Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Contrapunctus; Il canto dell'Abisso

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view post Posted on 11/9/2013, 20:26
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La luce era forte nel cielo. Un particolare che perlomeno rincuorò lo spadaccino emerso dalle profondità del Gorgo, risalendo la passerella che si inoltrava di sotto. Il punto di raccolta degli uomini era esattamente lì, sotto il sole a baciare i coraggiosi e i volenterosi, e nulla poté gratificare Jevanni Glacendrangh meglio di quel calore. I cunicoli scavati nel sottosuolo dell'Eden erano freschi ma umidi, tanto da avergli fatto temere che gli si arrugginissero le stesse ossa. Una prospettiva inquietante, doppiamente se si considerava che quella che stava per condurre non era una gita di piacere. I primi uomini si trascinarono, chi stiracchiandosi e chi assicurandosi che le armi fossero ben affilate e pronte. Quello fu, invece, un particolare che rese più tetro il mattino: gli ricordò che, in superficie, l'Eden non annoverava nel suo vocabolario il termine innocuo. Parola che per il bene di lui e dei suoi uomini, avrebbe dovuto dimenticare anche lui.

« Già immerso nei tuoi pensieri? » La voce di Seyrleen lo raggiunse, e lui si voltò nel fronteggiarla. Dall'ultima volta che l'aveva incontrata aveva acquisito un portamento più sicuro. Non fosse stato per la benda che le ricopriva gli occhi già quasi totalmente ciechi, sicuramente l'espressione neutra avrebbe tradito la sua ormai familiarità tanto con il luogo quanto con i suoi nuovi doveri. Le schiere dei Leoni erano sempre aperte per coloro che giuravano di servire la Regina, e lei non era stata da meno gli era stato riferito. « Se vogliamo chiamarli tali. » In realtà era un'accozzaglia incoerente di frasi e osservazioni che si facevano strada nella testa in priorità sparse, fra le quali spuntava occasionalmente il bisogno di sbadigliare. Aveva dormito poco anche quella notte. « Hai già idee su cosa troveremo lì? » Lui mosse il capo in diniego, schermandosi il viso dal sole e srotolando la mappa, nella vaga speranza che qualcosa potesse venirgli in mente; qualcosa che non avesse già immaginato nei precedenti giorni, decidendo quale potesse essere la peggior cosa che sarebbe potuta capitargli e come evitare che essa prendesse luogo. Nel nome di un ottimismo forzato aveva tuttavia preferito rimandare quella linea di pensiero, perlomeno finché non gli si fosse presentata un'occasione più adatta. « L'unica cosa che sappiamo » borbottò mentre scacciava una mosca con la mappa ora piegata a mo' di ventaglio « è che il villaggio non è stato distrutto. E questo è tanto, considerate le storie che circolano sulle Ombre. » La Neiru annuì meditabonda e si legò i capelli. Un gesto che lui le aveva visto fare quando era innervosita da qualcosa.

« Ironico. » Jevanni emise un verso interrogativo, e lei sbuffò con una traccia di sorriso sulle labbra sottili. « Il nome, dico. Pietradisole. In una terra piagata da Ombre. Un nome fortuito. » Molto. In realtà l'aveva notato già da prima, ma non ci aveva trovato molto da ridere. Forse era vero quando gli dicevano che aveva perso il senso dell'umorismo, ma il Guerriero dell'Inverno di recente aveva avuto ben pochi momenti di allegria per mantenere alti i propri spiriti. L'unica cosa piacevole di quella spedizione era il poter nuovamente avere dalla propria parte la Neiru, che sembrava finalmente essere torna la sé stessa di sempre. « Se non altro non ci imbatteremo nelle Ombre. » Si grattò il mento e si voltò a fronteggiare il gruppo ormai abbastanza nutrito di persone addensatesi di fronte. L'ingresso marcato dalle due statue spezzate dinanzi alla passerella contava ora due, forse tre dozzine fra uomini e donne accorsi al richiamo della Regina. « Le ultime parole famose. » Le lanciò un'occhiataccia che lei ovviamente non poté cogliere, infine si limitò ad ignorarla. Si distaccò dal corpo della spedizione abbastanza che tutti riuscissero a distinguerlo, e perché lui riuscisse ad esaminarli. Più che abbastanza, decise soddisfatto mettendo mano al corno da guerra e portandolo alle labbra. Il suono cupo di Gale si propagò assordante, abbastanza da far fuggire i corvi che volteggiavano sopra loro in circolo e ammutolire i presenti. Seyrleen si massaggiò le orecchie, evidentemente infastidita per non esser stata avvisata prima, ma lo spadaccino non ci fece caso.

« A me, Leoni. »
Fissò i presenti, studiandoli nuovamente, quindi si sopraelevò su un masso interrato perché tutti lo vedessero.

« Il villaggio di Pietradisole è la nostra destinazione. Partiamo alla ricerca dell'omonima Pietra, che stando a quanto ci è stato riferito è un talismano di sorta capace di schermare dalle Ombre. La comunità non è mai stata attaccata, né toccata dalla minaccia degli Aneliti di Tùrmarsh. »

Attese che la gente smettesse di mormorare e di fissarsi l'un l'altro. Lui stesso non avrebbe trattenuto qualche domanda in grado di mantenere il silenzio, sentendo questo. Di sicuro sapevano già questo, ma avevano ritenuto fosse una diceria.
Per quel che valeva, lui lo credeva ancora.
Ma non era il momento di dubitare.

« È nostro dovere giungere e scoprire cosa è, nell'interesse dei nostri cari che vivono nel terrore. Il terrore che nella notte giunga una calamità e spazzi via la nostra casa, i nostri sogni, il nostro vero e proprio futuro. » Li indicò, quasi accusandoli uno per uno, sfidandoli a poter dire il contrario. Che vita poteva essere, una in cui non si aveva nemmeno il conforto di mura a difendere dalla stessa Natura funesta? Quella quotidiana di un Leone dell'Eden. Ma questo poteva cambiare.

« La nostra tana è stata invasa da mostri di ogni sorta, ma noi siamo ancora qui. La Regina è ancora qui. » Uno nella folla urlò "Viva la Regina!", e altri si unirono a lui. Era gente che non aveva mai visto, probabilmente alcuni fra loro non avevano nemmeno mai sentito il suo nome, ma l'obbedienza era un legame comunque sufficiente. « Permetteremo all'Eden di soccombere? » Il pugno chiuso di Seyrleen svettò sopra le teste, la sua voce squillante tuonò « L'Eden è nostro! » A lei seguirono gli altri mischiando i cori, animando la mattina che nemmeno cinque minuti prima era stata un mortorio. Forse non sarebbe stato poi tanto male.

L'entusiasmo insperato riuscì a strappargli un sorriso. Al suo levare in alto entrambe le braccia, la folla tornò quieta.
« Oggi noi andiamo a dar luce anche al nostro Eden.
Una luce forte più del Sole, per squarciare le Ombre più cupe.
»
Alle sue spalle prese forma una sagoma nera, distinta e netta contro il sole, che si elevò accanto a lui sul masso.
Il leone fissò severamente gli astanti, come si preparasse a balzare su di loro, puntando ai più vicini improvvisamente allarmati.
Poi il muso si sollevò al cielo, elevando il più poderoso dei ruggiti al Sole limpido.
La mano di Jevanni pizzicò, poi la figura si dissolse sotto le urla giubilanti degli astanti.

Scese dal masso, nuovamente sull'erba, e calò la manica a nascondere - quasi con vergogna - il marchio di Velta. Ilthan, lo aveva chiamato Alexandra. Ma in realtà non gliel'aveva dato lei, quello strano nomignolo: sapeva di averlo sentito altrove. Da qualcun altro.
« Presto ci metteremo in marcia. »




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ATTO I ~ Il Messia e la voragine nel cielo.

PJnzb
ͽS Y N O P S I Sͼ
"quest~master's bidding"

Benvenuti nella quest.

La scena si spiega da sé: consiste nell'adunata alla quale i vostri personaggi parteciperanno. Un breve post introduttivo per riscaldarsi e prepararsi. Siete volontari per questa spedizione a Pietradisole, villaggio nella zona di Samarbethe. Lo scopo è indagare su cosa tenga lontane le Ombre. Ma questo lo avevamo già compreso, vero? In questo turno potrete inserirvi in una qualsiasi maniera, interagire fra di voi o con qualche png o con Jevanni. Per questo ci possiamo mettere d'accordo in Confronto. Sempre nel thread di confronto potrete esporre dubbi o altro, quindi contattatemi da lì. Il vostro intervento per questo turno terminerà con la spedizione che si metterà in marcia. Il png Seyrleen è presente nello schedario dei PnG nella parte dedicata ai Leoni dell'Eden. Il tempo per postare scade a quattro giorni a partire da questo post, essendo mera introduzione che non richiede particolari sforzi, concedendo tempo superiore in caso ci siano complicazioni nella fase organizzativa per eventuali interazioni - anche se mi auguro che ciò non occupi davvero tanto più del previsto. Buon lavoro cari :sisi:

 
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view post Posted on 15/9/2013, 20:46
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Studioso
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Il canto dell'abisso

Preludio;
In marcia!.





La luce del sole era una manna dal cielo e Àlfar sentiva fluire la propria energia e in armonia con quella di Ùlfer. Bella giornata per una missione...ah, bello mio, rivolse i propri occhi verso quelli chiusi di Beelär, intento a godersi il tocco del giovane su collo e spalle, parlando a sé stesso come all'animale Vada come vada, si prospetta un lungo viaggio. Per quanto non mi piaccia affatto tutta questa calca...c'è troppa gente. Concludendo il suo pensiero si guardò intorno: poteva contare una trentina appena abbondante di persone, accalcate al centro della piccola radura umida che non molto tempo prima aveva visto la sua battaglia contro Lanhai.

Assaporò l'aria a pieni polmoni e vi riconobbe quel misto di emozioni che precede un tuffo da una scogliera, quella tensione che sembrava trascinare gli animi di tutti verso l'ignoto. Vi era anche un alone di timore, paura dell'ignoto: nessuno sapeva esattamente cosa avrebbero trovato o avrebbero dovuto affrontare. Nondimeno erano tutti pronti a partire. Era ancora assorto quando percepì dei passi e una persona che lo approcciava.

"A quanto pare non sono l'unico a non amare il caos di questo posto." la voce proveniva da un giovane elfo, dal fisico asciutto e chiaramente agile. Una barbetta corta e incolta incorniciava un volto chiaro dallo sguardo penetrante Un po' pallido il tipo, si ritrovò a pensare Àlfar sorridendo dentro di sé. Tuttavia era un tono cortese, curioso anche.

Il giovane nella pelliccia di lupo inspirò e rispose con garbo e appena una venatura di ilarità, "Direi di no. Mi sembra asfissiante lì dentro...tutti accalcati...andiamo in guerra, mica a un concerto! Non smise di accarezzare il suo cervo candido. Mentre con un sospiro giunse la risposta del suo interlocutore. "Guerra..."quella parola atterrò pesante, come inattesa, cupa come il concetto che portava in sé. Dopo una breve pausa, il giovane elfo continuò "...non la consideravo tale, ma forse hai ragione. Piacere comunque, Shervaar. Àlfar accolse la presentazione con un sorriso, mentre l'elfo mandava un fischio acuto nell'aria. Un turbine di piume si abbassò sbattendo le ali, appoggiandosi delicato all'avambraccio del proprietario Lui invece è Bloodwing.

Un magnifico animale, non c'è che dire. Si soffermò per un istante a osservare il falco, poi rispose. "Piacere, Àlfar" disse con un sorriso spontaneo e proseguì brevemente "e questo è Beelär." Diede un paio di colpi affettuosi alla spalla dell'animale distogliendo per poco lo sguardo.

L'elfo barbuto parlò nuovamente. "Se qui non ci fossi anche io stenterei a credere che persone così poco avvezze a questa calca siano finite in una bolgia simile. Posso chiederti, se la cosa non ti disturba, perché sei qui? Per quel che mi riguarda già una volta mi ho lavorato per Sorya, e se la missione dei Leoni è quella di ripulire queste terre allora non esiterò a farlo nuovamente. A lungo ho vagabondato senza obbiettivi ne metà. Ma è finito il tempo del solitario vagabondare. Il mondo è in fermento, ed è tempo di prendere attivamente parte al suo evolversi." Il suo tono era sereno, dopo la prima nota cupa insinuatasi con il pensiero della guerra si era evidentemente rilassato.

"Io ho fatto voto a me e al Gorgo di servire il Sorya. Ho saputo che i Leoni avrebbero condotto questa missione e ho pensato che, aggregandomi, avrei potuto avvicinarmi a coloro cui mi sono votato." Rispose Àlfar con semplicità e pacatezza.

"Che gli spiriti ti guidino e ti proteggano nella tua missione allora. Concluse con il tono profetico tipico degli auspici. Sul volto di Àlfar si accese l'orgoglio. "Oh, io ho il mio."

Si guardò attorno, assicurandosi che nessun occhio indiscreto li guardasse. Quando fu sicuro che lo sguardo dei presenti fosse rivolto altr’ove, Àlfar si rilassò e lasciò che le bianche fiamme avvolgessero il suo corpo. La complessa trama di segni smeraldini, prima nascosta dagli indumenti del ragazzo, era emersa sulla superficie candida e aveva preso un magnifico color blu zaffiro. Nel processo Àlfar dovette trattenere un ululato: lo spirito ancestrale aveva sul volto un sorriso affilato che mostrava i denti da lupo, schiarì piano la voce e si presentò. “Ùlfer,” disse secco e con voce profonda, proseguì con un saluto altrettanto lapidario, “piacere.”

“Piacere...” L’espressione di Shervaar tradì il suo stupore e Ùlfer, con un sorriso amichevole, si portò un dito alle labbra. Le fiamme bianche svanirono e Àlfar riemerse facendo l’occhiolino. Sussurrò tranquillamente “Che resti tra noi.” Per tutta risposta, Shervaar scoprì il tatuaggio sul braccio destro: “Sarà un segreto tra Sciamani…non preoccuparti, rimarrà tra noi.” Come in risposta alla trasformazione, Shervaar ricoprì ii braccio scoperto con una sfrigolante cortina di fulmini, suscitando l’ammirazione di Àlfar. “Anche tu Sciamano? Allora doppiamente piacere mio di conoscerti.”

Seguì una breve pausa, durante la quale il ragazzo dalla pelle scarlatta tese l’orecchio verso la folla, che si era fatta particolarmente fitta attorno a un bardo e una bambina? Mi chiedo cos’abbiano di così particolare…forse si potrebbe curiosare. Si rivolse al suo nuovo compare. “Pare che là in mezzo ci sia qualcuno che fa scalpore, andiamo a vedere?” - “Ti seguo,” rispose quello, “a breve Jevanni Dovrebbe iniziare il suo discorso e non mi dispiacerebbe ascoltarlo. Andiamo.”

Facendosi largo anche a furia di gomitate, Àlfar malediceva dentro di sé la sua malsana idea di entrare nella calca per avvicinarsi tanto all’oggetto di così forte interesse, quanto al palco per ascoltare il discorso che di lì a breve si sarebbe pronunciato. E fu proprio nel mezzo di queste sue meditazioni esecrande, che Shervaar attirò la sua attenzione: nel suo volto si era accesa una particolare curiosità sentendo parlare del presunto musicante. “Se vuoi seguirmi un secondo voglio fare un tentativo.” Àlfar si fece di lato e, prendendo il posto in coda all’elfo si limitò a annuire “Va bene.”

Non ci volle molto prima che riuscissero a superare la calca definitivamente. Una bambina e un altro tizio, in ginocchio di fronte a lei, erano al centro di una piccola bolla d’aria creata dalla ressa. Sembravano discutere, ma Àlfar non riuscì a capire quale fosse l’argomento.
Come li vide, Shervaar interruppe la loro discussione - “Taliesin! Allora le voci erano vere. Bentrovato.”
“Erano vere eccome. Sono tornato.” Non si poteva non notare un forte turbamento in quella voce vibrante. Tuttavia, ha una bella voce. si sorprese a pensare Àlfar poco prima di essere riportato alla realtà dai gesti di Shervaar, che lo invitava ad avvicinarsi.

“Ovunque tu sia stato amico mio e bello rivederti qui tutti intero. Ti presento Àlfar, sarà dai nostri.” Àlfar si avvicinò perplesso. Mentre l’entusiasmo di Shervaar era tornato ad avere un tono gioioso ma composto, più calmo.
“Vi conoscete?” chiese Àlfar con educata curiosità.
“Ne abbiamo passate parecchie insieme…” A questa risposta Taliesin sorrise e Shervaar continuò “...e diciamo che non sempre è stata una passeggiata...” concluse lasciando sfumare la voce: quale sorta di epopee avessero vissuto era affare loro e, da nuovo arrivato, Àlfar non volle forzare la mano o essere scortese. Quale che sia la loro storia, sta a loro volermene mettere a parte. Sembrano simpatici e non ho intenzione di dare loro motivo per dubitare di me o allontanarmi. Con questo proposito, si limitò a tendere la mano verso Taliesin. “Io sono Àlfar, piacere”
“Taliesin” rispose il terzo con un cenno del capo.
Shervaar richiamò l’attenzione dell’amico indicando la bambina che, nel frattempo, si era corsa a nascondere dietro le gambe del bardo. “Vedo che sei i compagnia, spero di non avertela spaventata.” Disse rivolgendo un sorriso sincero alla bambina, che scosse il capo.
“Lys.”
“Piacere Lys. Io sono Shervaar e...” al fischio del padrone, il falco scese appollaiandosi sul suo braccio, disteso verso la bimba “...lui invece è Bloodwing.” La bambina si ritirò leggermente, a metà tra la curiosità e lo spavento.

Proprio allora suonò il corno dell’adunata e il comandante della spedizione, Jevanni, fece il suo discorso.

Ma è sempre stato lì? Da quanto è arrivato?

Le parole del cavaliere erano dirette e limpide, non un’ombra di esitazione le incrinava. Spiegò brevemente il motivo della spedizione, l’obbiettivo per cui tutti erano pronti a dare battaglia. Con il capo alto e fiero parlava, illuminato dalla luce del Sole.

“Oggi noi andiamo a dar luce anche al nostro Eden. Una luce forte più del Sole, per squarciare le Ombre più cupe."

E fu allora che l’ombra enorme di un leone si stagliò alle spalle del condottiero, quasi pronto a balzare in avanti. Molti dei guerrieri e volontari nelle prime file ne furono particolarmente stupiti, quasi atterriti.
Poi la bestia nera alzò il volto al sole e scatenò il suo roboante ruggito, forte come una frana in un passaggio stretto. Dopo aver tuonato per l’ultima volta contro il sole, il leone si dissolse e il fragore della folla si sostituì con entusiasmo alla belva.

Vennero dismessi tutti e furono completati i preparativi per la partenza. Furono scambiate le ultime battute, lucidate e affilate le armi, qualcuno addirittura pregò. Poi fu il momento di partire.

Al comando “avanti”, il gruppo si mosse all’unisono e la terrà tremò sotto i suo ritmo cadenzato.

 
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Shervaar
view post Posted on 16/9/2013, 15:53





Caos, maledetto Caos.

Creature di ogni tipo erano impegnate in un vorticoso e febbricitante prepararsi per la spedizione, chi affilando le armi, chi urlando a gran voce qualsiasi cosa. Non c’era neanche troppa gente in realtà, ma Shervaar non si era mai trovato a suo agio tra la folla. Si sbrigò ad uscire dalla passerella che lo aveva riportato al mondo, spostandosi sulle rive del Gorgo e cercando di evitare il cuore della bolgia, diretto incuriosito lì dove a breve ci sarebbe dovuto essere il discorso di un certo Jevanni. Il suo viaggio però durò molto meno del previsto. L’elfo incappò in un magnifico cervo bianco, anche se ciò che più lo colpì era il tipo che lo stava accarezzando. Vestiva pelli e pellicce, indossava un’armatura di ossa e sul capo portava la testa di un lupo, abilmente riadattata a mo di elmo. Una ragnatela di tatuaggi dai toni smeraldini si intravedeva sotto l’armatura, tatuaggi che l’elfo non face difficoltà a paragonare con i propri. Si avvicinò allora incuriosito al tipo e al suo animale, sentiva di condividere sicuramente molto più che con chiunque altro lì, e ne approfittò per staccarsi dalla calca.

<< A quanto pare non sono l'unico a non amare il caos di questo posto. >> esordì.
<< Direi di no. Mi sembra asfissiante lì dentro...tutti accalcati...andiamo in guerra, mica a un concerto! >> rispose bonariamente l’altro, anche se involontariamente le sue parole turbarono un pelo l’elfo. Questo infatti aveva deciso di prendere parte alla spedizione per dimostrare a se stesso che quanto si aveva deciso per se e il suo clan non erano solo vuote promesse, ma mai prima di quel momento si era ritrovato a considerare questa sua nuova missione una guerra, una parola tanto breve quanto terribile.
<< Guerra... >> bisbiglio pensieroso <<...non la consideravo tale, ma forse hai ragione. Piacere comunque, Shervaar. Lui invece...è Bloodwing. >> concluse scacciando pensieri nefasti. Tirò un acuto fischio prima di nominare il falco, porgendo al solito il proprio bracciale per accoglierlo.
<< Piacere, Àlfar. >> gli rispose con un sorriso << ...Questo è Beelär. >>
Shervaar si soffermo un secondo sull’animale, notando sul suo candido pelo delle striature argentee che prima gli erano sfuggite. Un animale fantastico si disse, che non fece che aumentare la simpatia che l’elfo provava per il suo padrone. Si chiese cosa ci facesse una persona del genere in quel luogo, sembrava un pezzo di foresta lanciato in mezzo agli uomini, molto più di quanto non lo fosse lo sciamano stesso.
<< Se qui non ci fossi anche io stenterei a credere che persone così poco avvezze a questa calca siano finite in una bolgia simile. Posso chiederti, se la cosa no ti disturba, perché sei qui? Per quel che mi riguarda già una volta mi ho lavorato per Sorya, e se la missione dei Leoni è quella di ripulire queste terre allora non esiterò a farlo nuovamente. A lungo ho vagabondato senza obbiettivi ne metà. Ma è finito il tempo del solitario vagabondare, il mondo è in fermento, ed è tempo di prendere attivamente parte al suo evolversi. >> confessò Shervaar, parlando forse più a se stesso che all’altro.
<< Io ho fatto voto a me e al Gorgo di servire il Sorya. Ho saputo che i Leoni avrebbero condotto questa missione e ho pensato che, aggregandomi, avrei potuto avvicinarmi a coloro cui mi sono votato. >>

Sempre sorpreso di come il misterioso Sorya era capace di strascinare al suo seguito ogni sorta di creatura l’elfo rispose. << Che gli spiriti ti guidino e ti proteggano nella tua missione allora. >>
<< Oh, io ho il mio.>>
<< Tu hai cos…>> L’elfo non fece in tempo a concludere il pensiero dal momento il corpo di Àlfar venne circondato di fiamme, all’estinguersi delle quali questo assomigliava ancor di più ad un animale, piuttosto che un persona. La sua armatura letteralmente si fuse il suo corpo, grosse corna gli sputarono in testa e i tatuaggi, prima innocui, ora iniziarono a spendere di un forte colore blu.
<< Ùlfer. Piacere. >>
<< Piacere... >>
Affascinato, stupito, Shervaar rispose mormorando. Il contatto con gli spiriti, elemento fondamentale che fa tale uno sciamano, era un qualcosa che l’elfo aveva non aveva mai approfondito così come aveva deciso di fare con il dominio degli elementi. Vedere un tale perfetto esempio di comunione tra Àlfar e Ùlfer lo lasciò di stucco, e lo stare al cospetto di uno spirito completamente manifestato lo lasciò in un misto di contemplazione e riverenza.
<< Che resti tra noi. >> gli disse riguadagnando la sua normale forma, per quanto una pelle rossiccia fosse normale, e abbozzando un cenno di silenzio.
Ora l’elfo capiva perché inspiegabilmente si sentiva così vicino ad Àlfar nonostante lo avesse appena conosciuto. I due condividevano un qualcosa che pochi altri potevano anche solo immaginare. Un qualcosa che senza dubbia li rendeva le persone che erano, nel corpo e nella mente.
<< Sarà un segreto tra Sciamani… >> rispose Shervaar, lasciò che il falco prendesse il volo e scoprì il proprio tatuaggio, anch’esso segno del proprio legame con il mondo degli spiriti <<…non preoccuparti, rimarrà tra noi. >> concluse con un sorriso. Allora portò una mano davanti al petto lasciando che il Fulmine si liberasse, per un volta innocuo. Quella era la via che Shervaar aveva scelto di seguire e nonostante la meraviglia per le gesta di Àlfar l’elfo mai l’avrebbe abbandonata.
<< Anche tu Sciamano? Allora doppiamente piacere mio di conoscerti. >> gli fece eco, mentre Shervaar rispose con un semplice cenno del capo.
Il vociare alle loro spalle allora si fece insistente, strappando io due dal loro mondo fatto di spiriti ed elementi e ricordandogli perché erano lì. << Pare che la in mezzo ci sia qualcuno che fa scalpore, andiamo a vedere? >>
<< Ti seguo, a breve Jevanni dovrebbe iniziare il suo discorso e non mi dispiacerebbe ascoltarlo. Andiamo. >>

Si spostarono verso il centro della radura, quando l’elfo colse un brandello di discorso tra due soldati. Una strana coppia avevano detto, una bambina ed un bardo, sicuramente un po’ fuori luogo per una spedizione militare. Un’idea improbabile balenò nella mente dell’elfo, che però non riuscì a resistere alla tentazione di indagare. Si rivolse al compagno invitando a seguirlo e insieme si avventurarono tra la calca per levarsi la curiosità.
Lo trovò accovacciato di fronte ad una bambina, innaturalmente pallida penso l’elfo, e nel rincontrarlo Shervaar si domando quante altre sorprese la giornata gli avesse riservato.
<< Taliesin! Allora le voci erano vere. Bentrovato. >>
<< Erano vere eccome. Sono tornato. >> gli rispose, fermandosi un istante a fissare il vuoto, come perso nei propri ricordi.
Shervaar decise di ignorare la nota di dolore colta nella voce del ragazzo rossiccio, evidentemente deciso a tener da parte i propri demoni. << Ovunque tu sia stato amico mio e bello rivederti qui tutti intero. Ti presento Àlfar, sarà dai nostri. >>
<< Vi conoscete? >> domando lui sorpreso.
<< Ne abbiamo passate parecchie insieme... >> replicò Shervaar << ...e diciamo che non sempre è stata una passeggiata... >>
La risposta dell’elfo strappo un sorriso al bardo e lasciò intendere che dietro quelle parole vi era molto più che una chiacchierata intorno ad un falò, ma nessuno per fortuna domando dettagli. Taliesin e Àlfar si presentarono, mentre la curiosità dell’elfo si spostò sulla bambina, sin’ora rimasta muta e a prima vista un po’ spaventata. Sapeva che l’innocua apparenza del bardo stesso era ingannatrice, ma proprio non riusciva a capacitarsi cosa ci facesse ella lì. << Vedo che sei i compagnia, spero di non avertela spaventata. >> disse allora, sorridendo verso la bambina.
Questa scosse il capo, pronunciando timida il proprio nome.
<< Lys. >>
<< Piacere Lys. Io sono Shervaar e...lui invece è Bloodwing. >>
Al solito fischiò per chiamare il proprio compagno e lo accolse con un braccio teso. Si accovacciò quindi di fronte alla bambina, come il bardo poco prima, e portando il braccio parallelo al petto mostro a Lys l’animale. Difficile dire come ella reagì, combattuta in un misto di stupore e paura.
<< Tranquilla che non... >> provo a rassicurarla l’elfo, ma il profondo ruggito di un corno invase la piane, portando il silenzio tra gli astanti, preannunciando l’atteso discorso.


CS: 1 x Intuito

Danni fisici subiti: (0/16)

Danni mentali subiti: (0/16)

Energia rimanente: 100

Abilità passive:
Empatia Animale - Bloodwing: Permette l'utilizzo del proprio compagno animale all'interno del combattimento, indipendentemente dal suo scopo.
[Razziale]

Furia del Fulmine: Permette di lanciare piccole saette con un secco gesto della mano e con la valenza di un colpo fisico non tecnica.
[Dominio I]

Residuo elementale: I colpi fisici corpo a corpo non tecnica di Shervaar sono infusi dell’elemento corrispondente alla natura dell’ultima tecnica utilizzata.
[Personale]

Tecniche usate:
Note: Tutto come da copione.
Scusate per il wallpost, colpa di Volk che mi ha riempito di spunti, quindi spero che nel complesso la lettura non stucchi.
Saltata tutta la parte del disco per motivi pratici.
 
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view post Posted on 16/9/2013, 17:41
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Cardine
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Capo chino e occhi per terra, attendevo. Il sapore amaro delle lacrime mi riempiva ancora la bocca, anche se i sottili raggi del sole mattutino le avevano già asciugate dal mio volto. Un gusto familiare, ma disgustoso nella sua semplicità – una silente punizione che ero ben disposto a sopportare, dopo tutto ciò che avevo passato. Il Rimorso, nemico silenzioso e sleale, era stato l’unico a tenermi compagnia in quei giorni: lunghe ore passate a far musica per lui, pizzicando le corde del liuto, ogni nota un nuovo dolore. Dovevano piacergli molto, perché non si stufò tanto in fretta delle melodie lamentose e oscure che riuscivo a improvvisare. Le mie dita si arrampicavano con ostinatezza attraverso scale minori, armonie improbabili e abbinamenti rischiosi, e così fecero a lungo. Suonavo con rabbia per scacciare i ricordi, suonavo con tristezza perché non volevo separarmene del tutto.
Poi il suo nome arrivò alle mie orecchie, in modo assai fortuito: Jevanni Glacendrangh, l’uomo con una storia. Lo avevo incontrato tempo prima, quando Alexandra aveva infervorato il Clan con il suo discorso, e avevo scambiato con egli alcune parole, senza sapere esattamente con chi parlassi. Avrebbe condotto una spedizione per conto dei Leoni, e in un istante ricordai per quale motivo ero giunto lì. Il mio buonsenso. Lo stesso che mi costrinse ad asciugarmi le lacrime e ricominciare a mangiare dopo giorni di digiuno, in vista di ciò che sarebbe accaduto di lì a poco: una dolce e imminente vendetta.


Ero in piedi, in mezzo alla folla davanti al gorgo, e alla passerella che conduceva all’interno di esso; fissavo mestamente le montagne dipinte della luce dell’alba, chiara e smorta, che riempiva le vallate e accarezzava le cime innevate. Molte persone mi giravano attorno, e io non ci facevo nemmeno caso. Quella radura scatenava in me emozioni differenti: era il luogo dove avevo incontrato Lanhai e la regina, mentre al mio fianco, silenziosa, c'era lei. La mia immaginazione si allontanò da quel posto, volando verso l'Erydlyss e Huysmer, e faticai a tenerla a bada; si sarebbe persa ancora più in là, facendomi affondare in un oceano di angoscia, se un bagliore non mi avesse riportato nel mondo reale. Deglutii, scongiurando il sapore di quelle reminiscenze, e strabuzzai gli occhi. Incrociai lo sguardo di una bimba, una perla luminosa nell’oscurità: i suoi lunghi capelli erano chiari quasi quanto il latte, e i suoi occhi erano grandi e azzurri come specchi d’acqua. Mi ricordavo di quel volto, lo stesso notato per un paio di volte alcuni mesi prima, nascosto nell’ultima fila di spettatori di una qualche locanda. La vidi come sussultare, quando capì che mi ero accorto di lei: innocente e sola tra la piccola folla, sembrava niente di meno che un cerbiatto indifeso tra le ombre della foresta.
Per la prima volta dopo molto tempo sorrisi, quasi come se il solo vederla mi riempisse di pace. Mi sfregai il volto con una mano, come a sciacquare via la maschera di malinconia che lo aveva avvolto, e a lunghi passi mi avvicinai a lei.


« Madame » Incominciai, una volta dinnanzi a lei. Mi inginocchiai, arrivando all’altezza delle sue spalle e simulando intanto un buffo inchino: ero abituato a parlare con i bambini, anche se lei non dimostrava meno di una dozzina d'anni. « Cosa ci fa qui una gentil donzella come voi? » Ricambiò con uno sguardo stralunato. Ripresi, col tono più dolce e gentile che conoscessi. « Sai, non ho mai conosciuto di persona una figlia della luna. Ho solo sentito alcune incantevoli leggende. » La mia mente si perse in alcune storie, spesso tristi e drammatiche: perseguitati per la pelle e i capelli chiari, come quelli degli spiriti. Lei assunse uno sguardo dubbioso. « ...da me li prendono a sassate. » ribatté.
In difficoltà, aggrottai le sopracciglia. Avevo appena fatto un passo falso, e mai una fanciulla mi aveva messo così in imbarazzo. « Qui al Sorya nessuno oserà farlo, non temere. » Mi ricomposi, sfoggiando un altro sorriso. Un istante di silenzio, in cui mi immersi nell’azzurro delle sue iridi. « Mi... mi piacerebbe comunque ascoltale, quelle leggende. » Non sostenne il mio sguardo, e girò di lato la testa. « Racconti bene. » In un’altra situazione mi sarei messo a ridere, ma in quel caso sarebbe stato chiedere troppo. Mi limitai ad un cenno di gratitudine. « Sono abituato a raccontarle, lo faccio da una vita » Bei ricordi tornarono a galla, dopo essere rimasti costretti al fondo per molti giorni, nascosti dagli incubi. « Il mio nome è
« Taliesin! Allora le voci erano vere. Bentrovato. » Mi interruppe una voce alle mie spalle. La riconobbi senza difficoltà: Shervaar. Mi domandai di quali voci parlasse, non prendendo nemmeno in considerazione l’idea che qualcuno, nel Clan, si fosse accorto della mia lunga assenza. Mi rialzai in piedi, schiarendomi la voce e assumendo il solito timbro. « Erano vere eccome. Sono tornato. » risposi, non cercando nemmeno di mascherare il turbamento nelle mie parole. « Ovunque tu sia stato amico mio e bello rivederti qui tutti intero. Ti presento Àlfar, sarà dai nostri. » Ammirai il suo ottimismo, trovandolo quasi eccessivo e fastidioso. Parlava al plurale, quando io ero lì solo per me stesso. « Vi conoscete? » Cominciò lui, nascosto sotto una particolarissima armatura di cuoio, ossa e pelliccia. Era un individuo particolarmente inquietante, ma non sembrava avere cattive intenzioni. « Ne abbiamo passate parecchie insieme... » rispose lo sciamano. Mi limitai a sorridere e annuire. « ...e diciamo che non sempre è stata una passeggiata... » Quanto aveva ragione!
« Io sono Àlfar, piacere. » Mi tese la mano. Io ricambiai il gesto, e chinai il capo rispettosamente. « Taliesin. » Mi limitai a rispondere. « Vedo che sei in compagnia, spero di non avertela spaventata. » La ragazzina, leggermente intimorita, agitò il capo. « Lys. » « Piacere Lys. Io sono Shervaar e... lui invece è Bloodwing. » Il falco di Shervaar si appollaiò sul suo braccio. Lys fece qualche passo indietro. « Tranquilla che non


Il poderoso fragore di un corno per poco non mi assordò. Tutti ci girammo verso la passerella di pietra bianca, dove un uomo dai capelli bianchi cominciò il suo discorso. Proprio ciò che stavo aspettando: ascoltai in silenzio e con serietà ogni sua parola. « A me, Leoni. » Esordì. « Il villaggio di Pietradisole è la nostra destinazione. Partiamo alla ricerca dell'omonima Pietra, che stando a quanto ci è stato riferito è un talismano di sorta capace di schermare dalle Ombre. La comunità non è mai stata attaccata, né toccata dalla minaccia degli Aneliti di Tùrmarsh. » Parlò con sicurezza, dando la giusta importanza alle parole. Continuai ad ascoltare, sempre più curioso. « È nostro dovere giungere e scoprire cosa è, nell'interesse dei nostri cari che vivono nel terrore. Il terrore che nella notte giunga una calamità e spazzi via la nostra casa, i nostri sogni, il nostro vero e proprio futuro. » Mi si rivoltò lo stomaco, mentre cercavo di tenere a bada dolorosissime memorie. L'avevo persa quel giorno in cui ero stato capace soltanto di scappare, sulla scogliera che sovrastava il lago... Quello era stato l'istante che aveva rovinato ogni cosa. « La nostra tana è stata invasa da mostri di ogni sorta, ma noi siamo ancora qui. La Regina è ancora qui. » Rimasi in silenzio, mentre l’euforia dilagava. « Permetteremo all'Eden di soccombere? » Riprese Jevanni, e una voce squillante e femminile gli rispose. « L'Eden è nostro! » Cori di giubilo seguirono il suo urlo. Cosa potevano saperne loro del terrore? Mi innervosii.
Il guerriero alzò le mani, zittendo tutti quanti. « Oggi noi andiamo a dar luce anche al nostro Eden. Una luce forte più del Sole, per squarciare le Ombre più cupe. » Dietro di lui prese forma una creatura, generatasi dall'oscurità: un gigantesco leone, dal quale tutti gli spettatori si ritrassero. Un ruggito, più forte quasi del corno, si levò al cielo; dopo di esso la bestia si dissolse. Rimasi tanto stupefatto quanto turbato, dopo quella teatrale dimostrazione. « Presto ci metteremo in marcia. »


Presi fiato e mi voltai. Con una smorfia evitai che altre lacrime mi rigassero il volto, e non feci altro che chiudermi nel mio meraviglioso mantello rosso. Ci aspettava una lunga marcia, durante la quale sarei rimasto sempre al fianco della piccola Lys, che con la sola sua presenza pareva in grado di scacciare le numeroso ombre che mi attanagliavano.
 
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~Cielo
view post Posted on 16/9/2013, 19:44





È quasi strano il sole. Come quelle cose che quasi si scordano e a ritrovarle, poi, sembrano un po’ familiari un po’ estranee. Era sicura che quel ventre di roccia l’avrebbe inghiottita e quel pensiero non era neppure troppo inquietante – ché all’ombra di Velta in fondo può dirsi quasi serena, e forse è per questo che non è mai risalita, neanche a cercare il sole. Ché in quel crepuscolo perenne gli incubi sussurrano, sì, ma non c’è nessuno ad affondarle dentro, niente male, niente nausea, solo Sepsaris – e a volte, nel sonno, lei osa persino rannicchiarsi contro il calore della donna.
Sfoglia le pagine di una memoria sbiadita, riconosce il tepore sulla pelle. Ripiegato su un braccio, il mantello le ricorda quanto il sole possa essere feroce, ma la carezza dei raggi è troppo invitante per coprirsi. Solleva il viso, socchiude gli occhi alla luce. Prima guardava la radura brulicare, visi a volte già intravisti, una cappa rossa familiare, ora guarda i corvi in cielo e si dice che dall’alto devono sembrare tutti insetti. Larve riemerse dal sottosuolo, perse in mezzo a una selva troppo scura.
Riabbassa il viso, ché certi pensieri non sono né utili né rassicuranti, ed è meglio tornare a stupirsi per il sole, il tepore, i colori così nitidi nella luce. Coglie ancora un guizzo rosso tra la folla, quando un uomo al suo fianco si volta un istante. L’uomo torna a coprirlo e lei si sposta di un passo per continuare a vederlo, senza altro motivo se non che le piace, quel colore un po’ familiare un po’ estraneo – quel colore già scorto tempo prima nella penombra, mentre ascoltava da lontano musica e racconti. Si avvicina di più, distingue il liuto portato sulla schiena, distoglie lo sguardo. Pensava se ne fosse andato, non si aspettava certo di ritrovarlo in circostanze simili; ma se c’è una bambina, perché non un bardo? Forse anche lui vuole capire qualcosa del clan, dell’Eden brulicante di incubi.
Incespica di nuovo nell’inquietudine di un pensiero sbagliato. Sono perle nere, quelle che si inanellano sul filo della mente, e allora lei sceglie di rincorrere un altro colore: torna a guardare il mantello rosso, si appressa ancora per scorgere il viso del bardo. Ne incrocia lo sguardo e abbassa il proprio con un sussulto, intimidita – voleva solo osservarlo, come curiosità e distrazione, non essere notata. Quando gli getta un’altra occhiata, si è fatto più vicino e sorridente.
«Madame.» s’inginocchia, abbozzando un inchino. Lys si trova a guardarlo dall’alto, perché il bardo s’è abbassato come si fa con i bambini, ma lei non è più così piccola. «Cosa ci fa qui una gentil donzella come voi?»
«...»
Schiude le labbra, cercando una risposta che non trova. Quelle parole forse sono solo un modo per schernirla – un’altra di quelle cose che si fanno con i bambini, quando ancora non riescono a distinguere l’ironia. Di nuovo, non è più così piccola.
Sta quasi pensando di accennare una risata, ma il giovane sorride ancora e torna a parlare.
«Sai, non ho mai conosciuto di persona una figlia della luna. Ho solo sentito alcune incantevoli leggende.»
La ragazzina corruga appena la fronte. Lo sguardo si abbassa un istante ad incontrare le mani candide, si risolleva ancora accigliato. Figlia della luna – è un bel modo per definire il Male Bianco, per addolcirlo e ammorbidirlo. Le parole che potrebbe usare un bardo. Incantevoli, quello... anche quello è un termine adatto ad un racconto, alle menzogne di un cantastorie. Di leggende sul Male Bianco ne ha sentite tante, ma in poche sono state rassicuranti, e ancor meno rassicuranti sono certi ricordi che si affacciano di notte.
«...da me li prendono a sassate.»
L’espressione del giovane muta, le sopracciglia si aggrottano. Lys guarda le sue labbra perdere il sorriso e si sente un po’ in colpa, ché quella frase avrebbe potuto evitarla – ché se più volte ha cercato la cappa rossa del bardo per udirne le storie, significa che le interessano anche le sue menzogne.
«Qui al Sorya nessuno oserà farlo, non temere.»
«Mi... mi piacerebbe comunque ascoltale, quelle leggende.» distoglie lo sguardo, a disagio «Racconti bene.»
«Sono abituato a raccontarle, lo faccio da una vita. Il mio nome è-»
«Taliesin! Allora le voci erano vere. Bentrovato.»
Arretra appena, sussultando per l’esclamazione improvvisa. Fissa i due sconosciuti ad occhi sgranati. Con che individui si accompagna il bardo? L’elfo non ha un aspetto anomalo, ma l’altro... segue con lo sguardo le sue vesti – cuoio, ossa e pelliccia. Si chiede se non siano pesanti o scomode, e se quell’uomo non sia... be’, forse folle no, ma particolare deve esserlo di certo.
«Erano vere eccome. Sono tornato.»
Capta una nota di malinconia in quelle parole. Con la coda dell’occhio nota che il bardo si è alzato in piedi, ma non riesce a cogliere null’altro per soddisfare la curiosità.
«Ovunque tu sia stato amico mio e bello rivederti qui tutti intero. Ti presento Àlfar, sarà dei nostri.»
«Vi conoscete?
«Ne abbiamo passate parecchie insieme... e diciamo che non sempre è stata una passeggiata...»
Getta un’altra occhiata al bardo, alla ricerca di qualche reazione. Ottiene solo di scorgere un sorriso e la sua curiosità si desta ancora, solleticata da quei vaghi accenni. Ciò che segue, però, sono solo banali presentazioni – prevedibile, in fondo.
«Vedo che sei in compagnia, spero di non avertela spaventata.»
Scuote il capo. Forse l’altro estraneo è un po’ inquietante, nella sua macabra armatura, ma le sembra meglio non renderlo noto.
«Lys.»
«Piacere Lys. Io sono Shervaar e... » ad un fischio, un falco cala a posarsi sul suo braccio teso «lui invece è Bloodwing.»
Lei arretra d’istinto, quando l’elfo si accovaccia per mostrarglielo – non ama quegli animali. Non è ben sicura se non li ami perché non ama Akos, o se invece sia il contrario: è difficile stabilire l’ordine, perché nei suoi ricordi figura sempre un falco con cui contendersi le attenzioni di Einar. Akos, in ogni caso, ha ben chiarito quanto quelle bestie siano socievoli e pacifiche – e il suo becco deve averle lasciato un paio di cicatrici.
«Tranquilla che non-»

Il richiamo assordante di un corno vibra nella radura. Le voci ammutoliscono, gli occhi si dirigono verso la fonte del suono.
«A me, Leoni.»
E vibrano parole. Un uomo svetta su di loro, guardandoli dall’alto.
«Il villaggio di Pietradisole è la nostra destinazione. Partiamo alla ricerca dell'omonima Pietra, che stando a quanto ci è stato riferito è un talismano di sorta capace di schermare dalle Ombre. La comunità non è mai stata attaccata, né toccata dalla minaccia degli Aneliti di Tùrmarsh.»
Lei chiude gli occhi. Coglie mormorii attorno a sé, ma non cerca di comprenderli – c’è solo una parola che riecheggia nella sua testa, mentre la mente sdrucciola lungo il crinale dei ricordi sbagliati. Aneliti. Più di Einar, più di promesse e propositi e ideali, è quella parola ad artigliarle le viscere. Aneliti.
«È nostro dovere giungere e scoprire cosa è, nell'interesse dei nostri cari che vivono nel terrore. Il terrore che nella notte giunga una calamità e spazzi via la nostra casa, i nostri sogni, il nostro vero e proprio futuro.»
Aneliti. E c’erano pietre bianche ai bordi dei sentieri, come se servissero a proteggersi davvero; e c’era la luce che filtrava tra gli alberi, e le Ombre che facevano tremare. Aneliti. Aneliti.
«La nostra tana è stata invasa da mostri di ogni sorta, ma noi siamo ancora qui. La Regina è ancora qui. Permetteremo all'Eden di soccombere?»
I mormorii mutano in grida, vibrano nella radura come sono vibrati il corno e il discorso. La folla urla e lei si trova quasi assordata, aliena a quell’esplosione di voci che la investe, non capisce, non capisce perché si lascino trascinare così, inneggiano alla Regina che in fondo è solo una persona... e mentre ancora le grida si alzano, oltre le sue palpebre chiuse, lei pensa che forse la Regina è un po’ come Einar – un motivo. Un simbolo. Le viene un po’ da ridere, non sa perché, ma si morde le labbra per impedirselo.
«Oggi noi andiamo a dar luce anche al nostro Eden. Una luce forte più del Sole, per squarciare le Ombre più cupe.»
Un ruggito. Riapre gli occhi in tempo per vedere un leone nero dissolversi nell’aria, tra le urla che ancora si alzano nella radura.
«Presto ci metteremo in marcia.»
Aneliti, ripete ancora tra sé, e di nuovo quasi ride. Perché non è Einar, non è la Regina, è solo... solo lei, per una volta, lei a voler capire. Io si dice. Io.

È quasi strano il sole che le accarezza il viso. È quasi strano anche dirsi io, io, io, è un po’ estraneo un po’ familiare, e scopre che le piace.

 
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view post Posted on 17/9/2013, 19:45
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Passarono due giorni da quel mattino. Gli uomini non si erano lamentati, anche se col passare del tempo il loro fervore iniziale era svanito. Non che potesse biasimarli, date le circostanze, ma la cosa non lo rassicurò comunque.
« Le parole sono carta di pergamena nelle fiamme » replicò Seyrleen quando lui le confidò il timore.
« serve qualcosa di più consistente per tenere acceso il falò. » Lui aveva chiesto cosa, ma lei si era limitata a scrollare le spalle e mollò lì l'argomento. Ci sono cose che bisogna scoprire da sé, parve dire con quel silenzio.

Fu nel meriggio del terzo giorno che incontrarono il vecchio Gabriel durante una delle sue passeggiate.

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Gabriel lo sentiva nel tempo quando qualcosa non andava per il verso giusto. Non sapeva come spiegarlo: semplicemente sapeva quando stava per succedere qualcosa che non gli sarebbe piaciuto. La metà falange del mignolo sinistro prudeva e sentiva il bisogno improvviso di bere un sorso d'acqua. Alle volte raccontava che quel nuovo sesto senso fosse solo una sua stupida invenzione per dar pepe alla sua storia: aveva incontrato il demone-lupo, l'aveva affrontato a mani nude ed entrambi ne erano usciti fuori moribondi. A quel punto il demone per aver salva la vita aveva proposto uno scambio: metà mignolo in cambio di un frammento del suo potere, e poi ognuno sarebbe tornato sui suoi passi.

Ovviamente tutti a Pietradisole sapevano che non era andata affatto così: Gabriel era sfuggito a malapena dal lupo che l'aveva imboscato durante le sue maledette passeggiate, e non appena tornato nel villaggio la pietra era tornato a proteggerlo. La pietra proteggeva sempre tutti a Pietradisole, anche quando non se lo meritavano.

Il fatto era che, alle volte, Gabriel si fidava di quel fastidio. Nel vedere quella moltitudine di uomini, chi a cavallo e chi a piedi ma soprattutto armati, l'ex-carpentiere seppe che quella doveva essere una di quelle volte. I suoi giorni da mastro carpentiere erano finiti dalla perdita del mignolo, e il bastone nodoso avrebbe certamente potuto beneficiare di una lavorazione meno grezza; ma l'apprendista nuovo era una frana, aye, e nessuna pietra avrebbe mai cambiato quello. Ci sono cose che bisogna accettare, e quella era una sacrosanta verità se mai ce ne fosse stata una.

Il primo a scendere da cavallo aveva i capelli bianchi, ma non sembrava vecchio. Resistette all'impulso di grattarsi il dito-che-non-c'era e strinse il pugno. Gli occhi si assottigliarono, sia per il sole tiepido reso accecante dalle nuvole che per squadrare in un cipiglio diffidente lo straniero. Quest'ultimo fece per avvicinarglisi, seguito da una nuova figura. Una donna dai capelli vermigli e grigio cenere era scesa velocemente dal suo cavallo e lo trattenne per una spalla, mormorando qualcosa di inudibile al suo orecchio. I lineamenti del viso femminile rispecchiavano quelli del fu-carpentiere, nell'esprimere sfiducia nei confronti di quello che -per loro stavolta- era lo straniero. Per di suo, il vecchio di Pietradisole si limitò a sputare il catarro alla propria sinistra, nell'erba che ammantava i terreni collinosi sulla quale si ergeva il villaggio. Era un'elfa. Che i demoni se li portassero negli inferi, gli elfi e le loro miserabili vite. L'Eden ne aveva troppi di quei bastardi.

Quando ella finì di parlare, però, l'uomo dai capelli bianchi scosse il capo.

----

« Non subito » disse in maniera che solo lei riuscisse a sentirlo. « Lascia fare a me. » L'idea di presentarsi come soldati della Regina, in quel luogo dimenticato dagli dei e forse dalla stessa Alexandra prima che qualcuno glielo ricordasse, non lo convinceva del tutto - e quello era sicuramente cosa lei avrebbe fatto. L'esercito era fin troppo spalmato per essere una presenza degna di nota, soprattutto per piccoli villaggi come quello. Se avessero persino saputo chi fosse la Lady, Jevanni si sarebbe confessato sorpreso. E anche in quel caso, la sua autorità non doveva valere granché. Le diede una pacca gentile sulla spalla e tornò ad avvicinarsi all'uomo col bastone. Sollevò la mano in un gesto di saluto, ma l'altro non rispose. Se possibile, sembrò ritrarsi pur senza muovere un muscolo. Si schiarì la gola, tentando di nuovo.

« Salute a voi. »
E di nuovo, il gelo della brezza di vento che spirava in quelle terre parve quasi tiepida in confronto al silenzio dell'altro.

« È Pietradisole, quella lassù? » chiese indicando l'edificio che svettava sulla sommità della collina che stavano scalando lentamente, coronato da diverse casupole chiuse a cintura come a proteggerlo. All'apparenza sembrava non troppo grande, forse poco più di un paio centinaio di abitanti a giudicare dall'estensione. Non che la sua capacità di giudizio in tal merito fosse meritevole. L'altro finalmente si costrinse a rispondere. « ...sì, forestiero. È Pietradisole. Ma tu non sei di Pietradisole. » Jevanni annuì e si avvicinò ancora, fermandosi solo quando l'altro arretrò di un passo. A quel punto sorrise e tese la mano. « Corretto. Sono Jevanni Glacendrangh, messere. Io e i miei uomini siamo alla ricerca di qualcosa. » Controvoglia, l'altro gliela strinse. Non ricambiò però il sorriso, nemmeno con gli occhi scuri. « Non troverete nulla a Pietradisole, noi vogliamo solo essere lasciati in pace. Non c'è nulla che abbia valore qui. » Ebbe come l'impressione di udire Seyrleen sbuffare da lontano, ma non ne fu sicuro. « Abbiamo marciato a lungo, ma non è in Pietradisole che cerchiamo - vogliamo solo riposare i nostri piedi nel vostro villaggio, se vi compiace. Girano voci che questo posto sia riparato dalle sventure che l'Eden ci serba. » Lo sguardo dell'uomo col bastone parve urlare "E così è giusto che sia, pivello", cosa che in una qualche misura lo rassicurò. Erano sulla via giusta.

« Gli stranieri ci hanno fatto torti imperdonabili in passato » disse, il tono leggermente meno stentoreo rispetto a prima. « Come ho detto, non troverete nulla qui. » Fece per voltarsi e ripercorrere la grande strada che scalava la collina e portava dritto al villaggio, ma lo spadaccino non demordette. « Non siamo banditi, buon uomo, e ve lo posso garantire. » Il tintinnare dei soldi nel sacco portato alla cintura fece immobilizzare il vecchio, come sperato. « Ricompensiamo per il disturbo. » Gli istanti che seguirono sembrarono ere. L'espressione dell'abitante era così tanto combattuta che non sarebbe stato difficile sentire le voci nella testa che dicevano di fare la cosa opposta dell'altra.
« ...potete restare una notte. Non di più. » Parve ripensarci. « ...solo se il sacerdote Hood dice che è ok. »

----

La locanda di Johannes non era abbastanza grande per tutto il gruppo, così Jevanni si accontentò di far entrare solo una manciata fra loro. C'era un'altra locanda dall'altra parte del villaggio, ma non aveva voglia di dividersi ancora prima di aver impartito gli ordini.

Dentro faceva più caldo rispetto a fuori, anche se poteva essere un effetto dovuto all'essere in tanti al chiuso. Non era tanto grande, rispetto a quelle che aveva visitato, soprattutto per gli standard dell'Eden. Non era fatta per accogliere stranieri - non ce n'era quasi lo spazio. Il boccale di birra sapeva di tutto fuorché birra, ma a quel punto era passata anche la voglia di bere. Lasciò volentieri la sua parte ad un altro della mezza dozzina di uomini che aveva porta con sé dentro oltre a Seyrleen, che era stata incaricata poi di riportare tutto agli altri. Avrebbe avuto bisogno di tutti. Era passata poco meno di un'ora dall'incontro con il vecchio col bastone presentatosi come Gabriel, e sembrava essersi accorto solo in quel momento che il tempo stringeva. Non avevano tempo, in effetti - non da perdere perlomeno.
« La farò breve. La gente come noi » - o non come loro volle aggiungere ma lasciò perdere - « qui non è benvenuta. Ma che loro siano protetti dalle Ombre non è realmente un interrogativo a questo punto. E noi dobbiamo capire cosa, di preciso, ci stanno nascondendo. »
Non gli era piaciuto era squadrato dalle vecchie da dietro tende ammuffite, né la voce delirante della donna vestita di stracci che aveva visto di sfuggita mentre Gabriel li conduceva da Johannes. Johannes era l'oste, cranio pelato e un naso a patata sottolineato da due baffi folti biondi. Dall'alto dei quasi due metri di altezza, mentre ripuliva i bicchieri, ogni tanto cercava di origliare i loro discorsi o sbirciare - non rendendosi conto che Jevanni se n'era accorto. C'era una ragione se aveva tenuto il tono basso.
« Sparpagliatevi. Non date nell'occhio. E non forzate la mano in nessuna maniera, per l'amor del cielo - non voglio spargimenti di sangue o dar loro ragioni per cacciarci a pedate prima della prossima alba. » Un uomo lo interruppe, era quello che aveva vuotato il boccale che l'albino aveva lasciato. « Noi dove si va? » Ma lui scosse il capo senza voltarsi a guardarlo, si alzò. « Tu da nessuna parte Ollie. Tieni pronti i tuoi falchi, dobbiamo dare notizie alla Lady appena possibile. Voialtri controllate ovunque, e rizzate le orecchie. Dobbiamo capire dove si trova la Pietra. Seyrleen, dopo aver riferito agli altri tieni d'occhio quella » aggiunse accennando la ragazza chiamata Lys « Non vorrei che si perdesse. Questo è tutto. Se avete altro da domandare, fate riferimento a Cioccadicenere. Il punto d'incontro è davanti a questa locanda quando cala il sole, e mi aspetto di ricevere notizie da tutti. » Fece per uscire, ma la mano della Neiru si serrò attorno al polso. « Tu dove vai? » Jevanni inarcò un sopracciglio e si liberò gentilmente - sebbene sul suo volto era disegnata un'espressione a metà fra il preoccupato e l'irritato. La sinistra era posata sul pomo di Orizzonte. « A fare la mia parte. Come voi. »

Il locale rimase in silenzio una volta che lo spadaccino uscì. Poco dopo, una tenue nebbia si sollevò.




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ATTO I ~ Il Messia e la voragine nel cielo.

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Prima di passare a ciò che accade in questo turno, una breve nota a Cielo e Hole: al momento della partenza Jevanni non si era reso conto che in questa spedizione ci fossero una ragazzina indifesa e un bardo, persone che non reputa a prima vista (e nemmeno seconda) capaci di cavarsela in combattimento. La cosa non gli va giù non appena se ne accorge, diciamo metà del primo giorno di marcia quando ormai si era troppo lontani dal Sorya, quando durante una breve sosta decide di conoscere un po' meglio le persone con cui avrà a che fare. Segue una situazione parecchio spiacevole che vi vedrà protagonisti, in cui riuscite a convincere solo a malapena Jevanni che non sarete di impiccio in questa spedizione. Per Taliesin, essendo almeno vagamente armato di qualcosa migliore di un pugnale, sarà anche solo leggermente più semplice. Siete liberi di descriverla/ricordarla/farla pesare come meglio credete, anche farvi aiutare da altri per convincerlo; se avete bisogno di aiuto per eventuali dialoghi con Jevanni/Seyrleen per questa cosa, posso darvi una mano in Confronto o per vie private, mentre con gli altri soldati potete essere autoconclusivi.

Passando a ciò che sta in questo turno: siamo arrivati a Pietradisole, anche se l'accoglienza non è molto calorosa - e Jevanni da Gabriel, durante il tragitto alla locanda, non è riuscito a cavar più nulla. Nella locanda ci siete voi, Jevanni (prima che se ne vada), l'oste Johannes, un paio di altri uomini e Seyrleen. Il resto è deserto. Il villaggio, con il vostro ingresso, è diventato silenzioso e quasi totalmente sgombro. Questo è il momento tragico in cui vi rendete conto di cosa sto per dirvi: dovete investigare. E lo sto facendo pure senza darvi mappe in-game, e dato che ci sono ho anche piazzato una sinistra nebbiolina non appena il capospedizione esce scaricando tutte le responsabilità di guida al suo "vice".

Diciamo che adesso sono le tre di pomeriggio, e il sole cala intorno alle sette o otto di sera da quelle parti. Il villaggio è moderatamente piccolo, permettendovi diciamo in quattro ore di percorrerlo da un estremo all'altro - questo, se non fosse costruito su una collina ergo tutto in salita. La locanda si trova, diciamo, più vicino alla periferia del villaggio che non alla sommità della collina. In cima si trova un grande tempio, e il villaggio sembra proprio costruito attorno ad essa in un ampio cerchio. Ci sono diverse strade grande e piccole, molte case, un cimitero non poi tanto distante dalla chiesa ma isolato dal resto del villaggio, un mercato con qualche negozio di ogni genere, un "quartiere" dove la concentrazione di casupole è superiore ed è evidentemente più vecchio, ma non siete necessariamente legati a questi luoghi: se avete altre idee, basta chiedere e proporre. Stupitemi, se ci riuscite. Ovviamente potete dividervi oppure andare in coppie o tutti assieme, l'unica cosa è che Seyrleen ha ricevuto l'incarico di tenere d'occhio Lys. Tutto è concesso.

Detto questo: l'indagine e ciò che scoprirete sarà gestito tramite scambi in Confronto, poi la scadenza per il post di ciascuno sarà decisa nel momento in cui si sarà finito. Prima di far domande rileggete attentamente, perché credo di aver detto più o meno tutto ciò che serviva, anche se ovviamente posso sbagliarmi. Fatevi sentire non appena possibile in Confronto. Nel caso di Shervaar questo vale il doppio, a meno che durante i periodi di pseudoassenza (22-28 se non erro?) non riesca almeno a fare questi minipost.

 
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view post Posted on 1/10/2013, 23:34
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Legenda dialoghi:

"PnG o QM"
Pensieri o dialoghi interiori "Parlato" per Ùlfer
Pensieri o dialoghi interiori "Parlato" per Àlfar
"Dialoghi appartenenti ai ricordi di Àlfar"


Il canto dell'abisso

Preludio;
In marcia!.





Àlfar camminava accanto a Beelär, mentre il resto del gruppo sembrava ciondolare in una melma apatica di corpi tenuti insieme da vaghe emozioni. Dopo due giorni di marcia il morale dei suoi compagni aveva subito un drastico calo: l’entusiasmo iniziale si era esaurito con le prime ore di dura marcia.

Al termine del primo giorno si era venuto a creare un certo trambusto tra il leader e i due tipi che aveva incontrato al briefing prima di partire: il bardo e la bambina… Taliesin…e Lys? ancora adesso i nomi non erano ben chiari, ma contava di impararli presto. Se le cose fossero continuate così, non sarebbe stato difficile ricordarli.

Giunti al terzo giorno di viaggio, verso mezzo giorno, ricevettero l’alt del comandante. La massa di armigeri esausti e sfiduciati si era arrestata di fronte a un tizio. Per vedere meglio, Àlfar salì in groppa al suo candido compagno, per vedere meglio. Da quella posizione poteva vedere meglio degli altri fanti: il comandante del loro gruppo e la sua prima ufficiale discutevano con un vecchio dall’aria semplice, dismessa. Cercò di fissarsi nella mente l’immagine di quel vecchio, ma per il resto non poteva fare molto. Non sentiva nulla della conversazione. Dopo qualche minuto il paesano diede le spalle al condottiero e questi fece segno di muoversi. Àlfar scese dalla groppa di Beelär e riprese la marcia nella massa, nel frattempo i fanti in testa avevano fatto giungere la voce che presto avrebbero raggiunto Pietradisole.

Un villaggio piuttosto spettrale, non doveva essere protetto dagli dei o qualcosa di simile? Rifletteva il giovane Sciamano, mentre il pomeriggio si infittiva e la collina si copriva di un abitato strutturato in veli che discendevano da un punto comune: Il tempio. Ad un primo sguardo, proprio mentre varcavano l’ingresso privo di mura di quel villaggio, si poteva intuire la diffidenza dei cittadini. Le porte chiuse e le finestre oscurate, le strade svuotate in pochi passi. Un ondata di odio sembrò travolgere l’intera carovana e da dentro, come richiamato ad avvisarlo, il ringhio sommesso di Ùlfer giunse ribollente alle tempie del giovane uomo. Gli spiriti tacciono. Gli spiriti soffrono. Nel silenzio. Affogano nella terra. Schiavi! La voce dello spirito si placò lasciando dietro di sé un lungo graffio di rammarico e sospetto. Lui sapeva, Àlfar sapeva, gli spiriti sono vitali per la prosecuzione della vita. Che razza di barbaro deruberebbe la propria terra della forza dei suoi antenati? Si ritengono difesi dalle Ombre, la verità è che vi abitano così dentro da non distinguerle dal resto. Devo trovare il Luogo. Devo capire cosa succede. È il mio dovere. Nella sua testa rimbombava il ricordo degli insegnamenti di sua madre. Tutte le ore spese per riconoscere gli spiriti, ora gli tornavano in mente i racconti sulle luci che splendevano la notte intorno al suo villaggio natio. ”I guerrieri del passato proteggono il confine e rinvigoriscono i cuori dei guerrieri del presente, i Grandi Capi e Sciamani ci guidano…e presto anche io e tuo padre prenderemo il nostro posto nelle Terre Pure. Un giorno anche tu passerai la nostra tradizione ai tuoi figli. Ma il tuo dovere sarà sempre quello di portare nel cuore gli spiriti, difendere il legame tra i due mondi. È un lavoro duro, che spetta solo allo Sciamano: è un grande onore…” gli occhi di sua madre si accesero nel suo ricordo, come succedeva quando gli spiegava le loro tradizioni. Era difficile, per Àlfar, distinguere nettamente le fiabe della buonanotte dai racconti della Tradizione. La voce soave che per anni lo aveva cullato…

Gli ci volle del tempo per rendersi conto che erano arrivati alla locanda di Pietradisole. Una bettola piccola, sudicia e permeata dallo stesso odio che permeava il villaggio al loro ingresso. Si costrinse ad ignorare i gemiti interiori di Ùlfer, che scalpitava per correre a vedere cosa succedeva ai suoi compagni incorporei. Ascoltò con attenzione il discorso del suo comandante e dentro di lui si accese una scintilla quando l’ordine di Jevanni giunse inequivocabile: “Sparpagliatevi. Non date nell'occhio. E non forzate la mano in nessuna maniera, per l'amor del cielo - non voglio spargimenti di sangue o dar loro ragioni per cacciarci a pedate prima della prossima alba.”
Era tutto quello di cui aveva bisogno: la libertà d’azione necessaria.
Prese congedo insieme agli altri e usci dalla locanda. Beelär lo attendeva fuori ed insieme si incamminarono per il villaggio. I segnali erano confusi e la strada in salita rovinava di molto il suo entusiasmo, ma la fatica lo premiò quando giunse nell’unico posto in cui la luce degli spiriti fosse presente. Un campo, incorniciato da un’aiuola curatissima e un muretto grigio, per contro, scrostato e ammuffito. Àlfar si avvicinò con calma al cancello in ferro battuto, lo spinse e un cigolio fastidioso gli porse i suoi saluti. Una nebbia a dir poco spettrale attutì il suono e attraverso essa si potevano scorgere diversi simulacri e sepolcri, i più decorati con una semplice effige lignea e altri con lapidi comunque poco faste. Gli alberi che si intravedevano erano poco curati e la stagione in arrivo aveva già cominciato a decimarne il fogliame, sparso sul terreno in una pioggia umida e morbida.
Fece cenno al cervo bianco di aspettarlo nascosto, non voleva sottoporlo a rischi assurdi ed inutili.

Soffocando un ululato Ùlfer si manifestò in tutta la sua candida magnificenza, ma nemmeno lo Spirito poteva vedere suoi simili. Tutto ciò che animava la scena era una conversazione sommessa tra due voci maschili:

”E me lo vieni a dire adesso che li hai portati qui? Ti è passato per la testa che potrebbero disturbarlo?” era una voce stanca, matura ma non troppo vecchia. Poteva sembrare un padre che rimproveri un figlio per l’ennesima volta. Il figlio in questione aveva un tono decisamente più anziano.
Àlfar tornò nella sua forma umana per evitare di attirare l’attenzione e si spinse un po’ più vicino, per origliare meglio.
”Ma...potrebbero non avere cattive intenzioni.” Fu la risposta del vecchio, una flebile nota di speranza e convinzione vibrava in quelle parole: probabilmente cercava di convincere se stesso di non aver commesso un grave errore…Ma chi sono questi di cui parli?...Oh certo, siamo noi. Quindi quello è il vecchio che ci ha portati qui…l’ostilità nei nostri confronti non me la sono immaginata, dunque! Come una scure gelida di realismo l’interlocutore più giovane si limitò a dire ”Così come potrebbero averle.” queste parole segnarono la momentanea fine della discussione. Nel piccolo momento di silenzio che seguì Àlfar tolse l’elmo – il suo ultimo desiderio era spaventare qualcuno con la testa di un lupo – poi fece un passo avanti e, scoprendosi, esordì cordialmente rivolto ai due individui.
"Buona sera gentili signori. Gli spiriti tacciono in questo campo...chi ne è il custode?" Ora vedeva chiaramente il vecchio che li aveva accompagnati alla locanda e si sentì in dovere di specificarlo, con cordialità e una punta appena di sadico sarcasmo. "Buona sera a lei, è stato molto gentile ad accompagnarci alla locanda."

L’effetto non fu proprio il migliore tra quelli sperati: la comparsa del giovane aveva scosso i due uomini, ma subito il più giovane riprese il controllo di sé e si rivolse prima al vecchio "...da Johannes, presumo?" L'interpellato tacque e rifiutò lo sguardo di quello che, ormai cosa certa, era suo superiore in una qualche scala gerarchica locale. Questi continuò. "Ha la locanda più grande, suppongo sia stata una buona scelta."
Àlfar posò fuggevolmente lo sguardo sulle tombe più vicine: queste sembravano nuove, ben curate, ricche addirittura. Tutte recavano lo stesso nome "Ireswort"...tutte, tranne la più vicina all'uomo più giovane. Mi domando quale scopo abbiano questi simulacri...costoro costruiscono un monumento ad ogni spirito? Sembra una buona tradizione...ma allora perché gli spiriti tacciono? Perché non sorgono ad allietare queste persone con le loro voci di cristallo?

Gli spiriti hanno il buon senso di non sfidare la Pietra che si prende cura di questo villaggio, certo. I morti sono fatti per essere...morti. Chi si prende cura della sepoltura sarebbe il novizio del tempio della Pietra, colui che viene scelto per diventare il nuovo sacerdote della comunità e intermediario fra la Pietra e i suoi prescelti. Sarei io. Io sono Hood. E chi siete voi invece, che arrecate timore alle mie greggi? Nella sua voce non vi erano particolari emozioni, ma il sorriso sul suo volto cambiò più volte tra l'atono e il sereno. Quasi come a lanciare una sfida, Hood accompagnò la propria presentazione con un cenno del capo come saluto. Àlfar sentiva la necessità di pacificare i toni il più possibile, doveva evitare di forzare la mano, doveva comportarsi bene. Non dare nell'occhio si ripeté più volte. Poi si schiarì la voce e con un tono limpido ricambiò la cortesia percepita: "Chiedo perdono, non era mia intenzione allarmarvi. Mi chiamo Àlfar. E vengo da una tribù del nord-est. Sono anch'io un novizio, per così dire, e sono venuto fin qui nella speranza di trovare la voce degli spiriti. Voi ponete i vostri morti in queste buche?...Che metodo bizzarro..." Novizio, quella parola gli suonava particolarmente strana. Nella sua tribù non esisteva il concetto di "novizio", solo un lungo apprendistato nei boschi, lontano dalla civiltà per imparare ad essere Sciamano.
La conversazione che seguì lasciò il giovane dalla pelle scarlatta ancora più perplesso, forse un tantino adirato.

"...sì. È una tradizione che accomuna gli umani, giovane Àlfar. Alcuni li bruciano, altri costruiscono barche e li lasciano navigare nei fiumi o nei mari. Noi li seppelliamo. E se la Pietra ci è benevola, rimangono qui sotto - risparmiandoci le male lingue che avevano pure in vita." Si lasciò sfuggire una piccola risata, un piccolo cenno di un'umanità messa molto in discussione. "Certo, certo...io scherzo. Prima che il signor Gabriel mi disturbasse, stavo meditando qui. Questa è la tomba del mio predecessore recentemente defunto, Travian Gallion, seppellito assieme ai suoi antenati. Riposino in pace le loro anime, anche se non mi dispiacerebbero un paio di consigli su cosa fare con questa benedetta città." Il suo sguardo si perse nel vuoto. "Così sprovveduta. Così fragile." Calò il silenzio su queste ultime parole pronunciate con aria assente.
"Bruciare i cadaveri? Che barbarie..." Accompagnò la risposta con un movimento negativo della testa. "Noi seppelliamo i nostri Capi e i nostri sacerdoti nella terra nuda, sotto il Grande Albero. Ogni sepoltura fa crescere una pianta che sale e diventa nuovo corpo dell'albero." continuò sospirando, perso nei bei ricordi della Tradizione. "I guerrieri vengono seppelliti ai confini del villaggio, insieme alle loro famiglie. E i guaritori...loro non muoiono. C'è un Frutteto Sacro e quando giunge il loro tempo questi si avviano lì con il Capo e il Grande Anziano. E un nuovo albero nasce." La sorte dei guaritori lo aveva sempre affascinato...non vi era alcuna sepoltura o cerimonia. Solo...un nuovo albero dai frutti dolcissimi. Tornò con lo sguardo alle due persone che gli stavano di fronte e continuò rivolgendosi a Hood. "Ma voi cercavate il conforto di uno Spirito...perché intrappolarli e gioire del loro silenzio? Erano anime tanto dannate? ... E allora questo non è un luogo sacro per voi?" La curiosità era sincera e il tono perplesso, ma incalzante. Percepì un brivido lungo la schiena, un po' al pensiero di quali malvagi atti avessero compiuto quelle anime in vita, un po' a causa di una brutta sensazione, giunta con il progressivo calare del sole e alzarsi della nebbia.
Un nuovo silenzio imbarazzato scese verso gli sguardi allibiti dei due villani. Cercando di rompere il silenzio, Àlfar terminò "Posso chiedervi per quale motivo cercavate i consigli del vostro predecessore?"
Sconsolato, Hood rispose "Io non sono che un novizio...non mi ha insegnato in tempo cosa avrei dovuto fare in sua vece una volta che lui sarebbe scomparso. E questa città può aver fiducia nella Pietra, ma siamo noi nel tempio a far da intermediari e a prendercene cura. In tempi di cordoglio...noi uomini possiamo vacillare.I morti non parlano con voci che noi possiamo udire. Questa è la nostra fortuna. Questo è il nostro flagello. Ma la Pietra li fa parlare con voci che non necessitano orecchie. E questo è quel che conta. La nebbia è inusuale in questo villaggio, straniero. Non un buon presagio per il vostro arrivo. La Pietra non ha simpatia per chi non ha sangue appartenente a questa comunità, ma per una notte vi sarà concesso di rimanere. Perché voi non cercate qualcosa che si trova qui, vero? "

Con l'avvicinarsi delle tenebre, il ragazzo sapeva che non avrebbe potuto contare sulla protezione di Ùlfer. La cosa lo indisponeva veramente molto. Maledetta notte...devo tornare alla locanda il prima possibile...

Spiriti soffrono...il buio è vicino...devi andare...

Un'ultima domanda...e poi tornerò alla locanda.

"Credetemi, non siamo qui per recare danno. Non abbiamo desiderio di derubarvi né di compiere alcun atto a violento: cerchiamo solo un luogo sereno per riposare." Si affrettò a rispondere nel tentativo di tranquillizzare l'uomo che gli stava di fronte. L'ultima cosa che voleva in quel momento era combinare guai irreparabili con il capo spirituale del luogo...

"In ogni caso, non era mia intenzione annoiarvi e turbarvi con i miei discorsi..." fece una breve pausa per aggiungere una parvenza di tatto ed educata curiosità alla domanda successiva. "Personalmente, però, sarei curioso di sapere che cosa esattamente sia la pietra di cui tutti parlano...non prendete a male la domanda, vi prego: se vi fosse possibile, potreste parlarne a un semplice viaggiatore?"

"La Pietra è una reliquia. Un segno divino da parte di un'entità benevola che anni fa fece cadere dal cielo un frammento dello stesso sole per illuminare l'oscurità che è l'animo umano." Chinò il capo scuotendolo e un debole sorriso si aprì sul suo volto. "È accaduto anni e anni fa, ma...chissà? Forse all'epoca deve essere sembrato come se gli dei avessero teso un dito per toccare questo villaggio. Allora era ancora piccolo, ma la protezione della Pietra era così grande da permetterci di sopravvivere alle angherie dell'Eden - e fondare questo villaggio." Spalancando le braccia sembrava voler toccare tutto ciò che lo circondava. "Essa ci ha insegnato però a diffidar di coloro che provenivano al di sotto di questa collina, perché di non tutti si può fidare, non tutti son degni. A malincuore, questo lo abbiamo capito sulla nostra pelle. Non ce ne vogliate troppo: è nella nostra natura." Quella era la fine della discussione. Le informazioni ottenute erano già qualcosa, e l'urgenza del sole calante costrinse Àlfar a un saluto sfuggente. Cercò di fingersi rilassato e si allontanò nella nebbia.

Ricongiuntosi con il fedele Beelär, si diresse verso la locanda di Johannes. Ma, prima che la nebbia inghiottisse i due uomini alle sue spalle, udì un ultima frase " La Pietra abbia pietà di voi anche solo per questa notte." Poi fu il silenzio. Oltrepassato il cancelletto cigolante balzò in groppa al cervo e si lanciò alla volta della locanda, con un senso di angoscia attanagliante che premeva sul suo petto come l'assenza di ossigeno.

Il sole era prossimo al tramonto.




Scheda Tecnica

Passive:
- Presenza angelica ~ Allo stesso modo dei demoni, gli Avatar di stampo angelico non possono nascondere totalmente la loro presenza, pur mischiandosi con gli esseri umani e viaggiando tra loro e per le stesse vie. Le altre razze, infatti, percepiranno sempre qualcosa di sbagliato in loro, qualcosa di differente, ed è per questo che gli angeli incutono negli esseri innanzi a loro un innato timore reverenziale, purché questi non siano angeli stessi, e che siano di energie pari o inferiori all'agente.
Non è importante l'allineamento dell'Avatar. Quest'abilità funzionerà sempre e comunque, indipendentemente dal sopracitato fattore.
- Bèrral ha una trama di un verde acceso e luminescente che l'attraversa da un capo all'altro. In battaglia, da questo disegno complesso, sorgono piccole spine di pura linfa primordiale: rese solide dalla magia, si staccheranno all'urto con il corpo dell'avversario e rimarranno ferme sotto la pelle. Alcune di esse rilasceranno delle spore e faranno crescere muschio sulla parte colpita. Il danno causato da queste piccole manifestazioni magiche si aggiunge al danno fisico della frustata.


CS:
- Forma umana 1CS Destrezza
- Forma angelica 1CS Forza


 
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Shervaar
view post Posted on 3/10/2013, 22:38






Gli ordini erano “semplici”.
Indagare, senza calcare la mano, senza dare nell’occhio, cosa che Shervaar poco dopo scopri essere quasi impossibile.
Informò i compagni che si sarebbe mosso da solo, se non altro per pura praticità, e salutando uscì dalla locanda dove Jevanni li aveva radunati.
<< Dove andare? >>
Il tempio che sicuramente ricopriva un ruolo chiave in tutta quella storia, e su questo Shervaar nutriva pochi dubbi, era almeno per il momento da evitare. Dopotutto in un villaggio pressoché deserto, cosa che lo lasciò in realtà parecchio dubbioso, non sarebbe stato difficile scorgere lo straniero girovagare nei pressi di luogo sacro. Per il momento avrebbe evitato, o meglio, si sentiva, solo rimandato.
Decise di avviarsi verso il mercato, lì dove in teoria ci sarebbe dovuta essere un po’ più di vita.
Quanto però l’elfo si sbagliava lo scoprì presto.

Per quanto fosse in realtà già potenzialmente inutile cercare di non dare nell’occhio in un paese dove se non tutti si conoscono poco ci mancava, passare inosservato in un posto che contava in totale quattro anime, elfo compreso, era assolutamente impossibile.
Una sola bancarella, che vantava ben due vecchie clienti e un mercante con un largo cappello di paglia era l’unico cenno di vita. Molto, troppo strano, in un luogo che poteva vantar di essere un oasi sicura in una regione irta di pericoli.
Se tutto fosse stato normale, si disse però, probabilmente nessuno si sarebbe preso la briga di organizzare lì una spedizione investigativa.
“Spedizione investigativa”, ci si soffermò un momento.
Quella nuova accezione della propria missione, appena coniata, non dispiacque affatto allo sciamano, ben propenso a cercare ogni modo per allontanarsi dall’idea di guerra che il primo incontro con Àlfar gli aveva stillato in testa.

Rimase da parte, aspettando che il mercante e le sue ormai non più giovani clienti finissero le loro trattative su della carne di capra. Questi, tutti e tre, lanciarono a turno corvine occhiate al povero elfo, evidentemente tutt’altro che gradito, senza neanche prendersi la briga di mascherare il disgusto che palesemente Shervaar suscitava loro. Alla fine indispettite le due clienti decisero di abbandonare trattative e merce, lasciando il venditore tutt’altro che predisposto alle parole dell’elfo.

<< Salve. Non proprio il mercato che mia spettavo di trovare un paese che sembra godere della benedizione digli dei. Da quello che si dice questa è un oasi di sicurezza in un zona tutt'altro che tranquilla, eppure un stanco pellegrino non sembra avere molta possibilità di godersi la sosta qui...>> disse con tono vanamente cordiale, ritrovandosi stampato sul viso dell’uomo uno di quelli sguardi che vale più di mille parole, uno di quelli che normalmente ti induce a lasciar perdere con le domande.
Il mercante sputò per terra al suo fianco, per poi sputare direttamente in faccia allo sciamano la sua riposta.
<< Oasi di sicurezza un corno, se gli stranieri vengono a portare guai. Non c'è nessuna sosta da godere a Pietradisole per quelli come voi. La Pietra protegge solo i veri fedeli. Ora fuori da qui, hai già spaventato abbastanza clienti >> rispose, iniziando ad armeggiare con le merci, sistemando il tutto per chiudere. << Tanto avevo comunque finito per oggi >> grugnì infine truce, evidentemente intenzionato a liquidare in fretta lo straniero.

Una risposta ne più ne meno scortese di quella che l’elfo si era prefigurato considerata l’accoglienza generale che Pietrasole aveva riservato loro, riposta che però aveva già regalato a Shervaar alcuni preziosi dettagli. Tentò una seconda battuta, sperando di riuscire a ricavare dall’uomo altre informazioni. Odiava in realtà dover insistere di fronte a tale ostinazione, ma quello gli era stato chiesto per servire il proprio clan, e quello volente o nolente avrebbe fatto.

<< Mi devi scusare, ma spaventare i tuoi clienti era l'ultima delle mie intenzioni, chi è infondo che dovrebbe aver paura di un elfo giramondo? E poi proprio non capisco…>> disse fingendosi incuriosito dalla merce. << Veri fedeli? >> continuò, accenndando un espressione confusa.
<< E poi che tipo di guai potrebbe portare un' innocuo straniero come me? >> concluse, infilando un mano nella sacca delle monete e aspettando che l’altro sbottasse furioso, in risposta alle velate provocazioni. Trovarsi costretto a far leva sulle debolezze altrui gli risulto non poco strano, sgradevole in realtà, ma l’intolleranza dell’uomo, con un po’ di fortuna, avrebbe giovato a suo favore.

<< "Elfo giramondo"? Voi elfi credete che l'Eden sia vostro. Beh, qui non funziona così. E tienti i soldi, la tua moneta non ha valore qui. I fedeli, sì. Non farmi ripetere le cose due volte, ci senti meglio di me scommetto. La Pietra protegge solo coloro che sono nati in questo posto - solo noi siamo degni della sua benevolenza. Voi arrecate disturbo tanto a noi quanto alla sua influenza. >>
L’uomo sputò, nuovamente, questa volta dritto tra i piedi dell’elfo.
<< Che siete venuti a fare qui? Chi siete? >>

<< In che modo quest'elfo giramondo, che ti assicuro non si arroga nessun diritto sull'Eden, sarebbe di disturbo a te e alla tua pietra? >> provò a continure, ignorando ogni offesa. Allungò una mano verso della carne secca, poco fiducioso in realtà che una manciata di monete potessero cambiare qualcosa. Il disagio era palpabile nell’aria, l’ostilità del mercante cresceva ad ogni scambio e quella sensazione di occhi perennemente puntati addosso si intesificava ogni momento.
<< Cosa ci faccio qui? Quelli che ci fai tu, quello che fanno gli altri fedeli, cerco protezione dai demoni di queste terre. Quanto ti devo? >>

L’uomo in tutta risposta schiaffeggiò la mano di Shervaar, finendo in fretta e furia di imballare i suoi beni. Nervoso come non mai sembrava non veder l’ora di scappare, quasi minacciato da qualcosa di ben più sgradevole dell’elfo stesso. Una gocciolina di sudore freddo, assolutamente fuori luogo dato il clima tutt’altro che mite, gli scivolo su una tempia.
<< Non avrete protezione dalle ombre. Le ombre vi divoreranno fino all'ultimo, a te e a tutti gli altri. Meglio lasciare la carne ai ratti che a voi miscredenti. >> disse caricando i sacchi con le merci su un carro trainato da un cavallo dall'aria tetra. << State lontani da Pietradisole e dal tempio, o la furia dei vostri dei sarà nulla in confronto al Giudizio della Pietra. >> inveì alla fine, asciugandosi il sudore con il dorso nella mano e manifestando come non mai il proprio nervosismo.
L’elfo non faticò a capire che qualsiasi cosa fosse in atto in quel luogo era lì ad ossorvarlo, ad osservarli entrambi. La senzazione di essere pedinato, che era stata sua sin dal primo momento in cui aveva messo piedi a Pietrasole, divenne più insistente che mai. Gli era stato detto di non calcare la mano e prima che le urla del mercante potessero procurare grane a lui, così come prima che lui potesse procurare grane al pover’uomo, decise di levare il disturbo sicuro che quel malcapitato non avesse nessuna colpa.
Nella città da cui provengo si dice che il pesce puzza dalla testa” gli aveva detto Kreisler quando nell’Erydlyss indagava su delle misteriose sparizioni. Shervaar ricordava di essere arrivato a sfiorare un elemento chiave di quel vecchio e complicato quadro, e ancora si pentiva di non essere intervenuto repentinamente.
Questa volta non avrebbe ripetuto lo stesso errore.
<< Vedo che la mia presenza qui è tutt'altro che gradita, me ne rammarico, ma levo il disturbo. L'elfo miscredente le augura buona giornata. Addio. >> concluse, diretto lì dove era inevitabile finire, lì dove l’uomo gli aveva involontariamente ma ripetutamente detto di cercare. Al tempio.

Si avviò silenzioso verso la sua meta, cercando vanamente nel cammino di capire chi gli fosse alla calcagna. Il cammino, seppur breve, fu piuttosto deprimente. Ma in vita sua gli capitò di essere evitato così come si fa con i malati del morbo nero, eppure agli occhi dei paesani evidentemente l’elfo non era tanto diverso.
Arrivato in cima alla collina dove il tempio era eretto lo sconforto si intensificò. L’edificio, con un architettura già di se inquietante, era circondato da una fitta e tetra nebbiolina, mentre nessun segno di anima viva sembrava presente in zona. Perfino il suo silenzioso e determinato inseguitore sembrava averlo abbandonato. Si avvicinò al tempio che nonostante l’apparenza malmessa sembrava tutt’altro che abbandonato. I grossi e arrugginiti catenacci, che chiudevano l’ingresso principale, presentavano evidenti segni di utilizzo. Un invito a nozze, una conferma dei timori dell’elfo.
Si avvicinò ad essi, sentendosi ad un passo da qualcosa di grosso, pronto a fonderli. La nebbia in teoria lo avrebbe dovuto coprire a dovere, ma l’elfo non poteva immaginare che in quella nebbia si nascondeva l’uomo che l’aveva richiamata.

<< Cosa... >> disse una voce alle sue spalle, nascosta nella nebbia << Che cosa stai facendo? >>
Il tono, abbattuto, stanco, quasi sconsolato, gli era più che familiare.

<< Io..io stavo… >>
Come diavolo avevano fatto a scoprirlo? Chi poteva vedere lì dove l’elfo non riusciva?
<< Ma tu chi sei? Esci dalla nebbia. >>

Jevanni, il suo comandante, uscì dalla nebbia con fare sicuro, innaturalmente indifferente al fastidio che questa procurava all’elfo. Il suo sguardo, così come il suo tono, lungi dall’essere severo, era decisamente deluso.
<< Vi avevo detto di non forzare la mano. Dimmi che quelle fiamme erano solo per scaldarti la mano...e non per dar fuoco al tempio. >>

<< Ne per scaldarmi le mani...ne per dar fuoco al tempio...era solo per saggiare la qualità del metallo… >>
<< Cosa cacchio stai blaterando stupido elfo? >>
Appena colto in flagrante dall’uomo che lo aveva esortato a non prendere iniziative azzardate e la risposta era stata degna di un bambino.
<< Uno al villaggio continuava a parlare di fedeli, di un culto della pietra e simili, il tempio poi è palesemente trafficato. >> continuò cercando di recuperare credibilità, indicando le catene prima di continuare. << E’ ovvio che qualsiasi cosa accada ha qui il suo fulcro. Ma tu questo sicuramente lo sapevi già… >>

Jevanni, evidentemente d’accordo annuì, lasciando vagare il suo sguardo alternativamente tra Shervaar e il tempio. << Un paio di cose le ho origliate mentre ero in giro. Questo sì. Immaginavo anche che non ci avrebbero permesso di lanciare un'occhiata alla pietra. >> continuò, dando un calcio al portone dopo una piccola pausa.
<< Figuriamoci se sarebbe stato così semplice. >> il tono, prima deluso, aveva ora un nota irritatata. << Mi hai preceduto con l'iniziativa, però...no, dobbiamo organizzarci meglio. Un po' di più di noi, e in un orario più...discreto? >> La nebbia iniziò a diradarsi, così come lo fece la sensazione dell’elfo di aver deluso il proprio comandante. Anche Jevanni condivideva le intuizioni di Shervaar, ma questo, decisamente meno avventato dell’elfo, era palesemente irritato all’idea di non poter intervenire subito su un bersaglio sicuro. << Abbiamo scelte migliori secondo te? >> domandò in fine, cogliendo totalmente impreparato uno Shervaar elfo che non si aspettava di dover dare il proprio parere a nessuno. Dopotutto lui era solo l’ultima delle reclute.

Si prese un attimo per riflettere, soppesando la sua situazione, il suo voto e ciò che aveva visto quel giorno, prima di rispondere deciso,
<< Da quel che sono riuscito a vedere oggi direi di no. Troppi misteri, troppo astio per gente che non ha nulla da nascondere. Benché io per primo eviterei tale strada se questa pietra è così importante per combattere i demoni di queste terre dobbiamo andare fino in fondo… >>
Quelle parole, quelle che stavano arrivare, uscirono dalla sua bocca con un punta di orgoglio.
<< Siamo Leoni, siano qui per questo. >>

L’altro annuì, invitandolo a ricongiungersi con altri.
Sulla via del ritorno più volte Shervaar fu tentato di porre domande a Jevanni, ma mai nulla più di un gemito strozzato gli uscì mai dalla bocca.
Troppe domande, tutte confuse e sconclusionate, nessuna che reputava di poter porre ad un uomo di cui si stava cercando di recuperare la fiducia.
Proseguì silenzioso, sicuro di star sprecando un’occasione d’oro, e ripensando al suo operato quel giorno.
In tutta sincerità non sapeva se dirsi soddisfatto. Solo l’uomo al suo fianco presto gli avrebbe dato una risposta.

Legenda : Narrato - Pensato - Parlato

CS: 1 x Istinto

Danni fisici subiti: (0/16)

Danni mentali subiti: (0/16)

Energia rimanente: 100%

Abilità passive:
Empatia Animale - Bloodwing: Permette l'utilizzo del proprio compagno animale all'interno del combattimento, indipendentemente dal suo scopo.
[Razziale]

Furia del Fulmine: Permette di lanciare piccole saette con un secco gesto della mano e con la valenza di un colpo fisico non tecnica.
[Dominio I]

Residuo elementale: I colpi fisici corpo a corpo non tecnica di Shervaar sono infusi dell’elemento corrispondente alla natura dell’ultima tecnica utilizzata.
[Personale]

Tecniche usate:

Note:
 
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view post Posted on 7/10/2013, 16:58
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La carne secca, con il suo sapore prepotentemente salato, mi era sempre piaciuta. Erano soliti masticarla i viaggiatori, di sera, dopo lunghe e faticose camminate, e io non facevo differenza. Ne ordinai, pur non avendone davvero voglia, per attaccare bottone con l'oste, un omaccione dai lunghi e folti baffi color della birra chiara. Picchiettai sul bancone con la moneta, che subito lui arraffò, masticandola con i denti ingialliti per testarne l'autenticità. Scomparve dietro una porta poco dopo, ed ebbi un secondo per rilassarmi.

Eravamo giunti al villaggio poco prima, e le indicazioni erano state poche e chiare fin da subito. L'accoglienza non sarebbe stata delle migliori, ed avevamo già avuto modo di constatarlo: percorrendo la via che portava alla locanda, solo una vecchia pazza aveva incrociato, forse per sbaglio, la nostra strada. Non un'altra anima aveva osato mostrarsi. Anche il tempo atmosferico pareva essere d'accordo con la riluttanza degli abitanti: le nuvole erano basse e serpeggivano attorno al colle, inghiottendolo a tratti in una densa coltre di nebbia. Ciò non ci aveva impedito di individuare il tempio, sulla sommità, attorno al quale parevano sorgere tutte le altre case, come fedeli attorno al loro idolo.

La piccola Lys fece un astuto apprezzamento verso la tranquillità del posto, che condivisi con decisione, per poi lamentarmi del fatto che saremmo dovuti ripartire a breve. Alla vista della carne udii un brontolio alle mie spalle, che mi fece sorridere. « Cosa ci fate qui? » cominciò l'oste, interdetto. « Siamo qui solo di passaggio, un viaggio verso nord per motivi a noi poco chiari » lo incalzai, porgendo il piatto di carne a Lys, affinché lo portasse a Ollie, l'affamato, e continuai « Sappiamo solo che sarà un lungo viaggio, e che presto dovremo dire addio a pietanze così prelibate ». Il locandiere non sembrava propenso a intrattenere una discussione, ma ci provai comunque: gli domandai con gentilezza per quale motivo quel posto fosse così tranquillo. La stanchezza mi stava lentamente conquistando, e per un istante solo chiusi gli occhi. Quello sbottò, risvegliandomi dal silenzioso tepore in cui ero caduto per un attimo, rispondendo che quello non era posto per li stranieri, e che la pietra non ci voleva lì. Aveva avuto molto coraggio, a parlare così schiettamente fin da subito, ma d'altronde era un uomo diretto, abituato ai sotterfugi e pronto a smascherarli, come ogni bravo oste. Chiese infine quando ce ne saremmo andati.
« Ce ne andremo a breve, l'ho già detto » gli risposi. La Pietra, aveva detto: era strano che ne parlasse quasi come riferendosi a una persona in carne e ossa. « Ma non penso che questa Pietra ti odierà per qualche parola scambiata con un povero bardo! » sorrisi, « Pensi odierebbe anche me? Porto gioia dove vado con la mia musica e le mie storie, faccio ridere vecchi e bambini, e so rendermi utile in mille altri modi. Non ho mai gettato alle fiamme una città, e mai lo farò ». Abbassai il tono di voce, sporgendomi verso di lui con tono complice, e sibilai « Non voglio seguire questi qui, il mio posto è un altro ». Finsi di guardarmi attorno con circospezione. « Pensi ci sia posto, qui, almeno per me e le mie canzoni? ».
Lys mi si appese al braccio, lamentandosi che si stava annoiando. Colsi la sua preoccupazione, ma la assecondai per un attimo. « Io...non penso » rispose l'omaccione. « Non sta a me deciderlo. Hood saprà dirti ».

Scorgendo l'elfa dai capelli rossicci, la vice di Jevanni, spazientirsi ed uscire rapidamente, compresi che il tempo a mia disposizione era giunto al termine. Salutai cortesemente Johannes, e uscii dalla locanda. Subito mi scusai umilmente con la bendata, sottolineando il fatto che non fosse mia intenzione perdere tempo, e dopo poco ripartimmo verso la sommità del colle, immergendoci nella foschia che avvolgeva ormai ogni cosa.


[...]



Camminammo a lungo, mentre sguardi colmi di timore ci fissavano da dietro le finestre. Accettai il consiglio di Scarabio, e tenni gli occhi aperti in cerca di qualche bestiola: in effetti, se gli abitanti del villaggio erano tutti così diffidenti nei nostri confronti e restii a parlare, i piccoli e silenziosi abitanti del sottosuolo o del cielo sarebbero stati una fonte di informazioni davvero preziosa. Tenni gli occhi aperti per molti minuti, ma l'unico animaletto che non si rintanò in qualche buco al nostro passaggio fu un grosso ratto dal pelo scuro, impegnato a rosicchiare un frammento di un qualcosa vagamente commestibile. Rassicurai Lys e l'elfa, e con cautela mi avvicinai al topo, mentre Scarabio non smetteva di raccomandarmi di essere gentile.

Appresi che il Topo era originario del villaggio, mentre frugavo nella bisaccia in cerca di qualche crosta di pane. Gli domandai dove si trovasse la pietra, ma l'unica cosa che compresi, non senza fatica, fu che si trovava vicino al cielo, e qualcosa lì era rotto. Gli domandai altre delucidazioni, mentre le sue zampette afferravano il cibo, ma non compresi nulla oltre uno squittio di terrore. « Ti sembra tutto uno scherzo bamboccio? » urlò l'elfa, facendo scappare il mio minuscolo informatore. « Credi che qui si stia giocando ad impressionare ragazzine o ad eseguire gli ordini della Regina?! ». Mi alzai in fretta, mentre l'ira mi comninciava ad ardere nel bassoventre. Fui sul punto di insultarla, ma un barlume di buonsenso resistito al divampare della rabbia mi trattenne dal farlo. « Ti avevo chiesto una cosa » sputai, le parole come bile amara. « Il Topo avrebbe parlato più di tutti gli abitanti di questo maledetto paese ». Infuriato, ripresi il cammino, allontanandomi in fretta da lei e Lys, fuggendo tra i vicoli.

Mi sembrava quasi di sentire Jevanni mettermi in guardia, come aveva fatto a metà del primo giorno di marcia. « Ti ho visto maneggiare un liuto, non una spada. Posso apprezzare il tuo coraggio, ma il vostro valore nel momento in cui dovrete combattere? Come potrei contare su di voi per questo? » Scacciai dalla testa quei pensieri, e la penosa discussione in cui ero stato capace soltanto di autocommiserarmi, aggrappandomi disperatamente al fatto che fosse stata Alexandra stessa a chiamarmi tra i Leoni. Avevo forse smarrito il mio buonsenso?


[...]



Vagai per quasi mezz'ora, mentre la rabbia sbolliva e lasciava spazio all'amara consapevolezza di aver fatto un grosso, grossissimo errore. Avevo provato a ripercorrere i miei passi a ritroso, ma senza risultato: la nebbia era davvero troppa, e non incrociai nessuno per chiedere informazioni. Nemmeno il cigolio di una finestra, nemmeno una parola, soltanto nebbia e voci troppo lontane per essere comprensibili. Un silenzio tombale che fu rotto soltanto da un ringhio rabbioso, proveniente dall'uscio di una casa come le altre. O quasi.

Il cane in cui mi ero imbattuto saltò subito in piedi, non appena mi notò. Di razza bastarda e dal pelo grigiastro e arruffato, pareva quasi un randagio. Il suo ringhio minaccioso era tradito solo dalle numerose ferite su quasi ogni parte del corpo. Mi fece pena, e lo compatii sin da subito. « Siamo entrambi soli e arrabbiati, non è vero? » iniziai, senza nascondere la mia amarezza. « Siamo simili, io e te: che senso ha farci la guerra? Mi chiamo Taliesin ».
Mi avvicinai a Lupo - questo era il nome che il suo padrone gli aveva dato - e da lui compresi immediatamente la fine che aveva fatto: l'intonaco della casa, come annerito da un incendio, le ferite sull'animale e l'immensa tristezza nei suoi occhi. Ierswort era il nome inciso sulla targhetta, un nome che per Lupo doveva significare più di qualsiasi altra cosa.

Rimasi volentieri a fargli compagnia, poiché non avevo altro posto dove andare, mentre quello mi raccontava la sua storia. Mi sembrava quasi di vedere il fuoco ingoiare la casa, e portare via un'intera famiglia: dovetti resistere alla tristezza nella quale anch'io mi stavo lentamente immergendo.
Gli proposi di accompagnarmi al tempio, poiché era proprio lì che tutto quanto pareva puntare, ma lui non parve intenzionato a muoversì di lì. Disse che al tempio lui non era voluto, ma non compresi il significato delle altre parole. Il tempio...

Entrammo in casa poco dopo. Tutto quanto era incenerito o distrutto, fatto a brandelli o ridotto a un mucchietto di polvere. Entrando, pestai la testa di un grosso martello, e per poco non persi l'equilibrio. Ogni cosa si portava addosso un senso insopportabile di malinconia, e tutto faceva pensare che la tragedia di cui Lupo aveva parlato fosse una cosa recente. Il cane si accucciò davanti a quello che sembrava il resto di un vestito di fattura pregiata. Lo accarezzai sul muso, e mi misi a cercare il resto delle mie razioni da viaggio, che sarei stato felice di condividere con lui.


[...]



Guardai dalla finestra del piano di sopra: era tardi, ormai, e la nebbia si era come diradata. Individuai, tra la moltitudine di edifici, la taverna di Johannes, constatando che non ci avrei messo molto a tornarci; rimasi perciò a contemplare quel silenzio così imperturbabile, immergendomi nei sussurri distanti anche molti metri da dove mi trovavo. Riconobbi per un attimo la voce di Lys e una voce da vecchia. Udii dei passi in lontananza, diretti verso la locanda, e il sommesso vociare proveniente un po' da ogni casa.

Ebbi abbastanza tempo per riordinare le idee, mettendo in fila tutte quelle parole. Pietra. Cielo. Polvere. Tempio. Rotto. Fuoco. Hood. Capo. Ierswort. Cosa avevo in mano? Polvere, fumo, cocci di vetro, nulla. Forse però quel nulla avrebbe improvvisamente acquistato un senso, sentendo gli altri. Forse no. Era tardi, ormai. Sospirai, e richiusi la finestra. Infine mi incamminai verso la locanda, solo dopo aver salutato Lupo con una premurosa carezza tra le orecchie.





- Taliesin -


Energia

95 / 100
CS

5
ingegno x2
riflessi
attenzione
fortuna
Status fisico
0 / 16
(illeso)
Status mentale
0/16
(illeso)
Razza
Umano
Dominio
Illusionista
Classe
Ladro
Energia Verde - Pericolosità D

5 - 10 - 20 - 40
(standard)


Equipaggiamento

Fabula: spada corta;
Scarabio: artefatto di livello epico;
Flauto della Palude Nera: strumento musicale, artefatto di livello avanzato;
Liuto di Luke Mannersworth: strumento musicale;
Itinerante: mantello, artefatto di livello epico;
Fumogerno: oggetto dell'erboristeria;
Sfera dell'evocazione: oggetto dell'erboristeria;
Fabula: spada corta;
Pistole ad avancarica: arma da fuoco piccola, 5 colpi.



Abilità Passive

Il cantastorie: le illusioni non necessitano di vincoli fisici, come il movimento e la voce, per essere castate; possibilità di modulare tono, volume e punto di provenienza della propria voce a piacimento; fintanto che un’altra illusione è attiva, come effetto aggiuntivo anche il corpo del caster potrà essere modificato a proprio piacimento, nonostante rimanga una semplice illusione;
Il vagabondo: non si sviene sotto il 10% delle energie; malia psionica passiva di fascino;
Scarabio: possibilità di parlare amichevolmente con animali non più grandi di uno scoiattolo; il peso del corpo di Taliesin è pari a quello di uno scarabeo e non emette rumori mentre cammina; senso di inadeguatezza nei confronti della natura;
Il Flauto della Palude Nera: il suono del Flauto provoca negli ascoltatori un senso di profonda insicurezza;
Itinerante: immunità da auspex passivi.



Abilità Attive

Auspex uditivo: natura fisica; tramite un consumo basso, per un turno soltanto, il caster potrà affinare il suo udito in modo sovrannaturale, riuscendo a discernere qualsiasi fonte sonora dalle altre, individuandone la provenienza e comprendendone la natura. Con la giusta dose di concentrazione il caster potrà estendere esponenzialmente il raggio del suo udito, arrivando ad udire le voci provenienti persino da regioni molto lontane da dove si trova.



Ricapitolando...

Chiedo perdono per il post così chilometrico. Ho cercato di renderlo meno pesante possibile, ma vabbé.


 
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view post Posted on 19/10/2013, 01:00
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« Cosa ne pensi? »
La voce suonò più tremula del dovuto, in confronto al clack dei catenacci che venivano levati alle porte. Questo irritò fratello Hood, ma non palesò nulla se non chiudendo gli occhi.
« Penso che lui non dovrebbe venir disturbato con queste sciocchezze. »
Fece una pausa nel maneggiare le pesanti catene - gli sembrarono annerite in un punto, ma forse era solo un gioco di luce. Ormai si era fatto tardi.
« In fondo sono solo miscredenti che credono di essere in grado di salvarci dalle ombre. »
Gabriel si grattò il mento rado, non meno preoccupato di quanto non lo fosse stato nel viaggio dal cimitero.
« Sì, ma quella donna... »
Ma l'altro lo interruppe con un movimento della mano, come per allontanare una mosca fastidiosa.
« ...quella donna non ci darà più rogne ora che parla al vento. Nessuno le presterà orecchio. »
Il carpentiere non parve del tutto sicuro. Seguito timidamente da Gabriel, Hood si fece inghiottire dalle tenebre del tempio di Pietradisole, una volta grandioso ma ora ridotto all'ombra di ciò che era stato, con polvere e panni su gran parte delle panche. Si guardò intorno e inspirò appieno l'aria stantia.
« Quel tizio lì al cimitero... » rabbrividì « Non so, questa gente non mi convince. »
Il sandalo dell'uomo urtò contro una scheggia dopo un po', che per poco non lo fece scivolare; con un calcio la scagliò via, con il rumore stridente di pietra su marmo che si spense nell'eco. Forse avrebbe dovuto mettere un po' a posto quel luogo - forse.
« Mi stai ascoltando? »
Lo stava ascoltando. Gabriel sussultò quando vide lo sguardo gelido dell'altro rivoltogli addosso dopo essersi voltato bruscamente. Le iridi verde muschio di fratello Hood baluginarono minacciosi per qualche breve istante.
« Potresti smetterla di saltare ad ogni ombra, dannazione? È dall'ultimo falò che te la fai sotto per qualsiasi cosa! »
Per ogni passo che fece verso il carpentiere colto in contropiede, questi ne indietreggiò di due - finché non fu fuori dall'edificio.
La luna ormai sgombra dalla nebbia rese persino più pallido il viso dell'anziano. Aveva sollevato le mani per implorare clemenza, ma il gesto gli era risultato difficile per la perdita di equilibrio nell'inciampare nella catena. La mano con il mignolo mozzato si apriva e si richiudeva.
« Non sei forse felice che tutto sia andato per il verso giusto? L'ho fatto io. L'ho portato io qui, e lui risolverà tutto. »
Emerse dalla soglia in penombra del tempio per fissare gravemente il carpentiere.
« Non voglio più vederti. Va via. »

E l'altro andò. Quando fu solo, nella sera che diventava notte, raccolse nuovamente la catena con una mano mentre il mignolo dell'altra faceva oscillare la chiave. Era un duro lavoro essere il pastore di quel villaggio - ma ne valeva la pena. Sicuramente.
Come ogni sera, Hood richiuse le porte del tempio di Pietradisole.

----

Come ogni sera, Valeria si trascinò nelle strade del paese. La nebbia non riuscì a fermarla: lei ci era cresciuta. E il percorso che fece non mutò di una virgola da quello che prendeva, tristemente, da tanto. Quando però era arrivata alla casa di Gilbert Ireswort e della sua famiglia, o il rudere che una volta era appartenuto a loro prima che la pazzia si impossessasse di Pietradisole, lei era trafelata.

Aveva rischiato, e davvero troppo: aveva quasi vuotato il sacco e detto tutto. Ma tutto non poteva essere detto, e sicuramente non da Valeria. Questo lei lo sapeva, ma per un breve attimo aveva creduto che forse, semplicemente forse...sarebbe riuscita a cambiare quella situazione. Si era fermata in tempo, perché i muri avevano orecchie - quasi quanto le orecchie avevano muri, quando si trattava di implorare di non uccidere qualcuno nel nome di una sciocchezza come quella di un Messia. Valeria implorò, e implorò, ma le fiamme divorarono comunque tutto. E assieme agli Ireswort, al suo amato Gilbert, morì anche una parte di lei.

Lo spettacolo che l'accolse nella casa la lasciò perplessa: nessuno aveva toccato la casa - una casa di eretici - da quando era stata ridotta in quello stato, ma quella sera la porta era aperta. Il cuore le saltò in gola. Qualcuno poteva davvero averla sentita, in fondo; ma a quel punto, non le sarebbe dispiaciuto del tutto. Era passato troppo da quando aveva dovuto diventare Valeria la pazza per non raggiungere prematuramente Gilbert - e non passava notte che non si rendesse conto di quanto quello fosse stato un tremendo errore. Semplicemente entrò nella casa: non ebbe esitazioni o cautele di sorta, né coltello o bastone da afferrare: lei non aveva mai sopportato l'idea di doversi persino difendere dalle persone con le quali era cresciuta, e persino in quel frangente le sembrava un'assurdità. Fortunatamente per lei, però, ad accoglierla ci fu una sagoma ben più familiare accovacciata.

« Lupo? »

L'animale rizzò le orecchie e sollevò il capo, rivolgendole la stessa espressione che le rivolgeva dal giorno in cui Hood aveva deciso di prendere il controllo di Pietradisole. Il giorno in cui Gilbert e Travian Gallion erano morti. Lei si mise su un ginocchio, ignorando le schegge andate a pungerle le gambe, e attese che il cane le venisse incontro. Loro due si conoscevano bene: quella era adesso la loro casa, piena di ricordi che potevano appartenere a nessun altro se non proprio quella coppia. E che coppia: lei che poteva parlare ma non doveva parlare, e lui che non sapeva parlare ma voleva parlare. Quali che fossero gli dei che gettavano gli occhi su quel misero villaggio, dovevano possedere un'ironia incredibilmente amara.

« Perché la porta è aperta? Chi è entrato? »

Lupo non apriva mai la porta, prima la aspettava sempre quando faceva ritorno al calare del sole. Nessuno era riuscito a predare la casa di quel poco che rimaneva di integro, con lui a montare la guardia. Non era nemmeno lontanamente agitato, quindi escluse che qualcuno fosse riuscito finalmente a farla franca o che stesse tendendo un'imboscata. Forse si stava facendo troppe domande, si disse carezzando il manto grigio della sentinella pelosa, ma comunque non riuscì ad abbandonare la sensazione di un dettaglio mancante.

« Non ho trovato niente per te oggi. Scusami. »

Disse mostrandogli le mani vuote, anche se era una mezza bugia: aveva cercato cibo per relativamente poco, poi aveva sfruttato la nebbia per aggirarsi indisturbata e spiare gli ipocriti di Pietradisole e cercare qualcosa - una qualsiasi cosa - per iniziare la sua vendetta. Un'idea tanto ambiziosa quanto priva di piano, che venne spazzata del tutto al venire a conoscenza di una banda di stranieri arrivata quel giorno stesso. E proprio due stranieri aveva incontrato, e per poco non aveva mandato tutto a farsi benedire lasciandosi andare. Quando le ebbe perse, ormai si era fatto troppo tardi. Odiava quando non riusciva a trovare da mangiare al cane: significava che la notte lei avrebbe montata da sola il turno di guardia, mentre lui andava a caccia di qualcosa. Ma quel giorno era stato inevitabile. Il cane emise un verso liberamente interpretabile come Di nuovo? , prima di leccarle una mano e avviarsi mestamente alla porta.

Quando fu nuovamente sola, nel silenzio, Valeria pensò a quanto le sarebbe piaciuto svegliarsi e trovare tutto cambiato.

----

« Oste, i nostri uomini pattuglieranno le strade. Mi sembra giusto che il vostro riparo sia ricompensato con sicurezza dalle ombre. »

I vari resoconti non gli piacquero particolarmente, anzi lo inquietarono progressivamente dal primo all'ultimo. Alcune delle cose -come i nomi- non gli dissero molto, altre le aveva bene o male già intuite ascoltando gli abitanti, ignari della sua presenza celata dalla foschia, mentre altre ancora lo colsero alla sprovvista. Che Hood fosse viscido ci avrebbe potuto scommettere, sennò non avrebbe diffidato preventivamente chiunque dall'accoglierli, ma la sua presunta pazzia non lo rassicurò affatto. Forse Àlfar aveva esagerato, ma un po' di sana cautela non sarebbe guastata. Il bardo aveva peggiorato il tutto con quanto da lui riferito, creando se non altro uno scenario che giustificherebbe la diffidenza.

« Non ci serve sicurezza. La pietra ci protegge. »

Lo spadaccino però scosse il capo.

« I debiti di ospitalità si ricompensano così dalle mie parti, buon uomo. »

Non esattamente vero, ma sarebbe stato bello qualcosa di simile. C'era comunque qualcosa di incomprensibile in quel paese, eppure invischiarsi negli affari oscuri non li avrebbe portati da nessuna parte. Ordini della Regina, gli aveva ricordato Seyrleen durante la discussione che aveva preso piede nella locanda, e forse furono quelle singole tre parole quelle che lo aiutarono a decidere cosa si doveva fare.

« A Hood non piacerà questo. »

Di sicuro non gli sarebbe piaciuto qualcosa del genere. Di sicuro non piaceva nemmeno a lui tutto ciò.

« Dateci una possibilità di non far pesare troppo la nostra permanenza. Per favore. »

L'espressione di Johannes non tradì la minima voglia di dare possibilità di sorta, ma la discussione terminò lì. Jevanni fece cenno a tutti di uscire dalla locanda, non dopo aver ordinato alla bambina di restare con Ollie - altro dibattito che gli costò più pazienza del dovuto, ma questa volta era rimasto inflessibile. Non si fidava né della capacità della giovane Lys né della sicurezza del loro unico legame con la Regina, e lasciare i due lì avrebbe facilitato il tutto. Teoricamente. Così come teoricamente pattugliare le strade avrebbe dovuto tenere sotto controllo eventuali tentativi di fermare ciò che loro avevano intenzione di fare.

Ordini della Regina. La cosa iniziava a diventare sempre più pesante.

Quella notte non sarebbe stata come ogni notte, sia per Pietradisole che per ciascuno di loro.
Quello lo avevano capito tutti.

Quello che non avevano capito era quanto non lo sarebbe stata.






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ATTO I ~ Il Messia e la voragine nel cielo.

PJnzb
ͽS Y N O P S I Sͼ
"quest~master's bidding"

Dopo la lunga attesa eccessivamente lunga e dopo lunghi travagli, eccoci qui.

Questo turno inizia con voi che siete convocati in locanda, come da fine del secondo post, e segue una discussione in cui ognuno tranne Shervaar (che l'ha detto "prima") riferisce le proprie notizie e bene o male permette a ciascuno di sapere ciò che gli altri sanno. Jevanni non ha parecchio da aggiungere dalle vostre notizie, anche se ha notato che esiste un volto persino più oscuro di quello già palesato dagli abitanti. Estrema cautela è richiesta dunque per quello che sarà il piano - un piano che percepite chiaramente non è qualcosa che Jevanni intende fare di buon grado: indagare nel tempio con il calare della notte.

Nel post che preparerete arriveremo quindi nel cuore della notte (Jevanni, Seyrleen e questanti tranne Cielo), modalità interamente libere (tutti assieme o separatamente) se non per un singolo dettaglio: dobbiamo essere discreti. Quindi il primo che evoca un drago di fuoco per venir portato in cima alla collina viene autoconclusivamente decapitato e costretto a cercare la sua testa per il resto della quest. E siamo su una collina, quindi indovinate quanto lontano rotolerà. Per eventuali interazioni con Jevanni potete chiedere in privato o in Confronto. In Confronto inoltre si continuerà anche questo turno, quindi tentiamo questa volta di essere un po' più reattivi. Lo dico sia a voi che a me, sia ben chiaro, so di aver ritardato almeno quanto voi in determinati frangenti.

In Confronto si inizierà bene o male nella stessa situazione che ha quasi fronteggiato prematuramente Shervaar nel precedente turno. La descrizione della scena sarà citata dal thread, ma è modificata per l'occasione.

Non c'è nessuno al di fuori del tempio, leggermente isolato sulla cima della collina. Arrivato al tempio, le porte non hanno catenacci ma non danno cenno di lasciarsi aprire. Potete sentire di sfuggita per il tintinnare dei catenacci dall'altra parte della porta. L'edificio ha l'aria abbandonata per quanto è malridotto, anche se ormai sappiamo tutti che non lo è. O così voglio che voi pensiate. Non c'è più nebbia, ma la luna rischiara ben poco. Ha l'aspetto di una tipica chiesa gotica di dimensioni modeste. Ci sono finestre, ma oltre al vetro hanno anche grate dietro di esse - e non si riescono a notare altri ingressi accessibili, complice la notte. Non ci sono segni particolari, se non due serie di orme recenti e segni nella terra che Shervaar non ha visto nel pomeriggio.

E da qui si inizia, con poco e niente dato a vostra disposizione se non libertà di tentare quel che volete. Per domande o altro, sempre in Confronto.

 
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view post Posted on 12/11/2013, 17:20
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Cardine
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Teso come una corda di violino, cominciai ad esaminare la toppa gossa e arrugginita del portone. Non potevo fallire, e quella era una questione di principio: io non ero inutile come loro credevano, e questo Jevanni e Seyrleen avrebbero dovuto ammetterlo. Non ero lì per giocare, e nemmeno per recuperare una storia da narrare nei mesi a venire: sapevo alla perfezione - o quasi - a quali rischi andavo incontro, poiché li avevo vissuti io stesso sulla mia pelle non molto tempo prima. L'occasione di riscattarmi si presentò proprio quella notte davanti all'entrata del monumentale tempio di Pietradisole, il luogo dove noi, in gran segreto, eravamo diretti.
Strofinai le mani l'una con l'altra per scaldarle un poco, mentre mi preparavo a scassinare la serratura. Scambiai un'ultima occhiata con Shervaar, Àlfar, Jevanni e Seyrleen, assicurandomi che si trovassero abbastanza lontani nel caso in cui qualcosa fosse andato storto. Si trattava di una scienza non esatta, quella dell'uso del grimaldello, e nonostante mi sentissi abbastanza sicuro preferri non rischiare. Recuperai gli strumenti che avevo avuto la premura di procurarmi in tempo, e li inserii con attenzione nella toppa. Rimasi in attento ascolto dei suoni prototti dal meccanismo, immaginando come i pistoni si stessero muovendo al suo interno. Non ero un vero e proprio esperto di quell'arte, ma ero stato costretto ad utilizzarla in svariate occasioni, negli ultimi tempi, e potevo definirmi impratichito.
Ci riuscii senza perdere secondi preziosi, complice anche una notevole dose di fortuna. Tagliai le catene con le cesoie, anch'esse recuperate con i grimaldelli, senza farmi troppe domande scomode sul fatto che ciò che stessi facendo fosse corretto o meno. Il fine giustifica i mezzi, ero solito ripetermi. Mi alzai e, non risucendo a mascherare un sorrisetto furbesco, feci segno agli altri di entrare prima di me. Prima di seguirli diedi un'ultima occhiata al cielo notturno e al villaggio, silenzioso come al solito. Sarebbe stata una lunga notte.

n3HMaSO


Il buio si annidava ovunque, nell'ampia navata centrale, fuorché in un punto: un cono di luce lunare filtrava da uno squarcio nel soffitto, illuminando quel che rimaneva di un piedistallo ed i frammenti di qualche cosa sparsi ovunque, per terra. Accendemmo una torcia che illuminò a fatica le vicinanze, lasciando all'immaginazione il compito di disegnare il profilo delle colonne più distanti.
Mentre i due sciamani esaminavano i frammenti sul pavimento e una sorta di iscrizione sul piedistallo, mi accorsi con la coda dell'occhio della strana reazione di Seyrleen e poi Jevanni: sembravano essere turbati da qualcosa, ed avevano allungato le mani fino a stringe le rispettive armi. Il loro sguardo si perdeva nel buio poco più lontano. Senza pensarci troppo e pur ignorando totalmente di che pericolo si trattasse, gettai la torcia verso il piedistallo e feci un passo indietro, in modo da immergermi nel buio. In fretta portai la mano destra sull'elsa di Fabula, mentre la sinistra cominciò a frugare nelle taschine del mantello in cerca del fumogeno che, una volta trovato, strinsi in mano. « Sht » sussurrai ai due stregoni, ignorando completamente quello che stavano dicendo.

C'era qualcuno, all'interno del tempio, ed era una cosa che avrei dovuto aspettarmi. Seguii a ruota la cieca ed il guerriero non prima di aver sfoderando la mia lama, misera e sgradevole confronto alle armi degli altri due. Nonostante questo, non provai alcun disagio, felice del fatto che la mia esistenza non si basava sul filo di una spada. In un improbabile slancio di determinazione mi proposi per aprire la strada agli altri giù per le scale a chiocciola, celate dietro una porta, che scendemmo furtivamente. Seguii la luce che proveniva dal basso, che si affievolì ad ogni scalino fatto, fino a spegnersi definivamente una volta giunto nella stanza.

« Proprio non resistevate al confermare i nostri timori. E pensare che siamo stati ospitali » disse una voce maschile, che non riconobbi. Presi fiato e coraggio, per poi rispondere « È stupido, dico sul serio. Non avete motivo di temere noi, qui. Le nostre intenzioni sono nobili ». « Nobili. Senza dubbio. Irrompere in un luogo sacro alla nostra comunità introduce una nuova sfumatura alla parola "nobile"; anche se devo presumere che me lo sarei dovuto aspettare da gente come voi. Proprio dovete rovinare tutto » Rispose quello, che compresi essere Hood. Àlfar cominciò a parlargli, scegliendo astutamente le parole più adatte a quella situazione. L'uomo provò a convincerci di andarcene, e dovetti fare appello a tutta la mia forza di volontà per non ascoltarlo e proteggere la mia mente. Lo sciamano reagì male, attaccando Hood con una magia, e tutti quanti lo congelammo con lo sguardo. Un'avventatezza del genere avrebbe potuto costarci molto e quindi mi feci avanti subito, cercando di calmare gli animi e convincere Hood ad aiutarci. Udii in quel momento l'abbaiare di un cane provenire da sopra. « Siamo qui per un motivo soltanto, e quello non è di certo macchiarci di sangue innocente. Hood, c'è solo una cosa da fare, ed è anche la scelta giusta: dirci dove si trova la Pietra che stiamo cercando. Non siamo qui per fare del male » rinfoderai la spada, mostrando il palmo aperto, ma nella sinistra continuavo a stringere la biglia. Io e Shervaar ci accordammo per salire a controllare, mentre gli altri sarebbero rimasti di sotto.

[...]


Accadde tutto troppo velocemente perché potessi reagire. La notte era cupa e silenziosa più del solito, e Lupo non smetteva di abbaiare al nulla. Capimmo che era il caso di rientrare troppo tardi, e l'unica cosa che vidi fu la faccia del mio amico sciamano, una combinazione di stupore e spavento, e la sua mano tendersi veloce verso di me. Non fu difficile comprendere che fossi in pericolo, ma era troppo tardi. Saltai in avanti con l'aiuto dello sciamano, ma qualcosa mi procurò un lungo taglio sulla schiena, che per un secondo arse come se inflitto da acciaio ancora incandescente.
Da terra udii la scarica di elettricità partire dallo sciamano nella direzione dalla quale ero stato attaccato e, prima di infrangere la biglia che ancora tenevo in mano, ebbi il tempo di voltarmi e scorgere le figure che ci circondavano. Le riconobbi immediatamente, e un desiderio di vendetta a me totalmente estraneo cominciò a conquistarmi. Strinsi il pugno e, mentre il denso fumo grigio avvolgeva me e Shervaar, ripensai a Myria e a quello che avevo promesso di fare per lei. Infine entrai nel tempio, seguendo Lupo al suo interno.

Avevo già visto una schiera del genere. Inondarono l'interno del tempio come un fiume che rompe i suoi argini, alcune creature dirette verso le scale e i nostri compagni, mentre le altre rimasero dove ci trovavamo noi, restando ben lontane dalla luce ancora accesa della torcia accanto al piedistallo. Lupo si mise a ringhiare nell'angolo a destra dell'entrata, mentre alcune bestie lo circondavano, ed io riuscii soltanto a rimanere a guardarlo, sbigottito, per alcuni lunghi secondi.
Per un istante fui come accecato, e la paura che già avevo assaggiato cominciò a guadagnare terreno sulla vendicativa determinazione, che vacillava. Avevo portato la mano alla spada, ma quella cominciò a tremare. Avrei voluto muovermi, scappare oppure combattere, ma le mie gambe si rifiutavano di obbedire. L'aria puzzava di carne bruciata e cenere, ed in quel momento temetti che tutta quella mia decisione nel perseguire il mio scopo fosse davvero destinata ad essere carbonizzata dall'atroce realtà: non poter rimediare a nulla di ciò che io, volontariamente o meno, avevo causato.
Eppure... eppure ero lì. AVevo sofferto, pianto mille lacrime e patito la fame e la sete dopo averla persa. La consapevolezza di aver rovinato la sua vita era un fardello davvero troppo grande da sopportare, nonostante lei ci tenesse a convincermi che andava tutto bene. Le lettere che mi aveva mandato, tutte quante, erano impacchettate in fondo alla borsa. Eppure ero lì, dunque, ed un motivo c'era. Lo stesso motivo che mi aveva impedito di scappare dalle mie responsabilità, come avevo sempre fatto: il desiderio di combattere per far rinascere dalle ceneri due vite, da qualche parte, prima o poi.

« Coprimi! » gridai allo sciamano, prima di estrarre la lama e cominciare la mia corsa per salvare lupo. Una figura scura, che torreggiava sulle altre decisamente più piccole, mi volgeva le spalle. Era lei il mio obiettivo. Giunsi in perfetto silenzio prima di quanto pensassi e, come se sapessi già cosa fare, menai prima un fendente alle gambe della creatura, e poi un'altro all'altezza del torace. Essa cadde a terra, e la scavalcai con un salto, finendo accanto al cane.
Nonostante trovassi sgradevole il suo odore e ne temessi la potenza, recuperai la pistola dalla fondina posta sulla parte bassa della schiena. Fui davvero contento di essermi preparato così accuratamente, prima di giungere al tempio. Sparai con la sinistra, ma la distanza ravvicinata mi favorì: di uno dei tanti mostriciattoli scuri che infestavano il tempio non rimase che un mucchio di membra del colore della pece. Un altro mi si gettò addosso all'altezza del ginocchio, ma fui abbastanza rapido da spostarmi indietro, e ferirla a morte con un affondo ben piazzato.
Riposi in fretta l'arma a polvere nera, e nel frattempo mi guardai intorno. Lupo si trovava poco distante da me, e dietro alla prima bestia che avevo eliminato - o meglio, credevo - c'era Shervaar alle prese con una creatura identica a quella stesa sul pavimento. Non appena quella davanti a me cercò di rialzarsi, fissandomi con il suo volto inespressivo e senza pelle, non mi persi d'animo ed iniziai subito a frugare nelle tasche. « Non questa, non ora » pensai, mentre sceglievo un'altra soluzione. In mezzo al torace della creatura, nella posizione in cui avrebbe dovuto trovarsi il cuore, c'era una sorta di nicchia, e all'interno di essa risplendeva una candela dalla fiamma scarlatta e dalla cera scura.
« Seguimi, Lupo! » Incominciai a correre verso lo sciamano. Lanciai la biglia che avevo estratto dal mantello proprio sul volto dell'ombra: essa detonò, stordendola, e fui dietro di lei con un salto. Arrivato da Shervaar lo afferrai per un braccio, continuando a correre verso il piedistallo ancora illuminato dalla torcia, il cane al mio fianco.

Ripresi fiato una volta arrivato alla torcia. « Se in quel tuo mantello hai anche un buon diversivo quello lì dietro è mio » disse Shervaar. All'inizio non capii, ma poi mi accorsi che una creatura era china su quell'altra, e le fiammelle nei loro toraci risplendevano mentre quella in piedi parve lanciare un qualche incantesimo sulla gemella, che infine si rialzò. Subito un forte dolore mi attanagliò la testa, facendomi vacillare. Dovevo tenere duro ancora un po', ma lo avrei fatto lontano da quelle due.
Mentre le altre bestiole cominciavano a riunirsi attorno al piedistallo, compresi che avrei dovuto ricorrere a rimedi rischiosi. « Pensa a lei. Io ti copro. Non avere paura di questo » dissi, mentre tiravo fuori l'ampolla di vetro dalla borsa, e la fissavo con sguardo insicuro. « Ci aiuterà ». Tolsi il tappo dell'ugello più piccolo, e mi preparai al peggio. « Grazie ».
Il fumo nero che fuoriuscì dalla sfera si condensò rapidamente in una figura dai contorni indefiniti che, in uno scatto di rabbia, schizzò verso l'oscurità portando con sé due lucciole. Terrorizzato, feci cadere il recipiente per terra e distesi Fabula dinnanzi a me. « Penso io alle bestiole » sussurrai allo sciamano « e tu resta qui » ordinai al cane, mentre mi lanciavo dalla parte opposta di quella dove l'elfo sarebbe dovuto andare, menando fendenti carichi di rabbia e imprecisione.

Non saprei dire quanto tempo passò. A me parve un'eternità, ma in effetti menai soltanto pochi affondi. Le bestie, prive di occhi, erano lente e vulnerabili, ed io sapevo dove colpire. Una fu più furba delle altre, e riuscì ad avvinghiarsi alla mia gamba. Fece una fine orribile, quando riuscii a liberarmene dando un calcio ad una colonna. Andò tutto a meraviglia, fino al momento in cui non udii un urlo disumano, e caddi in ginocchio. Il mio cranio pareva sul punto di scoppiare, mentre pulsava di dolore allo stato pure, e chiusi gli occhi cercando di isolarmi dal resto del mondo. Sbagliai di grosso. Mi voltai udendo dei rumori, e trasalii quando il mostro che avevo colpito dal dietro all'inizio parve sul punto di saltarmi addosso. Da quella posizione svantaggiata sarei stato davvero in pericolo, se l'elfo non fosse stato lì ad aiutarmi: comandò alla terra di alzarsi per difendermi, e quella gli rispose. Mi rialzai con un salto, il filo della spada che tremava puntato verso di lei.
Shervaar la colpì alle spalle, e quella vacillò. Ne approfittai per menare un rapido - sebbene debole - affondo al suo costato, e indietreggiai quando vidi il guanto d'arme dello sciamano poggiarsi sulla testa di quella. Presto una scarica si propagò dal metallo, attraversando l'ombra e mettendo la parola fine a quel breve ma intenso capitolo. Shervaar mi sorrise, ed io ricambiai, a fatica. Per un secondo il tempio sembrò sul punto di tornare in zilenzio, ma subito mi ricordai che non eravamo i soli in quel tempio. « Gli altri! »





- Taliesin -


Energia

60 / 100
CS

5
ingegno x2
riflessi
attenzione
fortuna
Status fisico
2 / 16
(taglio alla schiena basso, graffio alla gamba sinistra basso)
Status mentale
3/16
(emicrania)
Razza
Umano
Dominio
Illusionista
Classe
Ladro
Energia Verde - Pericolosità D

5 - 10 - 20 - 40
(standard)


Equipaggiamento

Fabula: spada corta;
Scarabio: artefatto di livello epico;
Flauto della Palude Nera: strumento musicale, artefatto di livello avanzato;
Liuto di Luke Mannersworth: strumento musicale;
Itinerante: mantello, artefatto di livello epico;
Fumogerno: oggetto dell'erboristeria;
Sfera dell'evocazione: oggetto dell'erboristeria;
Fabula: spada corta;
Pistole ad avancarica: arma da fuoco piccola, 4 colpi.
Biglia accecante oggetto erboristeria, vedi "Itinerante"



Abilità Passive

Il cantastorie: le illusioni non necessitano di vincoli fisici, come il movimento e la voce, per essere castate; possibilità di modulare tono, volume e punto di provenienza della propria voce a piacimento; fintanto che un’altra illusione è attiva, come effetto aggiuntivo anche il corpo del caster potrà essere modificato a proprio piacimento, nonostante rimanga una semplice illusione;
Il vagabondo: non si sviene sotto il 10% delle energie; malia psionica passiva di fascino;
Scarabio: possibilità di parlare amichevolmente con animali non più grandi di uno scoiattolo; il peso del corpo di Taliesin è pari a quello di uno scarabeo e non emette rumori mentre cammina; senso di inadeguatezza nei confronti della natura;
Il Flauto della Palude Nera: il suono del Flauto provoca negli ascoltatori un senso di profonda insicurezza;
Itinerante: immunità da auspex passivi.



Abilità Attive


Inafferrabile, pergamena ultima: natura fisica; consumo variabile, grazie alla sua fortunosa rapidità il caster diventerà in grado di evitare offese fisiche o magiche avversarie semplicemente schivandole, con un consumo di energie adatto. La tecnica può essere usata a 360°, perdendo effettività come tutte. Inoltre tramite un consumo nullo sarà possibile aprire lucchetti, serrature ed altre ostruzioni non magiche. (ex liberazione/lockpick; consumo nullo per aprire la serratura, basso per sfuggire alla presa iniziale)
"Qualcosa che gli sarebbe inevitabilmente servito"; Nulla: il personaggio tira fuori da una delle tante tasche del mantello un oggetto a sua scelta, anche non posseduto. Nel mantello ci sono oggetti comodi per ogni situazione e risorse spesso inaspettate, sebbene mai armi non possedute e/o troppo grandi, oppure oggetti magici sempre non posseduti. Ci si rimette al giudizio del Qm per un utilizzo improprio di questa tecnica, oppure in caso questi trovi giusto che un determinato oggetto utile alla scena sia in possesso del personaggio all'utilizzo della tecnica. Non è impiegabile in combattimento. (varie cose, usata ed abusata)
Autocontrollo, pergamena ultima: natura psionica; consumo variabile, conta come una normale difesa variabile da attacchi psionici, che tramite un consumo appropriato renderà la mente del caster sfuggente e inattaccabile. (usata per difendersi da Hood)
"Quella che vedo come tale"; Bassa: il personaggio riesce con il semplice potere della sua voce e/o della sua dialettica a convincere un qualsiasi bersaglio di ciò che sta dicendo, a prescindere da ciò che è verificabile semplicemente guardando la realtà, a meno che non ci si difenda con un'adeguata tecnica. Natura psionica, malia. (usata contro Hood)
Colpo basso, pergamena iniziale: natura fisica; tramite un consumo basso il caster, utilizzando il proprio corpo o qualsiasi strumento adatto, infliggerà un danno basso alle gambe del nemico, facendolo cadere a terra. (ex sgambetto, usata contro la prima Sanguisuga)
"Nessuna di loro aveva sospettato l'esistenza di altre tasche ben più recondite in quel maledetto mantello." Bassa: il personaggio ottiene due biglie per il resto della giocata. Queste biglie, decise al momento dell'utilizzo della tecnica, dovranno essere scelte fra gli oggetti offensivi in Erboristeria. Anche se non utilizzate non saranno inseribili in scheda. Le biglie, da quel momento della giocata in poi, saranno utilizzabili come se fossero stati acquistati regolarmente - non avranno valenza di tecnica né consumeranno slot o energie oltre a quanto richiesto dall'attivazione di questa abilità, la quale ha lo scopo di evocarle. Natura magica. (esplosivo già utilizzato, biglia accecante ancora in tasca)
Sfera dell'evocazione: evocazione a consumo medio, durata 2 turni, 2 cs (1 in forza e 1 in agilità), subisce un danno massimo pari a basso prima di scomparire. [...] Questo permetterà la fuoriuscita di una parte del denso gas, che prenderà una forma propria una volta a contatto con l'aria. L'aspetto assunto sarà vagamente umanoide, ma in continuo e vorticoso mutamento. Possiederà tratti mostruosi e orribili, ed erupperà in una violenta sete di sangue: sarà infatti veloce come il vento stesso, e nonostante ciò colpirà con vigore impressionante, grazie al rapido processo di addensamento del fumo che la compone. Il processo risucchierà parte delle energie di colui che ha deciso di liberarlo, ma la nuova entità combatterà per il suo liberatore, prima che l'impeto di malvagità che la costituisce scemi, ed il fumo si disperda.



Ricapitolando...

Oh.
Dunque: l'autoconclusivo in sé si divide in questi punti (si attenda Shervaar per l'altra metà, complementare a questa). Taliesin (80% en.) dice a Shervaar di coprirlo per andare a salvare Lupo. Arrivia dietro a sanguisuga1 praticamente inosservato, per via delle passive anti auspex e rumore dovuto alla corsa. Utilizza Sgambetto (75%) e mena un attacco fisico che, per via della differenza di CS (5 a 1) e la riuscita della prima tecnica infligge un danno notevole, quantificabile a Critico. Uccide due lucciole (2/9, una è già stata seccata da Sher) senza problemi, sempre per via della differenza di CS, e si accorge che sanguisuga1 si sta alzando mentre Sher combatte con la 2. Utilizza la tecnica di Itineranten (70%) per recuperare 2 biglie, lancia quella esplosiva in faccia alla sanguisuga1 e la scavalca, seguito da lupo. Si porta dietro lo sciamano, e tutti ci dirigiamo verso il piedistallo.
Nel frattempo sanguisuga2 cura sanguisuga 1 con una cura di potenza alta, a costo per metà energetico (10%) e metà come autodanno fisico, e poiché il suo talento è guaritore cura un danno complessivo pari ad Alto. Sanguisuga1 usa una tecnica riassumibile come una semplice psionica ad area a consumo e potenza media, che causa quindi danno basso. La subisce. Usa la celebre sfera dell'evocazione (addio, cara) (60%) che mette fuori gioco un paio di lucciole (4/9) e che tiene occupata sanguisuga 1 e aiuta Sher (questo lo descriverà lui). Subirà però un danno basso, e si dissolverà.
Mentre Taliesin miete un po' di vittime (9/9), succede qualcosa (anche qui bisogna aspettare Sher) e sanguisuga1, dopo la morte della gemella, se ne esce con un danno psionico ad area (danno medio a testa) che mette temporaneamente fuori gioco Taliesin. Questa lo raggiunge e si avventa su di lui, ma sher mi difende (vedi suo post) e la finiamo, io con un attacco fisico e lui con un attacco fisico e una tecnica di qualche genere.
E... fine di questo lunghissimo post. Ho inserito anche le tecniche usate prima del combattimento, e le situazioni in cui le ho utilizzate.


Sanguisuga1
: razza mezzondemone, classe mentalista, talento stratega. CS: astuzia (1)
Condizione: morta. A-ha.
Sanguisuga2: razza mezzodemone, classe guerriero, talento guaritore. CS: costituzione (1)
Condizione: morta. Ahahahah.




Edited by Hole. - 12/11/2013, 23:27
 
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Shervaar
view post Posted on 12/11/2013, 23:05






L’elfo si sporse appena da dietro un angolo, lanciando una rapida occhiata al tempio. Se di già giorno di l’ architettura di quell’edificio gli era sembrata inqietante ora, con alla luce della luna che filtrava timida tra le nuvole, aveva un aspetto ancora peggiore.
Si ritirò tra le ombre e si sistemò il cappuccio sulla testa, un poco nervoso.
Forse perché costretto a strisciare nelle tenebre come un ladro, forse perché nonostante fossero ormai anni che elfo e falco viaggiavano insieme, Shervaar era stato scavalcato lasciando a Taliesin l’onere di comunicare con Bloodwing. Nessun rancore in realtà, ma la cosa comunque lo toccò mettendo per la prima volta in discussione la profondità del loro legame.
Allungò un braccio, aspettando che il pennuto si posasse, e attese dal bardo un resoconto della ricognizione. L’unico ingresso, a parte due papabili assi appena smosse sul tetto, era proprio quello che l’elfo stava per violare nel pomeriggio, con l’unica differenza che ora la catena non sigillava il portone da fuori. Partì allora Taliesin, questo scostò quanto riuscì una delle ante del portone e quando riusci a violare il lucchetto che chiudeva da dentro i due sciamani, il bardo, il loro gelido comandante e la sua seconda sgusciarono nel tempio. Erano pochi, ma dovevano indagare in silenzio.
Nel varcare la porta l’elfo notò tutta una serie di impronte che non ricordava di aver visto al suo primo sopralluogo, dettaglio non indifferente visto che a giudicare dalle orme un uomo doveva essere ancora chiuso dentro. Lanciò un’ultima occhiata al silenzioso villaggio prima di immergersi nell’ombra del tempio, violando il luogo sacro. Se riusciva ad accettare il proprio operato in quel momento era solo perché, glielo diceva l’istinto, in quel villaggio stava succedendo qualcosa di grosso.

Pressa chissà dove Taliesin tirò fuori una torcia, la cui luce tremolante illuminò lo squallido l’interno del tempio. Sul lato opposto al loro, ben sopraelevato, un vuoto piedistallo stava posizionato sotto un apertura circolare nel soffitto. Cauto Shervaar si avvicinò e con una rapida occhiata intuì che in teoria al mezzodì la luce del sole doveva illuminare il piedistallo, peccato che ora assi malmesse tappassero il buco e il piedistallo fosse vuoto. L’elfo si avvicinò a quest’ultimo, notando un incisione sulla base, ma prima che potesse coglierne le parole la torcia volò dalle mani del bardo e l’elfo udì un passo alla propri destra, seguito da altri più veloci che si spensero man mano. Si girò allarmato, cogliendo solo un tenue bagliore dietro la soglia di una porta.

Teso, cosciente di essere ormai alla resa dei conti, Shervaar si spostò a ridosso del muro facendo un cenno al resto del gruppo e indicando la luce. Si avvicinaro tutti, cautamente, mani sulle armi, e scorsero una stretta scala a chiocciola illuminata da torce che portava nelle profondità del tempio. Da sotto, invece del consueto puzzo di stantio, usciva acre e pungente l’odore di morte.
L’elfo soffocò un conato mentre, ottenuto il consenso da Jevanni, Taliesin si infilò giù per le scale. Arrivarono senza intoppi in una sala rettangolare, completamente immersa nel buio, e vennero accolti da una pacata voce maschile. Hood a quanto diceva Àlfar.
Questo con decise parole incolpò gli stranieri per la loro intrusione in quel luogo sacro, in quel villaggio che non desiderava visite. Fu sempre Àlfar trattare con Hood, le cui parole svelarono presto un distorto fanatismo, e furono proprio queste a destare nello sciamano un inspiegabile moto di rabbia. Tra lo sdegno e la contradizione dei presenti la sua frusta schioccò, azzoppando il delirante Hood ora disperatamente aggrappato alla sua spada arruginita.
Il bardo sbottò contro il compagno, levando in realtà le parole di bocca a Shervaar stesso, e contraddetto imboccò nuovamente le scale. L’elfo colse al volo l’occasione e informando Jevanni delle proprie intenzioni segui il bardo fuori dalla cripta, lasciando quelle mura claustrofobiche che puzzavano di morte.
Fuori dal portone della chiesa vi era il motivo che aveva portato l’uomo e l’elfo nuovamente in superficie, intento ad abbaiare contro il buio. Erano lì per evitare che il cane svegliasse tutto il villaggio, sicuramente l’ultima cosa che gli uomini del Sorya si auspicavano, ignari in realtà che nel buio si aggirava qualcosa di ben più pericoloso.
Un brivido corse lungo la schiena dell’elfo, che lasciò vagare lo sguardo nel buio in cerca di qualcosa, un qualcosa che rendeva quella notte più buia di molte altre.
<< C'è...c'è qualcosa di...sbagliato...stai attento… >> mormorò turbato, continuando a scrutare il buio in cerca di un inafferabile nemico.
Talisien nel frattempo si era avvicinato al cane e passandogli una mano sulla testa provò vanamente a tranquillizzare la bestia. I suoi latrati continuavano a squarciare il silenzio della gelida notte, mentre spaventato l’animale sembrava ritirarsi lentamente verso il tempio. Fu allora che l’elfo udì un fruscio, impercettibile. Qualsiasi cosa ci fosse lì fuori era vicina, molto, troppo. La tensione iniziò a tramutarsi in paura, mentre il loro invisibile nemico si avvicinava inesorabile.
<< Dentro. Veloce! >> provò a sollecitare lo sciamano, che a suo rischio si allontanò dal portone provando a spostarli di peso, prima il cane e poi il bardo, entrambi nonostante tutto restii a tornare al sicuro tra le mura del tempio. L’elfo allora pregò che gl spiriti lo proteggessero quella notte, e mentre le rade nuvole liberavano la luna dalla loro morsa donando allo sciamano un po’ di luce questo vide una mano nera come l’inchiostro allungarsi avida verso la spalla del bardo. Le sue unghie avorio ghermirono appena le carni del ragazzo, che con un sforzo congiunto di uomo ed elfo riuscì a evitare di ritrovarsi la spalla dilaniata. L’elfo acchiappò Taliesin per un braccio tirandolo a se e lanciò una saetta mezzo alla cieca verso la mano artigliata, si fiondò verso il tempio quando una qualche diavoleria lanciata dal bardo esplose alle loro spalle, coprendogli la ritirata. Scorse con la coda dell’occhio numerose figure agitarsi nel buio, pensando non poco spaventato che il nome “Ombre” era più che appropriato per quelle creature, poco più che immateriali fantasmi fluttuanti nella notte.

Varcò le porte del tempio per ultimo, ma prima che potesse siggillarsele alle spalle un flash illuminò la stanza. Curioso che in quella notte popolata di mostri fosse proprio un lampo di luce a dare alla mente dell’elfo il colpo di grazia. Tettore profondo, uno di quelli che ti blocca le gambe, che ti sussurra nel’orecchio che a breve la tua fine sarà una delle peggior mai auspicabili. Si poggiò su una colonna mezza diroccata, osservando impotente un fiume di incubi infilarsi nel tempio, convinto che la sua fine fosse solo questione di attimi, finché a tirarlo fuori dal buio tunnel non arrivò la voce di Taliesin, palesemente in cerca di aiuto.
<< Non ti sei mai arreso, e non lo farai di certo ora >> si disse, tutt’altro che intenzionato a lasciare il proprio amico alla mercé delle ombre. Anche quella volta, come molte altre prima di questa, fu il proprio altruismo, altruismo che prima o poi lo avrebbe trascinato nella tomba, a smuovere il titubante sciamano.
Con un piccolo scatto intercettò un ombra, l’ultima della colonna di nemici, e con un destro repentino la fiondò contro una delle panche della chiesa. Una saetta partì contro il suo volto, abbozzato solo da contorni sfumati, e questa contorcendosi si abbandonò al suolo inerme. L’elfo intanto era già partito, cercando di recuperare il tempo prezioso perso per la sua debolezza. Si affidò nuovamente alla furia del Fulmine e tagliando diagonalmente la chiesa si fiondò contro uno dei nemici più prossimi a Taliesin. Questo era di spalle, indifeso, intento a trucidare una manciata di quei mostri che si era avventata sul cane. L’elfo afferrò al volo una mano artigliata, evitando che si allungasse sino al bardo, e con un gancio allontanò dal proprio compagno l’ombra, solo una delle tante in reatlà. Guardò con una punta di terrore le sibilanti fantasmi dimenarsi davanti a lui, più di una mezza dozzina. Una tra tutte attirò la sua attenzione, oltre a generargli un moto di puro disgusto. Escluso un ampio squarcio nel petto, opera dello sciamano e dei suoi elementi, questo sembrava niente più che l’abbozzo di un umano, incompleto, stentato, un ombra dai tratti appena umani che al posto del cuore aveva una candela dalla tetra luce.Un occhio, presente in un punto casuale del volto, lo guardò fisso e l’elfo si senti profanato nell’anima. Rimase inerme violentato da quell’occhio inquisitore mentre allungndosi un ombra gli aprì un squarcio un petto con una mano artigliata. Ringrazio mentalmente il bordo che, prendendolo per un braccio lo trascinò via verso il piedistallo, non prima di aver fatto scoppiare un altro dei suo giocattoli.

Si ritrovò spalla a spalla con il bardo, erano ora vicini alla torcia che Taliesin aveva acceso prima, ancora miracolosamente in funzione, ma prima che potessero prendere qualsiasi iniziativa l’elfo notò con disappunto che una il demonio malformato che aveva affrontato un secondo prima ora era chino sul un suo simile, evidentemente passato per le mani del bardo. Le fiammelle nei loro petti iniziarono a danzare all’unisono, e poco dopo, per un qualche diavoleria quello a terra si rialzò, mentre le sue ferite si rigeneravano lentamente.
Provò a lanciare un imprecazione a denti stretti ma le parole gli morirono in bocca, mentre un dolore lancinante gli invase la mente, annebbiandogli per un secondo la vista.
Un muro di ombre si era parato davanti a loro quando l’elfo tornò a mettere a fuoco. Fissò in particolare i due umani mancati, gli unici che gli erano sembrati veramente pericolosi
<< Se in quel tuo mantello hai anche un buon diversivo quello lì dietro è mio >> disse l’elfo, chiaramente riferendosi a quello che aveva già avuto l’onore di conoscere e intenzionato a chiudere i conti con quell’aborto che continuava a creargli problemi. Si sorprese nel sentire quella frase, quasi una battuta, uscirgli di bocca in quel momento in realtà disperato. Il ragazzo rossiccio, nonostante le apparenze, aveva dimostrato più volte di sapere il fatto suo e saperlo al suo fianco in qualche modo rincuorava lo sciamano. Attese conferma e sicuro di essere coperto si mosse, mentre da un ampolla uscita da una delle mille pieghe del mantello Taliesin tirò fuori un altra delle sue diavolerie. Mentre il bardo lo rassicurava denso fumo nero si condensò al suo fianco e senza preavviso si lanciò alla carica un ombra umanoide, l’unica quella sera che non desiderasse la sua pelle. Sfruttò il diversivo e la seguì, lanciandosi nel mucchio.
Coperto su un fianco del loro nuovo alleato e sull’altro da un muro di pietra che si sbrigò a erigere l’elfo passo indisturbato tra le fila nemiche e con rapidi movimento sgusciò tra le ombre, puntando direttamente alla sua nemesi. Con un destro ben piazzato, supportato della forza della Terra sua alleata, allontanò l’abominio del gruppo, ingaggiando un rapido uno contro uno. La creatura sbatté contro un panca ma prima ancora che potesse riprendersi una saetta fulminò verso il suo volto, ustionandolo gravemente. Unico segno ancora distinguibile in quel viso malforme e trasfigurato delle ustioni era l’occhio, un nero pozzo senza fondo.. Il mostro tornò a scrutargli l’anima e fluttuando nel buio si avvicinò mostrando una mano artigliata. Shervaar, stordito ma questa volta pronto, si lanciò contro il nemico, incassando un butta ferita sul fianco ma spappolando con un rapido colpo l’occhio malefico. La creatura iniziò a contorcersi e in un attimo l’elfo la prese per il collo, incollandola contro una colonna. Richiamò nella propria mano quel Fuoco che nel pomeriggio aveva dovuto domare e affondò la mano infuocata nel petto nemico, appiccando un fuoco indomabile alla candela che aveva al posto del cuore. Allontanò con ribrezzo la creatura, prima che potesse ferirlo nel suo frenetico dimenarsi e gettò un occhio sulla situazione generale.

Parecchie ombre giacevano ormai al suolo ma quella che più di tutte lo preoccupava affondò in quel momento la sua mano artigliata nel nero fumo richiamato dal bardo, che si dissolse in un istante nell’aria. Per un momento l’elfo e il mostro si guardarono, poi l’ombra spostò il suo sguardo verso il compagno in terra, ormai praticamente dissolto tra le fiamme. L’elfo scattò, cercando di privare al suo nemico la possibilità di prendere iniziative, ma poco prima ancora di raggiungerlo si ritrovò in terra, carponi, con le tempie ad un passo dall’esplodere, mentre un urlo inumano rimbombava tra le spoglie mura del tempio. Di questo passo creatura gli avrebbe fritto il cervello, e con il suo quello del bardo. Alzò a fatica gli occhi cercando il proprio nemico, che ad un passo da lui era rivolto verso Taliesin, pronto a dilaniarlo.
L’elfo lanciò una nuova preghiera, questa volta non rivolta a se stesso, e poggiando i palmi sul pavimento innalzò un muro, coprendo appena in tempo il compagno.
Sfrutto allora l’attimo scattò dal basso colpendo il nemico sul fianco. Questo vacillo investito dal potere della Terra e ben presto si ritrovò una spada infilata tra la costole. L’elfo vide l’ombra spalancare ancora la bocca malformata ma prima ancora che questa potesse lanciare un altro dei suo gridi Shervaar lo afferrò per la testa, liberando selvaggia la furia del Fulmine
Allentò ben volentieri la presa mentre la creatura si accartocciava incorporea al suolo e si girò verso il compagno rivolgendogli un sorriso complice.
<< Anche questa volta l’abbiamo scampata >> pensò, evitando prontamente di lasciarsi sommergere dai ricordi.
I rumori di un scontro salirono allora su per la scala a chiocciola, ricordando allora a due che la notte era appena iniziata.
Legenda : Narrato - Pensato - Parlato

CS: 1 x Istinto

Danni fisici subiti: (3/16)

Danni mentali subiti: (3/16)

Energia rimanente: 100 - 10 - 10 - 5 - 5 - 5 - 5 = 60%

Abilità passive:
Empatia Animale - Bloodwing: Permette l'utilizzo del proprio compagno animale all'interno del combattimento, indipendentemente dal suo scopo.
[Razziale]

Furia del Fulmine: Permette di lanciare piccole saette con un secco gesto della mano e con la valenza di un colpo fisico non tecnica.
[Dominio I]

Residuo elementale: I colpi fisici corpo a corpo non tecnica di Shervaar sono infusi dell’elemento corrispondente alla natura dell’ultima tecnica utilizzata.
[Personale]

Tecniche usate:

Fascia protettiva: Una semplice fascia che donerà al portatore la capacità di proteggersi con un consumo Medio dagli attacchi psionici. [Non presente in game]

Dominio dei Cieli : Lo sciamano, sollevando una mano verso il cielo, è in grado di cambiare le condizioni climatiche a proprio piacimento potendo generare tempeste e temporali per un turno di gioco. Fulmini pioveranno dal cielo, qualora l’elfo lo desiderasse, e abbattendosi sui nemici dello Sciamano questi causeranno danni variabili, mentre effetti scenici che non causano danno alcuno saranno ottenibili con un dispendio di energie Nullo.

[Abilità attiva, Controllo atmosferico a costo Nullo - Pergamena]



Taglio del Fulmine: Shervaar, abbandonata la sua forma corporea, sarà momentaneamente capace di trasformarsi in un a saetta. In questa forma potrà scagliarsi in linea retta su un qualsiasi nemico, folgorandolo e riguadagnando il proprio corpo alle spalle dell’avversario, indipendentemente dal fatto che esso abbia subito o meno il danno Medio derivato della tecnica.

[Abilità Attiva, Dominio elementale del Fulmine a costo Medio – 3/10]



Dominio della Terra: Non vi sarà subdola magia ne temibile fendente in grado di ferire l'elfo qualora gli spiriti della Terra decidano di proteggerlo. Plasmando il terreno sotto i propri piedi lo sciamano sarà infatti in grado di creare un scudo che si sgretolerà assolto il proprio compito.

[Abilità attiva, Dominio elementale della Terra a costo Basso X 2 - Pergamena]



Tocco Infuocato: Non vi sarà legno che non arderà o metallo che non si scioglierà sotto il tocco infuocato di Shervaar, che, se ausiliato degli spiriti del Fuoco, potrà stringere nel proprio palmo un elemento tanto affascinante quanto temibile poiché, benché il contatto possa durare anche solo un attimo, qualsiasi cosa sarà vittima della furia del fuoco diverrà irrimediabilmente danneggiata e inutilizzabile.
In termini pratici l'elfo è in grado per un attimo di concentrare nelle proprie mani una fiamma tale da ardere o fondere qualsiasi arma o armatura.

[Abilità attiva, Dominio elementale del Fuoco a costo Basso, Talento I]



Furia del Fulmine: Richiamando nei suoi pugni la potenza della Tempesta lo Sciamano sarà in grado di portare una devastante bordata elementale. Ricoperte per un momento di fulmini le mani dell’elfo diverrano infatti portatrici di un incontenibile furia che si andrà a scaricare sul primo bersaglio colpito, rilasciando su di esso una scarica di potenza e pericolosità variabile. In alternativa, imbrigliando un’esigua quantità di tale potere, esso potrà lanciare piccole saette con un secco gesto della mano e con la valenza di un colpo fisico non tecnica.

[Abilita Attiva, Dominio elementale del Fulmine a costo Basso - 1/10 & Abilità Passiva, Talento I]



Note:

Eccoci qua, non posso postare le tecniche perché non sono al mio pc, domani appena torno a casa provvedo.

Comunque, per il flash rimango stordito e mi muovo in ritardo. Prendo una lucciola a caso e la maciullo, Mi sposto quindi con Taglio del Fulmine vicino a Taliesin, ferendo una sanguisuga#2. Fermo un fisico diretto verso il bardo e incasso un basso mentre sono stordito. Il bardo mi afferra e ci spostiamo verso la torcia. LA #2 cura la 1#, poi la #1 ci rigge il cervello, il bardo allora fa il diversivo e l’elfo parte. Con un consumo basso della variabile difensiva alzo un muro che mi copre sul fianco, mentre sull’altro c’è l’ombra a fare caos, e con un destro separo la sanguisuga dalla massa.
Lancio una saetta con la passiva, l’occhio inquisitore mi stordisce di nuovo, ma sta volta pronto, rispondo con un pigna sull’occhio, incassando un medio collaretale. La creatura è stordita e ne approfitto, lo acchiappo per il “collo” e lo incollo contro una colonna, poi con tocco infuocato gli fondo la candela, seccandola. So che è un uso improprio della tecnica ma credo sia meno grave di un monotono spam fulmini (le mie tecniche Basse al momento sono poche), alla fine era come usare Furia del fulmine, solo cambiando l’elemento.
Eliminato questo torno da Taliesin, il coso ci tira la l’Alta ad area ed io da terra alzo uno scudo basso per coprire il bardo, colpisco poi il nemico in pieno con un montante e mi faccio da parte, il bardo infierisce e io lo finisco con un Variabile basso di Furia del Fulmine.

Non dovrei aver fatto casini, ma il post era bello impegnativo e non si sa mai.
 
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view post Posted on 13/11/2013, 11:13
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Legenda dialoghi:

"PnG o QM"
Pensieri o dialoghi interiori "Parlato" per Ùlfer
Pensieri o dialoghi interiori "Parlato" per Àlfar
"Dialoghi appartenenti ai ricordi di Àlfar"
"Dialoghi di Taliesin"
"Dialoghi Shervaar"


Il canto dell'abisso

Capitolo Terzo;
Ceneri della Colpa.





Un brivido tormentato attanagliava l’animo del giovane durante il suo cammino. La forza di Ùlfer era svanita, come ogni notte, lasciando un senso di debolezza e di vulnerabilità in un vuoto pressante: come il bagliore della luna riluceva sulla pelliccia scura della sua armatura e la veste sotto di essa ne riluceva, così sentiva quel gelido chiarore schiacciarlo come la zampa di demone di qualche sorta e ne sentiva la lama oscura, puntata sul collo e pronta a lacerare il suo spirito. Con la sensazione di impazzire, muto e teso, Àlfar si dirigeva lentamente verso il luogo di culto del villaggio. Cinque figure che si spostavano di ombra in ombra…un silenzio innaturale, spezzato solo dal verso di qualche animale notturno.

Il tempio si ergeva nel punto più alto dell’altura su cui si sviluppava il villaggio. La nebbia era completamente scomparsa, la luna era nascosta tra le nubi e la notte si dimostrava tetra e inquietante. Sulla terra davanti al tempio si potevano distinguere due serie di impronte. Una andava e tornava, l’altra concludeva il proprio tragitto oltre le porte del tempio. Qualcuno è rimasto dentro…che gioia! Un battito d’ali distrasse il giovane mentre Bloodwing, il falco di Shervaar, si librava in alto.
L’animale sorvolò un paio di volte l’edificio prima di scendere rapido e appollaiarsi sulla mano del padrone. Nella brezza notturna, Taliesin si rivolse al falco. Era bizzarro vedere il bardo parlare al falco come se quello fosse un bambino. Àlfar non colse esattamente la dinamica di quel dialogo, né se ne curò particolarmente: era più interessato alla facciata imponente dell’edificio. Alta, troppo alta per una scalata. Le finestre sembravano raggiungibili – con un po’ di impegno – ma al loro interno, oltre i vetri frantumati, si trovavano delle sbarre che difficilmente avrebbe potuto attraversare. Un luogo di culto con le finestre sbarrate dall’interno? Che strana necessità…non mi piace per nulla.

I battenti della porta sembravano piuttosto pesanti, robusti e in buona salute per quanto l’intero edificio sembrasse in disuso da molto tempo. Taliesin volle provare ad aprire la porta per proprio conto: con un tonfo sordo di catene infrante e un cigolio sommesso, il passaggio era aperto di fronte agli occhi del gruppo. Taliesin, Shervaar e Àlfar entrarono seguiti da Jevanni e Seyrleen.

Lys era rimasta alla locanda per volere del comandante. Jevanni era stato categorico.

Quindi entrarono. La soglia e un breve tratto della navata centrale erano illuminati da un pallido cono di luce lunare: l’interno dell’edificio era ancor più trasandato dell’esterno.
Poche panchine, ormai da tempo inutilizzate, punteggiavano l’ampio spazio impolverato e delle colonne separavano l’area in almeno tre navate.
Il bardo estrasse dal mantello alcune torce – Ma che razza di mantello è? Le ha sempre avute? È un buffo personaggio…curioso – e prima che fosse necessario chiederlo, Àlfar richiamò un’esigua quantità di energia, facendola scaturire dalla linea vispa della frusta, per accendere con le fiamme dello spirito ululante alla luna. Sorrise debolmente prendendo una delle torce. L’atmosfera impolverata rendeva la luce decisamente fioca, ma si poteva ora vedere meglio la sala. Mura spoglie, devastate e dimenticate, detriti e calcinacci sparsi ovunque…l’abside presentava un altare vuoto. Un piedistallo che una volta doveva svolgere un ruolo centrale nella vita di quell’edificio.

Uno strano luccichio colse l’occhio vagabondo del giovane sciamano: tra i frammenti di calce e mattone ve ne erano altri molto diversi, che risplendevano alla fiamma della fiaccola come se dotati di una propria luce fortemente indebolita. Ne raccolse alcuni e si voltò verso Jevanni, esordendo con voce bassa e pensierosa "Ho il sospetto che su quel piedistallo stesse ciò che ora è in pezzi ai nostri piedi...può essere il motivo della diffidenza dei locali verso gli stranieri...”

CITAZIONE
Gli tornò alla mente la discussione alla locanda: Taliesin aveva parlato di un incendio. Lys aveva incontrato una vecchia che, apparentemente, era impazzita dopo la morte di una persona a lei cara. Sempre per un incendio. Shervaar aveva messo in chiaro che gli abitanti del villaggio odiano gli stranieri perché alcuni avevano, in passato, tentato di trafugare la pietra. E...beh, la tomba su cui Hood meditava portava un nome ricorrente in almeno tre delle testimonianze: Ireswort. Hood, la pietra, l'incendio, Ireswort...tutto combaciava fin troppo bene. Jevanni aveva quindi ordinato la spedizione. Ma più procedevano e più la teoria si solidificava agli occhi di Àlfar.

"un fallito tentativo di rubare la pietra...o un sotterfugio di Hood. Non ci vuole molto per fare due più due a questo punto...dietro il falò c'è quasi certamente lui..." Fu allora che notò che il leader del gruppo e l’elfa erano guardinghi e tesi. Mise i frammenti in un sacchetto al fianco e una mano alla frusta.
Un tonfo leggero e uno scatto rapido. Shervaar aveva raggiunto l’altare, intento ad analizzare il piedistallo e una delle torce lanciate da Taliesin cadde proprio lì vicino. ”Sht” Tutti erano sull’attenti.

Un singolo movimento felino della donna armata di alabarda, quasi contemporaneo a quello dell’elfo sciamano, seguito da un gesto di Jevanni. Àlfar si ritrovò a correre verso una soglia poco illuminata. Una scala stretta e fiocamente illuminata; un forte odore di morte, che ormai incrostava i muri, aleggiava nella piccola anticamera. Il primo a scendere fu Taliesin, seguito da Àlfar e Shervaar. La scala si fece progressivamente più buia, fino ad una situazione di quasi totale oscurità. I pochi tratti distinguibili erano quelli tipici di una cripta o un simile luogo sepolcrale…cubicoli di dimensioni ridotte per ospitare bare, segni di trascinamento, l’odore di morti da molto avvenute…e una voce.

”Proprio non resistevate al confermare i nostri timori. E pensare che siamo stati ospitali.” La voce suonò familiare per il giovane uomo, ”Hood?...Siete voi?” – al contempo il bardo tentò di rasserenare la figura nascosta dall’ombra “È stupido, dico sul serio. Non avete motivo di temere noi, qui. Le nostre intenzioni sono nobili”. Le parole del bardo sovrastarono quelle di Àlfar, ma la risposta del loro interlocutore rimosse ogni suo dubbio. ”Nobili. Senza dubbio.” cominciò il pastore, ”Irrompere in un luogo sacro alla nostra comunità introduce una nuova sfumatura alla parola "nobile"; anche se devo presumere che me lo sarei dovuto aspettare da gente come voi. Proprio dovete rovinare tutto.” concluse, instillando nello sciamano l’impulso di stringere forte la frusta. Dovette soffocare un ruggito di rabbia e tentare di controllarsi, sebbene nella sua mente rimbombassero parole poco nobili, Hood…vile bastardo. Traditore di anime. Si spostò accanto a Taliesin. La rabbia degli spiriti, tuttavia, si rivelò essere molto più forte del previsto. Ùlfer esplose in un ruggito profondo: ora che era protetto da quei muri, la luce cinerea della luna non poteva impedirgli di manifestarsi. C'era liberazione nelle sue parole..."Un luogo sacro abbandonato nella polvere e nel silenzio? Sbarrato dall'interno come l'anima di un peccatore? Voi...non immaginavo che il vostro culto portasse la follia come vessillo. Il vostro mentore...cosa direbbe di voi?"
Le fiamme dello Spirito brillarono ancor più con l’ultima di quelle parole marcando profondamente il volto terrorizzato e, in un certo qual modo, disgustato del predicatore. Una fiamma creata da Shervaar illuminò la stanza quel tanto che bastava per vedere che tra le mani tremanti di Hood si trovava una grossa spada piuttosto arrugginita, ma non per quello meno pericolosa. "Chi…cosa sei?" parole spaventate e attonite, pronunciate con un tono di fastidio e disprezzo. "Il mio mentore è morto. Adesso ci sono io, demone, e io salverò la comunità. Il vecchio non capiva, non voleva credermi, e ora sia lui che il suo animaletto che gli andava sempre dietro sono morti. Maledetto Ireswort. Cosa gli sarebbe costato ascoltarmi!?" Le parole si facevano gradualmente più pacate, non c’era calma nel suo tono ma la paura si stava trasformando gradualmente in qualcosa di diverso…
"Non posso permettervi di portarlo via. Adesso voi lascerete questa chiesa e nessuno si farà male. Domani ve ne andrete, e ci lascerete vivere in pace. Sarà colpa vostra se tutto andrà alla malora, avrete il vostro sangue e quello degli altri sulle vostre mani. E poi morirete pure voi." Un abbaiare proveniente da fuori colse l’attenzione del prete, che spostò lo sguardo su tutti i presenti, e distrasse leggermente lo spirito di luce: proprio nel momento in cui le fiamme si spegnevano e Àlfar tornava ad essere il proprietario del proprio corpo. La voce del loro oppositore suonava stranamente forte, imperiosa quasi, nel pronunciare il proprio comando ”Andatevene ora!

L’impulso di andare via, di abbandonare tutto e uscire da quella cripta si fece forte dentro la mente di Àlfar, ma altrettanto forte fu la sua volontà nel contrastare quel comando innaturale. Lo sforzo annebbiò per qualche istante la mente del ragazzo, guidato per qualche istante dall’istinto, ma fu più che sufficiente quel breve momento di caos perché Ùlfer animasse il suo corpo senza manifestarsi apertamente: La frusta guizzò con uno schiocco sonoro, mentre sulla punta si raccoglieva l’energia; al tack della frusta si accompagnò lo sbocciare di un verde fiore che liberò un fascio di energia ai danni di Hood.
Il prete cadde in ginocchio, ferito ad una gamba, trovando chissà dove la prontezza di spirito per appoggiarsi a un tavolino. Lo sguardo attonito degli altri e il forte disappunto di Jevanni accolsero Àlfar nel momento in cui tornò lucido e capì cosa era successo: non provò nemmeno a scusarsi, limitandosi ad assumere una posizione deferente – ”Perdonate, non succederà più…” si affrettò ad aggiungere rivolto al proprio leader. Questi aveva sguainato lentamente la spada e, con un movimento circolare si spostò lentamente verso Hood e con parole ferme cercò di calmare la situazione – ”Basta così, Hood. Non c'è bisogno di arrivare a tanto. Non siamo qui per fare del male a nessuno.” – Il movimento dell’elfa era stato soffice e pacato, ora lo avevano messo in una specie di tenaglia. Ma lo spavento, la ferita e, in generale l’atmosfera, dovevano aver fatto scattare qualche nervo di troppo in Hood, che ora sembrava pronto a rendere chiunque si fosse avvicinato alla porta uno spiedino.

”Non vi permetterò di rovinarci. Non un passo, dannazione a voi. Che cosa volete da noi? Che cosa abbiamo fatto per venir condannati da voi idioti?!” Si impose il claudicante predicatore. Con tono serio e di disappunto giunse anche la voce di Taliesin “Siamo qui per un motivo soltanto e quello non è di certo macchiarci di sangue innocente”…poi il bardo si dileguò verso il piano di sopra insieme a Shervaar, diretti verso l’abbaiare – ”Vado con Taliesin, cerchiamo di fermare il cane prima che svegli tutto il paese.” aggiunse quello.
"La pietra è distrutta! Ne abbiamo visto i frammenti!" Lo disse forte, perché tutti potessero udire. Se Hood avesse creduto che lui ne aveva la certezza…forse si sarebbe tradito.

-


Ora erano in quattro. Àlfar, Seyrleen, Jevanni e Hood. Una spiacevole sensazione si fece strada nell’animo del giovane sciamano: qualcosa era fuori posto…ma cosa?

La spada di Hood calò fino a sfiorare con la punta il pavimento. Sembrava più calmo ora, sebbene la mano armata tremasse ancora considerevolmente. Era ancora pallido per la tensione del momento e faceva scorrere lo sguardo su tutti a turno. All'intervento di Àlfar scosse il capo prima con veemenza, ma poi con sguardo abbattuto rispose – ”Non dovevate venire a saperlo. Pietradisole non ha adorato uno stupido pezzo di roccia caduto dal cielo da tanto, tanto tempo - ma ci bastava a tenere lontani quelli come voi.” Fissava Jevanni con astio. – ”Non dovevate venire a saperlo. Pietradisole non ha adorato uno stupido pezzo di roccia caduto dal cielo da tanto, tanto tempo – ma tanto ci bastava a tenere lontani gli stranieri. Il Messia...non deve essere disturbato.” Àlfar se ne uscì con una frase densa di disappunto – "Messia? Ireswort era contrario, vero? Non si fidava...per questo l'incendio. La pietra, perché distruggerla? È stato il vostro "messia" a volerlo?"”Il Messia non ci ordina nulla, a differenza di quel bastardo di Travian Gallion e il suo lacchè Ireswort. Perché tutti potessero comprendere, l’ho distrutta io!” gli occhi puntati dritti in quelli del giovane, il petto gonfio di orgoglio, proseguì ”Gli sciocchi temevano l'ira degli dei del cielo per questo nostro tradimento. Ma gli dei non sono mai esistiti, né mai ci hanno davvero protetti. Il Messia che ho scovato, d'altra parte...” – Quando la frase fu lasciata in sospeso, Àlfar si rivolse allusivo a Jevanni ”Credete che sia…?” e questi gli rispose pensoso ”La faccenda era ed ancora è confusa. Ma che un individuo da solo fermi le ombre...” inarcò poi un sopracciglio lanciando un'occhiata alla porta. ”Forse. Ma non potrà per sempre. Le ombre avranno bisogno di nutrirsi, prima o poi. E un villaggio indifeso...” Hood reagì a queste parole puntandogli la spada contro ed interrompendolo. ”Lui ce la farà. Io l'ho portato, io lo proteggerò e io salverò questo manipolo di sciocchi. Non mi toglierete questo.”

"Perché? Cosa avete trovato in questo messia di così...potente, o di così notabile, da farvi rifiutare tutto ciò che esisteva? Cosa vi ha spinto a credere che la persona che state così accanitamente difendendo possa salvare il vostro villaggio?" La voce del ragazzo aveva preso una piega meno aggressiva, mentre il prete continuava a parlare pieno di orgoglio e ferocia ”Lui ce la farà.” Ripeté. ”Lo ha fatto sino ad ora. Ci ha salvati per davvero. Le ombre obbediscono al suo comando di starci lontani. E lui obbedisce a me.” Àlfar perse la pazienza. "Controllare le Ombre?" Disse con un sorriso sarcastico. "Siete un bambino, che gioca con un fuoco troppo grande anche per gli adulti...Fatevi da parte, cessate questa follia..." Un rumore sospetto giunse dal piano superiore e, a giudicare dall’espressione sconvolta di Hood, non era certo un buon presagio. Mise mano a Bèrral e le spine dell’arma scattarono come artigli sull'attenti. Guardò il leader in cerca di un comando "Jevanni, signore, una parola e..." Ma non vi fu tempo per null’altro. Immediatamente, Àlfar chiamò in proprio soccorso la figura imponente del Primordiale Ululante.

-


Un fiume di Ombre si riversò nella saletta squittendo e stridendo. Schivarono Ùlfer, atterriti dalla sua presenza, così come le figure ben più minacciose di Jevanni e Seyrleen. Hood…

Ai suoi piedi si agitava una massa nera e convulsa. Le grida strazianti del fu-Sacerdote Hood si amalgamavano allo stridio scomposto delle Lucciole e al rumore delle carni lacerate: il nero fiume si era assestato in una pozza di onde che ora banchettavano con il corpo di Hood. – Ecco il folle che giocava con le Ombre. Prima o poi le fiamme nere ingoiano chiunque tenti di domarle, questa è la triste verità. – Un misto di disprezzo e compassione accompagnava quelle parole nella mente del giovane. Ma non era finita lì. Un brivido raggelante si impossessò del cuore di Ùlfer…Un essere composto di puri fulmini entrò superbo nella stanza, accompagnato dal dolciastro sapore di carni bruciate e ceneri umane.
Una Folgore? Qui? Dann… si interruppe a metà del proprio pensiero e si sentì parzialmente sollevato: l’essere si era diretto contro Jevanni, probabilmente attirato dal nemico più forte.
Ma, se una minaccia era svanita, un’altra era appena sorta: uno spettro, composto interamente di cenere, si era alzato fiero dal pasto che una volta era Hood. Né Ùlfer né Àlfar avevano mai visto quel volto, ma una sola voce dentro di loro li fece trasalire. ”Ireswort…” pronunciò lo spirito di luce. Un bagliore, seguito da una coppia di ululati rabbiosi, emerse dalle pareti accanto a Seyrleen e, prima che se ne rendesse conto, due magnifici cani-lupi neri si stavano gettando su un gruppo di Lucciole che avevano terminato il banchetto e stavano ora ondeggiando maldestre e furenti attorno al corpo cinereo di Ireswort.
Subito la ragazza si precipitò con un balzo contro il fantasma: l’eleganza dei movimenti di lei lasciò il cuore di Ùlfer sospeso per qualche istante tra un battito e l’altro, la vide portare l’alabarda fino al petto e scaricare una serie rapida di colpi esperti. Affondi precisi e ben mirati a punti “vitali” dell’essere, ma tutto ciò che scaturiva dai punti colpiti era cenere nera e finissima che si posava al suolo in sbuffi polverosi; l’intero corpo dell’essere si sgretolò. Seyrleen osservò esterrefatta, senza tuttavia abbassare la guardia.
Ma il movimento di Ùlfer seguì fulmineo: un passo ampio, per coprire la distanza relativamente corta; le fiamme bianche si tinsero di un azzurro profondo avvolgendo la mano e l’avambraccio sinistri mentre una luce iridescente brillava sulla punta delle dita. La mano di fiamme azzurre si avventò sul corpo del nemico proprio nel momento in cui quello si ricostruiva. Sangue nero e cenere nera, un grosso fiotto accompagnò lo spegnersi delle fiamme e il grido furioso e disumano della belva che stava loro davanti. Ùlfer atterrò accanto all’elfa che gli riservò un sorriso compiaciuto mentre entrambi eseguirono una rotazione di centottanta gradi, schiena contro schiena, e due lucciole atterravano ai loro piedi: aperte in due da un colpo di frusta e di alabarda. Al mucchio si aggiunsero due cadaveri ridotti a brandelli dai bellissimi animali evocati dalla ragazza.

”Via!” Gridò mettendosi tra Seyrleen e una scarica di proiettili neri come la pece. Il demone di fronte a loro sembrava altamente furioso. Il suo fianco destro era letteralmente spalancato, mancava un pezzo lì dove la mano aveva affondato le proprie grinfie. I proiettili bruciavano come le fiamme della corruzione, lo spirito cadde a terra in ginocchio ”Dannato!...Pagherai per questo!” No. Non è un dannato. È solo una povera anima persa su questa terra. È il mio compito guidarlo verso il regno degli spiriti. Hai combattuto bene, ma è il mio turno. Così Àlfar vibrò le corde dell’animo di Ùlfer, ne cinse lo spirito e richiamò la sua rabbia: il dolore del corpo si fece sentire come il fuoco nero che lo aveva provocato mentre il ragazzo, tornato finalmente alla propria forma umana, si alzava barcollando pronto a fronteggiare il nemico e guidarne lo spirito sul giusto percorso. Una sensazione pressante di fatica si stese come un sudario nella sala: le scintille della lotta tra Jevanni e la Folgore illuminavano l’ambiente circostante… Si scostò di lato appena in tempo per schivare un lampo di luce che sfrigolò nell’ombra alle sue spalle. La ragazza che combatteva al suo fianco non sembrava per nulla affaticata: quando un gruppo di Ombre si avventò su di lei le schivò con l’agilità di un ghepardo e la sensualità di un gatto. Un unico movimento delicato. E subito dopo, con altrettanta eleganza, spazzò di fronte a se gli avversari. I primi, esanimi, vennero scagliati contro alcuni più in là, sarebbero crollati se non fosse stato per un’improvvisa resistenza: i cadaveri vennero letteralmente gettati via con delle braccia simili a nera onice. Àlfar si vide costretto a richiamare il potere del suolo per fronteggiare l’offensiva delle Lucciole, ma l’energia che sorse dalla terra e che fece germogliare una copertura di pietre e cristalli sulle sue braccia non fu sufficiente e la morsa delle Ombre lo attanagliò: sentì le ossa scricchiolare, mentre un nuovo fascio di elettricità lo travolgeva.

Si liberò della presa e si spostò di lato. Con un movimento rapido della frusta cercò di colpire i propri aggressori: uno di questi si ritrovò un braccio tranciato all’altezza della spalla, con spine acuminate che penetravano la carne; i gemiti della belva lasciarono Àlfar molto soddisfatto. Uno dei cani di Seyrleen atterrò uno di quelli rimasti illesi e l’altro ne sbranò la testa con uno scricchiolio sonoro. Lo sciamano approfittò del momento e con un movimento di ritorno di Bèrral, richiamò a sé lo spirito del Grande Albero. Boom! un fiore verde come la primavera sbocciò sulla punta e una cannonata di energia puntò dritta contro il corpo del Fantasma di Ireswort. Non mi sono dimenticato di te, anima corrotta.

Un guaito sordo. Rumore di ossa spezzate. Le fauci delle cieche belve si chiusero sui corpi dei due cani. Al contempo il fantasma si fece scudo di ciò che restava del corpo di Hood contro il fascio di energia: con un gesto delle mani fece apparire di fronte a se il corpo quasi completamente divorato; l’impatto lasciò una nube di polvere nell’aria per qualche secondo e le ossa crollarono a terra separate le une dalle altre. Il fantasma ridacchiava, una risata lugubre che gelava le ossa, preparandosi a lanciare contro il ragazzo quella che sembrava una lancia di pura tenebra. Nel momento in cui la scarica di oscurità lasciò la mano del fantasma, Àlfar chiuse gli occhi preparandosi al peggio.
L’aria fu scossa, un rumore assordante si sparse nella sala facendo tremare le mura. Non solo l’offensiva del fantasma, quanto anche un fulmine – vagante dal combattimento tra Jevanni e il suo avversario – si erano infranti contro una statua munita di alabarda.

Scrollandosi di dosso la pietra che aveva ricoperto la pelle, Seyrleen riprese una posizione prettamente offensiva – ”Grazie…” mormorò Àlfar imbarazzato, ma lei lo rimproverò con tono fermo ”Alzati, abbiamo del lavoro da sbrigare.” il tono era solo severo, non di scherno né aggressivo, cinico forse. Fu abbastanza per far riprendere il controllo al ragazzo.

”Ok, finiamola qui. Comincia ad essere faticosa la cosa.” Ansimavano entrambi, anche se lui era decisamente il più affaticato. Le bruciature sul corpo dovute ai colpi subiti si facevano sentire ad ogni mossa, ma avrebbe resistito. Un ultimo sforzo si impose. Poi partì all’assalto: ricoprì di fiamme la propria frusta, lasciando fluire un’elevata quantità di energia, la agitò sulla propria testa e, come la sua fiamma assunse la giusta lunghezza, la fece saettare in direzione di Ireswort. Questi eresse rapidamente un muro di ossa evocate dalle tenebre della propria ombra, ma la frusta avvolse la struttura e, usandola per darsi slancio, Àlfar si proiettò dietro il fantasma. Nella mano sinistra due delle sue Spine di pesce. Ùlfer venne richiamato sul campo di battaglia. E affondò con forza le Spine, mirando con un colpo secco al collo del Fantasma. Il muro d’ossa crollò. A nulla servì la il gesto di Ireswort di parare l’attacco. Per quanto i riflessi sovrumani del demone e la sua velocità fossero superiori alla forza di Ùlfer, o alla destrezza di movimenti di Àlfar, nulla poté contro l’alabarda di Seyrleen: un colpo alla schiena, tra le scapole, l’uncino sulla punta dell’arma saettò dentro e fuori strappando la spina dorsale dalla propria sede; un secondo colpo aprì una spaccatura nel cranio…il terzo scisse completamente la figura in due.

Un gemito. Quattro tonfi silenziosi. Rumore di acqua che evapora su una piastra bollente.

Seyrleen guardò Àlfar compiaciuta, nei suoi occhi senza iride il ragazzo lesse qualcosa che lo fece sentire orgoglioso.

Era finita…era finita?




Scheda Tecnica

Àlfar /Ùlfer

Fisico: Contusioni Medie alle ossa del torace, ustioni Alte di natura sacrilega sparse sul corpo e un danno da shock Basso al petto. [9/16]
Mente: È stato intimorito dalla Folgore e ha subito una malia Bassa. (Il danno Basso deriva dallo sforzo impiegato per resistere a tale malia) [15-/16]
Energie: 30%

CS:1 Destrezza - 1 Forza

Abilità Passive:
- [Presenza Angelica]
Gli Avatar di stampo angelico non possono nascondere totalmente la loro presenza, pur mischiandosi con gli esseri umani e viaggiando tra loro e per le stesse vie. Le altre razze, infatti, percepiranno sempre qualcosa di sbagliato in loro, qualcosa di differente, ed è per questo che gli angeli incutono negli esseri innanzi a loro un innato timore reverenziale, purché questi non siano angeli stessi, e che siano di energie pari o inferiori all'agente.
Non è importante l'allineamento dell'Avatar. Quest'abilità funzionerà sempre e comunque, indipendentemente dal sopracitato fattore.

- [Dominio Lv. I]
Bèrral ha una trama di un verde acceso e luminescente che l'attraversa da un capo all'altro. In battaglia, da questo disegno complesso, sorgono piccole spine di pura linfa primordiale: rese solide dalla magia, si staccheranno all'urto con il corpo dell'avversario e rimarranno ferme sotto la pelle. Alcune di esse rilasceranno delle spore e faranno crescere muschio sulla parte colpita. Il danno causato da queste piccole manifestazioni magiche si aggiunge al danno fisico della frustata.


Abilità Attive usate per la battaglia:

- Attiva Dominio I liv. (Basso) [contro Hood]
Una bordata di energia non elementale di colore verde acceso viene generata tra le spine alla base della fune, per poi attraversare quest'ultima ed esplodere dalla punta con uno schiocco.

- Spirito Ululante (Medio)
Fiamme blu e azzurre, così calde da sembrare quasi gelide, ricoprono in una vampata il corpo del caster. Pagando un costo variabile egli è in grado di generare in questo modo una manifestazione magica: questa avrà la forma di uno spettro di fiamme azzurre che comparirà come estensione/espansione della forma fisica del caster e delle sue armi. La manifestazione magica eseguirà però un solo ordine e svanirà alla sua conclusione, indipendentemente dalla sua efficacia. La tecnica ha natura magica e nessuna affinità elementale (nemmeno un allineamento sacro/oscuro).

- Artigli di lupo (Alto)
Un bagliore iridescente trasmuta le unghie, rendendole visivamente simili a veri artigli ferini. L'attacco, sempre e comunque di natura fisica: infliggerà un danno Medio sull'impatto, lacerando la carne e causando profonde ferite che debiliteranno l'avversario con un secondo danno Medio nel turno successivo.

- Braccia di pietra (Medio)
Àlfar richiama a se l'energia della terra, coprendo le proprie braccia di uno strato di cristalli duri e leggeri. Permane la natura fisica della tecnica, che può essere utilizzata come difesa contro attacchi di potenza Media o inferiore. Non richiede particolari tempi di concentrazione e può essere usata prevalentemente a scopo difensivo: in questo stato, infatti, le braccia possono essere utilizzate come scudi da opporre ad offensive di qualunque tipo. La potenza difensiva sarà comunque Media nel complesso, potendo annullare attacchi di potenza media o inferiore, oppure ridurre l'offensività di tecniche di potenza superiore.

- Attiva Dominio I liv. (Basso)
Una bordata di energia non elementale di colore verde acceso viene generata tra le spine alla base della fune, per poi attraversare quest'ultima ed esplodere dalla punta con uno schiocco.

- Spirito Ululante (Alto)
Fiamme blu e azzurre, così calde da sembrare quasi gelide, ricoprono in una vampata il corpo del caster. Pagando un costo variabile egli è in grado di generare in questo modo una manifestazione magica: questa avrà la forma di uno spettro di fiamme azzurre che comparirà come estensione/espansione della forma fisica del caster e delle sue armi. La manifestazione magica eseguirà però un solo ordine e svanirà alla sua conclusione, indipendentemente dalla sua efficacia. La tecnica ha natura magica e nessuna affinità elementale (nemmeno un allineamento sacro/oscuro).
Seyrleen

Fisico: Sostanzialmente in ottime condizioni fisiche, affaticata dalla lotta [16-/16]
Mente: Affaticata dalla Variabile (danno Medio), ha subito l’aura di timore della Folgore [14-/16]
Energie: 30%

CS:2 Velocità – 2 Agilità – 1 Percezione

Abilità Attive usate per la battaglia:
- Cani da caccia (Cani-lupi neri) 2 CS (Forza)
La tecnica ha natura di evocazione, richiamando alcuni cani da caccia, in numero non superiore a tre, che il caster potrà controllare in combattimento descrivendone mosse ed azioni. La tecnica permetterà al caster di evocare "cani" in senso lato, in quanto animali di razza e tipo a sua scelta. La natura degli stessi, da scegliersi al momento dell'acquisto, però, comunque non potrà distanziarsi troppo dalle fattezze e pericolosità di un pastore tedesco, risultando allo stesso modo agile e veloce. Le evocazioni saranno considerate complessivamente di potenza Bassa e non potranno essere trattate autoconclusivamente dall'avversario. Se non richiamate, rimarranno sul campo di battaglia per due turni, compreso quello di evocazione, scomparendo al termine del secondo. Potranno comunque sopportare un danno fino a Basso. La loro potenza complessiva sarà pari a 2 CS.
Consumo di energia: Medio

- Carica violenta (Medio)
La tecnica ha natura fisica e consiste in un'offensiva di potenza variabile. Il caster carica l'avversario a testa bassa, attaccandolo con una serie violenta di attacchi a raffica, tutti in corpo a corpo. La tipologia degli attacchi varia a seconda della personalizzazione fatta dal giocatore, potendo consistere in una serie di pugni, o in alcuni attacchi in rapida successione con l'arma bianca, oppure, ancora, in una combinazione di arti marziali e prese varie. L'effetto che ne deriverà, comunque, sarà quello di causare all'avversario un danno pari al doppio rispetto al consumo speso. L'attacco, però, sarà tanto violento che inciderà, in termini di fatica, anche sulla mente del caster stesso, che si autoinfliggerà una quantità di danno alla mente pari al consumo speso. L'unica limitazione imposta alla tecnica è che l'offensiva consista solo e soltanto in un confronto corpo a corpo, quindi compiuto a mani nude o con l'utilizzo di armi da mischia. La tecnica dunque non è utilizzabile con armi da tiro, da fuoco o da lancio. La durata è di una singola offensiva.

- Movimenti felini
La tecnica ha natura fisica. In termini tecnici consiste in una difesa contro attacchi fisici o le tecniche dell'avversario. Il caster sfrutta la potenza delle sue gambe per muoversi e spostarsi sul campo di battaglia con la rapidità e l'agilità di un felino. Il caster sarà in grado di sfruttare balzi e velocità come delle schivate, al fine di evitare o deviare attacchi dell'avversario. La tecnica ha potenza Alta, pertanto la somma delle schivate compiute dal caster non dovrà necessariamente superare questo limite: potrà consistere, quindi, in due schivate di potenza media, o in 4 schivate di potenza bassa, a scelta. La tecnica non è comunque un Power-up e durerà soltanto il turno di lancio. Può essere personalizzata con effetti scenici di qualunque tipo, con l'inserimento di uno specifico felino di riferimento o con trasformazioni anche degli arti del personaggio, purché non ci si discosti dall'effetto e se ne intenda la natura fisica.

- Abbattere
La tecnica ha natura fisica. Questa costituisce un'offensiva con effetto di atterramento. Il cacciatore si avventerà sull'avversario, attaccandolo fisicamente con calcio basso alle gambe che, se non difeso, ne causerà l'atterramento. Tale offensiva sarà liberamente personalizzabile nella sua definizione specifica: potrà essere uno sgambetto vero e proprio, oppure una spinta all'indietro, una chiusura in una presa di arti marziali o qualunque altra movenza adatta allo scopo dell'atterramento. Inoltre, la tecnica causerà anche un totale di danno pari a medio. La durata è limitata ad un singolo attacco.

- Difesa di pietra
La tecnica ha natura fisica. Il guerriero rende il proprio corpo resistente quanto la pietra. Questo potrà provocare un mutamento della sua apparenza fisica liberamente caratterizzabile, purché non renda il soggetto irriconoscibile. Una volta utilizzata la tecnica il guerriero vedrà rallentati i propri movimenti fino a che essa non si dissolve. La tecnica ha valenza di difesa assoluta, e dura solo gli istanti necessari alla sua esecuzione.

VS


Le Ombre

- Lucciole (G): CS 1 (1 Percezione) - Classe - Sciamano; Stato - Defunto; Energie residue - 30%
- Ireswort [Fantasma (E)]: CS 4 (1 Riflessi - 1 Destrezza - 2 Intelligenza) - Classe - Negromante/Sciamano (sec.); Stato - Sconfitto; Energie residue - 35%
- Folgore della Superbia (Apparizione marginale)




CITAZIONE
Riassunto del combattimento:

Seyrleen apre l combattimento, evoca i due cani-lupi e si avventa su Ireswort mentre quelli aggrediscono le lucciole. Le evocazioni surclassano con la propria forza il fisico delle Lucciole e affondano le zanne su due di questi (danno quantificato come Medio). Nel frattempo l'elfa assale Ireswort con la Carica violenta (essendo l'alabarda un'arma da mischia in fin dei conti) e quello si difende usando la Difesa Assoluta "Corpo di sabbia", o meglio cenere, ricomponendosi viene però colpito dall'attacco di Ùlfer, Artigli di lupo, potenziato da Spirito ululante. I due alleati eseguono un rapido giro schiena contro schiena e infliggono un danno non Tecnica (quantificato come Medio) a due Lucciole che li avevano aggrediti. Ùlfer sacrifica il proprio corpo per difendere l'elfa dall'offensiva di Ireswort (Proiettile neri) subendo un pieno danno Alto (surclassato per la natura Sacrilega della tecnica e Sacra di Ùlfer), torna ad essere Àlfar e schiva con 1CS in Destrzza la saetta (vedere passiva I liv. Arcanista) a 0CS della Folgore (considerato a 0CS perché non diretta ad Àlfar in primo luogo). Utilizzando "Braccia di pietra" si difende parzialmente da "Abbraccio della natura" usato due volte dalle Lucciole restanti. Il secondo attacco delle Lucciole è rivolto a Seyrleen che si difende completamente e usa "Abbattere". Le Lucciole prevengono l'effetto di atterramento utilizzando "Braccia di pietra" ma subiscono il danno medio. Àlfar subisce un Basso da una saetta vagante (scagliata sempre dalla folgore) prima di potersi liberare dalla presa delle Lucciole, ferirne una gravemente (danno comunque minore di Basso). I lupi uccidono una Lucciola (quantificato Basso) prima di essere sbranati dalle restanti con la tecnica "Morso della tigre".
Àlfar scaglia una bordata di energia con l'attiva del dominio mirando ad Ireswort, che si difende con "Dominio delle ossa" usando il cadavere di Hood. Seyrleen difende quindi Àlfar da un "Dominio del male" di Ireswort e da una nuova scarica elettrica della Folgore usando la Difesa Assoluta. Off-screen, la ragazza dà il colpo di grazia alle Lucciole, annientando la loro difesa a 1CS con un'offensiva a 5CS (danno quantificato in Mortale, colpo di grazia dovuto alla vasta differenza di CS).
On-screen Àlfar attacca Ireswort con una frustata potenziata da Spirito Ululante, quello si difende con Muro di Ossa ed Àlfar sfrutta il muro e la sua 1CS in destrezza per portarsi rapidamente alle spalle del nemico. Riprende la forma di Ùlfer e mira al collo del nemico con una coppia di Spine di pesce (armi bianche da lancio usate qui come diversivo). Ireswort reagisce con una difesa a 4CS e da le spalle a Seyrleen. L'elfa si trova l'apertura ideale per attaccare nel momento in cui il muro e la frustata si annullano a vicenda: una combinazione di attacchi rapidi e precisi a 4CS (Agilità e Velocità rendono i colpi difficili da parare e con 1CS in riflessi l'avversario non ha letteralmente il tempo o la capacità di difendersi) che affondano nel corpo di Ireswort causando un danno quantificato con un Mortale.

Anche lo scontro tra Jevanni e la Folgore sembra finito.

Che sia finita?

- Note 1: i danni dei "fisici non-tecnica" sono stati quantificati in base a un parallelo con le dinamiche di uno scontro classico: es. "Morso alla giugulare = Mortale, rapportato alla quantità di nemici = Medio." o anche "Colpo alle spalle non difeso = tendenzialmente Mortale"
- Note 2: so di aver relegato il briefing pre-incursione ad una "Quote 'n Quote" di poche righe, ma non mi sembrava necessario creare tutta una scena separata...l'ho resa un ricordo.

Per tutto il resto, spero vi piaccia!
 
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~Cardinal
view post Posted on 24/11/2013, 17:40




Voci nel silenzio.

Credette dapprima che i suoni appartenessero all'altro mondo, l'unico posto in cui si trovava a suo agio, in cui i nomi dei colori avevano un senso anche pr lui. Si rigirò nel buio.

- la carezza ruvida della la coperta di lana grezza che lo imbozzolava -

Torna, torna. Provò a mettere tutto l'impegno per tornare lì dove era libero, cercò di pensare con tutte le sue forze al ponte di cristallo sospeso nel cielo che stava attraversando, sopra di lui niente se non arcobaleni e aria così tersa da far male.

- la linea di una goccia di sudore freddo sulla fronte, su una ciocca di capelli incollata sul viso -

Fece appello a ogni fibra della sua forza di volontà per non staccarsi dal suo paradiso, e immaginò come potesse essere percorrere altri spazi in altri tempi, e sentirsi libero di essere e fare tutto ciò che voleva...
- grida, e il suono dell'acciaio che ferisce la carne -

E si rese conto di essere sveglio.

Il buio nel buio nel buio dei suoi giorni era lì, a impedirgli di sognare.
Era così che contava i giorni in quel sotterraneo che non era una casa, che non era una prigione.
Che forse non era altro che un rifugio intermedio, un riparo dalla Minaccia di cui l'Uomo tanto gli aveva parlato.
Ma ora nel buio c'erano voci, e grida, e odore di morte.
Il ragazzo di nome Cardinale si tirò a sedere, scuotendo il capo e appiattendosi sul muro. Non poteva essere, la Minaccia non poteva essere arrivata fin laggiù. Provò ad alzarsi, le gambe gli tremarono, non lo ressero. Cadde carponi sulla nuda roccia.

Non fatemi del male.

Come rispondendo alla sua muta supplica, le presenze che gli tenevano sempre compagnia si strinsero intorno a lui. Delle tante vibrazioni che ne costituivano i sentimenti una sola ora predominava: allerta e fierezza, come un intenso rosso scuro.
Cardinale provò ancora una volta ad alzarsi, e stavolta i suoi amici lo sostennero. Mosse passi malfermi protendendo le mani davanti a sé fino a toccare altra roccia, fredda e umida. Vi mosse le dita, sentì la superficie incurvarsi: abbracciò la colonna e vi si sostenne. Dietro di essa sentiva danzare rabbia e violenza e fame e paura
Non fatemi del male.

Dita fredde, più fredde della cripta, fredde come l'inverno, ne lambirono i sensi.
E Cardinale capì di essere stato scoperto, e di non aver vie di fuga.
Le presenze intorno a lui scurirono la propria vibrazione, ma il ragazzo senza vista non riuscì a far altro che voltarsi in direzione del pensiero che l'aveva sfiorato
e a dare una pur flebile voce al suo pensiero.

- Per favore, non farmi del male… -



PJnzb
ͽS Y N O P S I Sͼ
"co-quest~master's bidding"

Un personaggio misterioso si affaccia nella scena: Jevanni può percepirlo grazie alla sua abilità di auspex, ed è proprio a lui che Cardinale si rivolge. Gli altri dovrebbero poterlo notare solo dopo che lui abbia parlato. Ha l'apparenza di un ragazzetto di al massimo diciassette anni, pallido e smunto, dai capelli lunghi fino alle spalle e lisci del colore della paglia. Ha una benda nera sugli occhi e si sostiene ad un pilastro; tutto lascia pensare che sia cieco. In sé non sembra costituire un'altra minaccia… se non fosse per il gran numero di ombre che orbita attorno a lui. Ebbene sì, avete letto bene: quelle stesse ombre che tanto scompiglio stanno portando nell'Eden e da cui Pietradisole pare misteriosamente protetto. Maggiori informazioni su di lui sono reperibili in questa scena.
Stabiliamo il da farsi in Confronto!

 
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view post Posted on 25/11/2013, 17:59
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Facciamo un passo indietro.
Prima delle ombre, prima del Sorya, prima degli uomini e degli elfi stessi, c'è stato un tempo in cui i soli dominatori della terra erano... draghi.
« Draghi, dite? » « Quelle gigantesche creature spaventose? » « Mai visto uno in vita mia; è certo che esistano? »
Ma certo, certo che esistono... di questi tempi siete abituati a considerare tutte le più squallide inezie come calamità improvvise e catastrofiche, ma non sono che quisquilie innanzi all'ira di un vero drago! Certo, essi sono ben più rari di quanto non fossero in passato e i loro interventi si sono fatti sempre meno frequenti, ma non per questo meno significativi: è stata l'ira di un drago a spingere Eitinel ad aprire quel varco che ha condotto qui le ombre, ed è sempre stata l'ira di un drago a salvarci tutti quando il mondo sembrava sull'orlo del collasso, solamente pochi anni fa!
« Ma allora perché si nascondono, se sono tanto potenti? »
Questa è un'ottima domanda, a cui però nessuno è riuscito a dare una risposta: forse ci odiano. Forse non vogliono aiutare noi, ma soltanto il continente. Forse la loro influenza sul mondo si è indebolita col tempo, mano a mano che si incrementava quella delle razze civilizzate. Pensate soltanto che nell'antichità essi erano adorati come divinità, mentre oggi... oggi a malapena ci si ricorda della loro esistenza. Persino i Lauth più potenti hanno finito col dividersi e di loro non restano che memorie amare.
« "Lauth"? »
Ma sì! Piccoli gruppi di draghi che vegliavano perché la pace non venisse turbata ma che, vuoi per colpa di quel pazzo di Rainier, quella folle di Eitinel, o dissapori interni, si sono disgregati. I draghi esistono ancora, però! So per certo che vivono in mezzo a noi e si nascondono assumendo il nostro aspetto: essi ci osservano sempre e sono pronti ad intervenire al minimo segno di catastrofe; non avete sentito che di recente ne è stato avvistato un potente esemplare nel deserto dei See, molto più a meridione di qui?
« Così tanto a sud...? »
Già, ma non dovete disperare: la loro casa è qui! Loro sono nati in questa terra! Sono certo che è qui che sono più numerosi.
Ombre, rivolte, imperi... tutte buffonate!
Non dubitate che il giorno in cui starà per cadere su di noi una vera disgrazia, prima vedremo i draghi volare nuovamente nel cielo.

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Ombre. La progenie di Eitinel.
Incubi di carne. Affamati di coscienza. Malinconia vivente.
Le vedeva ovunque a Pietradisole. Alcune muoversi lungo le pareti come grandi ragni filiformi; altre nascondersi fra i vicoli delle case come una marea informe; altre ancora assumere degli abbozzati aspetti umanoidi per poter camminare fra coloro che le temevano. Ombre che si arrampicavano sulle pareti delle costruzioni; ombre che abbattevano recinti e steccati inconsce di ciò che facevano; ombre che facevano gridare di terrore gli uomini, avvicinandosi a loro.
Un'eredità che la Signora degli Elfi aveva lasciato agli uomini e che loro si erano rivelati incapaci di comprendere. Prive di controllo, esse si sarebbero aggirate per le città degli uomini come i bambini fanno alla ricerca della loro madre: confuse e spaventate, seppur ben più pericolose.
Gli era stato detto che quel villaggio era protetto da una reliquia in grado di allontanarle, ma le sue informazioni dovevano essere obsolete.
Valeva la pena indagare.

Ashardalon dispiegò le ali con un gesto secco e rumoroso, simile allo schiocco di quando si sbatte con violenza un tappeto per liberarlo dalla polvere. Gli bastò quel gesto per avvolgere Pietradisole in un'ombra persino più cupa.
Le ali erano grandi ed estese, ma riflettevano pienamente la sua età: la pelle si tendeva quasi trasparente dagli arti scheletrici, spezzata e bucata in più punti, come quella di un pipistrello ferito. Si innestavano sulle spalle possenti della creatura, le cui scaglie parevano la robusta corteccia nera di un albero secolare. Il mostro era sorretto da quattro arti muscolosi ed artigliati, possedeva un lungo collo serpentino ed una coda simile a quella di un coccodrillo; lungo tutta la sua schiena si alzava una serie di creste d'osso pericolosamente affilate e disordinate che culminavano in due corna taurine situate poco al di sopra dei suoi occhi felini. Il suo muso era affilato, allungato ed irto di zanne lunghe tanto quanto un braccio.
Da ogni poro della sua pelle si alzava un fumo nero e denso che si levava in spire convulse mentre saliva verso l'alto; i suoi occhi gialli rilucevano nell'oscurità come due piccole stelle indagatrici, severe ed attente.

Il drago ruggì, pronunciandosi in un terrificante suono nasale a metà strada fra quello di una tromba e il grido disperato di una donna. Un'esplosione che durò diversi secondi, udibile sino a chilometri di distanza e dalla potenza tale da far indugiare le ombre che stavano devastando Pietradisole. Le vide alzare lo sguardo verso di lui e rintanarsi nei vicoli dai quali si erano generate, mentre gli abitanti del villaggio gridavano terrorizzati.
Se ne compiacque, e ruggì una seconda volta, indugiando su quel suono per qualche secondo in più. Vide le persone tentare di fuggire ed inciampare nel fango per la fretta, le ombre radunarsi tutt'intorno alla chiesa del villaggio e alcuni uomini impugnare armi improvvisate, che per lui non erano che stuzzicadenti.

Si abbatté su di loro.
Troppo veloce per la sua stazza, schiacciando qualsiasi cosa si trovasse fra lui e il terreno. Bastò la sua mole per mandare in pezzi due costruzioni e schiacciare diversi abitanti che non avevano trovato il coraggio di muoversi: sentì le loro ossa frantumarsi sotto il suo peso con la stessa semplicità con cui uno di loro poteva schiacciare un insetto.
Schioccò le possenti mandibole una, due, tre volte. Il tempo che gli era necessario per raggiungere il piccolo tempietto di Pietradisole proprio mentre un nutrito gruppo di uomini ne stava fuoriuscendo.

Intorno a loro era il caos: le ombre parevano ignorare la situazione per rivolgersi contro gli abitanti del villaggio mentre il gigantesco Drago Nero troneggiava nello spazio innanzi alla chiesa, adombrato dalla fitta oscurità della notte e da quel fumo nero che sembrava dipanarsi dalla sua stessa figura, rendendone visibili solamente gli occhi, in quell'istante catturati dalla presenza di Cardinale.

« Mi aspettavo di trovare una pietra... »
Disse lentamente, con voce paziente ed inquinata appena da una nota di stupore.
« Questo... renderà il tutto molto più semplice. »

Accadde tutto molto velocemente:
Prima che gli avventurieri avessero il tempo di reagire, lui allungò le proprie zanne e le chiuse intorno al corpo di Cardinale. Le ombre che lo circondavano si diradarono; gli avventurieri esclamarono qualcosa che Ashardalon prontamente ignorò.
Sollevò il capo e sbatté le ali con forza, sollevandosi dal terreno. In un turbinio di fumo e nebbia, si alzò in volo.
Il messia aveva avuto ragione:
la minaccia si trovava all'esterno.

Forse i soldati della regina provarono ad attaccarlo, mentre si allontanava.
Forse le ombre si arrampicarono sul suo corpo, richiamate dalla presenza di cardinale.
Forse Lupo ringhiava contro la sua ombra nera che sovrastava il villaggio.
...Ma erano tutte pulci.

Nessuno riuscì a fermarlo, mentre si allontanava in volo col corpo apparentemente esanime di Cardinale fra le zanne -
lasciando Pietradisole in balia delle ombre.



Edited by Ray~ - 25/11/2013, 18:16
 
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