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| | Parlato Pensato Voce misteriosa nella testa Io sarò la salvezza
Tu sei il seme del caos
La voce faceva eco nella mia testa da giorni, una voce femminile, eterea, instancabile. E quello che all’inizio sembrava solo un illusione, uno scherzo della mente, ora era diventata un ossessione, una maledizione perenne. Niente pace, niente riposo, niente sonno; solo quella continua volontà, una volontà estranea che cercava di penetrare la mia.
Cosa vuoi da me?
Chiesi mentalmente. Nella mia mente comparvero immagini di sogni, sogni che non mi appartenevano: Una bandiera di cui non riuscivo a riconoscerne lo stemma, una torre in rovina, un vortice di nere acque. Poi seguivano sensazioni, memorie passate, la trepidazione, il segreto, l’attesa. Speranza, determinazione, poi oscurità. Avevo provato di tutto per liberarmene: erbe, meditazione, estenuanti allenamenti, ma lei era sempre lì a bisbigliare nella mia mente.
Perché me?
Il mio grido aveva un tono di disperazione, stavo forse impazzendo, era forse questo ciò che provano le persone quando perdono il senno.
Per la tua forza
Venne in risposta. Forza? Quale forza? Ero un guerriero, non migliore ne peggiore di tanti, ero un mezz’orco, donna per giunta. Ma immediatamente altre immagini si riversarono nella mia mente, stavolta le mie memorie, io che abbandonavo il luogo in cui ero cresciuta, che maturavo. Ritornarono alla mente pensieri che avevo sepolto a lungo nella mia memoria, il rancore verso chi mi disprezzava, il dolore di essere sola. Poi la scintilla vitale che mi aveva fatto andare avanti, la volontà di vivere, di superare tutto. Ricordai i miei anni come mercenario, il rispetto che riuscii a guadagnarmi, ricordai come e quante volte avevo affrontato il mio essere diversa, e di come infine ero riuscita a liberarmi di tale giogo. Io ero me stessa, non un mezz’orco, non una femmina, ma quello che sceglievo di divenire. Sentii viva in me quella sensazione come quella volta, quella vitalità che avrebbe infranto le montagne e spostato i fiumi se lo avessi voluto. La prima libera e completa espressione della mia volontà.
Questa forza, io desidero.
“Questa forza appartiene a me e non può essere ceduta”
Replicai a voce alta. “Tale forza mi guida, mi sprona a fare la cosa giusta”
Facciamola insieme.
Caos. La mia mente si bloccò per un momento. Cosa voleva dire? Mi ero così ostinatamente opposta a quella volontà estranea, che quando mi aveva accolta, che quando mi era venuta incontro mi trovai inerme. Ed ora era svanita, ero sola, di nuovo. Pace, nessuna intromissione, nessuna voce, nessuna presenza. Non desiderava corrompere la mia volontà, ora lo sapevo, perché era la mia volontà che l’aveva attratta. Ma il seme del dubbio era piantato. Fare la cosa giusta, non più sola, ma fianco a fianco con qualcuno, con quel qualcuno che mi stava accogliendo, mi desiderava non per ciò che apparivo, non per la mia stirpe, non per il mio mestiere, ma per ciò che avevo scelto di essere, e questa era una cosa del tutto nuova. Ma chi mi stava chiamando? Chi era quella voce? Ero sola, ma non mi aveva davvero abbandonata. Non sarebbe riuscita a piegarmi, perché non mi sarei mai ridotta a servire, non mi sarei piegata al costo di spezzarmi, ma questo doveva saperlo perché aveva scelto un'altra via per chiamarmi a sé. Era astuta, era potente, e questo era una cosa che mi faceva paura. Ma aveva lasciato la mia libertà, ero libera di scegliere la mia strada. Lei aveva bisogno di me ed io avevo bisogno di lei, ognuno con le proprie volontà, liberi ma legati da uno stesso obbiettivo.
O forse ti sta solo manipolando
Disse una voce critica dentro di me. Forse, ma io ero libera, e fintanto che fossi rimasta libera sarei stata io a decidere chi servire. Quella discussione con tale entità aveva rivelato tanto la forza quanto un limite: Poteva ferirmi, poteva persuadermi, ma non poteva cambiare ciò che ero, e questa era l’unica garanzia di cui avevo bisogno.
Rimani liberà
Urlò ancora quella voce dentro di me. Essere liberi non vuole dire essere randagi, risposi tra me e me. Ed in quel momento mi alzai, e con il poco che mi apparteneva mossi i passi verso il sole calante. Non conoscevo la strada, ma una silente guida mi indicava la strada, ed io altrettanto silenziosamente mi incamminai. Il cammino fu lungo, e non privo di pericoli; ma costantemente, senza una singola tregua, senza in singolo mancamento l’intangibile guida mi rimase a fianco, indicando sicura la via, anche quando non un singolo raggio di luce arrivava a illuminare il sentiero, anche quando la vegetazione più tetra sembrava chiudersi su se stessa, nascondendo ogni via di fuga, anche allora sapevo dove era la via. Quanto doveva essere temibile tale strada, quanto pericoloso quel bosco senza l’aiuto di quell’impalpabile presenza. Ma essa mi accompagnò fin dove mi attendeva Lei, l’essenza che mi aveva chiamato. Dinnanzi a me si estendeva un lago tetro, immenso. Due statue enormi facevano la guardia ad uno stretta passerella bianca che, con innaturale leggiadria si estendeva dritta fino a perdita d’occhio verso il centro del lago. Non ricordo quanto camminai, ma ricordo che quando giunsi al centro ovunque mi girassi la riva era scomparsa,e ne del bosco ne della terra si vedeva più traccia. Mentre mi avvicinavo le acque si facevano più furiose, le correnti più veloci, che quando arrivai in vista della meta mirai uno dei più temibili spettacolo in natura: sotto di me si apriva un enorme potente gorgo di acque nere, una sottile nebbia si alzava dall’infuriarsi delle acque, ma in quella manifestazione di potenza vi era un assordante silenzio. Poco più avanti si concludeva la passerella, lasciando spazio a un non ben definito spazio bianco: Ed in quella nebbiolina perenne scorsi una figura silente, in attesa. Il soldato che era in me mi fece reagire: Poggiai dietro di me il mio fagotto, che tintinnò toccando il terreno, smontai lo scudo dalle spalle e lo fissai al braccio, avanzando lentamente. Buona parte della mia armatura era nel fagotto, quindi indossavo solo l’essenziale. Pazienza, se fossimo arrivati al combattimento sarei stata più leggera. Dentro di me sapevo che ero ad un punto di svolta, non sapevo con chi mi stavo per confrontare, non sapevo a cosa andavo incontro, a una nuova vita, alla morte o altro ancora. E quella figura non era li per caso, anche se non ne conoscevo ancora il ruolo. Ero ansiosa, ma al contempo eccitata. Il corpo fremeva carico di passione; ero viva. Piantai lo scudo davanti a me, lasciando che il cozzare col pavimento rompesse quel innaturale silenzio: se qualcosa doveva succedere, decisi, allora era meglio che succedesse subito.
Note: Inserirò lo specchietto riassuntivo dal prossimo post. L'uso della prima persona, anche se non sempre consigliato, è ormai parte del mio stile da qualche anno. La mancanza di immagini, musiche o altri contenuti è voluta per non appesantire il caricamento (oltre che per una questione di principio personale) Per qualunque dubbio su ciò che ho scritto, o qualunque problema coi post, per favore contattami (in modo da risolvere problemi e malintesi anche per giocate future)
Date tutte le premesse del caso, buona role e grazie in anticipo per la diponibilità.
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