Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Saltanatın ordusu - arruolamento

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view post Posted on 27/8/2014, 22:15

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Saltanatın ordusu - arruolamento

La stanza era immersa nella penombra, irradiata solamente da flebili e tremolanti luci di candela; esse ondeggiavano nel buio, illuminando parzialmente i volti dei nani seduti intorno a un tavolo di pietra. Calici d’oro, ripieni di una bevanda alcolica molto forte e dal color ambrato, occupavano gran parte del tavolo. Lo schiamazzo dei nani, la baraonda che essi generavano, era tale che nessuno di essi, in fondo, riusciva a capire cioè che l’altro cercava di dire. Era solo un susseguirsi di voci su voci, un accatastarsi di urla su altre urla: si accusavano, minacciavano di uscir dalla sala, chiedevano il rispetto, forse il comando di un’operazione, esponevano idee su idee perché, per ognuno di loro, quel lavoro era di massima importanza, quasi fosse un affare personale.

« Ascoltate, compagni, ascoltate per un secondo – a prendere la parola fu un nano dai lineamenti spigolosi, dalla pelle bronzea e dagli occhi neri intarsiati da venature rossicce, immediatamente tutti tacerono – Con il permesso del comandante che presiede questo consiglio, vorrei candidare me, e il mio corpo armato, per dirigere le operazioni di questa missione. Ritengo, e ci sono buone ragioni che sussistono questo, che la fanteria sia il corpo armato migliore per addentrarsi nelle nostre vecchie rovine. »

Il nano prese per un attimo fiato, qualcuno borbottò, altri sbuffarono, ma nessuno osò apertamente muovere obiezioni, semplicemente restarono tutti in silenzio. Ma esso, nella lingua nanica, continuò senza dare conto agli altri.

« Siamo di gran lunga i più veloci e agili, viaggiamo abbastanza leggeri e le nostre armi non ci saranno d’impedimento negli angusti spazi generati dalle rovine. Inoltre, ho motivo di credere che, tra tutti, io sia quello che darebbe persino la vita per questa missione, non tornerò a casa senza niente tra le mani. »

Negli occhi del nano lampeggiò un sentimento profondo, un’emozione ricolma di tanto ardore che poteva infiammare persino gli sguardi di chi osava incrociarla. Non era semplice rabbia o vendetta, non era l’odio più grande e soffocante. In quegli occhi, ciò che ardeva come fiamme di un grandioso incendio, v’era la speranza, semplice, pura e imponente speranza.

« Non vorrei che il tuo cuore ti conducesse alla morte, Tulunay. » Umur, il presidente di quel consiglio, guardò il nano con sguardo quasi paterno. « Ma oltre queste mie preoccupazioni, i nostri superiori non accetteranno mai ciò che noi vogliamo fare, non ora per lo meno. La nostra operazione non dovrà aver nulla di ufficiale, dunque non potrai portare con te la tua intera armata, ma soltanto la tua scorta personale. Ufficialmente verrete mandati lì per una missione di ricognizione. »

Lo sguardo del nano si fece più intenso, i suoi grandi occhi verdi si oscurarono nell’ombra della stanza.

« Sarà solo un caso Tulunay, un fottuto caso. »

____________ ________________ _______________

« Benvenuti fratelli, benvenuti quest’oggi. »

Tulunay era al centro del campo d’addestramento, la sua voce rimbombò tra i volontari e le reclute che, quel giorno, si sarebbero messi alla prova per partire il giorno dopo alla volta delle rovine di Kötülük, un’antica cittadina nanica di cui non era rimasto che un involucro di pietre e rocce decadenti. Tulunay apparve sereno e deciso, fiero. Nonostante la sua bassa altezza, spiccava sugli altri quasi sovrastandoli. La barba rossa cadeva in due trecce ben distinte avvolte in un bracciale d’oro, i capelli rossi e lunghi erano legati in una coda. Intorno a lui, c’erano una cinquantina di nuove reclute, per la maggior parte nani, alcuni di altre razze. A lui, come sempre, non interessava quale essere gli si parasse davanti, l’importante e che fossero lì per dare un contributo importante, per essere qualcosa di più di ciò che erano. Magari eroi, o semplicemente persone utili alla causa.

« Guardatevi negli occhi, perché oggi dieci di voi saranno selezionati per far parte della mia scorta personale in una missione di ricognizione. Solo i migliori verranno scelti, gli altri continueranno ad addestrarsi qui, per essere pronti per altre missioni. »

Tulunay guardò uno per uno le reclute, a quel punto estrasse la scimitarra di legno. Orsha, il nano assistente, portò le spade da allenamento a tutti quanti.

« Ci alleneremo con queste per il momento, date il meglio che avete, mi raccomando. »



CITAZIONE
Note: Benvenuti in questa quest, non sarà nulla di trascendentale o complicato, l'obiettivo sarà guidarvi in alcune cose basilari. In questo post, tuttavia, non dovrete far altro che trovare una giustificazione per entrare nell'esercito. Quindi potete entrare per mero interesse, oppure perché siete venuti a conoscenza di questa missione tramite volantini sparsi per la città, o ancora perché volete far parte dell'esercito o già ne fate parte e quindi la fanteria e il reparto di Tulunay vi attirano. Insomma sbizzarritevi ma siate coerenti con la trama.
Ciò che sapete: sapete che, ufficialmente, la missione sarà soltanto un viaggio d'esplorazione delle rovine di Kötülük, niente di più, niente di meno.
Per la parte delle descrizione potete dare un'occhiata ai miei post di questo arrivo non finito, anyway in quell'arrivo viene presentata in gran parte la caserma, la città e Tulunay. Per il resto buon divertimento, avete 5 giorni di tempo da ora. Per domande confronto.
 
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Ashel
view post Posted on 1/9/2014, 07:57






Yafet era rimasto in silenzio dopo aver ascoltato a lungo la sua giovane allieva.
Conosceva Tulunay e aveva sentito di quella certa missione che gli era stata affidata; in fondo era pur sempre un sottoufficiale in carriera e aveva le sue fonti nel Consiglio.
Quella poteva essere l’occasione buona per lui per togliersi d’impiccio; da giorni ormai meditava sul da farsi ed era giunto alla conclusione che non avrebbe più potuto continuare l’addestramento di Arsona come il padre gli aveva chiesto.
All’inizio si era trattato di onorare l’amicizia con Jahangir, suo compagno in numerose battaglie, ma gradualmente la situazione si era complicata in un modo a cui egli non riusciva a porre rimedio.
In più di un’occasione si era scoperto a fissarla con insistenza ma non per osservare i movimenti della sua spada; non si intratteneva con lei dopo gli allenamenti con la severità di un maestro o con la bonaria superiorità di un commilitone più anziano: c’era dell’altro e lui l’aveva capito.
Dal canto suo Arsona sembrava fare finta di niente, eppure anche lei dimostrava di desiderare la sua presenza più di ogni altra cosa.
No, Yafet aveva deciso: quella situazione doveva finire. Per rispetto a Jahangir, a cui non intendeva recare alcuna offesa, e al suo rango militare. Quale serietà poteva avere un sottoufficiale che finiva per intrattenere relazioni ambigue con una recluta più giovane di lui, una nana appena entrata nella maggiore età?
Che cosa avrebbero pensato di lui?
Il bando di Tulunay era capitato davvero a fagiolo e quando Arsona gliene aveva parlato aveva manifestato un immediato entusiasmo.
Lei non aveva mai desiderato entrare nella guardia cittadina e i reparti di cavalleria non si confacevano alla bassa statura dei nani, benché ve ne fossero alcuni che avevano superato l’addestramento. Fin da quando era entrata nell’esercito aveva dimostrato di non essere affatto interessata alla carriera militare, agli arrivismi e alla sete di potere degli ufficiali che frequentavano la corte e gli ambienti della politica.
Sua zia Armida, incapace di darla in sposa a qualche rampollo di buona famiglia, aveva sperato che si gettasse nella mischia assieme a tutti gli arrampicatori sociali in cerca di una certa influenza, ma invano.
Arsona aveva deciso quasi subito a cosa dedicarsi. Ne aveva avuto la certezza dopo aver parlato con alcuni esploratori appena tornati da un’indagine ai confini con i territori dell’Akeran. Aveva ascoltato con occhi sgranati i loro racconti sulle popolazioni nomadiche che vivevano ai margini del deserto, clan di Pelleverde e gruppi di allevatori umani sempre in viaggio, mai fermi nello stesso posto per più di una luna.
Il Sultanato inviava i suoi scout in tutti i territori conosciuti, a volte in quelli sconosciuti, affinché studiassero gli usi e costumi dei popoli che avrebbero dovuto convivere pacificamente sotto l’egida di Jahrir. Tracciavano mappe, indagavano talvolta su incidenti e situazioni di pericolo.
Viaggiavano in ogni angolo di Theras.
Arsona non voleva rimanere ad imbruttirsi nella capitale come tutti gli altri arrivisti dell’esercito e della corte. Non voleva finire sposata a un ufficiale per motivi politici, né desiderava pattugliare le strade e i vicoli della città per il resto dei suoi giorni, non potendo trovare sbocchi migliori per la sua carriera.
Oramai aveva deciso e Yafet, dopo aver fatto le sue considerazioni, l’aveva sostenuta nei suoi desideri. Del resto nutriva sinceramente la convinzione che quella potesse essere la strada giusta per lei e la missione di indagine di Tulunay, che con il suo reparto svolgeva spesso compiti di questo genere, calzava a pennello per quella sua particolare ambizione.
La giovane nana, una volta raggiunto il campo di addestramento, era rimasta in silenzio ad ascoltare l’ufficiale che rivolgeva loro tiepide parole di benvenuto. L’aura di assoluta marzialità delle circostanze le fece assumere un’espressione grave, ma non le risultava invisa: al contrario, fin da quando era entrata nell’esercito era come se in fondo si fosse sentita davvero a casa per la prima volta.
La severità del corpo militare, la sua ferrea disciplina e il senso dell’onore che gerarchi come Tulunay trasmettevano ai giovani erano gli aspetti che più l’affascinavano della vita che aveva scelto.

- Guardatevi negli occhi, perché oggi dieci di voi saranno selezionati per far parte della mia scorta personale in una missione di ricognizione. Solo i migliori verranno scelti, gli altri continueranno ad addestrarsi qui, per essere pronti per altre missioni.
Ci alleneremo con queste per il momento, date il meglio che avete, mi raccomando.


Alcuni assistenti portarono loro delle spade: non erano le armi preferite di Arsona, ma Yafet non le aveva risparmiato lunghe sessioni di addestramento con le sciabole e i gladi d’ordinanza.
Si guardò attorno: erano in tanti, ma pochi sarebbero stati scelti per la missione. Lei desiderava ardentemente farne parte e perciò avrebbe dato il meglio.
Voleva mettersi in mostra, ma non per apparire pedante: voleva solo che scegliessero lei.
Voleva che gli altri vedessero il suo impegno, che riconoscessero le sue capacità e che scorgessero in lei qualcosa di più di una delle tante reclute appena entrate nei ranghi dell’esercito.
E desiderava che tutto ciò accadesse senza che il nome di suo padre gravasse su di lei in qualche modo.
“Shah”, lo chiamavano, con quel titolo onorifico che Jahrir gli aveva concesso al termine della Riunificazione per onorarlo dei suoi sacrifici.
Grande in battaglia.
Forse avevano creduto di ripagarlo così del figlio che aveva lasciato sul campo al termine dell’assedio della capitale.
La nana non voleva che sapessero che era la secondogenita di Jahangir: non pronunciò mai una volta il nome della sua famiglia e a tutti quelli che gliel’avevano chiesto lei aveva detto solo di chiamarsi Arsona.
Chissà che riuscisse ad ottenere qualcosa di più di quello che le aveva da sempre riservato suo padre - ultimamente, nient’altro che una fredda indifferenza.


 
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view post Posted on 1/9/2014, 20:50


Praise the Sun


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Seregon
In fondo a quel lungo corridoio splendeva la luce dell'esterno, diamine, quanto tempo era stato lì dentro per venir accecato in quel modo dal sole?
Passo dopo passo la strada si accorciava e l'esultare della folla diveniva sempre più forte, era di nuovo lì alla fine... il colosseo delle bestie... .
Le urla violente di quegli animali drogati con chissà cosa per costringerle a combattere tra di loro infuriavano al centro dell'arena solo per lo svago di tutti gli uomini ricchi e potenti ammassati sugli spalti.
Le normali lotte tra bestie non sono molto entusiasmanti quindi perché non aggiungere un pizzico di magia?
Era così che era nato quel posto, prima di ogni combattimento incantesimi tanto potenti quanto dannosi venivano effettuati ad ogni animale prima del combattimento e quello che si poteva vedere adesso ne era il risultato, un gigantesco coccodrillo che superava senza ombra di dubbio le dieci tonnellate di peso contro un gorilla altrettanto grande ma con un paio di arti in più, agghiacciante cosa potessero fare quel misto di razze umane e non pur di ottenere qualche soldo in più... .
L'imponente rettile saltò spalancando le fauci in direzioni del primate, voleva ingoiarlo in un sol boccone, ma questa con sufficiente rapidità balzò in alto ricadendole sulla schiena per azzannarla, al che il coccodrillo iniziò a roteare su se stesso freneticamente fino a farlo staccare ed infierendo con un colpo della coda ricoperta non solo dalla dura pelle squamata ma anche da piccole sporgenze ossee affilate e spedendolo dritto contro il muro, la scimmia sputò sangue ed iniziò a barcollare, fu quello il momento in cui fu afferrato e stritolato tra i denti aguzzi di quello che era in tutto e per tutto un dinosauro.
Sbattuto a destra e sinistra lo scimmione con quattro braccia raccolse le sue ultime forze caricando un possente colpo direttamente sul cranio del rettile e mirato esattamente dove si trovava il cervello, anche con uno molto piccolo come quello del rettile la violenza dell'impatto provocò una commozione celebrale ed un KO, assieme al suo trionfate gesto di battere i pugni contro il petto la folla esplose in un boato

"Come previsto lo scimmione ha vinto!"

Alcune commenti delle persone gli giunsero all'orecchio

*C'è una differenza d'intelligenza, e comunque quel coccodrillo era più forte*

Passando tra gli spalti la sensazione di aver già visto quelle persone sarebbe stata comune a chiunque, questo perché tutto il pubblico era costituito da governatori della varie città, facoltosi e personaggi di spicco, ormai era riconosciuto come il luogo per rilassarsi dei ricchi, come se non bastasse si poteva anche scommettere, doveva scorrere grandi quantità di denaro in quel posto.

"IL CANCELLO SI STA APRENDO!!
STANNO ENTRANDO LE BESTIE!!"


Ed ecco che ne iniziava subito un altro

"DAL PRIMO CANCELLO CON FOGA E'... UN ELEFANTE?!? NO, NON E' UN ELEFANTE, DAL CONTINENTE DEL NORD IL PIU' SCATENATO !!!
L'ELEFANTOSAURO!!!"


Non solo potenziavano in maniera innaturale gli animali ma li fondevano anche tra loro per ottenerne di nuovi al solo scopo di farli combattere fino alla morte, orribile... .

"DAL SECONDO CANCELLO IL DIAVOLO ANFIBIO!!!"

Uno dopo l'altro il cigolare metallico di quei portoni...

"E' USCITO E FA LA SUA COMPARSA IL RE! DAL TERZO CANCELLO IL RE SCIMMIA!"

Segnava l'entrata in campo di qualcosa...

"APPARE DAL QUARTO CANCELLO CON UN GRIDO, IL DIO DELLA MORTE DEL CIELO! IL MISTERIOSO UCCELLO GEROLD!!!"

O qualcuno...

"APPARE DAL QUARTO CANCELLO CON UN GRIDO, IL DIO DELLA MORTE DEL CIELO! IL MISTERIOSO UCCELLO GEROLD!!!"

Respirò profondamente ed iniziò ad avanzare i primi passi

"VI ABBIAMO FATTO ASPETTARE! IL QUINTO CANCELLO E' APERTO!"

La luce si faceva sempre più intensa e la voce dell'annunciatore gridò ancora una volta

"FINALMENTE! IL COLOSSEO DELLE BESTIE E' FIERO DI PRESENTARVI DOPO MOLTO TEMPO!"

Un piede oltre la soglia e...

"DIRETTAMENTE DALLE TERRE PIÙ' INOSPITALI, L'UMANO PIÙ' FORTE! VI PRESENTO SEREGON LA BESTIA!"

Al suo ingresso un ulteriore incitamento della folla partì da ogni direzione ma gli altri animali erano sconvolti al solo percepire la sua presenza, non vi era partita.
Ai lati interni dell'arena fori prima serrati furono aperti di colpo ed una strana nube rossastra iniziò ad invadere il terreno avvolgendo ogni cosa eccetto lui

"Q-questo è..."

Non vi erano dubbi, quell'odore apparteneva ad un fiore che istiga alla violenza chiunque ne respiri la fragranza al punto da rendere il soggetto temporaneamente più forte, l'estratto di questo fiore era indispensabile per il colosseo e l'effetto fu quasi immediato.
Le quattro fiere azzannarono insieme il suo corpo cercando di affondare direttamente alla carne, in quel momento metà del suo corpo sembrava esser stata mangiata

"E' passato un sacco di tempo dall'ultima volta che sono stato qui..."

Mollando la presa su di lui le quattro indietreggiarono doloranti, mostrando come Seregon non avesse la benché minima ferita sulla sua pelle se non per piccoli graffi

*Dietro di me!*

Alzando le braccia in un incrocio si parò da un colpo diretto del re scimmia

"Sei una seccatura, scimmia!"

Un pugno diretto al diaframma e come un sacco di patate cadde a terra con gli occhi ancora sbarrati come se dovessero venirgli fuori dalle orbite, ma non vi era tempo per pensare, l'elefantosauro stava già caricando contro usando le sue pericolose zanne d'avorio, le stesse che da arma divennero scudo, difatti avendo il tempo per prepararsi poté non solo impedire che lo trafiggesse ma anche afferrarla e lanciarlo dall'altra parte contro i restanti due, o forse no? La traiettoria era troppo... alta?

"Scusate, ma sembra che dovrete chiudere il colosseo per un po'!"

"FERMATI SEREGON!"

Prima che la bestia lanciata per aria potesse ricadere Seregon portò indietro il suo braccio iniziando a caricare il colpo

"EHI!!"

L'attacco ben mirato prese il bersaglio spingendolo proprio sugli spalti

"LE BESTIE FEROCI STANNO USCENDO! SCAPPATE!"

Il terrore fulminò nella folla talmente velocemente da non lasciar spazio ad alcune azione ragionata, corsa e urla furono istantanei

"WAHAHAHA!
SCAPPATE! SCAPPATE!"


Nel loro paese potevano anche possedere molte armi e grandi eserciti, ma lì erano completamente indifesi, che cosa deplorevole.
Mentre il colosseo si svuotava i restanti duo ospiti ancora sotto l'effetto di quella droga ruggirono con forza contro Seregon

"Ehi ehi, siete ancora qui?"

"SIETE FASTIDIOSE BESTIACCE!"

L'invio fugace ma violento e doloroso come un marchio a fuoco vivo sulla propria carne del suo intento omicida concretizzato in un nefasto abominio dalle tetre zanne in cerca di sangue a disperazione verso di loro fu' più che sufficiente a farle tornare dentro i cancelli da cui erano usciti e non fare più ritorno.


"Quel Seregon è stato capace di lanciare via quel coso grosso quanto un elefante anche se non lo credevo possibile, dall'ultima volta, si è certamente potenziato quel ragazzo... "


Guardandosi attorno l'unico rimasto in quel posto passeggiava come se nulla fosse, o comunque come se niente lì presente potesse recargli danno

"Fiuuuu... tuttavia... ."


Il danno causato anche all'esterno non era certamente trascurabile ed un'espressione di sconfitta si dipinse sul suo volto e mandò giù un sorso dell'alcool che si stava portando dietro

"Abbiamo subito gravissimi danni fatti da quella seccatura di ragazzo... se non si da' una calmata sarà problematico ogni volta che viene qui..."


Tra i polveroni e piccoli fumi sparsi un po' ovunque i due si avvicinarono

"Bentornato... giusto?"


"Già ubriaco eh? Direttore ubriacone."

"Oh beh, mi sembri un po' stanco adesso per parlare, pranziamo?"

Alla fine il pranzo non era altro che una scusa per spedirlo in un certo posticino dove sperava di fargli calmare i bollenti spiriti.
All'interno della sua zona privata fila di camerieri andavano e venivano con centinaia di portate diverse appoggiando tutto su un tavolo che avrebbe potuto dar posto a sedere per almeno cento persone, ma loro erano solo due.

"Ti ho fatto preparare della cucina straordinaria! Potrai magiare fino a scoppiare!"


E così dicendo mandò giù l'ennesimo sorso di liquore

"Già che ci siamo direttore, a proposito di quel lavoretto che dovevo fare..."

Troppo ubriaco per elaborare in tempo reale quanto aveva ascoltato rimase qualche secondo con un'espressione ebete in volto prima di rispondere

"M...... lavoretto?"

Poi la realizzazione

"Ah sì, l'esercito dei nani aveva bisogno di reclute e gli ho detto che ci andrai tu"

"..."

Dopo quello che aveva combinato per il puro gusto di divertirsi non poteva rifiutarsi, e come se non bastasse si trattava dei nani verso i quali si era ripromesso di fare qualcosa per sdebitarsi si quello successo durante il grande assedio, e poi tentare non poteva fargli male, no?

"Cazz è tardi!"

Ecco come aveva intenzione di sdebitarsi, arrivando in pieno ritardo già il primo giorno.
Il giorno prima era rimasto fino a tardi a riempirsi lo stomaco e bere le più improbabili bevande alcoliche senza sosta e quello era il risultato, un Seregon ancor non del tutto sobrio

*Così non va bene, se mi vengono i postumi da sbornia mentre sono lì non sarà affatto piacevole*

E quale fu il primo pensiero all'interno della sua testa quando pensò a come risolvere il post ubriacatura?
Semplice, restando ubriachi!
Infilò la testa nella prima botte inzuppandosi perfino i capelli e bevendone più che poteva di quella cosa qualunque cosa fosse e si mise in marcia, o meglio, in corsa sbandata per la sua meta.

« Ci alleneremo con queste per il momento, date il meglio che avete, mi raccomando. »

"Momento momento, ci sono anch'io!"

Così disse arrivando da dove erano giunti gli altri ma con un ritardo ben maggiore ed ancora un forte odore di alcool addosso e prendendo da un'altra persona che l'aveva già ricevuta una... una... pur continuando a rigirarsela tra le mani non capiva bene cose fosse, e anche se la forma ricordava una spada il vederla fatta di legno faceva pendere il suo giudizio più per uno stuzzicadenti fuori misura o una sorta di gratta-schiena.

"Mmm..."

Iniziò a giocarci come fosse un bastoncino facendo prove su quanto fosse resistente fino a che

"Ops..."

Un rumore secco confermò che l'aveva appena rotta in due pezzi diseguali in dimensioni

"Ehi, si può avere un'altra di questa? La mia era difettosa."

Disse sventolando ciò che rimaneva della sciabola in legno.

Seregon

kugipunch

[CS: 2+4 Forza.]


Narrato Parlato Pensato



Ferite Accumulate:
Nessuna.

Status Psicologico:
Nella norma, ma brillo.

Energia Residua:
100%-10%=90%

Armi:

-Pelle coriacea: Resistente e al tempo stesso leggerissima, la sua epidermide risulta essere di consistenza pari se non superiore al cuoio rinforzato.
In termini di combattimento, la difesa del giocatore sarà pari a quella di una persona che indossa una comune armatura.

-Nocche ferree: Se un normale pugno dato da qualcuno come lui fa male già di per se, che effetti potrebbe mai avere se la normale "morbida" consistenza organica venisse a mancare perché sostituita da una più metallica? Beh, si spera di non scoprirlo mai a proprie spese.
A livello pratico i colpi sferrati equivalgono agli stessi che si darebbero con un tirapugni metallico.

-Breath bazooka: Se necessario, al pari di un'arma da fuoco di grosso calibro, Seregon sarà in grado di espellere dalla propria bocca un singolo colpo d'aria pressurizzata di ragguardevole potenza.
All'interno di un combattimento è possibile usarlo una sola volta.


Abilità Passive:

Sangue di Pietra
Di tutte le razze, gli umani maledetti sono senz'altro quelli più denigrati, allontanati e scacciati di tutti. Proprio per questo, quindi, hanno dovuto imparare a cavarsela da soli e non farsi mettere i piedi in testa da nessuno. A forza di crescere in questo modo, gli umani maledetti si sono abituati a gente che tenta di intimorirli, minacciarli o irretirli e hanno sviluppato quella che potrebbe definirsi una particolare "Abilità razziale". Sono infatti parzialmente immuni alle influenze psicologiche. Non a tutte, si intende, altrimenti risulterebbero atoni e privi d'emozioni, ma senz'altro, a differenza di tutte le altre razze, si lasciano intimorire meno facilmente e persuadere con notevole difficoltà.
Quest'abilità è una normale difesa psionica di livello passivo.

Cadi e Risorgi
Anche quando i colpi subiti si sono cumulati gli uni agli altri, persino con ossa spezzate e muscoli contusi, il corpo ancora in piedi per la battaglia.
In grado di camminare nonostante una gamba spezzata, di impugnare le armi quando le braccia appaiono inservibili, di muoversi con discreta disinvoltura col corpo leso e ammaccato.
Di non cadere a terra se non col cuore trafitto o la testa tagliata.
Quello visto prima come un dono si scopre poi come l'ennesima spada di Damocle pendente sul suo collo.
In termini di combattimento, il personaggio sarà in grado di proseguire nella battaglia anche dopo aver subito ingenti danni, perfino la mutilazione di un arto non sarebbe sufficiente a impedirgli di sferrare un altro attacco.
Quindi le ferite per quanto gravi, non gli impediranno di proseguire la battaglia al pieno delle proprie forze.

Omnifagia
Il personaggio potrà ingoiare e divorare qualunque cosa, nutrendosi di essa e non subendone comunque alcun danno. Ciò consentirà al personaggio di mangiare anche cibo marcio o avariato, senza venirne danneggiato o influenzato in qualunque modo. Allo stesso modo, il metabolismo particolare gli consentirà di non subire alcun danno da qualunque veleno non tecnica, potendo comunque soffrirne eventuali effetti collaterali agli stessi legati.

Avanguardia
La forza per definizione non necessita di spiegazione alcuna, ed è per questo stesso motivo che inspiegabile è il loro potere. In grado di sollevare i pesi più grandi col minimo sforzo, questa particolare categoria di guerrieri vanta una forza straordinaria, tanto dal poter impugnare armi altresì inutilizzabili per forma e dimensioni come alabarde o bastarde a due mani, finanche mazze ferrate o magli dal peso insostenibile come fossero leggerissimi stocchi.

L'istinto di un pazzo
Nascosto in fondo, dentro al suo corpo, si nascondo l'istinto di uccidere e fare stragi.
Ecco perché indipendentemente da quanto si possa tentare di farne vacillare la mente, Seregon non smetterà di andar contro il proprio avversario al pieno delle proprie capacità.
Non la logica guidata dalla mente, bensì l'istinto costruito sull'esperienza di tutte le battaglie combattute fino a quel momento rendono per lui la guerra qualcosa da cui non potrà esser distratto.
Tenendo la propria mente completamente svuotata e senza tentare più approcci logici, si potrà continuare ad attaccare la sua mente in ogni modo, ma purché non sia una attacco potenzialmente mortale, fermarlo dal suo avanzare sarà impossibile.
In termini pratici il portatore di tale passiva avrà un'immunità al dolore psionico, ma non dai danni.

Percezione ferina
Il suo senso più sviluppato è senza dubbio l'olfatto, tanto da usarlo spesso perfino per raccogliere informazioni. Per esempio è stato capace di determinare di determinare che la femmina di un esemplare che stava cacciando era incinta dal debole odore di liquido amniotico. E' perfino capace di percepire i feromoni con il suo olfatto. In caso di totale oscurità riesce ad usare questo suo senso per combattere, anche se per ovvi motivi non è molto efficace. Questa sua capacità unità alla vasta conoscenza di flora, fauna e non solo rivela essere ben più di un semplice senso sviluppato oltre i normali limiti umani ed animali, ma una vera e propria arma.

La Zanna della bestia
Il potere dell’artefatto è tanto grande da assoggettare chiunque si trovi nelle sue immediate vicinanze, intimando in loro un senso di impotenza nei suoi confronti. Ebbene si, gli avversari vedranno il possessore della Zanna come un nemico inarrivabile, si sentiranno inevitabilmente più deboli e saranno quindi spinti a riconoscere la sua superiorità.


Abilità Attive:

Avanguardia:
La necessità talvolta richiede uno sforzo supplementare, anche per i padroni di questo Dominio. Ardore, impeto combattivo, furia fine a sé stessa, i motivi possono cambiare ma il potere al quale attingere è sempre il medesimo. Sarà così che spendendo un quantitativo di energie pari a Medio e senza l’ausilio di alcun tempo di concentrazione, il caster sarà in grado di potenziare le proprie doti fisiche invigorendo la massa muscolare nelle metodiche che riterrà più opportune. In termini di gioco questo potenziamento conferirà al personaggio 4 CS alla Potenza Fisica per il solo turno in cui la tecnica è stata attivata, al termine del quale tornerà al suo stadio originario.


Note:Nonostante le descrizioni tutte le bestie nominate hanno 0cs in quanto inventate da me, credo :look:
Ho un tantino delirato mentre scrivevo, sarà la febbre, ma spero sia ugualmente venuto fuori qualcosa di carino e che non mi siano partiti troppi errori visto che controllare con attenzione non mi riesce in questo momento, lol.
Nonostante la grande distanza di tempo da quanto successo nel colosseo a quando arrivo e l'aver pure riposato non mi sentivo di inserire un recupero di energie e ho preferito lasciare così per sicurezza. :sisi:

 
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view post Posted on 2/9/2014, 14:31
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Bigòl
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Saltanatin Ordosu
Addestramento



Albrich si portò il boccale alle labbra; uno spumeggiante fiume di schiuma inondò la sua folta barba color cenere.
Il sapore pastoso della birra lavò via la polvere dalle sua labbra crepate dalla sete, facendogli aprire un grande, spontaneo sorriso sdentato. Era da tempo che non assaggiava una birra così! Scura, con un vago sentore di cannella, tanto densa da poterla quasi masticare, di una qualità incomparabile rispetto a quell’ acqua sporca che a Basiledra spacciavano come birra di prima scelta! E come scendeva giù per il gargarozzo! Una sinfonia per le papille gustative, ecco cos’ era!

“ Dannazione, voi birrai di Quashra ci sapete proprio fare! In tutti questi anni avevo quasi dimenticato il gusto della vera birra nanica!”

Albrich, la bocca ancora impastata nel gusto deciso del malto,sbatté sul ripiano del piccolo chiosco da strada il boccale di legno, aprendo un grande, immenso sorriso estasiato al nano rachitico che dall’ altra parte, nascosto dietro una cortina di tende dalla fantasia arabeggiante, armeggiava con delle pesanti botti di legno scuro.
Egli, lasciando cadere la botte quasi fosse un fardello da portarsi appresso e non una fonte di guadagno, inforcò due spesse lenti traslucide, luride di polvere e chissà di che altro, e asciugandosi la fronte con la mano ossuta gli rivolse un cipiglio indecifrabile che, oltre le grinze che affioravano dalla sua pelle coriacea, voleva essere un sorriso di rimando.

“Uh, senti questo! Dici così solo perché ne vuoi un altro po’ a scrocco, non è così?”

La sua voce, benché roca e consumata, era graffiante e carica di acida ironia. Era un vecchio nano dal volto scavato dal tempo ed una barba grigiastra e penzolante, talmente lunga che sollevava nugoli polvere dal suolo appena quelle gambe cigolanti che sorreggevano botti da oltre un secolo muovevano un passo, ma pareva non aver perso, insieme con gli anni scivolati via, il senso degli affari. Albrich, mentre allungava la coppa con il chiaro intento di volerlo vedere al più presto traboccante di spuma, non poté che scoppiare a ridere: una risata fragorosa, che partiva dal ventre e faceva vibrare ogni fibra del corpo; non sapeva dire con certezza cosa avesse suscitato dentro di lui una tale ilarità, se il maldestro tentativo del vecchio di celare la propria spilorceria o il tono di quella manciata di parole sforzate, a metà tra una schietta battuta ed una maledizione sulla sua anima e la sua stirpe, tuttavia, nel complesso, il quadretto era abbastanza divertente da allargargli il cuore – e di conseguenza anche il portamonete, con il suo parco contenuto -.

“Non preoccuparti, vecchio! Pagherò ogni boccale che mi verserai, ti do la mia parola d’ onore …”

Albrich, che di soldi da investire in birra ne aveva ben pochi, aveva parlato con l’ innocenza di un fanciullo e lo sguardo vitreo del birraio, che non aveva l’ aria di accettare la buona fede ed i grandi sorrisi come valuta, sembrava dire:*E dimmi un po’, straniero … quanto posso fidarmi della tua parola d’ onore ?*.
Sospirando, senza farsi udire da chi vi era dall’ altro lato del bancone, estrasse da sotto il logoro mantello incrostato di terra un pezzo d’ argento, altrettanto ben conciato, e li fece tintinnare sul provato legno del bancone. Albrich osservò le rughe che indurivano il volto del birraio ambulante sciogliersi pian piano, mentre la vaga impressione di sufficienza che lo ombreggiava diventava docile servilismo, infarcito con una buona dose di entusiasmo. Subito gli fu riempito il bicchiere ; per intenderci, questo ad Albrich sarebbe bastato: non desiderava altro che una buona birra che valesse la pena di essere gustata, che avesse un sapore da potersi godere, un retrogusto ed una consistenza che stuzzicassero il palato e delle fragranze da esplorare; qualcosa insomma, che gli desse abbastanza da pensare per dimenticarsi dove si trovasse e perché proprio in quel luogo aveva diretto i suoi passi. Era una giornata torrida ed afosa, il caldo saliva dalle rocce e dalla terra bruna, l’ aria era ferma e rovente: insomma, nulla di meglio di una birra artigianale per dimenticare gli affanni. Se avesse avuto qualche moneta d’ oro in tasca – e quando mai ne aveva avute ?!– avrebbe comprato da quello spilorcio di un ambulante un intero barile e si sarebbe messo in un angolo fresco di città a scolarselo in santa pace, aspettando che la stanchezza gli calasse pian piano le palpebre. Ma no! Tutto questo evidentemente non era scritto nel destino di Albrich figlio di Durno della Casata Rotghaar! Poteva forse Albrich sperare in un attimo di insulsa pace interiore?! Ma certo che no!
Quel vecchio irsuto aveva cominciato a fare le fusa, spasimando perché placasse la sua sete con un altro po’ di birra, giurava e spergiurava di averne di migliore nel retrobottega – ma scherziamo?! Quel chiosco di strada era talmente angusto che non poteva avere un retrobottega!- e che gli avrebbe riempito la coppa del suo miglior liquore per un’ altro pezzo d’ argento, coronando il discorso con splendide infiocchettature come “e ne vale la pena, uh sì, ne valeva la pena!” e cose di questo genere. Albrich maledisse più di una volta sé stesso ed i suoi ultimi denari rimasti, non risparmiandosi imprecazioni in nanico a mezza voce; ma fu quando quel birraio stantio cominciò a tempestarlo di domande che sentì davvero di odiarsi dal profondo del cuore.

"Dunque, mio danaroso amico … benché tu sia un nano non ti ho mai visto girare da queste parti ed il tuo accento non mi è nemmeno vagamente … familiare … sei per caso un forestiero? Sei forse in viaggio amico? Da dove prendi i tuoi passi,da dove provieni voglio dire? Hai viaggiato molto, uh, amico? È forse così? Ci ho preso vero? Ti vedo molto stanco, già, già, molto provato … su, su animo, ci vuole un altro boccale di birra fresca,non trovi? Ti vedo di umore nero amico, non è così? Uh, uh, sì sì, è proprio così! Il vecchio Naàr ci ha preso ancora una volta! Forse non ti basta la birra? Non c’è problema, eccotene un altro po’…”

Ora nemmeno tirava il fiato quando parlava. Il tono ruvido delle prima parole, cavategli quasi a forza dalla bocca si era sostituito ad un tono melenso, accondiscendente, schifosamente servile che ad Albrich faceva rivoltare le viscere.
Di fronte a quella tormenta di domande, la reazione che l’ istinto gli suggerì fu abbassare il capo e chiudersi in un cupo silenzio, rotto solo da qualche monosillabo dato in risposta a quei dubbi insistenti. In cuor suo, temeva; temeva che quella particolare domanda sarebbe potuta saltare fuori, così, naturalmente, mascherata da innocente dubbio.
Il vecchio Naàr non pareva curarsi delle risposte asciutte del proprio cliente, ma piuttosto sembrava ben deciso a svuotare la botte che ondeggiava sotto la sua ascella; in fondo, a nessuno dei due importava qualcosa dell’ altro. Eppure, lo spettro di quella domanda era lì, ed ululava forte come un lupo al chiaro di luna. Sapeva che a sentire quelle poche parole concatenarsi e formare una frase fatta avrebbe sputato tutto in una volta il veleno che aveva mandato giù nei giorni passati. Già, era una decisone difficile lasciarsi tutto quanto alle spalle e tutti quei ragionamenti senza capo né coda che ci aveva costruito sopra non avevano fatto che addensargli il sangue e fargli scoppiare la testa. Quella domanda avrebbe confermato quell’ unico proposito che avrebbe ridato una direzione alla sua vita.
Poi, finalmente, quella domanda giunse, nel tono sonnacchioso e distratto di chi non ha bisogno di sapere.
E fu come la scure di un pietoso boia che cala sul capo di un moribondo. Il vecchio Naàr forse non aveva bisogno di sapere, ma Albrich aveva l’ estrema necessità di raccontare.

“ Dunque… Cosa ti porta a Quashra, straniero?”

Albrich alzò gli occhi di cristallo dal boccale vuoto; il suo volto, come la sua barba, erano costellati di grumi di polvere e fango, la cappa che ne nascondeva le forme era usurata, quasi marcescente. Aveva più l’ aspetto di un’ accattone che quello di un guerriero, ne era perfettamente consapevole e in buona parte l’ apparenza non ingannava: aveva passato così tanto tempo nelle terre brulle dell’ Akeran da diventare selvatico ed indomabile proprio come esse; aveva passato così tanto tempo a cercare sé stesso in ogni spicchio di cielo, in ogni goccia d’ acqua, in ogni filo d’ erba di quel territorio da perdersi completamente.
Tuttavia l’ eredità della sua stirpe, il Mjolnir e il Varja, pendevano orgogliosi dalla cintola, come un monito a ricordarsi chi fosse. Ci aveva meditato molto ed era giunto ad una sofferta decisone: avrebbe impugnato ancora i propri martelli da guerra.

“ Sono qui per entrare a far parte dell’ esercito del Sultano”

Disse perentorio, con una nota di livore nella voce che al vecchio , sordo e passito quanto si volesse, parve non sfuggire.

“Uh, ,ma bene … molto bene, questa città ha bisogno di valorosi guerrieri che la difendano.”

Non levava gli occhi dal bacile mentre versava le ultime gocce di birra nel boccale di Albrich, la vecchia volpe.

“in giro si dice che Tulunay sia in cerca di carne fresca …”

Una nota bassa, severa, che accompagnava parole del vecchio.

“Tulunay?”

Albrich levò gli occhi dal boccale, tappandone l’ imboccatura con il palmo destro, giusto per non contrarre debiti che non sarebbe riuscito a sanare. Il vecchio birraio gli scoccò un’ occhiataccia al contempo grave e divertita prima di dare fiato alla bocca.

“Uh, amico mio, davvero speri che ti dica di più se non lasci a posto quella stramaledetta mano?”

[…]

Man mano che i suoi passi si inoltravano nel cuore di Quashra, la città saliva e saliva. Le anguste case popolari, costruite a misura di nano lasciavano il posto a sontuosi palazzi dalle cupole variopinte, lunghe, deformi dita terree che sembravano voler ghermire il cielo. La volta compariva a sprazzi, coperta quasi per intero dalle ombre molli delle dimore signorili; Albrich, affrettando il passo, non poteva nascondere a sé stesso per quanto ci provasse il proprio disagio: per notti intere aveva dormito al tepore di un misero focolare con un immenso cielo annegato nel blu sopra la testa, mentre ora i palazzi in ricostruzione e le rovine diroccate degli antichi fasti della città oscuravano quasi completamente il firmamento. Era curioso, pensò il nano: giorni e giorni passati a scrutare un orizzonte vuoto, con nulla se non arida terra crepata dal sole tutt’ attorno, senza scorgere altro che arbusti bruciati dal sole e carcasse assediate dagli avvoltoi; poi, ad un tratto, appare Quashra: dalla lontananza la città è solo una manciata ombre sottili e tremolanti, deformate dal calore, ma man mano che i passi si stampano sul suolo si manifesta in tutta la sua rinnovata gloria, con quelle sue guglie acute che tagliano i raggi del sole, con quelle sue cupole morbide, appena accarezzate da leggere spire di luce; in men che non si dica, eccolo lì a camminare per le vie affollate di Quashra! la Perla del Meridione, la capitale del Sultanato, lo scrigno che custodiva le speranze dell’ intero popolo dei nani!
Per conto di Albrich. la pisciata di un dio ubriaco sulla riarsa terra dell’ Akeran. Ogni cosa che non fosse in rovina o addirittura già un mucchio di macerie, dalle splendide ville delle alte cariche alla peggiore bettola di sobborgo, sembrava artificiosa, finta, eretta per puro caso da una mano incosciente.
Passando le dita tozze sulla superficie rovente di un muro di mattoni secchi, strisciando lievemente la mano sulle protuberanze irregolari della parete di un palazzo, Albrich sentiva come se avesse posato lui stesso quei mattoni, tagliato quelle pietre e mescolato quelle vistose tinte. Sentire la città “sua” non gli migliorava il cattivo umore che da giorni lo perseguitava: un’ ostentazione di magnifiche, futili architetture, così esasperate da far mancare il fiato; non se la era immaginata così, la rinascita del suo popolo, affatto.
Anche lui sentiva - anzi, sapeva!- di aver contribuito a costruire un nuovo futuro per il suo, forse non con la calce e la tintura. ma con il proprio sporco sangue di esule, versandolo sul campo di battaglia, là dove si gioca a dadi il destino di un popolo. Ma questo, la gente che sciamava in quei viottoli pieni di luce pareva non avvedersene; non era altro che un’ ombra,un’ altra insignificante ombra che percorreva quelle insignificanti strade; un’ ombra che aveva perso tutto nel battersi per i suoi, che, in fin dei conti gli avevano voltato le spalle, senza nemmeno un cesto di ringraziamento.
Qualcuno forse sapeva con quanto cuore e quanto coraggio avesse risposto alla chiamata alle armi? Qualcuno poteva sapere quanto lui, nano del nord senza più patria, esule dalla terra che lo aveva accolto, fosse vicino alle sofferenze della sua gente? No, evidentemente no. Ed ecco che Quashra saliva e saliva, diventando sempre più soffocante, contrariamente a come lui se la immaginava; ecco , era proprio questo il punto! Non glielo avevano lasciato cambiare, il destino della sua razza; era frustrante.
Albrich scaricò con forza a terra la rabbia che gli montava dentro con due poderosi colpi di stivale. Aveva il passo pesante e persino il dannato fiatone, a forza di inerpicarsi lungo quelle viuzze in falsopiano, nell’ ombra pallida degli edifici che strangolavano la via. Sentiva la birra ballare nel suo ventre al ritmo sempre più cadenzato dei suoi passio e non era una sensazione piacevole , non lo era per nulla.

“Eccoti finalmente …”

In lontananza, esattamente come il vecchio gliela aveva, apparve la sagoma orizzontale di un massiccio edificio, inconfondibile per Albrich che in una caserma ci aveva praticamente passato la giovinezza; si sentiva puzza di ruggine e cuoio marcescente anche a metri di distanza.Ah, l’ odore dei bei vecchi tempi!

* Sarà come tornare ragazzino *

Disse tra sé e sé Albrich; da una vita da soldato non poteva derivare che una vita da soldato. Già, era il suo destino; per quanto potesse provare a districarsene, a sciogliere i nodi che lo legavano al sangue ed al sudore che lo legavano a quella vita, lui era stato cresciuto da guerriero, in una famiglia di guerrieri appartenenti ad una dinastia di guerrieri e – era parecchio dura ammetterlo – non sapeva fare altro. La guerra forse era l’ unica vera direzione in cui volgere la propria vita. Al caserma, in tutta la sua imponenza, era ormai a pochi passi di distanza da lui, così come il capo di addestramento, così’ come quel tale, Tulunay, quello che avrebbe dovuto accoglierlo fra le braccia dell’ esercito.
Albrich sospirò, mentre si sfilava la sua cappa da vagabondo; sentì la malinconia dei giorni allo sbando appesantirgli il petto.
Brindare alla luna che gli faceva compagnia, carezzare l’ erba che gli concedeva riposo, addormentarsi al crepitio del fuoco … dannazione … proprio ora che le stava voltando le spalle doveva chiedersi se quella vita gli sarebbe mancata?
Così, con il cuore pieno come un otre, prese la penna e firmò un pezzo di carta; nulla di eccezionale, ma come erano faticosi quei piccoli, brevi movimenti!

[…]

“… Solo i migliori verranno scelti, gli altri continueranno ad addestrarsi qui, per essere pronti ad altre missioni.”

La voce di Tulunay riverberò tra una nutrita fila di spade, lance e placche pettorali lucidate a specchio.
Faceva caldo, un caldo infernale; come facessero tutti a stare fermi impalati mentre l’ umidità saliva, davvero non poteva spiegarselo. Persino quel folle umano rapito dall’ ebbrezza che aveva cominciato a straparlare era più a suo agio di Albrich. Tutte le reclute che come lui si erano candidate per quella missione, una cinquantina circa, erano schierate con rigore marziale cosicché lo sguardo del comandante potesse raggiungerli tutti.
Lo sguardo di Tulunay, forse il suo futuro comandante, lo intimoriva e lo riempiva di meraviglia al tempo stesso: audace, fiero, inamovibile, quello di un luogotenente da manuale insomma. Sentì per un’ istante la pesantezza di quegli occhi su di sé, solo su di sé, come se tutto il resto all’ infuori di essi fosse stato inghiottito dallo scuro vortice che ruggiva in quelle pupille .
Benché di una certa intensità, non era uno sguardo penetrante, di quelli che pretendevano di scavare dentro l’ anima e condannare le paure che emergevano ciò suscitò in Albrich un forte sentimento di approvazione: essere tolleranti verso le reclute è il primo passo per avere in futuro dei soldati leali.
Per di più, aveva un non so ché di rincuorante, paterno, come per dire “ per me siete più di carne da macello”.
Al di là del disagio, al di là delle tribolazioni interiori, Albrich riflesse con fermezza i suoi occhi pallidi in quelli del suo addestratore.

“Ci alleneremo con queste per il momento, date il meglio che avete, mi raccomando.”

Una spada di legno gli capitò tra le mani quasi d’ improvviso. Strinse le dita attorno alla corta impugnatura fino a sentire l’ arma vibrare. Ed uno strumento di morte, seppur in versione innocua, era di nuovo nelle sue mani, per potergli consentire di entrare di nuovo a far parte del mondo. Albrich trattenne a fatica una smorfia di disgusto.

 
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view post Posted on 6/9/2014, 12:34

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Ricordo d’una vita passata.
In una foresta dell’Akeran molti anni or sono


« Fratello, fratello aspetta! »

Tulunay, che all’epoca era un piccolo e giovane nano, rincorreva il fratello fra i sentieri poco battuti d’una foresta nell’immenso verde del Plaakar. La sua famiglia, composta da sua madre, da un padre saggio e vecchio, da una sorellina più piccola e da suo fratello maggiore, viveva come eremita all’interno di quelle foreste inospitali. Il Plaakar, di certo, non era un luogo adatto per crescere una famiglia, ma era un’alternativa migliore rispetto a una vita passata in catene. Il nano aveva il fiatone, le sue gambe piccole e tozze bruciavano dalla fatica. Suo fratello, che era più grande di lui, riusciva a destreggiarsi meglio su quel terreno sconnesso. « Dai Tulunay, non restare indietro. » Parsa guardò il fratello arrancare dietro le sue spalle, allontanarsi sempre di più fin a scorgersi a malapena tra il fogliame e le chiome degli alberi. All’improvviso s’udì un rumore squarciare la foresta, non era un ruggito, non era nulla di quantificabile in natura, poi l’urlo spaventato di Tulunay echeggiò nella foresta.

« Tulunay! »
Gridò Parsa impaurito, dalla cintola sfoderò l’arma « Tulunay arrivo! »

Corse a per di fiato per i sentieri, corse con il cuore che gli galoppava in petto. La paura lo assaliva, lui era abituato a combattere, lui era fatto per quello, Tulunay no. Tulunay era un’anima pura, incapace di provocare dolore altrui. Inadatto a fronteggiare qualsiasi pericolo. Infine lo vide, un mostro aberrante, una creatura orripilante dalle forme strane, non era un uomo o un animale, era qualcosa di indefinito (qualcosa di molto simile a un orso, a un leone, a un lupo) un incrocio di razze. Tulunay era completamente sovrastato da quella cosa, si perché non si poteva definire altrimenti, era con il sedere in terra e si trascinava all’indietro tremando e lanciando qualsiasi cosa gli capitasse per le mani. Qualche pezzo di legno; sassolino; roba che non faceva altro che irritare ancor di più la bestia. Parsa, con uno scatto, si frappose tra lui e il mostro, la scimitarra brillò nell’aria, il mostro latrò, ruggì, urlò, ancor più forte, mosse l’arto superiore come a voler staccare di netto la testa a Parsa. Tuttavia il giovane nano non arretrò anzi, con un movimento fulmineo, si fece sotto alla bestia e con la scimitarra gli lacerò l’addome. A quel punto la bestie si piegò verso il basso dolorante e Parsa ne approfittò immediatamente, saltò e con la lama andò impattare contro il collo dell’essere, decapitandolo.
Il resto del corpo cadde al suolo a peso morto, alzando fogliame e polvere, rimbombando tra i tronchi degli alberi. Parsa guardò il fratello, finalmente il suo viso, prima immerso in una maschera di terrore mista a concentrazione, si rilassò.

« Tulunay, quando affronti qualcuno, o qualcosa, non devi mai arretrare, ricordatelo. »
Sorrise, dolcemente.

___________ ________________ _____________

« Ricordatevi, quando affrontate un nemico, un mostro, un esercito, non dovete mai arretrare. »

Tulunay parlava sicuro di sé, calamitando l’attenzione delle reclute.

« Chi arretra è perduto, date soltanto possibilità all’avversario di avanzare, di avere aria e spazio per attaccarvi. Invece voi dovete togliergli l’ossigeno, dovete sempre attaccare, più duramente e più forte di loro. Ora mettiamoci a coppie, uno di voi attaccherà con tutte le proprio forze, mentre l’altro si difenderà e in seguito contrattaccherà. Mi raccomando, non risparmiatevi. »

Tulunay puntò la scimitarra contro l’ultimo arrivato, l’umano che aveva spezzato un’arma da addestramento. Gli umani erano per lo più boriosi, si credevano superiori a loro in quanto umani. Tulunay non li odiava, nonostante loro lo avessero costretto a una vita di stenti, tuttavia non li rispettava. Li considerava inaffidabili, bugiardi e deboli...

« Tu, ritardatario, starai in coppia con me, speriamo che le tue abilità siano di gran lunga superiori al tuo senso del tempo. »



CITAZIONE
Note: Allora molto bene, in questo turno fate finta che dovete affrontare il primo turno di un duello, attaccate come meglio potete, i vostri avversari, per l'occasione, li dovete "creare" voi, aspetto ecc. avranno comunque fascia e pericolosità uguale alla vostra, tranne per Akuma a cui è toccato Tulunay. Fai conto che è una verde C.

Passiamo alle prime cose da dire.
Ashel: era un solo assistente a portare le spade, un piccolo errore ma comunque un errore.
Akuma: In una quest non partire MAI usando già delle energie, è considerato un errore nonché un fattore penalizzante. Nell'incipit della quest fai quello che vuoi, descrivi ciò che vuoi, ma non ti abbassare le energie.

Joconno: la città è Qashra non Quashra.

Ps: perdonate se ho cambiato colore, ma quel rosso mi stava lacerando gli occhi.
 
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Ashel
view post Posted on 9/9/2014, 12:36






- Ricordatevi, quando affrontate un nemico, un mostro, un esercito, non dovete mai arretrare.

Mai arretrare.

- Chi arretra è perduto, date soltanto possibilità all’avversario di avanzare, di avere aria e spazio per attaccarvi. Invece voi dovete togliergli l’ossigeno, dovete sempre attaccare, più duramente e più forte di loro. Ora mettiamoci a coppie, uno di voi attaccherà con tutte le proprio forze, mentre l’altro si difenderà e in seguito contrattaccherà. Mi raccomando, non risparmiatevi.

Chissà se Babur era arretrato, due anni prima.
Chissà se aveva dato il tempo ai suoi avversari di avanzare e di trucidarlo.
O forse era stato solo un caso, solo una sfortunata coincidenza.
Babur era un nano che sapeva il fatto suo e uno straordinario guerriero.
Impavido, generoso. Tutti lo avevano amato per le sue qualità e la sua forza aveva spesso pervaso tutti coloro che gli stavano intorno, quasi fossero stati animati da una volontà che non faceva che rinnovarsi continuamente nei loro cuori.
Lei, invece, non era altro che una sciocca.
Mai arretrare.
Glielo diceva sempre anche Yafet. Ma ormai i loro allenamenti erano terminati; lei non desiderava più averlo come maestro perché l'aveva abbandonata, aveva scelto di lasciar perdere e aveva colto l'occasione offerta da Tulunay per togliersela di torno.
Tutto sommato la possibilità di entrare in quel reparto avrebbe dovuto renderla felice; eppure sentiva un'insoddisfazione crescente, come se in fondo sapesse che cosa stava lasciando e che non l'avrebbe mai più riavuto indietro: la sua innocenza.
Erano finiti i tempi dei giochi e delle scorribande, dei gozzovigli e dei sogni infantili; tutte quelle cose erano finite quando era morto Babur, o forse molto prima; ma in un certo senso non erano davvero scomparse fino a quando non aveva scelto la sua strada, rinunciando al controllo ma anche alla protezione di sua zia, in un'infinito ventaglio di possibilità che aveva avuto davanti a sé per forgiare il suo destino.
L'epoca della scelta era anche quella della crescita. E indossando la divisa militare non aveva fatto altro che lasciare dietro di sé la sua immaturità.
La sua infanzia, la sua adolescenza erano state spazzate via con un colpo secco; e sapendo che quegli anni non le sarebbero più stati restituiti odiava inconsciamente tutti coloro che glielo ricordavano ogni giorno.
Yafet in fondo non era stato altro che il sogno stupido e ingenuo di una bambina.
Ora tutto era diverso: anche lei e i suoi desideri.
Mentre stringeva la spada di addestramento nelle sue piccole mani Arsona sapeva dentro di sé di dover andare avanti.
Mai arretrare.
Il ricordo di un passato felice si avvinghiava a tutti coloro che osavano voltarsi per tentare di farlo rivivere ancora una volta; ma questa non era altro che un'illusione, giacché tutto ciò che essi ricordavano non era altro che una goccia nel serbatoio della memoria - un miraggio, niente di più.
Mai guardarsi indietro.
Arsona l'aveva capito e pur avendo paura - pur rimpiangendo gli anni perduti che all'epoca aveva detestato ma che ora le sembravano quanto di più rassicurante avesse avuto in tutta la sua vita - non si guardò mai alle spalle.
Era lì, nel campo di addestramento. E niente contava più oltre alla spada e al suo avversario, una giovane donna dai lineamenti squadrati, grezzi, eppure dall'aspetto gentile.
Tutti quei suoi pensieri si dissiparono all'improvviso per opera del richiamo di Tulunay, che indicò loro di iniziare. Faceva caldo ma la nana svuotò la mente per liberarsi dalle sue distrazioni.
Soppesò a lungo la spada e osservò con attenzione la sua compagna di allenamento: nient'altro che una ragazza come lei, forse persino più giovane; aveva dei lunghi capelli color pece raccolti in una treccia, nessun ornamento se non un piccolo tatuaggio sulla guancia destra - usanza dei popoli nomadi del deserto - e un orecchino di pietre luminescenti.

- Mi chiamo Arsona, piacere.

Le rivolse un sorriso sincero, benché affetto da una certa forma di marzialità facilmente scambiabile per timidezza, dopodiché le fece segno che avrebbe iniziato subito senza perdere altro tempo.
C'erano molti umani che entravano nell'esercito del Sultanato; membri di razze diverse desideravano servire Jahrir per le ragioni più varie - a volte, come Akilah, solo per denaro. Ma la nana non provava per loro alcun sentimento: tollerava e rispettava tutti quanti e tendeva a giudicare gli altri sulla scorta delle loro azioni piuttosto che dal loro aspetto.
Un Pelleverde poteva essere più generoso di un nano, giacché vi erano dei nani consumati dalla cupidigia e dall'ambizione; così come una nomade come quella ragazza che aveva di fronte poteva essere più nobile di un giovane guerriero venuto dal Nord, a dispetto dei pregiudizi che albergavano nel cuore di molti e che inficiavano spesso una considerazione veritiera delle persone e delle circostanze.
Il Sultanato di Qashra accoglieva tutti coloro che chiedevano asilo e per quanto la riguardava il solo fatto di trovarsi assieme in caserma li rendeva tutti quanti compagni, senza distinzioni.
Si concentrò brevemente prima di levare la spada in posizione di attacco: avrebbe usato uno stratagemma per distrarre la sua avversaria prima di avanzare.
A un tratto il suo profilo parve brillare di una luce intensa e argentea; un fascio luminoso avrebbe allora colpito gli occhi della donna per impedirle di vedere la sagoma di Arsona che, quasi dotata di luce propria, scattava verso di lei per menare un rapido fendente da sinistra verso destra con l'intenzione precisa di colpirla all'altezza dell'elsa della spada e quindi disarmarla.
Non si trattava di un'offensiva particolarmente insidiosa; ma la nana pensò che fosse abbastanza elaborata da impedire alla sua avversaria di usare di nuovo l'arma mettendola in una posizione di svantaggio e costringendola a proseguire a mani nude.
A dispetto del suo stato d'animo, infatti, sapeva che entrambe erano lì solo per imparare e per mostrare le loro capacità a Tulunay e per quanto desiderasse farsi notare non l'avrebbe fatto lottando con troppa aggressività.
Almeno, non all'inizio.
Un fascio di luce circondava quasi la persona di Arsona come se tutto il suo corpo sprigionasse quel bagliore innaturale; e mentre riduceva sempre di più la distanza che la divideva dalla sua avversaria un'energia negativa - qualcosa di strano, inquietante, incomprensibile - si allungava da lei per diffondersi nello spazio intorno e ammantarne tutti gli oggetti con la sua influenza diabolica.
Era Tughlaq, forse, che seguendo i desideri della sua padrona - o piuttosto manifestando i suoi - pulsava di vita propria anche mentre era riposto e circondato dal panno di tessuto rosso che lo nascondeva alla vista.
In fondo, benché Arsona usasse nascondere i suoi sentimenti persino a se stessa, egli li conosceva bene; in verità era in grado di penetrare i segreti del suo cuore meglio di chiunque altro e capitava che a volte le ambizioni di entrambi si confondessero fino a non rendere più riconoscibile la loro reale origine.
Del resto la nana si era detta di non voler apparire troppo aggressiva.
Non di non voler fare sul serio.



Arsona "Shah" Jahan



Stato fisico: Ottimo
Stato psicologico: Ottimo
Energia: 100 - 10 - 5 = 85%

Armi: Tughlaq (sulla schiena), Balestra (15/15) (infoderata), Spada d'addestramento (mano destra)
Pericolosità: E
Fascia: Gialla

CS: 1 Destrezza, 1 Costituzione

Passive attive:

~ Contrattare. Arsona ottiene più facilmente le informazioni da chi viene interrogato; inoltre le sue parole risultano più convincenti sia che abbiano finalità benevole che minacciose. L'avversario subirà un contraccolpo psicologico relativo all'approccio di Arsona.
[Passiva razziale]

~ Gli attacchi di Tughlaq infliggono danno di elemento Luce; in aggiunta provocano un senso di intorpidimento nei muscoli della zona colpita, rallentandone i tempi di reazione.
[Passiva Artigiano I]

~ Tughlaq emana una malia psionica passiva nei confronti degli avversari: essa si manifesta tramite un'aurea di istinto omicida che pervade la mente dei nemici nelle vicinanze, naturalmente portati a provare un naturale timore nei confronti del martello e della sua padrona.
[Passiva Artigiano II]


Attive utilizzate:
CITAZIONE
~ Esplosione sfavillante
La paladina di Qashra emana da sé una luce abbagliante che stordisce i suoi nemici e costringe i demoni ad abbandonare la loro forma diabolica. Gli avversari rimarranno accecati dal lampo luminoso per due turni: in questo modo sarà più difficile per loro difendersi dagli attacchi avversari.
Elemento luce, proprietà illusorie.
[Tecnica Magica personale 2/10]
Consumo di energia: Medio

CITAZIONE
~ Disarmare
Talvolta Arsona potrebbe provare a danneggiare l'equipaggiamento del suo nemico con le sue armi o a mani nude.
Se l'attacco va a segno le armi, le armature o gli oggetti del nemico risulteranno inutilizzabili fino alla fine della giocata
Tecnica fisica. Causa un danno Basso all'arma.
[Pergamena Iniziale Campione Infrangere]
Consumo di energia: Basso

Riassunto: Arsona attacca prima con la Personale, che vuole stordire e inficiare la vista dell'avversaria; poi con Disarmare per levarle o danneggiarle la spada.

Note: Scusate per l'edit, ho corretto un errore di punteggiatura.


Edited by Ashel - 9/9/2014, 14:34
 
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view post Posted on 9/9/2014, 22:59
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Quanti ricordi un pezzo di legno poteva portare con sé?
Un semplice pezzo di legno intagliato, senza il minimo valore affettivo, acquistabile per pochi pezzi di rame
al primo rigattiere ambulante che sbucava dalle forme contorte di Qashra; un pezzo di legno che le altre reclute rigiravano con sicurezza nelle loro mani, cercando la presa più adatta e sicura ,saggiandone il peso e la lunghezza, con la determinazione e la fermezza marziale che induriva i loro tratti ed il loro sguardo. Perché non riusciva a sentire la stessa risolutezza che gli altri in quel polveroso buco nella terra sembravano provare al solo contatto con il legno scheggiato della spada?
Albrich, con un lieve, quasi impercettibile tremito alla mano, lanciava all’ arma lunghe occhiate distanti, prive dell’ attenzione che sembrava riempire tutti gli occhi attorno a lui. Non si sentiva a suo agio con quell’ arnese in mano, ecco tutto; non lo era mai stato, nemmeno ai tempi dell’ addestramento nel cuore della montagna. Anche gli anziani Rotghaar, a cui da generazioni era affidato il compito di addestrare le reclute che avrebbero costituito l’ egida della rocca di Vercinga, solevano utilizzare spade come quelle per impartire le proprie dure lezioni: corte daghe ammaccate dall’ impugnatura lurida e consunta, con cui le dita tozze dei novizi dovevano presto familiarizzare se questi non volevano procacciasi lividi ancor più estesi e carichi di quelli di routine;Albrich se le ricordava bene, sia le spade di legno, sia le randellate che i più eminenti membri della sua casata si preoccupavano di appioppargli con decisione ad ogni suo minimo errore nella postura, nella parata, nell’ affondo, nei fendenti. Ecco, quel legno aveva diversi sapori nelle sua memoria: il gusto metallico del sangue, denso e nero che sgorgava dai graffi che la spada lasciava sulla pelle nuda, il sentore amaro della sconfitta, della terra masticata a forza di cadere e di nuovo cadere, quello agrodolce degli sguardi di suo padre, dal faccione sorridente e placido, che insieme a qualche pacca di incoraggiamento si faceva sfuggire di tanto in tanto un mesto sospiro, o una scorsa indecifrabile, uno sguardo che riusciva ad essere comprensivo e deluso, iracondo e rinfrancante allo stesso tempo. Esatto, Albrich non dimostrava quel cuore guerriero che spiccava ed aveva sempre spiccato negli altri Rotghaar, dacché la montagna aveva dato asilo al popolo dei nani del Nord e la sua scarsa attitudine al combattimento sembrava non entusiasmare troppo suo padre, Durno, dal sorriso timido ed accondiscendente. Ogni volta che crollava il capo nella polvere, ogni vota che permetteva al suo corpo di accasciarsi al suolo, intorpidito dalla fatica degli allenamenti e indolenzito dalle percosse subite, sentiva quello sguardo su di sé: uno sguardo che non voleva essere severo, né tantomeno oppressivo, ma che lasciava trasparire la rassegnazione di un padre che compreso che suo figlio non è fatto per seguire la sua strada. Albrich, un Albrich più giovane e puro, dal carattere acerbo e irruento che l’ età doveva ancora mitigare, spesso sognava gli occhi bui di suo padre scrutarlo nell’ oscurità, guardandolo fisso, come perenne monito della sua inettitudine. Ecco, si rivedeva in ogni scheggiatura di quella spada usurata: un goffo e grasso ragazzino di poco più di una quindicina d’ anni, madido di sudore, che si rialzava dalla rena rossa del campo di addestramento e attaccava a testa bassa, come un bufalo inferocito, arrotando i denti per la frustrazione e la rabbia che sentiva ruggirgli dentro; tutta la foga e tutta l’ ostinazione poi scivolavano via con un semplice fendente calato al momento adatto e finiva di nuovo con la bocca impastata di sabbia, abbattuto dal suo avversario con una facilità disarmante, che egli fosse un anziano patriarca Rotghaar o un semplice camerata suo pari. Amarezza e sconforto erano le uniche emozioni che ricordava di provare dopo ogni sessione di allenamento ed erano anche le principali emozioni che il lucido legno che sentiva in mano gli riportava alla mente. C’ era anche vergogna, violenta vergogna a riemergere dalle nebbie del passato.

“ Temo, Durno … che in tuo figlio, nel sangue del tuo sangue, non scorra il tuo stesso spirito guerriero”

Era il vecchio Boros a parlare, un anziano grinzoso dalla lunga barba brizzolata che cadeva in un fitto fiume di trecce filiformi. Il saggio Rotghaar aveva preso Albrich sotto la sua ala, aveva tentato di smussare ogni suo difetto, ogni sua imprecisione nel combattimento all’ arma bianca; aveva tentato di renderlo degno del nome sotto cui era nato, ma anche quello che ai suoi tempi era stato il più celebre dei guardiani di Vercinga aveva fallito miseramente di fronte alla testardaggine del giovane nano. Ora se lo rivedeva davanti agli occhi conversare a mezza voce nello studiolo di suo padre, inconsapevole di essere osservato, mentre un’ antica lampada ad olio di pietra dalla luce calda ed avvolgente proiettava ombre molli sulla parete. Durno, suo padre, si era chiuso in un teso silenzio dopo quelle parole; aveva accusato il colpo con una certa dignità, in fin dei conti. Albrich dal buco della serratura osservava suo padre respirare; un respiro grave, pieno.

“Ed ora … che possiamo farne di lui?”

Erano passati almeno una cinquantina d’ anni da quell’ avvenimento, da quando aveva staccato l’ occhio dalla piccola fessura e si era sciolto in silenziose lacrime eppure il ricordo di quelle parole aveva lasciato una traccia indelebile nei suoi pensieri. Era la pecora nera non di un’ intera famiglia ma di un’ intera stirpe.

"… Invece voi dovete togliergli l’ossigeno, dovete sempre attaccare, più duramente e più forte di loro. Ora
mettiamoci a coppie, uno di voi attaccherà con tutte le proprio forze, mentre l’altro si difenderà e in seguito contrattaccherà. Mi raccomando, non risparmiatevi …”


La voce di Tulunay, tonante, ferma, lo riportò alla realtà. Si accorse di stare stringendo l’ elsa della daga talmente forte da sbiancare le proprie nocche. Era nervoso e del resto, non poteva sentirsi altrimenti dato l’ enorme peso dei ricordi che quella spada smussata portava con sé.
Sperò con tutto il cuore che nessuno notasse il sudore che gli imperlava la fronte, il fremito che gli percorreva le mani, il roteare spaesato dei suoi occhi; forse sperava un po’ troppo. Avrebbe dato un braccio per poter usare almeno uno dei martelli che gli pendevano dalla cintola, ma le spade di legno, benché disseppellissero ricordi che si era premurato di coprire bene, avevano il vantaggio di essere pressoché innocue.
L’ arma per il guerriero non doveva essere un mero strumento di morte : essa era un prolungamento del suo stesso corpo, una parte in perfetta armonia con il tutto, un ingranaggio indispensabile del suo organismo: questo era il vero fondamento dell’ arte della guerra. Per Albrich non avere il controllo completo sulla propria arma voleva dire non avere la completa consapevolezza di sé.

“Bhe, non credo ci sia molta scelta”

Disse tra sé e sé rigirando la daga in pugno. Dovette chiedersi se sarebbe mai riuscito a farsi notare in mezzo a quella moltitudine agguerrita di soldati; proprio lui, che meno di tutti aveva saputo distinguersi da giovane tra tutte le reclute dell’ esercito di Vercinga. Albrich respirò con prepotenza; la tensione gli premeva sul petto, sulle tempie, gli annebbiava la vista. Gli sembrava di stare vivendo un cattivo sogno in cui era di nuovo ragazzino, tremante come un pulcino bagnato in attesa di sapere da chi avrebbe avuto l’ onore di farsi pestare sino a stramazzare al suolo. Il calore saliva ondeggiando dal suolo, accarezzando le armature, le spade, le picche sparse per tutto il
campo d’ addestramento; l’ aria era densa e pesante.

* Non sono più un ragazzino *

Quel pensiero saettò all’ improvviso nella sua mente, semplice, banale, ma fragoroso come un tuono. Già, non lo era più da almeno una cinquantina d’ anni. Il tempo passato gli aveva insegnato più di quanto un’ intera vita di allenamenti e percosse avrebbe potuto fare: aveva dormito sotto le stelle, si era accampato in grandi metropoli con la stessa disinvoltura in cui aveva montato le tende in solitari deserti, si era sbronzato, aveva giocato d’ azzardo, si era macchiato di qualsiasi peccato il mondo avesse da offrire e non sapeva più nemmeno il significato della parola “innocenza”. Non era più quel bamboccio capriccioso in preda alla collera, troppo fragile per incassare e troppo smidollato per offendere.

“Vuole concedermi l’ onore di questo ballo, madama?”

Sghignazzando, qualcuno alla sua destra richiamò la sua attenzione. Voltatosi, Albrich avvicinarsi un nano dal sorriso sfrontato e genuino, talmente ostentato da mostrare ogni singolo dente egli avesse in bocca. Egli mulinava la propria arma con sicurezza, facendogli intendere di aver trovato in lui il proprio ideale avversario. Era un giovane nano dalla mole poderosa, con due bicipiti che avrebbero potuto stritolare un bue; si avvicinava con un’ andatura altalenante, caracollando in fretta con due gambette annichilite sotto un ventre prominente che doveva essere piuttosto avvezzo alla birra. Albrich, prestando più attenzione al suo aspetto, trovò in lui più di un aspetto che poteva definirsi curioso: era piuttosto alto per la media della sua razza – superava gli altri di poco più di una spanna - bardato di un’ armatura di un cuoio rosso acceso che a tratti, dove il ventre si faceva più convesso, scopriva drappeggi di preziosa stoffa color magenta; non portava la classica barba spiovente che Albrich aveva visto in ogni nano che aveva avuto l’ occasione di incontrare, ma aveva il mento totalmente glabro e due imponenti mustacchi bruni che si arricciavano scivolando sinuosi sino all’ altezza dell’ ascella. Non aveva idea di che etnia appartenesse quel curioso nano dalla pelle bruciata ed il volto bruno e pasciuto, tuttavia il suo ampio sorriso ispirava una viscerale allegria che fece contento Albrich di essere stato scelto come suo avversario.

“Con piacere…”

La voce di Albrich echeggiò senza il minimo tremore; si aspettava che il tono della sua parlata tradisse in qualche modo l’ agitazione che prima lo stava soffocando, temeva che nelle sue parole vi fosse l’ esitazione del fanciullo innocente che era dato in pasto agli sfidanti, eppure sorprese persino sé stesso con tale sfoggio di autocontrollo. Stringendo l’ elsa della propria arma, si parò innanzi al suo sfidante; stettero così, a fissare l’ uno i fantasmi che ululavano negli occhi dell’ altro, cercando di comprenderne la forza ed i punti deboli. Poi, Tulunay diede loro il segnale.

“Diamo inizio alle danze …”

Quello di Albrich fu appena un sussurro. Da ragazzo, se si fosse trovato innanzi un avversario dalla stazza simile, avrebbe tentato di fuggirne i colpi, disperando della minima possibilità di poterlo sopraffare. Ma ora, tutti i nani che aveva dovuto affrontare sotto lo sguardo severo degli anziani erano morti, sepolti sotto sei metri di terra e lui non era più quel moccioso pieno di timore e reverenza. Era un uomo fatto e finito, ed era giunto il momento di attaccare.
Albrich scattò all’ improvviso, come una vipera: cogliendo di sorpresa il proprio mastodontico avversario avrebbe segnato un grosso punto a suo favore. Il piano era colpire velocemente e senza pietà, incalzando l’ altro contendente, togliendogli il respiro, sino a farlo capitolare. Scartò di lato, alla sua destra, abbassando il baricentro più che poté : avrebbe sfruttato a suo favore la differenza di statura tra lui ed il suo sfidante. Avrebbe colpito con il piatto della lama, vibrando il fendente alle costole volanti, giusto per disorientarlo un po’. Poi sarebbe planato su di lui come un avvoltoio, non lasciandogli nemmeno il tempo di capire da che parte fossero il cielo e la terra. Prima, un fendente diagonale, dritto al plesso solare, per destabilizzarlo e solo in seguito la portata principale: l’ avrebbe spazzato via caricando dal basso, con una proiezione portata a mo di montante. Che il vecchio Boros lo giudicasse adesso che aveva imparato ad affrontare il mondo.




Albrich


(IMG:http://i39.tinypic.com/ypa9e.jpg)



Classe: Guerriero
Razza: Nano
Talento: Avanguardia I
CS: 1 Forza 1 Costituzione

Stato Fisico: Illeso (100 %)
Stato Psicologico: Illeso(100%)
Stato Emotivo: Determinato
Energia: 75%

Equipaggiamento:

Spada di legno(Mano destra)[In uso]
Mjolnir(Mano destra) Varja (Mano sinistra) Martelli da guerra. [riposti]
Desperia, ascia bipenne [riposta]


Tecniche attive:
Runa della Veemenza :

CITAZIONE
(Pergamena"Colpo stordente": il guerriero colpisce il nemico con un attacco mirato a stordirlo, frastornandolo per il resto dello scontro.)
>> Attiva


Runa ambigua ed ambivalente, che si traccia sul palmo della mano destra sottoforma di tre cerchi concentrici di colore blu acceso. L' invocazione della runa fornisce ad Albrich l' abilità di sferrare un colpo controllato, con il piatto del Frantumatore, diretto a confondere e stordire il nemico e cagiona uno stordimento costante. Il colpo mira infatti ad infliggere al bersaglio un danno psionico di entità Bassa.
la tecnica ha natura fisica e consiste in un'offensiva fisica di potenza Bassa e come tale va fronteggiata.
Consumo di energia: Basso

Runa della Pulsione :

(Pergamena"contraccolpo":il guerriero esegue un'offensiva diretta in grado di respingere violentemente il proprio avversario.)
>> Attiva

CITAZIONE
Runa che si disegna per l' intera superficie delle spalle e del collo, di colore violaceo, sottoforma di fregi gotici dall' aspetto intricato e spigoloso. Il potere svincolato dalla runa fornisce ad Albrich la forza necessaria per effettuare un assalto poderoso con l' obiettivo di spazzare via il proprio avversario. Concretamente, la tecnica è potente bordata inflitta tramite un colpo incrociato dei due martelli da guerra che si apre dal basso verso l' alto per sospingere l' avversario verso l' esterno. Il colpo implica il dover tenere il baricentro basso per poter concretizzare compiutamente l' azione).

La tecnica ha natura fisica e consiste in un' offensiva di potenza Alta, e come tale è necessario fronteggiarla.
Consumo di energia: Alto

Tecniche passive:

CITAZIONE
Runa del Nerbo:
(Talento I: Avanguardia)
>> Passiva


Ciò che contraddistingue Albrich è chiaramente una straordinaria prestanza fisica. La muscolatura allenata oltre ogni dire di questo individuo gli permette infatti di brandire armi o scudi di dimensioni ragguardevoli, difficili da padroneggiare per qualsiasi altro. Ciò si traduce nella possibilità di utilizzare, ad esempio, due grosse asce - una per mano - senza risentire quasi del loro peso, oppure di portare senza fatica un grande scudo in battaglia. In termini tecnici, i possessori di questo talento potranno utilizzare armi di grandi dimensioni come se fossero equipaggiamenti normali.


Runa dell’Acume
>>Passiva
(Pergamena “Tattiche di combattimento”: il guerriero acquisisce le conoscenze necessarie a sfruttare tatticamente l'ambiente circostante. In uno scontro ciò potrà anche tradursi nell'abilità di vincere scontri fisici a parità di CS, grazie alla superiore conoscenza del terreno di scontro da parte del guerriero.)

Non c’ è nulla di più importante per un guerriero che entrare in simbiosi con il campo di battaglia, analizzarlo, coglierne le impercettibili sfumature che ad un occhio meno esperto, ad un animo meno temprato, sfuggirebbero come l’ acqua serpeggia silenziosa tra i bianchi ciottoli di un torrente; Se tale coscienza è essenziale per un combattente, per un nano, un infimo, sottovalutato nano, è questione di vita o di morte. Se per un nano tale conoscenza è questione di vita o di morte, per Albrich, nello scorrere impetuoso degli anni, è diventata una questione d’ onore. Con quasi un secolo alle spalle,con troppe cicatrici ancora aperte ed il forte sapore della guerra sempre e costantemente sulle labbra, Albrich ha visto davvero un sacco di cose. I suoi piedi hanno calcato la nuda roccia, le fredde vallate del nord, sono affondati nella neve fresca. Il suo animo non ha vacillato dinnanzi alla natura crudele dell’ Akeran, né dinnanzi al cupo squallore dei bassifondi più torbidi. Ovunque si trovi, è stato di certo in un posto simile, sebbene peggiore, del quale conosce a mente punti deboli e punti di forza. Il campo di battaglia non ha più segreti, per l’ orgoglioso Albrich Durno Jovill Saemund Brisgamet Rotghaar.



Runa della Razza:
(Abilità Razziale)
>> Passiva


La razza dei nani gode da sempre di una particolare predisposizione alla vita dura, cosa che li ha resi nei secoli famosi per la loro tenacia senza pari; abituati a vivere nelle condizioni più abiette (sotto terra, dove la roccia viva non offre occasione di coltivare o allevare grandi quantità di vegetali e animali), i nani sono col tempo divenuti meno sensibili delle altre razze alla fatica fisica. Ciò si traduce, all'atto pratico, in una resistenza alla fame, alla sete, all'affaticamento del corpo dovuto a lunghi viaggi o combattimenti estenuanti. In termini di gioco un nano non sentirà i morsi della fame, non avrà bisogno di bere se non quando gli aggrada e non risentirà della fatica durante il combattimento, anche qualora questo dovesse protrarsi a lungo; ciononostante sverrà al 10% delle energie come qualsiasi altro.

Riassunto: Albrich si muove repentinamente alla sua destra (equivalente alla sinistra dell' avversario) e utilizza la tecnica a consumo Basso "Runa della Veemenza" per stordirlo con un danno Basso psionico. Successivamente esegue un fendente atto a colpire l' altro contendente all' addome, appena al di spora dell' ombelico per crearsi lo spazio necessario e -portatosi a distanza ravvicinata- utilizza la "Runa della Pulsione", Tecnica Fisica a consumo Alto, per spazzarlo via. Spero sia tutto chiaro

Note: Quahra :facepalm: ma si potrà!? Non ho menzionato gli effetti scenici delle tecniche da me inventati all' epoca della convalida in quanto ho in programma un riassetto tecnico che farà piazza pulita della maggior parte di questi effetti scenici piuttosto inutili. Spero non ci siano altri strafalcioni del genere QUashra.
 
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view post Posted on 10/9/2014, 14:42


Praise the Sun


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Seregon
Che cosa fastidiosa non riuscire a rimanere concentrati... beh in realtà non tanto ma capendo a pelo quanto gli veniva detto una punta di lucidità mentale non guastava.

« Tu, ritardatario, starai in coppia con me... . »

*Ewww...*

La sua prima reazione fu di completo disgusto, non aveva ancora compreso che il senso con cui gli era stato detto non era lo stesso che aveva capito lui

*Dove cazzo mi ha mandato quell'ubriacone? Pensavo fosse una cosa militare non un ritrovo per coppie omosessuali*

« Speriamo che le tue abilità siano di gran lunga superiori al tuo senso del tempo. »

La mente gli giocò un brutto scherzo facendogli lampare in mente un immagine tutt'altro che piacevole

*Dio santissimo!*

In un misto di disgusto e nausea iniziò a percepire qualcosa risalirgli su per l'esofago fino a quando l'acidulo odore dell'adrenalina non gli pizzicò il naso facendolo rinvenire prima che accadesse il peggio

"Ah...."

Si appoggiò con una mano ad una colonna lì vicino e sospirò asciugandosi la fronte, aveva letteralmente sudato freddo, iniziando a guardarsi attorno per distrarre la vista iniziò finalmente a comprendere il reale significato di quelle parole

*Non sono mai stato così felice di aver frainteso qualcosa...*

"Ok ok ci sono, sto bene, ho solo bevuto un barile di troppo la scorsa notte, tutto qui."

Nel tentativo di spiegare il perché delle sue azioni tirò fuori quella quattro parole mentre tornava in posizione difronte al nano

"Possiamo iniziare."

Poteva anche aver detto così ma in faccia era ancora un tantinello pallido, non si era ancora ripreso del tutto da quella tremenda visione che se pur breve gli aveva attorcigliato le budella.
Mandò giù per la sua bocca asciutta le ultime gocce di saliva ed inspirò profondamente per acquietare ogni distrazione, l'aura attorno a lui era cambiata, non si respirava più quel che di stupido ed una nuova aria come di timore iniziò ad accerchiare la zona, lo stesso che si prova d'inanzi a qualcuno di irraggiungibile, il suo avversario, tuttavia, si sarebbe ritrovato ad osservare qualcosa di ben peggiore.
Espirò così come aveva lasciato entrare l'aria nei suoi polmoni e come sottile buccia la pelle di Seregon iniziò a venir via lasciando spazio a rosse chiazze di sangue sempre più grandi, a capelli blu che scolorivano in un apatico color cenere mentre tra le labbra andava insinuandosi una lingua sproporzionata al resto della bocca totalmente ricoperta da spine ossee che laceravano la stessa carne da cui uscivano, lasciando sgorgare un sangue denso e scuro come la pece

"Se non sbaglio... prima hai parlato di mostri..."

Non alle orecchie ma nel più recondito della mente una voce rauca e profonda iniziò a sibilare

"Ma dubito tu ne abbia mai realmente visto uno... prima di me..."

Mentre quella era solo una distrazione per consentire a Seregon l'ennesima trasformazione, da dietro quel demonio illusorio e con una ferocia tale da esser palpabile, non solo la presenza ma anche le sembianze di un Re avevano modificato ogni centimetro del suo corpo.
Una fulgente criniera sfumata dai colori del fuoco si muoveva assieme a lui in una cruda cadenza di colpi sul cranio, vena giugulare interna, polmone sinistro e cuore di chi ora gli si parava difronte, portati da mani or divenute artigli affilati di bestia, ed intrisi dal potere di falciare via ogni vita... .

Seregon

kugipunch

[CS: 2+2 Forza.]


Narrato Parlato Pensato



Ferite Accumulate:
Nessuna.

Status Psicologico:
Nella norma.

Energia Residua:
90%-5%-10%=75%

Armi:

-Pelle coriacea: Resistente e al tempo stesso leggerissima, la sua epidermide risulta essere di consistenza pari se non superiore al cuoio rinforzato.
In termini di combattimento, la difesa del giocatore sarà pari a quella di una persona che indossa una comune armatura.

-Nocche ferree: Se un normale pugno dato da qualcuno come lui fa male già di per se, che effetti potrebbe mai avere se la normale "morbida" consistenza organica venisse a mancare perché sostituita da una più metallica? Beh, si spera di non scoprirlo mai a proprie spese.
A livello pratico i colpi sferrati equivalgono agli stessi che si darebbero con un tirapugni metallico.

-Breath bazooka: Se necessario, al pari di un'arma da fuoco di grosso calibro, Seregon sarà in grado di espellere dalla propria bocca un singolo colpo d'aria pressurizzata di ragguardevole potenza.
All'interno di un combattimento è possibile usarlo una sola volta.


Abilità Passive:

Sangue di Pietra
Di tutte le razze, gli umani maledetti sono senz'altro quelli più denigrati, allontanati e scacciati di tutti. Proprio per questo, quindi, hanno dovuto imparare a cavarsela da soli e non farsi mettere i piedi in testa da nessuno. A forza di crescere in questo modo, gli umani maledetti si sono abituati a gente che tenta di intimorirli, minacciarli o irretirli e hanno sviluppato quella che potrebbe definirsi una particolare "Abilità razziale". Sono infatti parzialmente immuni alle influenze psicologiche. Non a tutte, si intende, altrimenti risulterebbero atoni e privi d'emozioni, ma senz'altro, a differenza di tutte le altre razze, si lasciano intimorire meno facilmente e persuadere con notevole difficoltà.
Quest'abilità è una normale difesa psionica di livello passivo.

Cadi e Risorgi
Anche quando i colpi subiti si sono cumulati gli uni agli altri, persino con ossa spezzate e muscoli contusi, il corpo ancora in piedi per la battaglia.
In grado di camminare nonostante una gamba spezzata, di impugnare le armi quando le braccia appaiono inservibili, di muoversi con discreta disinvoltura col corpo leso e ammaccato.
Di non cadere a terra se non col cuore trafitto o la testa tagliata.
Quello visto prima come un dono si scopre poi come l'ennesima spada di Damocle pendente sul suo collo.
In termini di combattimento, il personaggio sarà in grado di proseguire nella battaglia anche dopo aver subito ingenti danni, perfino la mutilazione di un arto non sarebbe sufficiente a impedirgli di sferrare un altro attacco.
Quindi le ferite per quanto gravi, non gli impediranno di proseguire la battaglia al pieno delle proprie forze.

Omnifagia
Il personaggio potrà ingoiare e divorare qualunque cosa, nutrendosi di essa e non subendone comunque alcun danno. Ciò consentirà al personaggio di mangiare anche cibo marcio o avariato, senza venirne danneggiato o influenzato in qualunque modo. Allo stesso modo, il metabolismo particolare gli consentirà di non subire alcun danno da qualunque veleno non tecnica, potendo comunque soffrirne eventuali effetti collaterali agli stessi legati.

Avanguardia
La forza per definizione non necessita di spiegazione alcuna, ed è per questo stesso motivo che inspiegabile è il loro potere. In grado di sollevare i pesi più grandi col minimo sforzo, questa particolare categoria di guerrieri vanta una forza straordinaria, tanto dal poter impugnare armi altresì inutilizzabili per forma e dimensioni come alabarde o bastarde a due mani, finanche mazze ferrate o magli dal peso insostenibile come fossero leggerissimi stocchi.

La Forza Di Sopravvivere
Sul campo di battaglia, tutti sono forti. Non vi è nessuno che è più debole di un altro. Tutti hanno lo stesso allenamento, lo stesso equipaggiamento, lo stesso comandante, e allora cos'è che permette ad alcuni di restare in vita e ad altri di morire? La risposta è molto semplice: è tutto basato sulla propria forza. Ma non la forza fisica, ma la forza della propria volontà. La prima guerra non è vinta sul campo di battaglia, ma nella mente di ogni guerriero. Ognuno di loro deve imporre la propria volontà a calmare la propria mente. Coloro che cadono in battaglia hanno affrontato opponenti con una volontà più forte della loro. Non c'è nulla di cui sorprendersi, davvero. Se ogni persona avesse la stessa forza di volontà, allora vedrebbero anche che non vi è alcun motivo per combattere. Ma non è questo il punto. La volontà della gente è proprio come la gente stessa, diversa tra loro. L'unico motivo per cui io sono stato capace di sopravvivere in queste battaglie è perché ho avuto la volontà più forte. Tutti sono caduti prima di me e nessuno è stato capace di fermare la mia avanzata. La mia volontà mi ha concesso la forza di restare in vita, ma per quanto ancora? Solo finché la mia volontà sarà la più forte, ma in questa guerra tutto è possibile... .
In termini pratici il portatore di tale passiva avrà un'immunità al dolore psionico, ma non dai danni.


Percezione ferina
Il suo senso più sviluppato è senza dubbio l'olfatto, tanto da usarlo spesso perfino per raccogliere informazioni. Per esempio è stato capace di determinare di determinare che la femmina di un esemplare che stava cacciando era incinta dal debole odore di liquido amniotico. E' perfino capace di percepire i feromoni con il suo olfatto. In caso di totale oscurità riesce ad usare questo suo senso per combattere, anche se per ovvi motivi non è molto efficace. Questa sua capacità unità alla vasta conoscenza di flora, fauna e non solo rivela essere ben più di un semplice senso sviluppato oltre i normali limiti umani ed animali, ma una vera e propria arma.

La Zanna della bestia
Il potere dell’artefatto è tanto grande da assoggettare chiunque si trovi nelle sue immediate vicinanze, intimando in loro un senso di impotenza nei suoi confronti. Ebbene si, gli avversari vedranno il possessore della Zanna come un nemico inarrivabile, si sentiranno inevitabilmente più deboli e saranno quindi spinti a riconoscere la sua superiorità.


Abilità Attive:

Kishin (Intimorire)
Lo spirito interposto fra il mondo del demoniaco e il terreno infonde un intenso e sconvolgente senso di paura e sgomento a chi si oppone, la raffigurazione del suo mefistofelico essere viene sprigionato da ogni fibra del suo corpo.La tecnica ha natura psionica, e sarà possibile attivarla nel momento in cui Seregon si avvale di qualsiasi tipo di offensiva fisica senza particolari limitazioni.
Nell’esecutore di quest’ultima si potranno scorgere nel caster le fattezze di un demone rosso dai pallidi capelli, ben più grande e nerboruto di un orco, che nella sua mostruosità avrà come obiettivo l’impedire un’adeguata difesa, incutendo nel soggetto obiettivo del colpo una sorta di timore. A sottolineare la raffigurazione psionica dell’essere leggendario vi sarà un rauco ruggito, che diverrà progressivamente più insistente avvalorando l'ipotesi che il demone stia per aggredirlo. Oltre alla risultante dell’attacco fisico, la tecnica in sé infliggerà danno psionico di livello Basso, e sarà possibile schermarsi mediante una difesa psionica del medesimo potenziale.

Consumo di energia: Basso

La Zanna della Bestia
Prendendo in prestito il corpo del possessore lo trasformerà in un ibrido tra uomo e leone, rendendolo più forte, più feroce, più aggressivo, dando sfogo a tutta la sua animalesca natura.[Per due turni l’utilizzatore si trasforma in un efferato ibrido fra uomo e leone ed ottiene 2 CS alla Forza.]

Consumo di energia: Medio



Note:Inizialmente descrivo l'effetto della passiva di timore alla quale si aggiunge la tecnica psionica "Intimorire" che viene per l'appunto usata come distrazione per utilizzare una delle attive del mio artefatto e saltare addosso a Tulunay mirando a colpire con violenza i cinque punti descritti :sisi:
P.s. Se le mie conoscenze di anatomia non mi hanno ancora fatto ciao ciao la vena giugulare interna dovrebbe trovarsi disposta obliquamente su lato desto del collo :look:
P.p.s. Sono nel terrore che mi stacchino la corrente da un momento all'altro e ho dovuto affrettarmi per evitare di perdere tutto vista l'affidabilità dei miei mezzi. sweatdrop3

 
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view post Posted on 18/9/2014, 10:47

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Tulunay guardava il suo avversario con l’aria di chi aveva visto troppe cose in quella vita per lasciarsi impressionare. Forse era vero, il ragazzo aveva qualche talento particolare e, vagamente, suscitava in lui qualche timido tentativo di timore, paura. Eppure Tulunay non si scompose, non batté ciglio dinanzi al ragazzo, nemmeno nel momento stesso della trasformazione dell’avversario. No, Tulunay di mostri ne aveva visti. Lui era cresciuto coi mostri suoi vicini di casa, aveva visto cose che un bambino non avrebbe mai dovuto vedere cose che, inevitabilmente, lo avevano cambiato.

« Un mostro, è molto peggio di te. »

Ed era vero e, in parte, trovò buffo l’affermazione di quell’essere. Tulunay era stato uno dei fautori della rinascita nanica, aveva combattuto la guerra proprio lì a Qashra, aveva visto l’esercito di demoni abbattersi contro le mura di quella città. Sorrise, mestamente, rimembrando come quei mostri gli avessero portato via praticamente ogni cosa, tutto per un sogno, l’ideale di qualcun altro. Non che Tulunay non fosse d’accordo con la Riunificazione, solamente aveva pagato un prezzo troppo alto per averla. Una vita da eremita gli sarebbe bastata. L’essere si avvicinò a lui rapidamente, brandendo come arma null’altro che le sue mani e i suoi artigli. Tulunay, di tutta risposta, gettò in terra la spada da allenamento, mostrando all’avversario le sue nocche, le sue armi preferite. Evitò con facilità ogni attacco, sentì solamente un rivolo di sangue fuoriuscirgli dalla guancia segno che, anche lui, poteva essere ferito. Forse qualcuno si sarebbe stupito, qualcuno si sarebbe preoccupato per le sorti della bestia. In realtà Tulunay rimase impassibile anzi, passò al contrattacco. Il nano parve quasi librare in aria, muoversi qualche centimetro da terra, come se i suoi piedi non solcassero la sabbia dell’arena. Dapprima il nano colpì con un singolo pugno, letale e preciso alla bocca dello stomaco, il colpo avrebbe piegato, qualora fosse andato a segno, l’avversario, mostrando così la testa a portata di nocche. Successivamente avrebbe colpito, con la velocità che esso possedeva, il naso della bestia. Avrebbe concluso così, con questi soli due attacchi, d’altra parte non voleva ucciderlo, solo dargli una piccola lezione.



___________ ________________ _____________

La donna vide la nana avvicinarsi rapidamente, sentì qualcosa cercare di penetrargli nella mente, eppure quella cosa non giunse mai a destinazione. Nata e cresciuta da nomade, la donna aveva affrontato tanti pericoli, tanti uomini che volevano truffarla. Col tempo, lei aveva imparato a schermare la propria mente per proteggersi dai malintenzionati. Era diventata forte e, non aveva paura di nessuno, tanto meno di quella nana. L’arma di legno gli si spezzò in mano ma, per lei, la nana fu fin troppo stupida. Ella non affondò il colpo, né arretrò, anzi rimase a sua portata servendole l’offensiva su un piatto d’argento. Sotto i piedi di Arshona si generò un triangolo di luce, da esso uscirono fuoco e fiamme che avrebbero bruciato le carni della nana, eppure l’offensiva non finì li. La donna, visto la poca altezza della nana, cercò di sferrarle un calcio in pieno viso, come a volerle staccare la testa di netto. Lei avrebbe dato il meglio di se stessa, perché lì non c’era posto per falsi buonismi, lei avrebbe combattuto per guadagnarsi la libertà. Per sopravvivere.
« Non sei abbastanza, per me. »
______________ ______________ ________________

Il nano sorrise, guardando il suo avversario con sufficienza. Eppure dovette presto ricredersi. Non si aspettava un’offensiva del genere anzi, per un attimo, il nano rimase sorpreso, paralizzato come se fosse impaurito. Venne colpito alle costole e immediatamente si sentì perso, confuso, stordito, il secondo colpo arrivò senza che neanche se ne accorgesse. Ma, quando arrivò il dolore, quando subentrò la paura. Lì le sue difese ebbero la meglio. Una barriera lo parò da quell’attacco che lo avrebbe sicuramente messo fuori gioco. Fu quasi con inconsapevolezza che alzò quella difesa. Giusto in tempo per uscirne illeso. Sorrise di nuovo, con strafottenza. Contrattaccò, come se non ci fosse un domani, come un toro a testa bassa. Avrebbe colpito il nano prima con un pugno al volto, poi con un colpo talmente potente, allo stomaco, da farlo volare via, sbalzarlo lontano. Perché lui era una montagna, un nano cazzuto. E non si sarebbe arreso, per Tulunay e per il sultanato.



CITAZIONE
Note: Ok, il prossimo turno avrete tempo fino al 25 per postare, dovete solo difendervi e contrattaccare.
Difendetevi da queste Tech:
Ashel:
CITAZIONE
Trappola incandescente: il cacciatore crea una sagoma di luce sotto i piedi dell'avversario, causando gravi ustioni a chiunque permanga all'interno della stessa che non sia il cacciatore stesso.
La tecnica ha natura magica. La tecnica sarà personalizzabile a piacimento circa natura, forma e fattezze della sagoma, purché questa renda sempre identificabile l'area di effetto della stessa. Chiunque permanga nella sagoma di luce, e non sia lo stesso caster, subirà danni da fuoco pari a Medio per ciascun turno. La tecnica dura complessivamente due turni e svanisce al termine del secondo turno seguente dell'avversario. Qualunque materiale infiammabile presente nell'area di effetto subirà danno da fuoco come se esposto ad una fonte diretta di calore. Per evitare il danno, l'avversario dovrà sfruttare le proprie abilità e combinarle in uno stratagemma idoneo a liberarlo dall'effetto della sagoma, non potendo sottrarsi semplicemente camminando. L'effetto agisce su tre dimensioni, interessando chiunque attraversi la sagoma, anche volando.
Consumo di energia: Alto

Joconno:
CITAZIONE
Colpo di sfondamento: il guerriero colpisce l'avversario con grande impeto, spingendolo a terra e frastornandolo.
La tecnica ha natura fisica. Il guerriero effettua una carica, o aggredisce l'avversario con un attacco particolarmente impetuoso, in grado di spingere il nemico a terra oppure indietro. La tecnica ha il duplice effetto di cagionare danni Bassi e causare nella vittima una forma di paralisi temporanea che dura un turno e non è sintomo di ulteriori ferite. Il bersaglio colpito subirà quindi una contusione e sarà impossibilitato a fornire reazioni immediate per tutto il suo turno. Va considerata una tecnica fisica di potenza Media e come tale fronteggiata.
Consumo di energie: Medio

Akuma:
CITAZIONE
Colpo lesionante: il guerriero sferra un'offensiva tanto precisa quanto letale, in grado di cagionare danni interni all'organismo del nemico.
La tecnica ha natura fisica. Il guerriero concentra la sua prossima offensiva in un punto specifico del corpo avversario, così da infliggere importanti danni non visibili dall'esterno. La tecnica causa infatti lesioni interne, poiché il contraccolpo dell'attacco si ripercuote specificatamente agli organi, ai tessuti e alla muscolatura. Questo attacco può essere portato sia a mani nude che con qualsiasi arma bianca. La tecnica va considerata come un'offensiva fisica di potenza Alta, e come tale fronteggiata.
Consumo di energia: Alto

Passiamo ai giudizi del primo turno:
Ashel:
Scrittura: Non male come post, i pensieri di Arshona risaltano, la psiche della nana, e il suo background, sono il fulcro principale dello scritto e questo è un bene ma anche una lama a doppio taglio. Il combattimento in sé è raccolto in poche righe, così come la descrizione dell’umana a cui dedichi veramente veramente poco. In questo turno volevo che il vostro avversario fosse descritto maggiormente, dando uno spessore, avevate carta bianca su ogni cosa e, invece di parlare del bg della nana (comunque apprezzabile), avresti potuto dare più spazio al tuo avversario. Ultimo errore che ti segnalo, nell’esercito nanico, come detto, non ci sono molti umani, se contiamo che l’esercito nanico è composto dal 90/95% di nani e 10/5% altre capirai bene che questi restanti gli umani non sono molti.
Gold: 65/100
Strategia:
Non hai sfruttato a pieno il primo turno. Hai usato si due tecniche, ma fondamentalmente sono due tecniche di supporto, tra l’altro senza neanche attaccare con un fisico. Onestamente, disarmare un avversario che ha una spada da allenamento non ha molto senso, ma contiamo che aveva una spada normale lo stesso è un attacco un po’ buttato. Difatti tu stordisci l’avversario, cosa buona e giusta, poi avresti dovuto attaccare con una tecnica e un fisico o, proprio al limite, disarmare ma comunque attaccare con un fisico. Questa parte non mi è piaciuta.
Gold: 45/100
Sportività: Nulla da segnalare, ti sei comportata nei termini del regolamento.
Gold: 60/100

Joconno:
Scrittura: La prima cosa che posso farti notare è l’uso della punteggiatura, in molti casi errato, in alcuni assente. Adoperi periodi troppo lunghi e ti riporto un paio di esempi in cui avresti dovuto usare la punteggiatura in maniera diversa:
Perché non riusciva a sentire la stessa risolutezza che gli altri, in quel polveroso buco della terra, sembravano provare al solo contatto con il legno scheggiato della spada?
Ecco, quel legno aveva diversi sapori nelle sua memoria: il gusto metallico del sangue, denso e nero che sgorgava dai graffi che la spada lasciava sulla pelle nuda; il sentore amaro della sconfitta, della terra masticata a forza di cadere e di nuovo cadere; quello agrodolce degli sguardi di suo padre, dal faccione sorridente e placido, che insieme a qualche pacca di incoraggiamento si faceva sfuggire di tanto in tanto un mesto sospiro, o una scorsa(??) indecifrabile, uno sguardo che riusciva ad essere comprensivo e deluso, iracondo e rinfrancante allo stesso tempo.
Alcune frasi sembrano non avere nemmeno tanto senso logico, abbondi di aggettivi lì dove non servono, alcuni periodi sono di difficile comprensione per colpa di termini sbagliati o dove addirittura mancano proprio pezzi: Voltatosi, Albrich avvicinarsi un nano dal sorriso sfrontato e genuino, talmente ostentato da mostrare ogni singolo dente egli avesse in bocca.
Inoltre, ci sono molti errori di distrazione, coadiuvati anche da errori sull’uso dei tempi verbali, la narrazione, che è al passato, in alcuni casi diventa presente senza alcun motivo valido. Fai molta attenzione, la narrazione al passato richiede l’uso di questi tempi verbali: Imperfetto; passato remoto; trapassato remoto; passato prossimo. Questi tempi, rispettando comunque una consecutio temporum, possono essere utilizzati nello stesso periodo, come puoi notare, il presente non figura. Ultima cosa, perché penso di essere abbastanza esaustivo, abusi troppo dei … nei discorsi diretti inoltre, la punteggiatura va inserita in questo modo. Parola, altra parola. Non parola , parola . Può sembrare una piccolezza ma, in realtà, non lo è. Ti consiglio di scrivere i post su word che, bene o male, limitano già un po’ di errori, soprattutto quelli di disattenzione, per tutto il resto c’è la pratica e, ahimé, lo studio.
Gold: 45/100
Strategia: Buon attacco, di certo il tuo campo migliore, parti con un basso per stordirlo più un fisico più la tech. Io avrei usato supporto, tech, fisico. Ma alla fine cambia di poco. L’unica cosa che posso recriminarti è l’uso dei consumi, hai speso il 25% di energie al solo primo turno. Non c’è una regola fissa, per questo non ti penalizzo perché non possiamo vedere l’andamento generale dello scontro, ma posso darti un consiglio: stai attento ai consumi ricorda che, in linea generale, si hanno 5 turni e 100% di energie, dividendo si ottiene il 20% ogni turno a cui devi sottrarre l’energia per non morire, quindi il 5%. Per cui hai, sempre in maniera orientativa, 4 turni al 20 % e 1 al 15%. Non sarà sempre così, ma cerca di giostrare bene l’uso dei consumi.
Gold: 65/100
Sportività:
Nulla da segnalare, tutto nella norma.
Gold: 60/100

Akuma:
Scrittura:
Ammetto che riesci a strapparmi un sorriso, ma a volte lo sferzante umorismo con cui cerchi di impregnare i tuoi scritti diventa un tantino troppo. L’ironia è un’arma difficile da usare ed è facile abusarne, Seregon, per colpa di ciò, appare totalmente fuori contesto. Il testo manca di descrizioni sia dell’ambiente che degli altri personaggi. Ciò che risalta, in maniera comunque abbastanza limitata, è la psiche del pg. Anche tu in alcuni periodi ti scordi completamente l’uso della virgola e, cosa ben peggiore, alla fine di un periodo non metti proprio il punto. Anche tu, come Joconno, abusi dei tre puntini lì dove ci andrebbe bene anche la virgola. È lecito usarli, ma cercate di limitarne l’uso.
Gold: 50/100
Strategia:
Anche tu usi due tecniche prettamente di supporto, ok alzarti i cs, ma ci ricavi ben poco. Usando i cs base che avrebbe una verde arriveremo a 4 cs, tu pareggi e a me basta evitare la psionica bassa per trovarmi sostanzialmente in un punto di equilibrio. Come detto ad Ashel, anche tu avresti dovuto osare di più. Due tecniche di supporto (che non fanno danno ma aiutano il pg nell’attacco) a mio avviso, non sono un attacco ottimale, tuttavia, al contrario di Ashel, dai un senso a tutta la tua offensiva con gli attacchi fisici. Ben 5.
Tulunay non ha 4 cs (ma per questa quest faccio finta di si).
Gold: 60/100
Sportività:
Due tecniche (stordimento + pu) + 5 attacchi fisici è decisamente troppo. Due, massimo massimo tre attacchi fisici, 5 sono un’esagerazione. Difatti mi hai “costretto” a prender danni, quando in realtà non avrei dovuto, i cs in forza non vengono tra l’altro menzionati ai fini dell’attacco. Cinque attacchi danno più l’idea, in ogni caso, di attacchi basati sulla velocità più che sulla forza. Questo è un errore, fai attenzione.
Gold: 45/100
 
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view post Posted on 19/9/2014, 23:11


Praise the Sun


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Seregon

"Tsk, solo un graffio eh?"

Sia l'illusione che l'attacco a sorpresa aveva fruttato un semplice rivolo di sangue, interessante, vediamo cosa tirava fuori lui adesso.

"Tutto qui quello che sai fare?"

Immobile non si era minimamente degnato di parare il primo dei colpi diretto alla bocca dello stomaco mentre il secondo attacco fu bloccato dalla ferrea difesa del suo avambraccio infrapposto tra il proprio volto e il pugno.

"Non mi hai nemmeno fatto il solletico"

Alzò il capo mostrando un piccolo sorriso stampato sul volto, innegabile che in realtà stava solo facendo la sbruffone ma era altrettanto innegabile che Seregon era un tipo particolarmente coriaceo e che serviva ben altro per smuoverlo.

"Questo è un vero pugno!"

Approfittando del fatto che fossero ancora abbastanza vicini e del possibile effetto sorpresa per l'aver resistito in quel modo allungo la mano cercando di afferrarlo per il braccio con cui l'aveva attaccato per poi senza fermarsi portare avanti il piede più dietro in un'unica carica che vide partire assieme al passo anche una rotazione del busto che accompagnava un pugno apparentemente come i precedenti ma che in realtà serbava una potenza ben più grande.
Dopo essersi lanciato in una presa d'acciaio al braccio dell'altro, Seregon si scatenò in un violentissimo colpo delle sue nocche metalliche al ventre mediante un gancio partito dal basso e mirante verso l'alto, se non si fosse parato adeguatamente sarebbe anche potuto volar via tanta era la furia di quell'attacco, o no?
Vi era un motivo se prima si era mosso per poterlo afferrare, successivamente alla riuscita o meno della prima offensiva si sarebbe scatenato in un altrettante dirompente testata alla fronte mentre lo tirava a se per incrementare quanto più poteva i danni, ma anche senza avvicinarlo qualora non si fosse lasciato prendere avrebbe comunque messo tutto se stesso in quell'azione.

"E questo..."

Scattò indietro scivolando sul terreno arido e preparandosi a divertirsi un po', poteva anche essere un semplice allenamento ma lui era fatto così e non poteva trattenersi quando sapeva di ritrovarsi difronte a qualcuno contro cui valeva la pena battersi, la cosa lo eccitava tantissimo.
Per pochi attimi tutto quell'impeto che doveva venir fuori iniziò spegnersi così come la luce del sole iniziata a svanire in un turbinio di fumo nero che li avvolse isolandoli da tutto e tutti.

"..."

Quella densa nebbia oscura prese a vorticare scendendo su Seregon in una stretta morsa accompagnata da un vibrante ruggito che penetrò nelle ossa di tutti.
Zanne pregne di terrore e dorso ricoperto da scaglie dure come scudi saldate in uno stretto suggello che non permetteva nemmeno all'aria di passare, terrore dei forti e fallimento di ogni speranza la più orribile quanto meravigliosa creatura delle leggende aveva fatto la sua comparsa irradiando un respiro ardente che incendiava i tizzoni, venne fuori dando l'impressione che fosse apparso dall'interno del suo evocatore anziché materializzatosi dal nulla, irradiò luce dalle sue narici in un piccolo starnuto mentre i suoi occhi ricolmi dei colori dell'aurora fissarono il nano.

"E' un vero mostro!"

Poco importava quanto potesse esser forte o quanti mostri potesse aver visto, non poteva sperare di poter affrontare quell'essere così come aveva fatto con le altre prima di lui.
Non spada che lo raggiunge, né lancia né freccia né giavellotto vi si infligge; stima il ferro come paglia, il bronzo come legno tarlato e come stoppia stima una mazza facendosi beffe anche del vibrare dell'asta.
La tensione stava prolungato a dismisura quelli che in realtà non erano altro che pochi istanti ma come biasimarli difronte all'apparizione del Leviatano?
Successivamente all'entrata trionfale le porte della sua bocca si spalancarono riversando su chiunque gli si trovasse difronte un imponente fascio denso come l'acqua e corrosivo come l'acido che avrebbe lentamente sgretolato carne, ossa e anima della sua vittima.
Un grosso sospiro venne fuori dalle labbra di Seregon a causa dello sforzo, che avesse strafatto?
Decisamente, percepiva chiaramente come l'ultimo attacco lo aveva sfiancato più degli altri ma del resto... ogni tanto bisogna anche saper esegerare, no?

Seregon

kugipunch

[CS: 2+6 Forza.]


Narrato Parlato Pensato



Ferite Accumulate:
Alto al ventre, danni interni non visibili.

Status Psicologico:
Nella norma.

Energia Residua:
75%-10%-20%=45%

Armi:

-Pelle coriacea: Resistente e al tempo stesso leggerissima, la sua epidermide risulta essere di consistenza pari se non superiore al cuoio rinforzato.
In termini di combattimento, la difesa del giocatore sarà pari a quella di una persona che indossa una comune armatura.

-Nocche ferree: Se un normale pugno dato da qualcuno come lui fa male già di per se, che effetti potrebbe mai avere se la normale "morbida" consistenza organica venisse a mancare perché sostituita da una più metallica? Beh, si spera di non scoprirlo mai a proprie spese.
A livello pratico i colpi sferrati equivalgono agli stessi che si darebbero con un tirapugni metallico.

-Breath bazooka: Se necessario, al pari di un'arma da fuoco di grosso calibro, Seregon sarà in grado di espellere dalla propria bocca un singolo colpo d'aria pressurizzata di ragguardevole potenza.
All'interno di un combattimento è possibile usarlo una sola volta.


Abilità Passive:

Una piccola storia che nessuno leggerà
Ho sempre avuto l'abitudine di sorridere senza importarmi di quanto fosse merdosa la mia vita.
Potrebbe essere perché ero a pezzi e stanco al punto che perfino il cielo mi sembrava nero, tutto mi buttava giù ma non potevo accettare che gli altri mi vedessero spaurito.
Stava piovendo quando sono entrato in quel posto all'ora di pranzo, e ogni fottuta persona aveva una triste e depressa espressione dipinta sul volto, ognuno di loro parlava a compagni e amici, ma non io.
Io ero lì con un sorriso da deficiente stampato sulla mia faccia, come se il sole splendesse solo per me.
Poco dopo che ero entrato un signora anziana entrò nello stesso posto, si sedette difronte a me disse che amava il modo in cui sorridevo sempre.
Le risposti che avrebbe dovuto guardarsi attorno, se ognuna di quelle persone presenti avrebbe sorriso perfino una pecora si sarebbe sentita meglio, e che valeva lo stesso concetto anche per tutte le altre cose, ecco perché qualcuno doveva iniziare a sorridere e sperare che contagiasse anche gli altri.
Quella vecchia signora sorrise per tutto il tempo che restò in quel posto e lo stesso fece un'altra persona che aveva ascoltato la conversazione.
Il mio giorno era stato reso migliore semplicemente vedendo quei due sorrisi.
Non lo faccio per aiutare gli altri, la verità e che sono fottutamente depresso e magari se gli altri iniziassero a sorridere, anch'io potrei finalmente apparire triste e lasciar che siano gli altri a tirarmi su.
Quest'abilità è una normale difesa psionica di livello passivo.

Cadi e Risorgi
Anche quando i colpi subiti si sono cumulati gli uni agli altri, persino con ossa spezzate e muscoli contusi, il corpo ancora in piedi per la battaglia.
In grado di camminare nonostante una gamba spezzata, di impugnare le armi quando le braccia appaiono inservibili, di muoversi con discreta disinvoltura col corpo leso e ammaccato.
Di non cadere a terra se non col cuore trafitto o la testa tagliata.
Quello visto prima come un dono si scopre poi come l'ennesima spada di Damocle pendente sul suo collo.
In termini di combattimento, il personaggio sarà in grado di proseguire nella battaglia anche dopo aver subito ingenti danni, perfino la mutilazione di un arto non sarebbe sufficiente a impedirgli di sferrare un altro attacco.
Quindi le ferite per quanto gravi, non gli impediranno di proseguire la battaglia al pieno delle proprie forze.

Omnifagia
Il personaggio potrà ingoiare e divorare qualunque cosa, nutrendosi di essa e non subendone comunque alcun danno. Ciò consentirà al personaggio di mangiare anche cibo marcio o avariato, senza venirne danneggiato o influenzato in qualunque modo. Allo stesso modo, il metabolismo particolare gli consentirà di non subire alcun danno da qualunque veleno non tecnica, potendo comunque soffrirne eventuali effetti collaterali agli stessi legati.

Avanguardia
La forza per definizione non necessita di spiegazione alcuna, ed è per questo stesso motivo che inspiegabile è il loro potere. In grado di sollevare i pesi più grandi col minimo sforzo, questa particolare categoria di guerrieri vanta una forza straordinaria, tanto dal poter impugnare armi altresì inutilizzabili per forma e dimensioni come alabarde o bastarde a due mani, finanche mazze ferrate o magli dal peso insostenibile come fossero leggerissimi stocchi.

La Forza Di Sopravvivere
Sul campo di battaglia, tutti sono forti. Non vi è nessuno che è più debole di un altro. Tutti hanno lo stesso allenamento, lo stesso equipaggiamento, lo stesso comandante, e allora cos'è che permette ad alcuni di restare in vita e ad altri di morire? La risposta è molto semplice: è tutto basato sulla propria forza. Ma non la forza fisica, ma la forza della propria volontà. La prima guerra non è vinta sul campo di battaglia, ma nella mente di ogni guerriero. Ognuno di loro deve imporre la propria volontà a calmare la propria mente. Coloro che cadono in battaglia hanno affrontato opponenti con una volontà più forte della loro. Non c'è nulla di cui sorprendersi, davvero. Se ogni persona avesse la stessa forza di volontà, allora vedrebbero anche che non vi è alcun motivo per combattere. Ma non è questo il punto. La volontà della gente è proprio come la gente stessa, diversa tra loro. L'unico motivo per cui io sono stato capace di sopravvivere in queste battaglie è perché ho avuto la volontà più forte. Tutti sono caduti prima di me e nessuno è stato capace di fermare la mia avanzata. La mia volontà mi ha concesso la forza di restare in vita, ma per quanto ancora? Solo finché la mia volontà sarà la più forte, ma in questa guerra tutto è possibile... .
In termini pratici il portatore di tale passiva avrà un'immunità al dolore psionico, ma non dai danni.

Percezione ferina
Il suo senso più sviluppato è senza dubbio l'olfatto, tanto da usarlo spesso perfino per raccogliere informazioni. Per esempio è stato capace di determinare di determinare che la femmina di un esemplare che stava cacciando era incinta dal debole odore di liquido amniotico. E' perfino capace di percepire i feromoni con il suo olfatto. In caso di totale oscurità riesce ad usare questo suo senso per combattere, anche se per ovvi motivi non è molto efficace. Questa sua capacità unità alla vasta conoscenza di flora, fauna e non solo rivela essere ben più di un semplice senso sviluppato oltre i normali limiti umani ed animali, ma una vera e propria arma.

La Zanna della bestia
Il potere dell’artefatto è tanto grande da assoggettare chiunque si trovi nelle sue immediate vicinanze, intimando in loro un senso di impotenza nei suoi confronti. Ebbene si, gli avversari vedranno il possessore della Zanna come un nemico inarrivabile, si sentiranno inevitabilmente più deboli e saranno quindi spinti a riconoscere la sua superiorità.


Abilità Attive:

Avanguardia
La necessità talvolta richiede uno sforzo supplementare, anche per i padroni di questo Dominio. Ardore, impeto combattivo, furia fine a sé stessa, i motivi possono cambiare ma il potere al quale attingere è sempre il medesimo. Sarà così che spendendo un quantitativo di energie pari a Medio e senza l’ausilio di alcun tempo di concentrazione, il caster sarà in grado di potenziare le proprie doti fisiche invigorendo la massa muscolare nelle metodiche che riterrà più opportune. In termini di gioco questo potenziamento conferirà al personaggio 4 CS alla Potenza Fisica per il solo turno in cui la tecnica è stata attivata, al termine del quale tornerà al suo stadio originario.

Consumo: Medio

La Zanna della bestia
L'ambiente circostante muta, sia esso un luogo chiuso o uno spazio aperto, tutto si tinge di nero, i confini perdono ogni vincolo ed enormi nuvole grigie vanno a riempire il cielo. Fra queste, numerose spire argentate si muovono sinuose e senza fine, lasciando che la testa del tremendo leviatano scenda accanto al suo padrone. L'enorme serpente ha occhi color dell'oro, fauci colme di zanne ed un alito che sa di morte. Prima di attaccare emette un violento sibilo, un rumore assordante che in genere, un tempo, preannunciava la fine di ogni ostilità. Le fauci vengono infine spalancate ed un fascio di luce viola, investe ogni nemico si trovi sul suo cammino, corrodendone le carni, le ossa e l'anima.

Consumo: Alto


Note:Essenzialmente usando la cara vecchia ex-passiva degli orchi reagisco senza lasciarmi intralciare dall'alto subito e mi difendo dal pugno all'ultimo momento con l'avambraccio sfruttando la differenza in cs, a tal punto data la vicinanza tento una stretta molto forte al braccio con cui Tulunay mi ha dato l'ultimo colpo e concateno un gancio dall'alto verso il basso al petto e nel caso sia riuscito a prenderlo lo tira verso di se per dargli anche una testa altrimenti si limita a quest'ultima, al ché si allontana con un balzo ed usa la tecnica di potenza alta del suo artefatto.
P.s. Come mi hai consigliato ho cercato di estendere un po' le descrizioni esterne anche se di poco, e ho controllato di aver messo i punti alla fine di ogni periodo :sisi:
P.p.s Spero di aver reso abbastanza chiaro che tento la presa e non che la mando a segno in maniera autoconclusiva :look:

 
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view post Posted on 25/9/2014, 22:18
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Bigòl
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Densi nugoli di sabbia si sollevavano dal terreno, simili a veli dal colore d' autunno che vorticano attorno al corpo di una sinuosa danzatrice. Tutt' attorno l' atmosfera sembrava vibrare, come una lastra di vetro che sta per infrangersi in mille pezzi. Era bastato un rapido cenno di Tulunay perché il combattimento si accendesse: le spade avevano cominciato a cozzare con un ritmo cadenzato e grave, come le pelli di antichi tamburi rituali. Ogni singolo nano, uomo o mostruosità che si reggesse ancora in piedi in quello spiazzo di terra bruciato dal sole tentava in ogni modo di prevaricare chi aveva di fronte, schiaccialo al suolo, farlo gemere per il dolore.
Albrich, in mezzo agli slogan di battaglia, al riverberare del legno contro il legno, in mezzo a quel vortice di sabbia bruna aveva sentito l' emozione, aveva gli occhi immersi nelle pupille scure del suo avversario. Non smise un secondo di fissare quei grandi occhi bui, nascosti dalle rotondità delle guance e degli zigomi, nemmeno quando sentì tutta la rabbia che da anni gli stagnava dentro esplodere ed irrorare anche la più minuscola fibra del suo corpo, nemmeno quando scattò verso il il nano dai grandi mustacchi spioventi, deciso a farlo capitolare. I rumori della ressa galoppavano allo stesso ritmo del suo cuore, la determinazione gli saldava la mano insicura sull' impugnature che aveva imparato ad odiare in giovinezza. Infine, quando vide la scintilla della paura solcare quelle iridi nere, capì cosa si provava ad essere dall' altra parte dell' arena. Aveva ingoiato troppe medicine amare, aveva spalmato sulla sua pelle livida troppi tonici curativi per dimenticare il timore dell' assalto e la vergogna della sconfitta.
Quando il primo colpo rimbombò sul ventre prominente del nano, sentì qualcosa nel profondo dell' animo ribollire di frenesia. Quello sguardo sicuro ora roteava, perso, distante.
Era una sensazione del tutto nuova: sentiva il petto gonfio di orgoglio e determinazione, tanto pieno da non lasciare spazio alla paura ed alla decisione; era un grumo di pura potenza , una freccia, un proiettile. Incuteva timore.
Era bello essere un vincente, di tanto in tanto. Ma non era ancora finita, no, aveva ancora troppa foga da disperdere, la sentiva montagli dentro, prenderlo per la gola, come un' amante violenta e spietata. Nel vortice di polvere che si alzava dall' arena poteva scorgere i cento e cento volti differenti dei suoi avversari di anni orsono: volti giovani, inesperti, senza nemmeno un primo fiore a spuntare sul viso imberbe, eppure dai lineamenti così duri, con in faccia stampata la tracotanza della giovinezza, con le vene pulsanti di sangue guerriero. Ognuno di quei differenti visi che la polvere dava alla luce apparteneva ad una diversa recluta, ad un diverso nano plasmato ad immagine e somiglianza dalle abili mani degli anziani. Agli occhi ribelli del giovane Albrich i patriarchi non erano altro che umili artigiani, fabbri che plasmavano alla perfezione l' unico materiale con cui avevano dimestichezza, la mente e l' animo delle nuove generazioni: tutto ciò che quei vecchi decrepiti sapevano fare era creare copie identiche in ogni dettaglio di loro stessi - loro, gli eroi, i guardiani, i guerrieri per antonomasia-.
Ognuna di quelle facce, che si facevano e disfacevano insieme con le nuvole di sabbia, rappresentazioni di quelle che si celavano nella sua memoria, apparteneva ad un nano morto.

“ Temo, Durno … che in tuo figlio, nel sangue del tuo sangue, non scorra il tuo stesso spirito guerriero”

La voce roca e consumata del vecchio Boros echeggiò nelle orecchie del nano riverberò nelle orecchie di Albrich mentre si preparava a far crollare il suo avversario al suolo. Da qualche parte dentro di lui, in qualche remoto anfratto della sua anima vi era un pozzo profondo e nero, in cui quelle parole echeggiavano sempre, infrangendosi contro le pareti di quella falla nello spirito.

" ...nel sangue del tuo sangue, non scorra il tuo stesso spirito guerriero..."

Albrich corrugò l' intero viso in una smorfia piena di fatica. Il suo avversario era a mano di una braccio da lui; stava per colpirlo, stava per porre fine all' incontro ed ai dolorosi ricordi della sua giovinezza. Era così vicino.

"... il tuo stesso spirito guerriero..."

Tutta la rabbia, la frustrazione ed la foga si scaricarono di colpo, ma non dove Albrich avrebbe voluto. Al posto del ventre molle dei quel monolite del suo avversario, la sua daga si infranse con fragore contro qualcosa che non aveva nulla di flaccido e rigonfio.
Mentre i suoi nervi si scioglievano, percepì il grave tonfo del suo avversario che crollava al suolo, in un attimo di instabilità. Per un fugace attimo Albrich capì di sperare che tutto fosse finito, che il suo colpo migliore fosse andato a segno e che quel grosso nano dall' armatura di cuoio ed il viso spavaldo stesse agonizzando al suolo, con gli occhi distanti, che guardavano il vuoto. Non provò rabbia quando realizzò il contrario; sentì solo un enorme vuoto che gli scavava dentro, come un freddo cucchiaio che piano gli strappava le viscere, senza fargli alcun male.

"Non posso aver fallito... "

Quegli occhi scuri, quelle due piccole capocchie di spillo che facevano appena capolino in un mare di morbida adipe erano più accesi che mai; la pupilla era ferma e sicura, piena di consapevolezza di poter schiacciare quel moscerino dal volto pallido solamente serrando i pugni come si deve; ogni barlume di incertezza, di timore era scomparso.

"... non di nuovo".

Anche Albrich si trovò a serrare i pugni sino a sbiancare le nocche; però la sua era tutt' altro che determinazione: era mortificazione pura.

" Temo che ...nel sangue del tuo sangue, non scorra il tuo stesso spirito guerriero..."

Quella voce nella sua testa era l' infido sibilo di una serpe pronta a mordere. Un suono acuto, impercettibile, che gli intorpidiva le cervella. E con quel suono, mille insicurezze, mille paure, mille sconfitte riemergevano ad una ad una nel buco nella sua anima. E di nuovo le soffocò con una colata di rabbia incandescente.

*Basta!*

Il sole era alto; solo qualche timida nuvola osava sfidare la sua supremazia nel cielo intonso nel deserto. Non c' era vento ma l' aria era tesa e vibrante come la pelle di un tamburo percosso a ritmo frenetico. Tutto attorno era indefinito ed instabile, una densa massa di ombre in movimento. Una si stacca dalle altre, si fa più vicina: la plolvere non accenna a fermare la propria danza. Grandi mustacchi colore rame, veste svolazzante, manica foderata in cuoio che terminava in uno spallaccio ricurvo, a mezzaluna: qualcosa stava arrivando, potente e scatenato come un bufalo. Ed Albrich sapeva come andava preso un bufalo -e non certo perché i vecchi Rotghaar glielo avevano ingegnato a suo di randello-: per le corna.

" Avanti! TI aspetto!"

Era un latrato quello che gli rimbombava nel torace, ma quello che gli uscì di gola fu per metà un intimidatorio grido di lotta, per metà l' urlo di un gallinaccio strozzato. Un destro micidiale, un pesante macigno staccatosi da quella montagna di stava per cavagli un paio di denti dalla bocca, già poco provvista di suo. L' istinto, come sempre accade, prevaricò i confini della razionalità, le tattiche definite, gli schemi di combattimento. Il terreno era duro, terra battuta e coriacea che aveva avuto modo di saggiare per gli interminabili minuti di attesa prima che Tulunay desse inizio alle danze; un terreno dove gli stivali scivolavano con difficoltà, che garantiva un buon attrito. Albrich si murò dietro una guardia improvvisata, aspettando che il colpo lo facesse tremare. Il pungo arrivò come un ariete sulle mura della sua fragile roccaforte. Tremò, ma non cadde, impuntandosi nella terra e opponendo resistenza disperata con tutta la forza che aveva in corpo. Sentì il dolore espandesi dall' avambraccio destro, ma non cadde . Vacillò all' indietro, arrancando per ritrovare l' equilibrio, mentre l' ariete si preparava per battere un nuovo colpo.
Il volto del suo avversario era una maschera di inespressività mentre tentava di nuovo di abbatterlo al suolo. Era concentrato, determinato a fargli mangiare la polvere. E questa volta ci volevano delle contromisure adatte. Vivere nel cuore della montagna, tra colate di ferro, miasmi del metallo incandescente, dura roccia ovunque lo sguardo potesse osare poteva insegnare molto, molto più di centinaia di sessioni di allenamento. La montagna aveva una voce, una voce profonda come le caverne che si celano nelle sue viscere, una voce saggia, forte dell' esperienza di mille e mille altri secoli. Albrich sentì il vigore della montagna irrorare le sue braccia incrociate ad egida del suo corpo. La sua pelle chiara si imbrunì, divenne grigia, come grigio è il ferro che la roccia custodisce. Per quanto la tracotanza del suo popolo potesse averla violentata nell' intimo, rubandole tutto ciò che era suo di diritto - vale a dire i metalli, le pietre preziose- la montagna era madre di tutti loro, le genti naniche e non c' era uomo, orco o gigante che potesse farla crollare.
La bordata giunse violenta, disarmante. Per una frazione di secondo Albrich credette che la potenza di quell' urto l' avrebbe sollevato come un fuscello dal terreno, malgrado le difese dietro cui si era barricato. Eppure, tutto si esaurì con un sordo rumore metallico. Il sole batteva forte sulla sua capigliatura scossa. La tempesta era finita, le acque erano calme. Era il suo turno.

"Ora sei mio."

Lo disse con una fiducia in sé che credeva di non aver mai avuto.

"Non puoi sfuggirmi."

E non gli sarebbe sfuggito. Cogliere l' attimo, questo la vita gli aveva tentato in tutti i modi di insegnare: prendi al volo questa occasione, che non si ripeterà mai più in seguito. era un buon precetto anche in combattimento: dopveva agire subito, prima di lasciare il tempo al suo avversario di ricomporsi. Scartare sulla destra, e lasciare che il sangue ribollisse, che l' energia fluisse nelle sue vene, che i muscoli si innervassero di potenza ferina. Era più semplice di quello che si potesse pensare, quasi un procedimento naturale. Solo dopo quel breve istante di raccoglimento,attaccare, esplodere. Il primo obbiettivo erano le gambe. Abbassarsi, con prontezza, sfruttando il baricentro basso ed inarcando le spalle, utilizzando la gamba destra come perno per quell' affondo azzardato, giusto per non ritrovarsi con le chiappe in aria. Un colpo secco, tra coscia e tendine, per bloccare ogni possibilità di movimento della gamba destra. Il secondo colpo, un montante diretto al viso, che avrebbe scalato quella montagna umana con rapidità sino ad arrivare al mento. Nella sua mente era tutto chiaro, limpido come i suoi occhi. Non restava che metterlo in pratica.



Albrich


(IMG:http://i39.tinypic.com/ypa9e.jpg)



Classe: Guerriero
Razza: Nano
Talento: Avanguardia I
CS: 1 + 4 Forza 1 Costituzione

Stato Fisico: Illeso (100 %)
Stato Psicologico: Illeso(100%)
Stato Emotivo: inferocito
Energia: 55%

Equipaggiamento:

Spada di legno(Mano destra)[In uso]
Mjolnir(Mano destra) Varja (Mano sinistra) Martelli da guerra. [riposti]
Desperia, ascia bipenne [riposta]


Tecniche attive:

CITAZIONE
Runa del Menhir :
(Pergamena" tempra di ferro":il guerriero rende una parte del proprio corpo resistente come il ferro, in modo da poter parare i colpi.)
>> Attiva


Una delle rune di trasfigurazione più misteriose studiate da Albrich. Sulle braccia cominciano a disegnarsi intrecci gotici color ferro, che dalle spalle giungono in un' istante sino alle nocche. Le braccia divengono solide e resistenti come il ferro in virtù del potere sprigionato dalla runa.

La tecnica ha natura fisica
Consumo di energia: Medio

CITAZIONE
Runa del Vigore:
(Talento I: Avanguardia )
>> Attiva


Grazie alla vigoria muscolare che il caster acquisisce tramite l' invocazione della Runa del Vigore, Albich sarà in grado di compiere azioni che il suo fisico altrimenti non gli permetterebbe. Tecnicamente, il caster godrà di un momentaneo potenziamento, del valore di 4 CS alla Forza, per un breve periodo di tempo. La tecnica dura solamente il turno di attivazione; va considerata un power-up di natura fisica.
Consumo di energia: Medio

Tecniche passive:

CITAZIONE
Runa del Nerbo:
(Talento I: Avanguardia)
>> Passiva


Ciò che contraddistingue Albrich è chiaramente una straordinaria prestanza fisica. La muscolatura allenata oltre ogni dire di questo individuo gli permette infatti di brandire armi o scudi di dimensioni ragguardevoli, difficili da padroneggiare per qualsiasi altro. Ciò si traduce nella possibilità di utilizzare, ad esempio, due grosse asce - una per mano - senza risentire quasi del loro peso, oppure di portare senza fatica un grande scudo in battaglia. In termini tecnici, i possessori di questo talento potranno utilizzare armi di grandi dimensioni come se fossero equipaggiamenti normali.


Runa dell’Acume
>>Passiva
(Pergamena “Tattiche di combattimento”: il guerriero acquisisce le conoscenze necessarie a sfruttare tatticamente l'ambiente circostante. In uno scontro ciò potrà anche tradursi nell'abilità di vincere scontri fisici a parità di CS, grazie alla superiore conoscenza del terreno di scontro da parte del guerriero.)

Non c’ è nulla di più importante per un guerriero che entrare in simbiosi con il campo di battaglia, analizzarlo, coglierne le impercettibili sfumature che ad un occhio meno esperto, ad un animo meno temprato, sfuggirebbero come l’ acqua serpeggia silenziosa tra i bianchi ciottoli di un torrente; Se tale coscienza è essenziale per un combattente, per un nano, un infimo, sottovalutato nano, è questione di vita o di morte. Se per un nano tale conoscenza è questione di vita o di morte, per Albrich, nello scorrere impetuoso degli anni, è diventata una questione d’ onore. Con quasi un secolo alle spalle,con troppe cicatrici ancora aperte ed il forte sapore della guerra sempre e costantemente sulle labbra, Albrich ha visto davvero un sacco di cose. I suoi piedi hanno calcato la nuda roccia, le fredde vallate del nord, sono affondati nella neve fresca. Il suo animo non ha vacillato dinnanzi alla natura crudele dell’ Akeran, né dinnanzi al cupo squallore dei bassifondi più torbidi. Ovunque si trovi, è stato di certo in un posto simile, sebbene peggiore, del quale conosce a mente punti deboli e punti di forza. Il campo di battaglia non ha più segreti, per l’ orgoglioso Albrich Durno Jovill Saemund Brisgamet Rotghaar.



Runa della Razza:
(Abilità Razziale)
>> Passiva


La razza dei nani gode da sempre di una particolare predisposizione alla vita dura, cosa che li ha resi nei secoli famosi per la loro tenacia senza pari; abituati a vivere nelle condizioni più abiette (sotto terra, dove la roccia viva non offre occasione di coltivare o allevare grandi quantità di vegetali e animali), i nani sono col tempo divenuti meno sensibili delle altre razze alla fatica fisica. Ciò si traduce, all'atto pratico, in una resistenza alla fame, alla sete, all'affaticamento del corpo dovuto a lunghi viaggi o combattimenti estenuanti. In termini di gioco un nano non sentirà i morsi della fame, non avrà bisogno di bere se non quando gli aggrada e non risentirà della fatica durante il combattimento, anche qualora questo dovesse protrarsi a lungo; ciononostante sverrà al 10% delle energie come qualsiasi altro.

Riassunto: Per comprendere come mai Albrich non abbia ricevuto danni in seguito alla prima offensiva fisica al volto diviene fondamentale la passiva "Runa dell' Acume" a.k.a Tattiche di Combattimento che consente al nano imputato di vincere ogni scontro fisico a parità di CS. Ora, dal momento che il mio avversario avrebbe la medesima quantità di CS del mio pg, il ragionamento dovrebbe filare liscio. Ora, Albrich alza la guardia e utilizza la resistenza offerta dal terreno, insieme alla sua prestanza fisica da vecchio tracannabirre, per dissipare la prima offensiva (pugno al volto). In seguito utlizza la tecnica difensiva a consumo Medio "Runa del Menhir" per sopperire a "Colpo Stordente" castata dall' avversario. Albrich raccoglie allora le forze (utlizzando il Power Up di natura Fisica "Runa del Vigore" che gli conferisce 4 CS addizionali) sferra un attacco volto a tarpare le gambe al nano avversario e un montante diretto al mento.

Note: spero sia tutto chiaro e soprattutto di non venire querelato per utlizzo illecito della passiva ... Vabbhé, nei duelli sono sempre stato una pippa, tutta esperienza :v: Confido nel fatto che piaccia :rotfl: :rotfl:
 
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Ashel
view post Posted on 26/9/2014, 17:10






L’offensiva di Arsona andò a buon fine.
A coronamento del suo sforzo riuscì a spezzare la spada della sua giovane avversaria in pochi istanti e fu subito pervasa da un genuino entusiasmo per quel primo successo durante l’addestramento.
Ciò che desiderava maggiormente era mettersi in mostra, farsi notare per quello che era davvero: una nana piena di volontà e voglia di imparare.
Se fosse riuscita a dimostrare quanto valeva forse Tulunay l’avrebbe infine accettata nel suo reparto, mutando il giudizio che il padre aveva per lei dall’epoca della scomparsa di Babur.
Non era la smidollata ch’egli credeva e anche se a Qashra non aveva combattuto accanto al fratello - era rimasta a casa - meritava il rispetto della sua famiglia.
Avrebbe dimostrato a tutti che era degna del nome che portava.
La nomade che aveva di fronte era sveglia e senz’altro più scaltra di lei. Riusciva a capire dal suo sguardo affilato che non era giunta fin lì per fare una magra figura di fronte ai militari, ma per farsi accogliere nei ranghi dell’esercito grazie alle sue abilità.
Probabilmente, pensò Arsona, anch’essa desiderava imprimere un cambiamento alla sua esistenza, probabilmente molto difficile per i popoli costretti alla vita del deserto; per quella ragazza non si trattava di riscattare il proprio onore o di dimostrare qualcosa a qualcuno, ma solo di trovare un nuovo modo per sopravvivere.
Ciò la rendeva pericolosa. Più pericolosa di quanto non lo fosse Arsona per lei.
In fondo, si trattava solo dell’ennesima rampolla di buona famiglia cresciuta negli agi e nei privilegi di un clan in vista presso il Sultano; una che non aveva mai dovuto stringere i denti per non farsi ammazzare o per avere un pezzo di pane sotto il muso.
Lo sguardo della sua avversaria comunicò alla nana molto più di quanto le parole avrebbero potuto spiegare; ottenne all’improvviso la consapevolezza dei suoi limiti e comprese quanto la sua esperienza del mondo fosse stata circoscritta al nido felice di Qashra e dei suoi abitanti.
Arsona non sapeva niente, mentre quella ragazza la sapeva lunga.
E difatti non bastò spezzarle la spada per fermarla: sotto i piedi della Jahan si manifestò una sagoma di luce che rese incandescente la pavimentazione sotto i suoi piedi.
Reagì come poté, ovvero stringendo i denti e cercando di indurire il più possibile i muscoli e la pelle dei suoi piedi in modo da poter calpestare l’area d’azione di quella magia proteggendosi dal calore.
Fece qualche passo verso destra, il necessario per eludere il terreno bollente, e si preparò a ricevere il calcio della giovane parandolo con l’avambraccio sinistro, che alzò prontamente per difendersi.

- Non sei abbastanza, per me.

Era vero, avrebbe potuto fare di meglio, specie perché di fronte a lei aveva un'avversaria determinata e decisa a non risparmiarsi.
Dapprima quelle parole ottennero di irritarla, ma poi fu costretta a calmarsi: non doveva perdere la concentrazione, né lasciare spazio alla sua compagna di allenamento di manipolarne la volontà o di approfittare delle sue debolezze.

- Questo è tutto da dimostrare.

La volontà nera di Tughlaq permeava lo spazio che le divideva, eppure non pareva sortire alcun effetto sulla mente della nomade; anche Arsona ne era in qualche modo influenzata e in fondo l'arroganza che la giovane aveva dimostrato con quell'affermazione più che infastidirla ottenne di spronarla a impegnarsi di più.
Fu il suo martello a venirle quindi in aiuto, instaurando con la sua padrona un dialogo magico e misterioso, fatto di silenzi e di emozioni più che di parole; quel linguaggio incomprensibile giungeva tuttavia al cuore di Arsona con rinnovata potenza e ricordi appartenenti a una storia antica e dimenticata si facevano largo nella sua mente.
Sentiva che un potere incomprensibile l'avvolgeva come in abbraccio e per merito di quell'energia appartenente ad altri tempi e ad altri luoghi era all'improvviso animata da una forza senza eguali.
Talvolta tutto ciò la rendeva superba; ma in quell'occasione la nana scattò in avanti senza dimenticarsi che aveva di fronte un'avversaria insidiosa. Menò pertanto la sua spada prima a sinistra tentando di colpire con quella sortita la gamba destra della giovane per azzopparla o perlomeno impedirne i movimenti; poi si spostò un poco in diagonale per aggirarla appena e provare a colpirla invece nella parte bassa della schiena - una zona molto delicata.
Le sorti di quel duello erano ancora tutte da decidere e di certo lei non si sarebbe data per vinta fino a quando avesse avuto fiato per continuare; l'arroganza l'aveva spesso portata a commettere gravi errori di giudizio nel corso di un combattimento, ma quella volta non si sarebbe fatta influenzare né dal suo nome né dall'opinione che aveva di se stessa.

Alla sua inesperienza avrebbe risposto con una tenace e invincibile volontà.



Arsona "Shah" Jahan



Stato fisico: Ottimo
Stato psicologico: Ottimo
Energia: 100 - 10 - 10 - 10 - 10 = 60%

Armi: Tughlaq (sulla schiena), Balestra (15/15) (infoderata), Spada d'addestramento (mano destra)
Pericolosità: E
Fascia: Gialla

CS: 1 Destrezza, 1 Costituzione, 2 Forza

Passive attive:

~ Contrattare. Arsona ottiene più facilmente le informazioni da chi viene interrogato; inoltre le sue parole risultano più convincenti sia che abbiano finalità benevole che minacciose. L'avversario subirà un contraccolpo psicologico relativo all'approccio di Arsona.
[Passiva razziale]

~ Gli attacchi di Tughlaq infliggono danno di elemento Luce; in aggiunta provocano un senso di intorpidimento nei muscoli della zona colpita, rallentandone i tempi di reazione.
[Passiva Artigiano I]

~ Tughlaq emana una malia psionica passiva nei confronti degli avversari: essa si manifesta tramite un'aura di istinto omicida che pervade la mente dei nemici nelle vicinanze, naturalmente portati a provare un timore istintivo nei confronti del martello e della sua padrona.
[Passiva Artigiano II]


Attive utilizzate:

CITAZIONE
~ Indistruttibile
Arsona è in grado di rendere per un turno una parte del suo corpo, benché minima, dura come il ferro. I suoi muscoli si ingrosseranno e la sua costituzione si farà in quel punto particolarmente coriacea.
Questo le permetterà di difendersi da un attacco di potenza pari al consumo speso.
Tecnica difesa fisica.
[Pergamena Iniziale Guerriero Tempra di Ferro]
Consumo di energia: Medio

CITAZIONE
~ Potere arcano
Arsona è investita dai poteri arcani del suo martello.
Tughlaq, forgiato nelle profondità del Sürgün-zemat, risveglia la potenza di Theras all'alba della sua fondazione e conferisce alla sua Paladina, che vibra di energia sfavillante ed antica, la capacità di scagliare attacchi più potenti.
Per due turni Arsona guadagna 2 CS alla Forza.
Tecnica fisica.
[Abilità personale 1/10]
Consumo di energia: Medio

Riassunto: Arsona si difende dalla trappola utilizzando Tempra di ferro e indurendo i piedi in modo tale da uscire dalla zona di influenza della tecnica.
[In virtù dei giudizi precedenti a scontri in cui ho utilizzato questa stessa tecnica con Astrid, ho tratto la conclusione che una difesa media è sufficiente a difendersi dalla Trappola con il suo danno Medio, benché possieda in effetti un consumo Alto. Nel caso abbia equivocato mi scuso in anticipo.]
Poi utilizza il power up e attacca prima con un fendente alla gamba sinistra della nomade, poi con un affondo alla zona lombare della schiena dopo essersi spostata in diagonale.

Note: Scusate il ritardo, purtroppo è un periodo molto pieno per me. Cercherò di essere più puntuale nei prossimi turni :)
 
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view post Posted on 6/10/2014, 21:34

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Tulunay si mosse rapidamente, molto più veloce di qualsiasi nano, essere, o mostro avesse calcato le terre del Sultanato. Fu rapido, talmente rapido da aggirare il leviatano e il suo avversario, da mettersi alle spalle e godere dello stupore dei suoi allievi. No, nessuno lo avrebbe scalfito ulteriormente quel giorno, non uno come Seregon. Tulunay estrasse dalla cintola una scimitarra, vera questa volta, puntando la lama contro la schiena del suo avversario.

« Basta così. »

Era chiaro a tutti come quello scontro si fosse ormai concluso, non ci sarebbero state altre offensive, nessuno dei suoi allievi avrebbe mosso ulteriormente contrattacchi. Il test era concluso e lui, Tulunay, aveva fatto le sue scelte. Nella cagnara dello scontro, il maestro era riuscito a tenere gli occhi fissi su tutti loro, studiandone pregi e difetti, guardando i meritevoli e scartando gli altri. Solo quel Seregon era per lui un dilemma. Le sue capacità erano lampanti, ma anche la sua testa calda, la sua sicura e innaturale dote di contraddire gli ordini. Seregon sarebbe potuto diventare qualcosa che a Tulunay non serviva: un problema. Correre rischi non era nella natura meditabonda e pragmatica del nano che, dinanzi all’imprevedibile e al rischio, s’era sempre ben guardato, preferendo un cinismo da vecchio saggio. Tuttavia, quella volta, volle correre un rischio, gettarsi nelle cieche fauci del destino e vedere come andava a finire; così, per mera curiosità. Tulunay li chiamò uno a uno, per nome o semplicemente indicandoli, scelse i migliori, quelli che più si erano mostrati inclini al combattimento, o semplicemente quelli che si dimostrarono pronti a tutto. Anche a uccidere il proprio avversario. D’altronde ciò che avrebbero trovato alle rovine richiedeva un pizzico di insana follia, cosa che Tulunay non aveva.

« Partiremo oggi stesso, fra una mezz’ora davanti alla caserma, portatevi lo stretto necessario. Armi, armature, al resto ci penseremo noi. »


___________ ________________ _____________


Mezz’ora dopo i muli erano carichi di cibo e bevande, i soldati pronti a partire. Due muli, strattonati da Tulunay, s’incamminarono verso il deserto, verso il nulla, verso l’orizzonte, con al seguito dieci soldati che di lì a poco avrebbero incontrato l’Inferno, le viscere dell’Abisso, mentre Tulunay avrebbe fatto i conti con qualcosa di ben peggiore. La notte calò rapidamente nel deserto, il maestro fu silenzio per larga parte del tempo, rimuginando sulla missione che doveva portare a termine e su ciò che le rovine gli avrebbero rivelato. Nell’aria si avvertiva il nervosismo classico dei giorni che precedevano una battaglia, l’aria carica di tensione elettrica. La notte, con le sue stelle, avrebbe portato consiglio a Tulunay, ma soprattutto gli avrebbe portato via il sonno. Non avrebbe chiuso occhio, né la sua mente avrebbe trovato una pace tanto agognata nei meandri di sogni illusori. Passato, presente e futuro, si sarebbero mischiati in un vortice caleidoscopico di emozioni e di paure, un maelstrom nero e turbolento, che si sarebbe diradato solo con le prime luci dell’alba. La notte calò, portandosi via il caldo di quella giornata, vennero il freddo e il vento, quasi improvvisi a smorzare l’afa di un dì particolarmente soleggiato, come molti altri nell’Akeran.

« Accampiamoci qui sta notte, per domani avremmo bisogno di ogni energia possibile. »

Tulunay e i suoi soldati accesero il fuoco, alzarono gli accampamenti e consumarono il cibo che muli generosamente avevano trasportato. C’era chi cantava, c’era chi parlava, c’era chi semplicemente restava in silenzio. Tulunay si limitava a rispondere a quei pochi che gli fecero delle domande, per il resto della serata, e della notte, rimase a guardare il baluginare delle lingue di fuoco, preso dai suoi movimenti, dal suo calore, preso dal suo mutare continuo, perso più di ogni altra cosa nei suoi pensieri e, in quel dubbio, che solo l’indomani si sarebbe sciolto. Finalmente.



CITAZIONE
Note: Tutti i vostri avversari si difendono con una difesa assoluta per porre fine allo scontro. Gli scelti, oltre a voi, sono i vostri avversario più altri 5 nani di sesso maschile. Tutti e 5 sono abbastanza simili tra di loro, barbe colorate, folti capelli chiusi in treccia. Potete, qualora lo vogliate, personalizzare anch’essi come volete.

Akuma
Scrittura:
Riporto i soliti errori a livello di punteggiatura. Emblematico è questo spezzone:
Approfittando del fatto che fossero ancora abbastanza vicini e del possibile effetto sorpresa per l'aver resistito in quel modo allungo la mano cercando di afferrarlo per il braccio con cui l'aveva attaccato per poi senza fermarsi portare avanti il piede più dietro in un'unica carica che vide partire assieme al passo anche una rotazione del busto che accompagnava un pugno apparentemente come i precedenti ma che in realtà serbava una potenza ben più grande.
Quattro righe di scritto e nemmeno un segno di interpunzione. Il testo viene letto quasi in apnea, lo scritto risulta per questo difficile da leggere. Consiglio anche una rilettura a voce alta, oltre un ripasso sull’uso della virgola, inserendo le virgole lì dove si necessita una pausa. Dell’intero scritto ho particolarmente apprezzato la venuta del Leviatano, anche se hai cercato un livello di scrittura più alto rispetto a ciò che caratterizzava il resto del post. Quel piccolo stralcio di combattimento è parso quasi come un pesce fuor d’acqua e, alcune parole, come suggello o un intero periodo, sono parse vagamente fuori luogo, quasi buttate a caso. (Non spada che lo raggiunge, né lancia né freccia né giavellotto vi si infligge; stima il ferro come paglia, il bronzo come legno tarlato e come stoppia stima una mazza facendosi beffe anche del vibrare dell'asta.)
Gold: 55/100

Strategia:
Di certo è il tuo punto forte. Sfrutti bene un mio vuoto descrittivo, volutamente ho tralasciato le descrizioni, per vedere se riuscivate ad approfittarne. Usi i cs per difenderti dal mio assalto, contrattacchi con due fisici e una tecnica alta, posso solo imputarti un troppo alto consumo di energie, come se fossi stato preso dalla voglia di strafare. In due turni, praticamente, ti sei ritrovato al 45% di energie e, nella durata di uno scontro, potresti pagare questo tuo eccessivo spreco di energie.
Gold: 65/100

Sportività:
Nulla da segnalare, tutto conforme al regolamento. Non sei autoconclusivo, ti comporti bene durante lo scontro.
Gold: 60/100

Joconno
Scrittura:
Le descrizioni sono convincenti, le parole che usi, il modo in cui lo fai, garantiscono una buona immersione del lettore nel testo. Tuttavia ti segnalo nuovamente numerosi errori di battitura, distrazione, di punteggiatura, che continuano a minare la scorrevolezza del testo. Ma rispetto al post precedente si registra un notevole passo avanti. Sempre apprezzabili i riferimenti al bg del tuo personaggio, inoltre si può riscontrare una buona introspezione dello stesso, con pensieri vivi e coerenti.
Gold: 60/100
Strategia:
Ottimo l’utilizzo della passiva per sfuggire al mio attacco, saggio difenderti dall’offensiva. Buono il contrattacco aumentando i cs, non è molto efficace perché mi basterebbe un basso per pararmi. Ma apprezzo il tentativo decisamente. Poco o nulla da segnalare, un turno che ci sta a livello strategico.
Gold: 65/100
Sportività:
Al solito nulla da segnalare, errori non ce ne sono. Ti comporti secondo il regolamento e, l’utilizzo della passiva, non è assolutamente antisportivo. Ti difendi come devi e porti due attacchi.
Gold: 60/100

Ashel:
Un post che ho apprezzato: pulito, con poche sbavature (forse solo periodi un po’ troppo corti), e attenzione alla descrizione dei pensieri del tuo pg e approfondimento del tuo avversario. Contrariamente al primo turno hai sfruttato a dovere anche chi avevi di fronte, rimanendo tuttavia carente nei confronti dell’ambiente circostante. Arsona, in ogni caso, è viva sotto molteplici aspetti, il personaggio è ben rappresentato e non estraneo al contesto. Buon post dunque.
Gold: 65/100
Strategia:
Apprezzabile il modo in cui evadi alla trappola, per il resto della strategia poco da dirti, molto simile a quella di Joconno, quindi evito di ripetermi ulteriormente.

Gold: 60/100
Sportività:
Anche qui poco da segnalare, ti comporti bene, tuttavia non mi è proprio piaciuto il fatto che non hai preso nemmeno un danno da riflesso all’avambraccio. Non avevi uno scudo e comunque ti arriva un calcio sul braccio, se lo avessi evitato direttamente avrei avuto poco da dire, ma un calcio sul braccio, benché faccia meno male di un calcio in faccia, comunque riporta contusioni. Avrei segnato un basso ai danni.
Gold: 55/100
Al prossimo turno dovrete fare un contest con tema “Notte”. Dopo circa 4 ore di viaggio vi fermate per la notte e vi accampate. Sbizzarritevi, avete 7 giorni di tempo. Per incentivarvi, verrà stilata una classifica che, oltre a garantire più gold al primo, a seconda della qualità dello scritto vi verranno dati dei "rifornimenti" di energia. Per ogni dialogo con Tulunay, domande et simili, usiamo il confronto, mentre potete mettervi d'accordo tra di voi e libertà totale coi png.


Edited by Lud† - 7/10/2014, 09:50
 
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Ashel
view post Posted on 13/10/2014, 20:03






Avevano consumato un pasto leggero a base di carne essiccata e zuppa di patate, ma Arsona era troppo nervosa per assaporare il cibo.
Il viaggio era stato lungo e stancante, soprattutto perché a dispetto della sua formazione militare e benché fosse avvezza a lunghe sessioni di addestramento non aveva mai percorso tanta strada in un sol giorno.
Tulunay li aveva scelti tra gli altri dopo il combattimento ed evidentemente sperava che rispondessero alle sue aspettative; eppure lei non si sentiva pronta, aveva come l'impressione che gli altri fossero più preparati, più scaltri, più robusti.
Yafet le aveva detto di non preoccuparsi, ma lei non ne aveva ricambiato lo sguardo. Era partita senza salutarlo.
Mentre si allontanavano da Qashra penetrando nel deserto senza fine che ne circondava i territori, aveva provato un sentimento a metà tra la rabbia e la paura; e ora, mentre sistemava il suo giaciglio assieme agli altri, non sapeva se sentirsi sollevata o intimorita.
Se n'era andata: ce l'aveva fatta. Era stata scelta. Avevano voluto lei nel reparto, le avevano finalmente dato una possibilità.
Non l'avrebbe sprecata.
In quei momenti che precedevano il sonno Arsona usava prendere il té assieme a sua zia Armida, l'unica che si fosse occupata di lei negli ultimi due anni. Di solito si scambiavano pensieri e considerazioni sulla giornata, altre volte si limitavano a rimanere in silenzio mentre la candela si consumava sotto i loro occhi.
Si strinse nel suo mantello e si sorprese a provare nostalgia per quei momenti. Non era mai andata d'accordo con Armida e molto spesso aveva pensato ch'ella non la capisse affatto, ma mentre il vento gelido del deserto le sferzava il viso pensò che avrebbe volentieri voluto sentire la sua risata carica di sarcasmo a ricordarle che tutto sommato era a casa, al sicuro.
La compagnia era composta per lo più da nani e vi erano solo due umani: Zara, la nomade con cui si era scontrata durante l'addestramento in caserma, e un giovane che era arrivato in ritardo e che aveva fatto un bel po' di baccano mentre Tulunay dava istruzioni alle reclute. Una testa calda, senza ombra di dubbio, per la quale tuttavia Arsona non riusciva a provare alcuna antipatia.
Avrebbe voluto scambiare qualche parola con la ragazza, l'unica che conosceva, ma si era messa a dormire subito dopo la cena senza dire nulla.
Si avvicinò allora a uno dei fuochi da campo mentre la notte odorava di carne arrostita.
Uno dei nani aveva cominciato ad intonare un canto che Arsona non conosceva e che non ricordava di aver mai sentito prima; erano versi tristi, talvolta cupi, ma li ascoltò in silenzio senza fare commenti.
Quanto avrebbe voluto cantare la canzone che suo padre le aveva insegnato!

- Notti come queste riescono sempre a riempirmi di malinconia...

Gli altri si erano allontanati per coricarsi o parlare tra loro davanti a un bicchiere di infuso di radici che i nani di Qashra usavano bere prima delle battaglie - una brodaglia dal sapore forte che Arsona trovava disgustosa - e i due erano rimasti soli davanti al focolare.
Quasi fosse riuscito a leggere nei suoi pensieri indovinando lo stato d'animo della giovane, il guerriero le porse la pipa che stava fumando da un po'.

- Dicono che del buon tabacco sia la migliore cura contro il freddo e la nostalgia ... personalmente non vi credo poi molto...
Peró devo ammettere che questa miscela é davvero sensazionale: uvaspina essiccata, scorza di rosa canina... mi fa pensare alla mia terra...
E inoltre mi migliora parecchio l'alito!Se vuoi favorire, fai un fischio al vecchio Albrich!


Rise come per nascondere il suo imbarazzo. Dopo un momento di silenzio anche Arsona gli rivolse un sorriso timido prendendo la pipa e soppesandola un poco tra le mani.

- Ti ringrazio, Albrich... Mi piacerebbe provare...

Tossicchiò un poco dopo la prima boccata. Si sentiva andare a fuoco la gola e i polmoni ma non demorse: non voleva sembrare sciocca, né maleducata.

- Io sono Arsona e vengo da Qashra.
Tu invece non sei di queste parti...


Il sapore delle erbe era forte e in breve la sua bocca fu pervasa da quell'amalgama di sentori diversi che venivano da lontano.

- Coff... Caff... Scusa, è la prima volta...
Io mi sono arruolata nell'esercito pochi mesi fa, questa è la prima volta che partecipo a una missione ufficiale.
Ti confesso che sono molto nervosa, Tulunay è un gerarca esigente. Mi chiedo che cosa ci si aspetti davvero da noi, siamo solo delle reclute...


Albrich era rimasto in silenzio per tutto il tempo e aveva osservato la sua compagna con sguardo paterno mentre questa armeggiava con la pipa con crescente difficoltà.
Aveva l'aspetto di un guerriero esperto con molti più anni di lei, ma forse quella gravità che ne contraddistingueva il modo di fare era dovuta non tanto all'età ma ai fatti della vita che avevano finito per temprarne il carattere.
A guardarlo bene si riusciva infatti a scorgerne l'indole docile e gentile, ben lontana dalla boria o dall'irruenza che contraddistinguevano gli altri nani della compagnia. Quando rideva sotto la barba lunga e bianca si intravedeva quel sorriso bonario in cui Arsona trovò invero grande conforto.

- Arsona...

Fece una pausa, osservando la giovane con interesse.

- Esatto ... questi deserti non sono la mia casa... ma in un certo senso Qashra é la mia cittá..
Vengo da laggiú, oltre le porte della notte. É un posto gelido, dalla terra sterile e dura.
Lá vi cresce solo il muschio e la rosaspina...


Indicò un punto indefinito nell'oscurità e Arsona fu spinta come di riflesso a portare il suo sguardo alle tenebre che si stringevano attorno a loro.

- Ma é da tanto, tanto tempo che non vi metto piú piede. Ho dormito sotto i cieli di tutto il continente, lontano dal posto infame che mi ha dato i natali... Avevo bisogno di capire in che direzione la mia vita stesse andando.

Vi erano stati molti nani che nel corso dei secoli avevano colonizzato terre inesplorate e non tutti erano tornati nei territori che erano stati loro destinati dopo la Riunificazione.
Avevano fondato isolate comunità sulle montagne, avevano eretto civiltà fondate sulla guerra e sul commercio, si erano talvolta mescolati agli umani, agli elfi e a tutte le altre razze che abitavano il vasto mondo di Theras.
Arsona non sapeva da dove provenisse Albrich, ma doveva trattarsi di un luogo lontano, di cui forse non aveva mai sentito parlare.
Fantasticò per un istante sulle lande innevate di cui le aveva parlato, cercando di immaginare quale profumo avessero le grandi foreste di conifere e la rosaspina coperta di neve.
Così, davanti al fuoco che li divideva dalle tenebre sempre più impenetrabili, i due nani si ritrovarono a pensare ognuno alla propria vita, al proprio passato, ai propri rimorsi. Ma lo fecero, in qualche modo, all'unisono.
Il buio attorno a loro si ispessiva mentre i loro cuori si avvicinavano l'uno all'altro come per effetto di una misteriosa sintonia e le differenze tra loro si annullarono di colpo. I loro volti erano solo parzialmente illuminati dalla luce del focolare, eppure non potevano nascondere le pieghe della loro coscienza, che emergevano invero con un'intima, serena spontaneità.
Se quella conversazione si fosse svolta in un'altra circostanza forse nessuno dei due si sarebbe concesso il lusso di aprirsi all'altro, di condividere i suoi ricordi, le sue aspirazioni; ma la notte premeva su di loro come un animale selvaggio che aspettava infine di divorarli ed entrambi sapevano di poter trovare conforto solo nella presenza dell'altro.

- Ci sono misteri che la notte cobtribuisce a tenere ben celati. La nostra missione é di certo uno di questi...
Ma per come la vedo io, se uno come Tulunay ci ha scelti, credo che un motivo ci sia.
Ci sono cose che solo l'alba puó sciogliere.


La nana, totalmente assorbita da quella conversazione, non prestò attenzione che alle parole del compagno di viaggio.

- Sai... é incredibile. Ho visto il sole sorgere dalle dune di splendidi deserti, l'ho visto emergere dalle nere profondità dell'oceano e riempire l'aria di luce ... ma non riesco a ricordare un'alba piú bella di quella che emerge dalle montagne tra cui sono nato.

Di nuovo un tiepido silenzio calò su di loro e come per effetto di quelle parole Arsona provò a figurarsi quello scenario davanti a lei; chissà che forma dovevano avere quei monti sovrastati dalle nubi lunghe e dense del settentrione, chissà quale poteva essere l'intensità del verde di quei boschi.
Il buio si animò allora all'improvviso di tutte quelle cose e per un istante i fantasmi di una vita passata riuscirono ad alleviare il senso di solitudine e desolazione di entrambi. Attraverso di lui la nana poteva fare esperienza di luoghi e tempi lontani nello spazio e nella memoria, cristallizzatisi come per magia nelle maglie ineffabili dell'oscurità.

- Io invece non ho mai lasciato queste terre, riprese.
Qashra è la mia casa, è dove vivo da quando esiste il Sultanato, a cui ho scelto di dedicare la mia vita.

Distolse lo sguardo dal nano e si concentrò, assente, sulle fiamme che ardevano a pochi centimetri dal suo volto.
Ripensò ad Armida, a suo padre, al primo giorno in caserma, ai commilitoni, alla bellezza del tramonto visto dalle mura della Capitale del mondo nanico.
Ritrovò il sapore dolciastro del vino di casa sua, prodotto da mani sapienti che coltivavano viti senza acini acerbi; e sebbene tutto ciò si svolgesse unicamente nella sua mente, bastò a strapparle un sorriso.
Ma poi ecco, si rivide, sola, a scrutare l'orizzonte al di là dei campi che circondavano la città e che si stendevano fin dove l'occhio poteva posarsi e poi ancora oltre per molte miglia.

- A volte mi chiedo se non sia anche la mia prigione.

Trasse un'altra lunga boccata di fumo e fece passare qualche istante prima di continuare.
Per quanto tempo aveva desiderato andarsene? Troppo spesso si era sentita umiliata dagli arrivismi di Armida, dal cinismo di suo padre, dalla constatazione che viveva una felicità per la quale non aveva pagato alcun tributo.
Quante volte si era sentita mortificata dalla sua stessa inettitudine?

- Quello che c'è fuori... mi spaventa.
Qualcosa si muove a Meridione... E ci sono cose che forse nemmeno l'alba può sciogliere,
disse, poi fece una pausa.
Ma non è solo questo... Io.. non ho visto niente del mondo al contrario di te, Albrich, e il pensiero dell'ignoto mi fa paura.
Perciò ho deciso di arruolarmi nel reparto di Tulunay: per vincere queste paure.


Alzò il viso e questa volta guardò Albrich negli occhi.

- Anche se non so più se il mio sia un viaggio o... una fuga.

Ripensò a suo padre, che aveva lasciato solo nonostante si fosse ripromessa di non farlo mai; ripensò al suo sguardo cattivo mentre tentava di parlargli.
Ricordò il suo disprezzo per lei, ma anche il dolore che ogni volta era costretta a rivivere attraverso i suoi occhi di vecchio, ugualmente stanco della vita e di se stesso.
Ripensò a Yafet, al suo fare amichevole, al suo affetto per lei. Quanto era stata sciocca in così tante occasioni!
La verità era che la paura che Arsona aveva provato per tutte quelle cose era maggiore di quella che il deserto e i suoi misteri riuscivano a infonderle.
Il suo non era coraggio. Era codardia.

- Capisco... L' oscurità nasconde molto più di quello che i nostri occhi possano vedere...
In fondo ... il mondo non è poi un posto così entusiasmante.
Chiunque teme ciò che non può conoscere; è un sentimento umano, che ci contraddistingue. Temiamo le cose che sfuggono alla razionalità,al senso comune... ma... questa, bada, è una mia opinione quindi, ti prego, prendila come tale...


Fece una pausa prima di continuare.

- Credo fermamente che se riuscissimo a cambiare il nostro sguardo, il nostro punto di vista sul mondo che ci circonda ... bhe, ciò che prima ci spaventava a morte diventerebbe magnifico ed... affascinante.
Che il tuo sia un viaggio di formazione o un fuga titanica, immagino che a questo punto non importi più.
Forse saresti ancora in tempo per tornare indietro, per riappacificarti con la tua coscienza, ma sento che in te, Arsona... vi è come una grande forza, un fiume in piena che vuole rompere gli argini, una vita che pulsa e duole ... ma solo perché vuole andare oltre...
Chiamala pure come vuoi : 'istinto','curiosità', ma è qualcosa che sai di non poter ignorare. E' un richiamo primordiale, che ti spinge a osare, ad incamminarti per il dannato mondo a voler cercare esperienze che da sempre ti hanno proibito di fare...
Solo allora potrai capire, a mio avviso, cosa sia realmente importante e cosa sia, al contrario, un miraggio, un' illusione.


Volse il suo sguardo alle tenebre oltre il fuoco e le parvero in quel momento più paurose di quanto non lo fossero state all'inizio.
Durante quel viaggio tutto ciò in cui credeva, tutte le certezze che l'avevano guidata nel corso della sua vita sarebbero state messe in discussione; le sue aspettative, le sue ambizioni, i suoi desideri: tutto sarebbe stato spazzato via con un colpo secco.
Aveva ragione Albrich; anche se era scappata dai suoi doveri, dai suoi ricordi, dai suoi obblighi verso un padre che non l'amava più, da sentimenti non corrisposti e da un'intima, profonda paura per se stessa e per le sue incapacità, non avrebbe avuto rimpianti.
Era nella sua natura.
Stava cercando una vita libera da compromessi.

- Se ne avrò l'occasione, sempre se sarai ben disposta ad ascoltarmi, ti parlerò dei miei viaggi.

A quel punto il nano, levandosi, svuotò la pipa nel fuoco e si strinse nelle vesti. Gli altri forse dormivano da un pezzo e dal deserto non proveniva più alcun rumore.
Arsona rivolse allora al compagno un sorriso di disarmante sincerità: per molti aspetti era ancora una bambina che attendeva con impazienza di diventare adulta.

- Sarai il benvenuto nella casa della mia famiglia, Albrich. Al nostro ritorno condivideremo le nostre storie bevendo il té, come si usa tra i nani di Qashra.

Egli annuì, poi si sistemò in un angolo accanto al fuoco preparando il suo giaciglio.

- Non aver paura della notte. L'oscurità, nelle grandi valli del Nord, odora di menta e origano selvatico; è un profumo incredibilmente buono.
Sogni d'oro, Arsona di Qashra.


- Spero di poter sentire anch'io questo profumo, un giorno.
Buonanotte, Albrich.

Si figurò quale odore potessero avere le notti nelle terre di Albrich, poi assaporò quello del deserto senza inizio e senza fine in cui si erano accampati.
Nonostante tutto, era ancora quello di casa.



Arsona "Shah" Jahan



Stato fisico: Ottimo
Stato psicologico: Ottimo
Energia: 100 - 10 - 10 - 10 - 10 = 60%

Armi: Tughlaq (sulla schiena), Balestra (15/15) (infoderata)
Pericolosità: E
Fascia: Gialla

CS: 1 Destrezza, 1 Costituzione

Passive attive:

~ Contrattare. Arsona ottiene più facilmente le informazioni da chi viene interrogato; inoltre le sue parole risultano più convincenti sia che abbiano finalità benevole che minacciose. L'avversario subirà un contraccolpo psicologico relativo all'approccio di Arsona.
[Passiva razziale]

~ Gli attacchi di Tughlaq infliggono danno di elemento Luce; in aggiunta provocano un senso di intorpidimento nei muscoli della zona colpita, rallentandone i tempi di reazione.
[Passiva Artigiano I]

~ Tughlaq emana una malia psionica passiva nei confronti degli avversari: essa si manifesta tramite un'aura di istinto omicida che pervade la mente dei nemici nelle vicinanze, naturalmente portati a provare un timore istintivo nei confronti del martello e della sua padrona.
[Passiva Artigiano II]


Attive utilizzate:

Riassunto:

Note: I dialoghi sono stati concordati con Joconno. Volevamo fare una giocata approfittando dell'occasione per far conoscere i nostri personaggi :)
Non so cosa ne sia venuto fuori... spero solo che risulti piacevole :P
 
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view post Posted on 16/10/2014, 20:06
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Bigòl
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Giacevano lì, in uno sperduto angolo di mondo, stremati dalle marce forzate e dal sentiero impervio, avvicinati solo da qualche mormorio e da un pasto frugale consumato in silenzio. Nessuno aveva voglia di parlare, mentre il sole moriva tra i monti e le ombre, di pari passo con le inquietudini della giornata, sembravano allungarsi come nere dita pronte a trascinare nell' buio qualsiasi cosa lambissero.
Se gli avessero detto che quella giornata iniziata a tracannare birra da un ambulante sarebbe terminata in quel modo, Albrich avrebbe di certo risposto con una tonante risata di pancia. Eppure, contro ogni aspettativa era lì, seduto di fonte ad un focolare spiritato, a ridosso di un labbro di roccia ancora calda del sole pomeridiano. Era partito come era giunto, senza il becco di un quattrino e senza il bisogno di dire addio ad una città per cui non era mai stato più di un visitatore. Il fuoco del bivacco mormorava ;tutt' attorno il deserto, le piane e le polverose montagne sembravano affogare in un mare di notte. Oltre i quieto covare del fuoco, l' orizzonte sbiadiva; la realtà perdeva i propri confini ed i propri limiti. Era come se la luce, risucchiata dietro le creste dei monti, privasse la terra di forza vitale, lasciandola piena di vuoto e silenzio.

Lunghi brividi gelidi correvano lungo la schiena del nano, ben avviluppato nella sua lacera mantella di iuta quasi a ridosso delle braci, che sputavano lapilli e vapore. L' aria era satura dell' agonia di un mondo che lotta invano per emergere dalle tenebre. Era una sensazione strana, inquietante: solo il pallido zampillare di un fuoco di sterpi gli ricordava di essere ancora parte di quel mondo, di quella realtà che lentamente moriva nel ventre della notte.
Albrich, tremante di un freddo che esisteva solo dentro si lui, tolse dal tascapane la sua lunga pipa dal braciere bombato, riempiendola sino all’ orlo dell’ odorosa mistura che teneva ben sigillata nel porta tabacco nel suo cinturone. Sentiva la necessità di riempirsi i polmoni di fuoco, giusto per ricordare alla sua anima di essere ancora attaccata al corpo. Tutt’ attorno, sino alla soglie dell’ oscurità, vi era profondo silenzio e quiete : la truppa, fatta eccezione per un paio di anime che parevano non trovare pace, già russava fragorosamente. Era stato un viaggio lungo e spossante e la maggior parte degli uomini scelti da Tulunay appena preparato il loro giaciglio erano stati ben contenti di affidare ai sogni la cura del proprio corpo e del proprio spirito. Albrich sapeva che quella di chiudere le palpebre non sarebbe stata affatto un’ ingenuità: se l’ istinto non lo ingannava, il viaggio del giorno seguente sarebbe stato almeno altrettanto massacrante e una buona dormita non avrebbe fatto altro che giovare alle sue ossa stanche. Eppure era altrettanto sicuro che, pur provandoci, non sarebbe riuscito a chiudere occhio; sentiva dentro di sé il tocco gelido di quella notte stagliava oltre il balenare del fuoco. Il buio, l’ indefinito, quella grande paura che giganteggiava oltre le porte della luce era come se gli strappassero il cuore dal petto e lo strizzassero esattamente come uno straccio sporco, stillandone i ricordi, facendoli emergere. Perché quando la mente perde le briglie della realtà, il passato si mescola con il presente e rivive nella grande e densa oscurità che sussurra tutt’ attorno. La notte era immensa e trasparente, come un grande specchio nero in cui si riversavano senza distinzione i ricordi più dolorosi e le memorie più felici di un tempo che Albrich credeva svanito per sempre.
Ecco che in lontananza si stagliano le nebbie delle sue montagne; ecco che Vercigna, la sua Vercinga, risorge in tutto il suo splendore dalle ceneri che la soffocavano, rivendicando il proprio seggio tra la ruggente bufera del Nord. Lontano, oltre il bivacco, il vento sembrava portare le voci di gioia dei nani radunati per un brindisi all’ osteria, le canzonacce sconce, cantate a squarciagola, le risa e il tintinnio delle coppe di birra; ma ad esse si mischia il latrato del fuoco che divampa all’ interno della sua Vercinga, cancellando per sempre quello che era stato il suo mondo.
Un acre sbuffo di fumo azzurrognolo si gonfiò nell’ aria ferma sino a svanire, tramutandosi in un rigagnolo che saliva contorcendosi verso l’ alto, senza forma né dimensione.

Albrich si accorse di stare fissando il nulla; si sentiva vuoto, stanco, come se la sua anima se ne fosse volata via in un nugolo di odoroso fumo.
La fragranza morbida ed allo stesso tempo intensa del tabacco a poco a poco abbandonò la sua bocca. L’ ultima esalazione di quel tiro prepotente gli inondò la bocca un sapore familiare, che sapeva di casa; era la mistura che si soleva preparare tra le valli in cui era nato quella che lentamente si consumava nel braciere, ricca di fragranze che gli riportavano alla memoria gli anni che furono: la delicatezza degli aghi di pino, il sentore forte del ribes nero essiccato e il profumo selvatico dell’ uvaspina. Stinse con violenza il braciere nelle tozze mani, sino a che le nocche non gli divennero bianche. Ebbe d’ un tratto l’ impulso di scaraventare la pipa al suolo e calpestarla sino a che non fosse stata ridotta in pezzi. No, non poteva starsene lì, a fissare il passato con il vuoto negli occhi! Non avrebbe lasciato che il suo cuore si rinsecchisse come un acino d’ uva per piangere anni che ora non erano più!
Eppure, non riusciva a smettere di cullarsi in quei profumi dimenticati che la notte sembrava amplificare. Se una parte di lui voleva costruire il proprio futuro, qualcosa di nascosto e recondito desiderava ancora ardentemente il passato; perché il nano in cuor suo sapeva, malgrado avesse visto le stelle emergere dai cieli di tutto il continente, malgrado avesse vissuto il mondo a modo suo, tutt’ ad un fiato, di essere solo, completamente solo al di fuori dai propri fasti.

Rifletteva in silenzio, Albrich, con uno sguardo che sembrava voler squarciale il fitto drappo della sera. Si poneva domande a cui sapeva di non poter dare risposte, domande che nessuno al di fuori di lui poteva capire. Perché tutt’ attorno il mondo sembrava assopito, cullato dal mormorio del fuoco. Anzi no, a ben guardare non proprio tutti dormivano. Vi era una giovane nana dal piglio malinconico che scrutava le tenebre proprio accanto a lui; senza un motivo apparente, Albrich si chiese quali fantasmi affollassero quella mente inesperta. Stette un istante a fissare i capelli ordinati, il volto accigliato di fronte alla realtà che si spegneva. Poi, improvvisamente, la sua lingua si mosse da sé, battendo poche, imbarazzate parole sul palato impastato dalla veglia.

" Notti come queste riescono sempre a riempirmi di malinconia ..."

La sua voce riverberò profonda nell’ aria. La lasciò un po’ fare.

" Dicono che del buon tabacco sia la migliore cura contro il freddo e la nostalgia ... perdonalmente non vi credo poi
molto...Peró devo ammettere che questa miscela é davvero sensazionale: uvaspina essiccata, scorza di rosa canina...”


Porgerle l’ imboccatura della pipa fu quasi un gesto inconsapevole, così come lo era stato dare fiato alle proprie parole. Forse aveva semplicemente bisogno di parlare con qualcuno di quello che una volta era stato, di confidarsi. Fatto sta che qualcosa, un desiderio viscerale, lo spingeva a far sbocciare tesi sorrisi verso quella nana dal viso accigliato.

“ Mi fa pensare alla mia terra ... "

Continuò, sorprendendosi di quanto quelle parole fossero scaturite con tanta facilità.

" E inoltre mi migliora parecchio l'alito! Se vuoi favorire, fai un fischio al vecchio Albrich."

Una risata imbarazzata coronò quell’ assurdo tentativo di tessere un rapporto tra due individui che prima di quella notte nemmeno si conoscevano. In una violenta vampata di imbarazzo, Albrich si trovò a desiderare che la nana non avesse ascoltato le sue parole, che fosse rimasta immersa nei suoi pensieri. Il silenzio si frappose tra lui ed la destinataria delle sue parole.

“Ti ringrazio, Albrich... Mi piacerebbe provare...”

Albrich non nascose la sorpresa di vedere la timida mano della nana che raccoglieva la pipa dalle sue palme e se la portava alla bocca, lunga e fumante come era. Tra un breve colpo di tosse e l’ altro una nube azzurrognola avvolse il volto teso della nana.

”Io sono Arsona e vengo da Qashra.
Tu invece non sei di queste parti...”


Albrich si limitò a scuotere la testa, osservando la notte cibarsi delle volute di fumo che uscivano dalla bocca di Arsona. Rise sinceramente quando la nana, espellendo con qualche colpo di tosse il fumo che le stagnava nel torace, gli restituì la pipa. C’ era qualcosa di irresistibile nel suo tono di voce dolce ed accondiscendete, in quella sincerità genuina che sapeva come cogliere l’ animo nel lato più morbido. Albrich sentì di potersi aprire, giusto un poco.

"Arsona..."

Sussurrò il suo nome. Non aveva nulla di familiare o di noto; eppure,sapeva che in qualche modo che lei era pronta ad ascoltarlo. Anche lei nella notte aveva visto qualcosa che le aveva fatto tremare il cuore, poteva capirlo dalle ombre che addensavano quei grandi pozzi neri dei suoi occhi.

" Esatto ... questi deserti non sono la mia casa... ma in un certo senso Qashra é la mia cittá..."

Quashra, la città che era stata eretta anche con il suo sangue, era ciò che di più vicino ad una casa potesse dire di avere. Sulle sue labbra sbocciò un sorriso ambiguo ed amaro. Levò il braccio verso l’ oscurità che strisciava più vicino, sempre più vicino.

“Vengo da laggiú, oltre le porte della notte. É un posto gelido, dalla terra sterile e dura.
Lá vi cresce solo il muschio e la rosaspina...”


Lo specchio della notte proiettò il verde inteso dei licheni che emergevano dalla roccia chiara, il nereggiare degli alberi, lo splendore dei crinali. Sentì come se l’ oscurità gli avesse conficcato una spina nel cuore.

“Ma é da tanto, tanto tempo che non vi metto piú piede. Ho dormito sotto i cieli di tutto il continente, lontano dal posto infame che mi ha dato i natali... Avevo bisogno di capire in che direzione la mia vita stesse andando”

* Se almeno ora l’ avessi capito … *
Avrebbe voluto aggiungere; ma l’ orgoglio e il ritegno fecero passare sotto silenzio quell’ ultimo frammento di frase. Lo sguardo ammirato di Arsona scosse la malinconia dei suoi pensieri.

“ Io mi sono arruolata nell'esercito pochi mesi fa, questa è la prima volta che partecipo a una missione ufficiale.
Ti confesso che sono molto nervosa, Tulunay è un gerarca esigente. Mi chiedo che cosa ci si aspetti davvero da noi, siamo solo delle reclute...”


Albrich ascoltò attentamente, torvo, con gli occhi rivolti al suolo. Sentiva il suo animo risuonare con quella piccola sfumatura di preoccupazione, tanto che si sentì in dovere di sorridere, un ampio sorriso sdentato e bonario, e dissipare l’ oscurità in quelle parole.

"Ci sono misteri che la notte contribuisce a tenere ben celati. La nostra missione é di certo uno di questi..."

Il tono della sua voce era basso, ma pieno di tutta la gentilezza di chi vuole essere rincuorante.

" Ma per come la vedo io, se uno come Tulunay ci ha scelti, credo che un motivo ci sia".

Avvicinandosi al focolare, si ritrovò di nuovo faccia a faccia con la notte dell’ Akeran, fosca e spietata.

" Ci sono cose che solo l'alba puó sciogliere"

Era un sussurro, ora, la sua voce scura. E di nuovo l’ immaginazione ruppe il velo delle tenebre: l’ alba sembrò per un istante sorgere dalle creste polverose dei monti. Poi, altre parole sgorgarono, pure come acqua in un roboante torrente.

"Sai... é incredibile. Ho visto il sole sorgere dalle dune di splendidi deserti, l'ho visto emergere dalle nere profondità
dell'oceano e riempire l'aria di luce ... ma non riesco a ricordare un'alba piú bella di quella che emerge dalle montagne tra cui sono nato"


La notte sembrò vibrare dello sguardo stupefatto di Arsona.

“Io invece non ho mai lasciato queste terre.
Qashra è la mia casa, è dove vivo da quando esiste il Sultanato, a cui ho scelto di dedicare la mia vita ... A volte mi chiedo se non sia anche la mia prigione."

“Ma non è solo questo... Io.. non ho visto niente del mondo al contrario di te, Albrich, e il pensiero dell'ignoto mi fa paura.”

“Perciò ho deciso di arruolarmi nel reparto di Tulunay: per vincere queste paure.”

“Anche se non so più se il mio sia un viaggio o una fuga.”

Fu Albrich questa volta ad avere un sussulto al cuore. Quei brevi silenzi, la forza immensa di quelle parole dette a mezza voce gli fecero aggrottare le sopracciglia cespugliose. Lo stesso fuoco che prima ardeva nei suoi occhi, lo vedeva riflesso nelle pupille della nana. C’ era del coraggio nell’ ammettere ad un estraneo le proprie paure più recondite. Albich percepì la disperazione di un’ anima che voleva essere grande, che aveva la forza ed il coraggio per farlo ma che per qualche motivo ancora si voltava indietro a guardare ai giorni morti dietro il suo cammino. Quelle preoccupazioni, prima che il disastro di Vercinga lo gettasse in pasto al mondo, erano anche le sue: un lui più giovane ed ardito, certo;ma quel “lui” da qualche parte, riflesso in un frammento di notte, non era del tutto scomparso. Stette in silenzio sino a che il cuore della nana non ebbe riversato tutto il suo contenuto. Perché Albrich aveva imparato a sua spese che il cuore si un nano è capace di assorbire tutto, ogni emozione, ogni sensazione, proprio come una spugna e sono rari i momenti in cui l’ oscurità che vi stagna all’ interno trova una valvola di sfogo. Poi, quietamente, si rimise a parlare, con il suo solito tono cupo e meditativo.

“ In fondo ... il mondo non è poi un posto così entusiasmante …"

Ripensò a tutti gli spagli commessi, a tutti i giorni che si erano dissolti alle sue spalle senza lasciare traccia. Ripensò alle amicizie andate in fumo, ai nemici di cui aveva fatto scempio e trovò il numero di questi ultimi di gran lunga superiore a quello dei primi. Lentamente, si sforzò di sorridere, ma non venne bene.

"Chiunque teme ciò che non può conoscere; è un sentimento umano, che ci contraddistingue. Temiamo le cose che sfuggono alla razionalità,al senso comune ... ma ... questa, bada, è una mia opinione quindi, ti prego, prendila come tale..."

La sua voce aveva ripreso vigore; gli occhi, chiari come laghi montani, erano braci vive rivolte al regno delle tenebre, proibito alla comprensione umana.

"Credo fermamente che se riuscissimo a cambiare il nostro sguardo, il nostro punto di vista sul mondo che ci circonda ... bhe, ciò che prima ci spaventava a morte diventerebbe magnifico ed ... affascinante ."

Anche il suo sorriso sembrò riprendere vigore. Era certo che oltre il velo della notte la vita ribollisse: da qualche parte laggiù le lucciole danzavano sopra le spighe di fumento, i ciclamini fiorivano nascosti e profumati sopra una coperta di muschio. Nell’ oscurità crescevano i funghi lungo i sentieri solitari e la rugiada si depositava sui prati.
Senza la notte, non poteva esistere il giorno.

" Che il tuo sia un viaggio di formazione o un fuga titanica, immagino che a questo punto non importi più.
Forse saresti ancora in tempo per tornare indietro, per riappacificarti con la tua coscienza, ma sento che in te, Arsona... vi è come una grande forza, un fiume in piena che vuole rompere gli argini, una vita che pulsa e duole ... ma solo perché vuole andare oltre ..."


L’ aveva percepita prima, da quel forte senso di dubbio e dal coraggio che trapelava dalle sue parole ed ora stava riportando con voce bassa e serena la sua riflessione, ma la giovane nana sembrava ugualmente stupita. Albrich sorrise. Pazienza, prima o poi si sarebbe resa conto della propria forza interiore.

" Chiamala pure come vuoi : 'istinto','curiosità', ma è qualcosa che sai di non poter ignorare. E' un richiamo primordiale, che ti spinge a osare, ad incamminarti per il dannato mondo a voler cercare esperienze che da sempre ti hanno proibito di fare..."

Gli venne da sorridere. Era molto che non sorrideva più con tanta facilità.

"Solo allora potrai capire, a mio avviso, cosa sia realmente importante e cosa sia, al contrario, un miraggio, un' illusione."

Lo sguardo del nano, vivo, fremente, incrociò quello di Arsona.

"Scommetto ciò che vuoi che, comunque sia, non ti abbandonerai mai ai rimorsi.".

Si sentì svuotato, dopo quelle parole. Era una sensazione piacevole, in fondo. Si identificava molto in quella nana da sorriso facile e pieno di gratitudine; nelle sue iridi scure rivedeva sé stesso, anni orsono, con la stessa smania di liberarsi dai propri vincoli, di vedere il mondo, le stesse paure e gli stessi limiti . Le palpebre d’ un tratto gli si fecero più pesanti. Il torpore di uno sbadiglio gli salì dal petto sino alla mascella. Un ultimo sospiro di fumo e le ombre della notte parvero dissolversi.

"Se ne avrò l' occasione, sempre se sarai ben disposta ad ascoltarmi, ti parlerò dei miei viaggi."

Lo disse con il tono di una promessa; Arsona, una volta saputo dell’ ambiguità del mondo, non si sarebbe fatta scrupoli a sperimentarla lei stessa, ne era certo. Per questo era un compito importante da assolvere, quello di narrare le proprie avventure. Ma quella non era né l’ ora, né il tempo, né il luogo. Due brevi colpi sul terreno duro dove poggiavano i suoi glutei e il braciere della pipa era svuotato delle ceneri.

"Non aver paura della notte. L' oscurità, nelle grandi valli del Nord, odora di menta e origano selvatico; è un profumo incredibilmente buono."

Sentiva nelle sue orecchie il lamento dell’ erba, il respiro della nebbia che inondava le vallate in cui era cresciuto e vissuto. Se non le avesse lasciate, se non si fosse tuffato nell’ infinito, nella notte, non avrebbe mai scoperto le meraviglie e le grandi contraddizioni del mondo.
Arsona, incantata, pensosa, parlò in tono soave.

“Sarai il benvenuto nella casa della mia famiglia, Albrich. Al nostro ritorno condivideremo le nostre storie bevendo il té, come si usa tra i nani di Qashra…”

*Ci conto* avrebbe voluto dire; ma si limitò ad avvilupparsi nelle proprie vesti, in attesa del sonno, con un sorriso pacifico stampato sul volto.

“Spero di poter sentire anch'io questo profumo, un giorno...Buonanotte, Albrich.”

“Sogni d’ oro, Arsona di Qashra.”

E il sonno lo portò lontano, per quelle valli che credeva non esistessero più, lungo quei crinali scoscesi e quei picchi innevati che da piccolo sognava di poter valicare



Albrich


(IMG:http://i39.tinypic.com/ypa9e.jpg)



<div align="center">Classe: Guerriero
Razza: Nano
Talento: Avanguardia I
CS: 1 Forza 1 Costituzione

Stato Fisico: Illeso (100 %)
Stato Psicologico: Illeso(100%)
Stato Emotivo: Malinconico
Energia: 55%

Equipaggiamento:

Mjolnir(Mano destra) Varja (Mano sinistra) Martelli da guerra. [riposti]
Desperia, ascia bipenne [riposta]


Tecniche attive:

///

Tecniche passive:

CITAZIONE
Runa del Nerbo:
(Talento I: Avanguardia)
>> Passiva


Ciò che contraddistingue Albrich è chiaramente una straordinaria prestanza fisica. La muscolatura allenata oltre ogni dire di questo individuo gli permette infatti di brandire armi o scudi di dimensioni ragguardevoli, difficili da padroneggiare per qualsiasi altro. Ciò si traduce nella possibilità di utilizzare, ad esempio, due grosse asce - una per mano - senza risentire quasi del loro peso, oppure di portare senza fatica un grande scudo in battaglia. In termini tecnici, i possessori di questo talento potranno utilizzare armi di grandi dimensioni come se fossero equipaggiamenti normali.


Runa dell’Acume
>>Passiva
(Pergamena “Tattiche di combattimento”: il guerriero acquisisce le conoscenze necessarie a sfruttare tatticamente l'ambiente circostante. In uno scontro ciò potrà anche tradursi nell'abilità di vincere scontri fisici a parità di CS, grazie alla superiore conoscenza del terreno di scontro da parte del guerriero.)

Non c’ è nulla di più importante per un guerriero che entrare in simbiosi con il campo di battaglia, analizzarlo, coglierne le impercettibili sfumature che ad un occhio meno esperto, ad un animo meno temprato, sfuggirebbero come l’ acqua serpeggia silenziosa tra i bianchi ciottoli di un torrente; Se tale coscienza è essenziale per un combattente, per un nano, un infimo, sottovalutato nano, è questione di vita o di morte. Se per un nano tale conoscenza è questione di vita o di morte, per Albrich, nello scorrere impetuoso degli anni, è diventata una questione d’ onore. Con quasi un secolo alle spalle,con troppe cicatrici ancora aperte ed il forte sapore della guerra sempre e costantemente sulle labbra, Albrich ha visto davvero un sacco di cose. I suoi piedi hanno calcato la nuda roccia, le fredde vallate del nord, sono affondati nella neve fresca. Il suo animo non ha vacillato dinnanzi alla natura crudele dell’ Akeran, né dinnanzi al cupo squallore dei bassifondi più torbidi. Ovunque si trovi, è stato di certo in un posto simile, sebbene peggiore, del quale conosce a mente punti deboli e punti di forza. Il campo di battaglia non ha più segreti, per l’ orgoglioso Albrich Durno Jovill Saemund Brisgamet Rotghaar.



Runa della Razza:
(Abilità Razziale)
>> Passiva


La razza dei nani gode da sempre di una particolare predisposizione alla vita dura, cosa che li ha resi nei secoli famosi per la loro tenacia senza pari; abituati a vivere nelle condizioni più abiette (sotto terra, dove la roccia viva non offre occasione di coltivare o allevare grandi quantità di vegetali e animali), i nani sono col tempo divenuti meno sensibili delle altre razze alla fatica fisica. Ciò si traduce, all'atto pratico, in una resistenza alla fame, alla sete, all'affaticamento del corpo dovuto a lunghi viaggi o combattimenti estenuanti. In termini di gioco un nano non sentirà i morsi della fame, non avrà bisogno di bere se non quando gli aggrada e non risentirà della fatica durante il combattimento, anche qualora questo dovesse protrarsi a lungo; ciononostante sverrà al 10% delle energie come qualsiasi altro.

Riassunto:

Note: Chiedo scusa per il ritardo ma gli impegni cominciano a premere e io comincio a cedere... ma non temete,sarò attivo e presente più che posso
 
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16 replies since 27/8/2014, 22:15   420 views
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