proprio corpo in misura variabile da Nessuno a Nessuno. Esistono diverse specie di Nessuno minori, tutte apparentemente legate per capacità e strategie ad altrettanti Nessuno maggiori, o "in forma umana".
I primi sei Nessuno della storia diedero vita all'Organizzazione XIII.
Sebbene i poteri dei Nessuno varino grandemente a seconda del Nessuno stesso, una caratteristica è omogenea a tutti quelli con sembianze umane: l'anomalia. La mancanza di emozioni è l'unica cosa che ne differenzi il comportamento rispetto al resto delle razze, una mancanza solitamente mascherata tramite l'imitazione di emozioni, comportamenti tipici abitudinari prelevati dai ricordi della vita precedente o adattati sul momento, tuttavia tali mascheramenti sono nel migliore dei casi artefatti, capaci di nascondere la verità solo a coloro che desiderano lasciarsi ingannare - e anche in questi casi non è raro che la differenzia sia comunque notata a livello inconscio, interpretata come un istintivo timore o bisogno di cautela.
{ passiva razziale demoniaca: timore }

CITAZIONE
Grande come il mio coraggio -
L'esperienza, si sa, forgia il carattere di un uomo. Hog ne ha accumulata talmente tanta da conoscere alla perfezione i propri -pochi- limiti e quelli -tanti- dei suoi avversari. Nelle sue innumerevoli battaglie, ha sviluppato un coraggio senza pari, che gli permette di combattere sempre senza preoccuparsi di niente e nessuno: affronta le proprie paure con tutta la forza di cui è capace, trasmettendo un'insana sicurezza anche a chi gli sta vicino. All'atto pratico, si tratta di una resistenza passiva alle influenze psicologiche dettata dal coraggio del mercenario; impavido al punto di estendersi ai suoi alleati, che come colti da una forza improvvisa, combatteranno al suo fianco sino all'ultimo respiro. [Passiva]



Edited by Xord Gik - 29/8/2011, 19:58
 
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PARACCO TRAVESTITO ALOGENO
view post Posted on 29/8/2011, 18:51




Valzer
Danza di Morte


chakra01

Gli occhi di Aang saettarono da un lato all'altro del campo di battaglia, cercando tra le centinaia di esseri che lo circondavano coloro che avevano bisogno delle cure più immediate. Erano in svantaggio. E lo sapevano. I Neiru combattevano come se avessero cento vite, ognuna libera di essere sprecata come volevano. Combattevano come se non ci fosse un domani, trapassati dalle frecce, dilaniati dalle asce o smembrati dalle zanne di un orco. Aang faceva il possibile per aiutare: soccorreva i feriti, li trascinava fuori dagli scontri, erigeva barriere quando ne aveva il tempo e il fiato. Se pensava alla calma di qualche ora prima, gli sembrava quasi irreale, confrontato al caos che stava vivendo in quel momento.

...

Si trovavano fuori dalla tenda dove il Monaco era stato curato e riportato a nuova vita. I preparativi fervevano attorno a loro, ma si erano ritagliati un attimo di calma per parlarsi.

« Carnir, dobbiamo proprio farlo? Io.. »

Il piccolo elfo guardò Aang dal basso, piegando appena la testa di lato, come incuriosito da quella strana razza umana, così piena di sfaccettature da sembrare un diamante. Così bello ma così complesso.

« Hai paura, Aang? »

Il giovane uomo aprì la bocca per rispondere che no, non aveva paura. Aveva già affrontato innumerevoli avversari ed era sempre sopravvissuto per andare avanti, non importava quanto fossero gravi le sue ferite. Ma rimase fermo, la bocca socchiusa nel tentativo di dire qualcosa di coraggioso. Davvero non aveva paura? Affrontare un battaglia così importante, di punto in bianco e senza alcun preavviso, non lo spaventava forse a morte? Aang abbassò il capo, guardandosi i piedi, incapace di reggere lo sguardo cieco dell'elfo. Gli sembrava quasi che potesse leggergli nella mente, non riusciva a capire come fosse riuscito fino a quel momento a prenderlo sempre alla sprovvista, a mettere in discussione ogni sua conquista.

« Io.. si. Ho paura. »

La sua bocca fiorì in un un sorrisetto di scuse. Un allievo di fronte al Maestro, ecco com'era tornato ad essere.

« Io.. mi vergogno un pò ad ammetterlo, ma.. »

Tentò di giustificarsi.

« Non penso ci sia nulla di male, no? Insomma.. »

La voce serafica dell'elfo lo interruppe, arrestando il flusso delle sue parole e dei suoi pensieri.

« Avere paura di qualcosa è normale, Aang. Ma devi imparare a controllare la tua paura, come lei sembra fare ora con te. Impara a dominare i tuoi sentimenti, o il Fiume del Fato perderà la sua via e ti divorerà. »

Lo disse indicando la spalla di Aang, dove lo stesso Carnir aveva praticato le sue incisioni nella tenera pelle del giovane. Il monaco annuì alle sue parole, ma avrebbe scoperto ben presto che non aveva capito minimamente di cosa parlava il suo salvatore.

...

« E' iniziata, Aang »

« Si. »

I Neiru erano calmi e in posizione, come se non stessero per iniziare una guerra, come se fossero lì solo per una dimostrazione di forza in una parata militare. Il monaco si guardò attorno: ogni elfo che lo circondava possedeva un tatuaggio rosso come il sangue da qualche parte sul corpo, Carnir glielo aveva accennato. Ognuno di loro faceva parte dell'insieme, era una parte ugualmente importante di un enorme Unità che si muoveva all'unisono. E come un'unica entità, gli elfi videro il nemico iniziare la Guerra.

Un'enorme lama sorse nel cielo in penombra, dominato da quel sole nero che in un primo momento aveva spiazzato un pò tutti. Ci si abituava dopo qualche tempo, ma rimaneva comunque molto inquietante e lasciava la sensazione che qualcuno li spiasse, da lassù. Più che un'arma, l'immenso pezzo di metallo cadde in mezzo allo schieramento dei Neiru, a meno di venti metri da dove si trovava Aang in quel momento. Il monaco chiuse gli occhi e si acquattò, sicuro che sarebbe caduto a terra per l'impatto. Già pensava allo scenario di morte che lo attendeva dov'era passato l'attacco nemico: corpi ridotti in brandelli in un lago di sangue. La paura aveva preso il sopravvento.

Ma non avvenne niente di quanto aveva immaginato. Alzò la testa, aprendo le palpebre: Carnir lo stava guardando, con un'espressione quasi divertita sul volto pallido.

« Abbi fiducia, Aang. Lui sa cosa fare. »

Fu allora che il giovane vide colui che guidava l'esercito Neiru in azione. Aveva bloccato l'attacco del nemico in qualche modo, ma da quella distanza non era riuscito a capire cosa avesse fatto. Il come non gli importava in verità, l'importante era che ci fosse riuscito, scongiurando una sconfitta rapida e sanguinosa di parte dei suoi fratelli. Carnir aveva intanto alzato le mani al cielo, parlando a bassa voce, come rapito da qualcosa che non poteva vedere.

« Lo senti, Aang? Senti la sua voce, il suo canto? E' iniziata! »

Il monaco guardò nella direzione delle sottili mani di Carnir, portatrici di uno scarlatto potere ramificato, ammirandone e temendone il potere allo stesso tempo. Ma guardando oltre, tra le dita, scorse qualcosa che volava nel cielo, un essere alato che sorvolava il campo di battaglia. Becco e artigli affilati, piume arruffate come in un incendio perenne, la fenice planò sul campo di battaglia. Sul suo dorso, una, due, tre figure erano pronte a sferrare la loro mossa nella guerra appena iniziata.

Aang seppe che l'Asgradel aveva scelto i suoi Generali. Sperava che fossero incredibilmente potenti perchè, altrimenti, quella guerra sarebbe finita troppo presto. Guardò il mare di orchi di fronte al suo schieramento e sospirò, reggendo tra le mani il suo bastone, accogliendo la paura che lo aveva avvolto alla vista del potere nemico. I suoi occhi si illuminarono di Flux quando iniziò a posizionarsi sul campo.

« Si, è iniziata. »



A la bataille! Uaaaah! :qew:
Essendo assieme a un tatuatore, Aang sul campo si occupa di soccorrere le prime linee e - quando può - di difendere gli elfi attorno a lui con delle barriere di Flux.
 
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Karnia
view post Posted on 30/8/2011, 20:23




valzer

Era cominciato tutto sottilmente.
Piccoli indizi appena percettibili, stonature nella ripetitività degli eventi naturali, che di solito scorrono allo stesso modo da sempre, con minime variazioni. E ora parevano mutati in modo notevole.

Minuscoli segni quasi invisibili. Piccole creature che avevano invaso le vie cittadine. Altre più grandi che marciavano fuori stagione, allontanandosi, scappando. E in tutte Karnia poteva intuire un unica cosa, paura.
Poteva annusarne l'odore acido, sentirne il respiro affannoso, vederne i nervi tesi e pronti allo scatto. Era una fuga.

Seguì questo rivolo al contrario, ignorando i segni di allarme che ogni singolo animale sembrava comunicarle. Proseguì mentre il sottile flusso diveniva via via più ampio, più corposo e più veloce. E anche gli uomini cominciarono a parlare, mormorando tra le vie, scambiandosi informazioni sulle strade. E quello che pareva un fiume prese invece la sua vera forma.
Un'onda concentrica che si allargava da un unico punto verso tutto il mondo intorno, allungando dita sottili sul territorio.
Con al centro una torre.
E intorno, guerra.


Un ronzio ovattato è l'unica cosa che invade le orecchie dopo la violenta esplosione, mentre la vista dal bianco comincia a virare verso figure comprensibili. Mani appoggiate a terra, lottando in cerca dell'equilibrio che fatica a tornare.

Per primo si affaccia il fumo che afferra la gola, soffocando. E insieme arriva un più acre odore di bruciato, di qualcosa che non è solo legna. Un odore che da disgusto, che lascia un sapore metallico in bocca.

E lo seguono i suoni, urla, scricchiolii, gemiti, singhiozzi. Tutto pare avvolto dal dolore lancinante, piagando l'aria di sofferenza, raccontando di ferite insopportabili.

E per ultima la vista, che si affaccia su un fiore rosso che sta sbocciando su un tronco. Offuscato dalle lacrime pare splendido, ondeggiante al vento, una meraviglia in mezzo a tanta distruzione. Verrebbe da tendere la mano, ma il calore fa desistere.

fore


Karnia non avrebbe mai notato gli occhi bruni al centro del fiore, se il volto non si fosse mosso. Ne sostenne lo sguardo con cauto sospetto e venne ricambiata con la stessa moneta dall'espressione che si disegnò sui lineamenti sottili e pallidi.

Poté guardarlo bene sotto quella luce innaturale che si faceva via via più forte al tramonto. I disegni rossi che ne abbracciavano volto e collo sembravano vivere di vita propria, torcendosi ad ogni guizzo dei muscoli rapidi. Non era un uomo o una donna. Non era qualcosa che avesse mai visto su questa terra. Eppure lo riconobbe per quello che era, un fratello. Un cacciatore come lei. Un Predatore.

Forse non servì neppure la parola. Ci sono cose che si capiscono a primo sguardo, a contatto, a pelle. Una schiera di predatori era il centro dell'onda che si propagava per tutti i territori. Un esercito di cacciatori, che difendeva con unghie e denti il proprio territorio, il proprio centro, una Regina, una Madre. E intorno un esercito pronto alla guerra.

Non ebbe neppure bisogno di riflettere.



volto



Dente pareva stonare tra le mostruose creature che percorrevano il campo di battaglia, affiancando i loro compagni. Era più piccolo delle zampe di molti e sarebbe stato comodamente in bocca ad altri. Eppure scivolava senza esitazione tra piedi e zampe, proseguendo con gli altri, sopperendo alla prestanza con una smodata e inaspettata ferocia.

Karnia piegò il braccio osservando l'intrico di linee rosse scivolare come rivoli d'acqua lungo la pelle scurita dal sole. Quando lo raddrizzò di nuovo il colore parve fluire di nuovo in una nuova posizione, con la stessa eleganza e la stessa forza della cascata dove era rimasta a lungo, attendendo la guarigione delle ferite. Ogni volta che osservava i disegni ne intuiva una nuova forma, un disegno che ancora non riusciva a comprendere per intero.

Il silenzio è peggio del fragore, se arriva nel mezzo di una tempesta. E quando tagliò in due il campo di battaglia, contagiando ogni guerriero come un'ondata, Karnia sollevò di botto il capo dalle pitture, appena in tempo per vedere l'enorme arma luccicare alla luce nera del nuovo sole, tagliando in due l'aria.
Eppure, come gli altri, non fece altro che guardare. Non fuggì. Quando il proprio predatore è troppo grande, la paura diventa talmente grande da scivolare oltre. Diventa così ampia da non lasciare spazio al pensiero, e ogni gesto torna ad essere puro istinto.

Si riscosse insieme agli altri, mentre un brivido le percorreva le braccia fino a fargliele piegare con forza. Poteva sentire nelle vene le radici stesse delle piante, la linfa della terra, rivoli d'acqua corrente. E tutto questo la legava indissolubilmente ad ogni essere al suo fianco, alle sue spalle, di fronte. Non erano più singoli. Erano uno sciame. Un branco. Una muta di cacciatori.

La tensione esplose fuori dalle labbra con un urlo furioso, preceduta e seguita da tutti intorno. Gole animali ruggirono e fecero schioccare dentature aguzze, perfino Dente si sollevò sulle zampe posteriori a soffiare la sua sfida verso un nemico che neppure riuscivano ancora a vedere.

Ma fu con gioia rabbiosa che avanzarono in una calca disordinata, l'urlo che prendeva un tono di liberazione. Erano un branco. E avevano una Madre da difendere. Avrebbero creato per distruggere. Avrebbero distrutto per ricreare.
E il cerchio verrà di nuovo chiuso.



sguardo



Umano ~ Druido ~ Energia Verde ~ Absolute Defence
ReC 275 ~ AeV 175 ~ PeRf 175 ~ PeRm 325 ~ CaeM 200
Consumi ~ Immenso 40% ~ Alto 20% ~ Medio 10% ~ Basso 5%
Status Fisico ~ Illesa
Status Mentale ~ Illesa
Energia ~ 100%


Armi
La forza del cervo ~ Un robusto bastone di tasso alto fino alla spalla, con un palco di corna all'estremità superiore e un ciuffo di peli a quella inferiore, entrambi appartenenti ad un Cervo Nobile.
La rapidità del cervo ~ Una frombola con tasca e lacci tubolari in cuoio di cervo, uno dei quali con un cappio all'estremità. I lacci sono lunghi esattamente tre volte la distanza tra il cavo del pollice all'incavo del gomito di Karnia, la precisa misura per l'uso corretto. I proiettili sono 15 ciottoli levigati e lavorati a forma di fuso.
Proiettili rimasti 15/15

Passive
Salda come una Roccia ~ Passiva Razziale Umana (non sviene raggiunto il 10% di energia) ~ Passiva di dominio Absolute Defence (difese istantanee)
La Voce del Predatore ~ Pergamena del Druido "Idioma Animale"

Attive in uso



Note
Karnia raggiunge le truppe dell'Asgradel seguendo qualcosa di "anomalo". E si unisce per una palese affinità, in contrasto con l'esercito di Ray.
E' nelle file con i Costruttori per evidente analogia, dall'animale alla creazione che distrugge.
Battaglia sia e che sia epica!

 
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Louis Worldgate
view post Posted on 1/9/2011, 14:52




Al di là del sogno o dell’incubo, al di là della mente, la realtà non è altro che un piano dimensionale, plasmabile come tale. I giorni succedono alle notti, le stagioni si susseguono tutte eguali, un corpo cade sempre verso terra e l’aria pesa in quanto materia; qual meraviglia in un ciclo costante e continuo? Maledettamente prevedibile, definibile come un tratto di matita.
È di per sé facile esistere e non esistere, ancorando il proprio essere a un Io incredibilmente grande e forte, ma qualora quest’esistenza fosse in pericolo per colpa d’un corpo troppo umano? Allora si andrebbe incontro all’abnegante condizione di essere imperfetto.
Giungendo all’origine della sua esistenza, appurando d’essere stato più fortunato di altri nella sfortuna di quella notte, il Senzasonno avanzava per il deserto amaranto già attraversato da migliaia di elfi in armature lucenti, una schiera di ombre asservite e schiavizzate per assolvere l’ingrato compito di combattere una guerra non loro. E poi il cielo, che giunto oramai ad un nuovo crepuscolo, tardava all’imbrunire, rischiarato ancora dal tetro lucore d’un sole fittizio riverberante di pece nera.
Ammantato per bene in una cappa color cenere, col cappuccio calato, Louis avanzava, mescolandosi in quell’arida desolazione, in tardo anticipo alla nuova era. Tutti oramai lo sapevano, nessuno escluso: una lotta fra Divinità o presunte tali stava per avere inizio, e niente e nessuno avrebbe potuto fermarla. Due poteri oscenamente grandi stavano per impattare dando luogo alla più grande manifestazione di volontà mai auspicata; chi avrebbe vinto? Cosa sarebbe accaduto allo status quo ora in precario equilibrio? Come una corda tesa al limite stava per spezzarsi; non restava che attendere, e assistere inermi al grande spettacolo.



Era lì per conto di Doctor, un personaggio che in quell’epopea non era stato neppure nominato. Il suo compito? Reporter sul campo. Raccogliere informazioni e chissà: qualche regalino caduto dagli incauti caduti, troppo occupati a morire per accorgersi d’aver perso qualcuno dei loro ninnoli.
Chi lo avrebbe veduto - se qualcuno mai lo avesse veduto - si sarebbe certamente meravigliato nell’osservare un simile individuo fra le fila serrate degli elfi. Lui, né Toryu o Sorya o Goryo, lui, un’aquila con le ali spezzate, in procinto di volare ma destinata a cadere ancor prima del tentativo. Un corpo, solo un corpo - quel corpo. Ricordava ancora la forza di quel pugno, l’arcuarsi di ogni sua movenza, l’avrebbe ottenuto in quanto garante di eterna e imperturbabile giovinezza: il suo malessere non avrebbe potuto intaccare quel corpo, e a quel punto né la Flotta né alcun altro gli sarebbe stato utile, sarebbe stato solo e unico, perfettamente in grado di sopravvivere al tempo nel suo implacabile percorrersi.

Giunto in prossimità delle fila dei Neiru si inoltrò in quella marea di corpi, mescolandosi fra le picche e le spade, le corazze e gli scudi, in quel momento era uno dei tanti pronti a guerreggiare, a far fronte alla più grande forza armata mai unita: gli orchi devoti a Gruumsh.
Ma lui? Lui no: lui era il razziatore, l’opportunista.
Uno sguardo a destra e poi a manca, visi già veduti, dettagliatamente riportati negli archivi dei laboratori a Nord, nell’Erydliss.
Ancora avanti, guardingo.
In quel dedalo d’uomini tutto pareva ripetersi all’infinito, fino a che lo sguardo si posò sul soggetto più interessante di tutti: Hocrag il Dannato, uno dei pochi eletti ai vertici della gerarchia Sorya, forse l’unica fonte d’informazioni che l’avrebbe potuto condurre da lei.
Un insano sorriso abbondò sul suo volto, percorrendolo quasi nella sua interezza.
Abilmente e in assoluto silenzio sfilò un pugnale dalla cintola di un elfo avanti a sé, stringendone l’impugnatura e afferrandolo come un abile assassino - sicché lui era anche quello.
Pian piano si avvicinò alle sue spalle, fino a divenirne quasi l’estroflessione dell’ombra. D’un tratto lo puntò in direzione dei suoi reni, premendo contro la sua carne, quasi avvertendone il sussulto di sorpresa, presagendo il colare di una perla di freddo sudore dalla sua tempia.

« Non credi sia ora di fare due chiacchiere? »




Ok! Premetto col dire che per postare qui ho avuto tutti i permessi necessari, e che questo unico post non influenzerà minimamente l'andamento della giocata.
Ogni piccolissima autoconclusione è stata peraltro accordata con Goth' in virtù di un progetto post-Valzer, quindi si prega di non intervenire. Auguro un buon proseguimento di giocata a tutti. ^^
 
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view post Posted on 2/9/2011, 11:43

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Buio.
Una luce accecante proveniva da un punto fisso davanti a lui. Come se fosse il fondo di una galleria senza fine. Non era una metafora per indicare il raggiungimento del post-mortem, no quella battigia piena di navi in fiamme non sarebbe stata la sua pietra tombale. Quella luce era il suo ultimo barlume di speranza che man mano si allontanava, lasciando (di quella luce accecante) nient'altro che uno sterile rimorso nel fondo del suo cuore. Di ciò che era e di ciò che più non poteva essere, aveva fallito la sua ultima occasione, restando con nient'altro che una frotta di mosche.
Ricordo malapena accennato della sua lotta contro una bimba, era caduto in un silenzio di sensazioni e rimembranze. Svenuto, restava in terra con il disonore di chi non era stato ritenuto all'altezza. Negli attimi in cui aveva perso conoscenza, e si era ritrovato in terra con gli occhi bianchi, aveva visto suo padre che cercava mestamente di riagguantarlo e di sottrarre quell'anima dannata dalle mani di Lucifero.
Ma ogni sforzo fu reso vano, e la sua anima fu rispedita sulla terra a continuare quella battaglia per lui senza senso. Che trascendeva da quella che stava combattendo per il Re, era qualcosa di più enorme, di più grosso. A cui avrebbe dovuto lavorare per l'eternità.

ddddjn

In piedi con il corpo maciullato da una stanchezza che gli intorpidiva i muscoli, con fatica si reggeva su quelle gambe tremanti, decadenza di un corpo che aveva vinto la battaglia ma non la guerra. Piegato dallo scontro con il suo avversario non s'era meritato il diritto di far parte di quella cerchia di privilegiati che avrebbero guidato l'esercito. No. Non sarebbe stato nient'altro che una semplice comparsa in un'opera teatrale, nient'altro che una voce del coro composta da migliaia di persone, senza alcuna possibilità di svettare in alto in quella massa informe di formiche.
Un flashback gli tornò in mente, pensando alla guerra a cui suo padre aveva preso parte, una guerra combattuta proprio accanto a quel Re capriccioso che stava portando avanti anche quella (di guerra). E ora come allora, anche in quell'occasione Satana non fu altro che un semplice pedone da mandare al macello.
E Lux, nonostante avesse riconosciuto i limiti di suo padre e avendoli di gran lunga superati, non riuscì a cambiare il proprio destino.

Un destino avverso e beffardo, che si divertiva a prenderlo per il culo.

Avrebbe combattuto quella guerra senza volerne far parte davvero, per l'unica ragione di voler conquistare quell'Asgradel che avrebbe riconsegnato nelle sue mani i fili del destino che gli avevano rubato, e in un certo qual modo si sarebbe preso quella libertà a lui lungo negata.
E ora, mentre quel sogno segreto gli scivolava dalle mani come acqua di un fiume in piena, nessuna emozione si contraddistingueva nel suo corpo, tranne che una fredda estraneità a quegli eventi.
Non c'era terrore nei suoi occhi gelidi, né il nervosismo di una battaglia imminente ne turbava la perfezione cristallina. I suoi occhi di ghiaccio, fermi e impassibili, erano velati da una patina opaca che oscurava ogni emozione, non lasciando trapelare nient'altro che un distaccato disinteresse configurando in lui la figura di un'automa. Quasi fosse un essere trascendente.

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Poggiato noiosamente sulla mancina che reggeva una katana conficcata in terra, guardava dal basso la figura imponente del barbaro Hoggar detto “Tre dita”, sentendosi fuori luogo in quell'ammasso informe che, nonostante fosse il più grande esercito di Asgradel, lungi era dall'averne le parvenze.
Orchi, uomini, mezz'orchi, e tante altre razze unite sotto un unico vessillo. Potenza e influenza di un Re capriccioso che aveva attirato a sé un numero considerevole di alleati. Che non era composto dai soli suoi sudditi, ma anche nemici che avevano convertito l'antico detto in uno più funzionale alla situazione: “Il nemico di un mio nemico, è mio nemico”. Come se tra le due fazioni ci fosse un cameratismo fraterno, dove solo l'uno poteva distruggere l'altro e nessuno tra di loro si doveva frapporre.
Una regola non scritta, un patto interventistico stipulato al momento della chiamata alle armi, dove una promessa di ricompensa era abbastanza per sgretolare ogni differenza ideologica. E lui, l'uomo più potente del mondo, portava con sé l'esercito più forte del mondo, pronto a sfidare la divinità più potente del mondo.
Una guerra senza pari, dove lui avrebbe fatto da comparsa.
Solo la guerra di Lucifero contro Dio, poteva reggere il passo all'epicità di quello scontro. Battaglia (quella dei cieli) sfortunata per chi aveva mosso guerra, costretto all'esilio dalla superiore potenza della divinità.
Si sperava che essa (quella del Re che non perde mai) benché di simil fattura, potesse avere finale diverso.
Dove è l'uomo a ribellarsi e a vincere a scapito di una Divinità.
Il flusso dei pensieri di Lux fu interrotto da una semplice parola da parte del barbaro.”Arrivano”, tanto bastò per ridestarlo dal torpore e dall'oblio in cui i suoi pensieri l'avevano catapultato, ormai fremeva all'attesa di quella battaglia. Vide l'esercito dell'Asgradel imponente quanto e forse di più del loro. Un brivido gli percorse la schiena mentre riprese un aspetto regale, con la spada ferrea nella mancina a roteare nel vuoto.
La lingua saettò tra le labbra inumidendole. Un ringhio felino scaturì dalla sua voce.

« Andiamo. »

Mentre il vecchio leone si preparò a quella che probabilmente sarebbe stata la sua ultima battaglia.

 
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Andre_03
view post Posted on 4/9/2011, 19:56




(Bianco Maniero, qualche giorno prima dell'apocalisse)

« ...e cosa ci guadagniamo? »

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La sedia su cui il Bravo ciondolava emetteva dei cigolii poco rassicuranti.
Nella stanza vuota, occupata soltanto dal tavolo a cui desinavano i due uomini, quel rumore riecheggiava pigramente riempendo il silenzio. Tra i due aleggiava un'aria di raro assenso, come se le rivalità di un tempo fossero state soppiantate all'improvviso da una inaspettata complicità. Ma non era che un attimo, un istante delle loro lunghe vite.

Il Maestro sedeva composto e con la schiena ricurva,
quasi fosse aggravato da qualcosa « Una battaglia. »
« La più sanguinosa battaglia che tu possa immaginare, fratello. »

Si concesse un sorso dalla pinta di birra con cui aveva accompagnato il pasto.
Resti di maiale arrostito alla maniera del sud imbrattavano due piatti d'argilla e gran parte del legno della tavola. Un fiasco di vino era riverso per terra e bocconi di pane completavano il quadretto. Alla luce prepotente che invadeva quella quiete Oberrin e Hoggar contrapponevano la tenebra di un locale riservato, dalle imposte rigorosamente chiuse. Quella conversazione non era affare d'altri che non loro. Con buona pace delle spie che serpeggiavano tra i corridoi (e i muri) del Maniero.

« Risparmia le cazzate per Shag, Rorge e quegli altri coglioni. » gli lanciò uno sguardo di ghiaccio
« Cosa ci verrà in tasca dopo? »

La pausa che seguì fu abbastanza eloquente da non richiedere ulteriori parole.
Crebbe una tensione familiare, tra i due; riemersero tutti i rancori repressi, le sfide senza esito, gli affronti non puniti. E si trovarono faccia a faccia, divisi soltanto da un tavolo sporco di cibo e dalla paura di affrontare ancora l'altro a viso aperto. Perché, in fondo, nessuno dei due era certo di vincere e - ancora più sotto - non era davvero il confronto ciò che desideravano.

gutti22copy

« Tutto ciò che vorremo. »
interruppe quello scontro con un sussurro deciso
« Quando tutto sarà finito non ci resterà che scegliere il nostro bottino »
l'occhio buono ridotto ad una lama sottile « e prenderlo. »

Trasse un altro sorso della schiumosa bionda, bagnandosi il ghigno malefico che gli aveva rigato il volto.
Poi si volse, posò il boccale, asciugò le proprie labbra con un gesto disinvolto dell'avambraccio e si strinse nelle spalle acuendo la curiosità - mista a stupore - che già illuminava gli occhi del Titano.
L'ultima cosa che Hoggar ricordava di quell'incontro era la mano sinistra del negromante che si stringeva a pugno, di fronte al suo sguardo orbo reso inquietante dalla lucida follia che ne adombrava l'unica pupilla sana.
E le ultime parole parole del fratello:

« Questa guerra l'abbiamo già vinta noi. »

[...]

Orchi ed elfi si stavano già affrontando.
Non sapevano - nessuno di loro avrebbe potuto - che il conflitto in cui stavano dando la vita a decine, centinaia, era già stato deciso. Altrove, in modi che non contemplavano l'uso di spade o coltelli, archi o catapulte, sangue e morte. Erano tutti pedine di un gioco più grande, dal primo dei fanti all'ultimo dei Generali. Quella fenice che danzava nell'aria e vomitava fiamme sul campo di battaglia altro non era che un monito, un costante ammonimento di come ogni sforzo sarebbe stato vano, inutile. Ma a differenza di tutti gli stolti i Guitti - chi più, chi meno - erano consapevoli che la battaglia e la guerra stessa avevano già avuto un esito. E pur essendo stata vinta, quella sfida necessitava di essere ancora combattuta.
Per quel motivo ognuno dei cinque mostri dispersi tra le fila dei pelleverde sogghignava a suo modo.
Stavano per godersi l'ennesimo, vano massacro.

sguardohoggarcopy

Il Bastardo del Titano sentiva le grida di dolore e le urla rabbiose.
Gli prudevano le mani a tal punto che si riscoprì intento a correre verso la battaglia, incitando schiumante le schiere di Ogre e Troll che gli erano state assegnate per il suo scopo. Ad ogni passo la sua mole cresceva a dismisura, e la terra tremava sconvolta dalla corsa di quel gigante. Non si avvide nemmeno di come le bestie con cui avanzava fossero sconvolte, rallentassero l'andatura spaventate dal cambiamento repentino della sua forma e dimensione. Ci fu qualche istante di sbandamento persino tra le schiere di Gruumsh, impreparate all'emergere di un vero e proprio Titano tra loro. Come ubriachi volsero gli sguardi in alto, ma ripresero in fretta a combattere; in molti rinunciando a capire, altri semplicemente accettando quel fatto come frutto del volere di un dio.
L'uomo irruppe con il solo calpestio dei suoi enormi stivali nell'esercito elfo, sconquassandolo e schiacciandolo. Mulinava le enormi spade che erano state coltelli con una furia mai vista neppure dagli Orchi più invasati; era la foga di chi la guerra non la viveva come volontà divina, né necessità o frustrante esito inevitabile. Era una forma malsana di gioia che, albeggiando negli occhi del Terzo, sorgeva spontanea nelle sue risa. Era il gaudio che gli riempiva l'enorme cuore, pulsando sangue crudele attraverso le vene tese allo spasimo.
Il sudore, la bile, le fiammate di dolore attraverso il sistema nervoso.
Era l'amore per la battaglia, e nulla più.

---

« Avanti, cani! » incalzava il Guitto,
la bestia, l'immondo uomo in rosso
« Avanti, luridi figli di una scrofa appestata! »

Gli orchi circostanti non capivano i suoi insulti, ma ciononostante avrebbero esitato ad attaccar briga con lui seppure li avessero compresi. Perché di Shagwell "il Giullare" avevano sentito parlare in parecchi, così come del Titano che avanzava poco distante da loro scuotendo la terra al suo passaggio. E rendevano grazie, rendevano molte grazie al loro maledetto dio perché li aveva posti di fianco e non contro all'Occhio. Erano uomini impavidi e pazzi, noncuranti della propria vita così come lo erano per quella altrui. I pelleverde li temevano, li disprezzavano e al tempo stesso li guardavano con una certa curiosità. Specialmente quel bizzarro umano dai tratti resi femminei dal trucco buffonesco, dai lunghi capelli e dalle movenze disturbanti.
Il Sesto continuava a berciare irrequieto da quando era giunto tintinnando in quella frangia dell'esercito.
Cantava da solo.
Rideva da solo.
Ma nei suoi occhi si leggeva un desiderio macabro di morte.

« Avanti stronzi! » si leccava le labbra
andando con il pensiero a sfiorare gli altri quattro animali suoi Camerati
« Mostriamo a queste signorine com'è bello farsi male. »

Lo gridò delirante nello stesso attimo in cui la bruma invase il campo di battaglia.
Nell'entrare in quella vischiosa cortina dall'odore acre, il pagliaccio rideva a crepapelle con un ghigno dipinto sul volto. La faccia era una maschera di morte in tinte bianche, che la fuliggine ed il sudore avevano oscurato e deformato. Una morte, sì, ma presto rossa come sangue e nera come il sole che oscurava il mondo.
Il Giullare era in caccia, quella sera; era in caccia nella nebbia
e nessuno sarebbe più stato al sicuro.


Si dia finalmente inizio alle danze tanto attese di questo terzo giro di Valzer.
Come descritto qui sopra (in aggiunta a quanto già specificato da Eitinel in "Ragnarok"), Hoggar carica facendo breccia tra gli elfi in forma di gigante. Nel frattempo una nebbia scura copre il campo di battaglia per volontà di Ashlon e - come se non ci fosse abbastanza casino - la fenice creata dall'Asgradel dilania la guerra con ondate di fiamme casuali qua e là.
Sentitevi liberi di gettarvi nella mischia, qualunque sia la vostra fazione; non ci sono indicazioni particolari in quanto entriamo nella parte più 'free' della scena. Ricordate di non essere autoconclusivi nei confronti dei PG o PnG e soprattutto di non compiere azioni quali gettarsi su un Generale o simili.

Detto questo, vi lascio qualche specifica tecnica.

-La nebbia che invade il campo è la seguente:
CITAZIONE
Levrosin ur Peròl | Sussurro dell'Ade: Dopo qualche secondo di ferma concentrazione e il lento intonare del canto del Bacino corrotto, Ashlon richiamerà attorno a sé le fluttuanti anime dei Predatori di Neiru. Tutti riuniti, un debole coro di sospiri, essi si rappresenteranno in una densa nebbia che, lentamente, andrà a coprire tutta l'area circostante. Questa, densissima e creata grazie ad uno stile assai elaborato, risulterà cento volte più impenetrabile di qualsiasi altro tipo di nebbia, tanto che sarà praticamente impossibile tanto per l'avversario, quanto per il caster, scorgervi attraverso. La nebbia si estende per un ampio diametro e dura due turni compreso quello d'attivazione, svanendo al termine del secondo turno, o al volere del caster. [Pergamena Verde. Consumo Medio]

;
-le fiammate della fenice contano come attacchi Medi e Alti ad area e la creatura stessa è da considerarsi come energia Viola. Attaccarla risulterà pressoché impossibile perché le uniche occasioni in cui si abbasserà saranno appunto i momenti in cui vomiterà fiamme addosso a tutti voi;
-entrambe le fazioni proteggono alcuni frangenti degli eserciti con potenti barriere psioniche contro cui (mi spiace dirlo, ma è una necessità che sorge dalla natura stessa della presente giocata ininfluente all'esito dello scontro) non potrete far nulla.

Come in precedenza, per ogni dubbio vi rimando al thread in Bandi Quest [LiNk]. Non intasiamo la discussione dedicata alla Quest principale, mi raccomando.


Edited by Andre_03 - 4/9/2011, 21:45
 
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view post Posted on 6/9/2011, 14:21
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Valzer al crepuscolo, Inno alla Morte

Pandemonium-shrouded Wings



La montagna si mosse.
Maometto avrebbe detto le ultime preghiere.
Dov'è il tuo Dio adesso? I tuoi desideri son divenuti realtà, e il mondo trema al pensiero che lui abbia raccolto le sue armi e si sia lanciato nella mischia.

Seyr...è lui...?

La Neiru non rispose immediatamente, si limitò a mordersi il labbro e a piantare i piedi per terra. Il Guerriero, aggrottando le sopracciglia, decise di fare lo stesso. Tirò un respiro profondo e rafforzò la presa sull'arma. Infine, lanciò un urlo.

TENETEVI FORTE! TRE-DITA STA CARICANDO!

Si mise su un ginocchio e conficcò Orizzonte nel suolo per tenersi duro. Altri lo imitarono, mentre la terra veniva squassata dai passi dell'euforico titano lanciatosi nella massa che componeva l'esercito dell'Asgradel.
I denti dell'uomo digrignarono mentre la furia del Guitto andava scemando. Distante da loro, ma ancora nella mischia. La tensione era palpabile, e Seyrleena occasionalmente lanciava occhiate preoccupate in direzione di Ashlon.

Le nubi si addensavano su un campo di battaglia che dava sull'abisso. Presto esse celarono gli uni dagli altri, gli amici dai nemici. E gli amici, anche loro, dai loro compagni.

Resta vicina, intesi?

Nessuna risposta, se non un cenno di assenso appena visibile. La sagoma vagamente nitida estrasse gli stocchi, e ne alzò uno verso il cielo.

Per Ashlon! Avanzate!

Un ordine inutile, pensò poco dopo il Guerriero: gli orchi avevano già caricato a testa bassa. Non era altro che un tentativo per non venire schiacciati al primo colpo. Siamo in svantaggio, non è vero?
Raccolse dunque la lama e si mise in guardia. Per l'ennesima volta.
Ma questa non sarà l'ultima.

I due eserciti si scagliarono l'uno contro l'altro in un groviglio di frecce, dardi spettrali ed apocalissi. Le urla dei corvi già erano udibili nelle orecchie dei soldati, come sadici spettatori di una carneficina al limite del possibile. Le antiche guerre, di cui tanti narravano leggende, dovevano sembrare proprio così. Le storie che Visilne non preferiva narrare raccontavano di cataclismi di proporzioni mostruose. Tutte le razze, i monarchi, tutti i mercenari venivano raccolti in una battaglia universale alla fine dei tempi. Ragnarock. Il tempo nel quale i contadini avrebbero brandito asce e spade per uccidere gli dei.

Forse era questo ciò che infestava gli animi turbinanti -quasi libidinosi- degli orchi e del Titano. La prospettiva di un bagno di sangue. Fremette il Principe, nel fodero, a quest'idea - ma lo Spirito lo forzò a tacere.
Non si sarebbe fatto trascinare subito nella frenesia.

Tempo di combattere.

Il primo orco che si diresse verso Jevanni fu colto impreparato. Nessuno si sarebbe aspettato che la propria gigantesca mannaia anziché abbattersi e spaccare in un sol colpo la spada sottile venisse semplicemente deviata sulla propria sinistra. Tanto meno gli orchi, che in battaglia non potevano aspettarsi di trovare scriccioli come il Guerriero in grado di resistere ad una loro offensiva, per quanto rozza fosse.
Ma Jevanni aveva combattuto Yester. L'aveva ucciso.
Yester aveva un cuore di Guerriero, ma tu?

Con un colpo preciso e guizzante di Orizzonte ferì il mento penetrando sino alla mascella, per poi uscire fuori con infinita eleganza. L'eleganza di una lama che non conosce scudo in grado di bloccarla, e la capacità di scivolare nei baluardi più solidi annichilendo il bersaglio.
La lama dell'ultimo dei Guerrieri dell'Accademia dell'Astro Rosso, che combatteva al tramonto dei tempi per decidere del suo futuro.
Sono nato per questo giorno.

Al suo fianco Seyrleen approfittò dell'apertura nella guardia dell'orco, e con due spazzate alla gola pose fine alla sua vita.

Non c'è tempo per i tuoi giochetti con la lama, andiamo!

Un altro si era scagliato verso lei, e con un pugno sfiorò il suo capo. Ma ella si chinò con grazia, e con un calcio creò una lama d'aria che fece cadere all'indietro l'avversario. Un nugolo di frecce si abbatté sui caduti, ferendo gravemente alcuni uccidendone però in ben pochi.

Nemmeno per i tuoi legnetti, Neiru, i bastardi sono più resistenti!

Replicò Jevanni estraendo anche il pugnale a malincuore dalla fodera. La lama rossa dardeggiò nei dintorni del campo di battaglia, mentre questa veniva mossa a velocità impressionante dalla mano sapiente del Guerriero. Alternati il cremisi e la notte, le due armi andavano a colpire i punti deboli senza pietà. Ma colpirli non bastava, perché la forza di quelli più resilienti era tale da resistere ai fendenti. Coloro che cadevano si rialzavano. Ben presto fu chiaro. Ben presto fu nitido.

Non ci sarebbero riusciti. La battaglia era finita ancor prima di cominciare.

Linee!
RIPIEGAREEEE!!!


L'urlo provenne dall'alto, dove la nebbia a malapena mostrava il cielo. Il cielo senza orizzonte, senza sole, senza luna. Il cielo vacuo e grigio. Come una dea, aveva dato un ordine secco e perentorio al suo esercito. Ai suoi fedeli.
Sei tu, Asgradel?
Ripiegare, diceva. Ottima mossa, donna, ripiegare. Anche tu hai capito che tutto è fin...

JEVANNI, RIPIEGARE!

Cosa?

Lei indicò con veemenza il cielo, gli occhi spiritati, e il Guerriero stavolta alzò il capo. Grigio, come aveva presupposto fosse il cielo, ma c'era qualcosa di diverso.
Una macchia. Una macchia nera che sporcava il cielo sorvolando il campo di battaglia.
Cosa diavolo..?

CHE SIGNIFICA QUESTO?

Urlò per farsi sentire al di sopra del rumore delle armature che emanavano clangori o degli orchi che pestavano la terra già cosparsa del sangue elfico. Del sangue Neiru.

NON C'E' TEMPO, STA PER CADERE! CORRI!

Stavolta obbedì, e schivando all'ultimo momento un colpo di mannaia si lanciò in una corsa furiosa verso l'elfa.

Alle sue spalle, si accese l'Inferno.
Un inferno che risparmiò il Guerriero, ma che condannò gli orchi.
Mentre il fiatone fece piegare Jevanni per l'improvviso sprint, gli occhi celesti tornarono a fissare il cielo.

Una dea..ci ha salvati.

Seyrleen rimase in silenzio, limitando a zittire i sussurri timorosi degli elfi nella loro lingua madre. Era accaduto qualcosa, Glacendrangh ne era sicuro.
Non appena il respiro si stabilizzò, lanciò un altro urlo. Un urlo più poderoso, che chiunque fosse stato nei paraggi avrebbe udito. Un urlo che si sarebbe perso nel sangue e nel campo di battaglia, ma che Jevanni sperò fosse udito sino in cielo.

Per l'Asgradel!







________________Jevanni Glacendrangh, Guerriero dell'Inverno


speedpaintbyheader
__________________________ReC 200 | AeV 200 | PeRf 325 | PeRm 125 | CaeM 450/900


______________________Nullo 0% | Basso 2% | Medio 6% | Alto 15% | Immenso 33% | Estremo 69%


______Condizioni fisiche__

Ferite accumulate
<nessuna>

Quantitativo danni da tecnica
0/16


Stato d'animo
Lucido; vagamente teso.

___Condizioni mentali______

Influenze accumulate
<nessuna>

Quantitativo danni da tecnica
0/16

Stato d'animo:
<da specificare>

Energia: 100%

Armi:
- Orizzonte [Rinfoderata]
- Principe Musashi [Celato]
- Stella del Tramonto
[Rinfoderata]
- Fumogeno [x1]
- Esplosivo [x1]
- Veleno indebolente [x1]
- Veleno psionico [x1]


Armatura:
- Brina, classe media [Indossata]
- Mani dell'Atronach [Indossate]


Scemo chi legge.

Atarassia:
Passiva. Razziale.
Capacità di ignorare il dolore senza penalità.


Energeia:
Passiva. Anello del potere.
Risparmio energetico del 3% su tutte le tecniche.


Sacrificio Mu:
Passiva. Artefatto [Principe Musashi]
I poteri dell'artefatto sono risvegliati solo dal proprio sangue
versato anche in minime quantità sulla lama.


Sacrificio Mu:
Malus. Artefatto [Principe Musashi]
Danno Basso psionico ogni due turni a partire
dall'attivazione dei poteri dell'artefatto.


Tempra del drago:
Passiva. Artefatto [Tempo]
Calma costante.


Abilità passive:
Meta-Abilità:
Passiva. Primo livello del Warrior Style.
Raddoppia la CaeM in stato di calma.


Meta-Lancio:
Passiva. Pergamena Verde. Classe Guerriero.
Fa tornare al mittente un'arma lanciata.
Pergamena originale: Boomerang.


Meta-Intento:
Passiva. Secondo livello del Warrior Style.
Ogni colpo fisico passivo viene passato a Basso in stato di calma.


Meta-Universo:
Passiva. Terzo livello del Warrior Style.
Fornisce un auspex circoscritto al raggio dell'arma impugnata.


Meta-Maestria:
Passiva di Metagame. Personale.
Il Dominio è portato al livello successivo.



Scemo chi legge.

Abilità attive utilizzate (in ordine di utilizzo)
Meta-Taglio:
Attiva. Media. CaeM. Terzo livello del Warrior Style.
Per due turni gli attacchi fisici passano a Basso.


Il Canto di Guerra:
Attiva. Basso ad area. Psionico. Nessun danno.
PeRm. Pergamena Bianca. Classe Guerriero.

Dopo qualche attimo di concentrazione, un urlo inibisce
le difese dei presenti stordendoli.
Pergamena originale: Urlo di guerra.





Sintesi:

*che divertimento, che divertimento*
Questo è venuto un po' brutto come post,
ma vabbè. Spero che non sia troppo brutto per
chi lo legge. Se qualcuno lo leggerà. Assisto
da lontano alla carica di Hoggar (che conosco
per fama, essendo Fuori Scala) e combatto contro
gli orchi. Con molta difficoltà, per via della pelle coriacea,
dunque spesso mi faccio aiutare dalla terza attiva del WS
e dagli npc del plotone (dimensioni ridotte, non un
intero reparto) comandato dalla Neiru che affianca
Jevanni. Quando Alexandra ordina la ritirata,
Jevanni fa appena in tempo a togliersi dalla portata
dell'Amaterasu mentre alle sue spalle le fiamme nere
divorano gli orchi. Il post finisce con un urlo di guerra
-sperando che la voce, non l'effetto, arrivi sino alla
fenice x'D- in cui cerco di sollevare il morale alla gente
che mi sta attorno. Spero vivamente di non aver
scritto cazzate.


 
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