Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

sangue al tramonto

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Andre_03
view post Posted on 5/2/2013, 23:11




Il sole tramontava all'orizzonte, e tutta Taanach era tinta di rosso.
Lungo le strade si affaccendavano soldati di ogni razza, mercanti attorniati da schiavi, cacciatori di taglie che tiravano prigionieri in catene e carriaggi di provviste trainati da cavalli, muli o elefanti. La città vecchia era un brulicante coacervo di individui mossi da un unico bisogno: la guerra. Shivian aveva raccolto la sfida del popolo dei cieli, e stava radunando il suo esercito per annientare quel nemico misterioso e bizzarro. Della Iena non v'era traccia: il Purgatorio sospeso a mezz'aria pareva morto, chiuso in un silenzio inespugnabile. La situazione stava diventando chiara per chiunque, ma nessuno osava parlare di gerarchie. Per il momento.
Ci si concentrava sulla guerra, non sui comandanti. Le locande erano stracolme di mercenari, schiavi e armigeri; puttane sfatte dal troppo lavoro si esponevano come merce fuori dai lupanari e dai bordelli; qualche sparuto mendicante strisciava con un piatto delle offerte spesso vuoto, alla ricerca di anime buone - non ricordando forse di trovarsi a Taanach, la culla dell'indecenza. Per canto suo, Sallahro procedeva sereno e affatto impensierito da quell'andirivieni. Aveva un solo pensiero per la testa, al momento: trovare un luogo poco affollato ove consumare un pasto frugale prima di recarsi a pregare.
Faceva caldo quella sera, eppure la sua lunga veste spazzava ad ogni passo il lastricato polveroso e si impregnava ai lembi di fango scuro. Nonostante l'abbigliamento pesante, il prete camminava a testa alta senza una goccia di sudore ad imperlargli il viso. Qualcuno lo salutò e si vide ricambiato con un cenno. La gente aveva imparato a riconoscerlo, ormai. Dopo i primi tentativi andati a male, persino i borseggiatori e i ladri della città vecchia avevano deciso di evitarlo: lo chiamavano "l'uomo rosso" e si tenevano a debita distanza da lui.
Era quasi deciso ad abbandonare la ricerca, quando i suoi occhi color dell'ambra scorsero una figura familiare.
Ai margini di una piccola piazza, vi era una taverna pittoresca quanto altre cento simili bettole sparse per la città. Non aveva insegne e alcuni tavoli erano disposti fuori dal locale, ricoperti da un porticato artigianale di canne e foglie di palma. Seminascosto sotto quel riparo rudimentale sedeva un uomo, intento a sorseggiare chissà quale alcolico con la sola compagnia dei suoi pensieri.
Gli dava le spalle, ma Salla l'avrebbe riconosciuto tra mille.
Sorrise e lo raggiunse.

[...]

Erano seduti da diverso tempo ormai; il crepuscolo avvolgeva la città come un manto livido e scuro.
Calava la notte, iniziava un'altra veglia senza sonno. Il prete tuttavia appariva sereno e, sebbene fosse la prima volta da giorni, mangiava con calma serafica. Si era fatto portare un piatto di stufato di falco freccia condito con erbe aromatiche di alta montagna, ed immerso in una brodaglia marrone di funghi bolliti. Il sapore non era tra i migliori che avesse provato, ma nemmeno faceva rivoltare le budella. Accompagnava quel pasto con del tè caldo alla menta, rinunciando al vino speziato che lo schiavo dell'oste gli aveva portato.
Inzuppò le dita già madide di sugo nel piatto, e portò un pezzo di carne alla bocca.
Masticò, deglutì e sorseggiò la sua bevanda bollente.

« Fate largo! » una voce in lontananza, all'altro capo del piazzale.
« Attenzione!!! »

Quindi vennero il trambusto, gli insulti e le bestemmie.
Sallahro volse lo sguardo a contemplare la scena per qualche istante: un carro contenente armamenti per la guerra si era rovesciato; due mercanti litigavano su chi avesse danneggiato chi, e di quale schiavo fosse la colpa. Li avevano circondati alcuni curiosi, mentre altri inveivano per via della strada intasata. Un poco irritato, il prete aggrottò la fronte e riportò la propria attenzione al piatto.

Si rivolse al suo commensale con la solita flemma, sbocconcellando un pezzo di pane raffermo:
« Di recente hai recato offesa a qualcuno, per caso? »


Giocata riservata. Il primo che posta senza permesso si ritrova appeso per i piedi alla murata di Purgatory.
 
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view post Posted on 15/2/2013, 21:48
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— somewhere like a scene from a memory —

The city's cold blood teaches us to survive.
Just keep my heart in your eyes and we'll stay alive;
the third arrives...


apo1

Ricacciò indietro il sorriso. Non c'era nulla per cui sorridere.
Socchiuse gli occhi, chiedendosi perché fossero tanto asciutti. Eppure il dolore lo aveva sentito. Le parole della vecchia gli rimbombarono dentro, cupe e sorde. Non c'è sole che possa sciogliere degli occhi di ghiaccio. Sempre tenendo il suo sguardo cieco, sollevò meccanicamente il bicchiere, portandolo alle labbra. Il liquido violaceo aveva sfumature albine, strane opalescenze che lo facevano sembrare screziato, come corrotto. Rispolverò quel sapore antico fra lingua e palato, con una soddisfazione che non aggiungeva né toglieva nulla alla sua situazione. Passò le dita sulla superficie ruvida del boccale, avvertendo una sensazione piacevole -ricordandosi che certe cose non puoi sceglierle, che il tessuto ruvido della corteccia era lo stesso che aveva mostrato lui. Piacevole forse, ma troppo stridente per essere accarezzato a lungo.
Riaprì gli occhi, fissandoli sull'oggetto poggiato sul tavolaccio, proprio di fronte a lui. Si trattava di una strana bussola, il cui quadrante presentava una strana rosa a venti punte. L'ago si mosse un poco, parve vibrare.
Una smorfia si dipinse su quelle labbra affilate. Erano giorni che la bussola indicava una direzione precisa, una strada da seguire -non fosse altro che per scrollarsi di dosso quell'apatia. Gli era stata indicata la meta, ma lui non sembrava ansioso di mettersi in cammino. Un po' perché si sentiva svuotato, un po' perché in fondo, forse, quella situazione non gli dispiaceva. In quella nuova sofferenza aveva trovato una valida scusa per sottrarsi ai suoi doveri, alle incombenze -ché quelle non mancano mai. Non c'era più nulla che lo trattenesse, eppure desiderava rimanere lì, a pascersi nell'autocommiserazione. C'è una versione masochista di noi stessi che anela le sofferenze, quasi dovesse trarne linfa vitale. Per quanto lo riguardava, l'unica verità che Laurens de Graaff potesse ammettere non l'avrebbe mai potuta pronunciare ad alta voce.
Certe cose fanno più male se non dette, sono come un macigno poggiato fra stomaco e polmoni. E quelle sofferenze sono un delicato veleno che va gustato in solitudine, distillandone l'odio.
Eppure, quelle parole lo accompagnavano.

«Prima che le foglie cadano, prima di chiudere le porte,
dovrà esserci la terza ed ultima danza.
»

Come profezia non era male, ma andava interpretata.
Si guardò intorno: il suo corpo, avvolto nel mantello nero con l'effigie del lupo, non passava inosservato come avrebbe voluto. Lì a Taanach lo conoscevano, fin troppo bene. Sarebbe dovuto sparire per un po'. Un viaggio, un lungo viaggio. E da qualche parte, in cuor suo, sperava fosse anche l'ultimo.
Sospirò, aspettando che fosse troppo tardi per qualsiasi cosa. Il suo aspetto orribile non lo sconvolgeva: nonostante le occhiaie, la barba incolta, gli occhi arrossati e le labbra spaccate, non si sentiva stanco. La paura mondava il suo corpo di ogni spossatezza. Aveva troppa paura dei sogni per dormire.
Intanto, Taanach osservava e sorrideva melliflua: lo stava riportando a casa.

[...]

Osservava il commensale consumare il pasto con sacrale lentezza, chiedendosi perché mai da quell'uomo emanasse una perenne aura di solennità. La cosa lo incuriosiva e infastidiva al tempo stesso: non riusciva a spiegarsene la ragione e neppure riusciva ad accettarlo. Non lui, che non aveva mai preso nulla sul serio -se non una cosa, e in quel caso aveva solo trovato la via migliore per l'inferno.
Il vino speziato era rimasto intatto: se da una parte Salla preferiva il suo tè, dall'altra il corsaro continuava a mescere e trincare il suo strano liquore dai toni viola. Non aveva ordinato cibo, nemmeno ricordava più l'ultima volta che aveva mangiato.
Il rumore prodotto dall'incidente, il tafferuglio che ne seguì, non destarono la benché minima reazione nel Flagello dell'Ovest. Invece, fu la domanda del prete rosso a richiamarne l'attenzione: doveva avere qualcosa in mente. Sallahro non era il tipo da futili ciance, né poteva sperare di sparare nel mucchio in quel modo.

«Mi deludi. Pensi che io sia sempre in cerca di rogne, ma non è così.»
Si sforzò di sorridere, tirando fuori una cosa stiracchiata e ignobile.
«A volte dormo. Anche se non sembra.»

 
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Andre_03
view post Posted on 3/3/2013, 11:05




"È un peccato" pensò, "Sono venuti per me, quindi."
« È diverso » disse, « Sono le rogne a trovare uomini come noi, di solito. »

Era vero, sacrosanto come la parola stessa del Signore della Luce.
I suoi guai l'avevano seguito fino alla locanda, quella sera. Travestiti da passanti, mascherati da un velo di normalità apparente che faceva sembrare ogni cosa ordinaria fatalità cittadina. Ma Taanach nascondeva sempre qualcosa di più, tra le sottane: non tutti i mercenari prezzolati stavano muovendo guerra al popolo del cielo, né molti erano laggiù al soldo del Clan. Serpeggiavano vipere agli angoli delle strade, pronte a mordere le caviglie di uomini avventati. Ficcanaso. Idealisti. Chiunque avesse una causa per combattere le proprie battaglie, come lui e Laurens, presto o tardi pestava i piedi alla gente sbagliata. Era accaduto a Sallahro, e doveva essere successo qualcosa di analogo al filibustiere.
Il prete gli leggeva nello sguardo un'ombra più vivida del solito, come un dolore abilmente celato sotto l'armatura naturale con cui ogni uomo si corazzava contro le avversità della vita. Provò empatia, ma non compassione: il rispetto che nutriva per quel figlio di buona donna era tale da impedirgli di vederlo debole, persino con quell'aura di malinconia che lo attorniava.
"È strano come rimanga sempre un briciolo di innocenza da poter perdere" rifletté;
"Persino quando un uomo crede di avere abbastanza cicatrici, arriva qualcuno a tracciare nuovi solchi sulla pelle."

« Prendi me, ad esempio: » il tono mesto di chi ragiona sulle avversità,
« Questa sera avevo intenzione di cenare in tutta calma, recarmi a pregare e stare solo coi miei pensieri. »
Si gettò in bocca un pezzo di carne che teneva tra le dita: « Non cercavo seccature, ma loro hanno trovato me. »

Fece allora un cenno col capo agli uomini che schiamazzavano poco prima attorno al carriaggio ribaltato.
L'alterco si era placato gradualmente, e ora quegli individui parevano stranamente quieti. Nel frattempo, in silenzio, alcuni loro degni compari si erano affacciati dai tetti sicuri di non essere notati. Salla sbuffò, domandandosi infine chi fosse il mandante di quell'imboscata. Valutò se fare qualche prigioniero, per interrogarlo e decise che - quantomeno - avrebbe provato a risparmiare una vita o due.

« È un peccato » ripeté, stavolta ad alta voce
« Lo stufato era davvero buono. »

L'istante successivo scattò indietro, mentre una freccia si conficcava sul legno del tavolo
e altre cinque saettavano in direzione sua, e del disgraziato commensale.


Perdona il ritardo, pal. Spero che non ti sia passata la voglia di danzare con me, mentre aspettavi. :v:

L'idea è questa: per background, Sallahro sta cercando informazioni sull'omicidio di Kavash Drevosh (cfr. qui) ed è, evidentemente, sulla strada giusta. Qualcuno ha assoldato degli assassini per ucciderlo e questi gli hanno teso un'imboscata simulando l'incidente con il carro per bloccare la piazza. Ci attaccano dai tetti, mentre altri sguainano le spade intorno alla locanda. Sbizzarrisciti, come ai vecchi tempi.
 
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