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Unione Antischiavista ~ Una causa per cui uccidere, Combattimento contro mostri

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view post Posted on 16/1/2014, 16:44
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Aper army
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Trentino

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Միություն ~ Unione Antischiavista ~ Չ ստրուկ

(Vahram, [pensato], Rebic, Adele, contessa, ancelle.)

Il racconto è un ramo di questo capitolo.


s7pc


Ղ ~ Una causa per cui uccidere ~ Ղ



Il conte non aveva mantenuto l’accordo. I patti erano chiari: incontrarsi prima di mezzogiorno al magazzino abbandonato della 44° strada, nella periferia Sud. Il “nobile” Fernand Kuhbach avrebbe dovuto portare lì tutti gli schiavi che possedeva e impiegava in casa – cinque in tutto – insieme a ogni documento di proprietà che li riguardava. Vahram lo aveva ammonito, lo aveva minacciato, ma a quanto pare non a sufficienza. Al posto degli schiavi, in quel capannone fatiscente e isolato, vi trovò una decina di tagliagole da quattro soldi. Ratti dei vicoli prezzolati, pesci piccoli, troppo piccoli anche solo per infastidire due combattenti esperti come Vahram e Ydins.

Il conte avrebbe avuto la possibilità di scegliere tra l’umano buon senso e la monolitica vanità che da sempre contraddistingue la razza dei nobili, ma aveva anteposto la priorità sbagliata; prima di procedere non si era neppure minimamente informato su chi fossero i suoi filantropi ricattatori. Un modo di agire ben poco saggio.

Li aveva sottovalutati: non sapeva chi aveva contro. Che cosa sapeva chi aveva contro. Con tutta probabilità nemmeno immaginava che quel sagace mercante di strada che lo aveva circuito fosse lo stesso assassino che lui medesimo aveva assoldato due anni addietro per uccidere un altro suo ricattatore. E non solo: non poteva inimicarsi un assassino peggiore.

Al Patchouli, la Volpe del Deserto, uno dei pochi sicari del Perwaine tanto meticolosi da annotare ogni informazione carpibile su ogni persona degna d’interesse. Al tempo, sul suo taccuino rosso aveva registrato sul conte Kuhbach una tale quantità materiale bastante per distruggere la sua attività, fargli pignorare ogni immobile in suo possesso, svaligiargli la casa, farlo squartare da una delle tante organizzazione malavitose a cui doveva denaro e volendo... anche per scappare con sua moglie.

La rappresaglia dei due ex schiavi sarebbe però consistita in qualcosa di più rapido e pragmatico: se il conte non intendeva cedergli ciò che volevano, se lo sarebbero andati a prendere da soli. Ma non bastava: i Kuhbach dovevano pagare, e le rese dei conti erano tra le specialità di Vahram.

Fernand Kuhbach pensava di poter comprare la loro morte con un misero pugno di monete, ma quel suo calcolo errato gli sarebbe costato la vita.

2q4p


Il giorno stesso, Vahram, Ydins ed Elenie, la schiava liberata, si riunirono alla sede del Cartello Mamūluk per pianificare la loro vendetta. Quella notte avrebbero dato un monito esemplare a tutta la casta schiavista della città. Ydins si sarebbe intrufolato nella magione e avrebbe liberato e tratto in salvo gli schiavi, mentre Vahram, ben più aduso a svolgere certi lavori sporchi che richiedono una certa freddezza, avrebbe raggiunto le camere padronali e assassinato il conte senza pietà.

Elenie era in lacrime: il solo pensiero di quale punizione avrebbe potuto serbare il conte ai suoi compagni e compagne schiave ancora dentro la villa la terrorizzava.

In poco tempo avevano già progettato un piano d’azione, soprattutto grazie alle preziose informazioni passate da Elenie sulla planimetria dell’edificio e sulle abitudini dei padroni e della servitù. Vahram riuscì però a estrarre dai suoi taccuini un’ulteriore freccia al suo arco, sconosciuta ai suoi soci: un passaggio segreto collegava le fogne sotto la strada antistante alle cucine dell’ala Est, proprio sotto alla stanza da letto del conte. Quando si era trovato a svolgere quel suo lavoretto per i Kuhbach, due anni prima, gli avevano comandato di utilizzare sempre e solo quel passaggio per raggiungere invisibile il cuore della magione e rispondere direttamente al conte, senza scomodarsi o crucciarsi con intermediari.

Vahram avrebbe raggiunto il suo obiettivo tramite quel passaggio. Ydins invece si sarebbe intrufolato nel giardino attraverso un buco nel muro ben occultato dalla vegetazione, indicato da Elenie, e avrebbe corso fino all’ala Ovest, dove erano tenuti tutti gli schiavi.

Con la giusta coordinazione, il piano avrebbe potuto funzionare perfettamente.

2q4p


La sera era giunta. Vahram sbirciò fuori dalla finestra dell’armeria della sede del Cartello. Il cielo era coperto da fitte nubi nere; si prospettava una notte buia, l’oscurità perfetta per svanire come un fantasma dopo aver compiuto il fattaccio.

Avrebbe lasciato fuori Tigran e i suoi fratelli mamūluk dalla faccenda, preferiva non rischiare di coinvolgerli, nel caso ci fossero state ripercussioni in futuro.

Aveva studiato il piano che avrebbe seguito in ogni suo dettaglio. Ora doveva solo preparare il suo equipaggiamento. Iniziò molando minuziosamente la sua scimitarra, poi passò in rassegna della sua fedele Yen Kaytsak. Tolse il fodero dalla punta e controllò che ogni scomparto segreto fosse al suo posto e funzionante, allorché arrotò anche la lancia. Infine raccolse un curioso pezzo di legno e osso a forma di C. Si versò una sostanza oleosa sulla mano e cominciò a frizionarlo con cura, per idratarlo. Dunque estrasse dalla sua borsa una corda e la assicurò a una delle estremità del legno, poi con grande maestria mise il bastone tra le gambe e, tenendo fermo un capo con uno stinco, si tirò con forza l’altro sul fianco, piegandolo fin oltre il bacino e rivoltandolo dall’altro lato, quindi fissò la corda all’altra estremità. L’arco era pronto.

Subito dopo indossò le sue due cinture incrociate sul petto, munite di un gran numero di sacche, giberne e anelli di metallo, e sopra la sua cappa colorata. Completò la rassegna analizzando lo stato del suo mantello da guerra. Ognuno degli innumerevoli strappi, ricuciture e toppe che lo costellavano testimoniava un combattimento passato. Vahram ripensò alla sua vita. Perché lo stava facendo? Nessuno glielo aveva ordinato. Nessuno lo aveva o lo avrebbe pagato per uccidere il conte. Allora perché? Cosa lo spingeva?

Prima di arrivare nel Perwaine, la sua esistenza era stata guidata unicamente dai comandi di un padrone, poi una volta libero fu la mera necessità di sopravvivere a muovere ogni sua azione. Non aveva mai mirato ad arricchirsi o a essere famoso, seppur avesse le capacità per coronare entrambe queste ambizioni.

Era questo il problema: non aveva ambizioni. Non sapeva cosa significasse essere un uomo libero; era stato plasmato dai suoi addestratori schiavisti per divenire una macchina omicida senza sentimenti e senza volontà: uno schiavo guerriero.

Eppure quel bagliore di rabbia e desiderio di cambiare che aveva scorto negli occhi di Ydins lo aveva scosso nel profondo. Glielo invidiava. A differenza sua, il nano aveva un motivo per cui vivere, una ragione per cui esistere rendendo conto solo a se stesso. Rileggendo la sua storia in quel mosaico di strappi e toppe sul suo mantello nero, improvvisamente ebbe il sentore di essere leggermente cambiato. Gli parve di avere un altro motivo in più per cui vivere, uno che non aveva mai contemplato. Forse è questo ciò che prova chi combatte per una causa?

Rimase fermo assorto per qualche istante, poi all’improvviso si scrollò quei pensieri fuorvianti dalla mente e si buttò il mantello sulle spalle.

Non doveva distrarsi: una missione lo attendeva. Ydins lo aspettava fuori; sarebbero andati insieme fino alla villa per poi separarsi e svolgere ognuno il proprio compito.

Si tirò la sciarpa nera fin sopra al naso, lasciando solo una piccola fessura per gli occhi, raccattò le sue armi, le sue bisacce e la faretra con le frecce e si avviò verso l’uscita.

Avrebbero dovuto agire più in fretta possibile, ciò nonostante Vahram sospettava che quella notte sarebbe stata per lui molto, molto lunga.

2q4p


Vahram strisciava nell’oscurità del cunicolo. Fu più che semplice rimuovere il chiusino nel vicolo e infilarsi nelle fogne. Non l’aveva visto anima viva. Ora si stava seguendo sicuro il tunnel che portava alla cucina della villa. Una volta raggiunto un vicolo cieco, capì che si trovava nel punto giusto. Cominciò a tastare il basso soffitto, trovando senza difficoltà la mattonella quadrata movibile. Tese le orecchie per ascoltare se sopra la sua testa si muovesse qualcosa. Silenzio. Spinse in alto con estrema cautela, cercando di non provocare il minimo rumore.

La piastrella del pavimento si sollevò. Dal fresco odore di sapone che uscì dall’apertura capì di aver raggiunto la villa. La cucina era immersa nel buio. Vahram sgusciò fuori dal buco e rimise la botola al suo posto. La cucina dava su un breve corridoio, in fondo al quale dovevano trovarsi le scale che portavano alla balconata interna su cui si trovavano le porte delle stanze dei padroni. Stava per avviarsi, quando un flebile lume illuminò il corridoio, dei passi leggeri risuonarono secchi sul legno, pericolosamente vicini. Si accucciò rapido dietro un mobile.

Vide un’alta figura in vestaglia passare spedita davanti alla porta con una candela in una mano e un piatto con del formaggio e della salsiccia nell’altra. Una donna. La governante, probabilmente. Camminava nella stessa direzione in cui l’assassino doveva andare. Vahram aspettò che si allontanasse a sufficienza, poi la seguì di soppiatto. La donna uscì dal corridoio e si avviò su per le scale. A giudicare dai sommessi rumori e dalla luce che proveniva dalla balconata, c’era qualcuno lassù.

Un rumore di sgabello che si sposta. «Adele, non dovevi.» Mormorò stancamente una voce anziana e profonda. Un uomo corpulento sulla cinquantina.

«Suvvia, Christian, dovrai stare di guardia tutta la notte. Ti ho portato uno spuntino.» Rispose premurosa la donna.

Vahram si acquattò sull’uscio del corridoio, sbirciando in cima alla scalinata. Un vecchio dal fisico tarchiato, ma vigoroso, con una folta barba canuta e un volto caparbio da soldato segnato dalla guerra, ma anche da un senile e premuroso paternalismo venne incontro alla governante. Indossava un ampio gambesone bianco sporco e una giacca in cuoio. Alla sua cintola, appesa a un cinturone militare, tintinnava una lunga spada bastarda.

«Grazie, cara. Dammi qui, lascia che ti aiuti.» Disse prendendole il piatto. «Non darti altre preoccupazioni. È tardissimo, va’ a dormire.» La esortò burbero, ma con tono amorevole.

«No no, non dirlo. Tenere il morale alto in casa è il mio lavoro. So che è faticoso per te. Vuoi che ti porti qualcos’altro?»

«No, grazie, Adele. Ho qui un po’ della mia birra fatta in casa. Mi terrà compagnia. *Coff!* *Coff!*» Iniziò a tossire sonoramente.

Adele le appoggiò preoccupata la mano sulla schiena. «Santi dei, stai bene? Se vuoi ti porto una tazza di tè caldo.» Scosse la testa. «Uff... Il conte dovrebbe avere un po’ più di riguardo nei tuoi confronti. Lavori qui ormai da così tanti anni... Ormai sei vecchio. Domani dirò un paio di parole alla contessa, vedrai che lo convincerà a darti un po’ di riposo.»

Christian grugnì sdegnoso. «Bah, non ce n’è bisogno, il lavoro è lavoro. È da vent’anni che mi sono lasciato alle spalle la vita da mercenario. Ora ho una famiglia da mantenere e un lavoro onesto. Se il padrone chiama, devo dargli la priorità.» Tirò su con il naso e si stiracchiò la schiena. «Sarò vecchio, ma non sono ancora da buttare via.»

«Ma non avevi promesso a tuo figlio di portarlo alla Fiera di Rimmfield domani?»

«Mia moglie mi ha detto la stessa cosa. Se domani mattina il conte mi lascerà libero, sono ancora in tempo. Attacco in due secondi il carro alla cara vecchia Sissi, la nostra cavalla, e si parte. Hehe...» Disse ridendo bonariamente. «Vedrai, mantengo sempre le promesse.»

«Ma non riuscirai nemmeno a stare in cassetta dalla stanchezza. E poi dubito che il conte ti lascerà andare; questo pomeriggio sembrava uscito di testa, come gli stessero per arrivare i demoni in casa.» Sbottò la donna. «Ha pure chiamato in servizio tutti sorveglianti; Andrew, Nelson e Boghart sono qui da ieri mattina, e stanotte la passeranno in bianco in giardino a fare la guardia. E come se non bastasse, ha persino mandato una carrozza al Collegio di Willroot per riportare a casa la contessina Adelasia e ha cambiato posto ai suoi documenti più importanti: li ha infilati tutti nel materasso. Tutto a causa di quel nano e quel mago straccione che avevano cercato di minacciarlo. Sai che ti dico? Secondo me si dà troppi pensieri.»

«Shht! Abbassa la voce, ti sentiranno!» La esortò, facendole segno con le mani. «Non è per quello. O almeno... non solo. Hai presente che quei due gli avevano chiesto di liberare gli schiavi? Ebbene, questa mattina invece di portarli al luogo stabilito dell’incontro, ha mandato laggiù dei suoi uomini per dare una lezione a quei due dementi, ma nessuno di loro è tornato...»

Adele si cacciò le mani davanti alla bocca. «Oh, santi dei!»

Christian abbassò la voce. «Eh, già... fossi stato nei panni del conte glieli avrei consegnati gli schiavi. Forse sarebbero stati pure meglio con loro, visto come li tratta di solito... Poveracci.»

«Non dirlo neanche per scherzo! Forse intendevano estorcerglieli solo per rivenderli a qualche orrenda organizzazione criminale.» Congiunse le mani. «Spero tanto che Elenie stia bene... Quei brutti ceffi non verranno qua, spero...»

«Non preoccuparti, Adele...» La rassicurò Christian. «Nel peggiore dei casi il conte dovrà guardarsi le spalle solo quando dovrà uscire. Di certo non ci sgusceranno in casa; e comunque anche se accadesse...» Alzò le braccia e mostrò scherzosamente i muscoli. «...dovranno vedersela con la Prode Canaglia Christian Rebic! Hehehe...»

Adele sembrava ancora inquieta. «Non ne dubito, ma ho la vaga impressione che questa notte non chiuderò occhio...»

«Vai a letto e provaci, almeno. Prendi esempio dal conte: sentilo come ronfa.» Disse, sorridente.

«Oh... il Signor conte è sempre così. Non importa quante grane ha per la testa, gli basta stendersi orizzontale per addormentarsi all’istante.» Tirò un lungo sospiro. «Però hai ragione, forse è meglio che vada a dormire. Mi sto dando troppi pensieri. Vado a vedere a che punto sono le ancelle con il bucato, poi torno nella mia stanza e m’infilo sotto le coperte. Buona notte, Christian.»

«Buona notte, Adele.» La salutò per poi tornare a sedersi sul suo sgabello. Si appoggiò il piatto sulle ginocchia e si mise in bocca un pezzo di formaggio.

Appena Vahram vide Adele scendere le scale, di nuovo strisciò rapido e silenzioso in cucina e si accovacciò al buio dietro allo stesso armadietto di prima. Rimase immobile finché non vide la donna passare oltre, attese finché i passi in corridoio svanirono dietro al rumore di una porta. Non si mosse per qualche altro minuto, per ulteriore sicurezza.

2q4p


A quanto pare quel Christian Rebic era un ex mercenario. La vecchia e fidata guardia del corpo del conte. A prima vista sembrava un tipo molto pragmatico e professionale; non si sarebbe certamente lasciato ammorbidire da belle parole o dal denaro. In ogni caso non avrebbe sentito certamente ragioni qualora avesse scovato Vahram a gironzolare per la tenuta. Avrebbe svolto il suo dovere, attaccandolo a vista.

Vahram però era molto più professionale di lui. Rebic non sembrava per nulla una cattiva persona; aveva pure una famiglia: una moglie e un bambino. Da alcune frasi che aveva detto ad Adele, a quanto pare simpatizzava con gli schiavi della magione e disprezzava i modi crudeli con cui il conte Fernand li trattava; però questi elementi non avrebbero inficiato minimamente sulle azioni di Al Patchouli. Quando era nel mezzo di una missione, Vahram cambiava completamente; era come se perdesse ogni scintilla di umanità. Diventava una figura fredda, inespressiva e spettrale, un uomo morto votato alla morte del suo nemico e al completamento del proprio incarico. Nulla l’avrebbe distratto. Se quel vecchio si fosse messo tra lui e il suo obiettivo, lo avrebbe trucidato senza pietà.

La priorità era però restare discreti. Cercare di aggirarlo era una mossa più saggia, piuttosto che saltargli addosso attaccandolo frontalmente, rischiando di scatenare il caos nella casa ed eventualmente farsi sfuggire il conte.

In quella parte dell’ala non sembrava passare nessuno. Tutte le guardie probabilmente erano di pattuglia in giardino, all’esterno.

La mobilia e il soffitto della cucina erano quasi interamente in legno. Scelse dunque di mettere a punto un diversivo drastico. Scorse una lampada ad olio su una delle mensole, la afferrò, la aprì e versò il suo combustibile sulla pila di legna per i fornelli, poi gli diede fuoco grazie a un acciarino e una pietra focaia, raccattate sempre nella stanza. La cucina era abbastanza lontana dall’atrio, per cui difficilmente Rebic avrebbe udito il rumore della vampa.

Svelto e silenzioso tornò all’uscio dell’atrio. Rebic era ancora lì seduto, intento piuttosto a gustarsi il formaggio e le salsicce di Adele che a guardarsi intorno. Colse l’attimo e sgattaiolò all’altro lato della sala. Strisciò in un punto buio sotto la balconata e aspettò, pregando la Dea Fortuna che tutto andasse come sperava.

2q4p


Non ci volle molto prima che un filo di fumo e un pungente odore di bruciato raggiungessero l’atrio.

«Ehi, ma cosa... Ma che succede?» Rebic balzò in piedi e scese spedito la scalinata. Appena svoltò nel corridoio ebbe un sussulto e corse verso la cucina.

Alle sue spalle, un’ombra scivolò rapida e silenziosa come uno spettro su per le scale. Vahram sapeva di avere pochissimo tempo. Forse Rebic avrebbe cercato di spegnere l’incendio da solo, forse sarebbe corso a chiamare aiuto o peggio sarebbe andato direttamente a svegliare i suoi padroni. Prima che qualunque di queste cose fosse accaduta, l’assassino si sarebbe dileguato nel buio della notte dopo aver compiuto il suo lavoro, senza lasciare tracce.

Volò felpato su per la scalinata, poi a destra sulla balconata, la sua mano lesta raggiunse in un attimo la maniglia giusta. Con una pressione vellutata, aprì la porta quanto bastava per infilarcisi all’interno per poi richiuderla dietro di sé con un fluido movimento.

La stanza era immersa nell’oscurità, l’unica flebile fonte di luce era il grigio rettangolo della finestra. Giungeva ai sensi solamente l’accogliente e al contempo alieno calore casalingo della camera matrimoniale unito all’intenso profumo di cosmetici che incantava l’aria della stanza; odori che le narici dei comuni popolani mai avrebbero lambito. Odore di nobiltà.

Vahram non si soffermò ad annusare e assaporare quell’effluvio di lusso. Non solo gli dava il voltastomaco, ma non era nemmeno la prima volta che lo odorava: il conte non era il primo nobile che uccideva, ce n’erano stati molti altri prima di lui. Molti soavi profumi diversi, ma il sangue di quei corpi imbalsamati schizzava dalle ferite esattamente come quello dei ratti di strada.

Sagome nere di mobilia di fine artigianato arredavano la camera. Da quella più grossa somigliante a un letto a baldacchino al centro della stanza proveniva un sonoro russare. Il conte. Vahram strisciò etereo e sicuro verso quella fonte di rumore; le sue mani saettarono rapide e impercettibili, sfoderando Yen Kaytsak dal fodero sulla schiena e snudando la temibile lama centrale del tridente dall’astuccio in avorio. I suoi occhi si erano già acclimatati all’oscurità quando scostò i tendaggi del talamo. Il conte stava dormendo supino, sotto le coperte; la sua pancia si alzava e si abbassava al ritmo del borbogliante respiro; al suo fianco vi era una figura più esile, coricata di fianco, dando le spalle: la contessa. Si era addormentata tenendo il cuscino sopra la testa; a quanto pare non gradiva particolarmente il russare del marito.

Il medico assassino con mano leggera scostò le lenzuola scoprendo il petto del nobiluomo, come se fosse in procinto di eseguire una delicata operazione chirurgica. Sollevò con un fluido movimento la lancia sopra la testa e con fredda e calma e precisione la posizionò esattamente al centro del torace del suo anfitrione, a pochi centimetri dallo sterno.

Una volta presa accuratamente la mira, non esitò un istante. Con un fulmineo scatto dei polsi affondò in profondità il ferro nella carne. Un tonfo sordo e l’affilatissima lama penetrò il costato squarciando di netto il cuore e i due tralci spaccaspada ai lati inchiodarono i polmoni. Il russare ebbe un gorgogliante e spasmodico sussulto; nel buio s’intravide il volto del conte contrarsi fulminato con gli occhi sbarrati e la bocca aperta in un urlo silenzioso, come una grossa triglia in punto di morte. L’assassino non estrasse l’arma, ma la continuò a premere sul corpo della vittima con tutte le sue forze, strizzandogli l’aria fuori dai polmoni con la magistrale competenza di un pitone intento a stritolare la preda nelle sue spire mortali. Bastarono pochi secondi. Un rivolo rosso fuoriuscì dalla bocca del nobile, poi i muscoli del suo viso si rilassarono e la nuca ricadde esanime sul cuscino.

Tastò con due dita svelte la carotide della vittima: nessun battito; dunque estrasse cautamente la lancia dal corpo. Niente gemiti, niente schizzi: un omicidio pulito, veloce e impeccabile. Ora doveva solo sparire.

«*AAAAAAHHHH!!!*» «Un intruso!» «C’è un ladro in casa!»

Delle sonore urla femminili provenenti dal cortile squillarono tagliando come lame il prezioso e mortale silenzio.

Vahram s’irrigidì, poi buttò lo sguardo fuori dalla finestra. Fece appena in tempo a vedere una figura bassa e tozza correre nella vegetazione.

«Ydins!» Pensò, allarmato. Delle ancelle dovevano averlo scoperto. Probabilmente si sarebbe tirato dietro tutte le guardie della tenuta – e questo per Vahram sarebbe stato una cosa positiva – ma l’ansia e la preoccupazione per il suo amico lo presero.

«*Yahwn* Ma che cos’è tutto questo baccano?! Fernand. Fernand? FERNAND!! Oh, santissimi...»

Si voltò appena in tempo per incrociare lo sguardo della contessa, svegliata dalle grida. Una donna dall’aspetto grazioso e giovanile con dei lunghi e setosi capelli biondi. Era sul marito con le mani sporche di sangue, confusa, attonita, stava guardando Vahram congelata, con gli occhi pieni di terrore.

«Merda...» Inveì silenziosamente il guerriero.

«AAAAAH!!! REBIC! REBIC! AIUTO!!» Cercò di sgattaiolare a gattoni fuori dal letto, ma Vahram fu più veloce. Con uno scatto bestiale le fu addosso, la prese per un braccio e la trascinò di forza sopra il cadavere del marito. Cominciò a strillare disperata. La strappò con brutale violenza dalle lenzuola e dal talamo matrimoniale come un fiore delicato sradicato dal suo prato e la tirò verso la finestra, l’azione seguente gli venne orribilmente spontanea.

Con un rapido scatto di polso fece scivolare la lancia nel palmo fino alla testa di metallo e piantò la lama in mezzo al petto della donna. La contessa emise un gemito strozzato e gorgogliante, sputò un fiotto di sangue e si accasciò inerte sul grosso braccio dell’assassino.

La porta della camera si aprì di botto. Rebic irruppe dentro trafelato.

«Sono qui, padrona! Di sotto in cucina è scoppiato un...» Nel vedere la scena le parole gli morirono in gola. Sul suo volto comparve un'espressione smarrita, piena di sconforto. Come se la sua vita gli fosse improvvisamente crollata addosso.

Guardò negli occhi Vahram, e subito gli rivolse una smorfia trasudante odio e vendetta. Di scatto portò la mano all’impugnatura della spada, ma non fece in tempo a estrarla.

Vahram fu più veloce. Afferrò a due mani il manico della lancia e con un brusco strattone scagliò il corpo della contessa contro Rebic, poi ratto come un fulmine estrasse una strana biglia bianca dalla giberna e la infranse per terra. Vi fu una sorda esplosione e una densa nube di fumo bianco invase la stanza.

Udì nella nebbia un verso di sforzo: Rebic doveva aver preso al volo la contessa. Non ci pensò due volte, partì alla carica puntando la lancia dove avrebbe dovuto trovarsi la gola del mercenario. Il tridente cozzò duramente con un secco clangore metallico. Sentì la lama della spada bastarda resistere vigorosa tra gli spaccaspada.

«Merda! L’ha parato!» Pensò.

Con un grugnito di sforzo, Rebic lo respinse indietro. Approfittando del favore del fumo, Vahram cercò di aggirarlo e uscire dalla porta. Doveva filarsela al più presto. Qualcosa che non si aspettava però accadde.

Un piede d’acciaio gli colpì lo stinco, facendogli perdere l’equilibrio in corsa. Ci fu un attimo di confusione, uno sferragliamento metallico e si ritrovò riverso sul freddo legno della balconata.

«Per gli dei! È un vecchio, ma non pensavo fosse così abile.» Quell’uomo non si lasciava ingannare facilmente.

Udì un clamore venire dalla stanza; Rebic stava arrancando nella totale cecità, cercando a tentoni di raggiungerlo. Vahram sentì qualcosa di duro toccargli il piede: la porta della camera. Gli venne in mente un’ovvia idea su come utilizzarla. Cominciò a frugare in una delle borse.

Appena percepì il mercenario appoggiarsi allo stipite, con un rapido gesto gli gettò addosso qualcosa. D’improvviso un inferno di scintille rosse baluginò in mezzo alla coltre bianca. Rebic gemette di dolore mentre si rendeva conto che una sostanza a lui sconosciuta stava intaccando la sua mente. Subito Vahram diede un violento calcio alla porta.

Udì la porta sbattere con un colpo sordo, poi un lamento rabbioso.

«Uuuuuhhhh...! Il mio naso! Il mio naso, bastardo!» Ringhiò il mercenario, dolorante. Il fumo cominciava a dissiparsi. Tra gli sbuffi vorticanti Vahram intravide il volto del vecchio contratto in una smorfia e grondante di sangue. I loro sguardi s’incrociarono.

«Dannato figlio di un cane!!» Con furia rabbiosa si scagliò contro il nero assassino. Appena vide lo spadone incombere su di lui, Vahram, ancora a terra, si lanciò rotolando di lato e cercò di mettersi in piedi. Udì il ferro scalfire violentemente il legno. «Dove credi di scappare, lurido assassino!!» Gridò il vecchio, continuando a menare fendenti a destra e a manca in mezzo agli sprazzi di fumo come un pazzo, incalzando l’aramano, il quale cercò di deviare un colpo dopo l’altro con l’ausilio del mantello. Vahram si trovò costretto a indietreggiare per schivare quella selva di colpi, ma dinanzi a quell’impeto il retrocedere si trasformò presto in fuga. Rebic lo inseguì per tutta la balconata gridando e come un forsennato e mulinando la spada.

Il pavimento di legno tremava sotto i suoi passi. Nonostante la sua età e quel suo pancione da consumato bevitore, possedeva una rimarchevole prestanza e agilità. Non c’era solo grasso dentro a quel corpo, era palese che Rebic era solito allenarsi quotidianamente con rigidità e disciplina.

Vahram correva senza voltarsi indietro, sentiva il vecchio mercenario indefesso alle sue calcagna. Si aggrappò allo spigolo della ringhiera per svoltare l’angolo del ballatoio dandosi uno slancio; appena abbandonò la presa, sentì la sferzata di un fendente passargli pericolosamente a pochi centimetri dalla mano, tranciando di netto il parapetto. Era a pochi metri dalla rampa di scale, quando improvvisamente fu travolto dalla corpulenta e inaspettatamente solida pancia di Rebic. Quel colpo lo sbalzò ad alcuni metri di distanza, sbattendolo violentemente sulle dure e ruvide assi di legno. La prima cosa che percepì fu un rivolo caldo scorrergli sulla fronte. Si guardò intorno, era mezzo intontito dal colpo. Si accorse di trovarsi proprio davanti alla scalinata, prima di vedere il grosso mercenario incombere sopra di lui.

«Figlio di puttana... Figlio di puttana...» Ringhiava tremante di rabbia e dolore. «Tu non uscirai vivo da qui, brutto bastardo... Io ti ammazzo.»

Sentì un calcio colpirgli i genitali; nonostante la fitta, Vahram non si lasciò sfuggire un gemito. Rebic cominciò ad accanirsi su di lui, cominciò a pestarlo e a tirargli pedate in pancia, in faccia, sulla schiena in un disperato sfogo di collera.

«Hai ucciso il conte, figlio di un cane! Non hai avuto pietà nemmeno per una brava donna come la contessa! Bestia! Stronzo!» Gli urlò contro, malmenandolo nei punti più dolorosi che riusciva a trovare. «Cosa cazzo ti avevano fatto? Eh?! Chi cazzo ti manda? Parla! Ti faccio patire le pene dell’inferno prima di ammazzarti come un porco, pezzo di merda!»

Vahram cercava di difendersi come meglio riusciva, ma il bestione non gli dava tregua. Raccolse tutta sua concentrazione e cercò di raggirarlo.

«Basta! Basta, ti prego!!»

«Troppo tardi, figlio di puttana!» Gli rispose in un ringhio furente.

«Ti dirò chi mi ha assoldato! Restituisco ciò che ho rubato!»

Rebic si fermò per un momento, comunque ansioso di riprendere a spaccargli tutte le ossa. «Parla, avanti!»

Si udì qualcosa sfregare sotto il mantello nero. Vahram si contorse malconcio sul pavimento.

«Tieni questo, l’ho trovato in camera da letto.» Disse, lanciandogli con faccia terrorizzata un lungo oggetto. Rebic allungò istintivamente per prenderla, ma si accorse troppo tardi di ciò che gli stava arrivando addosso.

Una freccia dall’impennaggio ampio e con un cilindro attaccato al posto della cuspide, da cui uscivano scintille sfrigolanti. Scaturivano da miccia consumata ormai fino alla base.

Vahram si coprì lesto con il mantello per proteggersi quando il fiore di fuoco attaccato alla freccia esplose fragorosamente in una vampata di fiamme e lapilli variopinti.

«AAAAARRGGGHHH!!» Gridò Rebic straziato e spaventato. Si udì la spada cadere a terra con un tintinnio.

Quando Vahram sbirciò da sotto il mantello per costatare l’esito del suo attacco. Vide il mercenario barcollare premendosi le mani sugli occhi, urlando e gemendo in preda al dolore, cieco e impaurito. Sia le mani che il suo volto erano segnati da gravi ustioni, la sua barba era mezza bruciata.

Era una scena pietosa, ma il cuore sterile del mamūluk in quel momento non riusciva a provare la benché minima pietà per quell’uomo.

Vahram cercò di alzarsi.

Il piede di Rebic lo inchiodò nuovamente sul pavimento. A giudicare dalla sua faccia contratta fino allo spasmo, pareva stesse facendo un enorme sforzo di volontà.

«No... Non posso arrendermi ora... Non... ti lascerò scappare...»

Sembrò raccogliere tutto il vigore che gli era rimasto in corpo.

«CHE LA MORTE TI PRENDA, ASSASSINO!! MOSTRO DANNATO!» Urlò in un tremendo sfogo di rabbia e disperazione. «TU NON SEI UN ESSERE UMANO! SEI UN DEMONE SENZA ANIMA NÉ CUORE! TI SEI DIVERTITO A RENDERE ORFANE DUE POVERE CREATURE INNOCENTI? SEI CAPACE DI COMPRENDERE LA MORTE ALTRUI, LA SOFFERENZA ALTRUI? MOSTRO...! MOSTRO...!»

Aveva ragione. Era un mostro. Era stata la vita però a plasmarlo così, che cosa poteva farci? Però, nell’udire quelle parole, qualcosa cercò di insinuarsi nella sua anima. Un oscuro rimorso. Era davvero giusto ciò che aveva fatto? Far soffrire degli innocenti per le colpe dei genitori?

Quando era un mamūluk, essere una bestia insensibile a qualsiasi sentimento umano era accettato e apprezzato dai suoi padroni, ma ora... era libero. E da quando divenne libero aveva sempre nutrito la volontà di cambiare... Era davvero giusto continuare a comportarsi come un mostro tra gli esseri umani? Come una bestia allo sbando, al servizio prezzolato dei più turpi disegni criminali dell’ingegno umano? Non riusciva ad afferrare pienamente quello che stava cercando di fargli capire Rebic. Non era nemmeno in grado di immaginare cosa significasse “costruire una famiglia”; era stato plasmato per distruggere le famiglie durante le campagne militari, per uccidere padri, madri, nonni... figli... perché erano nemici. Gli avevano insegnato a ripudiare la propria famiglia perché era composta da deboli.

Ma ora ciò che aveva fatto che senso aveva? Nessuno glielo aveva ordinato. Nessuno lo aveva pagato per farlo.

Cercò di riordinare le idee. I suoi pensieri andarono a quelle “due povere creature innocenti”. La figlia del conte non l’aveva mai vista in vita sua, ma il figlio... La prima immagine che gli venne alla mente fu quella del giorno prima: quel sorriso sadico stampato su quella sua faccia paffuta mentre fustigava senza pietà Elenie in mezzo alla strada, solo perché si era rifiutata di essere stuprata.

Al Patchouli non torturava per capriccio, non uccideva per piacere, non godeva nel arrecare dolore e morte al prossimo.

Lo faceva perché doveva. Lo faceva perché qualcuno gli ordinava di farlo. Lo faceva perché qualcuno lo pagava.

Lo faceva solo quando la sua vita lo spingeva a farlo.

Era un mostro, è vero. E non aveva nulla in comune con la schiatta a cui appartenevano quelle “innocenti creature”. Loro non avevano vissuto ciò che aveva vissuto lui. Non avevano perso ciò che aveva perso lui, come molti altri schiavi.

Loro erano peggiori di lui.

L’intera schiatta degli schiavisti era molto peggiore di lui.


Si congelò assorto per alcuni attimi, poi una nuova maschera tornò a indurire il suo volto, più fredda, più spettrale, più spietata di prima. Terrificante. L’ombra parve avvolgerlo come una gradita maledizione.

Una grinfia di ghiaccio strinse il piede del mercenario. Se avesse avuto ancora gli occhi, quel vecchio avrebbe trasalito alla vista della nuova creatura che era sotto il suo stivale. Due occhi di gelo infernale lo stavano fissando.

«Taci, amya... Tu non hai la benché minima idea di cosa sia la sofferenza...» Ringhiò una voce che a stento pareva umana.

«Talis Mahkanats’u Mnum e Yerkink’. Dormi, aper. Contempla cosa significa essere morti. Poi, se sopravvivi, raccontami cosa hai visto.»

Vahram si godette il formicolio che provoca la polvere mentale quando si connette col sistema nervoso e provò piacere mentre quel solletico si trasformava pian piano in dolore. Si preparò a sferrare la sua tecnica segreta.

Un turbine di petali variopinti esplose intorno a Vahram, abbracciando Rebic in un vorticante velo cangiante. Il vecchio rimase attonito per qualche secondo, con la bocca spalancata. Una lacrima gli scese dalla guancia. Stava vedendo il momento della sua morte. Chissà quali immagini, voci, suoni e colori gli stavano passando davanti agli occhi in quel momento. Forse piangeva perché stava abbandonando tutto ciò che aveva costruito in una vita; o forse si affliggeva perché avrebbe lasciato da soli sua moglie e suo figlio? O forse per qualche altro motivo che Vahram non poteva conoscere.

Comunque fosse, poco gli importava. In quel momento, per lui quel vecchio mercenario era tornato a essere un misero ostacolo alla sua missione, nulla di più. Si scrollò di dosso il suo piede, si rialzò e con un violento calcio lo scaraventò giù dalla scalinata. Stette ad ammirare quella sua grossa e tondeggiante figura spaccarsi le ossa sui ripidi scalini; nessuna emozione, nessun piacere o rammarico segnavano il volto di Al Patchouli. Quando il vecchio raggiunse il fondo con un secco tonfo, languendo sul pavimento gemente in preda a incubi terribili, un’altra figura pasciuta catturò l’attenzione dell’assassino.

Il figlio del conte lo stava spiando terrorizzato dall’uscio della sua camera. Appena incontrò lo sguardo di Vahram, nei suoi occhi comparve il panico e si rintanò spaventato in camera sua. L’uomo nero non aveva intenzione di farselo scappare, scattò felino verso la sua preda, irrompendo attraverso la porta proprio mentre il ragazzo stava cerando di chiuderla. Lo afferrò per il farsetto e lo tirò a sé, in modo che potesse guardarlo negli occhi. Il respiro rancido di quel bamboccio era frenetico e affannoso, tanto che pareva che questo fosse sul punto di svenire da un momento all’altro.

«Ascoltami, yeritas.» Pronunciò Vahram in un sussurro. «Ricorderai questa notte per il resto della tua esistenza. Capirai cosa significa soffrire.»

Afferrò la lancia per la punta e gliela passò sulla guancia provocandogli un profondo taglio, facendolo strillare dal dolore.

«E questo per essere sicuro che non dimenticherai. Rivivrai ogni secondo di questo incubo ogni volta ch che ti guarderai allo specchio.»

E così dicendo, lo gettò per terra. Il ragazzo si premette convulsamente la mano sulla ferita lamentandosi e piangendo, poi si accasciò privo di sensi. Vahram però già non lo degnava più d’attenzione.

Tornò nel corridoio e raccolse la lanterna di Rebic. Entrò di nuovo nella stanza del conte, raggiunse il letto e tagliò il materasso. Un mucchio di carte giacevano stipate in mezzo alle piume, impacchettate con legacci. Probabilmente i documenti che cercava si trovavano lì in mezzo, ma non aveva tempo di vagliarli per trovare quelli giusti. Li prese tutti e se li infilò nella borsa.

Infine gettò il cadavere della contessa a fianco del marito e scagliò la lanterna addosso al muro sopra il letto. Con un botto la lampada esplose, inondando i tendaggi e le lenzuola di combustibile incendiato. In pochi istanti il talamo e i due amanti furono inghiottiti in un inferno di fiamme.

Vahram girò i tacchi e si avviò verso le scale. Quel posto gli stava dando sui nervi, doveva andarsene al più presto.

2q4p


«Christian! Oh, bontà divina! Che ti è successo?! Christian!»

Adele, la governante, era tornata nell’atrio ed era corsa a chinarsi su Rebic, ormai quasi esanime. Appena vide Vahram scendere le scale, lo guardò con un’espressione mista di paura e caparbio disprezzo. Continuò a fissarlo finché non gli arrivò a pochi passi di distanza.

«Sei stato tu...» Sibilò, scuotendo la testa disgustata, aiutando Rebic, gemente e quasi privo di conoscenza. «Assassino... Sei un mostro.»

Vahram annuì.

«Sì, lo sono.» Si disse, nella sua mente. E così dicendo strinse la lancia con due mani e la vibrò di piatto sulla tempia di Rebic con forza inaudita, schizzando di sangue la governante e il pavimento.

L’anziano guerriero rotolò a terra inerte. Immobile. Morto.

Adele cadde in ginocchio, fissò tremante il cadavere, le sue mani sporche di sangue e l’assassino.

Al Patchouli aveva completato la sua missione, non aveva più ragione di restare lì. Nessuno sarebbe risalito a lui. Tutto era andato più o meno secondo i piani.

Corse in cucina e s’infilò nuovamente nella botola lasciando la governante assente e prostrata sull’assito dell’atrio, percorse il breve tunnel di volata e riuscì in strada.

Era d’accordo con Ydins di ritrovarsi alla locanda “L’angolo di Begget”, forse il suo amico era già laggiù che lo aspettava. Sperò vivamente che stesse bene e non gli fosse accaduto nulla.

Poi si tuffò di nuovo nelle oscure ombre della notte.


Personaggi
Vahram Nenad Akrtchyan ~ Al Patchouli

En./Per.: V/F

Cs: 2 Astuzia

Basso 5% | Medio 10% | Alto 20% | Critico 40%

Corpo: (Danno Alto+Medio+Basso) Contusione al piede (Bassa), contusioni su tutto il corpo (Medi), danni interni (Alti).
Mente: (Alto) Danni alla mente (Alti).
Energia: 100-10-10-20-5-10-5-20= 20%

Armi:
Yen Kaytsak: in mano.
Arco: infoderato.
Spada: infoderata.


Munizioni
Faretra: 15-1= 14



Abilità Passive
[Controllo energetico ~ Abilità razziale Umana] Gli uomini sono famosi per non possedere né una gran forza né un'eccellente velocità, quindi la maggior parte di loro hanno puntato tutto sulla magia, l'unica branca a loro disposizione. Grandi maghi e stregoni, il loro corpo porta una dote innata a favore di queste arti, come se fosse stato forgiato apposta. Raggiunto il 10% delle energie infatti, un uomo non sverrà, come invece potrebbe succedere a qualsiasi altro membro di un'altra razza. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0%.

[ Passiva di talento Stratega (Capacità di discernere le illusioni)] La sua integrità mentale e il suo inumano addestramento lo resero congeniale ad affrontare senza timore anche la magia o le malie psioniche. Per questo motivo, nel caso in cui si trovasse innanzi ad una illusione, sarebbe sempre in grado di discernerla come tale, pur non dissolvendola né distruggendola.

[ Passiva di talento Stratega (Difesa psionica Passiva)] Addirittura, esistono alcuni nemici talmente potenti da poter manipolare la mente di chi sta loro intorno senza neppure doversi impegnare per farlo: è un processo naturale, che avviene spontaneamente con la semplice vicinanza e si diffonde come un'aura passiva tutt'intorno a loro. Ma simili poteri non influenzano Vahram: si rivelano inutili dinanzi alla sua sterilità emotiva e la sua totale estinzione della percezione della paura.

Tecniche attive utilizzate

(In ordine di apparizione)
[ Bomba fumogena (Pergamena Ladro. Nebbia) ~ Consumo Medio]
~ Vuoi vedere grosso cliché? Ne ho uno pronto proprio qui drentro miei pantaloni, aper.
Illusione di natura fisica.
Vahram scaglia una bomba fumogena che una volta infranta rilascerà una nube fitta che permeerà il campo di battaglia o un'area parecchio ampia. Questa impedirà a qualsiasi avversario di scorgere poco oltre il proprio naso, anche coloro che possiedono particolari abilità passive per vedere oltre la nebbia. Vahram non avrà alcuna difficoltà a vedere attraverso la nebbia, ci ha fatto l’abitudine. Questo attacco non provoca effetti nocivi, oltre all’occultamento. La nube resta sul campo di battaglia per un totale di due turni compreso quello d'attivazione, potendo essere richiamata prima del secondo al desiderio dell'utilizzatore.


[ Colpo menomante (Pergamena Ladro. Attacco furtivo) ~ Consumo Medio]
~ Qui, qui, qui e anche qui ti asicuro fa molto male, aper.
La tecnica ha natura fisica.
Vahram compie un unico, rapido movimento per affondare la propria mano, un proprio dito o una propria arma da mischia nel corpo del nemico, nel tentativo di provocargli una ferita molto profonda, ma estremamente localizzata alla zona colpita. A seconda della personalizzazione è possibile utilizzare qualsiasi parte del corpo e qualsiasi arma, purché queste ultime siano da mischia. La tecnica ha potenza Media e provoca un danno Medio; la sua efficacia si basa sulla rapidità con la quale viene eseguita il gesto, tramite la quale è possibile penetrare più o meno in profondità.


[[1/10] “È tutta questione di metodo” (Tecnica personale difensiva di natura fisica) ~ Consumo Variabile Alto]
~ Perché erare è umano, persevrerare est himar, aper.
Questa tecnica difensiva ha natura fisica.
In virtù della sua fine accortezza, del suo occhio analitico e della sua inesauribile inventiva, Vahram può evitare o limitare i danni degli attacchi offensivi - solo quelli che recano quindi danno alla salute o all'energia - fisici o magici degli avversari studiando in anticipo i loro movimenti o escogitando difese o espedienti bislacchi o imprevedibili.
Il modo in cui Vahram sventerà l’attacco può essere del tutto personalizzato. Starà poi all’arbitro valutare la validità e la sportività delle sue azioni.
Potrà essere utilizzata per avvantaggiarsi al fine di effettuare un attacco o una tecnica separata, ad esempio schivando una palla di fuoco gettandocisi contro e passandoci sotto a metà strada per avvicinarsi all’avversario e attaccarlo successivamente in corpo a corpo. In ogni caso, tassativamente l’uso di questa tecnica dovrà rientrare nel numero di tecniche massime eseguibili in un singolo turno.


[[3/10] Parola di mercante (Tecnica personale offensiva di natura psionica) ~ Consumo Basso]
~ Talis Mahkanats’u Mnum e Yerkink, aper...
Gli anni passati a girovagare e a imbonire la propria merce non possono che aver affinato le abilità retoriche di Vahram. Non è facile resistere alla sua insistenza e al suo naso per il negozio. Ogni cliente è ignaro di avere bisogni reconditi che solo gli occhi sagaci di un mercante possono notare. Imbonire è un’arte: è necessario saper indossare la maschera giusta davanti alla persona giusta, abbinare le giuste parole alle orecchie giuste e mostrare gli oggetti giusti agli occhi giusti.
Il vero lavoro di un mercante non è vendere le proprie merci, ma saper acquistare i propri clienti.
I consigli, le provocazioni, gli inganni e le minacce di Vahram possono essere tanto convincenti da persuadere chiunque. Chi ascolta le sue parole è portato a credere che tutto ciò che suggerisce sia una buona idea.
L'umiliazione o la sorpresa di essere stati gabbati o suggestionati si traduce in un danno Basso alla mente.


[ Fiore di fuoco (Pergamena Cacc. Dardo esplosivo) ~ Consumo Variabile Medio]
~ Buone feste, aper!
Questa tecnica offensiva ha natura magica. Vahram scaglia una speciale freccia dotata una potente carica pirotecnica innestata al posto della cuspide, che esplodendo genera un magnifico fuoco d’artificio. Chiunque si trovi in prossimità dell'esplosione, subirà un danno pari al costo speso, ad esclusione di Vahram, che non sarà minimamente influenzato dalla deflagrazione, sotto nessun aspetto. La materia esplosiva può essere innescata tramite una miccia o una spoletta a contatto. La durata è istantanea.


[ Attiva di talento Stratega (Difesa psionica) ~ Consumo Basso] Difficilmente Vahram si lascia ingannare da allucinazioni ed effetti mentali. Anni di allenamento lo hanno reso capace di contrastare attacchi psionici anche di moderata potenza.

[[2/10] Funerale celeste (Tecnica personale offensiva di natura psionica) ~ Consumo Variabile Alto (Critico) (50% autodanno alla Mente, 50% Energia - potenza minima: Media)]
~ Talis Mahkanats’u Mnum e Yerkink, aper...
Questa tecnica offensiva ha natura psionica. Al momento del lancio, il consumo è suddiviso 50%-50% tra Energia e autodanno alla Mente.
Un turbine di petali variopinti si manifesta intorno ad Al Patchouli. Petali scelti appositamente, di fiori sacri con cui gli Aramani circondavano i defunti. Ad ammirarlo pare talmente meraviglioso da sembrare uno spirito della primavera immerso in una mulinante danza, ma appena il ciclone di petali e fiori avvolge uno sventurato bersaglio l’incanto si trasforma in orrore. Ciò che fa muovere i petali è infatti una gigantesca nuvola di polvere mentale aggregata a salvia negromante: una terrificante droga allucinogena.
Le visioni provocate da questa pianta sono a dir poco sconvolgenti: la vittima sperimenta il trapasso, l'abbandono dell'esistenza terrena. Il corpo sembra separarsi dalla coscienza, i sensi esulano dalla realtà; chi assume questa droga è obbligato a guardare sgomento ciò che vedrebbe se fosse a un passo dalla morte.
Chiunque abbia sperimentato i suoi effetti racconta di allucinazioni traumatiche: alcuni dicono di aver provato l’illusione di trasformarsi in un oggetto, una pianta o un animale, di essere un’altra persona, di guardare se stessi dall’esterno, di trovarsi in più posti contemporaneamente o di venir ghermiti da mostri o da entità oscure; altri invece testimoniano di aver rivissuto momenti del passato – soprattutto dell’infanzia – o addirittura di aver scorto fumose visioni di tempi lontani, dell’antichità o del futuro.





Nemico:
Christian Rebic, guardia del corpo (Umano Attaccabrighe Guerriero, Tal: Guardiano G/F)


Cs: 1 Forza, 2 Costituzione

Basso 5% | Medio 10% | Alto 20% | Critico 40%


Corpo: (Danno Alto+Basso) Naso rotto (Basso), bruciature gravi alle mani e al volto (Medie), pertinacia (guarigione di un danno Medio), contusioni su tutto il corpo (Medie), trauma alla testa (Medio).
Mente: (Mortale) Stordimento (Alto), sorpresa (Basso), sforzo di volontà (Medio), allucinazioni (Critiche), trauma cerebrale (Medio-Colpo di grazia).
Energia: 100-10-5-20-10-20-10-10= 15%

Armi:
Spada bastarda: A terra.

Armatura: Gambesone

Abilità Passive
[Controllo energetico ~ Abilità razziale Umana] Gli uomini sono famosi per non possedere né una gran forza né un'eccellente velocità, quindi la maggior parte di loro hanno puntato tutto sulla magia, l'unica branca a loro disposizione. Grandi maghi e stregoni, il loro corpo porta una dote innata a favore di queste arti, come se fosse stato forgiato apposta. Raggiunto il 10% delle energie infatti, un uomo non sverrà, come invece potrebbe succedere a qualsiasi altro membro di un'altra razza. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0%.

[ Passiva di talento Guardiano] La prima caratteristica dei possessori del talento è la capacità di ricorrere alle proprie difese anche quando ciò sembra implausibile, nel momento stesso in cui l'offensiva nemica pare sul punto di andare a buon fine. Abituati a combattere qualsiasi tipo di nemico, coloro che godono di questa abilità passiva ottengono la capacità di innalzare le loro tecniche difensive istantaneamente, senza alcun vincolo di tempo o concentrazione. Anche nel caso in cui si trovassero contro un attacco incredibilmente rapido o altrettanto inaspettato, sarebbero in grado di reagire comunque con prontezza, innalzando difese al proprio corpo che si formeranno con quanta più rapidità.

Tecniche attive utilizzate
(In ordine di apparizione)
Parata: il guerriero, muovendo abilmente la propria arma o scudo davanti a sé, può proteggersi da un attacco nemico.
La tecnica ha natura fisica. Il guerriero potrà mulinare la propria arma, o sollevare il proprio scudo dinanzi a sé per bloccare, deflettere o intercettare un'offensiva fisica volta a danneggiarlo. La tecnica consiste in una difesa ampiamente personalizzabile, e può essere attuata anche a mani nude purché nei limiti di buonsenso e sportività. In nessun caso l'attacco parato potrà essere ritorto contro l'avversario. Può bloccare offensive di portata Media o inferiore.
Consumo di energia: Medio

Spazzata: il guerriero esegue una spazzata volta a sbilanciare l'avversario.
La tecnica ha natura fisica. Il guerriero cerca di colpire repentinamente le gambe, o i sostegni del proprio nemico nel tentativo di sbilanciarlo e farlo cadere oppure ancora aprire la sua guardia. La tecnica ha valenza di offensiva fisica con potenza Bassa, e come tale va fronteggiata. Causa danni proporzionati al consumo se va a segno, oltre a cagionare l'eventuale caduta del bersaglio. La tecnica si risolve nel turno in cui viene attivata.
Consumo di energia: Basso

Furia: il guerriero riesce a scagliare fino ad otto fendenti in successione con la propria arma.
La tecnica ha natura fisica. Il guerriero riesce a scagliare fino ad otto attacchi in rapida successione a mani nude, o con la propria arma. La posizione delle varie offensive cambierà in base al movimento compiuto dal guerriero. Questa tecnica può essere utilizzata anche con le armi da lancio. Non aumenta la velocità di movimento del guerriero, ma solo quella con cui compie gli attacchi. La tecnica va contrastata come un'unica offensiva di portata complessiva Alta, avente natura fisica.
Consumo di energia: Alto

Colpo di sfondamento: il guerriero colpisce l'avversario con grande impeto, spingendolo a terra e frastornandolo.
La tecnica ha natura fisica. Il guerriero effettua una carica, o aggredisce l'avversario con un attacco particolarmente impetuoso, in grado di spingere il nemico a terra oppure indietro. La tecnica ha il duplice effetto di cagionare danni Bassi e causare nella vittima una forma di paralisi temporanea che dura un turno e non è sintomo di ulteriori ferite. Il bersaglio colpito subirà quindi una contusione e sarà impossibilitato a fornire reazioni immediate per tutto il suo turno. Va considerata una tecnica fisica di potenza Media e come tale fronteggiata.
Consumo di energie: Medio

Colpo lesionante: il guerriero sferra un'offensiva tanto precisa quanto letale, in grado di cagionare danni interni all'organismo del nemico.
La tecnica ha natura fisica. Il guerriero concentra la sua prossima offensiva in un punto specifico del corpo avversario, così da infliggere importanti danni non visibili dall'esterno. La tecnica causa infatti lesioni interne, poiché il contraccolpo dell'attacco si ripercuote specificatamente agli organi, ai tessuti e alla muscolatura. Questo attacco può essere portato sia a mani nude che con qualsiasi arma bianca. La tecnica va considerata come un'offensiva fisica di potenza Alta, e come tale fronteggiata.
Consumo di energia: Alto

Nessuna resa: il guerriero, a margine di uno sforzo mentale notevole, sarà in grado di ignorare e sanare le proprie ferite.
La tecnica ha natura fisica. Il guerriero potrà esercitare una forza di volontà tale che gli consentirà di guarire da alcune ferite. La tecnica consiste in uno sforzo mentale immane, che causerà danni Medi alla psiche del guerriero per far fronte, assieme al consumo energetico, a una guarigione complessiva di entità Media al fisico. La tecnica può essere personalizzata, purché gli effetti siano gli stessi, in modo che le ferite smettano di sanguinare o si rimarginino, permettendo al guerriero di continuare a combattere. Non può essere utilizzata su altri soggetti fuorché il caster, e va considerata come tecnica di guarigione con potenza complessiva Alta ai fini del calcolo della Pericolosità.
Consumo di energia: Medio

Oltraggio: il guerriero lancia una singola onta, un insulto imperdonabile all'indirizzo di un nemico, causandone la perdita di concentrazione.
La tecnica ha natura psionica. Il guerriero si rivolge aspramente al proprio avversario, apostrofandolo con parole poco lusinghiere o offensive, maledizioni e via dicendo. La tecnica può essere personalizzata o utilizzata anche per rafforzare l'onta di un gestaccio, ad esempio, e va contrastata come un'offensiva psionica Bassa che utilizza come tramite l'udito o la vista. Se non opportunamente bloccata da difese apposite, il danno cagionato da questa offesa sarà di entità Alta sulla psiche della singola vittima.
Consumo di energia: Medio



Tabella riassuntiva
Sunto: Nel capitolo precedente, Vahram incontra Ydins intento a difendere una schiava dagli abusi dei loro padroni: il conte Kuhbach e suo figlio. Vahram decide quindi di aiutare il nano e ricatta il conte, obbligandolo a liberare tutti i suoi schiavi, che avrebbe dovuto portare il giorno dopo insieme ai loro contratti di proprietà in un punto preciso della città di Portalorica, dove si ambienta la vicenda.

Il giorno dopo, giunti al posto prestabilito dove ottenere gli schiavi, trovano invece una banda di tagliagole ad attenderli. Vahram e Ydins li fanno fuori senza difficoltà. Il conte non ha rispettato l’accordo e per questo dovrà pagare.

I due ex schiavi pianificano un’infiltrazione nella casa del conte per la notte stessa: Ydins andrà a liberare gli schiavi mentre Vahram dovrà uccidere il conte. Giunta l’ora fissata, si ritrovano davanti alla villa del loro nemico e si separano per svolgere ognuno il proprio incarico.

Avendo lavorato già per Kuhbach quando era un sicario prezzolato nel Perwaine, sul suo taccuino rosso vede di aver annotato un’entrata segreta che dalle fogne sotto la strada antistante porta alla cucina della villa, proprio sotto alla stanza del conte.

Appena riesce a intrufolarsi nella casa, assiste al dialogo tra la governante e Christian Rebic, la guardia personale del conte (e l’avversario della giocata autoconclusiva), ex mercenario che ha lasciato alle spalle la propria malvista carriera e ora ha una famiglia e un lavoro onesto.

Per riuscire a distrarre Rebic, appicca un fuoco in cucina, rientra nell’atrio e si nasconde in un angolo buio. Appena Rebic entra in cucina per controllare cosa sta succedendo, Vahram corre silenzioso su per le scale, al primo piano ed entra nella stanza del conte.

Vedendolo dormire nel letto, avanza e gli pianta silenzioso la lancia dritta nel cuore (sì, lo so, è vergognoso che un assassino non abbia un coltello, ma purtroppo l’ho venduto... :( ), uccidendolo all'istante. Però nel frattempo Ydins viene scoperto da delle ancelle, che si mettono a gridare e a chiamare aiuto. La contessa si sveglia e vedendo Vahram e il proprio marito morto inizia a urlare. Vahram la afferra e la impala con la lancia proprio nel momento in cui Rebic entra.

Vahram deve sparire. Gli getta addosso il cadavere della contessa, lancia una Bomba fumogena (Medio) e si avventa contro Rebic con Colpo menomante (Medio). Rebic, forte della sua Passiva da Guardiano I, riesce a deviare il colpo con Parata (Medio).

Vahram cerca di aggirarlo e fuggire dalla porta, ma Rebic, sentendo i suoi passi, riesce a eseguire una Spazzata (Basso) facendogli lo sgambetto e a farlo cadere per terra, sulla balconata. Vahram, supino, lo attacca con la Polvere mentale di datura (Alto), stordendolo, e poi con una violenta pedata gli sbatte la porta in faccia causandogli un danno Basso.

Rebic risponde indiavolandosi e attaccando Vahram con Furia (Alta), ma lui si difende con “È tutta questione di metodo” a consumo Alto defilandosi nella nebbia e scappando per la balconata evitando tutti i danni. Rebic usa su di lui Colpo di sfondamento (Medio) buttandolo di nuovo a terra stordito, questa volta proprio davanti alle scale, e poi lo prende a calci con Colpo lesionante (Alto).

Vahram si finge spaventato e pentito e usa Parola di mercante (Basso) supplicando Rebic di non fargli altro male, dicendo che restituirà subito ciò che ha rubato, poi gli lancia qualcosa dicendo di prenderla; questa cosa è in realtà una freccia esplosiva con una cuspide Fiore di Fuoco di potenza Media. Rebic la prende, ferendosi gravemente le mani, la faccia e gli occhi nell’esplosione e perdendo la spada.

Dopo un primo momento di sofferenza, Rebic usa Nessuna resa (Media+autodanno alla mente Medio) per curarsi di un danno fisico Medio, resistendo al dolore. Comincia a insultare pesantemente Vahram tramite la tecnica Oltraggio (Medio-danno Alto, ma potenza Bassa). Le sue parole non riescono però a influenzarlo, grazie all’Attiva di talento di I liv. (Basso), dunque Vahram contrattacca con Funerale Celeste a potenza Alta (+autodanno alla mente Alto=Critico) e poi lo butta violentemente giù dalle scale causandogli un danno Medio.

Non potendo difendersi propriamente, Rebic subisce tutto e rimane accasciato ai piedi della scalinata dell’atrio in preda alle allucinazioni.

Vahram scorge il figlio del conte terrorizzato alla porta della sua stanza, lo raggiunge e lo immobilizza per dirgli che lo lascia in vita apposta per fargli comprendere cosa sia la vera sofferenza – che gli schiavi conoscono più di ogni altro, mentre i nobili cinici come loro no – poi con la lama della lancia gli provoca un taglio profondo sulla guancia. Ogni volta che guarderà quella cicatrice, il figlio ricorderà questa notte in cui i suoi genitori sono morti.

Infine Vahram torna nella stanza del conte e recupera i documenti tra cui si trovano gli atti di proprietà degli schiavi. Infine butta la contessa vicino al marito e incendia il letto.

Deve allontanarsi alla svelta. Nell’uscire, trova davanti alla porta la governante che cerca di aiutare Rebic; lei lo accusa di essere un mostro. Vahram senza parlare annuisce e con un violento colpo di lancia rompe il cranio a Rebic (in termini di gioco, danno Medio al Corpo e danno Medio alla Mente *colpo di grazia*). Infine fugge lasciando la donna schizzata del sangue dell’amico terrorizzata e attonita davanti alla porta d’entrata.





Edited by Orto33 - 16/1/2014, 17:34
 
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.Neve
view post Posted on 22/1/2014, 14:29




CITAZIONE
Interpretazione e ragionamenti:
Uno scritto nel complesso molto buono che fa risaltare sì la psicologia del tuo personaggio, ma che non la pone al centro di ogni cosa, risultando piacevole alla lettura ma anche molto accurato dal punto di vista introspettivo. Vahram è infatti una figura complessa, un personaggio carismatico, forte. È un assassino, uno che agisce in solitaria ma anche con l'appoggio di altri personaggi giocanti - vedi Ydins -, è freddo, calcolatore, pragmatico nel suo lavoro. Agisce con professionalità quasi chirurgica, con mano ferma e precisa, pulita. Proprio come la tua narrazione che si snoda nel carattere del personaggio sviscerandone i sentimenti ed i segreti più profondi. Non è per nulla stereotipato, ma anzi dimostra un lato sensibile fuori dal suo contesto abituale. Una macchina da guerra, forse? Una lama silenziosa, che però non esita ad agire in modo subdolo, ingannando il suo oppositore con parole mendaci per poi contrattaccare rivelando la sua vera natura. Oppositore caratterizzato bene allo stesso modo, un uomo di mezza età, un vecchio mercenario con alle spalle un passato che l'ha segnato e di cui si nota moltissimo all'interno del combattimento. Sei riuscito bene a caratterizzarne i tratti con pennellate nette e decise, e non è facile farlo soprattutto con personaggi non propri. I comprimari del resto sono anch'essi ben descritti sia nelle movenze che nei tratti. I dialoghi, soprattutto quelli tra Rebic e Adele sono molto forti, molto vivi. Mi è piaciuto soprattutto il fatto che hai sfruttato il consiglio del correttore precedente per intessere una scena con protagonisti ed antagonisti tutti ben descritti allo stesso modo. Unica pecca è forse, subito dopo il dialogo tra il guardiano e la governante, questa parte che farò meglio a citarti:
CITAZIONE
A quanto pare quel Christian Rebic era un ex mercenario. La vecchia e fidata guardia del corpo del conte. A prima vista sembrava un tipo molto pragmatico e professionale; non si sarebbe certamente lasciato ammorbidire da belle parole o dal denaro. In ogni caso non avrebbe sentito certamente ragioni qualora avesse scovato Vahram a gironzolare per la tenuta. Avrebbe svolto il suo dovere, attaccandolo a vista.

Vahram però era molto più professionale di lui. Rebic non sembrava per nulla una cattiva persona; aveva pure una famiglia: una moglie e un bambino. Da alcune frasi che aveva detto ad Adele, a quanto pare simpatizzava con gli schiavi della magione e disprezzava i modi crudeli con cui il conte Fernand li trattava; però questi elementi non avrebbero inficiato minimamente sulle azioni di Al Patchouli.

In gergo si chiama "spiegone". Molti lo usano per rimarcare concetti precedentemente citati ma molti altri invece lo omettono, rilasciando invece le spiegazioni agli stessi atteggiamenti e agli stessi pensieri - sfumati - dei personaggi. Per un impatto più immediato sul testo si preferirebbe quindi la seconda opzione. Cerca infatti di far trasparire i sentimenti di Vahram attraverso degli atteggiamenti più o meno visibili nel testo: un tic nervoso, una mano nei capelli, labbra che si contraggono. Diresti molto più di quanto potresti scrivere spiegando soltanto. È un buon risultato, però.
Voto: 7.00

Movenze e descrizioni:
Una narrazione che parte lenta e cadenzata, per poi aggrovigliarsi e sciogliersi nelle battute finali. Ho particolarmente apprezzato il ritmo sospeso che hai dato a tutta l'intera vicenda, le descrizioni fluide e semplici, prive di virtuosismi ma talmente minuziose ed accurate da immergere completamente il lettore nel mondo di Vahram. Si ci perde in scorci di memoria, movimenti, azioni. Mai banali, mai scontati, ma pregni di un loro significato. L'assenza di errori di grammatica e di battitura fa sicuramente piacere, nonché l'uso corretto di sintassi e tempi verbali che fa capire come hai dato tanto per questo testo. Una cura maniacale, un impatto narrativo notevole. Tuttavia ho degli appunti da farti anche in questo campo. A volte tendi a scoprire troppo, proprio come nei pensieri dei personaggi, a dire più che mostrare. Cerca piuttosto di trovare un punto d'incontro tra queste due cose, cerca di far vedere azioni e concetti da un punto di vista diverso. Cambia prospettiva ogni tanto, focalizzandoti non sull'azione in sé ma sul significato che essa stessa vuole comunicare. Un rumore, una foglia che cade, un sospiro di vento. Sono tutti movimenti inconsci, istantanei, ma che danno al movimento, alla descrizione, un giusto peso. Così come le descrizioni in questo senso, ti consiglierei di curare maggiormente la musicalità del testo che a tratti pare atono, a tratti sterile. Con musicalità intendo proprio i suoni tra le parole, la coesione tra di esse. Lavora maggiormente soprattutto sulle allofonie e le figure di suono in generale, nonché sulle figure retoriche e le metafore che servono a dare un impronta più sfumata alle fasi discorsive. Per il resto va più che bene.
Voto: 7.00


Abilità e lealtà:
Non ho molto da dire in questo campo, se non appurare le tue già comprovate capacità strategiche e sportive. L'intero combattimento ha un suo respiro, scorre in maniera rapida e leggera, mai meccanica. Le azioni che compie Vahram sono ben giustificate dal punto di vista introspettivo e ben si adattano al contesto quale è quello di vendetta/raggiro. Non ho trovato, grossomodo, troppe pecche da segnalarti se non il fatto che, forse tutta l'intera azione è un po' troppo rapida vista così com'è. Il duello contro Rebic è avvincente, vivido, e non mancano i colpi di scena. L'azione ha il suo apice allorché la sentinella vede la morte negli occhi e allora si lascia andare. Buona anche la descrizione della ferita al ragazzino, davvero vivida e cruenta ma allo stesso tempo di una bellezza struggente. Descrivi bene anche il dolore che prova Vahram e sfrutti degnamente la sensazione di disagio che ne consegue. Cerca di allungare un po' di più il combattimento, la prossima volta, magari con uno scambio di tecniche in più. Solo questo.
Voto: 7.00


Voto Finale:
(media non aritmetica)
7


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Ti assegno 350g mentre io guadagno 125g per la correzione.
Per dubbi e domande mandami pure un mp.

 
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1 replies since 16/1/2014, 16:44   159 views
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