Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Gruppo Ovest, Apocryphe, Oblivion, Dante, aki, Albtraum.

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view post Posted on 7/5/2014, 23:53
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Ad Extirpanda IV


Primo post: Apocryphe, Oblivion, Dante, aki, Albtraum, nell'ordine che preferiscono.
Player Killing: Off
Durata: Un solo post di presentazione e ??? post di combattimento (fin quando non si sconfigge o si viene sconfitti dal nemico).
Tempi di risposta: Cinque giorni per turno (nei cinque giorni bisogna completare il turno di tutti gli utenti).
Avversario: Ighhs, Derhs, Cohls ~ Spostamento del Sogno - [LiNk]
Arena: Ai piedi della Torre - Lato Ovest
Regole: Il duello non deve interrompersi per alcun chiarimento - usate il topic di "confronto" del vostro gruppo, nel caso. Non si possono modificare i propri post dopo la fine del turno degli utenti. Si seguono le normali regole di un duello ufficiale.
 
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DanT&
view post Posted on 10/5/2014, 12:41




Ad Extirpanda
Scacco alla Torre





Vieni.



Si voltò di scatto verso la finestra, il boccale a mezz'aria.
Un brivido gelato lo aveva attraversato all'improvviso facendogli venire la pelle d'oca su tutto il corpo, persino quello che ormai non c'era più.
Gettò uno sguardo stranito intorno, battendo la palpebra. Tutto normale. Nella locanda aleggiava il silenzio che lo aveva accolto già quando ci aveva messo il piede bagnato fradicio. Gli avventori, scarsi, dovevano essere stati contagiati nell'umore dalla giornata, proprio come lui.
Meteoropatia, che strano fenomeno.
Si ritrovò a rifletterci un po' su, per ingannare il tempo, senza smettere di osservarsi nel liquido scuro che doveva essere birra, ma che ne aveva soltanto il nome.
L'oste non faceva altro che rigirarsi tra le mani un bicchiere nel vago tentativo di pulirlo con una pezzuola lurida. Aveva lo sguardo vitreo, come tutti. Nemmeno si accorgeva di alcune gocce che tintinnavano ritmicamente colando da un punto imprecisato del tetto sul bancone, poco distante da un suo improbabile intervento per fare smettere quel dannato plic plic che ti spacca il cranio.
La pioggia martellava la giornata ad un ritmo incessante. Non sembrava minimamente calata di intensità e non si sarebbe sorpreso se di lì a qualche giorno si sarebbero ritrovati a dover nuotare per muoversi. Magari sarebbe stata la svolta per la popolazione del continente. Magari un nuovo passo verso l'evoluzione. Avrebbero sviluppato mani e piedi palmati, branchie...sarebbero diventati una sorta di uomini, nani ed elfi anfibi con la pelle verdognola, più simili a rane che...

Vieni..

.
Il boccale si rovesciò inondando il legno levigato da anni di usura, di malto scuro.
Mickey si voltò nuovamente e quasi meccanicamente si avvicinò alla finestra.
La sua mente rimase seduta ad osservarlo mentre si attaccava al vetro martoriato dalle gocce. Lo vedeva spannare la superficie trasparente con la mano dalla condensa che provocava il proprio respiro.
Una Torre Nera si stagliava netta in lontananza all'orizzonte. Doveva essere impossibile riuscire a vederla con la pioggia, ma invece eccola lì, ribollente e gelida, una zanna che trafigge il cielo come un'oscura lama.

Vieni!


Di due cose era sicuro, anzi tre.
Prima non c'era.
Era lei a chiamarlo.
Doveva andare.


Il cavallo che prese nella stalla non aveva idea di chi fosse. Un bel baio scuro che non oppose la minima resistenza quando gli poggiò sopra una sella e gli infilò morso e finimenti con pochi e rapidi gesti. Lo battezzò immediatamente Sarro. Non sapeva perchè, fu la prima cosa che gli venne in mente.
Si allontanò al galoppo spronandogli i fianchi con forza e seguendo la strada maestra. Tremavano eccitati, entrambi. Non era mai stato un cavallerizzo provetto, ma cercò di cavarsela meglio che potè mantenendo una velocità e una postura perlomeno decente. La voce nella testa si presentava ritmicamente, incitandolo a raggiungerla al più presto ed era proprio quello che stava facendo.
Ma, era la cosa giusta?
Udire voci nella propria mente non era esattamente simbolo di sanità mentale. Forse dopo aver perso un braccio, un occhio e un Clan poteva considerarsi vicino a perdere anche il senno?
Non che gliene importasse qualcosa, alla fine. Di motivi strettamente pratici, per vivere, non è che ce ne fossero di particolarmente eclatanti. Una vita vissuta per inerzia forse merita di essere troncata per lasciare spazio a qualcun altro. I parassiti non servono a nessuno.

Vieni da me, presto...


Tallonò ancora una volta il dorso di Sarro coi tacchi, provando ad accelerare rimanendo in sella. Gli occhiali da sole lo aiutavano, oltre che a nascondere l'orbita vuota, ad ignorare parzialmente le gocce che gli sferzavano il viso. Non si era neanche accorto del fatto che ad ogni lacrima del cielo corrispondesse una traccia nera che lo andava a macchiare, come se dalle nubi stesse qualcosa di oscuro e contaminante si riversasse su Asgradel e sui poveri idioti che si ostinavano a calcarne la superficie.
Forse stava andando incontro a qualcosa di incredibilemente più grande di lui, così enorme, terribile e inconcepibile rispetto anche alla morte stessa. E la cosa ironica? Non se ne rendeva conto.


La Torre.
Non si era mai trovato di fronte ad una struttura simile. Rubava totalmente lo spazio a tutto ciò che la circondava. Il nero assorbiva la luce, l'ambiente pareva comprimersi attorno distorcendosi, l'altezza e la monumentalità la slanciavano dando l'impressione che a scalarla si potessero attraversare le nuvole stesse del cielo per raggiungere il paradiso. L'architettura di basiledra, persino la più monumentale, impallidiva miserabile al confronto con quel baluardo, unico e isolato, ma capace di sconvolgere un animo inquieto in un modo che nemmeno la Capitale era mai riuscita a fare. Sembrava di paragonare la rozza costruzione di un bambino, dell'uomo alla fin fine, a quella di un adulto: un Dio.
Mickey il Tuttofare si ritrovò a tremare assieme al suo cavallo, intirizzito dal freddo e bagnato come un pulcino. Gli abiti fradici e la faccia totalmente rigata da lacrimene nere.
Sarro arretrava nervoso. Non voleva avvicinarsi, e lo capiva. Non voleva andare più vicino.
A Velta.
Pronunciò piano carezzando il collo dell'animale, che fremeva impaurito dilatando le froge.
Solo adesso si era reso conto di cosa avesse davanti e di cosa lo avesse spinto a lanciarsi in una cavalcata forsennata di miglia di terra zuppa rischiando il collo.
Smontò senza smettere di carezzare l'animale staccando da una cinghia la grossa falce, attraversata ripetutamente sulla lama ricurva dal bagliore cremisi che la caratterizzava. Non lo aveva mai visto presentarsi così spesso. Non era un buon segno. Se la fissò alle spalle, ispirando, preparandosi a qualcosa che era sicuro di lì a poco sarebbe successo. Lo sentiva nell'aria, che crepitava.
Poco distante, infatti, un gruppo di guerrieri che aveva notato solo adesso, concentrato com'era sulla Torre e sulle parole che non smettevano di rimbombargli nella testa, arrivava schizzando fango dappertutto con gli zoccoli dei destrieri.
Il Faccendiere si avvicinò cauto, muovendosi orizzontalmente per non avvicinarsi troppo alle pareti color dell'ossidiana dall'aspetto terribile, conducento il baio per le redini ad un passo lento.
Uomini e donne componevano il gruppo, in prevalenza i primi tra cui scorse Taliesin il dannatissimo bardo, ma era una donna alla testa del corteo. Una donna che prese la parola, una donna bella, una donna forte, una donna con un seguito, una donna di lì a poco madre, una regina.
Capì, Mickey, di trovarsi non di fronte ad una, ma a ben due leggende.
Realizzò che l'eroina di cui aveva sempre sentito parlare, di cui si favoleggiava nella notte intorno ai fuochi raccontandosi storie d'eroi e di guerra era lì in carne ed ossa a guidare un esercito -piuttosto esiguo a dire il vero - contro la Dimora di Eitiniel, la Dama Bianca.
Lady Alexandra contro la Torre di Velta.
Una lacrima solcò il volto del Faccendiere.
Il discorso di lei lo commosse, le parole di lei lo incoraggiarono, la voce nella mente lo fece indugiare, le sue domande lo fecero dubitare.
Scosse la testa senza riuscire a trattenere le lacrime.
L'unica domanda che si faceva, di cui non riusciva a liberarsi era una: perchè proprio lui?
Perchè abbandonare una guerra per piombare irrimediabilmente subito dopo in un'altra?
Come mai il destino si fa beffe, ancora una volta, di una persona talmente tanto in basso nella gerarchia delle persone importanti da contare quanto una formica in mezzo agli stivali giganti di vere e proprie leggende che smuovono le sorti del continente con le loro decisioni?
Sorrise disperato.
Alla Lady, alla compagine, al bardo, a Velta ed ai mostri che eruttarono dalle mura spaventosi come il peggior incubo che qualunque uomo potesse mai immaginare.
Senza bisogno di pensarci, senza nemmeno starci a riflettere poi troppo, si ritrovò a schierarsi dalla parte umana. Non conosceva ogni risvolto, nè tutti i precedenti. Tra le altre cose, nemmeno gli importavano. Il solo fatto che una donna incinta si potesse prendere la briga di comandare un esercito, di dare il via ad una guerra, di mettere in gioco non solo la propria vita ma tutto quello che di più caro in quel momento possa avere, il suo stesso figlio, era qualcosa di più che sufficiente.
Non aveva mai avuto una madre, ma era fermamente convinto che da genitore si sarebbe cavato ogni goccia di sangue piuttosto che far fare del male al proprio bambino.
Senza smettere di lacrimare seguì il vento verso ovest. La via gli sembrava indicata dalla manica vuota che penzolava, bagnata, mossa in quella direzione.
Scivolò sul terreno come galleggiando, premurandosi l'ultima gentilezza di lasciar libero Sarro. Non l'avrebbe costretto a rimanere in quell'inferno.
Non l'avrebbe obbligato a guardare le tre teste che si scambiavano, sinuose, di posto, spalancando le fauci e sibilando il proprio odio minacciose.
Impugnò la Spaccaculi, piantò il manico in terra.
Poi, si preparò a morire.




q8qu



Narrato
Pensato
Parlato




• Abilità Passive:
Sopravvivo alla faccia tua! [Razziale umana; Mickey non sviene al 10% di energie]
Tranquilli, tranquilli. Mickey è qui. [Talento Ammaliatore I; Malia psionica di Fiducia nei confronti di Mickey]
Il marchio del disertore. [Tatuaggio di maschera spezzata nell'incavo del gomito destro; qualsiasi appartenente al Clan Toryu diffiderà del portatore del marchio, sottovalutandolo e disprezzandolo innatamente, anche se non è a conoscenza del tatuaggio]
 
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view post Posted on 12/5/2014, 15:22
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Esempio
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Non ricordava quando avesse iniziato ad udirlo. All’inizio era stato un semplice rumore di sottofondo, leggero e impercettibile, come il soffiare del suo sospiro lontano dal suo viso. Lo sentiva provenire da lontano, ma anche risuonare da dentro di sé, come se arrivasse nella sua testa dalle profondità scure del suo cuore, simile all’eco del sangue pulsante nelle vene. Ma quando si era accorto della sua presenza, non riusciva a fare a meno di ascoltarlo; non perché non riuscisse a distrarsi, ma perché non voleva farlo. La voce era deliziosa, soave, seducente. Aveva qualcosa di famigliare, ma era avvolta da una nebbia di impercettibile mistero. Era come una donna di un sogno, una donna che era sicuro di conoscere, ma della quale non riusciva a ricordare nulla. Soltanto una sagoma privo di volto.
Era giunto a Neirusiens sulle note di un canto, e la stava lasciando sulle note di un altro. Il suo viaggio a settentrione era iniziato come un cammino spirituale, ma assumeva sempre più le forme di un delirio allucinatorio. Gli eventi si ripetevano svincolati dal legame di causa ed effetto, piovendo su di lui in una irrazionale sequela di ambienti e scenografie; in realtà, non si trattava altro che i suoi vecchi incubi che si riproponevano in nuovi ambienti, con nuovi personaggi e nuovi finali. Si era ritrovato costretto a guardare, inerme e con la terribile lucidità del distacco, altri uomini soffrire le sue stesse pene. Quel mondo onirico che sembrava soltanto l’ambientazione comune dei sui sogni, in realtà era il protagonista. E non aveva idea di cosa volesse da lui, eccetto forse ricordargli tutti i suoi fallimenti e dolori con il senno del poi.
E così si scoprì ad attraversare i territori dell’Edhel, Neirusiens ormai molte leghe alle spalle, immerso in grigioverdi spazi estesi ben oltre i limiti dello sguardo e dell’immaginazione, forse più vasti persino del cielo scuro che li sovrastava. Si chiedeva se sarebbe arrivato il suo ultimo incubo, quello più terribile, quanto vi era vicino, e come sarebbe stato viverlo ancora. Era spaventato, ma curioso. La torre era tanto alta da curvarsi insieme alla cupola del cielo, simile ad un arcobaleno oscuro; ma si stagliava all’orizzonte nero e immobile al di sopra delle nubi grigie, diventando più simile ad uno squarcio da cui pioveva il sangue nero degli dei. Velta. Lei gli parlava sempre, e lui sapeva tutto di lei. Ma il suo canto non gli bastava; voleva penetrare quella coltre di mistero che l’avvolgeva, voleva cogliere tutti i suoi segreti che lei gli nascondeva. Voleva dare un volto ad una donna che ne era priva.

Infine seguiva il profilo di una collina, Velta che saliva insieme a lui e la sua base che si avvicinava. I giorni erano passati lenti mentre la Torre si irrobustiva e si innalzava, ben sopra di lui, affondando nel soffitto di nubi nel cielo e dissolvendosi in quel grigiore stinto… ma pendendo sopra di lui come un’immensa, nera falce, la lama che incombeva sulla sua nuca lì dove non poteva vederla, nascosta dalle nuvole. La pioggia nera s’abbatteva su di lui, disegnando intorno ai suoi occhi le sbarre della prigione in cui si sentiva gettato. Le gocce cadevano sul suolo scure come inchiostro, ma lentamente svanivano assorbite dalla terra, con dolore; forse la torre si stava sciogliendo su di loro, liquefacendosi in un mortale veleno pronto a sommergere l’Edhel nella sua interezza.
Il canto di lei era diventato insopportabile. Rimase per un istante in cima alla collina, osservandola a metà tra l’affascinato e il terrorizzato. Non riusciva a toglierle gli occhi di dosso, seguendo il suo profilo liscio solcare le profondità della volta del cielo; sapeva che lei lo avrebbe spezzato, ma non riusciva a rinnegare una segreta, autodistruttiva volontà in cui sentiva il suo cuore annegare. Il suo sguardo entrò attraverso le finestre, serpeggiò attraverso scale e corridoi a cavallo dell’immaginazione, oltrepassando la coltre di nubi e fantasticando di giungere lì dove sembrava impossibile arrivare.
Infine i suoi occhi grigi riuscirono a liberarsi di lei, solo per avvicinarsi ancora a vederla meglio. Alla base della Torre erano radunata un’orda di sagome oscure, simile ad uno sciame di locuste di ferro intorno ad un albero dalla corteccia di marmo. L’esercito era guidato da una donna nascosta in un simulacro d’acciaio, a cavallo di una cavalcatura anch’essa ricoperta di placche nere. La sua voce risuonò solitaria intorno a Velta, rompendo il silenzio che essa aveva imposto. Era la voce di una regina, una voce che era contemporaneamente di una sola donna e dei mille e più uomini che la seguivano, dei quali possedeva la stessa veemenza. Il canto della Torre e la voce della donna entrarono in collisione nella sua mente e si affrontarono in duello, la spada affilata della donna contro la suadente frusta di Velta. Ma l’urlo della piccola, insignificante regina sembrò sovrastare perfino la potenza della Torre, avvolgendola in un immenso muro di suono.

« Ricordo che vi fu un tempo dove il Sorya era un oscuro antro di tenebra ai confini del mondo Dove l'Edhel riecheggiava dei sussurri di un mondo sotterraneo nero e desolato. Dove l'orrore dominava le menti infestando tanto le notti quanto i giorni di tutti. E dove il Sogno fuggiva, ferocemente braccato dagli incubi più terrificanti. »

l’eco delle sue parole cavalcò il vento, allontanandosi per attraversare le montagne,
scendere sui lidi e prendere il mare, a raccontarsi a marinai le cui vele avevano visto luoghi ignoti ai più


«E ricordo una donna, una creatura la cui potenza era pari solo alla sua più genuina e inarrestabile pazzia. Chiamata dalle Ombre Madre. Acclamata dagli uomini Salvatrice: Eitinel.»

Lommie, per un attimo, si sentì richiamato alla realtà da quel nome. Quando l’eco rispose alla donna con lo stesso nome che ella aveva pronunciato, all’improvviso il Fiume del Fato prese a pulsare. Sentì il suo braccio fremere sotto le vesti, mentre un Predatore di Neiru sorgeva ancora dentro di lui. E Velta, nella sua mente, perse la sua presa.

« Forse un tempo è con il nome di Dama Bianca che voi la conosceste, ma oggi è con il suo vero appellativo che io ve la presenterò per quello che sarà il suo ultimo atto, il suo canto del cigno. Da questo momento in poi, lei è e sarà per sempre il Passato. »

la sua lama sorse a squarciare le nubi, le tenebre, le pareti nere della Torre. E ne indicò la sommità con rabbia, scherno, e disprezzo

« Abbandonate le false credenze, i miti bugiardi. Quella non è affatto la culla di ogni vostro desiderio. Non è la scala per l'immortalità. Quella è solo e solamente la nostra prossima battaglia »

La Regina nera e la Torre Velta tacquero. Il silenzio scese su tutti loro, la pioggia smise di cadere, come preparandosi a precipitare nella forma di un unico, immenso oceano nero. Ma alla fine lei rispose alla stoccata.
All'improvviso le pareti di marmo presero a vibrare come seta scossa dal vento. Quattro furono gli squarci che si aprirono lungo la superficie della Torre, simili allo schiudersi di un ventre materno. Ma ciò che si vedeva dell'interno era solo orrore e ripugnanza. Dalle violacee interiora di Velta essa gettò via quattro immensi aborti, mostri che per essere reali potevano solo provenire dai suoi incubi più reconditi. In poco meno di un istante, Lommie si ritrovò ad osservare un titanico idra tricefalo prender vita dinanzi a lui. Le teste dei tre fratelli Vedenskij, sinistre serpeggiarono sibilando nell'aria gelida e nera, contraendosi come gli arti di una creatura sofferente e incapace di porre fine al suo tormento. E in quello stesso istante si rese conto che Velta lo aveva finalmente chiamato a combattere i mostri che popolavano i suoi incubi, nonché i più crudeli dei suoi nemici. E alla fine, forse, in cima a quella torre avrebbe ritrovato sé stesso.
Lasciò scivolare l'anima nella faretra, afferrando al suo posto il fusto di una freccia. E da quel momento in poi,
Lommie Volkoff avrebbe fatto quello che andava fatto, come sempre. Ci avrebbe provato, pensava,
mentre si lanciava contro il mostro.


Mi piace interpretare il soggiorno di Lomerin nell'Edhel come un lunghissimo sogno ad occhi aperti. Ecco perché il mio personaggio è convinto che ogni cosa che succede abbia a che fare con lui. In realtà, Lommie è soltanto un tipetto assai suggestionabile.
 
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Alb†raum
view post Posted on 12/5/2014, 22:20







Maria




Nella radura erbosa cadeva una sottilissima pioggia nera, come se la bile vomitata da un Dio morto ricadesse dal cielo in terra. Maria aveva spalancato il parasole per ripararsi e guardava oltre le ticchettanti falde di stoffa rosa con sguardo assorto. Un'enorme torre si imponeva al centro della radura come un monumento alle grigie e informi nubi che oscuravano il cielo, ma la Strega era certa che fossero le nuvole quelle a onorare quell'orrore nero.
Hua e Jeanne avanzavano alle sue spalle coprendosi con un braccio il capo perché non venissero accecate dalla pioggia. Quel temporale era stato improvviso e inaspettato quanto il colore delle gocce ed erano sprovviste di qualsiasi abito impermeabile: non erano abituate a stare all'aperto mentre pioveva. La nekomata aveva il volto contratto in una smorfia di terrore, con le labbra strette e gli occhi spalancati, enormi e tremanti. Aveva sempre avuto un cattivo rapporto con l'acqua e la pioggia, ma mai prima di quel momento Maria l'aveva vista tanto scossa per qualcosa del genere. Tremava sebbene non facesse particolarmente freddo, muoveva le code in maniera irrequieta e con una mano pallida stringeva convulsamente quella di Jeanne cercando protezione, conforto, o anche solo una guida mentre lei si premeva la manica della giacca rossa sulle palpebre, più per non vedere la Torre che per proteggersi. La volpe, invece, non aveva negli occhi dorati nulla se non un gran vuoto, così come prive di espressione erano le labbra mentre lacrime di pece le colavano lungo le guance. Quando si accorse che la Strega la stava guardando, volse il capo verso il terreno con discrezione, senza arrossire. Maria distolse invece lo sguardo da lei con disagio, e una stretta le artigliò violentemente lo stomaco. Jeanne non aveva dimenticato. Non avrebbe mai dimenticato, e lei neppure. L'avrebbe sempre guardata in quel modo? Una parte di lei ne aveva paura, un'altra pensava che se lo sarebbe meritato. Era un mostro. Si trattenne dal poggiarsi una mano sul viso e si limitò a stringerla più forte sull'asticella dell'ombrello. Il ticchettio delle gocce si fece più intenso, fino quasi ad assordarla.
Walpurgisnacht le pulsò nel petto, un secondo cuore di pece che batteva accanto al suo.
Un mostro.

Era successo notte in un villaggio fra Neirusiens e la Torre. Lì le montagne erano alte e possenti, ammassi di roccia cosparsi di neve come dolci ricoperti di zucchero tritato. I monti ingoiavano il sole molto prima che raggiungesse l'orizzonte in altre terre, così il buio era arrivato presto, ed era un buio intenso, senza luna o stelle e rischiarato solo dalle lampade che qualcuno faceva ondeggiare trasportandole per la sottile maniglia. Jeanne era stata fuori fino a tardi a raccogliere provviste, abiti adatti e informazioni. Come aveva detto poi a Maria con voce atona, aveva consultato una ventina di persone ricevendo come informazione più chiara qualche cenno di capo, a volte insulti. Era tornata trasportando un pesante zaino carico di cibo e vestiti e quando non aveva visto la padrona nella stanza di locanda che avevano affittato, era corsa a cercarla ovunque.
E alla fine l'aveva trovata.
C'era una cascina di legno abbandonata poco distante dal villaggio, con le pareti divorate dai tarli e piene di schegge sporgenti. Le tegole del tetto erano per la maggior parte scivolate a terra per poi essere mangiate dal fango. Jeanne aveva aperto la porta con circospezione, lasciando entrare la luce poco a poco. I cardini arrugginiti avevano gracchiato rumorosamente, traballando, pronti a spezzarsi, ma non lo fecero. A quel rumore Maria, all'interno, aveva sollevato gli occhi verso il chiarore improvviso, rimanendo accecata. Aveva le ginocchia sulle assi del pavimento e brividi di freddo le salivano lungo la schiena. Rimase spaesata a fissare la lanterna, una falena attratta dal fuoco. Quando le pupille le si abituarono vide che Jeanne aveva portato una mano alla bocca e la fissava con occhi sbarrati.
Accanto a Maria vi era un cadavere minuto, appartenuto a quello che doveva essere stato un bambino di cinque, sei anni, ma era impossibile dirlo con certezza, perché al piccolo mancavano gli occhi e il volto era deformato nell'ultimo grido che aveva tentato di lanciare. Ventre e petto erano stati scoperchiati e le punte affilate delle costole frantumate sporgevano dalla cassa toracica e mostravano le viscere lucide di umori come un macellaio avrebbe fatto con la propria merce. Un polmone era stato strappato dal suo posto. Maria lo stava stringendo fra le dita, un pezzo di carne informe che gocciolava sangue, ma non era tutto. Il resto lo stava masticando, lo avrebbe finito di masticare se Jeanne non fosse entrata. Il sapore del sangue era caldo e grasso e le scivolava giù in gola assieme alla saliva. Per un istante la Strega aveva sentito la rabbia arrossarle il volto, rabbia perché la serva l'aveva sorpresa, rabbia per quello sguardo orripilato. Poi si rese conto di ciò che aveva fatto.
Vomitò.

«Ti... ti prego non... non guardarmi...»

Aveva rantolato tra i conati mentre bava acida le colava sul mento. Aveva sangue fra le dita, sulla bocca, sui capelli, aveva sangue di quel bambino ovunque e l'odore metallico le faceva girare la testa. Aveva visto quel bambinetto dai capelli biondi camminare da solo con un secchio d'acqua dal pozzo e lo aveva chiamato con sé con due paroline dolci cariche di potere quasi senza volerlo. L'aveva trascinato lì, al buio, poi aveva stretto le mani sulla sua morbida gola prima che potesse accorgersene. Walpurgisnacht le aveva pulsato nel petto mentre lui si contorceva boccheggiando alla ricerca d'aria, ma le manine non avevano potuto nulla contro quella presa feroce. La lampada che portava, caduta a terra, si era spenta, e Maria aveva compreso che fosse morto solo quando aveva sentito che non si stava più muovendo.

«Non guardarmi... non guardarmi...»

Si era messa a singhiozzare di fronte a Jeanne, a piangere ricoperta di vomito e sangue. La Volpe non aveva detto nulla. Le braccia le erano cascate distese lungo i fianchi, poi si era voltata e se ne era andata in un silenzio rotto solamente dai suoi passi barcollanti sul terreno.
Era stato allora che aveva incontrato la ragazza con i capelli viola.
Lei e Jeanne non si erano più parlate. Non più apertamente come prima, almeno, e Maria si era resa conto di quanto avesse avuto bisogno di lei, di quanto ancora ne aveva bisogno. Aveva ucciso la propria famiglia, aveva fatto bruciare sul rogo una vecchia, aveva mangiato di fronte a un uomo incatenato la sua stessa carne viva e mandato a morte i soldati a lei affidati dopo averli incaricati di far strage di donne e bambini. Nonostante questo, mai si era pensata come un mostro prima di allora. Aveva calcolato tutto, aveva fatto tutto per rispettare il disegno che si era creata in testa. Ma quel bambino... quel bambino cosa c'entrava in tutto questo? Cosa aveva pensato nel momento in cui l'aveva attratto a sé?
“Ho fame”.
Un singulto l'attraversò costringendola a fermarsi.

Ormai la Torre era vicina, tanto che solo ora si rese realmente conto quanto fosse alta e imponente. Per un istante tutti i suoi pensieri vennero catturati da quella gigantesca massa scura. Velta, la Torre distrutta, la Torre nera, la Torre dei sogni, questi erano i nomi con cui era chiamata, tutti estremamente calzanti per quell'ossessione tangibile. Il suo canto era una melodia dolce e sommessa, una ninna nanna di miele, ma miele velenoso, letale, con gli aculei delle api nascosti, pronti a pungere senza pietà. L'aveva conosciuta attraverso le storie che le serve di suo padre le avevano raccontato quando era piccola, favole spaventose, irreali. Ma tutte le leggende hanno un fondo di verità e spesso è proprio la parte più oscura e oscena. Murasaki si sarebbe tenuta lontana dal Sorya, terrorizzata dall'idea di essere catturata da Velta, ma Murasaki, come i sogni le ricordavano ogni notte, era morta. Il salmodiare della Torre l'aveva attratta vicina, sempre più vicina, finché non le era definitivamente apparsa di fronte agli occhi, svettante fino al cielo.

«Milady... perché siamo qui?»

Hua le si era fatta vicina e si era stretta a lei per ripararsi sotto il parasole. Quest'ultimo non era abbastanza da coprirle entrambe, ma Maria lo scostò un poco in maniera che la pioggia non le bagnasse i capelli.

«Non mi piace la pioggia. È... sporca.»

La nekomata fece una smorfia e alla Strega venne improvvisamente da sorridere, eppure il riso le morì sulle labbra ancor prima di nascere. Lei non sapeva del bambino. Jeanne non gliel'aveva detto, ovviamente, non glielo avrebbe mai detto, ma cosa avrebbe pensato di lei se lo avesse saputo?

«Ho sentito narrare di come il Sorya custodisca un antico potere. Di come le Ombre siano arrivate su questa terra dopo che il grande Gorgo nero ha fatto traboccare le proprie acque creando morte e desolazione.»

Fissò con occhi ridotti a due sottili fessure l'oscuro obelisco che si ergeva di fronte a loro.

«E io devo scoprire il perché.»

“Poiché io sono la Strega dei Confini”

Hua sbuffò. Pareva ancora un poco scossa per la pioggia nera, ma sulle guance le era tornato colore e pareva aver riacquistato parte del proprio carattere irrequieto.

«Ancora Ombre? Credevo avessimo finito con loro a Neirusiens.»

A quelle parole, la Strega non seppe se ridere o piangere. Si portò una mano sopra il seno sinistro, lì dove ancora percepiva il freddo ago che Jeanne le aveva piantato dritto nel cuore. La notte ancora si svegliava ricordando il dolore di quell'iniezione.
Sotto le dita, Walpurgisnacht formicolò, facendola ritrarre di scatto.

«Il potere non è mai abbastanza quando si inseguono scopi come i miei.»

Mormorò sfiorando la mela dorata che teneva nascosta nella manica. Un regalo della ragazza con i capelli viola. “Alla più bella”, aveva riso ponendogliela fra le mani.

«E a Neirusiens non abbiamo ancora finito. Avrai il piacere di rivedere la piccola Leanne molto presto.»

Sorrise, ma il riso era finto, così come finta fu la carezza che le passò fra le orecchie.

Dein aschenes Haar Sulamith” sussurrò incomprensibile una voce.

Taci.


Jeanne




Di fronte a Velta si erano raccolte poco meno di una ventina di persone, individui più eterogenei dei fiocchi di neve che riempivano le valli e le montagne del nord. Jeanne riconobbe a distanza il bardo incontrato nell'Akerat quando avevano accompagnato Priscilla al cospetto di Crono, così come l'uomo con la tunica blu e la beduina con cui avevano combattuto Cerbero e Caronte. La volpe serrò le dita, a disagio, incapace di comprendere se avesse dovuto provare timore. Era stata la Torre ad attirare lì tutte quelle persone o erano arrivate di loro spontanea volontà come Milady? E, in primo luogo, Maria aveva davvero scelto liberamente di inseguire il canto? L'immagine della donna riversa a terra in preda al vomito e al pianto accanto al cadavere del bambino le trasmise un moto di disgusto nelle viscere, niente di simile a quello che aveva provato quando aveva smembrato ser Jeral. Davvero Maria aveva scelto di uccidere senza ragione?
Era stata una morte crudele quella del piccolo, e lei si sentiva responsabile quanto la padrona: era stata lei a spingerle Walpurgisnacht nel cuore, era stata lei a ubbidire a quell'ordine insensato di inserirle l'Ombra e il Fiume all'interno delle vene. I sogni di Maria si erano fatti intensi, agitati: di notte si rivoltava nelle coperte pronunciando frasi in lingue sconosciute, urlava, squarciava i materassi con le unghie. In oriente i pazzi li si chiamavano “toccati dai kitsune”, e Jeanne non poteva fare a meno di pensare quanto fosse tragicamente appropriato quel nome quando vedeva la padrona dimenarsi in quella maniera.
“Edwin... è tutta colpa di quel bastardo di Edwin” pensò stringendo i denti con ferocia, ma si chiese quanto vero fosse ciò, visto che era stata la stessa Maria a unirsi al vecchio e ai suoi folli esperimenti. Milady voleva potere, quel potere che invocava così tanto spesso da risultare noiosa. Non valutava affatto i rischi di quella ricerca. Da quando aveva ucciso il bambino Jeanne provava paura, una paura viscerale che non riusciva a comprendere. La paura che Maria fosse diventata un'altra, diversa, terribile. Qualcosa di alieno alla ragazzina che l'aveva salvata dalla fame lasciandole striscie di carne salata.
Arrivarono ai piedi della torre ormai grondanti di pioggia nera. Gli abiti candidi di Jeanne erano diventati scuri, come scuri i capelli e le orecchie animali. Mosse le code dal pelo bagnato per scrollare via quella pece immonda con scarsi risultati. Nelle loro immediate vicinanze c'erano altre quattro persone. Jeanne riconobbe l'arciere che aveva scoccato una freccia a Maria durante l'imboscata, ma l'attenzione dell'uomo pareva essere rivolta completamente alla torre.

«Così tanti vecchi volti.»

Sospirò con nostalgia affettata Milady chiudendo con un gesto secco il parasole ormai fradicio. Hua era ancora attaccata a un suo braccio e, per quanto Jeanne facesse fatica ad ammetterlo a sé stessa, aveva paura che Maria le potesse fare del male, ma non aveva il coraggio di allontanarla da lei.

«Credevo che questa sarebbe stata una canzone per degli eletti. Mi sbagliavo. Era una chiamata alle armi.»

Di fronte a loro, infatti, una donna a cavallo si fece avanti alla testa di un modesto esercito, forse una cinquantina di persone, tutti con spade, alabarde e pugnali stretti fra i guanti di maglia o di pelle. Alexandra, la regina senza regno, la donna il cui nome era sulle labbra di tutto il nord. Anche da quella distanza Jeanne ne intuì lo sguardo duro, autorevole. Lasciava che le gocce le macchiassero il corpo senza disturbarsi a pulirle. Il mantello trasudava pece liquida e la sua intera armatura era segnata dalla pioggia.

«Ricordo che vi fu un tempo dove il Sorya era un oscuro antro di tenebra ai confini del mondo»

Gridò Alexandra a sé stessa, al proprio esercito, a tutti coloro che erano giunti presso alla torre. Estrasse la spada, una lama lucida, bellissima, baluginanti del sole che filtrava fra le nubi, eppure era una ben misera scena in confronto all'enormità di Velta.

«Dove l'Edhel riecheggiava dei sussurri di un mondo sotterraneo nero e desolato. Dove l'orrore dominava le menti infestando tanto le notti quanto i giorni di tutti.
E dove il Sogno fuggiva, ferocemente braccato dagli incubi più terrificanti.
»

La Torre, come dotata di propria volontà, emise un basso sbuffo, già stanca delle parole della formica ai propri piedi. Fumo di notte si disegnò attorno alle pendici dell'obelisco, il vapore di un vulcano pronto a vomitare lapilli.

«E ricordo una donna, una creatura la cui potenza era pari solo alla sua più genuina e inarrestabile pazzia. Chiamata dalle Ombre Madre. Acclamata dagli uomini Salvatrice»

La donna cavaliere puntò la propria arma in gesto di sfida verso l'enorme struttura.

«Eitinel»

Ripeté con un sogghigno il nome che Ka Shanzi aveva pronunciato il giorno in cui erano arrivate a Neirusiens, un nome che Jeanne aveva letto solamente nei libri di fiabe che leggeva a Jeanne e nemmeno troppo spesso in questi. Erano sempre storie strane quelle che la riguardavano, contrastanti a tal punto da apparire inquietanti, ma tutte convenivano su un singolo punto: lei era stata una delle persone più formidabili mai esistite.

«Forse un tempo è con il nome di Dama Bianca che voi la conosceste, ma oggi è con il suo vero appellativo che io ve la presenterò per quello che sarà il suo ultimo atto, il suo canto del cigno.
Da questo momento in poi, lei è e sarà per sempre il Passato
»

La P maiuscola la si poteva udire nelle sue parole quasi con arroganza, come se fosse la sua spada a segnare l'inizio del futuro. Si erse dritta sul cavallo tentando di conferire compostezza alla propria figura annerita dalla pioggia, e per un istante quasi vi riuscì a splendere in mezzo alle nubi nere.

«Abbandonate le false credenze, i miti bugiardi. Quella non è affatto la culla di ogni vostro desiderio. Non è la scala per l'immortalità. Quella è solo e solamente la nostra prossima battaglia»

Maria si portò una mano alla bocca per ridere a quelle parole.

«La reginetta prova troppo odio per rendersi conto delle sciocchezze che sta dicendo. Ma presto comprenderà i suoi errori.»

E come di risposta a quelle parole sulle pareti della Torre cominciarono a ramificarsi profonde crepe. Lo scricchiolio riempì l'aria, e per un istante Jeanne rimase paralizzata a fissare l'edificio temendo che sarebbe crollato. Una paura stupida, si rese conto dopo, ma in quel momento nelle orecchie le suonava un canto violento, assordante, e i pensieri le si confondevano alle parole insensate della nenia.

Dal terreno sorsero quattro creature immense, mostri partoriti dagli incubi più oscuri mai esistiti sulla terra. Velta si prendeva gioco delle parole della ragazza in armatura, si beffava del suo coraggio e del suo ardore.
La volpe istintivamente si ritrasse. Quello che si trovava a fronteggiare assieme alla padrona, Hua e agli altri chiamati dalla Torre era una creatura dall'aspetto serpentino, dotata di un corpo sinuoso ricoperto di scaglie lucide come l'ebano da cui si ramificavano tre teste di vipera dai denti affilati, l'idra dei racconti antichi.

«Perché scontrarsi con le leggende è il compito di eroi, non di ragazzine che hanno paura delle ombre.»







Maria Violetta Mircalla Himmelherrin von Bucuresti

Priscillaspecchietto

4 - Astuzia 1-Velocità





Risorse

Energia
100%
Status psicologico

Status fisico

rchBJ

Equipaggiamento

Parasole (Fucile, arma contundente e da affondo; mano destra) [5/5]
Eros e Thanatos (Katane; impugnate da Jeanne)
Comete (x20) (Kunai; possedute da Hua)


rchBJ
Passive

An eternal being can hear voices the mortals will never know ~ Pass through the centuries
Immortalità, Auspex passivo, Immunità psionica passiva

Summon of an unspeakable secret ~ Possession
Evocazioni istantanee, Condivisione dei sensi con le evocazioni, +1 CS alla forza delle evocazioni

Communion between demons and mankind ~ Spiritual bond
I compagni animali possono partecipare ai combattimenti e usare tecniche attingendo dalla riserva energetica del padrone

I Lussuria
Chi guarderà in viso Maria verrà attratto dalla sua bellezza

III Focolare
Maria rievocherà nelle persone che le stanno attorno il ricordo materno

Dono dell'Oscurità
Capacità di parlare con le ombre; 1 CS in Velocità

Attive



rchBJ

Note



Niente di particolare da segnalare, se non il fatto che il numero di passive potrebbe aumentare prima dell'inizio del turno attivo per l'arrivo di Walpurgisnacht (che nomino già nel post, avendolo Maria acquisito a Neirusiens) e per ulteriori acquisti.

Enjoy it :8):

EDIT: aggiunto il CS in velocità conferito dalla passiva Dono dell'oscurità guadagnata nella quest I Primogeniti.




Edited by Alb†raum - 13/5/2014, 09:03
 
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view post Posted on 13/5/2014, 15:51
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koneko no baka
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5fSPjBN

Osservava il grigio, l'argento scuro del cielo. Gli occhi di smeraldo cerchiati di viola si stavano abituando alla scarsa luce che la giornata offriva. Rilassò la schiena intirizzita dal gelido refolo di vento che s'insinuava gridando tra le rocce della grotta, riparo di fortuna che si era trovata ed appoggiò le membra al pelo morbido di una delle grosse zampe del felino addormentato dietro di lei. Si tuffò nei ricordi più recenti. Le prime parole della Madre, il suo arrivo, lo scontro con la creatura del lago. Ed ora, ancora. Velta la chiamava ancora. Più vicina. Si portò le mani alle tempie. Pazzia. Era forse questo ciò a cui anelava. Ne aveva visti ancora di pazzi. Dentro la loro aggrovigliata psiche gli onnipotenti erano loro, tutto il resto non contava. Nel loro caso la piramide dei generi umani perdeva la terza dimensione ed arrotolandosi su se stessa, portava la loro categoria dal grado più infimo a quello superiore. Per loro non esistevano i problemi, tutto era sciocchezza, oggetto di riso o di pianto. Liberi come solo i bambini sanno essere, si scordavano le regole ed il buon senso in un cassetto per estrarne invece i sogni che dipingevano nel loro mondo piatto, come artisti di altre realtà e dimensioni.
Chiuse gli occhi. Diventare pazzi era più difficile di quanto si pensava. Lasciò che la mente vagasse. Velta non parlava più, ora. La sua voce si era trasformata in una sorta di canto lontano, il pianto di una megattera disperata e quasi supplichevole, senza comunque lasciar trasparire una perdita di dignità ed orgoglio. Stette ad ascoltarla finché a distrarla non fu un suono del tutto inaspettato. Zoccoli che si infrangevano a terra lanciati in un galoppo forsennato ed una voce di donna. Una voce ben più determinata e concreta di quella di Velta.
Aprì gli occhi all'istante e così fece anche il felino, improvvisamente cosciente. Davanti a lei, molto distante, attraversava la landa desolata una manciata di uomini a cavallo. Sostenevano a fatica l'andatura esagerata di un'altra figura, poco anteriore a loro. La donna. La sua cavalcatura era leggermente più grande e si lanciava al galoppo verso il grigiore più concentrato, dove il cielo nero si fondeva con la terra ancora più scura. Le sue gambe mossero automaticamente alcuni passi verso di loro. Venne ricacciata nella grotta dal buon senso, si morse la lingua. Cosa stava facendo? Non sarebbe veramente andata? Le fremettero le piccole spalle mentre reprimeva un brivido. Scosse la testa, ondeggiando i capelli candidi. Si voltò di scatto verso il felino che la guardava con i gigantesci occhi sgranati, come spiritati. Quest'ultimo balzò in piedi, strofinando il pelo contro le pareti della grotta, troppo basse e strette per la sua figura. Si accostò alla mezz'elfa. Lei appoggiò piano una manina sulla sua zampa enorme e sollevò la testa per osservare il suo muso attento puntato verso la compagnia che calcava la landa. La ragazza s'inerpicò quindi fino a raggiungere il garrese del maestoso gatto. Diede un leggero strattone ad una ciocca di pelo e sibilò qualche parolina rivolta all'orecchio della bestia. Ella puntò le zampe posteriori a terra e si lanciò all'inseguimento del gruppo di uomini.
Il vento le sputava rabbiosamente in faccia miriadi di gocce scure, mentre correvano silenziosamente, le zampe del grosso felino accarezzavano appena il suolo. La curiosità aveva avuto la meglio, di nuovo. Sentiva profumo di avventura e non poteva assulutamente ignorarlo, ma soprattutto, la voce di quella donna l'aveva affascinata così tanto.
La pioggia bagnò i due inseguitori quasi subito. Mezz'elfa e felino si ritrovarono in un batter d'occhio fradici e lerci, macchiati di una strana pioggia scura. I capelli della ragazza persero il loro candore per lasciare posto ad un grigio sbiadito di pioggia nera. Strinse gli occhi per riuscire a vedere attraverso la foschia ed il diluvio mentre si teneva stretta al pelo sulla nuca del gatto che nonostante la pioggia non rallentava la sua andatura, come ammaliato dalle figure dei viaggiatori. Continuò ad avanzare, accostandosi agli uomini e mantenendo una prudente distanza. Una dolorosa e fulminea fitta attraversò le tempie della ragazza candida. Velta aveva iniziato a sussurrare e sibilare, come fosse stata lì vicina. Ed in effetti lo era, era esageratamente vicina. Una gigantesca nuvola si staccò dalla coltre spessa, rivelando una mastodontica torre, messa lì a tagliare l'orizzonte in due parti, senza alcuna pietà. La mezz'elfa boccheggiò, senz'aria nei polmoni. Il vento e la pioggia le sferzavano il viso, i movimenti della sua cavalcatura la facevano sobbalzare considerevolmente, la voce nella sua testa mugghiava dolorosamente, ma la sua attenzione era tutta riposta nei suoi occhi, incantati dalla magnificenza della torre. Velta era finalmente davanti a lei.

··~··



I cavalli degli uomini poco distanti da lei si arrestarono improvvisamente di fronte alla torre ed i viaggiatori scesero distrutti, come anelando il terreno, quasi baciandolo. Il felino rallentò gradualmente fino a fermarsi ed osservare la situazione, guardingo. La ragazza scese lentamente, saggiando la situazione. La sua meraviglia era pari forse solo alla sua paura. I visi attorno a lei le erano sconosciuti, un uomo dalla chioma candida come la sua, fradicia di pioggia tetra, un ragazzo ammantato di scarlatto. Il luogo era aspro ed il cielo disastroso. I suoi abiti erano zuppi, così come i suoi capelli. Tutto sembrava sbagliato, come in un sogno sadico e senza senso. Poi, all'improvviso, di nuovo quella voce. La donna con l'armarura aveva levato la sua spada verso le nuvole e la torre ed aveva parlato. L'aveva guardata ed ascoltata, cercandondo di catturare ogni sfaccettatura della sua grandezza. Aveva guardato Alexandra ed avevo visto una dea, oltre che una maestosa ed eterna regina. Le sue parole le erano entrate nella mente, ma ancora non erano state sufficienti. Nei suoi pensieri, la devozione per Velta era ancora troppo concreta per poter essere spazzata via così. Impovvisamente si ritrovò spezzata a metà, tra due entità così grandiose. Eitinel. Alexandra.
Ma non ci sarebbe stato il tempo per pensare, non ora.
Un sibilo orrendo, un grido assordante - probabilmente solo nella sua testa - e dall'ossidiana della torre presero forma quattro creature spaventose. La risposta di Velta alle parole della Regina. La donna le osservò con orrore come anche tutti gli altri suoi - ora - sfortunati fedeli. Eloise si sorprese a pregare per la sua anima. Le gambe fremevano, nell'attesa di un comando. Si guardò frettolosamente attorno e fece per prendere una direzione casuale, quando, all'improvviso gli occhi le caddero su una figura familiare. Sgranò gli occhi, spaventata. Di fronte a lei, il Mercante Di Desideri. Bloccò le gambe tremanti e girò su se stessa, cambiando improvvisamente direzione. Non poteva averlo visto solo lei, era sicuramente lì. Ma non era un sogno, stavolta. Le persone attorno si stavano nel frattempo diradando, spostandosi concitate verso diverse direzioni attorno alla torre. Pensò rapidamente. Infine, quando credeva che sarebbe rimasta la sola in mezzo a quel massacro, gli occhi di smaraldo le caddero su una minuta figura femminile dirigersi verso un lato delle torre. Tra le mani teneva un parasole fradicio che ormai non le sarebbe più servito a molto. Dietro di lei, due curiose ragazze tenevano silenziosamente il suo passo, lo sguardo chino come al cospetto di una sovrana. Il suo viso fanciulletto e rapito nascondeva una spietatezza che la mezz'elfa poteva solo immaginare.
Eloise la seguì, più incuriosita che determinata. Si sorprese ad abbassare anch'ella gli occhi in preda ad un mistico rispetto. Dietro la mezz'elfa camminava lentamente il maestoso felino, tenendo una posizione leggermente acquattata e sospettosa.

··~··



Il colossale essere appena nato si staccò dalla torre ed atterrò rovinosamente nella melma scura di pioggia. I viaggiatori alzarono lo sguardo verso la bestia. La pelle squamata d'argento scuro fasciava il suo corpo di rettile dividendosi poi in tre pericolose estremità dotate di fauci e piccoli occhi ostili. Fece roteare le tre teste spalancando quelle che dovevano essere bocche e non pozzi neri e profondi come l'inferno, nell'intento di mostrare ai minuscoli umani le sue fauci aguzze. La mezz'elfa guardò raccapricciata, muovendo qualche passo indietro, verso il nulla della terra deserta tutt'attorno. Si fece coraggio ed inspirò a fondo, realizzando. Velta l'aveva chiamata per difenderla e lei le si era invece schierata contro. Guardò disperatamente ovunque, in cerca di uno squarcio nel cielo, nella terra, qualcosa che le avrebbe fatto capire in che incubo orribile e senza senso si trovava. Niente. Nessun bagliore senza fonte, nessun rumore esterno e picchiettante, nessuna uscita nascosta dalle nuvole.

Si morse il labbro.

Questa era la realtà.





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illesa

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illesa





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Camminare, vedere, respirare, vivere.
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2 (destrezza)

Tutto ha un altro... sapore, odore, un'altra sensazione. Ecco tutto. È ciò che sento, con le orecchie, con il naso, con la lingua, con le dita. È ciò che vedo. Adoro toccare, sfiorare le cose. Adoro la sensazione che provoca, la leggera scarica di elettricità che attraversa le dita, chiudere gli occhi e percepire il tremore della terra sotto i passi di qualcuno. Tendere un dito e godersi le vibrazioni dell'aria al passaggio di qualcuno, cercare anche le più minuscole tracce del battito d'ali di una farfalla che generando microscopici fremiti nell'aere immobile si disperde come una goccia in un grande lago. [passiva razziale, sensi sviluppati]

Silenzio. Buio totale. Mi prodigo ogni giorno in questa abilità. Muoversi senza creare suoni, senza disperdere odori, senza poter essere individuata. In un certo senso lo trovo divertente. Voglio dire, apparire improvvisamente alle spalle di qualcuno è dannatamente spassoso, soprattutto se poi ci si ferma ad osservare la sua reazione. E vedere dalla mia posizione i miei inseguitori annaspare nel buio, rantolare bestemmie e frasi sconnesse mentre si rendono conto di avermi persa di vista. Divertente. [talento assassino, passiva di primo e secondo livello]

0e8luhE

/

yg7FA9F

/





Questo è il mio primo post per l'Extirpanda, ta-dah! Ci ho provato, dai.

Edit: ri-uploadata l'immagine. Scusate :3



Edited by aki - 13/5/2014, 17:50
 
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1.
Never ~ too ~ late

— Ad Extirpanda —

SUPERPANDA

“Non ci rimane che questo, amico mio: sperare.”
“In cosa? Non ho mai conosciuto una speranza che fosse reale.”

-


Non credo sia una buona idea” mormorò il cavaliere, da dietro la celata dell'elmo che gli copriva il volto.
Più ci penso e meno mi convince, Loras. Non è per niente una buona idea.
Ignorando il tono preoccupato del suo interlocutore, l'uomo dai capelli di platino si limito a stiracchiare le labbra in sorriso, sollevando il piccolo calice d'argento che teneva nella mano destra in una sorta di brindisi muto. Bevve con una certa lentezza, quindi rimase a contemplare il bordo del calice, affascinato da una minuscola goccia ambrata rimasta in equilibrio sull'orlo, quasi fosse indecisa se lasciarsi cadere o tornare indietro. Esattamente come lui. Con un gesto misurato, di una precisione estenuante, ripose l'oggetto sul tavolo. Fece schioccare la lingua contro il palato, quindi poggiò i gomiti sui braccioli della poltrona su cui era seduto, intrecciando le dita all'altezza della bocca.
Non piace nemmeno a me” rispose. “Sfortunatamente, non è una mia scelta. Sai bene quanto me cosa significhi quel canto, chi verrà colpito e in che maniera.
Ancora non capisco perché lo abbia chiesto proprio a te.
Nuovamente, il biondo sorrise.
Davvero non lo immagini?” domandò, retorico.
Il Vecchio sa bene che glielo devo, non mi sarei mai potuto rifiutare dopo tutto quello che ha fatto per me. Dovevo essere io, proprio perché non posso tirarmi indietro.
Il cavaliere bofonchiò qualcosa. Quell'idea continuava a non piacergli.
Mio buon Seiroth” riprese Loras, poggiando le mani sui braccioli e alzandosi, “non fartene un cruccio. Quello che per tutti gli altri è un enorme pericolo, per me si rivelerà poco più che una scocciatura. Un piccolo contrattempo che ritarderà i nostri piani, nient'altro.
Si esibì in un ultimo sorriso - stavolta meno convinto.
Il tempo, in fondo, è l'unica cosa che non mi manca.
E fece per avviarsi verso la porta, ma proprio quando fu sulla soglia, il cavaliere si alzò a sua volta.
Io e Tyalha verremo con te” annunciò, poggiando entrambe le mani sul tavolo e sporgendosi in avanti.
Facendo capolino da oltre lo stipite della pesante porta di legno che permetteva di accedere alle altre stanze, Loras osservò il suo vecchio amico.
Questo lo escludo nella maniera più categorica. Voi avrete un altro compito. D'altra parte...” si interruppe, volgendo lo sguardo altrove. La mente persa dietro un ricordo ancora fresco, una conversazione sulla quale non aveva ancora finito di interrogarsi.
...Amdir desidera che io vada da solo.
Ma... perché?” urlò Seiroth.
Già, Perché? - si domandò il Giudice.
Davvero una buona domanda.


Il giorno precedente
Neveterna, santuario di Neroluco


L'aria all'interno del santuario era greve, satura dei fumi d'incenso e altre piante che le sacerdotesse, le Streghe del Nord, lasciavano continuamente bruciare nei tre bracieri posti a terra ad ogni angolo della stanza racchiusa in uno stretto colonnato. Quegli stessi bracieri, con le loro fiamme basse e flebili, erano l'unica illuminazione di cui si disponesse all'interno di quell'antico luogo di culto, ormai dimenticato dai più, che un tempo - molto prima che l'ormai distrutto Regno di Neveterna fosse in auge - era stato luogo di pellegrinaggio per un gargantuesco numero di fedeli - accoliti di una religione ormai scomparsa, di cui perfino la memoria stentava a sopravvivere. Una fede apparentemente malriposta, giacché quasi nessuno di loro era sopravvissuto ai cambiamenti dei secoli successivi, ed il culto della natura si era estinto, o modificato il altre forme, più prosaiche e meno spirituali. Eppure, l'antico Spirito della Foresta era ancora vivo in quei luoghi, e sedeva al centro della stanza in penombra, le gambe incrociate a contatto con il freddo marmo del pavimento, il volto - una maschera rugosa simile alla corteccia di un albero - impassibile, con le palpebre chiuse a celare i due occhi privi di pupilla, due enormi sclere marroni picchettate d'oro, simili a due pozzi in cui era racchiusa una conoscenza ben più profonda di quella accessibile agli umani. Poggiato di traverso sulle sue gambe, un lungo bastone di legno, intarsiato e irrobustito da un'anima di metallo; da una delle estremità, retta da un gancio, pendeva una piccola lanterna, dalle sottili sbarre composte di lamina d'argento. Fra queste, gloriosa e apparentemente insensata, ardeva una piccola fiamma azzurra.
Fuori pioveva ormai da giorni, una pioggia fitta - quasi invisibile - che aveva reso impraticabile il sottobosco di Neroluco. Ma questo non era un gran problema, ché nessuno si sarebbe mai avventurato di sua iniziativa in quella piccola selva, la cui lugubre fama sopravanzava di gran lunga l'effettiva pericolosità.
Il picchettare delle gocce che si infrangevano sul soffitto a cupola rimbombava nella stava vuota, un'eco debole ma sostenuta, ripetitiva, che tuttavia non impedì al Senza Padre di riconoscere il suono di passi che si avvicinavano, attraversando le pozzanghere. Un'ombra apparve nella stanza. Apparteneva alla figura che si stagliava fra due colonne, la figura di un uomo incappucciato, dai lunghi capelli di un biondo tenue, fradici d'acqua e di luce.
Amdir, lo Spirito della Foresta, respirò rumorosamente.
Sei arrivato, infine.
Loras Ilyn Esarth, il Giudice Errante, entrò nella stanza con passo sostenuto, una flemma tradita solo dal rumore prodotto dai suoi stivali, inzaccherati d'acqua. Si sfilò il tabarro nero, anch'esso fradicio, e lo lasciò cadere a terra - una macchia scura in quel quadro bianco.
Non posso dire che sia un piacere, Ky'ahil. Perché volevi vedermi?
Nuovamente, il respiro del Guardiano si fece pesante. Non rispose direttamente.
Hai sentito anche tu il suo canto?” domandò, in un tono più preoccupato che curioso.
Hai sentito la voce di Velta?
Loras sbuffò. Sapeva bene che Amdir amava parlare con calma, senza mai arrendersi alla necessità che qualche volta imponeva una certa rapidità. Tuttavia, non gli piaceva l'idea di essere stato costretto ad un viaggio lungo e scomodo, sotto la pioggia incessante, solo per essere interrogato su quelle che riteneva minuzie prive di significato.
Ho sentito” annuì, poco convinto. “Non molto intonata, se posso dire la mia.
Il Guardiano aprì gli occhi di scatto, assumendo un'aria corrucciata - e Loras capì che non era un argomento sul quale avrebbe potuto scherzare. Peccato, perché davvero non gli riusciva di interpretare quelle voci - che anche lui aveva sentito - come la perniciosa minaccia che tutti gli altri sembravano reputare.
Velta non si sveglia mai per caso” riprese Amdir, la bocca piegata in una smorfia di dolore. Quanto era penoso, per lui, ricordare quanto fosse già stato terribile quel canto, tutte le altre volte che lo aveva udito.
Ogni volta è per annunciare una nuova sventura, e non solo per quelli della mia razza. Tu sai a cosa alludo. Sei stato in questo mondo per lungo tempo, hai visto di cosa è stata capace la Dama Bianca. E' qualcosa che non voglio vedere ripetersi.
Con un movimento privo di eleganza, Loras si lasciò cadere a terra davanti al Vecchio, incrociando le gambe a sua volta.
Ho già capito dove vuoi andare a parare. Non se ne parla, non andrò a Velta.
E, prima ancora che l'altro potesse rispondere, continuò: “Non è la mia guerra, Sireti. Non lo è mai stata e mai lo sarà. Conosci il mio compito e la mia natura: non posso interferire.
In un impeto d'ira - più per la paura di ciò che sarebbe potuto accadere che per vera rabbia nei confronti del suo interlocutore - Amdir si alzò, rivelando quanto imponente potesse ancora essere la sua vecchia figura. Non più grigia e ingobbita, ma possente, capace di sprigionare una forza ancestrale mai doma. Una folata di vento si insinuò fra le colonne, spegnendo i bracieri.
Non capisci!” disse, in quello che avrebbe voluto essere un urlo, e che invece si risolse in un singhiozzo spezzato. “Questo non è semplicemente un evento che può minare le basi della storia. Velta è solo distruzione, e questa volta potrebbe essere definitiva. So che ci saranno altre forze in campo, altri si batteranno per distruggerla, ma nessuno di loro è te. Di nessuno di loro posso fidarmi, perché a nessuno ho salvato la vita.
La voce si spezzò nuovamente, altri penosi ricordi fecero calare un velo umido su quegli occhi abituati a scrutare l'abisso.
Vorrei poterlo fare da me, credimi. Vorrei poter raggiungere quel luogo maledetto e combattere l'orrore che ha riempito i miei incubi per tutti questi anni. Eppure non posso, e tu ne conosci le ragioni. Ho rifiutato molti lustri fa la possibilità di apprendere quel canto, di farne a mia volta un'arma. Mi avrebbe corrotto, come ha corrotto la mente di chiunque altro ci abbia provato.
Sospirò.
Quella voce risponde ad una sola padrona. Per questo lo chiedo a te. Per questo devi andare, N--
--No.” lo interruppe, secco, il Giudice. “Non pronunciare quel nome, Amdir. Né ora, né mai.
A sua volta, rimase in silenzio per qualche istante. Gli riusciva così difficile dire di no a quell'essere che gli era stato amico per un tempo lunghissimo, a cui doveva la vita e perfino il corpo che in quel momento stava utilizzando, e che sentiva intirizzito dal freddo. Sorrise, o almeno si sforzò di provarci.
Dimmi solo come trovare quel luogo.
Amdir parve rasserenarsi - mentre invece Loras si rassegnava.
Segui la sua voce.” disse.
Segui il suo canto e la troverai. E speriamo che non sia troppo tardi.


Tempo presente
Torre di Velta, versante ovest


Il viaggio era stato più lungo del previsto - sicuramente più lungo di quanto avrebbe potuto sopportare in circostanze normali. Privato dei suoi compagni dal desiderio di chi gli aveva affidato quella missione, che ancora stentava a ritenere sua, aveva attraversato quella teoria di altopiani, brughiere e montagne frastagliate, aggregandosi ora a questa, ora a quella compagnia. Da ogni dove vedeva gente arrivare, muoversi verso la torre maledetta, guidati dal suo canto, dalla pura e dalla forza che quelle parole riuscivano a suscitare negli animi di chi gli camminava di fianco. Riusciva a sentirle, a percepirle nell'aria e nello sguardo di chi parlava con lui, vicino a lui. Lui, che invece non si sentiva altro se non un estraneo. Estraneo al Sorya, ai Leoni dell'Eden; per gli altri, quelli che stavano attraversando il suo stesso inferno, quel luogo rappresentava una storia, una leggenda, un nemico, una casa. Insomma, era qualcosa. In un senso o nell'altro, era un punto risolutivo, una chiave di volta. Da quel luogo, nessuno sarebbe tornato uguale a come era arrivato. Probabilmente - si disse - molti non sarebbero tornati affatto. Lui invece non riusciva a vedere nient'altro che un ostacolo da superare e un amico a cui dare un motivo per rasserenarsi. Sì, Amdir: Velta è caduta, distrutta. Torna a riposare, adesso. Per lui, che era spezzato dalla nascita, tutto quello non rappresentava nulla. Eppure era lì.
Era lì quando, guidati dal canto di Velta, gli abitanti di quei luoghi - e di altri, molto lontani - si riunirono, marciando con l'unica intenzione di raggiungere la torre maledetta - per odio, per curiosità, perché non avevano altro, perché credevano di avere una missione.
Era lì ad ascoltare quando Lady Alexandra, priva di un regno e per questo impegnata a costruirne uno, arringò quella folla di guerrieri e imbecilli, decisa a scrivere una pagina di storia - lei che ne aveva già scritte. E Loras sorrise di quel discorso, che sapeva buono solo per infiammare i cuori di qualche sempliciotto. E nel vedere la figura della guerriera in armatura, ricordò tempi molto lontani - o forse ancora da venire. Ed ebbe il presentimento - la certezza, brutalmente sincera - che lei, come molti altri, sarebbe anche potuta rimanere lì per sempre, e tutto sarebbe finito.
Era lì, quando finalmente il gruppo con cui si era incamminato raggiunse il lato ovest della torre, più simile al versante scosceso di una montagna. Era lì, e non avrebbe desiderato altro che essere altrove - non tanto per l'abominio che gli si era palesato davanti, ma per la forza con cui tutto il suo essere riconosceva in quella presenza un solo fatto. Ineluttabile.
Lui non doveva essere lì.
Né in nessun altro posto.


“Che non sia troppo tardi.”
“Non è mai troppo tardi. Non per me.”


OPSPOILER-1


legendsbane ;
    Loras Ilyn Esarth - status_
    5 CS (4 Intelligenza ; 1 Velocità)

    Fisico » Illeso. (16/16)
    Psicologico » Ottimale. (16/16)
    Riserva Energetica » 100%.

    Equipaggiamento » Elysion (riposta); Heart of Gold (al collo).
    _________ ___ __ _


    Abilità passive »

      ♦ Archetipo Elementale - Aura di timore reverenziale (non agisce su energie superiori e avatar diurni). Ogni parola pronunciata dall'Archetipo risulta corretta, meritevole di fiducia. Mente schermata da passive di charm, malie, influenze mentali. Possibilità di volare.
      ♦ Reliquie Filatteriche - Immortalità legata all'esistenza dei filatteri. Possibilità di utilizzare i propri filatteri tramite telecinesi. Capacità di utilizzare i propri filatteri come tramite per castare le proprie tecniche, anche quando vengono utilizzati tramite telecinesi. Generazione spontanea, dal corpo dell'Archetipo, di un'arma per ogni ammontare medio di danni fisici subiti.
      ♦ Elysion - Arma composta di energia (passiva di giustifica della natura dell'arma).
      ♦ Heart of Gold - Possibilità di mutare forma in qualsiasi momento. Possibilità di utilizzare i propri compagni animali in combattimento. Possibilità di possedere un secondo compagno animale.
      ♦ An Endless Journey - I compagni animali possono essere utilizzati come tramite per castare le abilità attive. I compagni animali condividono ogni esperienza sensoriale con l'Archetipo. Pericolosità fissata a FS, conosciuto in tutto il continente come il Giudice Errante.
      ♦ Legendsbane - Capacità di generare illusioni in qualsiasi condizione, di modulare a piacimento il suono, la tonalità e la provenienza della propria voce. Capacità di modificare a piacimento - mantenendo connotati umanoidi - il proprio aspetto finché almeno una sua illusione è in campo. Soggezione oculare che si manifesta nella visione della propria morte negli occhi dell'Archetipo.


    Riepilogo » Il post di presentazione, come da indicazioni. Specifico che Loras non ha con sé i suoi compagni animali.
    Edit: inserito spoiler.


Edited by Reckless - 14/5/2014, 17:28
 
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.Neve
view post Posted on 16/5/2014, 18:01




Ad Extirpanda IV




Una nera tempesta si saggiava ancora in quel giorno senza spiragli, ma già distante era la notte ed il suo manto di velluto. Non un bagliore filtrava da quel cumulo di nubi oscure, non una piccola luminescenza. E presto gli uccelli notturni volteggiavano in silenzio sopra quel terreno malato, nella pioggia. Essi sapevano quanto distante sorvolare la grezza sabbia che ricopriva il suolo privo di ogni vigore e rigoglio. Essi sapevano, e non abbassavano lo sguardo. Perché l'attesa della morte acquietava ogni loro istinto di caccia, e da rapaci diventavano avvoltoi. Aspettando in silenzio.
Nuda la piana e timorosi i suoi abitanti, incapaci di distinguere ormai il giorno dalla notte. I piccoli animali del territorio brancolavano nel buio alla ricerca di cibo, o forse di un giaciglio sul quale far riposare le stanche membra. Incapaci davvero di restare svegli e vigili di fronte a lei, la Torre che con il suo canto tutto annichiliva e tutto divorava. Le poche creature superstiti si rifugiavano sopra a quei rami rinsecchiti di alberi ormai morti, senza più foglie né vitalità. Soli infatti, si ergevano come vecchi ricurvi, piangendo delle loro disgrazie. E la loro posizione, così scomposta e distante ricordava vagamente un esercito oramai alla deriva.
Ed il vento cantava, soffiando prepotente in ogni anfratto di pietra che sbucava qua e là dall'arida pianura. Piccole cavità nascoste sorgevano dal terreno, quasi fossero antichi refusi di montagne ormai sommerse dalla sabbia. Ed i refoli ancora smuovevano quei granuli ininterrottamente, formando lievi e ordinate onde ed increspature. Una grossa pozza vuota si formava solitaria e senz'acqua, quasi fosse stata interamente prosciugata. Tutto suggeriva che un tempo non molto lontano, in quel luogo così spoglio vi fosse una fiorente vegetazione in grado di accogliere tutte le piccole e grandi creature. In grado di provvedere alle loro esigenze, in grado di essere casa, giaciglio e madre. Ma la madre adesso gridava sofferenza. Ella si era arresa di fronte all'inarrestabile corruzione che imperversava per tutta la valle. Ella aveva pianto, ma perfino le sue lacrime si erano prosciugate.

I sogni aleggiavano sovrani, appestando l'aria di suoni terrificanti. Lo Strisciante aprì i suoi sei occhi di rettile. Lui, loro, attendevano in silenzio. Sotto la sabbia il suo corpo tripartito diveniva irriconoscibile agli occhi dei piccoli animali. Balzò di scatto inchiodando la preda tra le sue fauci centrali. Il grosso topo cominciò a dimenarsi convulsamente, squittendo disperato ma incapace di far nulla per potersi liberare da quella morsa sovrumana. Fu un attimo, un lieve sospiro. Schiacciò la testa del roditore in un colpo secco. La creatura non si mosse più, giaceva adesso priva di vita tra i denti affilati di Derhs. Subito Ighhs e Cohls cominciarono a strattonare, chi dall'una chi dall'altra parte, il corpo senza vita del grasso topo grigio. Ognuno di loro voleva il pezzo più grosso, affamati com'erano. Insaziabili nella loro ferocia, ma così testardi da non riuscire spesso a mettersi d'accordo. Il cadavere della preda fu smembrato con non troppa cura, inghiottito in soli tre bocconi. Un tempo i tre Sovrani avrebbero utilizzato molto più garbo di fronte a degli sconosciuti, ma da molto avevano ormai abbandonato le buone maniere a favore di un ben più congeniale istinto primigenio. Un tempo erano Regnanti, Dei di un continente troppo piccolo per essere governato dalla loro cupidigia e sete di supremazia. Un tempo erano belli ed aitanti, famosi per le loro capacità artistiche e musicali e con le quali non perdevano tempo per ammaliare qualsiasi creatura terrestre che osava incappare nel loro cammino. Ighhs, bruno come la notte, amava il canto, i gorgheggi, la musica delle parole. Cohls, dalle dorate chiome, allietava le sue giornate componendo versi e sonetti. Dehrs, rosso come il sangue, suonava qualsiasi strumento gli capitasse tra le mani. Tutti e tre dedicavano le loro giornate alla disperata ricerca di perfezione, allo spasmodico inseguimento del tutto e del bello. Ma ognuno di loro non sapeva invero che si poteva raggiungere il perfetto soltanto sacrificando una parte di loro stessi. Presi com'erano dal loro egoismo, non si curarono nemmeno di accettare i corteggiamenti di spasimanti terrene, comuni. Preferendo a loro l'idilliaca visione ed il disio della bianca dama. E così, non accettando una modesta ammirazione da lontano, cominciarono sempre più a desiderarla. Ma la dimensione ormai crollante su se stessa li costrinse ad unire le forze in un unico corpo. Il desiderio comune però rimase, ed in questo modo iniziarono la vigilanza nei confronti di quella Torre che conteneva la loro unica salvezza.


Mai avrebbero permesso ad alcuno di avvicinarsi.
Mai, finché avrebbero strisciato in quelle terre aride e fosche.


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Potenti di fronte al portone di pietra. Immensi, verdi e scagliosi, dai penetranti occhi di ghiaccio. Aguzzi come il ferro affilato di una daga. Grandi, ma così soli. Gli striscianti digrignarono i denti affilati alla vista del piccolo esercito volto nella loro direzione. Sbuffarono dalle narici semiaperte, emettendo un verso somigliante più ad un urlo che ad un soffio di serpente. Poi si mossero. Le tre teste cominciarono a sfregarsi tra loro, e le scaglie di smeraldo tintinnarono di un suono sinistro e spettrale rilucendo nel buio. Una dolce musica si estese per tutta la valle. Una musica melanconica, grave. Una melodia così soave da poter recare stordimento e confusione a chiunque l'ascoltasse. Cominciò a strisciare in avanti, senza fretta, ma con la giusta dose di risolutezza. I sei occhi di ghiaccio si puntarono sulle cinque figure così composte, e le lingue sibilarono qualcosa di incomprensibile, in una lingua sconosciuta, o forse in un verso comune di rettile. I loro sguardi così truci avrebbero potuto immobilizzarli all'istante, se solo non si fossero protetti adeguatamente da quella malia dell'inconscio.

La coda degli striscianti allora saettò in avanti frustando il terreno, ed un cumulo di sabbia e pietre si riversò contro i nemici. Avrebbero cercato di irretirli e di farli desistere dal combattimento. Poi, con un rapido guizzo dentro la sabbia, gli Striscianti si nascosero fondendosi con il terreno circostante. Un occhio poco allenato non avrebbe potuto scorgere la loro posizione. Solo in questo modo li avrebbero potuti salvare dalla loro furia cieca.

In fondo anche loro provavano un po' di pietà.
In fondo anche loro un tempo conoscevano ciò che era umano.



2wdoj1g



Capacità Straordinarie (8) {4 Agilità - 4 Forza}
Consumi: Basso 4% | Medio 8% | Alto 16% | Critico 32%

Energia: 100% - Medio 8% - Alto 16% = 76%
Stato Fisico: Illesi 16/16
Stato Psicologico: Illesi 16/16

PASSIVE:
- Gli Striscianti sono in grado di utilizzare come arma qualsiasi strumento all'interno dell'ambientazione. [Duellante I livello]
- Gli Striscianti hanno la capacità di cambiare arma in modo istantaneo. [Duellante II livello]
- Ogniqualvolta gli Striscianti attaccheranno susciteranno nelle vittime un senso di soggezione e timore tanto da rendere loro difficili i contrattacchi. [Duellante III livello]
- Immunità alle influenze passive psioniche di terrore. [Mezzodemone]
- La melodia prodotta dallo sfregare dei loro corpi fungerà da ammaliamento psionico passivo tale da distrarre seppur in forma lieve gli avversari dal filo dei propri pensieri. [Abilità personale I]
- Le tecniche ad area che gli Striscianti lanceranno avranno potenza pari al consumo speso. [Abilità personale II]
- Gli striscianti sono in grado di cancellare le limitazioni fisiche che conseguono dalle ferite subite, grazie alla loro capacità di rigenerazione attraverso le squame. Il dolore sarà sempre presente e gli Striscianti moriranno comunque una volta accumulata una serie di danni pari a Mortale. [Pergamena del Mago "Sostentamento Arcano"]
- Gli striscianti saranno in grado di sparare l'acido secreto dalle loro mandibole ai nemici, quasi fossero piccoli spilli o proiettili. [Abilità personale III]
. Fintanto che gli striscianti saranno immersi nella sabbia, risulteranno invisibili [Abilità personale IV]


ATTIVE:

Le tre voci
La tecnica ha natura Psionica. Gli Striscianti, forti della loro abilità canora, proietteranno attorno al bersaglio una serie di suoni soavi ed idilliaci ma in realtà inesistenti, talmente forti da ossessionare il nemico. Questi assilleranno l'avversario fino a procurargli un danno alla psiche pari al consumo.
Consumo di energia:Medio[Pergamena del Mago "Sussurro"] Castata ad area su tutti gli avversari

Sei pietra!
La tecnica ha natura Psionica . Il serpente a tre teste guarderà il nemico negli occhi in modo truce. L'avversario riceverà un danno psionico pari ad Alto e si troverà immobilizzato al proprio posto o grandemente rallentato nei movimenti, che diventeranno incredibilmente difficoltosi. L'effetto della tecnica è istantaneo, anche se nella mente del nemico può durare più a lungo.
Consumo di energia: Alto [Pergamena del Mago "Blocco Magico"] Castata ad area su tutti gli avversari

RIASSUNTO E NOTE:
Dopo un breve pasto a base di topo silvestre, i tre guardiani notano il gruppo di uomini volgere nella loro direzione. Intenzionati a non farli passare castano prima "Le tre voci" (Pergamena Sussurro) ad area e poi "Sei pietra!" (Pergamena Blocco Magico) sempre ad area. Infine, per cercare di irretirli, lanciano con la coda un mucchio di sabbia e pietre su tutti gli avversari, che voi dovete considerare come un attacco fisico generico rivolto ad una parte del corpo a vostra scelta. Subito dopo poi, gli Striscianti si immergono nel terreno, ed in virtù della loro passiva che li rende invisibili fintanto che sono coperti da sabbia, attendono in silenzio la mossa dei loro avversari.

Ribadisco anche qui la passiva che permette alle tecniche ad area degli striscianti di avere un potenziale di danno parimenti al consumo speso.

Avete tempo fino al 21 Maggio alle ore 19:00.
A voi, bimbi miei! ^__^


 
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view post Posted on 20/5/2014, 10:21
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Esempio
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II.
MATKARA, EDHEL
AD EXTIRPANDA IV

Quasi a descrivere l’entrata in scena di un nuovo protagonista, all’acquietarsi della voce della Torre un altro canto prese vita, emergendo sottile e delicato nell’aria oscura della valle. Sulle note del canto la serpe prese a strisciare verso i nemici di Velta, quasi descrivendo esso stesso il suo sinuoso, lento incedere, riproponendolo con l’atono, inquietante tintinnio delle sue squame. Era una melodia malinconica, che narrava di una grandezza troppo lontana, mai troppo pianta e oggetto di una struggente nostalgia. Aveva sentito quella stessa storia tante volte, attraverso tante voci, ma aveva ancora un’anima per soffrire e avrebbe voluto sentirla finché aveva orecchie per farlo. La mano sottile del dolore serpeggiò attraverso il suo costato, stringendogli il cuore per ricordargli quale storia di grandezza e decadenza faceva parte del suo passato. Si ritrovò così dedito all’ascolto che all’improvviso udì lo stridio lamentoso delle meningi logore, guardando inerme una forte emicrania trasformare il suo capo in un grosso pallone sensibile e dolente. Ma se nei suoi ricordi la narrazione quel processo si concludeva con un’inevitabile, terribile morte, dinanzi a lui la grandezza splendeva imprigionata in un inferno di squame verdi, simili ad una terribile scultura di smeraldo dotata del soffio della vita.
Prima che potesse reagire, il mostruoso rettile arrivò su di lui pendendo come un cappio da esecuzione. Ad una ad una, ciascuna coppia palpebre pietrose si schiuse ad osservare le cinque sagome che erano avanzate a sfidarlo. Lomerin levò gli occhi in risposta: il loro sguardo era terrificante, gelido, insopportabile. Nelle sue iridi nere gli parve di vedere un barlume di umanità, il dettaglio che più lo metteva a disagio. Come il suo canto aveva promesso, non aveva davanti una semplice bestia divorata dalla sua stessa fame, ma qualcosa di più. Quel qualcosa che non conosceva lo ossessionava.
E all’improvviso realizzò che i suoi pensieri avevano smesso di tradursi in fatti. Quello sguardo gli aveva sedato il corpo e la mente, come un dardo avvelenato; ma non si trattava del sussurro della paura, ma di una stregoneria che gli aveva invaso la testa. E quando capì che il suo inganno aveva funzionato, il mostro attaccò.

La sua gigantesca coda si mosse con la velocità di una frusta e la forza di un terremoto. Incapace di agire, il Guercio vide pioversi addosso una valanga di sabbia e sassi. La volontà di difendersi prese a dibattersi furiosamente in un corpo che non rispondeva agli ordini; come congelate le dita, le gambe, gli occhi si muovevano più tardi di quanto riuscisse a realizzare, pesanti come macigni. Persino pensare era difficile; ma la volontà di sopravvivere arse dentro di lui, bruciandogli le viscere. Con uno sforzo sovrumano, Lomerin riuscì a far sollevare un vortice d’aria ad avvolgergli il corpo intorpidito. Senza poter penetrare la forza del vento, la sabbia e i sassi si dispersero intorno a lui, e incapaci di tangerlo si accumularono in un grosso anello intorno ai suoi piedi. Era illeso.
Il cuore prese a dimenarsi furiosamente mentre prendeva coscienza del trauma. Levò lo sguardo, scorgendo attraverso la nube di polveri un movimento del serpente; ancora una volta veloce come un flagello, la creatura disparve sotto le sabbie, celandosi ad ogni sguardo. Senza successo, Lomerin cercò di individuare qualsiasi dettaglio che potesse indicargli da che parte si trovasse, e quando sarebbe uscito fuori. Ma tamburellando con le dita sulle gambe, mentre le sue membra iniziavano a disciogliersi dal torpore, l’uomo non vide altro che un’inerte distesa di sabbia. E in un momento capì che non era quella la sua strada. Serviva qualcosa che spazzasse via ogni cosa, indiscriminatamente, senza che fosse necessaria una strategia per scovare l'avversario. Soltanto così avrebbe potuto colpirlo.
Mentre ancora il vortice di vento avvolgeva la sua figura, sibilando debolmente, all’improvviso un’altra corrente si levò alle sue spalle. L’anello di sabbie che delineava la sua posizione prese a dissolversi, crollando sasso per sasso. E d’un tratto fu il vento a cantare la sua canzone, ruggendo forte come una seconda fiera in marcia per affrontare una violenta battaglia di supremazia. La forza del vento si levò alta, trascinando con sé ghiaia e pietre; e sotto di essa, Lomerin Volkoff ne reggeva le redini. Stringendo forte le falangi all’interno del pugno, l’uomo combatteva con il suo corpo per agire; e alla fine, lentamente e dolorosamente, riuscì a levare le braccia e le redini del suo, personale mostro con esse. E schiudendo le mani lo lasciò andare.



La tempesta di vento s’abbatté sul campo di battaglia, pronta a devastare indiscriminatamente ogni cosa; e nel suo passaggio avrebbe stanato la serpe, rispedendola verso l’utero maligno che l’aveva vomitata al mondo, Velta.

LOMERIN VOLKOFF
SPECCHIETTO



Energia: 70%
Consumi: Medio (10%) + Alto (20%)
Status fisico: Illeso (100%)
Status psicologico: Medio+Alto (63%)

Capacità straordinarie: 3
- Maestria nell'uso delle armi: 1
- Intelligenza: 2
- Agilità: 1 (Forma demoniaca)
- Forza: 2 (Forma demoniaca)

Abilità passive rilevanti:
- Terrore passivo (abilità razziale)

Abilità attive utilizzate:
- "Scudo d'aria" (Pergamena omonima dello sciamano; consumo medio, durata due turni; difesa a 360° dagli attacchi fisici)
CITAZIONE
Lo sciamano genera delle sottili correnti aeree lungo i suoi arti superiori, simili a dei piccoli vortici d'aria che avvolgono braccia, gomiti, polsi, mani in un impetuoso abbraccio. Fino a quando quei violenti venti imperverseranno lungo le sue braccia, esse saranno per lui il migliore ed il più efficace degli scudi, in grado di deviare qualsiasi attacco ravvicinato o dalla distanza.

- "Vento violento" (Pergamena omonima dello sciamano, consumo alto, potenza media, effetto ad area)
CITAZIONE
Protendendo un palmo verso una direzione preferita, lo sciamano scatena in pochi brevi, letali istanti la stessa forza sferzante dei venti del settentrione. Dal nulla infatti si solleverà una bufera di vento impetuosa e gelida, tempestata di frammenti di ghiaccio luminosi e vitrei: la forza della folata è in grado di sollevare in aria oggetti e uomini per brevi ma interminabili istanti di terrore, esaurendosi poco dopo e svanendo così come si è generata.

Riassunto:
Lomerin subisce entrambe le offensive attive dell'avversario, ma riesce a difendersi dall'attacco fisico per mezzo di "Scudo d'aria". Subito dopo attacca ad area con "Vento violento", sperando di spazzare via la sabbia dal campo di battaglia e colpire il serpente anche senza doverlo necessariamente vedere.

Note: //

 
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Alb†raum
view post Posted on 20/5/2014, 18:37







Maria





Il suono che emettevano le gocce nel cadere sulle scaglie verdi e lucide della creatura non era quello solito della pioggia, monotono e tranquillo. Era un rumore, anzi, una musica composta ad arte, quella di un koto pizzicato da dita follemente veloci ed esperte. L'acqua nera, una volta toccato il corpo del serpente, non lo impregnava come aveva fatto con le vesti, la pelle e persino il metallo: si limitava a scivolare via, a terra, come se accettasse la sua presenza e rifiutasse, invece, quella di tutti gli altri. Maria strinse i denti facendo schioccare con disappunto la lingua contro il palato. Quel mostro apparteneva a Velta quanto la pioggia, gli alberi, l'erba, il terreno fangoso su cui si stavano sporcavano di melma scura gli stivali. L'aria era appesantita da quella presenza, e respirare era sgradevole. Gli stessi pensieri li doveva avere avuti Jeanne, poiché aveva un pugno premuto appena sopra il seno sinistro, come a voler fermare il battito impazzito del cuore. Maria avrebbe voluto posarle una mano sulla spalla, dirle di calmarsi, sorriderle e farle capire che sarebbe andato tutto bene, ma i muscoli del braccio si rifiutarono di muoversi. Temeva uno sguardo accusatorio, uno deluso oppure uno schifato?
Velta pareva starle deridendo ponendo loro di fronte quell'abominio. Per lei Maria non era altro che una bambinetta ingenua che avrebbe fatto meglio a stringersi alla gonna della madre e affondarvi il capo aspettando che tutto passasse. Ma sua madre era morta, un tentacolo nero le aveva spappolato il cervello in una poltiglia rossastra e l'aveva trascinata morente in un varco. Chiuse a pugno le mani al di sotto delle maniche grondanti e sollevò lo sguardo verso le teste del mostro. Gli occhi verdi la stavano fissando con sufficienza. Lei non aveva paura. Era la Strega dei confini, era giunta lì seguendo di sua spontanea volontà il canto, anelando la forza nascosta nella Torre, e l'avrebbe avuta a qualsiasi costo. Non faceva parte di coloro che erano stati ingannati dalla musica delle Sirene, non si sarebbe gettata in mare ciecamente per incontrare la superficie affilata degli scogli. All'interno della buia e umida prigione di pietra in cui i Neiru l'avevano rinchiusa aveva avuto modo di ascoltare la nenia risuonarle all'interno della testa fino a che non era quasi impazzita. Avrebbe dato qualsiasi cosa per raggiungerla, ma non aveva avuto la possibilità di seguirla, di uscire e correre alla sua ricerca. Aveva picchiato la porta metallica fino a farsi sanguinare le nocche, l'aveva presa a calci fino a che le scarpette non si erano frantumate e le unghie dei piedi non si erano strappate. Quando gli elfi erano stati costretti a metterle catene arrugginite alle braccia e le gambe per impedirle di agitarsi, lei aveva tentato di riprodurre il canto in ogni modo fischiando, battendo le mani, mugugnando fino a che non era stata ritenuta completamente folle. Ma lei il limite della follia non lo aveva mai varcato. Era stata come quel capitano che si era fatto legare all'albero della nave per sentire la melodia rapace delle donne uccello: nessuno aveva capito il perché del suo agitarsi, tutti erano stati sordi, sordi e stupidi.
Ma alla fine lei si era abituata alla musica e al ritmo incessante e l'aveva vinta, riacquistando lucidità. Una mattina si era svegliata e quei giorni di follia le erano apparsi come un brutto sogno. E adesso era il momento di sciogliere le funi.

«Che... che cos'è quello, Milady?»

Balbettò Hua nascondendosi dietro la gonna di Jeanne. Maria aprì la bocca, poi serrò nuovamente le labbra, incapace di fornire una risposta. Già, cos'era quell'essere? Uno spirito servitore come quelli che poteva richiamare lei o qualcosa di più?

«Qualcosa che ci sbarra la strada.»

Si limitò a dire, ma non era del tutto certa di quelle parole. Era possibile che fossero loro a sbarrare la strada a Velta?
La creatura mulinò i lunghi colli in aria come se stesse seguendo con lo sguardo qualcosa di distante. La sua immensità rendeva impressionante il solo pensiero che quello fosse un essere vivente, ma ancora più impressionante era il fatto che fosse stato mandato per ucciderli. Le scaglie lucide scintillavano e disegnavano sull'erba riflessi confusi. Il serpente era gigantesco, non grande quanto Velta ma più alto del Palazzo di Rivadoro e forse persino della torre dei danzatori a Neirusiens e, al contrario dei due edifici, Maria non lo metteva in dubbio, poteva mordere e uccidere.
Una delle teste del serpente scattò all'improvviso. Hua gridò spaventata, Jeanne portò una mano verso le katane. Maria tese istintivamente un braccio in avanti, pronta a spalancare un portale, ma le fauci andarono invece a serrarsi su un grosso topo selvatico che camminava ai limitari della foresta. Non si udì lo squittio di dolore, solo lo schioccò dei denti nelle carni della bestiola e il rumore delle ossa che si spezzavano. Le altre due teste si unirono al banchetto con ferocia, avventandosi sul corpo e contorcendosi per contendersi i pezzi di carne più grossa. Sangue e pezzi di budella colarono a terra e si confusero con le pozzanghere e il fango mentre le carni venivano dilaniate e strappate. In pochi istanti del ratto non rimasero che le macchie rosse che contornavano le bocche della creatura.
“Che cattivo gusto” pensò Maria portandosi con un movimento fluente una mano di fronte alla bocca per trattenere una risata nervosa. Nessuno ebbe il coraggio di muoversi, nessuno attaccò o fece la prima mossa. La tensione impregnava l'aria di un odore sgradevole che andava a mischiarsi a quello umido della pioggia e dell'erba schiacciata. Vi era il silenzio che precedeva il concerto, quello prima che il direttore d'orchestra sollevasse la bacchetta. Il serpente a tre teste rivolse lo sguardo verso di loro, gli enormi occhi simili a smeraldi serrati in sottili fessure. Dalle narici uscì fuori il suono di un infante che grida affamato, poi si mossero.
Musica, maestro.
Le teste presero a sfregarsi fra loro, archi di crine e corde di budello allo stesso tempo, un groviglio di scaglie e colli. All'inizio Maria fissò quello spettacolo con occhi sbarrati, senza comprendere cosa stesse accadendo; poi la musica le giunse alle orecchie. Lenta, armonica, triste. Nessuno strumento sulla faccia della terra avrebbe potuto replicarla. Sollevò le mani per coprirsi le orecchie, ma lasciò incompiuto il gesto. Rimase immobile mentre il canto le fluiva dentro la testa incessante, un fiume di parole e note insensate. Ne rimase catturata, avvinghiata come a una ragnatela. I giorni orrendi di schiavitù al canto della Torre le tornarono alla mente, così come il motivetto che aveva cercato in ogni modo di dimenticare. “No, no, no, no...” strepitò nella propria testa, ma i pensieri vennero completamente soverchiati dalla musica. A fatica si voltò verso le due shikigami, forse d'istinto, forse perché la preoccupazione che aveva per loro superava la cacofonia che le echeggiava dentro. Avevano gli occhi che fissavano il vuoto, persi nell'ondeggiare ipnotico del mostro.
I sei occhi di serpente vennero puntati contro di loro, e le membra cominciarono ad appesantirsi come pietra. Rabbia arrossì il viso della Strega. Velta aveva deciso di non andarci leggera, a quanto pareva, ma Maria era giunta lì dopo un cammino lungo, troppo lungo per potersi arrendere.
Sollevò a fatica l'ombrello alla propria destra, le ossa che scricchiolarono per il peso eccessivo. L'aria si riempì di uno stridore metallico mentre la realtà stessa si frantumava come una finestra di vetro, scoprendo un'enorme fessura frastagliata al cui interno di poteva vedere il nero.

«Andatevene.»

Sussurrò a Jeanne e Hua con voce spezzata dalla fatica. La volpe si sporse verso di lei guardandola con preoccupazione. In quell'istante il serpente colpì il terreno erboso con la coda emettendo uno schiocco violento come il tuono. Zolle d'erba, sassi, terra si sollevarono in un'onda grigia che minacciava di travolgerli tutti.

«Milady...»

«ANDATEVENE!»

Strillò mentre dalla fessura fuoriusciva un'ondata di tentacoli di crepitante energia di pece. Si abbatterono sulla marea di sabbia con violenza, pervadendola di scosse violacee. Nell'aria si sollevò un odore di bruciato e uno più intenso, pungente mentre l'attacco del mostro veniva completamente cancellato.

«Andiamo, Hua.»

Mormorò Jeanne, tremante, senza porre più domande. Hua non se lo fece ripetere più volte. Si muovevano a fatica a causa dell'occhiata paralizzante della creatura, ma sarebbero riuscite a raggiungere il limitare della foresta prima di rischiare di essere uccise da un altro attacco.
Perché sarebbero morte se fossero rimaste, Maria ne era sicura.

La creatura flesse gli enormi muscoli e le tre teste perforarono il terreno e si infossarono, sparendo al di sotto dell'erba e lasciando dietro di sé un'enorme buca di pietre smosse. Maria strinse i denti in un ghigno rabbioso. Quel mostro credeva di nascondersi a loro? Stupido. Lo sentiva, percepiva la sua immensa massa al di sotto della terra, odorava l'arroganza che secerneva dalle scaglie come un odore aspro e pungente.
Si leccò le labbra mentre un senso di languore cominciava a farsi strada nel suo petto.

«Esci fuori, verme.»

Ringhiò spalancando le braccia. Un nuovo varco si aprì di fronte a lei, un varco in cui si intravedevano fiamme d'inferno che turbinavano in una tempesta rossa come tramonto. L'aria di fronte a Maria venne risucchiata all'interno del vortice con violenza inaudita, tirando al proprio interno l'erba e le pietre sollevate dalla creatura nel suo nascondersi. Presto la potenza del turbine sarebbe stata tale da cavare la bestia fuori dal grembo terrestre, se non avesse fatto qualcosa.




Maria Violetta Mircalla Himmelherrin von Bucuresti

Priscillaspecchietto

4 - Astuzia ; 1 - Velocità





Risorse

Energia
100% -10% -20% = 70%
Status psicologico

Alto da torpore; Alto da confusione

Status fisico

Fame
Languore

rchBJ

Equipaggiamento

Parasole (Fucile, arma contundente e da affondo; mano destra) [5/5]
Eros e Thanatos (Katane; impugnate da Jeanne)
Comete (x20) (Kunai; possedute da Hua)
Miscela logorante (x1)
Erba ricostituente (x1)



rchBJ
Passive

An eternal being can hear voices the mortals will never know ~ Pass through the centuries
Immortalità, Auspex passivo, Immunità psionica passiva

Summon of an unspeakable secret ~ Possession
Evocazioni istantanee, Condivisione dei sensi con le evocazioni, +1 CS alla forza delle evocazioni

Communion between demons and mankind ~ Spiritual bond
I compagni animali possono partecipare ai combattimenti e usare tecniche attingendo dalla riserva energetica del padrone

I Lussuria
Chi guarderà in viso Maria verrà attratto dalla sua bellezza

III Focolare
Maria rievocherà nelle persone che le stanno attorno il ricordo materno

Dono dell'Oscurità
Capacità di parlare con le ombre; 1 CS in Velocità


Walpurgisnacht ~ Newyn
Auspex olfattivo in grado di distinguere gli stati d'animo;
fame crescente allo scendere delle energie a partire dal 70%;
Walpurgisnacht cessa di funzionare una volta raggiunte 3 stack di fame o mantenute 2 stack per 2 turni


Attive

An evening star that shines in the past ~ Darkness falls
[Pergamena ultima Dominio del male][Consumo variabile, manipolazione magica dell'elemento oscuro; attacco ad area][Danno variabile magico inferiore al consumo]


Con un singolo gesto e un consumo Variabile di energie, Maria aprirà vicino a sé uno o più squarci neri nell'aria. Essi non appariranno come oggetti tangibili, bensì come vere e proprie fratture della realtà, rotture del Velo di Maya. Occhi bianchi dall'iride rossa spunteranno dall'oscurità muovendo frenetici la pupilla. Occhi appartenenti a esseri orrendi, creature inimmaginabili nascoste dietro il velo delle apparenze.
Le creature attaccheranno l'avversario con vampate di energia oscura dalle molteplici forme: tentacoli, arti, mani, raggi, zanne, ma anche oggetti sconosciuti che, ridotti a una silhoutte nera, si scaglieranno contro il nemico senza rivelare la propria vera forma.
[Usato medio ad area difensivamente]

Tearing out from the fake happiness of life ~ Spirited away
[Abilità personale variabile (2/10)][Consumo variabile, vortice magico che attira in direzione del caster; bersaglio singolo][Danno magico pari al consumo]


Narrano leggende che demoni e dei scesi in terra a volte rapiscano persone, spesso donne vergini o fanciulli. Di loro non viene più trovata traccia. A volte si pensa che le vittime vengano costrette a vivere presso i palazzi degli dei come servitori o concubine, altre si racconta di come siano state divorate completamente da creature orrende. Non è sicura la verità, certo è solamente che esiste qualcosa che può strappare via le persone dalla propria vita in qualsiasi momento.
Con un consumo Variabile, Maria può aprire di fronte a sé un varco che genererà una potente corrente attrattiva. Il nemico verrà letteralmente scagliato contro la strega a meno che non si difenda, subendo un danno pari al consumo per la forza con cui è stato spinto. Il portale si richiuderà prima che il nemico ci possa finire dentro, facendo atterrare la vittima ai piedi dell'incantatrice.
[Usato a consumo Alto]

rchBJ

Note



Maria subisce tutte le tecniche del serpente e si difende con un consumo medio della pergamena Dominio del male, che genere difensivamente un'ondata di tentacoli bassa che disintegra completamente l'attacco fisico ad area del serpente. Dopodiché, potendolo individuare tramite i suoi due auspex, tenta di tirarlo dalla terra usando Tearing out from the fake happiness of life ~ Spirited away a consumo Alto.

Enjoy it :8):


 
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DanT&
view post Posted on 21/5/2014, 11:52




Ad Extirpanda
Scacco alla Torre






E' incredibile.
Inconcepibile come un piccolo uomo, un essere insignificante come lui, si possa trovare in balia di eventi che la propria mente nemmeno riesce ad immaginare.
Cosa volete che pensi in questo momento Mickey, il Tuttofare?
Se ne sta di fronte ad un orrore mai visto prima, fiancheggiato da uomini e donne anch'essi mai visti prima, uniti dalla la stessa causa ideale ed in procinto di diventare un lauto pasto. C'è quasi da ridere.
A guardar bene erano in cinque in totale, pronti a morire, e non serviva una lunga occhiata per capire chi tra tutti fosse il più debole. La consapevolezza non gli pensava più di tanto, ma il riconoscere il Giudice Errante al suo fianco gli fece sgranare gli occhi ancora di più dallo stupore facendolo sentire piccolo, come un topolino.
Lady Alexandra, Velta e il Giudice.
Tre leggende e poi lui.
Mickey il topolino.
Osservò con orrore le tre teste litigarsi la carne di un ratto di campagna e si riscoprì a pensare che il suo paragonarsi ad un sorcio non fosse di ottimo auspicio.
Scosse la testa. Mickey la pulce. Molto meglio così.

La pioggia non smetteva di battergli la nuca, distraendolo.
I movimenti del mostro parevano emettere uno strano suono fastidioso, distraendolo.
La tipa accanto a lui, che aveva adocchiato solo un istante eh, era figa in una maniera incredibile. Altra, non da poco, distrazione.
Senza contare che per un assurdo motivo il fugace pensiero che se avesse mai avuto una madre avrebbe somigliato a lei gli era corso davanti, distraendolo.
Non si meravigliò quando il canto soave che gli faceva da sottofondo nella sala della mente alzò il volume all'improvviso, spegnendo ogni altro suono. Pensare a qualcosa? Impossibile. Reagire? Manco a parlarne.
Eppure provò a fare un piccolo passo in avanti, quasi timido, ma il corpo ipnotizzato dai sei occhi del mostro non rispose. O meglio, accennò un leggero movimento, ma quando si scoprì a poggiare il piede in terra si rese conto di aver dimenticato l'attimo in cui aveva dato il via al passo.
Persino sollevare lo sguardo per disprezzare ancora una volta quell'abominio gli costò giorni preziosi, forse addirittura anni.
L'orrore di ritrovarsi bloccato all'interno del proprio corpo, impossibilitato a fuggire pensando e inchiodato in terra come il palo di un recinto, lo assalì.
E dire che non sarebbe rimasto lì a lungo, perchè con la falce ancora piantata in terra una tempesta di detriti, sabbia e rocce si avvicinava inghiottendo tutto e spazzando via il mondo.
Beh, cazzo l'avrebbe affrontata.
Riuscì a ridere dentro di sè per la battuta.
Eccerto, dove poteva scappare?
Era la fine, ma sperava che non sarebbe stata così brutta. Un bel macigno dritto alla tempia, cranio fracassato e via, diretto negli inferi, prima classe lato finestrino, che almeno quello se l'era meritato, foss'anche solo per il coraggio di aver abbracciato una causa di cui non gliene fregava un fico secco.
Bell'idiota.
Chiuse l'occhio perchè a tenerli aperti, almeno quello, non ce l'avrebbe fatta. Va bene morire, ma guardare in faccia la morte non doveva essere poi granchè, e risparmiarselo non avrebbe fatto male.
Attese, quindi, con pazienza.

Passarono...due o tre anni, forse quattro a dire il vero. Riaprì la palpebra battendola più volte per mettere a fuoco e far scivolare via l'ennesima lacrima.
Certo che, che schifo! Aveva sempre pensato che il paradiso sarebbe stato idilliacamente bello, pieno di latte fresco e miele, invece era identico alla vita vera, con tanto di Velta sullo sfondo.
Almeno il mostro non c'era più, si consolò.
Ma tutto era strano, perchè c'erano anche gli altri. Quindi o erano morti tutti insieme, o non era successo niente per qualche arcano motivo.
Optò per la seconda teoria, anche se a malincuore. Fu persino confermata dalla voce della ragazza che chiedeva a qualcuno di venire fuori.
Stava mica parlando col tre teste?
Quell'incubo aveva mica bisogno...di nascondersi?
Strinse la mano sul manico d'acciaio realizzando immediatamente che non poteva far altro che essere andato sotto terra. Invisibile, avrebbe potuto spalancare le fauci da un momento all'altro persino sotto i suoi piedi inghiottendolo in un sol boccone.
Beh, non si sarebbe fatto trovare impreparato e prendendo spunto dai suoi compagni di disavventura, seppur a fatica, imbastì un leggero contrattacco. Scattò in avanti, improvvisamente libero da ogni pastoia, conficcando la punta della falce nella sabbia. E' certo che farlo contro il nulla non sia proprio agevole e quindi, dando per scontato che non si sia anche spostato, ma solamente nascosto, puntò nella direzione in cui l'aveva visto l'ultima volta incrociando le dita di una mano che non c'è più e scongiurando tutti gli dei che non aveva mai venerato di dargli almeno per una volta nella vita una botta di culo.
Perchè a giudicare da come erano iniziate le cose, ne avevano decisamente bisogno.
Dio, appunto, solo sa quanto.




q8qu



Narrato
Pensato
Parlato



• Energia: 100 [100 - 10 - 10] = 80% Rimanente
• Stato fisico: Illeso
• Stato psichico: Medio (spezza il filo dei pensieri); Alto (senso di pesantezza)

• Abilità Passive:
Sopravvivo alla faccia tua! [Razziale umana; Mickey non sviene al 10% di energie]
Tranquilli, tranquilli. Mickey è qui. [Talento Ammaliatore I; Malia psionica di Fiducia nei confronti di Mickey]
Il marchio del disertore. [Tatuaggio di maschera spezzata nell'incavo del gomito destro; qualsiasi appartenente al Clan Toryu diffiderà del portatore del marchio, sottovalutandolo e disprezzandolo innatamente, anche se non è a conoscenza del tatuaggio]

• Abilità Attive:

BLEAK-BLINKING-BLADE | Tecnica media. Consumo medio. Natura fisica.
Esistono voci e dicerie secondo le quali la falce del Sorrisone fu trafugata dalla sua tomba, e da allora sia passata di mano in mano, sequestrata da mercanti e poi ancora una volta derubata e messa all'asta illecitamente, o presa con la forza da uomini desiderosi del potere in essa intrinseco. Ma da ormai tempo immemore si è persa traccia della stessa, come è peraltro comprensibile: diversi secoli sono passati, e il fatto stesso che sia ancora integra e funzionante nelle mani di qualcuno sarebbe un miracolo - persino un individuo qualunque potrebbe averci messo le mani, probabilmente senza nemmeno avere idea della storia che v'è dietro e chiamandola in modo diverso. Ben poche armi vantavano, tra l'altro, una lama tanto affilata quanto quella della fu-Vermiglia: il suo taglio era capace di ferire profondamente e recidere nervi e tendini in un singolo colpo, pur mantenendo una maneggiabilità stupenda che permetteva di sferrare assalti ripetuti. Il possessore ad un certo punto della giocata può spendere un consumo Medio e sacrificare uno slot tecnica, e da quel momento in poi potrà sferrare (anche in un qualsiasi turno successivo) un attacco turbinante e rabbioso in cui ruoterà assieme alla falce, tagliando tutto ciò che si trova sulla propria traiettoria in un singolo colpo deciso o una grandinata. L'attacco nella sua interezza va difeso sempre come una tecnica di potenza Bassa. Ma qualora l'attacco, più brutale che preciso, andasse a segno, il bersaglio subirebbe un danno Medio al corpo per i tagli e la perdita di 2 delle CS a propria disposizione, dovute alla menomazione dei colpi spietati. Solo la preparazione della tecnica, non il suo utilizzo effettivo, consumano uno slot tecnica. Finché il possessore tiene pronta la tecnica senza utilizzarla, non potrà utilizzare le altre sue tecniche, dovendo sempre reggere l'arma. Come spiegato, però, questa potenza irruente ha lo svantaggio di essere poco precisa: e basterebbe una tecnica bassa a schermare interamente dai danni al corpo e a quelli delle CS.

Dammi tutto
Nei vari anni da accattone il piccolo Mickey ha dovuto affrontare innumerevoli difficoltà. Quella di essere brutalizzato dai coetanei più grossi si è presentata talmente tante volte che ormai non ci fa quasi più caso al come reagisce. La cosa che ha notato con l'esperienza è che spesso i bulli si presentano in tanti e/o armati. E sai che fine fanno quando l'arma gliela togli?
E' curioso vedere come d'un tratto spesso e volentieri diventino degli agnellini senza nulla da dire.
In termini di gioco con un solo movimento fulmineo, il Tuttofare ha trovato il modo di unire l'utile al dilettevole, ossia quello di danneggiare il proprio avversario ed in contemporanea privarlo del proprio armamentario. E' un colpo veloce, potente, preciso. In grado di causare un danno Basso da contusione in un punto nervoso del nemico che si troverà immancabilmente a mollare l'arma qualsivoglia oggetto bersaglio della tecnica. L'equipaggiamento in questione sembrerà moltiplicare il proprio peso all'infinito e si troverà a sprofondare nel terreno quel tanto che basta ad impedirne l'uso finchè il danno Basso inflitto non verrà curato con una tecnica apposita. [Pergamena Mentalista Sopraffazione]

• Riassunto:
Come voi, Mickey si becca le psioniche e poi evita l'attacco fisico grazie alla tecnica di Alb. Poi prepara una tecnica della Vermillion che scaricherà il prossimo turno e infine lancia un attacco fisico, la pergamena sopraffazione per cagionare un danno Basso fisico + un danno ad un'arma del mostro, qualora dovesse colpire.
Edit per un errore di calcolo.

Edited by DanT& - 21/5/2014, 14:05
 
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view post Posted on 21/5/2014, 17:28
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2.
In too deep ~~

— Ad Extirpanda —


Era quella la potenza di Velta?
Un essere mostruoso, un ofide tricefalo di dimensioni enormi che si muoveva ondulando le teste ed emettendo un suoni ingannevoli. Tutto sommato, poteva accadere di peggio: ne era conscio Loras e sperava se ne rendessero conto anche gli altri che gli stavano di fianco - in particolare, lo sguardo dell'archetipo si concentrò sulla giovane Maria, che aveva già incontrato qualche tempo prima, in un luogo non molto distante ma comunque assai diverso. E diversa era anche la situazione in cui si trovavano. Non che il Giudice la considerasse poi una contingenza tanto critica; aveva imparato a diffidare dalle apparenze, e se la sua vita eccessivamente lunga su quel piano gli aveva insegnato qualcosa era che su Asgradel, i nemici peggiori erano quelli dall'aspetto meno inquietante. Non era poi un caso se due dei peggiori flagelli nella storia del continente erano stati un vecchietto diabolico e una dama bianca. Secondo quella logica, la minaccia strisciante che aveva davanti agli occhi doveva servire solo a intrattenerli - a mettere in fuga i meno arditi ed eliminare i più deboli. Una scrematura parziale a cui si sarebbe sottoposto controvoglia. Quella - benché ormai ci fosse dentro - non era la sua guerra; non gli appartenevano né il luogo né le motivazioni. Anzi, in qualche modo si sentiva dalla parte sbagliata, come se stesse ostacolando il divenire degli eventi. Il risveglio di Velta era scritto, e nessuno sarebbe riuscito a impedirlo. Combatterla non era una follia, ma per molti di quelli che gli stavano intorno semplicemente una scelta obbligata. Ugualmente, non riusciva a sentirsi parte di quella congrega: la sua stessa natura lo spingeva a mantenere l'equilibrio, una costante ricerca della perfezione in un mondo in cui tutti desideravano emergere, e per farlo dovevano - volentieri o meno - sopraffare i loro simili. Quel mondo non gli apparteneva, eppure avrebbe fatto di tutto per cercare di salvarlo. Tutto sommato - si disse - anche la distruzione viola l'equilibrio.
La triste realtà è che cercava di giustificare una scelta sbagliata, compiuta un po' per riconoscenza e debito d'onore e molto per vero affetto nei confronti di quel vecchio spirito della foresta, il Guardiano dalla pelle simile alla corteccia di un albero. Amdir, che tanto tempo prima lo aveva salvato, ora lo metteva in pericolo. Ma lo faceva per un bene più grande - e questo Loras era perfettamente in grado di comprenderlo.
A scuoterlo dalle sue elucubrazioni furono non già le grida e la preoccupazione dei suoi compagni d'avventura, quanto piuttosto una serie di suoni idilliaci, un canto simile a quello di Velta eppure assolutamente diverso. Era più insistente e meno invitate: Velta chiamava a sé tutti, voleva raccogliere tutto il potere possibile sotto il suo stendardo e contemporaneamente raccoglieva i nemici che pure avevano sentito il suo richiamo. Questo nuovo suono era differente: non comportava nessun desiderio, non faceva da richiamo. Era come una voce insistente che sussurrava ora a un'orecchio ora all'altro, costringendo il povero ascoltatore a voltarsi in continuazione, cercando di capire - inutilmente, è ovvio - da dove venisse quella voce e chi fosse a parlare. Una piccola ossessione - e come tutte le piccole ossessioni, capace di divorare anche la mente più quieta.
Così anche Loras iniziò a voltarsi, guardandosi intorno, desiderando tapparsi le orecchie - e l'avrebbe fatto, se solo questo gli avesse permesso di far tacere quel suono, così meraviglioso e detestabile. Infine, scomparve così come era arrivato, proprio quando una delle tre teste draconiche sembrò volerlo fissare dritto negli occhi. Le pupille del rettile incastrate nelle sue, e la consapevolezza che no - lui non avrebbe mai dovuto guardare in quegli occhi. D'altra parte, di leggende sui serpenti in grado di ipnotizzare - o peggio - con il solo sguardo erano piene le biblioteche e i racconti dei vegliardi di tutto il continente. E, in buona sostanza, se quella creatura era figlia di Velta, con quella torre genitrice d'orrori doveva condividere qualcosa, un tratto fondamentale: il piacere sottile e sadico di giocare con la mente altrui.
Bhè, non con la sua. Situazioni ben più pericolose e avversari di ben altra pasta lo avevano reso cauto, capace di difendersi dalle insidie invisibili prima ancora che dallo spauracchio meramente fisico della controparte. Gli bastò socchiudere gli occhi, concentrarsi sul perché era lì, confidando che la pura essenza dell'archetipo, racchiusa nel corpo umano che gli era stato donato, lo avrebbe liberato da quella - e da qualsiasi altra - malia.
Quando riaprì gli occhi, un istante dopo, il tricefalo non lo stava più fissando, e le sue gambe sembravano essere tornate ad una normale capacità motoria; tuttavia, c'era un altro pericolo - l'ennesimo - da fronteggiare, con ancora nelle orecchie l'eco lontana di quei suoni ammaliatori e ossessivi, che sembravano volergli rosicchiare l'animo con il più turpe dei roditori: l'ansia. Una pioggia di sabbia, terra, detriti e sassi. Che quella non fosse una scampagnata lo sapeva bene, ma che sarebbe finito in quel tripudio di terriccio e roccia a far da bersaglio a un serpentone di quelle dimensioni non sarebbe mai riuscito ad indovinarlo.
Cercava di arretrare in maniera sicura, quando un nuovo getto di pietre - simile a quello di una catapulta - lo costrinse a gettarsi a terra e rotolarsi nella polvere. Riuscì ad evitare un masso che lo avrebbe facilmente seppellito, ma una pietra - più piccola, sebbene di dimensioni ancora considerevoli - lo colpì alla spalla sinistra senza che gli fosse possibile tentare d'evitarlo. Il dolore fu secco e penetrante, e sebbene la ferita non perdesse sangue, scostando un lembo dell'abito che indossava gli fu facile constatare che la tumefazione era di una certa entità. Si rimise in piedi boccheggiando, sia per il dolore sia perché l'inconsueto bombardamento aveva sollevato un polverone tale che era difficile anche solo respirare.
Con la mano destra, più libera nei movimenti, si scrollò di dosso più polvere che poté, assumendo una posa indignata.
Questo mantello era quasi nuovo.” si lamentò.
Neppure due lustri. Questo biscione mi ha già stancato.” decise, mentre l'ofide - senza darsene per inteso - si inabissava nelle sabbie.
Una mano dalle dita affusolate si sollevò, disegnando per aria, con lentezza estenuante, l'effige di una porta. Dove passavano - uniti insieme - il dito indice e medio rimaneva una scia dorata luminescente, e quando il tratto fu completo, una esplosione di luce di manifestò alle spalle dell'archetipo: un enorme portale sembrava essersi aperto dietro di lui, come una finestra che stracciasse la realtà, aperta sullo stesso sole - a giudicare dalla luce abbacinante che sprigionava. Durò appena qualche istante, e quando scomparve alcuni strali, anch'essi dorati e luminescenti, ruotavano intorno al corpo del Giudice, sinuosi proprio come serpi.
Ad un rapido comando di Loras, gli strali si lanciarono sul banco di sabbia, proprio mentre un altro dei suoi compagni sembrava aver preso di mira lo stesso obiettivo - e probabilmente era simile anche l'intenzione. Quel colubro infernale avrebbe imparato che non era il solo a poter far piovere. C'era chi usava la roccia, e chi l'elemento stesso che lo componeva.
Le esplosioni sacre avrebbero illuminato Velta.


OPSPOILER-1


legendsbane ;
    Loras Ilyn Esarth - status_
    5 CS (4 Intelligenza ; 1 Velocità)

    Fisico » Tumefazione spalla sinistra (Medio). (14/16)
    Psicologico » Turbato dai suoni fantasma (Medio). (14/16)
    Riserva Energetica » 68%.

    Equipaggiamento » Elysion (riposta); Heart of Gold (al collo).
    _________ ___ __ _


    Abilità passive »

      ♦ Archetipo Elementale - Aura di timore reverenziale (non agisce su energie superiori e avatar diurni). Ogni parola pronunciata dall'Archetipo risulta corretta, meritevole di fiducia. Mente schermata da passive di charm, malie, influenze mentali. Possibilità di volare.
      ♦ Reliquie Filatteriche - Immortalità legata all'esistenza dei filatteri. Possibilità di utilizzare i propri filatteri tramite telecinesi. Capacità di utilizzare i propri filatteri come tramite per castare le proprie tecniche, anche quando vengono utilizzati tramite telecinesi. Generazione spontanea, dal corpo dell'Archetipo, di un'arma per ogni ammontare medio di danni fisici subiti.
      ♦ Elysion - Arma composta di energia (passiva di giustifica della natura dell'arma).
      ♦ Heart of Gold - Possibilità di mutare forma in qualsiasi momento. Possibilità di utilizzare i propri compagni animali in combattimento. Possibilità di possedere un secondo compagno animale.
      ♦ An Endless Journey - I compagni animali possono essere utilizzati come tramite per castare le abilità attive. I compagni animali condividono ogni esperienza sensoriale con l'Archetipo. Pericolosità fissata a FS, conosciuto in tutto il continente come il Giudice Errante.
      ♦ Legendsbane - Capacità di generare illusioni in qualsiasi condizione, di modulare a piacimento il suono, la tonalità e la provenienza della propria voce. Capacità di modificare a piacimento - mantenendo connotati umanoidi - il proprio aspetto finché almeno una sua illusione è in campo. Soggezione oculare che si manifesta nella visione della propria morte negli occhi dell'Archetipo.


    Abilità attive »

      ♦ Archetipo Elementale - E se qualcuno tentava di farlo cadere preda di illusioni, rimaneva irrimediabilmente deluso, trovandolo pronto a reagire, utilizzando tutta la sua ferrea volontà per negare ad altri che a sé stesso l'accesso a ciò che aveva di più prezioso: la propria mente [ variabile ].
      (alto - difesa psionica - pergamena ultima 'autocontrollo')

      ♦ For the sake of the unknown: HOLYRAJA - Unica nel suo genere, questa capacità si rivela essere insita nell'animo stesso dell'Archetipo. Egli occlude ogni suo pensiero, impreziosendo la mente di uno stadio di passeggera imperturbabilità, durante il quale si impegnerà nell'invocare in suo soccorso il nome di uno dei reali araldi di fede di cui vi è tanta propaganda, trascinandolo forzatamente sul piano materiale dal suo perenne bilico fra due realtà. L'identità del fulgido patrono non è fatta pervenire nemmeno alla conoscenza dello stesso Loras, che richiama a sé - nella sua ignoranza - il solo flusso di energie benedette che conosce nella sua più massiccia manifestazione; avendo tuttavia la creatura una componente spirituale troppo elevata per essere rinchiusa in un corpo prettamente materiale, essa si manifesterà solo come spettro di sé stessa, prendendo i contorni della sua forma originaria alle spalle dell'uomo ed ergendosi in un maestoso ed al contempo terrificante presagio. L'Arbiter sarà permeato di una patina composta da quella che appare come luce perlacea, e tracciando un disegno astratto dinnanzi a lui darà vita ad una porta, avente guisa di un colossale emblema, per il potere che ha volontariamente richiamato. L'effigie si indorerà della medesima energia che pervade l'Archetipo nel suo abbraccio, generando dal suo centro una luce improvvisa, insopportabile per la maggior parte degli occhi ed una vera offesa per le iridi dei malcapitati spettatori. Dalla candida deflagrazione avranno genesi strali plasmati attingendo alla stessa sostanza dell'angelo, i quali attornieranno il loro invocatore dall'altezza di metri dieci o più, serpeggiando nel vuoto come mastodontiche creature serpentiformi. Il Giudice potrà poi disporne, sfruttandoli fino ad esaurire la loro essenza a lui - per natura - affine scagliandoli in direzione di un punto prescelto, trapassando e consumando nella loro essenza qualsiasi cosa si trovi entro il raggio d'azione della loro esplosione [ variabile ].
      (alto - variabile magica offensiva ad area)


    Riepilogo » Loras subisce la prima offensiva psionica, che lo mette sull'avviso permettendogli così di respingere la seconda - ma non abbastanza in fretta da riuscire a schivare la pioggia sassi e sabbia. Viene colpito alla spalla sinistra (vista la disparità di CS ho calcolato un danno medio). A questo punto, vedendo il biscione nascondersi sotto la sabbia bombarda la zona con un attacco ad area di potenza alta.
 
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view post Posted on 21/5/2014, 17:59
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Si mosse. Seppur non nella loro direzione la bestia si mosse. E in un secco schioccare di squame si avventò su un grosso ratto grigio che spirò all'istante, senza nemmeno un lamento. Ne sollevò la carcassa sudicia, la dilaniò ed ingerì in tre rapidissimi secondi, uno per ogni testa. Mentre dava sfoggio di tale scempio, pezzi di budella e grumi di sangue schizzavano a terra, creando macabre pozzanghere tamburellate dalla pioggia nera. La ragazza osservò schifata la scena, senza battere ciglio. Poi volse lo sguardo attorno, come per verificare l'espressione degli altri nemici della Dama Bianca. Le importò relativamente poco incontrare i loro volti che ostentavano indifferenza al massacro. In quel momento, loro erano solo altri combattenti come lei, certamente più abili, ma questo non aveva alcuna importanza. Non erano affatto dei compagni, non erano alleati. Erano solo viaggiatori. Non le ispiravano fiducia e men che meno lealtà. Ad uno di loro mancava un braccio e la sua manica vuota svolazzava come una banderuola nella tempesta. Portava dei buffi occhiali scuri, nella mano superstite reggeva una grossa falce. Tentare un approccio con il cavaliere le parve anche impossibile. Ad una prima occhiata le parve un tipo borioso ed arrogante. Lasciò perdere anche con l'altro uomo, il guercio. Al contrario, continuò a tenere d'occhio la ragazzetta bionda e le sue seguaci semi feline. Non sapeva se essere incuriosita o intimorita, di certo non la convincevano fino in fondo. Era come se stesse affrontando quell'avversario da sola. Strinse gli occhi, irritata. Era la seconda volta che si faceva ingannare da Velta. Era forse troppo critica? Stava dando giudizi troppo affrettati? si morse il labbro. Non c'era tempo, fidarsi è bene, ma non farlo è di sicuro più prudente. All'improvviso il tricefalo voltò i sei pozzi neri verso di loro con uno scatto da rettile, famelico. E prese a strisciare, aumentando la velocità per ogni metro che macinava, inesorabilmente. Mulinò i colli, sfregandoli fra loro. Le scaglie che li ricoprivano come una fitta armatura cozzarono e si strofinarono fra loro, creando un canto orribile ed angosciante, un carillon guasto che non si sarebbe fermato sbattendo la sua antina decorata e soffocando la danza della ballerina d'argento. La ragazza candida portò le mani alle tempie e serrò gli occhi. Il suo orecchio sinistro parve esplodere sotto la tortura di quelle spietate onde sonore. Quando li riaprì, ancora frastornata, si ritrovò proprio di fronte al mostro, davanti ai suoi occhi ostili ed ammaliatori. Sentiva già le membra divenire pietra, Medusa aveva già preparato il suo incantesimo, senza proferire una singola parola. Ma all'ultimo secondo, quando nella testa invocava il Suo nome, il Gufo appariva, schermandole la vista.


••~••



Calcava la soffice erba della loro radura, sotto un cielo vagamente chiazzato da nuvole schizzate d'arancio, come in una tela di un artista capriccioso. Noctua il Gufo passeggiava svogliatamente, la noia di chi è prigioniero dipingeva discretamente il suo volto inespressivo. Si voltò nella direzione della ragazza candida ed accennò un sorriso.


••~••



Tutto questo durò poco, troppo poco.
Eloise aprì gli occhi, la pioggia nera le insudiciava ancora le vesti e la cappa bluastra. Si guardò freneticamente attorno, la radura era scomparsa, il paradiso fuggito. Gli altri erano incappati nella ragnatela di sguardi tessuta ingegnosamente dalla serpe tricefala. La ragazza misteriosa era totalmente ipnotizzata e cercava con grande fatica di muoversi, gli arti che sembravano pesare come macigni. La vide aprire la bocca e gridare qualcosa. Dietro di lei, le due umanoidi si scossero ed iniziarono ad allontanarsi. Eloise le guardò correre faticosamente più lontano possibile, tenendosi per mano. La piccolina non nascondeva un terrore viscerale e non osava staccarsi per un secondo dalla ragazza con le nove code. Si voltò di scatto verso il felino e la mestosa bestia fece lo stesso, nella sua direzione. "Seguile." pensò semplicemente. In un tacito accordo, il gatto si allontanò sinuosamente dalla scena e si mise a seguire le due ragazze, tenendo una certa distanza. Temeva non sarebbe uscita viva da quel massacro, non voleva perderla e non voleva sentirsi l'unica responsabile della sua morte. Ed in parte minore, non si fidava affatto della ragazza bionda e tantomeno della volpe con le katane. Le seguì con lo sguardo fino a quando un rumore assordante non la catapultò fuori dai suoi pensieri. Il mostro arcuò quella che doveva essere la sua colonna vertebrale e facendo roteare la coda colpì un mucchio di pietre e detriti, scagliandoli a velocità pericolosamente elevata contro di loro. La ragazza candida osservò il combattente più vicino al mostro creare dal nulla un turbine di vento. Lo vestì come un dio, proteggendolo dalle pietre. Poi perse la concentrazione, ritrovandosi a fronteggiare la minaccia che incombeva su di lei. Si sorprese ad alzare involontariamente le braccia per coprirsi il viso.
Non sarebbe servito a nulla, pensò all'ultimo secondo, prima di chiudere gli occhi.


••~••



Sbarrò gli occhi, ancora illesa. Le pietre erano sparite, disintegrate. Si guardò attorno disorientata, ma non ebbe alcun indizio su chi o cosa avesse potuto averla salvata. Anche gli altri combattenti erano illesi come lei. Il gigantesco serpente era sparito. Ancora più confusa si concentrò sulla situazione. Le sue caviglie fremevano violentemente. Sbuffò, scambiando quel tremore per paura. Si voltò di scatto quando la ragazza spietata gridò.

« Esci fuori, verme. »


Spalancò le braccia e puntò lo sguardo iracondo sul terreno.
Improvvisamente Eloise capì. Saggiò i brividi delle sue caviglie e l'orrore si dipinse sul suo volto. La serpe era sotto di loro. Arretrò di qualche passo e chiudendo gli occhi chiamò a raccolta tutti i suoi incubi peggiori. La nebulosa scura nacque sibilando e sussurrando ninnananne inquietanti. Quando prese corpo di fronte al suo viso, la ragazza candida la scagliò al suolo, un tetro dardo pullulante di anime erranti. Sospirò e volse gli occhi verso le nuvole, per un solo secondo. I giochi erano appena iniziati e lei non conosceva le regole.



XyH3SPY
-20, -10

PFNBWB5

illesa

PFNBWB5

danno medio





8xXUqlp
Camminare, vedere, respirare, vivere.
HbrixqD

2 (destrezza)

Tutto ha un altro... sapore, odore, un'altra sensazione. Ecco tutto. È ciò che sento, con le orecchie, con il naso, con la lingua, con le dita. È ciò che vedo. Adoro toccare, sfiorare le cose. Adoro la sensazione che provoca, la leggera scarica di elettricità che attraversa le dita, chiudere gli occhi e percepire il tremore della terra sotto i passi di qualcuno. Tendere un dito e godersi le vibrazioni dell'aria al passaggio di qualcuno, cercare anche le più minuscole tracce del battito d'ali di una farfalla che generando microscopici fremiti nell'aere immobile si disperde come una goccia in un grande lago. [passiva razziale, sensi sviluppati]

Silenzio. Buio totale. Mi prodigo ogni giorno in questa abilità. Muoversi senza creare suoni, senza disperdere odori, senza poter essere individuata. In un certo senso lo trovo divertente. Voglio dire, apparire improvvisamente alle spalle di qualcuno è dannatamente spassoso, soprattutto se poi ci si ferma ad osservare la sua reazione. E vedere dalla mia posizione i miei inseguitori annaspare nel buio, rantolare bestemmie e frasi sconnesse mentre si rendono conto di avermi persa di vista. Divertente. [talento assassino, passiva di primo e secondo livello]


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Dopo tutti questi anni, dopo la sofferenza, la potenza di ciò che dorme nella mia testa, seppur in un'infinitesimale parte, mi appartiene. Schierando le anime, schermo la mia mente, proteggendola da offensive ed intrusioni di chiunque. Ma non sempre riesco; ho ancora molta strada da fare. [abilità personale, natura psionica, consumo variabile]

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E se invece davanti a me cadeste per un'altro motivo allora la situazione si sarebbe fatta sicuramente più seria e pericolosa. Questo perché davanti a voi sarebbe apparsa una grossa nebulosa scura e mossa da strane energie, tormentata da lamenti e gridi, sibili e gemiti sofferenti. Loro sono i miei incubi. E dopo che li avrete guardati per i centesimi di secondo necessari a realizzare il pericolo vi investiranno con tutta la loro forza, comportando la vostra rovinosa caduta al suolo e la vostra confusione totale mentre annasperete ed agiterete gli arti compulsamente cercando di uscirne. [stormo illusione, pergamena inizale mentalista, consumo medio, danno medio alla psiche, provoca la perdita dell'equilibrio]





Eccomi, appena in tempo!
Mi sono difesa dalla seconda psionica con un consumo alto della variabile, e ho contrattaccato con Stormo illusione. Percepisco il mostro grazie ai sensi sviluppati della mia razziale. Spero di non aver fatto idiozie, ma non c'era davvero altro che io potessi inventarmi! D:

edit (dell'ultimo secondo): scusate, casini vari con i codici D:
edit (parte seconda): ci tenevo troppo ad aggiungere il 70% puccioso, scusate :3



Edited by aki - 21/5/2014, 22:31
 
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.Neve
view post Posted on 24/5/2014, 18:28




Ad Extirpanda IV




Fermi. Sotto la sabbia il loro corpo scaglioso stazionava immobile come una statua di pietra, in silenzio. I sei occhi socchiusi scrutavano oltre il velo di rena che, sottile, ricopriva le loro membra. Fuori da quella tomba di terra la battaglia imperversava, le voci si accavallavano le une alle altre, e loro erano ancora freddi in quel giorno di non riposo. Incapaci di distinguere davvero i loro nemici. Incapaci di scaldare il loro gelido sangue. Non si mossero, non fiatarono. Solo il vento prepotente levò, come un tifone, quella sottile copertura. Inganno efficace quanto fragile, alla fine dei giochi. Ed i granuli si librarono in aria, disperdendosi per tutta la valle. Liberi tra loro, staccati l'un l'altro come figli di una terra che non più gli apparteneva. Ed il cielo si chetò per un attimo, oltre la vista umana. Le nubi grigie si diradarono per un solo istante lasciando trapelare un piccolo spiraglio di luce che, flebile, scoprì il corpo del rettile. Nudo in una fossa gigantesca, immensa nella sua profondità. Erano stati rivelati, scoperti. Raggomitolati su loro stessi, gli striscianti parevano neonati sotto il primo sole, inermi. Ed il vento imperversava funesto, gli abitanti della landa urlavano alla nuova luce. I volatili libravano le loro ali verso un sole primigenio, increduli. Avevano ritrovato il loro giorno dopo tanto cercare, dopo tanto gridare alla notte perenne. Ma soli ancora piangevano i loro mali. Impotenti di fronte al richiamo della loro Signora.
E gli uomini arrivarono. Soli in quel tempo disperato, soli come le anime degli Striscianti. Nugoli di armi e magia crepitarono al di là del sole corrotto, e loro li videro. Non si spostarono invero, non mossero il loro trino corpo. La sabbia fece tutto da sé. Come eterna madre e protettrice dei loro spiriti. Come amante, calda compagna. Il loro corpo sinuoso divenne sabbia. Dello stesso identico colore di quella terra malata. Una statua granulosa che rimase immobile per qualche istante. Poi le offensive arrivarono. Il loro corpo si divise, sfilacciato, corrotto dall'impeto degli uomini. E per un attimo parve che li avessero colpiti. Ma solo un altro inganno era quello che si parava innanzi a loro. Gli striscianti erano rimasti completamente illesi sia nel corpo che nello spirito. Saldi nella loro interezza. E così si persero, ancora una volta, tra i colori tenui di quella landa desolata. Mimetizzati in quel deserto senza voci. Sotto a quel manto dorato attesero ancora, febbricitanti. Non si accorsero però della seconda bordata di dolore che avrebbero dovuto sopportare. In quel piccolo frangente in cui i loro corpi erano rimasti labili ed inermi la loro mente era stata violata. E così, furono costretti a fare i conti con i loro incubi peggiori. Nuvole di fumo, come anime erranti si addensarono nelle loro menti prima umane. Tormentati, punzecchiati da esseri volanti e fastidiosi. Cercarono di scacciare quelle malie prepotenti, ma invano. Cercarono di rimanere imperturbati. Ma l'istinto, arma indiscriminata delle bestie, prese loro il sopravvento. Un tempo dei, sovrani, non si sarebbero fatti corrompere così facilmente da una illusione. Avrebbero resistito, per la loro umanità, per lei.

Lei.

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Urlarono. Bestie affamate, furiose. Smossero la sabbia con il loro corpo gigantesco. E la loro figura immensa oscurò il cielo, le loro scaglie baluginarono al sole in mille e diverse sfumature. Verdi, violette, ocra, azzurre. Un dipinto acceso aldilà dell'oscurità. Mossero le tre teste con sincronia e fissarono ancora una volta, stizziti, gli avversari loro innanzi. Non avevano paura. Ed anzi le ferite mentali infertegli avevano rinforzato ancora di più i loro animi. Barcollarono leggermente, innalzando il corpo al cielo. E quasi caddero. Ma riuscirono a resistere e a mantenere salde le membra scagliose. E la terra si fece oscura, di nuovo. Le nubi tornarono, come chiamate, a coprire quell'aere disperato. Non poteva più esserci luce. In fondo, quel barlume di speranza era stato solo un lampo, un sogno fugace. Le loro tre fauci si aprirono innaturalmente. L'inferno ricadde sulle terre della Bianca Dama. Acido potente, senza freni, si riversò contro gli uomini. Come fossero lingue di fuoco pronte a divorare ogni cosa, e non avrebbero risparmiato nulla sul loro cammino. Avrebbero bruciato l'aria, avrebbero morso la terra. Implacabili. Poi i sovrani si mossero, rapidi come saette. Le loro tre teste si contesero tre degli avversari. Ighhs e Derhs puntarono le loro zanne affilate contro le due donne del gruppo. Cohls invece tentò di azzannare la figura maschile dai fini lineamenti. Piccoli proiettili d'acido schizzarono dalle loro bocche contro gli altri due rimasti.

Avrebbero fatto scoprire loro la vera essenza dei sovrani.
La vera essenza degli Dei che erano un tempo.


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Capacità Straordinarie (8) {4 Agilità - 4 Forza}
Consumi: Basso 4% | Medio 8% | Alto 16% | Critico 32%

Energia: 76% - Medio 8% - Alto 16% = 52%
Stato Fisico: Illesi 16/16
Stato Psicologico: danni di entità Media da perdita dell'equilibrio 14/16

PASSIVE:
- Gli Striscianti sono in grado di utilizzare come arma qualsiasi strumento all'interno dell'ambientazione. [Duellante I livello]
- Gli Striscianti hanno la capacità di cambiare arma in modo istantaneo. [Duellante II livello]
- Ogniqualvolta gli Striscianti attaccheranno susciteranno nelle vittime un senso di soggezione e timore tanto da rendere loro difficili i contrattacchi. [Duellante III livello]
- Immunità alle influenze passive psioniche di terrore. [Mezzodemone]
- La melodia prodotta dallo sfregare dei loro corpi fungerà da ammaliamento psionico passivo tale da distrarre seppur in forma lieve gli avversari dal filo dei propri pensieri. [Abilità personale I]
- Le tecniche ad area che gli Striscianti lanceranno avranno potenza pari al consumo speso. [Abilità personale II]
- Gli striscianti sono in grado di cancellare le limitazioni fisiche che conseguono dalle ferite subite, grazie alla loro capacità di rigenerazione attraverso le squame. Il dolore sarà sempre presente e gli Striscianti moriranno comunque una volta accumulata una serie di danni pari a Mortale. [Pergamena del Mago "Sostentamento Arcano"]
- Gli striscianti saranno in grado di sparare l'acido secreto dalle loro mandibole ai nemici, quasi fossero piccoli spilli o proiettili. [Abilità personale III]
. Fintanto che gli striscianti saranno immersi nella sabbia, risulteranno invisibili [Abilità personale IV]


ATTIVE:

Corpo di sabbia:
La tecnica è una difesa assoluta di natura magica. Gli striscianti tramutano quasi istantaneamente il loro corpo in finissima sabbia. In questo stato, il corpo si sgretola ad ogni offensiva subita, riducendosi ad un cumulo di sabbia fine e ricomponendosi subito dopo, totalmente illeso.
Consumo di energia: Medio [Pergamena dello Sciamano "Corpo di Sabbia"]

Corrodersi:
La tecnica ha natura Magica. Gli striscianti emetteranno dalle loro bocche delle gigantesche lingue di veleno corrosivo dirette verso il loro avversario. Esse saranno in grado di corrodere qualsiasi cosa incontrino sul loro cammino. Andrà affrontata come una tecnica di potenza Alta che produce danni Medi per due turni di attivazione.
Consumo di energia: Alto [Abilità personale] Castata ad area su tutti gli avversari

RIASSUNTO E NOTE:
Il vento dirada la sabbia e gli Striscianti restano scoperti. Si difendono però da tutte le tecniche magiche e fisiche compresi gli attacchi fisici con la difesa assoluta "Corpo di Sabbia". Accusano Stormo Illusione, perdendo per un istante l'equilibrio e l'orientamento. Si riprendono castando "Corrodersi" ad area e cercano di mordere con i loro denti affilatissimi tre degli avversari, rispettivamente: Eloise, Loras e Maria - sono attacchi fisici generici (uno a testa) rivolti ad una parte del corpo a vostra scelta. Agli altri invece sparano piccoli proiettili di acido secreto dalle loro mandibole. Anche in questo caso dovete considerarlo come un attacco fisico generico rivolto ad una parte del corpo a vostra scelta.

Avete tempo fino a Giovedì 29 Maggio alle ore 21:00.
Buon lavoro!


 
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view post Posted on 29/5/2014, 11:24
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Esempio
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III.
MATKARA, EDHEL
AD EXTIRPANDA IV

Quando il vento si era portato via la sabbia, il suo sguardo li aveva scoperti rannicchiati su loro stessi nella grossa tana che si erano scavati. Avevano l’aspetto di un gigantesco millepiedi restituito alla luce da un utero abietto, avvinghiato in sé stesso, con la maledizione di una triplice coppia di occhi per deplorare tre volte la loro stessa condizione. Lomerin Volkoff si scoprì vuoto, privato per intero della sua pietà; le sue mani si muovevano nervosamente ai lati dell’addome, le dita contratte nell’insopportabile attesa di stringersi intorno a quei grossi, oblunghi colli striscianti. Il parto immondo di Velta si agitava convulsamente, colpito dalle insidie dei nemici, eppure lottava strenuamente per sopravvivere tanto più recava offesa alla natura, alla vita stessa. E tanto più gli suscitava un turgido orrore, che ritrovava maggiore ogni volta che lo credeva giunto al suo massimo. I suoi occhi blu lo scrutarono determinati, freddi di fronte ad una minaccia da eliminare senza misericordia. E allora il loro vagito lamentoso e bestiale risuonò nel cielo scuro e serpeggiò all’interno delle sue orecchie, urlandogli sfacciatamente il loro continuare ad esistere a discapito degli altri esseri terreni, il cui soffrire era il loro unico nutrimento. E all’improvviso il terribile messaggio che si erano levati a spedire si trasformò nel suo stesso contenuto: il suono bestiale che aveva soltanto ferito le sue orecchie si trasformò in un immondo getto di melma nera, piovendo su ogni cosa che li circondava. L’acido piovve su di lui e Lommie dovette ammettersi incapace di fuggire. Liquido nero divorò la sua pelle, penetrando implacabile ogni suo scudo, trasformandola in vapore e diffondendola nell’aria tesa e soffocante. Il vomitevole odore della carne bruciata gli scivolò nelle narici ancora prima che accusasse dolore. Ma dopo meno di un istante un urlo disumano si sprigionò dai suoi polmoni, spaventosamente distorto ad una mente annebbiata dalla sofferenza.

Si accasciò a terra tremando, dilaniato dal dolore nel corpo e nella mente. Mentre il suo sguardo vacillava inerte, il vapore che si levava ancora dalla sua stessa pelle, Lomerin udiva il serpente seminare crudele il terrore intorno a sé. Intanto il rumore delle sue urla ancora risuonava nei suoi timpani, simile al ruggito di una bestia sofferente, privata della sua coscienza dal dolore. Per quanto non riuscisse a crederlo, tuttavia, era stato lui.

D’un tratto qualcosa si sbloccò all’interno della sua mente. Il Volkoff riprese il potere sul suo sguardo, levandolo con difficoltà ad osservare il suo letale nemico. Le sue fauci erano ancora una volta spalancate su di lui, pronte a portargli via ancora la sua carne. Ma l’uomo aveva realizzato che per eliminare un nemico di quella mostruosità era necessario che si calasse anche lui nei panni del mostro, per accedere al mondo di Velta che fino ad allora gli era stato estraneo. Per eliminare quell’aborto serviva qualcuno che si calasse nel suo mondo, sacrificandosi a quello scopo. E lui era l’uomo giusto.
Quando i mortali getti di bava piovvero su di lui, gli ultimi residui del vento che Lomerin Volkoff aveva levato a sua protezione li lavarono via come banale, inoffensiva pioggia. E quando l’offensiva fu conclusa, un altro mostro fece la sua entrata nel campo di battaglia, andando a contestare al gigantesco rettile il ruolo di antagonista nel suo stesso incubo. Lommie era adesso un pelle-di-lupo.



Quasi per rispondere al terribile verso della bestia, il piccolo ma terrificante mostro espresse tutta la sua rabbia in un breve, intenso abbaiare. Dunque il verso minaccioso scemò lentamente in un sottile, perpetuo ringhiare. E quando sembrava che non sarebbe mai andato, il lupo scattò. Minuscolo ma fiero e bestiale, divorò a grosse falcate la distanza che lo separava dalla propria preda, lasciando l’ultimo barlume di umanità nel sito dove aveva preso vita: e infine la sua furia s’abbatté contro quell’inferno di scaglie verdastre e violacee, esattamente lì dove il suo immondo ventre si divideva in tre sentieri. I suoi neri artigli avrebbero staccato, scavato, dilaniato, cercato le viscere di quell’immonda creatura per spedirla per intero nel suo stomaco. Non sarebbe stato più capace di rispondere alla ragione, ma solo all’ultimo, focoso istinto che gli rimaneva: la furia.

~~



LOMERIN VOLKOFF
SPECCHIETTO



Energia: 30%
Consumi: Critico (40%)
Status fisico: Danno Alto (75%)
Status psicologico: Danni Medio+Alto+Critico (13%)

Capacità straordinarie: 3
- Maestria nell'uso delle armi: 1
- Intelligenza: 2
- Agilità: 1 (Forma demoniaca)
- Forza: 2 (Forma demoniaca)

Abilità passive rilevanti:
- Terrore passivo (abilità razziale)

Abilità attive utilizzate:
- "Scudo d'aria" (Pergamena omonima dello sciamano; consumo medio, durata due turni; difesa a 360° dagli attacchi fisici)
CITAZIONE
Lo sciamano genera delle sottili correnti aeree lungo i suoi arti superiori, simili a dei piccoli vortici d'aria che avvolgono braccia, gomiti, polsi, mani in un impetuoso abbraccio. Fino a quando quei violenti venti imperverseranno lungo le sue braccia, esse saranno per lui il migliore ed il più efficace degli scudi, in grado di deviare qualsiasi attacco ravvicinato o dalla distanza.

- "Carica violenta" (Pergamena omonima del cacciatore, consumo variabile->critico, potenza mortale, autodanno critico)
CITAZIONE
La furia violenta dell'ulfhedinn trova finalmente sfogo in una fittissima serie di colpi incontrollati, dominati dall'ira e liberati da ogni influsso del raziocinio. L'attacco sprigionerà una potenza inaudita, ma l'impeto sarà talmente forte da lasciare l'utilizzatore confuso, stordito per un certo lasso di tempo. Il prezzo che costa precipitare nel terribile abisso della collera senza quartiere.

Riassunto:
Lomerin subisce entrambe la prima offensiva dell'avversario, subendo un danno Medio. Nella pausa tra i due attacchi, Lomerin entra in forma demoniaca, trasformandosi in lupo mannaro. Alla seconda offensiva, di natura fisica, viene difeso dal permanere della tecnica del primo turno, "Scudo d'aria", che in quell'istante cessa di avere effetto. Dunque Lomerin si lancia all'attacco utilizzando Carica violenta a consumo Critico, cagionandosi un danno eguale ma lanciando un'offensiva di potenza mortale. Il suo attacco mira a colpire il punto dove le tre teste si attaccano al corpo.

Note: Uso un solo slot. La tecnica "Scudo d'aria" permane dal turno precedente.

 
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Alb†raum
view post Posted on 29/5/2014, 16:34







Maria




L'incantesimo dell'arciere che Edwin aveva chiamato Lomerin soffiò via la sabbia e il terriccio in un vento impetuoso, scavando la radura lì dove il serpente a tre teste si era sotterrato. Il cerbero squamato tornò visibile ai loro occhi e Maria si stupì di come apparisse fragile, seppure immenso, così raggomitolato. Era uno di quei vermi rosa che nei giorni di pioggia spuntano fuori dal fango per non soffocare e vengono poi schiacciati dagli stivali o dalle ruote dei carri, morendo in preda a spasmi sofferenti. Ma il verme, in quel caso, era grande come un edificio, dotato di fauci affilate come rasoi. E, soprattutto, era illeso.
Maria sollevò un pugno incidendo le unghie nel palmo fino a farlo sanguinare. Il corpo della bestia era diventato impalpabile sabbia e tutte le offese che gli erano state rivolte contro lo avevano attraversato senza scalfirlo minimamente, limitandosi ad allargare il cratere in cui prima si era nascosto. Con un movimento fluido, il serpente di Velta si alzò in un salto possente per andare a rintanarsi nuovamente. Attraversò la melma come se non fosse stata più densa dell'acqua e l'immensa mole scomparve nuovamente nel nulla.
Maria si scostò nervosamente la cuffietta fradicia sulla testa, poi, sentendola ancora scomoda, la afferrò. La pioggia aveva trasformato il tessuto bianco in un'inguardabile massa informe di pece. La scagliò ai propri piedi per poi calpestarla con uno stivale facendo gorgogliare la pozzanghera che si formò di grosse bolle simili a bubboni di peste nera. Velta aveva di certo avuto dell'ironia nel parare loro di fronte un essere di una tale mole che tuttavia amava tanto nascondersi, certo che ne aveva avuta. Niente separava loro dalla Torre a prima vista, nulla impediva loro di attraversare quei pochi metri di distanza dall'Abominio nero, eppure mettere piede sul terreno sotto cui dormiva il serpente sarebbe stato come decretare la propria morte. A quelle bocche affamate non sarebbe bastato che un piccolo balzo per emergere dal proprio nascondiglio e straziare il corpo di qualunque ingenuo avesse provato a compiere quell'impresa. Ma la Strega non era una stupida. Tese una mano di fronte a sé a indicare il punto dove si era nascosto il mostro. Si sbagliava di grosso se davvero credeva che non avrebbero fatto nulla. L'avrebbe tirato fuori di lì di nuovo, l'avrebbe cavato fuori dalla sua dannatissima tana con un tifone cento volte più forte di quello precedente, e allora avrebbe capito cosa...

Un odore strano le pizzicò le narici, l'afrore delle emozioni. Walpurgisnacht si mise a pulsare, deliziato. Nell'aria vi era l'aroma amaro del fastidio e del tormento, sostituito gradualmente da quello più aspro della rabbia. Proveniva dal sottosuolo e non c'erano dubbi su chi li stesse emettendo. Maria guardò ai propri piedi cercando di capire cosa avesse potuto provocare il serpente, ma in quell'istante la crosta della terra si gonfiò, insufflata dall'interno. La creatura sorse spezzando il tappeto erboso con furia inaudita, gorgogliando gutturalmente nelle lunghe gole serpentine. Fu un'esplosione feroce, grandiosa, con pezzi di fango e terriccio che ripiovvero travolgendo il piccolo gruppo. Maria si dovette parare gli occhi con una mano per non venire accecata dalla sabbia umida. Il mostro urlò, un verso spaventosamente umano nella sua bestialità. Le scaglie, prima verdastre, ora scintillavano dei colori dell'iride come un arcobaleno senza sole in mezzo a quella pioggia color dell'onice. I tre colli si ripiegarono a vomitare sul terreno una bile incolore che sfrigolò violenta a contatto con l'aria. Quando ricadde sull'erba, questa si rinsecchì e si sciolse nel giro di un attimo. In pochi istanti dello spiazzo attorno al mostro non rimase che una distesa deserta.
“Acido” sussultò la Strega. Non una boccetta di acido come quelle che si versavano negli occhi ai criminali da torturare, non i barili in cui si scioglievano i corpi da nascondere, bensì litri e litri di liquido corrosivo che venivano riversati in una cascata letale. Prima che potesse accorgersene, un'ondata di vetriolo la travolse, dandole appena il tempo di coprirsi il viso con le braccia ancora intorpidite dall'occhiata paralizzante di prima. Le vesti, seppur bagnate, sfrigolarono disfacendosi, riducendosi in scampi sottili, e fu solo con un gesto rapido che riuscì a evitare che anche la tasca in cui era nascosta la mela dorata venisse liquefatta. Ma il peggio fu la carne. Maria non riuscì a trattenere un urlo mentre l'acido le scavava la pelle delle mani e quella del ventre, dove l'abito si era liquefatto. Era un fuoco che la bruciava dall'interno, che le dissolveva le membra. Quando nella disperazione si portò le dita di fronte al viso, vide in alcuni punti biancheggiare le ossa in mezzo alle rosse e sanguinanti screpolature che attraversavano l'intero braccio. Se lo allontanò dallo sguardo trattenendo un conato di vomito, lasciando che la pioggia lenisse il tormento.
L'avrebbe pagata. L'avrebbe pagata cara quella bestia.
Una delle teste di serpente si gettò su di lei a fauci spalancate, i denti bianchi scintillanti anche nell'oscurità. Maria strinse le labbra e si portò una mano vicino al cuore, lì dove Walpurgisnacht emergeva sulla pelle in un mandala floreale. Le dita scarnificate le fecero male nel contrarsi, ma sarebbe stato proprio il dolore a guidarla. Avrebbe scatenato su quella creatura tutta la forza delle Ombre. Aveva allontanato le sue serve per quello. Non si sarebbe dovuta trattenere.
Ma, prima che potesse fare qualcosa, un paio di braccia la afferrarono strettamente per i fianchi, le mani serrate sulla vita della veste. La Strega si voltò, allarmata. Il volto di Jeanne era accanto al suo e la scrutava con aria grave.

«Si tenga a me.»

Sussurrò. Un paio di gigantesche ali da corvo le si aprirono sulla schiena. Con un balzo, la volpe si sollevò in volo un istante prima che le fauci della bestia si chiudessero su di loro. L'aria sferzò violenta sul volto della Strega, i capelli umidi le si scompigliarono al vento e in uno spasmo di paura serrò le braccia attorno al collo di Jeanne.
Gli occhi della serva rilucevano di viola, tormentati dall'anima senza pace da cui si era lasciata possedere per trasformarsi. Maria sapeva quanto odiasse farlo, quanto sgradevole fosse la sensazione di sentire qualcosa di estraneo esistere, vivere all'interno del proprio corpo e la difficoltà nel domare il disagio. L'aveva sentito, lo sentiva ora sulla propria pelle come un brivido che le correva lungo la schiena.

«Si sente bene, Milady?»

La volpe depositò la Strega una decina di metri più distante da dove l'aveva tratta in salvo facendo attenzione a non farla cadere. Guardò le ustioni dell'acido con sguardo preoccupato. Maria pensò che sarebbe dovuta essere lei a preoccuparsi. “Perché non ve ne siete andate? Perché non mi avete lasciato sola?” avrebbe voluto chiederle.

«Sì. Grazie, Jeanne.»

Mormorò invece, trattenendo il desiderio di cingerla e abbracciarla. Le era mancata. Anche quelle frasi di circostanza le erano mancate. Aveva creduto che il disgusto per l'uccisione di quel bambino le avesse portato via tutto di lei, dal suo rispetto alla sua amicizia. Avrebbe voluto parlarle ora, pronunciare frasi piene di commozione, forse anche piangere...
Non in quel momento. Non di fronte a Velta e al suo abominio.

«Dove si trova Hua?»

«Nel bosco, lontana. Le ho detto di andarsene se le cose si mettessero male.»

Maria annuì. Jeanne portò le mani sulle katane gemelle. Pareva determinata a non voler lasciare la battaglia.

«Colpisci agli occhi.»

Si limitò a dirle la Strega. Non c'era bisogno di altri accordi, di altre frasi. La volpe annuì e spiccò di nuovo il volo, questa volta verso la creatura. Fu come un lampo nero in aria. Maria la fissò compiaciuta mentre mulinava le spade alla ricerca dei bulbi oculari del mostro in due, tre affondi mirati alla testa centrale.
La bocca dello stomaco le si strinse all'improvviso in una dolorosa convulsione. Maria si piegò in due con il fiato che le mancava dai polmoni, annaspando alla ricerca d'aria. Cosa... cosa le stava succedendo? Veleno, era possibile che l'acido fosse anche avvelenato? La radura si scurì come se le nubi si fossero ispessite, mutando in un colorito violaceo. Le pareva di vedere attraverso due spesse lenti colorate che lasciavano a malapena filtrare la luce. Ma non era solo quello. Ogni singola persona nella radura le appariva come una macchia rossa, una silhouette indistinta, e gli odori che emettevano, l'aroma della paura, della concitazione, del dolore, le riempivano le narici di una sensazione dolce come il miele.
“Walpurgisnacht” si rese conto. Il sangue delle ombre dentro di lei ribolliva, affamato, trasmettendole lo stesso immondo appetito. Maria puntellò il parasole nel fango per rimanere in piedi sulle gambe tremanti. Era la stessa fame che aveva avuto prima di divorare il bambino, la stessa sensazione di vuoto interiore che le divorava le viscere. Si portò orripilata una mano alla bocca invocando conati di vomito, disgusto o anche solo rimorso. La fame soverchiava ogni cosa.
No lei... lei era più forte. Era la Strega dei confini, possedeva la mela d'oro, controllava il potere delle Ombre... o era quel potere a controllare lei? Il mandala nero disegnato sul petto pulsava di vita propria, a volte pareva sussurrare pensieri estranei, e assieme a lui vi era l'Oscurità che le era entrata dentro a seguito dell'addestramento con i Danzatori. Aveva creduto di aver vinto, di aver acquisito un potere in grado di controllare città intere e di domare le Ombre. Erano state invece queste ultime a vincerla.

“Abbiamo tanta fame e poco di cui nutrirci.”

Aveva ghignato l'abominio nei sotterranei di Milorca. Solo ora la Strega comprendeva cosa intendesse. Le Ombre erano fame, fame nera condensata in creature grottesche. Lei ne aveva preso il potere ma anche l'essenza. Ora era come loro.
Fame.

“No, no...”. Rakshin... erano queste le paure che aveva rivelato a Jeanne? “A malapena umani” erano state, secondo la volpe, le parole con cui si era riferito ai Danzatori, e quell'appetito era esattamente quello: mostruoso, disumano.
Con uno spasmo, tese le braccia scarnificate dall'acido di fronte a sé lasciando cadere a terra il parasole. Un ginocchio le cadde all'istante nel fango schizzando melma nera ovunque. Quello destro resistette nonostante le facesse quasi male.
Un cerchio nero come la pece circondò il serpente a tre teste.

“Io giungerò a Velta.”






Maria Violetta Mircalla Himmelherrin von Bucuresti

Priscillaspecchietto

4 - Astuzia ; 1 - Velocità





Risorse

Energia
70% - 40% - 10% = 20%
Status psicologico

Alto da torpore; Medio da confusione

Status fisico

Medio da ustioni da acido alle braccia, medio da emorragia interna

Fame
Insostenibile

rchBJ

Equipaggiamento

Parasole (Fucile, arma contundente e da affondo; mano destra) [5/5]
Eros e Thanatos (Katane; impugnate da Jeanne)
Comete (x20) (Kunai; possedute da Hua)
Miscela logorante (x1)
Erba ricostituente (x1)



rchBJ
Passive

An eternal being can hear voices the mortals will never know ~ Pass through the centuries
Immortalità, Auspex passivo, Immunità psionica passiva

Summon of an unspeakable secret ~ Possession
Evocazioni istantanee, Condivisione dei sensi con le evocazioni, +1 CS alla forza delle evocazioni

Communion between demons and mankind ~ Spiritual bond
I compagni animali possono partecipare ai combattimenti e usare tecniche attingendo dalla riserva energetica del padrone

I Lussuria
Chi guarderà in viso Maria verrà attratto dalla sua bellezza

III Focolare
Maria rievocherà nelle persone che le stanno attorno il ricordo materno

Dono dell'Oscurità
Capacità di parlare con le ombre; 1 CS in Velocità


Walpurgisnacht ~ Newyn
Auspex olfattivo in grado di distinguere gli stati d'animo;
fame crescente allo scendere delle energie a partire dal 70%;
Walpurgisnacht cessa di funzionare una volta raggiunte 3 stack di fame o mantenute 2 stack per 2 turni


Attive

Summon of an unspeakable secret ~ Possession
[Abilità di talento bianca, verde e blu][Evocazione media, alta e critica; durata due turni][2/4/8 CS alla resistenza/forza fisica/velocità]
[Passive: evocazioni istantanee, condivisione dei sensi con le evocazioni, +1 CS alla forza alle evocazioni]


Un uomo o un animale, morendo, lasciano dietro di loro un corpo carico di esperienze di vita, emozioni, ricordi. Se queste sono estremamente intense, prendono consistenza in un essere immateriale, una creatura intrappolata fra la vita e la morte. Questo spettro tormentato può trovare sollievo solo riacquistando un corpo materiale e trasferendo il proprio dolore alla vittima, ma non solo: il fantasma condivide con il posseduto anche la propria forza e il proprio potere. Lo spettro acquisterà sembianze tipiche dei rapaci come artigli affilati, becco e ali dalle piume di pece, mantenendo però una forma umanoide. Questi uccelli, simbolo della morte, rappresentano il tormento della sospensione fra l'esistenza e la non esistenza. La gente di oriente chiamerebbe questi incubi che camminano "tengu".
Con un consumo medio, Maria potrà evocare da uno squarcio uno spirito minore, spesso di un animale o un demone minore, dotato di 2 CS in resistenza. Con un consumo alto, lo spirito sarà di un guerriero, e possiederà 4 CS in forza fisica. Con un consumo Critico, l'essere evocato sarà uno spettro di qualche individuo formidabile o yokai superiore, e avrà 8 CS alla velocità. Questi spettri assumeranno la forma sopra descritta per combattere. In alternativa, Maria li evocherà direttamente all'interno del corpo di uno dei suoi shikigami, possedendoli momentaneamente con l'anima dello spirito. In questo stato, il servitore acquisterà le ali nere del tengu, le sue armi e le sue capacità, entrando in uno stato di furore e concentrazione profonda in cui la loro personalità risulterà distorta da quella dello spettro, e tuttavia ancora fedele a Maria.

[Usata a critico (8 CS alla velocità e 1 alla Forza per la passiva)]

From him who has not, even what he has will be taken away ~ Parable
[Abilità personale Alta (5/10)][Consumo medio + Danno medio fisico autoinflitto; tecnica psionica][Dissipa il 20% delle energie nemiche]


A chi è importante, potente o ricco nulla è negato. A chi è povero è invece facile che anche quel poco che possiede gli venga portato via perché incapace di difenderlo. Pochi potenti, miliardi di deboli. Eppure di fronte a Maria ognuno è solo una creatura cieca e incapace di vedere la vera portata del mondo oltre il Velo di Maya. Il loro spirito è debole, e alla Strega non è necessario che un consumo Medio per piegare il limite fra esistenza e inesistenza e dissipare parte della loro energia interiore, vanificandola. Il nemico verrà circondato da un evanescente cerchio viola e il 20% della sua energia verrà assorbita sotto forma di vampate di nebbia nera. Tuttavia, violare il confine fra ciò che esiste e ciò che non esiste è una pratica pericolosa: la stessa Maria perderà parte della propria coesione nel mondo, subendo un danno Medio all'organismo. Questo è il prezzo da pagare per violare i confini.

rchBJ

Note



Il turno precedente avevo segnato un medio in più da danno da confusione. Ho corretto un questo post.

Maria subisce il medio da acido (i compagni animali sono troppo lontani per subirlo). L'attacco fisico viene invece parato da Jeanne che, utilizzata la critica di evocazione su sé stessa per trasformarsi, acquisisce 8 CS in velocità e 1 in forza che le permettono di portare in salvo la padrona. Subito dopo si scaglia all'attacco mirando agli occhi del serpente con le sue katane in tre affondi (l'evocazione le conferisce la capacità di volare).
Maria utilizza la tecnica di dispersione energetica per tentare di togliere il 20% delle energie al serpente.

Gli attacchi sono distanziati da quelli di Oblivion di circa una decina di secondi.


Enjoy it :8):


 
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18 replies since 7/5/2014, 23:53   703 views
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