Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Valzer al crepuscolo ~ the Wild and the Young

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 22/9/2011, 16:20
Avatar

--------------------
··········

Group:
Administrator
Posts:
34,432

Status:


Se non ricordava male - e Ray mai ricordava male - le bustine di tè stavano nella credenza sopra alla rastrelliera per il vino.
La aprì, e valutò per qualche secondo se l'occasione fosse più adatta al sapore forte di un nero di Assam o a quello dolce e delicato del Gyokuro verde.
Valutò per l'indiano, aprì la scatola, ne estrasse una busta e la mise in infusione in una tazza che aveva riempito poco prima d'acqua calda, poggiandola sul tavolino in ebano poco distante.
Poi si sedette
e attese.

In quell'istante, Ray era in pace.

di-PZJ6

L'aroma del té sibilò dolce nella sua direzione, stimolandolo e risvegliando i suoi sensi; bruciando le sue narici. Una fragranza in grado di coprire quella selvatica delle palme, e quella vetusta del legno di tutti i mobili che adornavano l'anticamera.
Un profumo in grado di drogare gli uomini, nel silenzio ipnotico scandito dalle lancette dell'orologio. Uno stupefacente, col vizio di raffreddare il pensiero.
E lui, di svuotare la mente, ne aveva bisogno.

il suo piano
iniziato il primo giorno del progetto al quale i borghigiani avrebbero poi attribuito l'appellativo di Abiezione.
un esperimento che l'avrebbe tramutato in quello che comunemente viene indicato come Kodoku; un'aberrazione sopravvissuta allo scontro fra le volontà di chi ha partecipato - un Leviatano di anime e coscienze, che ha trovato il suo culmine a Bottiglia Verde, il giorno della trasformazione.
un piano che è proseguito nell'annientamento dell'Asgradel, per il quale sono state di incalcolabile pregio le informazioni raccolte dalla mente di Ashardalon, il giorno del ballo in maschera in cui aveva anche assoggettato a sé il Kishin, tornatogli utile in futuro, quali
la sopravvivenza di Eitinel;
l'amore di Venatrix per la donna;
i poteri di Chronepsis e come difendersi da essi.

Così aveva potuto fare del suo maniero un'antenna, un catalizzatore ed un fulcro senza che il Lauth potesse intervenire per prevenirlo.
Quando i draghi avevano saputo dell'esplosione e dell'assoluzione del borgo, era già troppo tardi. L'unico nemico che aveva avuto ragione di temere, aggirato.

Dalla sua posizione, in quel momento, il Sovrano poteva vedere qualsiasi luogo del continente illuminato dal sole nero.
Così non era stato difficile indicare la loro posizione a Oberrin, né seguire lo svolgersi degli eventi.
Era grato al maestro - tradimento dei Camerati o meno. In fondo avevano compiuto ciò che realmente era da considerarsi importante - quale l'aver condotto Lia innanzi all'Asgradel per indebolirlo e il portare Venatrix in uno stato d'allerta.
Inoltre, se il suo piano fosse andato a buon fine, neppure i guitti sarebbero sopravvissuti; e in quell'istante la loro naturale tendenza a portare lo scompiglio sul campo di battaglia non poteva che tornare utile ai suoi fini.

il suo obiettivo
il sole nero; l'occhio di Gruumsh
appellativi che possono distorcere dalla realtà dei fatti.
Nell'ottica in cui l'intero continente - l'intero mondo, non sia che un organismo di cui noi possiamo essere virus, o anticorpi
quel piccolo pianeta soprastante il maniero, a qualche centinaio di metri d'altezza, non è che una cellula. La prima infezione di quella che diverrebbe un'epidemia dilagante; il seme di un morbo in grado di infettare e consumare l'intero pianeta.
Ma ancora più nello specifico, quella cellula non è che Ray, nella sua ultima forma, all'apice dell'evoluzione - alla faccia di tutti quei disperati che gridano il suo nome, incapaci di comprendere di averlo sempre avuto sotto il proprio sguardo.

Involutosi nell'organismo meno complesso esistente, ma idealizzato nella sua capacità di infezione, il morbo del pianeta è in uno stato di stasi, trattenuto ad una singola cellula del mondo dall'Asgradel, incapacitato a partecipare direttamente alla battaglia campale proprio per questo.
L'Asgradel, che per difendere quel mondo che è soltanto suo, impiega anticorpi e batteri, eserciti e campioni, perché portino in Ray quel disturbo che destabilizzerebbe la sua nuova forma, facendola collassare. Così anche il Sovrano è costretto a impiegare microrganismi per difendersi; orchi e guardiani, che danno battaglia a quelli dell'Asgradel su ciò che resta del continente.

Trattenuto, incapace di espandersi, l'Asgradel l'ha in pugno.
Ma nel remoto caso in cui Ray abbia un asso nella manica, e che il continente perda la presa su di lui, per qualsiasi ragione
il morbo si espanderebbe; lui ingloberebbe il pianeta
e quel mondo che era stato solamente dell'Asgradel diverebbe solamente di Ray.
Egli sarebbe il Dio di un nuovo mondo; una forza della natura
e nessuno avrebbe più chiesto lui di manifestarsi, né si sarebbe più preoccupato dei suoi dolori.

la falla
l'unica, nel suo piano perfetto.
Che Venatrix avesse trasmesso il suo desiderio e le sue responsabilità ad un altro, come poterselo aspettare?
Ora Hyena si dirigeva verso di lui; l'unico con il reale intento di fermarlo direttamente.

E tuttavia, il sovrano non poteva distrarsi per tali quisquilie.
In quel momento, il suo vero corpo - la cellula - combatteva contro la pressione esercitata dall'intero continente e dall'Asgradel, nel continuo tentativo di espandersi e riprodursi.
Un procedimento lento, costante e inesorabile; un'evoluzione che poteva essere infranta dalla minima distrazione, seppure di giusta portata.

Il Re non poteva esimersi dall'essere in pace.
Così, bevve un altro sorso di tè, lasciando che l'aroma forte gli aprisse le narici e il calore del liquido scivolasse piacevolmente lungo la gola, depositandoglisi nello stomaco.
Chiuse gli occhi, e si immaginò come sarebbe stato essere un Dio.
Nell'oscurità delle sue palpebre chiuse, egli vide il futuro; un mondo ideale - disabitato e privo di alcuno.

Aprendole, egli vide il passato.
L'interno del sole nero, della cellula, si plasmava su chi vi stava all'interno. Riprendeva luoghi e abitazioni del passato, rimodellandole e risputandole tutte intorno agli astanti, come a volerli far sentire a loro agio.

Ray sedette sulla poltrona di Chevalier, suo padre.
La Trône du Roi era esattamente come la ricordava, e l'ufficio del preside dava sull'atrio di ingresso della scuola. Un'anticamera da brividi, impreziosita da un gigantesco colonnato in pietra e dalle vetrate che davano sui premi collezionati dagli studenti migliori, o sulle foto di coloro che effettivamente erano divenuti Re ed Imperatori. Piccole palme adornavano gli angoli della sala, e un lato era stato adibito alla funzione di bar, con tanto di bancone e armadietti che mostravano forniture d'annata.

chiuse gli occhi e si immerse placidamente nell'oscurità.
fece un paio di respiri profondi, e lo immaginò ancora;
il mondo come Dio.
.
.
.



CITAZIONE
scena riservata; si prega l'utenza di non intervenire.

 
Top
Andre_03
view post Posted on 4/10/2011, 18:58




« Dove si trova Eitinel? »

Il mondo si era fermato in un raro istante di pace.
Fra i tre uomini era calato il silenzio per un tempo appena sufficiente a far muovere l'anziano di qualche passo frusciante. Le rive del lago assistevano al placido muoversi delle acque mentre ogni cosa, lontano da quella fu tana, andava in rovina. Spaccandosi sotto alla furia del Re e all'implacabile sforzo della Dama. In lontananza un rumore come di sisma, o vulcano. Cataclismi che sorgevano spontanei ovunque senza preavviso alcuno. Ma non lì, non nello Specchio.
Quello era un guscio sicuro. Una roccaforte.

« Una torre. » sorrise sarcastico il vecchio
« Una torre lontana è la sua casa, oramai; »

Nel fare una pausa di riflessione aveva estratto qualcosa dalla tasca di quella tunica logora.
Iena, distante dall'uomo con un occhio solo, non fu certo di vedere bene. Ad un primo sguardo gli diede l'impressione che si trattasse di una piccola torre. Molto simile nella forma e nelle dimensioni ad un pezzo degli scacchi. Mentre valutava tutto ciò si fece avanti, affiancando disarmato Venatrix e disinteressato alla vita del Drago: se quest'ultimo aveva trovato in Eitinel un motivo per non morire, il Razziatore aveva invece perso ogni voglia di ucciderlo. La storia si era appena fatta per lui più interessante. E voleva saperne di più.

« almeno lo era l'ultima volta che mi sono recato là. »

Quando fu vicino a sufficienza lanciò il ninnolo verso di loro.
La Torre lo afferrò senza fiatare, studiandolo con relativa curiosità: ogni poro del suo corpo trasudava emozioni contrastanti - ma tutte inconfondibili. Era così pervaso dalla voglia di rivedere lei che a stento stava ascoltando le parole dell'estraneo.

« Da parte di un nostro amico comune. »
si strinse nelle spalle con aria sorniona « Ti aiuterà a trovarla. »

Ciò che seguì colse impreparato lo stesso Dodici.
Si ritrovò a poggiare una mano sulla spalla a colui che fino a pochi istanti prima avrebbe voluto - e dovuto - uccidere, sorridendogli con arroganza mista a divertimento.

« Vola da lei, eroe. »

[...]

wildyoung1copy

Lui era già in alto nel cielo, e le sue ali si stagliavano orgogliose sull'orizzonte.
Iena non poteva fare altro che guardarlo allontanarsi, chiuso in un silenzio ostile con poco distante un uomo il cui potere avrebbe potuto schiacciarlo come una formica. Lo scrutò con attenzione e quello se ne accorse, ricambiando lo sguardo con divertimento.

« Perché lo fai? » ruppe gli indugi con la sua proverbiale schiettezza
« Cosa ci guadagna un uomo come te? »

L'altro scoppiò in una risata sollevata, distensiva.
Si riprese quasi subito e sembrava davvero colpito da un'ondata di allegria genuina.

« Qualcuno direbbe che l'età mi sta rammollendo. »
Hoggar e la sua idiozia;

« Qualcun altro che in fondo anche io ho un cuore. »
Shagwell e la sua follia;

« Io amo considerarmi uno studioso, Lord Dodici: » la Iena sgranò gli occhi,
ma non ebbe il tempo di chiedere nulla « questo non è che un esperimento, per me. »

« Mi piace seminare il caos nell'ordine delle cose-- » nel suo occhio brillava una luce tetra,
a dir poco inquietante e folle: in una parola, pericolosa
« -e stare a guardare che cosa succede. »

« Quindi non tenterai di fermarmi? »

« Non ne ho motivo. »

Il Razziatore ebbe un profondo brivido lungo la schiena.
Deglutì a fatica, rendendosi conto soltanto in quel momento di aver cominciato a sudare freddo. Si morse un labbro per la frustrazione e la rabbia, aprendo e chiudendo le mani come a recuperare una calma mai realmente posseduta. Quell'uomo sapeva molte cose che a lui avrebbe fatto comodo indagare, ma Iena era consapevole che il momento propizio non sarebbe stato lì e allora. Inserì le coordinate sulla cronovela da polso e scomparve nel nulla lasciandosi dietro un Oberrin sempre più divertito. Aveva un lavoro da fare con una certa urgenza: l'incarico successivo nella sua lista di vittime si prospettava difficile, complicato.
Doveva far fuori un pezzo grosso, e con le maniere forti.
Aveva già un piano.
_______ _ _______



Apparve con un sonoro clack! all'interno della cabina di comando.
Il silenzio della sua nave lo accolse con una scossa di calore familiare; lanciò un rapido sguardo a quelle pareti, alla plancia, al timone. Per la prima volta da tanto tempo sentiva affinità con un luogo e un tempo. Per la prima volta poteva dirsi a casa. E ora avrebbe di nuovo rinunciato a tutto, rendendosi perdente in tanti nuovi modi. Raccolse la lunga giacca in pelle dalla poltrona su cui l'aveva lasciata appena un'ora prima e si posizionò ai controlli della fortezza - un Purgatorio che molti chiamavano Inferno, ma che per lui rappresentava il Paradiso.
Inserì le mani negli appositi alloggi e un rumore elettrico annunciò l'avvenuta connessione.
Gli bastò pensare alle torri d'attracco per ricevere una scarica statica, seguita dal sonoro.

« Comandante..? »

« Avviare le procedure di sgancio degli ormeggi. »
sentenziò, inviando alla nave il comando di accensione dei motori
« Priorità immediata. »

« Procedura avviata. Tempo previsto per il completamento...quindici minuti. »

Iena strinse i denti e mentalmente maledisse quella situazione.
Le connessioni neurali della struttura gli fornivano in tempo reale gli stimoli e le informazioni provenienti da tutta Purgatory. Era entrato in sintonia con la nave, quasi fosse divenuta un'estensione del suo corpo. Lui era il cervello al comando di quella bestia. Sapeva che il sistema di sospensione passiva era già stato disattivato; i motori principali erano in via di accensione e il nucleo della cronovela modificata attingeva energia dai cristalli scuri. Un rapido sguardo al sistema di monitoraggio e seppe che il personale a bordo era ridotto ai minimi termini.
Fu un sollievo per lui; avrebbe dovuto sacrificare poche vite.

Trasse un profondo respiro, poi sorrise amaramente: « Non abbiamo quindici minuti. »
Nessuno di noi li ha, probabilmente.

[...]

Le comunicazioni con la Purgatory si interruppero di colpo.
Tavros era alla torre numero 3 per effettuare un controllo delle vettovaglie da imbarcare e quando successe aveva già gli occhi al cielo. Senza più parole, lui che di solito un insulto adeguato alla situazione sapeva sempre trovarlo, stette a osservare attonito. La nave ondeggiò nel cielo terso della sera, illuminandosi qua e là sullo scafo - lì dove i propulsori prendevano vita. Fu scossa da un tremito poi le catene invisibili che mantenevano ferma la fortezza a mezz'aria si spezzarono con un crepitio: il vincolo magico imposto alla prigione per mantenersi sospesa fu rotto. Il contraccolpo fece vibrare la torre numero 2, in lontananza. La struttura tremò così forte che iniziò a sgretolarsi.
Poi fu il turno del primo ormeggio, scardinato con la stessa forza.

« No...no....NO!!! » il nano corse all'interfono più vicino
« Iena! Iena! Cosa cazzo stai facendo, brutto figlio di puttana?!! »

Ma tutto ciò che ricevette in risposta fu un'altra scarica confusa.
Un attimo dopo il pavimento sotto ai suoi piedi si scosse. Il panico dilagava. C'era chi cercava di correre giù dalle scale, chi si affrettava a nascondersi sotto ad un tavolo. Tavros rimase immobile a soffrire. Sapeva che non ci sarebbe stata salvezza per quello che il ragazzino stronzo stava cercando di fare. Lo aveva aiutato a costruire quel dispositivo. Riconosceva le luci azzurre che si affollavano attorno alla nave mentre ancora gli edifici adibiti al suo ormeggio crollavano impunemente.

« Vuole fare il salto...qui? »

Strinse l'occhio buono a una fessura d'odio.
Un sole blu nacque nel bel mezzo del Plakard, e divorò ogni cosa con la medesima voracità.
Quella fu l'ultima cosa che Tavros vide.

_______ _ _______

L'attimo seguente la Purgatory ricomparve oltre le montagne con un sussulto violento.
Subito Dodici verificò lo stato della nave. Lo scafo era in perfette condizioni e i sistemi completamente operativi. Nei settori Sierra e Tango era scoppiata una rivolta che si limitò a contenere isolando quelle zone del carcere.
Presto nemmeno quello sarebbe stato più un problema.
Diede potenza ai motori principali e puntò l'artiglio bianco che indicava il cielo - e lì, la sfera di materia nera.
Un cancro che avrebbe distrutto Asgradel dall'interno; un organismo parassitario nato per prendere il posto dell'ospite.
Il nuovo mondo che Ray stava costruendo a spese di quello vecchio.
Sotto di lui gli eserciti si davano battaglia senza tregua. Iena emerse dai fumi della guerra, preannunciato dal rombo potente dei suoi propulsori. Si trovò dinnanzi la morte, e vide in volto un vero gigante dall'aspetto maturo, folle. Quello lo guardò con sorpresa, ma Dodici non ebbe per lui alcun interesse. Si limitò a sorvolare il campo di battaglia con un volo a dir poco radente, noncurante delle salve di frecce e dei proiettili che volavano nell'aria.

widlyoung2copy

Mise mano allo strumento di comunicazione interna e sorrise - un ghigno distensivo, il suo:

« Buone notizie, pendejos. » la sua voce risuonò da ogni altoparlante della prigione
« Oggi è il vostro giorno fortunato: mi sento così buono da concedervi un indulto. »

Un singolo pensiero e la nave cominciò ad alleggerirsi.
I vari settori si sigillarono a turno e sganciarono dallo scafo, con le benedizioni di Iena « Guadagnatevi la libertà...all'inferno. » che rideva nervosamente. Come capsule di salvataggio - o casse piene d'animali da preda - le diverse parti della Purgatory schiantarono al suolo liberando feccia di ogni genere. In quei momenti di confusione i detenuti cominciarono ad attaccare senza distinzioni elfi e orchi. Fu il caos.
All'improvviso la fu Fat Whore si inclinò di lato - oramai resa leggera dallo sgancio dei vari moduli detentivi - e virò in direzione del sole nero.

« Arrivo, pinche rey dei miei coglioni. » ironizzò sul nome
quindi digrignando i denti spinse al massimo la potenza dei motori.

Tutta la piana venne attraversata da un boato: il retro dello scafo era in fiamme sul fianco sinistro.
Il sistema propulsivo era in sovraccarico, ma Iena voleva insistere. A prua diversi punti della carena si aprirono per far spazio a bocche da fuoco nascoste. Quindi fu tutto un susseguirsi di luci e rombi, mentre il Capoclan Goryo bombardava letteralmente il planetoide scuro. Le bordate erano incessanti, uno sbarramento furioso che pareva non poter scalfire la superficie nemica: come un liquido di tenebra quell'aberrazione - quell'abiezione - inghiottiva le scariche energetiche e le cannonate.

« Andiamo bellezza. Andiamo! » ormai parlava da solo « Facciamogli vedere di cosa sei capace. »

Il suo tono era vibrante per l'eccitazione.
Come un abile suonatore d'orchestra comandò ai generatori ausiliari di inviare tutta l'energia possibile agli armamenti. Trascurando i propulsori, ancora sovralimentati e a rischio esplosione. Tutta la struttura era compromessa. Ma lui non poteva arrendersi, non a quel punto.
Strinse le mani a pugno vedendo come il mondo di Ray si facesse pericolosamente vicino.
Là dove una normale nave avrebbe posizionato una polena, la Purgatory stava creando una sfera crepitante di luce azzurra.

Iena chiuse gli occhi.

« Boom! »

_______ _ _______

the wild and the young

Ricordava poco di ciò che era successo.
La cannonata finale. Lo schianto. Poi il buio.
Si riebbe nell'androne di quella che sembrava...una scuola? Un ampio colonnato faceva da contorno alla sala costellata di trofei, fotografie, riconoscimenti ed onorificenze. Il silenzio di quel luogo lo fece rabbrividire di freddo. E allora capì.
Era dentro il mondo contorto di Ray, ma non seppe dire perché quello avesse assunto tali sembianze.
Né se ne preoccupò.
Dritto davanti a lui sedeva il Re, esattamente come lo ricordava dal Warrior Day.

Gli sorrise.

« ...ho interrotto qualcosa? »

wildyoung3copy

__________________ _______ _ _______ __________________


Il riferimento al Warrior Day è in funzione di questa giocata, unica occasione in cui Iena e Ray si siano incontrati in-Game.
 
Top
view post Posted on 4/10/2011, 21:21
Avatar

--------------------
··········

Group:
Administrator
Posts:
34,432

Status:


QUESTO, CONFESSO!



Ancor! senza tregua i tristi comignoli
Fumino, e di strie nere nell'orrore
Spenga un carcere errante di fuliggine
Il sole giallastro che all'orizzonte muore!

- Il Cielo è morto. - A te accorro! o materia
Dà oblio d'Ideale crudo e Peccato
al martire che sparte la lettiera
dove il gregge umano pago è sdraiato:

Voglio, poiché il cervello finalmente
Vuoto vaso di minio contro il muro,
Non sa infronzare più l'idea piangente,
Sbadigliar lugubre a un trapasso oscuro

.
.
.

caduno, nella vita ha un proprio compito.
chi comanda, chi obbedisce; chi spera, chi si arrende
c'è chi combatte; chi viene sconfitto
c'è chi ricorda; chi dimentica
e quando le parti si scontrano finiscono per il cascare su una melodia lenta, scostante, senza trovare una propria lunghezza d'onda. Richiamano lo spirito di mille altre battaglie; di centinaia di danze - volteggiano nel cielo irradiato d'oro e si scontrano tra loro con forza, tuonando a gran voce le proprie intimazioni. La battaglia delle idee, che miete più vittime di qualsiasi altra guerra, trova il suo culmine in un duetto che è ignoto ad alcuno: il lupo e l'agnello; l'uomo e la bestia; il gigante e il bambino; trascinati e strattonati con violenza in un vortice convulso di opinioni, combattono tra loro fino alla logica conseguenza degli eventi.

in thy end
c'è chi vive;
c'è chi muore.

e la verità è che quando si comincia a gareggiare, già si sa quale sarà il proprio ruolo nel finale;
la potenza della mente è tale da concretizzarne i timori prima ancora che questi prendano forma nella sola eventualità - come se la realtà volesse ripagare con forza le conseguenze peggiori dei propri gesti, materializzandone i terrori e le paranoie. Dà fondo alle disgrazie e le rende concrete;
la mente uccide;
la realtà ne è solamente la schiava: uccide soltanto chi già sa di essere morto.

ci sono ruoli infimi, poi.
Ruoli che a malapena vengono menzionati; personaggi secondari dei quali si dimentica pure l'esistenza
loro che non possono essere assi nella manica, perché sono troppo deboli
loro che non possono essere messaggeri, poiché incapaci di intendere
fedeli al proprio padrone, non possono fare altro che riconoscerlo e stargli accanto. Non sono che Argo, capace solamente di riconoscere Ulisse, ma incapace di aiutarlo o di farne menzione ad alcuno e dunque, morire.

eppure, tutti lo ricordano.

.
.
.

Ray non aveva il permesso di agitarsi.
Mentre Hyena penetrava nel suo mondo, gli parlava, lo provocava, lui era impegnato in una battaglia di volontà contro l'Asgradel.
Una battaglia che non avrebbe potuto vincere se non con un impegno costante - un impegno che non poteva smezzare in alcun modo con il capitano della nave volante appena giunto al suo cospetto.
Lo guardò con malcelato divertimento, assaporando quel pizzico di pepe sul piatto di una battaglia che s'era fatta sin troppo insipida, e gli rispose con calma, riconoscendo i suoi sforzi.

di-IKK0

« Non ancora. »
per fortuna

In lui non albergava rabbia, né risentimento - neppure gioia, o contentezza
egli viveva il presente con un occhio all'impedimento che vedeva avanti a lui e l'altro al suo obiettivo, che s'era fatto un poco più lontano.
In cuor suo, aveva sempre atteso che qualcuno giungesse innanzi a lui nel tentativo di fermarlo; forse lo sapeva - forse era stata proprio la sua mente a concretizzare quella disgrazia, lasciando aperta la falla nel suo piano. L'inconsapevolezza di non volere che le cose vadano per il verso giusto - il volersi creare una gratificazione.

Sconfitto Hyena, nulla l'avrebbe più fermato.
Così gli mandò contro il suo Argo
che tutti dimenticano
che non può cambiare una storia
il cui ruolo, è solamente quello di morire.

di-SSS8

« Chevalier.
Mio unico amore.
Addio.
»

così essi tali parole fra loro dicevano:
e un mostro, sdraiato là, rizzò viso e sguardo,
Chevalier, il servo del costante Sovrano, che un giorno
lo servì di sua mano (ma non doveva goderne), prima che per vittoria sacra
partisse; e in passato conduceva lui i giovani
a studiare i vecchi regni, di principi, di volpi;
ma ora giaceva là, trascurato, divinizzato il padrone,
sulle molte rovine di uomini e dei, che in quel sole nero
s'ammucchiavano, perché poi lo si portasse
i grandi a uccidere i pericolosi nemici del Re;
là giaceva il golem Chevalier, pieno di ruggine.
E allora, come sentì vicino il Sovrano,
mosse la testa, inarcò la schiena,
ma non poté correre incontro al tiranno.
E il padrone, voltandosi, si terse una lacrima,
facilmente sfuggendo alla iena; e subito con parole pensò:
“Guarda, mio nemico, che meraviglia quel mostro là sul letame!
Bello di corpo, ma non posso capire
se fu anche rapido a correre con questa bellezza,
oppure se fu soltanto come i cani da mensa dei principi,
per splendidezza i padroni li allevano”.
E poi rispondendosi, il Re freddo, rifletté:
“Purtroppo è il servo d’un uomo che l'ha abbandonato.
Se per bellezza e vigore fosse rimasto
come partendo per la vittoria lo lasciava il Sovrano,
t’incanteresti a vederne la snellezza e la forza.
Non gli sfuggiva, anche nel cupo di campo in guerra,
qualunque nemico vedesse, era bravissimo all’usta.
Ora è malconcio, sfinito: il suo padrone l'ha abbandonato
dalla patria alle guerre, infingarde, non se ne curano.
Perché i servi, quando i padroni non li governano,
non hanno voglia di far le cose a dovere;
metà del valore d’un uomo distrugge il tonante
Dio, allorché schiavo giorno lo afferra”.
Così pensato, Chevalier si alzò,
diritto andò per la sala fra i nobili in foto
E seppe della Moira di nera morte che l'afferrò
appena ricevuto un ordine dal sovrano, dopo tutto quel tempo.


Il Golem si erse
si scosse di dosso la ruggine
e latrando un disperato ruggito, che parve spezzarsi il cielo
caricò frontalmente Hyena, sperando di rallentarlo
per dare il tempo a Ray di sconfiggere l'Asgradel
dimenticato da tutti, nell'unico ruolo adatto ad un pedone come lui, nel corso di una partita.
la morte.



per chi può coglierlo, questo post è un'eresia letteraria, ne sono cosciente.
Ma è Chevalier. Lo meritava.
:sigh:
 
Top
Andre_03
view post Posted on 10/10/2011, 19:29




Vi sono uomini insignificanti e uomini che lasciano il segno sulle epoche.
Coraggiosi e temerari i quali rifiutano l'ordine costituito delle cose, sfidando talvolta persino la volontà degli déi.
In un altro mondo, in un'altra ora, Iena aveva già vissuto quelle sensazioni. L'essere ospite in un corpo infetto - la creazione distopica del nemico - col rischio di venire semplicemente cancellato dall'esistenza.
La angosciante tenaglia al petto di chi sa, con un pizzico di follia nel cuore, che quell'adrenalina è tutto ciò per cui vale la pena vivere, e vivere ancora.
In quell'altro mondo, in quell'altra ora, Iena non era stato solo;
e chi lo accompagnava gli aveva chiesto, spinto da curiosità sincera:

« Perché lo fai, Dodici? Perché ti opponi al volere di Dio? »

Quella semplice domanda aveva fatto scattare in lui una molla di allegria, soddisfazione, gratificazione.
Egli aveva sollevato un dito con fare saccente e si era preso del tempo per rispondere.

« Per proteggere qualcuno, o qualcosa. »
No, in fondo era cresciuto senza legami e senza una casa.
Affezionarsi troppo non era nelle sue corde; non più.

« Perché, se non lo faccio io, nessun altro potrà. »
Pazienza, avrebbe detto in tal caso; che si fottano tutti.

« Perché... » già, perché?
e poi aveva realizzato, con la stessa risolutezza con la quale viveva quei momenti al cospetto del Re.

Lui, che era stato addestrato ad uccidere gli déi.
Lui, che aveva vissuto all'ombra dei potenti.
Lui, che era un perdente, sì;
un Perdente pronto a sfidare l'Invincibile.

« Perché lo so fare. »

Pura e semplice verità.

_______ _ _______



In quell'istante, Iena era in pace.
Non lo scuotersi della terra sotto ai suoi piedi, né il digrignare aguzzo dei denti del monarca turbarono quella quiete. Non fu il golem, reso selvaggio dalla crudeltà del suo padrone, a distrarlo. Quella creatura gli mosse battaglia grondando ruggine come fosse sangue, stridendo e raschiando il silenzio glaciale del mondo di Ray. Eppure lui tacque, aprì la mancina a palmo e vi fece comparire un oggetto.
Chevalier scalpitava a meno di dieci metri.
Ciò che stringeva in mano altro non era che un respiratore di piccola taglia, del tutto fuori contesto in quel luogo buio. Lo portò al viso con una certa rassegnazione, consapevole di non avere alternative che usare quel pericoloso artefatto strappato dal cadavere di un Generale - il Nono - ucciso diverso tempo addietro; una creazione così dannosa per sé e per gli altri che il Razziatore era stato tanto premuroso di nasconderne l'esistenza a chiunque. Ma lì, sul baratro della catastrofe orchestrata dal Re, non vi sarebbero stati occhi indiscreti.
Lì poteva anche fare una cosa tanto stupida come buttare via la propria vita.
Il costrutto era a cinque metri.
Indossò la maschera inalandone un primo respiro nocivo, con già addosso quell'altra maschera:
la sua, fatta di sorrisi maliziosi e occhiate arroganti.

wildyoung4copy

« ...e pensare che ero disposto a negoziare. »

L'attimo seguente il Capitano del Goryo era diversi passi alle spalle del golem.
Questi si ergeva immobile, come confuso o ubriaco - forse intento a domandarsi cosa fosse accaduto, ammesso che le sue sparute funzioni cognitive ancora ne agitassero i pensieri. Di contro, il giovane condottiero aveva perduto il sorriso. Stazionava anch'egli fermo, ma con i muscoli tutti tesi allo spasimo; e dei tubi di natura palesemente organica oramai collegavano quel respiratore con il suo corpo, come vene pulsanti che ne assorbivano la vita donandogli nuove forze. Gli occhi - quegli occhi cremisi, espressivi, così dannatamente umani - erano persi in un rosso senza fondo, iniettati di violenza da un demonio che non aveva forma visibile. Il batterio Jal'al era in circolo, lo sentiva chiaramente attraverso le arterie ed in fondo ai ventricoli.
Separò le mani mostrando parte delle lame che aveva generato, così forti da fendere l'acciaio come burro.
E nello sguardo che restituì al sovrano non c'era più sentimento alcuno che non fosse una fiera determinazione.

wildyoung5copy

« Se bastasse così poco per fermarmi » un attimo di pausa
« credi che sarei venuto qua a farmi ammazzare come un cane? »

Dietro di lui, Chevalier esplose.
Tagliato in più punti senza una precisa soluzione di continuità, l'artefatto era stato letteralmente affettato dalla furiosa Iena. E con un ultimo gemito raschiante quello cercò di afferrare il nemico del suo amato Re e figlio; ma fallì, mentre l'altro lo ignorava sfidando il Dio e rivale come già aveva fatto in passato. Avevano una scommessa in sospeso, pensò. E quella sarebbe stata l'occasione per puntare finalmente qualcosa - con il destino del mondo intero come posta in palio.
Lui aveva già deciso di mettere in gioco la propria vita e Ray, pure lui sarebbe stato coinvolto in quell'azzardo alla stessa maniera.
Che lo volesse o no.

« Pendejo. »

Sputò quell'insulto senza davvero provare astio nei confronti dell'avversario.
Poi gli fu addosso con un pugno proteso, tanto rapido che parve sparire e comparire in un lampo. Un battito di ciglia, di cuore, mezzo respiro. Il tempo sufficiente perché lui - un Perdente, uno scarto, un infimo cane rabbioso - incrociasse lo sguardo con l'altro - il Re Invincibile, il divino, colui che reggeva i fili di quel mondo - e gli gettasse addosso tutta la sua indifferenza, la rabbia mancata, il disprezzo scomparso.
Infine il tremore, la scossa, il terremoto;
ed il trono avrebbe vacillato ancora.
__________________ _______ _ _______ __________________


L'autoconclusività su Chevalier è ovviamente concordata. Sempre in accordo con il socio, inoltre, abbiamo deciso di non dar conto delle rispettive schede data la natura puramente narrativa della scena.
 
Top
view post Posted on 11/10/2011, 22:39
Avatar

--------------------
··········

Group:
Administrator
Posts:
34,432

Status:


PLANET HELL

Ray non poteva - non riusciva a combattere.
Con un occhio seguiva la guerra che prendeva piede centinaia di piedi sotto di lui; con l'altro seguiva le mosse del suo arcinemico, che ancora gli impediva di portare a compimento il suo piano.
E innanzi a lui, Hyena lo distruggeva - più belva che uomo.
Un brivido freddo gli era corso lungo la schiena nell'istante in cui il suo attuale avversario aveva indossato il suo nuovo artefatto; la sensazione di pericolo l'aveva artigliato con ferocia, sferzandolo con la stessa forza sprigionata dall'aura dell'uomo, spaventandolo come un animale selvatico quando ode il colpo di un fucile.
Le cose stavano succedendosi a grande velocità, prendendo una piega che - a breve - avrebbe potuto condurlo al disastro o al trionfo.

Era fondamentale che non perdesse la calma. Se così fosse successo, l'Asgradel avrebbe semplicemente approfittato di quell'occasione per sopprimere il sole nero; il parto di tutti i suoi sforzi e l'apice del suo piano. Così non ebbe la minima reazione quando vide Chevalier trafitto e divelto dal suo nemico: si morse il labbro, trattenendo un dolorante sussulto di indignazione e sentì il mondo premere con più forza contro le pareti del suo pianeta scuro,
ma non perse la pace.

A Hyena, in quelle condizioni, non poteva tenere testa.
Il capitano pareva divenuto un mostro, e si muoveva verso di lui con la forza di chi può divorare ogni cosa intorno a sé; sollevò la propria arma e la vorticò nell'aria, frustandola e ingurgitandola. Poi caricò frontalmente, scalciando i resti del golem che giacevano ancora impotenti ai suoi piedi.
Il sovrano in tutta risposta innalzò una barriera energetica di colore nero, contro la quale il mostro si schiantò una
due
tre volte,
fino a infrangerla del tutto.
Hyena lo afferrò per la gola e lo schiantò in terra con violenza, mozzandogli il fiato e spezzandolo in due.
Non abituato al dolore com'era, il Sovrano fu accecato per un attimo da quell'istinto nero - dall'offuscarsi dei sensi e dalle pulsazioni del suo intero corpo, che gridava aiuto. Poi sparì.

Riapparve molto più in là, lontano dalla presa micidiale del suo nemico, che soffiava nella sua direzione. Il suono del suo respiro, distorto dalla maschera che aveva in volto e dal virus, lo faceva apparire ancor di più come una belva a caccia: una creatura insaziabile, completamente dominata dalle proprie capacità istintuali.
Ray lo vide voltarsi nella sua direzione, e guardandolo negli occhi seppe che di lui, di Hyena
non vi era più nulla di umano.

Ma, a quanto pare, non aveva perso del tutto la sua razionalità.
Improvvisamente, attorno al Re si formarono decine - no, centinaia - di globi di qualcosa che gli parve sangue scuro, fluttuanti a mezz'aria.
Il mostro sorrise, fece un cenno;

di-PT8M

e le sfere esplosero, travolgendo la figura di Ray, che andò in pezzi.
La deflagrazione fu tale da sconvolgere l'intera sala, sfondando i muri di quella che era solo una memoria della Trône du Roi. Le pareti si accartocciarono come carta stretta in un pugno, e le collone si piegarono sotto quella forza insostenibile. Il soffitto crollò; ciò che restava del sovrano fu immerso dai detriti.
O ciò che rimase della sua immagine, almeno.

Seduto sopra i resti del proprio guardiano distrutto, il vero monarca osservava la scena da qualche metro di distanza; sul suo viso, si poteva riconoscere l'inconfondibile ombra di un sorriso.

« Ahhh... »

Rise; spalancò gli occhi, ricolmi di una gratificazione incontenibile, che parve colorare il mondo.
Il senso di pericolo; l'azione; l'essere messo in difficoltà e vedere finalmente quanto potessero essere fragili le sue pianificazioni lo stordirono come una scarica elettrica, folgorando i suoi sensi e ampliando le sue percezioni - facendogli dimenticare per un lungo momento quanto fosse vicina la realtà del mondo all'esterno del sole nero.
Si sentì come il cacciatore diretto nella giungla per uccidere la tigre, benché tutto il villaggio gli abbia espressamente vietato di andare a cercarla.
Pierino, faccia a faccia con il suo lupo. Pericoloso e in pericolo; vittima e carnefice al contempo - fautore del suo destino, consapevole delle proprie scelte.
Gli parve di avere il mondo in mano e si sentì
giovane.

« Vieni avanti »
sputò al proprio nemico, estraendo Belfagor dal fodero e indicandolo con essa, come a mostrargli il filo.
« Bestia. »



Fu uno scontro lungo; difficile.
Per quanto Ray adottasse ogni trucco di sua conoscenza, la concentrazione che doveva dedicare alla preservazione del suo sole nero era troppa perché potesse combattere con effettivo impegno. Come se non bastasse, poi, le risorse del suo nemico parevano essere infinte: Hyena scorgeva oltre ogni sua illusione, preparava trappole elaborate e, senza ombra di dubbio, lo soverchiava sia sotto il punto di vista della forza che della velocità.
Più volte il sovrano si ritrovò a sbattere le proprie spalle contro i muri di pietra della sala, prima di accorgersi di essere arretrato troppo.
D'altra parte, il corpo del capitano innanzi a lui pareva disfarsi sotto quella potenza insostenibile ed incontrollabile - una forza che lo stava erodendo lentamente, distruggendolo con più efficacia di quanto riuscisse a fare Ray stesso.
Il sovrano annaspò, riemergendo dal dolore che gli provocano le ferite sul suo corpo. Disabituato com'era a ritrovarsi ferito, ogni taglio bruciava con intensità incredibile, indipendentemente dalla sua profondità, costringendolo a perdere attimi interi di duello, soffermandosi solo sul placare le proprie percezioni.
E tuttavia, la realizzazione che la sua vittoria sarebbe stata dettata solamente dal tempo, fu per lui una panacea.

Sul suo viso si allargò un sorriso, e alzando lo sguardo vide che anche la Hyena stava ridendo.
Entrambi trovavano la situazione incredibilmente ilare;
il pericolo, la caccia, li stava rendendo vivi. Come due fiamme che si allungano verso l'alto in un ultimo, impressionante bagliore, prima di spegnersi del tutto.
Ray non avrebbe potuto chiedere di più, dal suo ultimo attimo d'umanità; e probabilmente, anche Hyena non avrebbe saputo assaporarne uno più gustoso.

Vivi.
per un'ultima volta.


Poi accadde.
Fu solo uno scorcio, ma il sovrano lo vide;
Venatrix che poggiava le labbra su quelle di Eitinel, e lo spirito dell'Asgradel svanire.
L'incanto - la possessione - spezzata dall'amore, nella più cruenta pantomima di una favola.
E seppe che il suo combattimento era terminato.

« E' stata... una lunga partita. »

Affermò con divertimento, la voce spezzata dalla fatica, scostando una ciocca di capelli che cascavano davanti ai suoi occhi.
Rinfoderò Belfagor e si rivolse al suo nemico, notando solo in quel momento quanto anche lui fosse affaticato dalla lotta.

« L'Asgradel... pensava che la sua forza sarebbe bastata a trattenere l'espansione del mio mondo. Aveva ragione: nonostante avessi mandato la mia regina, Lia, a indebolirlo, lui possedeva ancora abbastanza potenza da impedirmi di portare a compimento i miei piani. E tuttavia, non si è reso conto di quanto fosse divenuto fragile - di quanto il mio pezzo avesse spezzato i suoi legami con il reame del concreto... facendo di lui nient'altro che un'ombra di Eitinel, in grado di mantenere il controllo solamente grazie alla remissività di lei. »

Si fermò per qualche istante, poggiando una mano al petto nel tentativo di placare la propria respirazione.
Sentì il dolore mescolarsi con l'eccitazione, fluendo nel suo cervello e svuotandolo, scaricandone la tensione; lo sentì leggero, vuoto.

« Ma io sapevo cos'avrebbe potuto svegliarla, ridarle la volontà di combattere l'Asgradel e scacciare il parassita. Sapevo del sentimento che covavano Venatrix e lei, grazie a quell'idiota del suo compagno nero, che s'è lasciato ammaliare da me nel corso dell'incubo. Ho chiesto a Oberrin di farmi un ultimo favore, e lui l'ha compiuto - ha fatto sì che il drago e la dama potessero incontrarsi. »

Rise, caracollando il capo all'indietro; sguaiatamente.
Una risata alta, stonata, non degna di lui.

« Non conosco le ragioni dietro al gesto del maestro, né ero a conoscenza del tradimento dei guitti. Ma a questo punto, ha importanza? Forse è stato proprio sull'onda di questa rivolta che Oberrin ha deciso di mostrare un ultimo atto di fedeltà, come a non volermi mostrare rancore; ben venga, dunque! Lunga vita ai Bravi Camerati! Lunga vita al tradimento, e alla colpa che deriva da esso! »

Sospirò a fondo.
E innanzi a lui apparve una scacchiera di pietra.

« Lia ha spezzato le difese del nemico; Bara-Katal mi ha difeso contro gli attacchi da terra; senza il Kishin non avrei potuto procedere; ma è la torre
il pezzo con cui è più semplice vincere la partita.
»

E' una mossa inesorabile, della quale si può solo presagire il pericolo.
Così il monarca inarcò le proprie dita, e le chiuse sul pezzo della torre nera,
muovendolo, e impedendo al Re nemico, così, alcuna altra mossa.

« Scacco matto. »

In quell'attimo, l'Asgradel abbandonò il corpo d'Eitinel,
ritrovata la forza di combattere grazie al bacio di Venatrix.
L'Asgradel non avrebbe più potuto agire contro di lui, né ostacolare l'espansione di quel mondo che era soltanto suo.

Le sue parole risuonarono con la forza di un tuono, riecheggiando nella sala distrutta, e come fossero un alito di vita, qualcosa vi reagì.
Chevalier si mosse.
Il suo corpo stridette contro il terreno, e la sua bocca emise un ruggito tanto disarticolato da stridere con l'aria, spezzandola e svuotandola.
E con una furia inconcepibile, il Golem - o ciò che ne rimaneva - si gettò su Hyena, afferrandolo. Lo strinse fra gli artigli e lo chiuse a sé, latrando e cigolando come un cardine arrugginito.

di-HH9I

« Suppongo che il nostro combattimento ti abbia sfiancato abbastanza. »
affermò dunque il monarca, rivolgendo un sorriso divertito al proprio nemico
« Non hai più forze per opporti a lui. »
un pedone, che può solo morire - o trasformarsi in un elemento determinante.

Chevalier non l'avrebbe stritolato, né divorato, né spezzato.
Il sovrano non poteva rischiare che l'unica persona in grado di ostacolarlo si aggirasse moribonda nel suo mondo.
Il golem si sarebbe limitato ad affondare.
Lentamente, iniziò a sprofondare nel terreno, come un pezzo di ferro gettato nelle sabbie mobili, trascinando la Hyena con sé.

« Addio. »

Affondò fino a sparire.
Lì sarebbe fuoriuscito dal sole nero, e dunque precipitato sul campo di battaglia.
Neppure Hyena sarebbe riuscito a sopravvivere a una caduta di centinaia di metri; e Chevalier
lui era sempre stato pronto a morire per adempire al proprio compito - sacrificarsi come ultimo asso nella manica.
Fin dall'inizio, aveva sempre saputo che il suo ruolo non sarebbe stato altro che
la morte.
sua, e dell'ultimo nemico del monarca.

---------------

« ...HO VINTO! »

il suo gridò risuonò nella sala vuota, privo di un reale sentimento.
Aveva vinto un'altra battaglia. Ancora.
Lo ripeté, senza vita:

di-3QP1

« ho vinto... »

---------------

viste dall'esterno, le cose andarono così.
Improvvisamente, il corpo di Hyena sarebbe caduto all'esterno del sole nero, trascinato a terra da un insieme indistinto di metallo e ingranaggi; l'ultimo segnale dell'apocalisse imminente.
Poco dopo, la cellula scura nel cielo avrebbe iniziato a scindersi; a moltiplicarsi. Sarebbe esplosa, riproducendosi a velocità esponenziale, coprendo tutto il cielo e facendo notte.
E lentamente, l'oscurità avrebbe iniziato a colare sulla terra, ingoiando ogni cosa.
Ogni essere vivente toccato, sarebbe stato ridotto in cenere.
Ogni costruzione, divelta e resa polvere.
La terra spaccata, ridotta in briciole.
Dall'Akerat all'Eden, dai confini orientali a quelli occidentali, il mondo si sarebbe ripiegato su se stesso, morendo;
distruggendosi,
svanendo nel nulla.

Ray aveva vinto la sua ultima battaglia.
E questo, per il pianeta, avrebbe costituito

la fine
di ogni cosa.



Edited by Ray~ - 12/10/2011, 11:46
 
Top
Andre_03
view post Posted on 13/10/2011, 21:12




Erano stati minuti intensi.
Lunghi come ore o interi giorni, per lui e il suo avversario chiusi dentro un mondo ameno, tumorale. La fatica ed il dolore erano giunti insieme progressivamente, come a rimarcare la difficoltà di quanto stava compiendo. Un gesto disperato. Folle. Assurdo. Che per la Iena rappresentava consuetudine, eppure non per questo aveva assunto meno i contorni dell'impresa. Sfidare un uomo, un dio, in casa sua. Arroganza. Ridurlo ad uno straccio, prenderlo a calci. Soddisfazione.
Poi il lungo fallimento scandito dal ticchettio degli ingranaggi che cadevano con lui nel vuoto.
Disperati e morenti, mentre il mondo suonava la sua ultima nenia.
E tutto svaniva nel buio.

valzerfinalecopy

_______ _ _______

Il batterio lo aveva reso invincibile, indistruttibile, immortale.
Per un breve lasso di tempo Dodici era divenuto più grande di un dio in terra, più pericoloso dell'apocalisse stessa. Ma a che prezzo? Allo scopo di salvare un mondo dall'estinzione, proteggerlo dal suo stesso dio contorto - asceso al trono divino passo dopo passo su una scalinata fatta di cadaveri e rovine - si era ridotto a gettare via la propria vita. O forse, in quei momenti concitati, lo aveva fatto solamente per il gusto di fronteggiare un nemico come lui. Non lontano come il Drago o il Leone. Non diverso come il Custode, né come lo Sfregiato. Ray era un'occasione unica: un avversario contro cui morire degnamente e senza rimpianti - di questo si era convinto. Poi però erano affiorati dei piccoli rimorsi nel profondo della sua coscienza. E s'era spinto a combattere con più foga, quasi involontariamente.
Ma qualcosa era andato storto.
Invece che cadere in ginocchio senza più potere, il Re si era eretto con maggiore forza, rinvigorito. Mentre lui cadeva letteralmente a pezzi - si sgretolava, scomposto dalla voracità del Jal'al - quello gli spiegava perché non avrebbe potuto vincere. Iena lo ascoltava ancora padrone dei propri sensi, così come lo era stato per tutto lo scontro: mai veramente folle, mai completamente bestia. Soltanto in parte entrambi commisto a un forte senso di umanità. Quando venne il golem fu sorpreso, però non poté opporre resistenza.

« Mierda... » sussurrò a mezze labbra con un sapore metallico in bocca - sangue, era sangue;
e le braccia fredde della bestia rediviva gli cinsero il corpo in una morsa a cui non poteva sottrarsi
frattanto che la mente realizzava, con freddezza, ciò che Ray non aveva ancora annunciato
« ...HO VINTO! »

Iena lo sentì quando già emergeva sfiancato dal mondo oscuro, gli occhi velati di una rassegnazione non sua.
Nei lenti attimi della sua caduta ebbe modo di fare un bilancio, non solo della sua vita ma anche di quella oscura faccenda. Aveva fatto tutto ciò che era in suo potere per fermare il Re folle, ma non era stato abbastanza. Ora il pianeta veniva scosso dall'ultimo tremito che precedeva la morte, e lui era lì. Inerme. Fallito. Perdente. La figura di Chevalier gli scivolava accanto, più pesante sia nel fisico che nell'animo. Non poteva saperlo con certezza, eppure in quel momento finale ebbe la sensazione che il costrutto portasse un fardello di rimorsi più grande del suo; come se avesse potuto fermare Ray prima che quel casino cominciasse. Come se avesse avuto occasione di salvarlo ma non ne era stato capace.
Istintivamente allungò una mano per aggrapparsi, sfiorare il mostro di ferro.
Quello però era lontano dalla sua portata e fendeva l'aria più in fretta, mentre a lui sembrava di galleggiare.
Volse lo sguardo al cielo per un'ultima volta.
Il sole nero ribolliva, si gonfiava, emetteva un suo gemello per scissione. E poi ancora, popolando la volta celeste di cancrene fino a che un solo spazio libero non sarebbe rimasto. Fu allora che a Iena venne da ridere. Di gusto, con forza, fino a sentir male dalle ferite scosse per le risa.
Alla fine di tutto poteva dirsi un uomo fortunato, perché aveva guadagnato un posto in prima fila per l'ultimo grande spettacolo del mondo;
e nessuno avrebbe ammirato la distruzione compiersi da così vicino, così al centro di ogni cosa da sentirsi quasi estraneo.
Lui ci trovò un lato ironico, come era d'altronde sua abitudine fare.

Fu così che Dodici spirò: prima ancora di toccare terra,
con il sorriso di una Iena a rigargli il viso,
bagnato da lacrime amare.

__________________ _______ _ _______ __________________

 
Top
5 replies since 22/9/2011, 16:20   800 views
  Share