Gelida era la neve che ad alta velocità si abbatteva sulla vallata, Frollin si guardò alle spalle, la foschia limitava qualunque visione, proseguì a testa bassa, il poncho fradicio ormai serviva a ben poco, era stanco ed affamato, i suoi compagni ormai lontani a riposo in chissà quale accogliente focolare.
Gli occhi si fecero pesanti, si fermò nuovamente per riposare, sbuffando si chinò posando i palmi delle grosse mani sulle ginocchia, si guardò intorno, il paesaggio intonso non riusciva a dargli nessun riferimento, sapeva di doversi muovere verso sud, oltrepassare il confine, abbandonare quelle lande gelide e desolate, ma quale era la direzione?
Si fece forza, tirò il cappuccio il più possibile davanti agli occhi in parte già protetti dall'elmo e proseguì lasciando alle sue spalle bianche impronte che andavano a dissolversi in poco tempo ricoperte dalla neve, camminava da giorni chiedendosi come fosse possibile la completa assenza di un centro abitato o qualche rifugio dimenticato da qualunque essere etereo.
Sovrappose le labbra, la neve ghiacciata sui folti baffi gli si sciolse in bocca, quel biascicare gli fece ritornare in mente quanta fosse la fame che provava, si fermò nuovamente, nelle ultime due ore la strada percorsa probabilmente non raggiungeva il chilometro.
Era l'inerzia che lo spingeva a continuare in quel bianco paesaggio, le palpebre si facevano sempre più pesanti, le sensazioni di svenimento sempre più frequenti e la vista cominciava ad annebbiarsi, Frollin non capiva se fossero i suoi occhi a tradirlo o le gocce gelide miste a sudore che colavano dalla fronte.
Come era prevedibile si fermò nuovamente, sentiva che le forze andavano via, via per abbandonarlo, velocemente si sfilò da dosso il carico che lo opprimeva, prima la sacca con varie attrezzature e poi Trasthuaid, il suo spadone, furono lasciati cadere sulla neve.
Sentendosi leggero, Frollin, alzò gli occhi al cielo respirando profondamente, l'aria gelida e fresca dell'Eden gli penetrava nei polmoni, con lo sguardo rivolto a quel tumulto di nubi si lasciò cadere all'indietro, la pesante armatura da lui indossata non fece quasi rumore, il terreno ovattato lo fece sprofondare lievemente, chiuse gli occhi, non gli importava nella neve e del gelo, era un nano del Nord, poteva resistere a certi climi più di tante altre creature viventi, doveva e voleva riposare.
Nel sonno o nella dormiveglia la mente del nano cominciò a viaggiare a ritroso, sognava il portone della Montagna di Diamante, in quel cristallino e lucente splendore, come in un basso rilievo, si faceva spazio l'imponente scultura dell volto del grande Gruin, pioniere del nord e fondatore dell'omonima stirpe, oltre la grandiosa bocca portone,i grandi saloni di Sciamhlann, le pareti di finissimo oro e le colonne di diamante elaborato, la lucida pavimentazione coperta di tappeti onorari, il trono preceduto dalla sontuosa scalinata, le miniere, le fucine, l'immensa ricchezza di quella città fortezza.
La mente di Frollin continuava a rimembrare frammenti di quello che fu, ricordò l'amato padre, le sue scelte politiche e la comunità degli elfi, questi ultimi, sagge creature, si erano fatte accogliere in udienza da Re Frathin, al quale avevano chiesto quasi in preghiera di non addentrarsi troppo in profondità nella Montagna, la quale custodiva un terribile segreto.
Le immagini erano opache e nebulose, Frollin si rivide a fianco del padre, chi avrebbe mai creduto a quelle parole? I nani del nord non avevano nulla da temere se non la gelosia degli altri verso le loro ricchezze.
Ricordi su ricordi, in quelle visioni oniriche vi era tutto, gioie e dolori, e anche nel sonno, come se gli avvenimenti non fossero ancora recenti e vivi nei cuori, quel giorno tornò in testa a Frollin. Dalle viscere della terra, dalle fondamenta della montagna, tutto cominciava a tremare, assordanti versi si facevano sempre più vicini, il terribile segreto, fin allora celato, si mostrò, i saloni nanici furono invasi da un immonda creatura, di squame era fatta la sua armatura, priva di arti e di ali strisciava come una serpe mangiando qualsiasi cosa, sembrava nutrirsi del diamante del quale la montagna era composta, Frollin guidava i suoi uomini alla battaglia ma le massicce armi naniche sembravano inutili, non vi era modo per scalfire l'armatura, non vi era altra soluzione se non fuggire.
Veniva così punita l'avidità dei nani, ogni bene, ogni ricchezza, scomparse insieme alla creatura che ormai sazia lasciava i saloni distrutti scomparendo delle viscere dei monti del nord.
Tanti furono i pianti, il cordoglio era destinato a durare in eterno come la nostalgia verso i defunti, senza una casa, senza una meta, era iniziato l'esodo dei nani delle terre dell'Eden.
Come dopo un brutto sogno Frollin si alzò velocemente ancora spaventato, la paura però si trasformò in immenso stupore, tutto quello che aveva in torno era in qualche modo cambiato, poggiava i piedi su un lucente prato verde, i monti tutti intorno erano privi di neve e ghiaccio se non soltanto in vetta, alti erano i pini che non oppressi dal gelo ora mostravano il loro rigoglioso fiorire.
Frollin non riusciva a spiegarsi quel paesaggio, quelle terre dove la neve è perenne, non avevano mai visto un estate, si assicurò di non stare ancora sognando, l'aria era fresca ma si avvertiva un tepore primaverile, il nano si sfilò il pesante poncho e lo lasciò cadere.
Una farfalla che volava nei suoi pressi gli si posò sulla folta barba intrecciata, cercò di prenderla come per assicurarsi che fosse vera ma questa volò via girandogli intorno per allontanarsi alle sue spalle, Frollin si voltò e fu in quel momento che la vide...
I suoi occhi si riempirono di una gioia quasi bambinesca, un sorriso si materializzo su suo viso, là in lontananza, illuminata dal sole, Sciamhlann splendeva, la montagna diamante era come per magia tornata in piedi come se nessuna tragedia si fosse mai abbattuta su di essa.
Era lei, la sua, casa, il suo palazzo, la sua patria, tutto era come prima, Frollin raccolse la sua roba e in preda alla gioia cominciò a correre nella direzione della montagna, correva, correva il piu veloce possibile, sembrava che la stanchezza e la fame si fossero dissolte nel nulla ma poi qualcosa lo fermò, il nano rimase stranito, come se qualcosa gli avesse oltrepassato l'anima, in lontananza, alle sue spalle sentì una voce.
Vieni da me...Vieni da me, la Torre ti vuole...Io ti voglio, io ti guiderò.
Frollin si voltò nuovamente, tutto a un tratto il suo volere cambiò, era strano, non desiderava più la sua Montagna ma quella voce quasi angelica, voleva scoprire da dove provenisse, voleva compiere il suo volere, qualunque esso fosse.
Se prima la fatica del nano non gli permetteva di percorrere una decina di passi uno dietro l'altro, adesso, sotto quello che sembrava in tutto e per tutto un incantesimo di malia, Frollin avanzava imperterrito, lo sguardo era fisso verso una direzione, quella voce lo spingeva verso qualcosa che non conosceva, verso qualcosa di ignoto.
Camminò per ore, oltre sentieri e ponti, tagliando le vallate superò il confine, superò l'Eden il quale, una volta lasciato, torno ad essere quella regione nebbiosa e gelida, il nano però non se ne accorse, la sua mente ormai pensavo solo e soltanto ad arrivare alla fonte di quel suono angelico.
Nelle terre di Matkara, dove la vegetazione rinasce non più ostacolata dal vento pungente dell'estremo nord, tra colline e boschi, nasce un lago, ma attenzione, non un comune lago dove gli uomini pastori portano a dissetare il bestiame, questa conca d'acqua è visibile a pochi, solo chi è chiamato può vederla, solo chi ode la Voce di Velta.
Questo lago è circondato sul perimetro di costa da rigogliosi alberi, ma un passaggio, una passerella di bianco marmo preceduta da due statue dall'aspetto probabilmente elfico portano al centro del lago ed è qui che Frollin arrivò.
Come se risvegliato da un forte spavento od una secchiata d'acqua Frollin tornò in se, in un attimo il cielo si andò ad imbrunire, dalle chiome degli alberi corvi volarono via, la malia era svanita, ora il nano ammirava spaventato davanti a se un enorme vortice d'acqua, un mulinello il quale tramite una scala a chiocciola che proseguiva dalla passerella conduceva ad acque sempre più nere.
...
Frollin decise di prendere quella via in quell'oscuro gorgo.