Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

In a Heart full of Dust

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astraldawn
view post Posted on 7/4/2014, 10:26




27FgSIB

Si addentrò una volta nelle Selve un vecchio mercante
dagli occhi stanchi, aiutato da due giovani bottegai; portava con sé un carico di libri, liquori e spezie e veleni. Le ruote del suo carro battevano forte sulla dura pietra, e gli zoccoli del mulo zittivano il nido dei corvi: non era segreto il loro passo a Morgàn, il cacciatore, il cui sguardo era servo di quella terra, e dell'antica storia che dava voce agli alberi senz'anima, alle bestie prive di pensieri.

Ma non venne toccata loro la vita; soltanto un piccolo oggetto, che cadde dal cumulo in un momento
di silenzio - le Selve lo desiderarono -, un libro che portava il nome di un uomo per titolo, e il cui racconto si interrompeva dopo poche pagine, lasciando bianche le restanti.
Lo prese con sé il figlio della Zingara, quando il mercante si era ormai allontanato dalla via;
vi scrisse le proprie tracce, credendo che il libro lo chiedesse, con fervore.
E quello prese corpo. Lentamente, prese corpo.


In a Heart full of Dust


.
.
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DCCXXI

Sei tornato il nuovo giorno, e ti sei mostrato diverso, diversa. Ti prendi i miei ricordi e la mia storia come le acque di una palude. Indossi un vestito nero per il lutto che accompagna la mia morte, e ti copri il volto con una maschera di malinconia: per la mia reincarnazione - qualcosa di prezioso andrà perduto, non è forse così? -. Sei come il bambino che io tornerò ad essere, quando mi sarò perduto: è il sogno che mi attanaglia tutte le notti, perdere i miei ricordi. Ti vedo nella pelle nuda di un bambino. Ma tu hai già veduto me. Cammini sul mio terreno di caccia e vaghi, noncurante dei lupi delle Selve, e mi cerchi con i tuoi occhi aspettando fuori dalla casa; ma il tuo aspetto si turba come aria, come fosse acqua, quando ti viene incontro un corpo che prova la fame dei vivi, e non sei né carne né sangue. Non hai odore per la caccia delle bestie. Vattene. Maledetto, maledetta! Perché non vuoi andartene, fuggire da me? Non hai mai ascoltato che cosa dicono i racconti di me, di me, di me? Io non ho i loro desideri - non sono più uno fra gli uomini, ma un eremo; non in questo luogo, ma lontano - non sai quanto sono distante? - quanto il gelo che un uomo non può sopportare nella sua anima. Io sono uno spettro, e da sempre osservo i giochi e le cose mortali dietro un vetro ed una vita che mi nasconde, e sono invisibile. Vattene, via da me! Ma tu hai visto il mio volto vero: lo hai sentito, toccato con le tue mani, e mi chiami con la tua voce che porta molti ricordi con sé. Immagini di un segreto, di una guerra, e molti nomi: mi vuoi con te? Allora canta e dimmi, se hai deciso di restare, scrivi quello che sono - chi sono io? Tu che mi vedi, come sono io?

. . .



DCCXLII

Mi vedo, nello specchio di te: le mie labbra, assetate, gli occhi grigi per il grande sonno. La maschera di ferro e il mio corpo stanco; i suoi capelli, il ricordo della madre. Mi trovo nel centro delle rovine circolari di un tempio: qui non cresce l'edera, perché lo negò un incendio dei tempi antichi e la pietra fu annerita dalle fiamme. Un cerchio è tramite di ogni cambiamento, come nelle notti di lei, la madre. Ma non è presente in questo giudizio.
Ne vibra la brezza fredda della notte, lo ingoia la terra, umida; non è più soltanto un presagio, ma qualcosa che già accade, e mangia e cresce. Il loro passo stride sui sassi: ora rispondono ad un richiamo lontano, le bestie, le sagome nere delle bestie si adunano intorno a me, Morgàn: le voci sono inquisitorie, il fiato spira lugubre dalle loro fauci, denti stretti nella morsa del buio. Sono i lupi, i miei vecchi compagni di caccia. Li guida un'immagine arcana, un animo dei tempi che furono, dei tempi che sono, ed è un suo pensiero a disegnare questo cerchio famelico: intorno a me, solo, ad oscurare la Luna dal mio sentiero, perché si dice che io sia un traditore. Un traditore. Un respiro, nel corpo del silenzio, uno e molti, a fatica, si ripete denso come il sangue, caldo come la bocca prima della morte; scandisce il tempo che più non è, ed è fermo ed è immobile. E pur si stringe il cerchio, danzando le bestie: chiedono, a gran voce, con un filo di voce, in una moltitudine di voci: chiedono! Danne anche a noi. Di che cosa vai a caccia, Morgàn?
E avanza uno fra di loro, il capobranco: un bagliore notturno rivela i suoi occhi piccoli, grigi e infossati nel grande muso piatto. Il pelo sbiadito e un sentore di polvere dicono di lui che è antico, e la vecchiaia porta con sé un sapere, assopito, una saggezza, cieca come l'istinto. Il suo corpo secolare, a tratti fumoso e indistinto, e infinito, poiché prende origine da un ricordo: di fronte a me, ha l'aspetto di una divinità. Egli è una grande bestia della passione, e del rancore e della caccia; è lo spettro di un lupo e cresce forte del suo odore gramo, e si distorce nel teatro della mia mente, dentro il tuo specchio come ombra fra le più pesanti da sopportare; cresce la sua voce, e d'un tratto è tutto il grido delle Selve: di chi vai a caccia, Morgàn?
Danne anche a me.


[ . . . ]



Quella volta Morgàn dette le spalle alle Selve, e nei giorni che non gli riusciva più di contare vagò a stenti, ad inseguire la sua Voce, l'infante. Camminò a lungo per i sentieri scoscesi, le strade impervie e divorate negli anni dalla vegetazione; e corse e si nascose, perché i lupi seguivano il suo odore e lo attanagliavano. Corse finché il tempo non divenne irreale, e divennero invece tempo i pensieri che cacciavano dentro la sua mente, prendendo a popolare la terra attorno al suo corpo: molti si tenevano a debita distanza da lui e mormoravano sottovoce, temendo per lui la morte. Altri lo aiutarono a leccarsi le ferite. Ma non gli lasciava tregua la caccia delle bestie, e la lotta era estenuante; aveva l'aspetto di un angelo sfregiato, costretto nella follia e nella solitudine delle strade. E credette di non avere più un volto, per le tante ferite.
Un vento freddo gli sferzò i capelli, quando i nodi intricati della boscaglia lasciarono il posto ad un campo d'erba incolta, dai toni spettrali. Gli parve che fosse stato l'incubo di una sola, lunga, interminabile notte, quando vide il cielo bruno aprirsi sulla radura: era costellato degli stessi racconti che camminavano sulla terra, spiriti randagi. Alcuni gli tesero le mani, alla vista di Morgàn, come fossero stati antichi compagni di viaggio; ed erano davvero suoi compagni, pensò il cacciatore, mentre muoveva i nuovi passi sul suolo morbido, e l'erba tornava a frusciare alla brezza dopo che il suo cammino l'aveva piegata. Così si lasciò accogliere, abbracciando i fantasmi che salivano con lui. Verso dove? Essi guardavano a qualcosa che si trovava più avanti, e gli sussurravano: Vieni, è finita la lotta - non devi più - è finita la lotta.
E gli parve di vedere, che sorrideva, il bambino, bianco per un solo istante. I suoi piedi affondarono nel fango e la brezza divenne fredda, la notte scura, perché insieme con la Voce erano state prese le luci tutte dei racconti. Essi avevano guardato a un lungo pontile che si reggeva sulle acque di un lago, all'apparenza senza confini. Un bagliore riflesso, quando la Luna comparve nel suo cielo ventoso: il cacciatore colse sull'acqua lo specchio di sé. Aveva le mani sporche, grumi di sangue sulle dita e le unghie nere. I suoi denti erano stati troppo feroci, dentro la bocca di un uomo.


Sono io il bambino; sono i lupi e sono il cerchio.






Da leggersi piano, forse. Potrà sembrare un po' una storia rattoppata, perché l'ho scritta nel giro di un mese e non sono bravo a riprendere le cose vecchie con armonia. Però dai, magari postare è il primo passo per fare qualcosa.
Il titolo l'ho preso dai testi di Bjork un paio di settimane fa, e non sono sicuro che adesso mi vada ancora bene.
Auguri e grazie a chi si occuperà di questa cosa :8D:
 
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Alb†raum
view post Posted on 11/4/2014, 17:08





Maelstrom emerse dalla chiocciola marmorea del gorgo a passi lenti, come era solita fare. Il corpo esile e aggraziato della guardiana risplendette per la luce della luna quando posò i piedi sulla passerella. Sollevò gli occhi verso l'astro per un istante. Il chiarore la pervase e le fece risplendere le membra evanescenti come se la luce venisse sprigionata dal suo interno.

«Cosa ti porta qui, straniero?»

Domandò al ragazzo di fronte a lei senza abbassare gli occhi. L'aveva già visto di scorcio, tanto le bastava. Era alto, massiccio, con una chioma color sangue rappreso che gli scendeva fino alle spalle. Maelstrom ebbe la sensazione di trovarsi davanti non a un selvaggio, bensì alla selva stessa, irta, pericolosa, oscura, così come irti erano i peli malamente curati, pericolosi quei muscoli massicci e nero il suo sguardo. Maelstrom lo guardò con la coda degli occhi senza scostare il viso dalla luna.

«Questo è un luogo pericoloso, molto più di quanto tu possa pensare. Se sei giunto qui per caso, fuggi e torna da dove sei venuto.»

Abbassò finalmente il capo nella sua direzione e gli sorrise. Dolce. Non voleva spaventarlo, dopotutto lei era acqua, la fonte. Per quanto fosse selvaggia una creatura, prima o poi sarebbe dovuta venire a bere, a immergere la bocca nello specchio cristallino.
E scoprire quanto veleno potevano contenere i suoi baci.

«Se è la voce di Velta che ti chiama, invece, mostrami di essere degno di passare.»

Le fronde degli alberi stormirono turbate da quelle parole. Maelstrom tese una mano in avanti. Non era un cenno di invito, né uno di repulsione, ma era contemporaneamente entrambi.
Fissò negli occhi il ragazzo completamente certa che lui fosse venuto per il secondo motivo.





Arisalve e benvenuto al tuo arrivo. Io sarò, di nuovo, il gerarca che si occuperà di te per questa giocata.
Dovresti ormai sapere come funziona, quindi non starò a ripeterti tutta la solfa :asd:.
Il guardiano che sto usando è Maelstrom e puoi trovare la sua scheda qui (link).
A te la penna.
 
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astraldawn
view post Posted on 22/4/2014, 12:24






Il suo corpo stanco pareva quello di una grande bestia, avvolto com'era nell'armatura di ferro vecchio e nell'odore delle Selve; i suoi ricordi stanchi erano stranieri a quella terra. Chino sullo specchio d'acqua nera, lo sguardo era intimo e caldo: il viso era quello di un uomo magro, che non avrebbe più saputo ritrovare la via di casa. Il riflesso tremolante di un lontano Gorgo piegava la sua bocca in un'espressione amara e silenziosa, mordeva le labbra. Così feroci i denti e i suoi molti - che avrebbe divorato il suo stesso cuore, e sarebbe stata forse una sorte migliore - ma il tempo gli aveva restituito il pensiero. Ed era distante dal suo nome, Morgàn. La belva non aveva l'ardire di allontanarsi dal suo territorio; giaceva sopita, lontano. Il suo volto grigio vacillava sopra la superficie dell'acqua e lentamente cadeva, nella nenia del Gorgo: il mormorio del lago avrebbe sopportato il peso del suo corpo, avrebbe avvolto la sua violenza, accolto la sua melancolia. Cadde.

Le orme di fango sulla pietra bianca si erano estinte, alcuni passi dietro di lui. Poco distante, quello che gli parve un tonfo lo risvegliò dal torpore in un istante. Si fermò di colpo e tese l'orecchio, mentre il suono si articolava in un incedere femminile e aggraziato. Scattò con lo sguardo nella stessa direzione: vide il miraggio di una donna, incolore, misteriosa. Il chiarore della Luna passava oltre i suoi occhi, rivelando dietro di lei i frammenti di una realtà dolce e distorta; ma ritornava in una danza segreta dentro il suo corpo, e sulla pelle l'avvolgeva in un vestito di forma cangiante. Un corpo luminoso, inumano: ed era reale. Poteva essere un'illusione? Oppure una metafora: le sue labbra che non parlavano per lei. A Morgàn parve di sentirlo - un sottile riverbero, un gioco di impressioni - e si chiese se quella voce fosse davvero sua oppure, e se non appartenesse a qualcuno di, nascosto, qualcosa di, grande. Ma fermarono lo scorrere di pensieri - i suoi occhi che erano come piccoli specchi vorticosi; i suoi occhi che cadevano su di lui: gli ricordarono di quell'intimo riflesso sulle sponde del lago. E pensò che, forse, l'acqua dovesse sorridere come faceva lei, invitando la sete, promettendo un desiderio. Pensò che, così com'era bianco il suo viso dentro il ponte di pietra - la vide dentro i flutti del lago, nera come una notte diversa, che tutto prendeva con sé.

« … Tradito, con le mie stesse mani. Io non so chi sia, ma tu, tu lo sai bene. Non è così?
Mi ha tolto tutto quello che possedevo. E credo che mi attenda alla fine di questo cammino.
»

Le disse, con una voce che aveva in sé qualcosa del demone e della bestia, più che dell'uomo; la sua bocca straniera scandiva lentamente ogni parola, in tono cupo e gutturale. Del resto, era trascorso molto tempo dall'ultima volta che aveva parlato la lingua delle scritture, dei sortilegi e degli scambi di mercanzia. Tempo... Il suo animo divenne un anelito, un sospiro che guardava alla mano tesa di lei, il guardiano. Mosse alcuni passi incerti, lentamente prese a camminare, cadenzato, verso di lei. Se non fosse stata la notte a gettare le ombre della maschera sulla metà del suo viso scoperto, forse avrebbe visto le sue labbra accendersi di rosso fugace, vivido porpora della verità.

« Sì, Velta... Io desidero vederla. Ancora una volta. Mi dirai di lei? Di te? Dove sei tu? »

La donna scomparve. Solo per un riflesso del tempo, meno del tempo che s'impiegherebbe a pensare la parola più breve. Il selvaggio la cercò con le dita della destra; non era mai esistita. Forse non esisteva ancora. Raggiunse la sua mano tesa, ma senza toccarla: chi avrebbe potuto dire se non fosse di qualche passo più lontana? O se non fosse dietro di lui? La sua bocca sospese il respiro, la Luna avrebbe gettato una piccola luce sul suo sguardo: socchiuso, freddo, pensante. Sollevò delicatamente la mano aperta verso il viso del suo miraggio, come se temesse di spaventare un cucciolo di bestia schivo. Come potrei - pensava - come potrei, catturare una goccia, una goccia d'acqua? D'improvviso le sue labbra si piegarono in una smorfia di dolore - gli occhi sorridevano. I capelli della Strega strinsero il suo braccio in un brivido: lo ritrasse con dolcezza, camminando indietro sulla passerella. Quando la destra cadde nell'ombra accanto al suo fianco, un nodo di capelli si sciolse tra le sue dita e lo accarezzò con calore materno. Le due bestie avrebbero fatto la loro comparsa, alle spalle del guardiano. Le deboli luci di quel teatro avrebbero mostrato il groviglio di denti nelle loro bocche, i loro corpi tesi ed irreali, le membra che si legavano e disperdevano - nella fame di lei. Avrebbero stretto le fauci attorno alle caviglie della donna, la donna del lago: un rituale, una danza nei loro occhi senza volto.

« Guarda chi ti ho portato... Ti piace, Madre? »


L'acqua del riflesso, la carne dietro il riflesso.
l'avrebbe presa, con voce gutturale - l'avrebbe presa per sé o
forse avrebbe scattato nel nulla - tornando indietro, non ne sarebbe stato nulla.






Stato fisico illeso

Stato psichico illeso

Energie 100 - 10: 90%

Capacità straordinarie 1 {maestria nell'uso delle armi}


Abilità passive

{ Abilità Razziale; il personaggio possiede una capacità innata
di eludere le arti psioniche di livello passivo. }

Abilità attive

Occhi scavati e pallidi, spettrali nel mezzo di musi neri, e bocche digrignate, la sua ombra grama di morte: nodi di capelli che, nella loro moltitudine di forme, divengono segugi per Morgàn, nella sua nera caccia. Un incanto anima la loro rabbia e la loro fame, e tende i muscoli del loro corpo; allo scattare delle zampe, una carica violenta cade sulla preda. La loro ferocia è un fardello pesante da sopportare, le fauci reali, eppure tale è la macabra danza dei capelli nel vento, che irrigidiscono nei loro costrutti e poi si disperdono con altrettanta rapidità, sagome senza più ossa né carne. Ma rimarrà di loro un lontano boato, un nervoso fiato che cerca, senza sosta; un grumo nero d'invidia che uccide nella sua stretta.
{ Pergamena Cani da Caccia; mediante un consumo energetico Medio, il personaggio è in grado di evocare non più di tre bestie di capelli, delle dimensioni e della pericolosità indicativa di un pastore tedesco; la loro potenza, complessivamente Bassa e pari a 2 CS, viene ripartita nel numero, e le bestie permangono sul campo di battaglia per un totale di due turni, compreso quello di evocazione. }

Azioni in breve

Avvicinandosi a Maelstrom, Morgàn evoca dietro di lei due bestie di capelli con il compito di intrappolarla, prendendole le caviglie nella stretta delle fauci.

Note

Non fare caso al primo paragrafo, è un delirio "poetico" (e io che mi ero illuso di non fare personaggi sempre uguali, uguali a me). Non fare caso neanche al resto, se non ti piace. So che alla fine mi dirai che non ho sfruttato entrambi gli slot tecnica, ma per uno strano gusto estetico ho preferito fare così (poi si vedrà). A te la penna (:
 
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Alb†raum
view post Posted on 22/4/2014, 20:41





Maelstrom ritrasse la mano e corrugò la fronte, confusa. Il ragazzo aveva pronunciato qualcosa riguardo al tradimento, poi a Velta, ma nulla che avesse significato. Aveva una voce bassa, gutturale, come se fosse da tanto tempo che non parlasse. Era il ringhio di una bestia o il borbottare di un oboe. La Guardiana rimase interdetta per qualche istante, immobile a riflettere su quelle parole per trarne un qualche senso.
Solo poi si rese conto delle due figure che scattarono contro di lei. Erano due bestie simili a cani, i lunghi peli scuri che attraversavano il loro corpo e parevano modellarlo. Capelli, comprese Maelstrom. Le creature spalancarono le fauci scoprendo denti, veri denti affilati. La guardiana schioccò le dita. Il corpo le cominciò a ondeggiare come uno stagno agitato dalla pioggia e i morsi dei due animali le passarono attraverso le gambe senza riuscire a tangerla.

«Ora comprendo.»

La fronte della guardiana si era spianata, un sorriso le si era dipinto sulle labbra trasparenti.

«Tu sei pazzo.»

Le acque del gorgo si sollevarono. Un mulinello maestoso e terribile avvolse Maelstrom, facendola scomparire fra i flutti neri come la pece. Il tornado si sollevò più alto delle fronde degli alberi facendole scuotere e agitare. Dopo qualche istante alla sommità del vortice comparvero due occhi di brace, una bocca sorridente, crudele, entrambi fatte di pura luce. L'acqua parve modellarsi come la creta: comparvero lunghe braccia femminee, gambe sottili, vesti che coprirono la nudità di quella figura gigantesca.
Maelstrom rise dalla sua altezza.

«Sei così appropriato a questo luogo.»

La Guardiana tese un palmo. Da esso scaturirono lance, centinaia di piccole lance aguzze scure come l'ossidiana e trasparenti come il vetro. Si gettarono addosso al ragazzo per trafiggerlo nell'addome.
Con l'altra mano Maelstrom si preparò a spiaccicarlo.





SuUpAH9
Capacità speciali

2 - Costituzione 2 Forza fisica + 1 CS Forza Fisica

Energie

80%

Ferite

Nessuna

Passive

Difese Istantanee
Difese ad area pari al consumo
Timore passivo

Attive:

Immunità agli attacchi fisici + 1 CS Forza Fisica (Consumo medio; durata 2 turni)

Attacco medio di lance d'acqua; consumo medio

Note

Maelstrom para l'attacco delle evocazioni con una difesa dagli attacchi fisici per poi trasformarsi in forma demoniaca e attaccare con lance d'acqua Medie seguite da un tentativo di schiacciarti (attacco fisico). Fai attenzione all'aumento di CS conferito dalla tecnica di difesa.

A te la penna.



Edited by Alb†raum - 22/4/2014, 22:08
 
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3 replies since 7/4/2014, 10:26   130 views
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