Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Fetiales; ʤɛna

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view post Posted on 26/11/2014, 16:59
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Qashra; archivi

aV6zLrS

« Il suo nome? »
« Aleksjéj Vasìljeviç Lévin. »
« ...mi scusi? »
Il nano sbatté confusamente le palpebre, evidentemente colto in fallo dalla complicanza di quel nome. Venatrix gli sorrise con garbo e lo ripeté più lentamente, lasciandogli il tempo di chinarsi doviziosamente sul registro e preparare la propria piuma.
« ...Aleksjéj... Vasìljeviç... Lévin. »
Dall'altro lato della finestrella che li separava, Venatrix poté interpretare tutte le fasi di incredulità del bibliotecario che iniziò a tentennare sugli accenti circonflessi, poi aggiunse arbitrariamente una cediglia alla c e infine concluse frettolosamente lasciando che i suoi orecchi gli dettassero cosa scrivere. Ben conscio di aver compiuto una registrazione sommaria, il nano si allontanò velocemente dal suo posto a sedere e rivolse al drago uno sguardo incredulo e curioso.
« Bene signor "Alexei", mi segua. »

Accarezzando con lo sguardo le pareti strette e sbeccate della biblioteca di Qashra, Venatrix non poté trattenersi dall'esprimere un'opinione popolare e lamentosa.
« È un peccato che gli archivi del Sultanato godano di così poca cura. » affermò distrattamente, galleggiando col pensiero « Immagino però che sia stato sciocco da parte mia aspettarmi altrimenti, considerati i recenti avvenimenti dell'Akeran. »
L'altro aspirò rumorosamente col naso, senza voltarsi, continuando a condurlo per i labirintici corridoi della biblioteca. Mano a mano che si addentravano nell'edificio, il drago fu costretto a chinarsi e stringersi più di una volta per superare indenne l'architettura a misura di nano; il bibliotecario riprese a parlare proprio mentre stava compiendo una di queste evoluzioni, suggerendo con la sua domanda che lo stesse compatendo per il suo inevitabile spaesamento.
« ...Lei non è originario di qui, vero? »
« Affatto. »
« Lo immaginavo. »
« Per il nome? »
« Anche. Ma se fosse nato nell'Akeran saprebbe che qui, dei libri, non gliene è mai fregato niente a nessuno. Guerre o non guerre. »
Svoltarono altre due volte, fino a trovarsi in una stanzetta delle dimensioni di un piccolo studiolo, con tanto di vetusta scrivania e sedia impolverata. Il bibliotecario fece accomodare Venatrix, accendendo una piccola lanterna presa da uno scaffale poco distante e avvicinandogliela in modo da rendergli più agevole la lettura.

« Di cosa ha bisogno? »
« Tutto ciò di cui disponete sulla storia del Sürgün-zemat. »
« Poca roba, insomma. Posso sapere che cosa spera di scoprire? »
« A rigor del vero, non glielo so dire. Che scoperta sarebbe, altrimenti? »
« Lei è fin troppo ottimista. »
« Forse. E lei troppo poco intraprendente; da qualche parte sarà pur rimasto qualche frammento di memoria storica. »
« Forse. » rispose il nano grattandosi la barba, a entrambe le affermazioni « Si trova sempre qualche pazzo disposto a vantarsi delle proprie ricerche. »
« Perché riconoscono l'importanza della trasmissione delle proprie conoscenze. »
« Ah! Questa è bella! »
Il bibliotecario scoppiò in una fragorosa risata, mentre iniziava a rimbalzare fra gli scaffali come una mosca intrappolata in una bottiglia, alla ricerca dei volumi richiesti dal suo interlocutore.
« L'unica cosa che muove un nano è l'aspirazione al guadagno. E se le ricerche non conducono ad alcun tesoro, possono sempre sperare di ricavarci qualcosa ricamandoci sopra un trattato. La verità è che nell'Akeran c'è molta meno storia e molti meno tesori di quanto non voglia far credere chi specula su queste fantasie. » e sputò l'ultima parola a mezza voce, lontano dagli orecchi di Venatrix « Storici. »
Il drago non rispose; la sua posizione era talmente salda nel credere l'opposto, che un confronto effettivo fra le due opinioni non avrebbe fatto altro che essere distruttivo. Far cambiare idea al bibliotecario, poi, non sarebbe servito a nulla; il potere dell'Ahriman cresceva e lui non aveva tempo da perdere in battibecchi senza senso.
Aprendo il primo dei grossi volumi che gli vennero portati, si limitò a sperare che la razza dei nani non smettesse mai di preservare la propria storia. Che lo facessero per l'oro, o per integrità.

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Qashra; piazza della riunificazione

« Signori miei, sono arrivati gli ultimi permessi! Preparatevi alla partenza! »
Mehmet Şahin non era mai stato portato per i discorsi lunghi e pomposi, e non aveva intenzione di farne uno in quel momento. Quella spedizione gli era costata tempo, fatica e denaro, e non avrebbe perso un secondo di più chiuso fra le mura di Qashra, ad aspettare i permessi per allontanarsi dal Sultanato; tutta quella burocrazia gli procurava un fastidioso prurito sotto la mascella, e ormai a forza di grattarsi aveva finito col staccarsi la barba, quasi.
Arrangiare i viveri, l'equipaggiamento, le mappe e il trasporto era stato relativamente semplice. Più difficile era stato trovare delle persone di cui fidarsi. Aveva setacciato ogni angolo del Sultanato alla ricerca di uomini preparati e fedeli, respingendo le proposte di tutti coloro che gli consigliavano di portare con sé alcuni dei suoi parenti. "Parenti serpenti!" rispondeva, scaldandosi "Non ho alcuna intenzione di dividere ciò che troverò con i miei maledetti fratelli!"
Infine era riuscito a mettere insieme una dozzina di persone capaci, scelte accuratamente fra coloro che lo avevano colpito di più. In moltissimi avevano sperato di potersi unire alla sua spedizione, ma Mehmet era ben cosciente che un numero troppo grande di persone avrebbe significato una fetta più piccola di guadagno. "Pochi ma buoni" era il suo motto.
Sul momento di partire, però, gli venne in mente che sapeva poco o nulla sui suoi sottoposti. Forse qualche frase di incoraggiamento era necessaria.

« Ricordate ciò che sto per dirvi: »
« Il Plaakar è stato bonificato solo di recente dal Sultanato; prima era troppo pericoloso per essere esplorato. Nessuno sa che cosa si nasconda nelle parti più profonde della giungla, ma gli esploratori hanno iniziato a spingersi sempre più in là, e i loro resoconti si sono fatti sempre più intriganti: c'è chi parla di gigantesche città sommerse dalla vegetazione, e chi dice di aver visto luccicare metalli preziosi fra il fogliame della foresta! »
« Fino a qualche anno fa, una spedizione come questa non sarebbe stata possibile. Qualunque cosa troveremo, noi saremo quindi i primi a trovarla! E mal che vada ci pagheranno oro colato per ogni mappa dettagliata della giungla che riusciremo a compilare! »
« Il Plaakar è una cespugliosa figa vergine che aspetta soltanto noi per essere deflorata! Seguitemi, e vi prometto che quando torneremo a casa saremo tutti ricchi! »

FEFLmhy



CITAZIONE
E benvenuti nella spedizione :DD
La prima parte del post riguarda Venatrix - in questo momento è del tutto scollegata ai vostri personaggi. La seconda, invece, vi interessa direttamente: siete nella Piazza della Riunificazione (la più grande piazza di Qashra) e state impacchettando i vostri averi per caricarli sulla carovana che vi porterà nel Plaakar. L'esuberante nano che pronuncia il discorso d'incoraggiamento è il vostro finanziatore: Mehmet Şahin, di cui potete vedere un eloquente immagine in fondo al post. Insieme a voi vi sono altre otto persone tra umani e nani, partecipanti alla spedizione esattamente come voi.

In questo primo post vorrei che vi inventaste (e descriveste) come il vostro personaggio è riuscito a farsi scegliere da Mehmet. Buona parte di Qashra era interessata a partecipare alla spedizione, eppure lui ha scelto solamente dodici persone, tra cui voi quattro; perché? Gli avete salvato la vita? Avete catturato un ladruncolo che gli aveva fatto uno sgarbo? Avete finanziato in parte l'intera spedizione? Avete totale carta bianca a riguardo, e potete pormi qualsiasi domanda nel topic di confronto, in modo da essere il più dettagliati possibile. Se vi riesce, siete anche liberi di inserire nel post una reazione all'eccentrico discorso d'incoraggiamento del nano; impostatelo come preferite! ;D
 
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Lenny.
view post Posted on 27/11/2014, 13:41




Fetiales~
ʤɛna


Il vento muoveva i ciuffi d'erba sulle dune basse, come fossero barbe, menti di giganti. Il sole stava per spuntare, non più notte, non ancora giorno: una luce rosata che illuminava Qashra, grigio gioiello sfumato nell'orizzonte. Vagun, mani incrociate sotto la cappa che lo proteggeva dal torrido clima dell'Akeran, decise di fermarsi un attimo, quel tanto che bastava ad ammirare il paesaggio. Un volatile dal piumaggio scarlatto lanciò un grido sopra la sua testa. Uno scorpione scivolò sotto la carcassa di un vecchio carro mezzo sepolto. Il sole cominciava ad attutire la brezza del mattino.
Poteva essere quella la pace assoluta?
Il goblin inspirò a fondo, riempendosi i polmoni di tutto quello splendore. E siccome aveva sempre odiato gli esagerati sentimentalismi si slacciò le brache, con la vaga intenzione di pisciare sul sole e di spegnerlo una volta per tutte, azione questa che per lui rivestiva una particolare importanza. Tutto sommato, piuttosto plateale.
Pace assoluta o no, comunque non era cosa da chiedersi all'alba, a stomaco vuoto e con tutte quelle miglia nelle gambe. Si riallacciò le brache, lo sguardo sulla strada, un canale di fango lontano dalla via principale, che scivolava dietro la bassa collina: solo un pazzo viaggerebbe da solo per l'Akeran.
Uno come lui.

__ _ __

Conobbe Mehmet Şahin alla Grazia Malevola, la sera dopo i burrascosi eventi che avevano finito per compromettere per sempre l'amichevole rapporto tra il goblin e Kvothe, il proprietario della locanda. Il nano era stato presente, aveva visto con i propri occhi, e la sera dopo eccolo ancora nella taverna, seduto allo stesso tavolo di Vagun. Inizialmente il goblin e il nano chiacchierarono del più e del meno, risero su quanto accaduto nella locanda, dell'imbroglio, della rissa e dei tre sgherri della Guardia Insonne, si lamentarono delle condizioni della capitale, che il secondo aveva raggiunto in cerca d'affari, ignorando le miserabili condizioni in cui l'aveva ridotta Mathias Lorch. Ma quanto accaduto la sera prima nella Grazia Malevola gli aveva fatto ben sperare che il suo non fosse stato tutto tempo perso: sapeva che avrebbe ritrovato il goblin nello stesso misero posto anche la sera successiva -Kvothe era stato sin troppo esaustivo in merito alle abitudini del pelleverde- e poco dopo gli si era avvicinato in compagnia di una bottiglia di vino che -parola sua- aveva il potere di rendere la testa incredibilmente leggera. Niente carte o dadi tra i due -non dopo quanto aveva avuto modo di assistere- ma solo quella bottiglia di rosso.

« Dammi retta, tu sei sprecato quassù, a Basiledra. Davvero non ti vengono a noia le discussioni infinite di questa gente? Sei una creatura d'azione Vagun, l'ho visto ieri e lo confermano ora le tue mani e il tuo sguardo. »

« Ma davvero? E sentiamo: cos'altro ti dice il mio sguardo? »

Vagun sorrise appena, poi buttò giù in un solo fiato i primo bicchiere: aspro e forte, abbastanza da sciogliere la lingua a una statua. Dopo tutto quel tempo passato a far chiacchiere sapeva d'avere di fronte un nano singolare, materiale e gretto, ma allo stesso tempo esperto e acuto conoscitore di uomini. Una commistione che aveva incontrato raramente nella vita. E non riusciva proprio ad averlo in antipatia, non dopo il secondo bicchiere di vino.

« Che si lascia affascinare dall'oro. E che proprio per questo potresti imbarcarti nell'impresa di cui ti ho parlato. Se una persona in gamba e con quel poco di scaltrezza che serve per viaggiare il mondo mi seguisse nel Plakaar, accederebbe a un bottino potenzialmente illimitato. Altrimenti non perderebbe tempo seduto qui con me a bere vino, o sbaglio? »

Rispose Mehmet a voce bassa, l'espressione furba di chi sa di poter vendere pellicce a un orso. Il nano sapeva il fatto suo, dispensava buoni argomenti. E Vagun sapeva fiutare gli affari a distanza. Nascose il suo interesse massaggiandosi la nuca mentre il nano mesceva il vino e gli offriva il terzo bicchiere. Un sospiro, poi continuò in tono quasi fraterno.

« Domani parto per il Sultanato. Se la mia proposta ti alletta l'appuntamento è a Qashra, in piazza della riunificazione, l'alba dopo il prossimo ciclo di luna. »

« Forse, non so. È passato troppo poco tempo dalla mia ultima impresa, e la pelle deve ancora rimarginarsi. »

Rispose indicando l'anello livido che circondava il suo occhio destro. Doloroso memento del breve ma intenso scontro avuto con Chett la sera prima, al quale lo stesso Mehmet aveva presenziato. E, ovviamente, aveva sentito voci su quanto accaduto poco dopo tra le strade della capitale. Il nano annuì con fare comprensivo, lisciandosi la folta barba castana, e versò a Vagun l'ultimo rimasuglio di vino.

« Allora bevi compare, non esiste migliore unguento di questo. »

Quarto bicchiere: la testa diventò veramente più leggera.


__ _ __

Qashra, piazza della riunificazione. Un ciclo di luna e un'alba dopo.
Vagun fu tra i primi ad arrivare. Salutò cordialmente Mehmet, si diede un'occhiata in giro, stringendo a sé la borsa da viaggio. Attorno a lui, una dozzina di avventurieri, alcuni umani e altri nani, ma tutti attirati dalla stessa luccicante promessa. Incredibile come il mondo si restringesse tutto in una volta, ridotto a nient'altro che una grande piazza su cui si affacciavano quei singoli sognatori, ciascuno con la sua insostituibile storia, che già raccontava la storia di tutti, dai più scialbi ai più bizzarri, dai tagliagole ai nobilastri. Anche Vagun, dal canto suo, ne aveva una interessante. Non era mai stata solo la promessa del guadagno a menarlo per il mondo, dalle Hooglands a Castelgretto, e da lì fino a Basiledra, i piedi callosi fatti per camminare, le piante dure come cuoio. C'era qualcos'altro, qualcosa che non si poteva descrivere, ma che conosceva bene.
La curiosità.
La curiosità, quell'insolente caparbia curiosità di sapere come sarebbe andata a finire la sua storia, come si sarebbe conclusa la sua vita. Forse avrebbe dovuto fare altre scelte tempo prima, ma ormai era troppo tardi. Per uno come lui fermarsi era impossibile. Attese che Mehmet terminasse il suo bel discorsetto d'incoraggiamento per poi intervenire, nel modo disinvolto e spontaneo che solo un goblin poteva possedere.

« E se un lavoro è rischioso, la ricompensa non è mai abbastanza alta! »

Bene, attendevo l'occasione per inserire la citazione messa al centro della scheda e questa mi è sembrata perfetta =D Io e Ashel stiamo giocando una scena free antecedente alla quest ma sapendo più o meno cosa accadrà ci siamo organizzati in privato. Tre settimane prima della quest Mehmet assiste a quanto accade QUI e, incuriosito, chiede poi a Kvothe informazioni sul pelleverde. Lo ritrova la sera dopo e, passato un po' di tempo in chiacchiere, gli propone un'offerta che Vagun non potrebbe mai rifiutare. Spero il post piaccia e che altro.. buon divertimento a tutti =D

EDIT: errore di battitura


Edited by Lenny. - 27/11/2014, 16:35
 
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view post Posted on 29/11/2014, 18:15




FETIALES
ʤɛna




Barreus accarezzò con i polpastrelli la superficie levigata del tavolo in legno. Era un uomo maturo, che superava abbondantemente la trentina, ma il suo cipiglio severo ed adulto l'aveva sempre fatto apparire più vecchio di quanto in realtà fosse.
« Sei molto lontano da Dorhamat, Xari. » La voce del contrabbandiere era profonda e secca; Barreus non era mai stato un grande oratore. Non ne aveva nè il temperamento nè il desiderio: schietto ed asciutto, proprio come la sua espressione austera. « Molto lontano. »
« Non così distante, amico mio. » Il vanitoso mercenario ammiccò esageratamente in direzione di un'avventuriera che sedeva al banco della modesta locanda. Xari si distese poi sulla sedia, adocchiando il suo interlocutore con atteggiamento sornione e noncurante. « Lo Zar è quasi dietro l'angolo: se giocassi a zenassi con quei ragazzi, », disse, indicando un gruppetto di avventori intenti a gareggiare in una strana versione dei dardi, « e mancassi un colpo, la freccia finirebbe dritta in acqua. »
Il pirata sorrise, e così fece anche il contrabbandiere - per quanto l'ilarità non raggiunse mai i suoi occhi. Barreus sollevò il boccale, sorseggiando all'irriducibile ottimismo del suo ex-capitano. Quando posò il bicchiere, però, tornò alla carica con rinnovata serietà. « Molti Prigionieri si chiedono quando tornerai. » Era una domanda particolare, perchè formulata male. Se tornerai sarebbe stato più appropriato. Vi fu un profondo silenzio tra i due, una tensione durante il quale si fissarono negli occhi come i più intimi tra gli amanti, pronti ad intuire centinaia di informazioni non pronunciate. Drenthe rispettava Barreus ed il contrabbandiere adorava il pirata, ma gli affari erano affari.
« Non è necessario che Jericho si preoccupi. »
« No, lo chiedo nel mio interesse. » La pronta risposta sorprese Xari, che alzò il sopracciglio incuriosito. « Sono due anni che vaghi per l'Akeran, cercando qualcosa. Mi sta bene. Ma ricorda che, per quanto tu abbia lasciato il comando all'Annegato ed a questi non piaccia governare, gli uomini potrebbero dimenticare la mano che li ha nutriti se lasciati per troppo tempo con un nuovo padrone. »
« Mi stai avvertendo, e ti ringrazio - ma è tutto sotto controllo. La Cobalto ed il suo regno commerciale sono in mani fidate; guarda alla mia assenza come un dispendioso aggiornamento accademico. »
Questa volta fu il contrabbandiere ad assumere un'espressione confusa; Barreus si accarezzò dietro la nuca i lisci capelli neri, allontanandoli dall'alta fronte spaziosa. « Prego? »



« Un cambio di prospettive. » Drenthe incrociò le dita, allacciando le mani dietro la nuca. La sua aria enigmatica era impreziosita dal suo aspetto eccentrico, esotico persino per la brulicante capitale del Sultanato. Qashra ospitava molti viandanti e centinaia di loschi personaggi, ma dubitava che avesse mai visto un uomo come lui. Xari sapeva - sperava - che qualcuno lo stesse osservando proprio in quell'istante: non esisteva modo migliore di barare al gioco che non fosse farlo sotto gli occhi di tutti.
« Non ti seguo: forse non sai neppure tu cosa vai cercando...? »
Barreus era un individuo intelligente e spigliato, ma ragionava in termini troppo pragmatici; era razionale e misurato in ogni suo gesto, poichè il suo lavoro dipendeva dalla sua sottigliezza e dal suo basso profilo. Era un alleato inestimabile proprio per queste qualità, ma il suo carattere si era sempre scontrato con quello appariscente ed esuberante dell'ex-capitano. Forse era per quella ragione che aveva sempre preferito Jericho - forse era per quella ragione che s'interrogava sulle motivazioni del suo vagabondare. Non doveva illudersi: tutto ciò che avrebbe detto sarebbe stato riferito, con il tempo, al suo vecchio amico Jericho; la natura del rapporto tra lui e l'Annegato era tanto profonda da comprendere la necessità di investigare sui reciproci affari.
Xari sorrise sagace, versando nel bicchiere del suo commensale altro vino per poi levare il proprio in un muto gesto di sconfitta.
« ...O magari ho solo paura di ammetterlo a voce alta. »

( Qashra, Piazza della Riunificazione - Akeran )



Barreus non si fidava di lui; non poteva biasimarlo.
Tra gli uomini che stavano in cima alla gerarchia della loro organizzazione, il contrabbandiere era sempre stato quello che più di tutti era convinto che, prima o poi, Xari li avrebbe trascinati sul fondo. Probabilmente alla sua guida la Cobalto ed i suoi Prigionieri avrebbero preso strade molto diverse da quelle attuali, poichè l'ambizione sfrenata di Drenthe aveva messo spesso a repentaglio tutto quello che avevano costruito... ma si erano trattate di decisioni che gli avevano arriso - almeno finora. Jericho non aveva mai nascosto la sua propensione per la cautela e la pianificazione attenta, priva di rischi. L'Annegato ragionava e ponderava, muovendo le pedine giuste e mollando la partita se il gioco si fosse rivelato meno profittevole della candela - o della fatica di accenderlo. Drenthe aveva sempre immginato che si trattasse di un atteggiamento provocato dalla sua natura di mago: Jericho doveva sempre porre molta attenzione ogni qual volta pronunciava un incantesimo, evitando di sbagliare e provocare uno strappo nella trama magica - o peggio. La pazienza era nella sua stessa natura - ma non in quella di Xari.
Aveva compiuto la scelta giusta, affidando la nave e tutta la sua fittissima rete di collegamenti nelle mani dell'ormai ex-vicecapitano. Drenthe non poteva più aspettare: la sua sete di potere semplicemente non collimava con la comune avidità dei suoi consociati - o dei Prigionieri in generale. L'Annegato era mosso più dalla curiosità intellettuale che dalla mera ingordigia per l'oro, ma ciò non faceva differenza: Jericho valutava ogni singola mossa in base al profitto che l'organizzazione avrebbe ottenuto, non in base alle vette che avrebbe potuto raggiungere - i poteri che avrebbe potuto disvelare. Il desiderio di Xari avrebbe davvero trascinato tutti sul fondo, come temeva Barreus; di meglio. Di più.
Cedere il comando era la sua "personale assicurazione" contro se stesso. Da estraneo, non avrebbe rischiato di coinvolgere troppo ciò che aveva creato qualora avesse fallito; se ciò fosse accaduto, contava sull'aiuto del suo ex-vicecapitano per rialzarsi - si trattava di un'altra scommessa, ma Xari era sufficientemente sicuro che fosse già vinta.

Aveva grandi speranze per la spedizione di Mehmet Şahin; Xari non mancava di informatori e Barreus non era stato avido di notizie. Da quando l'organizzazione della Cobalto era cresciuta da semplice "nave pirata" ad "impresa commerciale clandestina", i Prigionieri avevano avuto naturale necessità di contatti affidabili all'interno delle maggiori città del continente meridionale di Theras. Barreus era stata la scelta ideale: il contrabbandiere era un uomo esperto e riservato, abile nel comando e nel suo impiego. Gestiva numerosi affari, sia propri che dell'organizzazione, e non aveva mai mancato nel suo incarico. Al giusto prezzo, si sarebbe preoccupato di ogni dettaglio - ed il denaro non mancava nella bisaccia di Xari. L'intrigante mercenario era stato così attratto dal bando di reclutamento dell'avventuroso nano da chiedere immediatamente spiegazioni all'unico personaggio che poteva fornirgliele: Barreus.
Il pirata camminava allegro lungo le vie della capitale, una macchia variopinta ed eccentrica che si avvicinava alla piazza che celebrava la gloriosa riunificazione della razza nanica. I pochi cittadini che incrociava non potevano fare a meno di squadrarlo strabuzzando gli occhi ed aggrottando la fronte: contrariamente a quel che era solito fare, Xari non si era affatto mascherato per celare la propria identità. Era sufficientemente lontano dalle autorità di Dorhamat e del suo Governatore da non temere la cattiva reputazione che accompagnava il suo stravagante aspetto - capelli tinti di blu, occhi a mandorla e tutto il resto. Fischiettava un motivetto brigante, senza ricordarne perfettamente le strofe; aveva tutta l'intenzione di fare impressione sul convoglio - qualunque impressione, purchè ne lasciasse una.
Nella mano sinistra reggeva una pergamena arrotolata, sigillata da un timbro di cera dall'aria ufficiale e pomposa; Drenthe aveva sgranato gli occhi dalla gioia quando aveva appreso da Barreus tutta la burocrazia che il povero Mehmet avrebbe dovuto combattere per imbastire quell'avventura. I nani avevano fatto tesoro del loro nomadismo e l'avevano trasformato in pachidermica cerimonialità: bastava calpestare l'acciottolato delle vie di Qashra per intuirlo. Imponenti lastroni di marmo levigato e perfettamente tagliato pavimentavano i sentieri dell'agglomerato urbano, specchiando nei robusti edifici che li affiancavano la gloriosa efficienza tecnologica ed edile della razza nanica.
Xari li disprezzava tutti.
Pesanti, inetti e gonfi d'orgoglio: così vedeva la maggior parte di quei mezzuomini. Il razzismo che covava nel suo animo funzionava in una strana, macchinosa maniera: il pirata era convinto che solo pochi di questi meritassero davvero rispetto, ed in effetti erano pochi coloro al quale egli lo riservava. Credeva che l'intera razza fosse andata a male quando avevano alzato la testa, aspirando ad una vita migliore, salvo poi vestire i panni dei padroni che li avevano schiavizzati. Ma Xari, in fondo, non era razzista: lui pensava la stessa cosa di ogni razza esistente su Theras - umana compresa. I nomi per i quali avrebbe speso dei complimenti sinceri erano radi.
Onestamente sperava che Mehmet Şahin fosse tra questi: sfruttare le complicanze amministrative del Sultanato era facile almeno quanto razziare un magazzino non protetto; come commentato da Barreus, anzi, era un eccellente modo per "stringere nuove amicizie" (che nel loro lessico significava "corrompere"). Aiutare il volenteroso leader della spedizione era stato più che un piacere per Barreus ed i suoi uomini - un piacere lautamente pagato da Xari. L'aiuto economico che avevano fornito al nano non era indifferente (per quanto non totale), ma la vera spinta era stata l'incredibile fluidità - almeno per i parametri di Qashra - con il quale avevano ottenuto nulla osta, permessi e lasciapassare.
Il genere di documento che Drenthe stringeva tra le mani proprio in quel momento.

« ¡Buenos días, compañeros de aventuras! »
Il pirata fece la propria comparsa tra i coraggiosi partecipanti della spedizione qualche istante dopo il discorso introduttivo del loro antitrione; sorridendo maliardo nei confronti di qualsiasi sguardo incrociasse il suo, Xari si presentò dinanzi a Mehmet con un elegante inchino - a malapena intralciato dall'assurda, confusa armatura che indossava.
« Reco con me l'ultimo, agognato dispaccio che ci permette finalmente di partire. » Strizzò l'occhio, allungando la pergamena - effettivamente un valido lasciapassare - al nano. Mehmet non era uno sprovveduto nè nella mente nè nell'aspetto: aveva sia la dialettica che la forza di un capo energico e volitivo. Agli occhi del nano lui era soltanto un eccentrico, facoltoso raccomandato in cerca di gloria e prestigio, e non aveva fatto troppe domande. Pecunia non olet, dicevano i Maegon. Xari avrebbe dovuto tenerlo bene a mente, qualora avesse deciso di ribaltare le gerarchie - o ricalibrabre le percentuali di bottino pro capite. Probabilmente, con qualche inatteso alleato - pensò, lanciando un'occhiata ad un improbabile quanto battagliero goblin.
« Il Plaakar attende soltanto noi, mastro Şahin. »


Passive da considerare:
NATURAL BORN LEADER - passiva di natura psionica di carisma (pergamena Comune Guerriero "Aura di coraggio"), passiva di natura fisica di abilità tattica (pergamena Comune Guerriero "Tattiche di combattimento")
MAESTRO DELL'INTRIGO - tomo infido, passiva di natura psionica di allineamento imperscrutabile (abilità passiva personale I), passiva di difesa psionica (passiva di secondo livello del Talento Stratega), passiva di natura fisica di individuazione della razza anche al di là di travestimenti (passiva razziale Umano "Diffidenza"), passiva di natura fisica di scurovisione e vista attraverso cortine fumogene (pergamena Comune Mentalista "Scrutare le tenebre")
EXPLORER - passiva di natura psionica di orientamento (abilità passiva personale VIII)
Note: BUONA QUEST A TUTTI!!
 
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view post Posted on 2/12/2014, 23:50

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Fetiales; ʤɛna

Il dito scorreva sul filo dello spadone, la pelle carezzava il metallo, minacciando più volte di lacerarsi. Lamrael guardava l’orizzonte, con gli occhi fissi nel vuoto e la mano sulla spada. Un rivolo di sangue scorse lungo la lama, eppure il soldato nemmeno se ne accorse. La goccia scese percorrendo l’acciaio, lasciando dietro di sé una scia cremisi.
Mehmet Şahin stava pronunciando il suo discorso, glorioso e atipico, l’ennesimo fiume di stronzate che si è usuali dire prima di una grande spedizione. Niente di più, niente di meno. Promesse, forse vane forse vere, ricchezza e gloria: parole, nient’altro che quelle.
Erano dolci e cupidigie, che raccontavano e alimentavano le brame degli avventurieri, che abbracciavano e scaldavano i cuori delle genti ma, soprattutto, che univano una dozzina di sconosciuti.
Gli occhi d’oro dell’uomo si soffermarono per un attimo sul nano, e la sua mente viaggiò fra i suoi ricordi, rimembrando il giorno in cui lo conobbe.

Il giorno in cui Lamrael gli salvò la vita; più o meno.


Bin iğneler, sentiero Nord; qualche settimana prima.



« Fate silenzio, dannazione. »

In lontananza si poteva udire il crepitio degli zoccoli dei cavalli sul terreno impervio. Pietre e rami secchi venivano regolarmente calpestati dalle bestie, mentre le ruote del carro faticavano a mantenersi in linea su quel sentiero boschivo. I cavalli sbuffarono per l’ennesima volta, sottolineando la fatica del tratto scosceso. Un nuovo schiocco di frusta si andò a impattare contro il terreno, mentre gli animali impauriti aumentarono il passo. Una dozzina di nani, armati di scimitarre e di armature leggere in cuoio, costituivano l’esigua protezione di quel convoglio. Non era soldati ufficiali, quelli erano soliti indossare armature con l’effige del Sultanato, bensì erano, di sicuro, il corpo di guardia di qualche ricco nano in viaggio d’affari. Il sole era ormai diventato poco più di un tuorlo arancio all’orizzonte, morente dietro l’infinita chioma degli alberi.Era quasi calato il buio, le ombre degli alberi si allungavano eternamente verso l’infinito, come a voler abbracciare il creato in un lungo e tenebroso abbraccio. I nani accesero le prime fiaccole, qualcuno borbottò di accamparsi ma, la voce più autoritaria tra tutte, uscita direttamente dal carro, sentenziò il proseguo della marcia; per qualche chilometro ancora. Il Sultanato era un territorio variegato, dalle mille forme e dai mille ambienti, il convoglio stava attraversando la foresta di Bin iğneler, per raggiungere una ridente cittadina, che da poco stava rifiorendo a nuova vita, a limite del confine nord del Sultanato. Vento del Nord, richiamata con il nome antico nanico Kuzey Rüzgar, era un ottimo lido per gli affari e ogni mercante voleva farci il proprio guadagno. Così ben presto venne presa di mira dai ladri e dai banditi, che vedevano, in quei ricchi e scarsamente protetti carri, una fonte facile di guadagno.

Il convoglio non sarebbe mai giunto a Kuzey Rüzgar, non quel giorno e forse mai.

Avvenne tutto molto rapidamente, una voce tuonò nell’atmosfera, un grido talmente forte da paralizzare tutti. Gli uccelli si alzarono dagli alberi, lo sbattere all’unisono delle ali parve come un roboante rullo di tamburi che anticipava l’entrata in scena degli attori. Sei uomini uscirono dai cespugli brandendo le loro armi e muovendosi rapidamente. Un uomo con un’armatura cremisi, e l’elmo simile al muso d’un grottesco leone che ruggiva, guidava l’assalto al convoglio. Brandiva una grossa lama e l’agitava in aria come se fosse il più leggero dei rami. Fu come guardare qualcosa danzare nel vuoto, leggiadro e letale, una macchia rossa che si confondeva tra gli alberi e si muoveva veloce e sfuggente. Ogni colpo impresso ai nani era una mazzata di terribile forza, più che lacerare l’arma distruggeva qualsiasi cosa. Diffatti non sempre i colpi portati erano effettuati con la lama, molte volte erano col piatto dell’arma. Non li destabilizzava soltanto, ogni colpo spezzava o dilaniava, tagliava o rompeva e ben presto, sotto i colpi suoi e dei suoi compagni, il convoglio fu sbaragliato. Dei nani non restò null’altro che un cumulo di corpi agonizzanti al terreno. L’uomo in cremisi aprì le porte del carro, la sua figura sovrastava nettamente quella del nano al suo interno e, con l’elmo a forma di leone, il tutto era reso im una rappresentazione magnificamente spaventosa. L’uomo pareva quasi ruggire dietro quella maschera, gli occhi d’oro scintillavano nell’ombra della protezione, il ghigno a squarciare il muso e quella risata malefica ad anticipare la lama dell’enorme spadone premuta contro la gola. Con una pressione violenta, minacciosa .

« Ultimo desiderio? »
Disse la voce dall’interno dell’armatura, quasi inanimata, quasi metallica e mostruosa. Priva di ogni sentimento.

« As…aspetta. Posso farti molto ricco, se mi lasci in vita. »
Il nano parve aver colto nell’uomo una crepa nella sua granitica inumanità, il rosso parve pensarci qualche secondo, benché la pressione della spada si fece più pressante e più pericolosa, in bilico sul filo sottile della morte.

« Parla. »

Tagliò corto l’uomo.

« Fra qualche settimana partirò per una spedizione nel Plaakar, ho bisogno di uomini come te, come i tuoi. Nessuno si è mai spinto così lontano, noi saremo i primi. »

Lo disse con un moto di orgoglio, nonostante la paura, nonostante la lama piantata a pochi centimetri dalla morte. In lui si poteva cogliere quel sentimento che contraddistingueva ogni essere ambizioso, avido di gloria e potere. Lui credeva in ciò che diceva.

« Dunque cos’hai da offrirmi? Una promessa?? »
L’uomo dietro l’elmo rise, rise sguaiatamente e il suo riso rimbombò nella foresta, tra gli alberi e le foglie.
« Con una promessa puoi avere a malapena salva la vita e il mio aiuto, ma non rischio i miei uomini per una vana speranza. »

L’uomo lasciò intendere, nemmeno tanto velatamente, che a lui quell’avventura interessava, ma non abbastanza da mettere a rischio i suoi uomini. Il nano, che di certo non era un tipo stupido, colse quella precisazione e, approfittando dell'apertura, decise di fare il passo che serviva per sopravvivere.

« Allora mi basterai tu, abbiamo un accordo? »

Disse il nano allungando una mano. L’uomo si tolse l’elmo con la sinistra, quello che si mostrò al nano fu qualcosa che non si aspettava. Era un viso giovane, glabro, per nulla intaccato dalle cicatrici o dalle battaglie. Un viso bello e pulito, in totale antitesi col mostro che si nascondeva dietro l’elmo. Guardandolo in quei profondi occhi d’oro, non lo si poteva definire capace di tale mostruosità. Semplicemente sembrava un angelo. Un terribile angelo della morte.
Allungò la sua mano, quella libera, verso il nano. Era grossa, metallica e ricoperta d'acciaio rosso come il resto dell’armatura.

« Lamrael Redskin, lieto di lavorare con te. »

____________ ___________ ____________

Lamrael era in disparte, silenzioso. Non aveva bisogno di parole da dire o vuoti commenti da fare. Aveva già dato ampiamente la sua disponibilità e le sue azioni avrebbero parlato per lui in futuro. Si limitò ad alzare il grosso spadone al cielo, come a voler dare la sua personale benedizione alla spedizione. I suoi pochi averi erano impacchettati e a lui non restava altro che godersi quel silenzioso momento prima della partenza, con gli occhi puntati su Qashra e le sue bellezze, la sua architettura sinuosa e i suoi colori sgargianti. Una piccola perla del meridione di Theras sopravvissuta ai tempi e alle battaglie, ultima delle quali quella della Riunificazione. Lamrael sorrise al nano, sperando che quella missione avrebbe portato a loro molto oro nelle tasche. Perché la vita di Mehmet Şahin era tutta nelle mani di quella promessa stipulata nel morente dì d'una foresta. Quel sorriso, e forse Mehmet lo sapeva, poteva diventare la cosa più letale che il nano avesse mai visto.






CITAZIONE
Scusate l'attesa, spero di non aver combinato casini. In sintesi prima lamrael attacca il nano, poi decide di salvargli la vita in quanto allettato dalla sua proposta.
Ps: Bin iğneler: Mille aghi.


Edited by Lud† - 5/12/2014, 09:56
 
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Ashel
view post Posted on 2/12/2014, 23:57






- Licenza? Come in licenza?

- Hai capito bene.
In licenza.


Nuri estrasse dalla tasca la sua pipa color mogano, ma non la riempì con la mistura di infima qualità che usavano di solito i militari; ne scelse piuttosto una dal sapore forte, intenso, che gli dava la sensazione di bruciarsi i polmoni e la gola.
Il caldo era soffocante ma tutti, lì a Qashra, erano abituati al clima torrido del deserto.

- Bè? Che cos'hai da guardare? Non mi hai sentito?

- L'ho sentita benissimo, signore. Solo che...
Voglio dire... in licenza?


- Ragazza... Sai quanti al tuo posto avrebbero esultato?

- Certamente, signore. Ma...
Un mese di licenza... insomma...


La nana si zittì non appena vide l'espressione di Nuri mutare all'improvviso. Dopo un paio di boccate era rimasto ad osservarla senza dire nulla.
Non era affatto un buon segno.

- Non è colpa mia se quel cretino del tuo superiore si è fatto esplodere.
Yafet ti avrà anche affidato a me ma non sono certo la tua balia.


Si avviò verso la caserma a passo spedito aspettandosi che la sua attendente lo seguisse.
Di solito Nuri era sempre di buonumore ma se c'era una cosa che detestava nei militari era l'eccesso di zelo. Quand'era solo un semplice soldato avrebbe fatto di tutto pur di ottenere una licenza così lunga; ma allora c'era la guerra e nessuno dei suoi superiori avrebbe dato molta importanza a cose come il tempo libero.
Dal canto suo Arsona non sapeva cosa farsene di un periodo di riposo, dato che ormai erano passate diverse settimane dalla spedizione di Tulunay e non aveva certo intenzione di rimanere con le mani in mano. Ora che era finalmente riuscita a mettersi in mostra e ad avere qualche incarico di responsabilità intendeva battere il ferro finché era caldo.

- Non essere impaziente. Starò via solo un mese. Forse un po' di più.
Al mio ritorno avrò ancora bisogno di te.


Il nano alzò il capo e sbuffò.
Un grosso anello di fumo aleggiò nell'aria per qualche istante.
Sentiva infatti il nervosismo della sua sottoposta ma non sapeva come porvi rimedio: non poteva portarla con sé a Gherib, il luogotenente era stato chiaro. Avrebbe dovuto viaggiare da solo.

- Si, signore.

- Nel frattempo goditi il tuo meritato riposo.
Hai fatto un buon lavoro ad Al Kareem.


Salutò un paio di commilitoni e cominciò a fischiettare il motivetto di una canzone popolare.
Arsona sapeva che si trattava di un congedo: la discussione era chiusa.
Tanto valeva arrendersi.

- Grazie, signore.

- Divertiti, mia cara.
Qashra è così piena di meraviglie!


La guardò un'ultima volta prima di abbozzare un sorriso forzato per poi voltarle le spalle e andarsene, lasciandola da sola nel cortile della caserma in pasto alla sua frustrazione.


~


- ... una spedizione come questa non sarebbe stata possibile. Qualunque cosa troveremo, noi saremo quindi i primi a trovarla! E mal che vada ci pagheranno oro colato per ogni mappa dettagliata della giungla che riusciremo a compilare! Il Plaakar è una cespugliosa figa vergine...

Arsona strinse a sé la sua bisaccia fissandola al cinturone che portava in vita. Non si era portata che lo stretto necessario in modo da viaggiare leggera.
Prestò un'attenzione relativa alle parole di Mehmet, mentre continuò a guardarsi intorno per scrutare i volti e i profili dei suoi compagni: si trattava di individui di ogni razza e provenienza, molti dei quali avevano un aspetto non propriamente raccomandabile.
Del resto il nano era stato chiaro con lei quando l'aveva arruolata: non si sarebbe trattato di una gita di piacere e a lui serviva gente con gli attributi. Si era ricordato di lei e della sua tenacia nell'affrontare gli sgherri di Lorch alla Grazia Malevola, dove era stata con Nuri qualche tempo prima per la loro missione a Basiledra, e quando l'aveva ritrovata in una locanda di Qashra frequentata per lo più da giovani reclute e da soldati di ventura le aveva chiesto se voleva partecipare a una spedizione nel Plakaar. La paga era buona e, le aveva assicurato, l'avventura non sarebbe mancata.
All'inizio era stata un po' titubante ma dopo qualche giorno i suoi dubbi a riguardo avevano finito per dissiparsi del tutto. In fondo non aveva niente da perdere.
Il denaro certamente non le interessava: la sua era una famiglia benestante e molto in vista presso le alte cariche del Sultanato, ma non aveva nessuna intenzione di rimanere vittima delle trame politiche di sua zia o di imbruttirsi con i nobilastri e con gli ufficiali di belle speranze della Capitale.
Lei non era fatta per la vita di corte. Per i sorrisi, per gli abiti eleganti, per le divise, per le meschinità dell'alta società.
Alla fine aveva accettato l'invito di Mehmet, ma mentre osservava i suoi compagni scrutandoli con circospezione non era più tanto sicura di aver preso la decisione giusta. Che cosa aveva a che fare lei con tutte quelle persone?
Era un soldato, non un'avventuriera.

- ¡Buenos días, compañeros de aventuras!
Reco con me l'ultimo, agognato dispaccio che ci permette finalmente di partire.

Tra tutti spiccò l'uomo che aveva parlato, un giovane di bell'aspetto e con uno strano accento che Arsona non riuscì a identificare. Il suo energico intervento non riuscì a risollevare il morale della nana, che rimase in disparte sentendosi completamente fuori posto.
A quel punto scorse la sagoma di qualcuno che conosceva: ci mise un po' a ricordarsi di lui, il pelleverde che la Guardia Insonne aveva acciuffato alla Grazia Malevola in seguito a una rissa con altri due umani e con un paio di stranieri.
Curiosamente i loro destini si erano di nuovo incrociati.
Mehmet aveva l'aspetto di un nano intraprendente e sebbene non sembrasse possedere grandi capacità fabulatorie riusciva ad esercitare un certo grado di autorevolezza imponendosi sugli altri.
Tutti parevano pendere dalle sue labbra: del resto bastava la promessa di facili guadagni per irretire i partecipanti con sogni di gloria e ricchezza.
Nei suoi confronti Arsona non provava alcun sentimento particolare; in verità era il pensiero di una terra vergine, incontaminata e per lo più sconosciuta a riempirla di entusiasmo. Sarebbe stata tra i primi ad esplorarla e questa considerazione bastava ad annullare tutte le sue preoccupazioni in merito ai pericoli che avrebbe corso lungo il viaggio.
Era stato quello il motivo che l'aveva spinta a prendere parte ai piani di Mehmet per l'esplorazione del Plakaar: l'avventura.
Così intendeva impiegare la sua vita. Questo avrebbe sempre voluto fare, per questo si era arruolata nel reparto di Tulunay.
La loro spedizione, sfortunatamente, fu un vero disastro ma il fallimento della missione non l'aveva fatta desistere dai suoi scopi: semmai aveva sortito l'effetto contrario.
Qashra, il gioiello del deserto, la grande e maestosa capitale del Sultanato, cominciava a starle stretta.
Ma forse era piuttosto l'idea di una vita che la costringeva ad occupare il posto assegnatole fin dall'inizio a spingerla a partire.
Rifiutare una simile imposizione significava anche prendersi la briga di rimettere tutto in discussione.

- ll Plaakar attende soltanto noi, mastro Şahin.

Finalmente ad Arsona si illuminarono gli occhi: tutto era pronto, potevano partire.
Paura, entusiasmo, curiosità, incertezza.
L'avventura.
Era davvero una sensazione impagabile.



Arsona "Shah" Jahan



Stato fisico: Ottimo
Stato psicologico: Ottimo
Energia: 100%

Armi: Tughlaq (sulla schiena), Balestra (15/15) (infoderata)
Pericolosità: E
Fascia: Gialla

CS: 1 Destrezza, 1 Costituzione

Passive attive:

~ Contrattare. Arsona ottiene più facilmente le informazioni da chi viene interrogato; inoltre le sue parole risultano più convincenti sia che abbiano finalità benevole che minacciose. L'avversario subirà un contraccolpo psicologico relativo all'approccio di Arsona.
[Passiva razziale]

~ Gli attacchi di Tughlaq infliggono danno di elemento Luce; in aggiunta provocano un senso di intorpidimento nei muscoli della zona colpita, rallentandone i tempi di reazione.
[Passiva Artigiano I]

~ Tughlaq emana una malia psionica passiva nei confronti degli avversari: essa si manifesta tramite un'aura di istinto omicida che pervade la mente dei nemici nelle vicinanze, naturalmente portati a provare un timore istintivo nei confronti del martello e della sua padrona.
[Passiva Artigiano II]


Attive utilizzate:

Riassunto: Post introduttivo. Arsona è in licenza dato che il suo superiore, Nuri, deve compiere un lungo viaggio da solo; Mehmet aveva incontrato la nana e la compagnia di Vagun alla Grazia Malevola e, ricordandosi di quanto avvenuto contro i soldati della Guardia Insonne, invita Arsona a prendere parte alla spedizione.

Note:
 
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view post Posted on 6/12/2014, 19:00
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Plaakar; V giorno

« In che senso "non si può passare"?! »
Le grida di Mehmet avrebbero potuto svegliare un intero quartiere di Qashra. Fortunatamente, però, la spedizione aveva lasciato la città ormai da cinque giorni e si trovava già nel cuore della giungla del Plaakar; solo uno stormo d'uccelli impauriti venne dunque disturbato dalla sua esclamazione, staccandosi dagli alberi e prendendo rapidamente il volo.
« Il crepaccio sarà largo qualche decina di metri... non era segnato sulle mappe... »
« E allora che cosa ci fai ancora qui?! Esplora! Cerca un passaggio! Trova una via! Costruisci un ponte! Figlio di una kertenkele zoppa che non sei altro... mi sono strappato la barba per organizzare questa spedizione e non sarà certo un gigantesco buco del culo nel terreno a fermarmi! »
L'altro nano lanciò uno sguardo di fuoco al Şahin, prima di sparire riottosamente fra il fogliame.

Erano in viaggio ormai già da qualche giorno, e fino a quel momento la loro ricerca si era rivelata infruttuosa. Il Plaakar li aveva accolti con una nutrita dose di caldo, umidità e insetti, e sin dalle prime ore della loro permanenza aveva iniziato a minare la loro resistenza. Avrebbero dovuto seguire le antiche piste dei Maegon, ma quei percorsi erano stati ormai ingoiati e digeriti dalla giungla da talmente tanto tempo da renderli irrintracciabili; ciò nonostante Mehmet si era mosso senza mostrare il minimo dubbio, come se potesse già scorgere la propria meta attraverso il fogliame. Un atteggiamento che inizialmente si era rivelato rassicurante, ma che dopo qualche giorno aveva già iniziato a suscitare qualche dubbio. Le provviste di cui disponevano non sarebbero durate per sempre, e muoversi a casaccio all'interno della giungla non avrebbe fatto altro che attirare bestie feroci su di loro.
Trovarsi davanti a quell'ennesimo ostacolo fiaccò la volontà di buona parte di loro, così come anche gli strepiti del loro finanziatore.

« Non rilassatevi! » urlò il nano nella loro direzione « Non ho intenzione di perdere tempo qui! Se gli esploratori non trovano un passaggio entro un paio d'ore, allora ci muoveremo per aggirare il crepaccio. »
« Ma non sappiamo nemmeno quanto è ampio... »
« E quanto mai potrebbe esserlo?! E comunque è meglio che starsene qui a consumare provviste, senza fare progressi! Fatevi crescere qualche pelo e smettetela di lagnarvi come ragazzine! »

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Qashra; archivi

Aleksjéj non stava avendo fortuna.
Complice la scarsità di documentazione, nessun libro degli archivi sembrava contenere informazioni utili riguardante l'Ahriman o Baathos. Fino a quel momento era incappato solamente in alcune favole per bambini e leggende dalla dubbia origine, che però non lo aiutavano in alcun modo a decifrare la natura del suo nemico.
Erano troppe le domande sorte dal breve incontro che aveva avuto con il signore dei demoni; troppe per poterlo affrontare di nuovo senza preparazione.
L'Ahriman gli aveva confessato di stare coltivando le sue armate da secoli... eppure ciò non aveva alcun senso. Come avrebbe potuto sapere che Reek sarebbe intervenuto per aprire i cancelli di Baathos, senza conoscerlo? I due erano forse d'accordo sin da prima dell'inizio della Gloriosa Riunificazione?
Inoltre Aleksjéj era quasi del tutto convinto di non aver percepito la presenza di alcuna grande armata a fianco dell'Ahriman. Non aveva visto che creature pallide e deboli - e sarebbe stato senza dubbio in grado di percepire un esercito di demoni nelle vicinanze, qualora vi fosse stato. Se poi non vi era alcun ostacolo tra lui e la superficie, cos'altro stava attendendo per invadere l'Akeran?
Non vi sarebbe stata alcuna ragione per mentirgli, dunque l'unica soluzione consisteva in una cattiva interpretazione delle sue parole.

Aleksjéj chiuse lentamente il libro che aveva davanti e allontanò la sedia dalla scrivania, guardando placidamente verso l'unica finestra che illuminava la stanza.
Forse l'urgenza di intervenire aveva ottuso le sue capacità di comprensione. Forse avrebbe dovuto ripensare alle esatte parole con cui gli si era rivolto l'Ahriman. Forse era il caso di rivedere il proprio programma, e prendere un'altra strada.
C'era stato qualcosa che l'Ahriman gli aveva detto...

« Esiste solo una via. »
« چرخه. Il Ciclo. »

...ecco.
Illuminato da questo ricordo, il drago si riavvicinò ai libri.

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Plaakar; IX giorno

« Bestiacce. »
« È tutto qui quello che hai da dire?! Sevilin è morto! »
Mehmet prese il nano per il bavero e lo trascinò a pochi centimetri di distanza dal suo viso.
« Sapeva perfettamente a che cosa sarebbe andato incontro quando si è unito a questa spedizione, e non ho intenzione di perdere tempo e risorse per onorare un'idiota! Muoviamoci! »

Da che avevano deciso di aggirare il crepaccio, la situazione non aveva fatto che peggiorare. La fenditura si era rivelata ampia decine di metri e li aveva costretti ad addentrarsi nel fitto della giungla pur di superarla. Lì avevano inevitabilmente finito con attirare l'attenzione di alcune creature indigene.
Le Ayilar erano felini grandi come orsi, simili a tigri gigantesche dal colore sgargiante e dal manto decorato da strane composizioni asimmetriche. Un branco di questi animali aveva seguito la spedizione negli ultimi tre giorni, attaccandoli durante la notte e ritirandosi prima di subire gravi perdite, rubando viveri e ferendo gravemente alcuni membri del gruppo. Sevilin - uno dei nani esploratori assoldati direttamente dal Şahin - era stato la loro prima vittima. Era morto tentando di inseguire una delle creature nel fitto della foresta, colpevole di avergli sottratto un antico cimelio di famiglia; naturalmente non aveva fatto altro che finire circondato dai felini ed eliminato con rapidità.
Benché fossero in pochi ad ammetterlo, tutti erano concordi sulla stupidità del compagno. La sua morte, però, diede il coraggio a un secondo esploratore di affrontare Mehmet faccia a faccia.

« Non è questo! » gli rispose con temerarietà, urlando tanto quanto l'altro « Alcuni di noi sono feriti! Il branco di Ayilar ci sta seguendo ancora! E noi non sappiamo nemmeno dove stiamo andando! »
Mehmet si allontanò, abbassando colpevolmente i toni pur senza perdere la sua consueta riottosità.
« ʤɛna era una della capitali dei Maegon. Forse la loro città più importante, se si esclude Taanach. » annunciò a denti stretti, guardando di sottecchi anche gli altri « Hai ragione: se stessimo cercando la tua virilità, probabilmente non usciremmo mai da questa giungla. Fortunatamente il nostro obiettivo è una fottuta città grande come Qashra! »
A quel punto estrasse numerosi fogli da sotto il giacchetto, sventolandoli al gruppo.
« Ecco qui! Testimonianze! Mappe! Indicazioni! Fino a poco tempo fa si credeva che ʤɛna fosse solo una leggenda, ma improvvisamente è come se fosse apparsa nel nulla: decine di esploratori hanno raccontato di essere incappati nelle rovine, e poi di essersi persi; la città sembra spostarsi di continuo all'interno della giungla, e nessuno sembra in grado di localizzarne la posizione. Tu ti senti migliore di loro?! »
« Io non... » balbettò confusamente l'altro « ...la città si sposta? »
« O è così, o i tuoi compari sono allucinati! »
Detto questo, gli scaraventò in faccia gli appunti che aveva in mano, sparpagliandoli a terra e costringendolo ad arretrare.
« E se non hai delle indicazioni migliori delle loro, allora ti conviene prendere il tuo coltellaccio e ricominciare a farci strada. »

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Qashra; archivi

[...]

se mai doveste trovarvi a viaggiare per l'Akeran, potrebbe capitarvi di sentire affermazioni come "speriamo che questo Ciclo sia clemente" o "Nemmeno la Iğfall saprebbe smuovermi/lo". Frasi fatte dialettali a cui solitamente non si da la minima importanza: l'Akeran è un coacervo di razze e tradizioni, e non è strano incrociare i modi di dire più incomprensibili per le strade di Qashra, Taanach o Dorhamat. La razza dei nani, poi, ha sempre dimostrato grande fantasia nel saper enunciare le proprie impressioni - dunque perché preoccuparsi di questo "Ciclo"?
Il Ciclo (o la Iğfall, come la chiamano i nani) è una delle poche tradizioni Maegon che sono sopravvissuti nei secoli fino a oggi, sebbene ora non sia niente più che una blanda superstizione.
Si dice che gli antichi figli dei draghi sfruttassero il Ciclo come misura delle ere, traducendolo in un vero e proprio calendario. L'origine di tale ritorno infinito sarebbe da attribuirsi secondo la scuola di Lithien al Daimon Rhelia, o Berion, o all'eterno rapporto conflittuale tra i due. Ma qual'era l'oggetto di questo ciclo, e perché i Maegon sembravano convinti che potesse cambiare continuamente la faccia di Theras?
Purtroppo le informazioni a riguardo sono estremamente scarse; ciò nonostante cercherò di riassumervi qui sotto che cosa ho scoperto dopo lunghi anni di ricerca:

Pare che l'oggetto principale della Iğfall fosse una forza invisibile e intangibile che i Maegon chiamavano "Tentatio" (e che in lingua comune è stata tradotta semplicemente come "Corruzione", perdendo gran parte delle sfumature del suo significato originale). Tale Tentatio si comporterebbe in maniera simile alle maree - seguendo leggi divine di incomprensibile natura - espandendosi e ritirandosi in cicli - appunto - della durata di secoli. È solamente all'apice di queste Iğfall che la Tentatio sembra in grado di toccare la superficie di Theras, influenzando tutte le creature mortali e immortali che la abitano. Il suo epicentro sarebbe nascosto da qualche parte nelle profondità di Baathos, perlopiù irraggiungibile da parte di chiunque.
Dunque, sta di fatto che i Maegon interpretavano questa Tentatio come un veleno invisibile e avevano modellato buona parte della loro società attorno a essa. L'effetto principale di chi veniva toccato dalla Corruzione era quello di vedere risvegliati i propri sentimenti più biechi: l'odio, la lussuria, il vizio, il desiderio, la paura, ecc. al punto tale da vedersi trasformato anche nella carne in un vero e proprio demone (nei casi peggiori).
I Maegon pare che si fossero arresi a questo Ciclo, e che in qualche modo avessero iniziato ad assecondarlo. La loro società era contraddistinta da una decadenza vergognosa e dall'accumulazione sfrenata della realizzazione dei propri desideri - anche e soprattutto calpestando quelli altrui. Essi erano convinti che all'apice del Ciclo la Tentatio li avrebbe comunque portati all'autodistruzione, dunque avevano deciso di assecondarla - questo quando già la loro società era combattuta fra l'adorazione dei draghi e quella dei demoni.

Inutile confermare che la società Maegon fu la prima a soccombere a questa Tentatio. Tutti sanno che gli antichi figli dei draghi vennero schiacciati dalla loro stessa decadenza, fino al punto da estinguersi.
Naturalmente non basterebbe questo per confermare la loro tesi, ma è interessante osservare come nell'Akeran si susseguano periodi di grande integrità morale a periodi di grande follia generale e sociale. Vivo nella sola terra di Theras dove ancora oggi si pratica lo schiavismo, dove la criminalità non è controllata, dove i demoni sono liberi di uscire e rientrare da Baathos... e mi viene spontaneo collegare questa follia all'influenza maligna della Iğfall.
Comunque, pare che i Maegon avessero molte canzoni e favole legate alla diffusione della Tentatio. Molte di queste interpretavano la Iğfall come una forza quasi senziente, in grado di prendere decisioni e rafforzarsi di pari passo con la propria estensione. Le più affascinanti di queste storie raccontano che la Tentatio sarebbe addirittura in grado di eleggere un Ahriman come suo generale - un signore dei demoni con il preciso compito di espandere l'influenza della Corruzione sulla superficie di Theras.


[...]

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Plaakar; XIII giorno

Quella notte non fu il ruggito delle Ayilar a svegliare il gruppo, bensì il grido di dolore di Mehmet.
« Ah! Maledetto! »

Dopo quasi due settimane di ricerca, il Şahin era stato convinto a erigere un campo base degno di tale nome. I membri della spedizione si erano fermati e avevano iniziato a liberare l'area dai pericoli più immediati, in modo da creare lo spazio e la sicurezza necessarie a fermarsi. Quella scelta sembrava aver tranquillizzato gli esploratori più agitati, ma gli avvenimenti di quella notte sarebbero stati destinati a dimostrare il contrario.
Intorno alla mezzanotte - quando solamente un paio di esploratori erano rimasti svegli e di guardia - una nebbia azzurrina iniziò a diffondersi fra le tende, penetrando nella pelle di chi riposava senza preoccupazioni. Da svegli, molti avrebbero saputo riconoscerla come il Bulut, un veleno di origine nanica in grado di paralizzare le membra di chi non ha contromisure a portata di mano, e lasciarlo indifeso.
Metà del gruppo ne finì vittima; l'altra metà, invece, sorrise di trionfo.

Gli altri quattro nani esploratori assoldati da Mehmet avevano atteso a lungo per compiere quell'imboscata. L'irruenza del Şahin li aveva spinti a continuare a muoversi per la giungla, impedendo loro di trovare il riparo e il tempo necessario a produrre una quantità di Bulut sufficiente a paralizzare tutti gli altri avventurieri.
Il piano era semplice: rubare l'equipaggiamento, le scorte e le mappe; abbandonare i membri della spedizione nella giungla, dove sarebbero stati mangiati dalle Ayilar. Ah, e ovviamente uccidere Mehmet, che si era dimostrato troppo stronzo per poter sopravvivere.

Quella notte i cospiratori entrarono in azione con precisione matematica, assaltando i loro obiettivi e muovendosi con grande rapidità.
Presto l'avventura di Mehmet sarebbe finita - ancora prima di iniziare.



CITAZIONE
Questo post...
ah... questo post...
Sommate ai miei impegni quotidiani un lutto, un computer che si spegne due volte facendomi perdere tutto il materiale, lavoro pressante e ALTRI IMPEGNI e capirete. Capirete.

Spero che comunque possa risultare gradevole, nonostante sia il prodotto di una terza riscrittura. Gli eventi direi che sono chiari! Come avrete ormai intuito, gli spezzoni di "Venatrix" non sono collocati parallelamente alla vostra avventura (almeno temporalmente parlando); sono più una sorta di sfizio narrativo (per adesso): quando Venatrix non trova ciò che cerca, neanche voi lo fate. Quando Venatrix scopre della Iğfall, voi venite traditi dai vostri compagni.



Ma a parte questo, ciò che vi interessa direttamente del post sono le parti nel Plaakar. È evidente che sto cercando di riassumere il più possibile il viaggio verso ʤɛna, ma voi sentitevi liberi di approfondire nel vostro post tutti gli episodi che vi ho proposto, o anche di aggiungerne degli altri a vostro piacere! Penso che descrivere il viaggio da punti di riferimento diversi possa essere un esperimento interessante.

A livello di gioco, il vostro gruppo viene tradito. Di fatto rimanete soltanto voi quattro e Mehmet; tutti gli altri nani e umani appartenenti alla spedizione erano d'accordo fin dall'inizio per derubarvi non appena se ne sarebbe presentata l'occasione.
Il Bulut è da considerarsi come una tecnica psionica Media che - se non difesa - provoca un intorpidimento Medio al corpo (in pratica si sarà come semi-paralizzati per intero. In grado di muoversi, ma molto faticosamente; niente di esagerato). I quattro traditori si sono divisi il campo e agiscono ognuno con un obiettivo diverso:

• Uno sta cercando di uccidere Mehmet.
• Uno sta rubando tutti i viveri.
• Uno sta rubando l'equipaggiamento.
• Uno sta rubando tutte le mappe.


Dovete decidere come e di chi occuparvi. Se solamente uno di voi si occupa di ciascun incarico, allora lo risolve a metà (il traditore ferirà gravemente Mehmet, scapperà con buona parte dei viveri, dell'equipaggiamento o delle mappe - totale carta bianca sulla narrazione dell'evento!); se invece due o più di voi si occupano di risolvere lo stesso incarico, allora lo risolvono completamente (salvano Mehemet e uccidono il traditore in questione prima che possa provocare danni).
Vi spetta quindi quella che definirei una scelta di campo! Salvare determinate cose piuttosto che altre porterà a delle conseguenze nel seguito immediato della quest, quindi decidete accuratamente come dividervi!

Per qualsiasi domanda, utilizzate come sempre il topic in confronto. Per il resto avete 6 giorni per postare.
 
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Lenny.
view post Posted on 11/12/2014, 19:12




Fetiales~
ʤɛna


Dopo interi giorni di ricerca, Vagun ebbe la sensazione di aver girato in tondo ed essere tornato al punto di partenza. Stessa fitta boscaglia, stessi profili di vegetazione aspra e difficile, antichi alberi precipitati dalla mano di un gigante e ammassati in quello sfintere selvaggio, dimenticato da ogni dio chiamato Plaakar. Di tutte le terre dell'Akeran non ve n'era una meno conosciuta; e tra tutte, forse, non ve n'era affatto una che, stando a ciò che Vagun aveva sentito, non meritasse d'esserlo di più. Quei territori erano naturali quanto la brina nei giorni d'inverno o la canicola sotto cui procedevano, il sole già alto nel cielo a far piovere sulle loro schiene raggi resi ancora più caldi e soffocanti dalla giungla.
L'idea più stravagante che potesse nascere nella mente di qualcuno come Mehmet era che un postaccio simile celasse un tesoro nascosto, le rovine di una fantomatica città chiamata ʤɛna. E Vagun non si era pentito neanche una volta d'averlo seguito in quell'impresa. Il suo naso sa segugio pizzicava, e a dispetto degli agguati delle Ayilar e del peso della marcia a gravare sulle ossa, i sogni di una immensa città dorata nascosta nella giungla bastavano a rinfocolarlo ogni notte. Fortunatamente, non era il solo a pensarla a quel modo. In quei faticosi giorni di viaggio aveva avuto modo di conoscere un paio di figuri a dir poco interessanti, umani -purtroppo per loro- abbigliati in panni che avrebbero dovuto suggerire un'appartenenza marziale, e invece li facevano sembrare simili a guerrieri del passato.

Uno era alto e possente, le spalle quadrate, volto dai tratti ancora infantili, non ancora segnato dai solchi dell'età o da qualche cicatrice. Dentro la sua pesante armatura color della tenebra, silenzioso come un'ombra, aveva l'aria di desolata minaccia che hanno le bambole rotte. Si chiamava Lamrael Redskin -nome che era riuscito a cavargli fuori dopo troppi tentativi di conversazione finiti male- ma nella mente di Vagun era l'Ombra. Procedeva nel mezzo del gruppo, armato di uno spadone grande quanto il goblin. Un ammasso di metallo tanto pericoloso quanto scomodo da trascinarsi dietro, a suo giudizio. Ma -e ci tenne più volte a precisarlo ad alta voce nelle vicinanze dell'Ombra- un'arma incredibilmente affascinante e unica nel suo genere!

L'altro era alto e magro, ma quando un paio di notti prima aveva afferrato l'Avilar -ottusamente intenzionata a saggiare il sapore del pelleverde per cena- lo aveva fatto con braccia salde ed espressione decisa. Uno di quei magri dalla forza nervosa, rifletté Vagun, i tendini come acciaio armonico e i muscoli ben allenati. Aveva i capelli verdi e gli occhi a nocciola, elementi così inusuali da accostare la sua figura, a prima vista, a quella di un esotico saltimbanco. Intonava di tanto in tanto strofe di qualche incomprensibile canzone del suo paese natio. Vagun rammentò di colpo il suo cognome insolito: Drenthe. Xari Drenthe, ripeté a se stesso, doveva tenere a mente il nome di chi gli aveva salvato la pelle. Con lui il goblin aveva avuto modo di chiacchierare in più occasioni, e spesso e volentieri gli si accostava durante il cammino per parlare del più e del meno -e per "coprirgli le spalle" in caso di un agguato delle Avilar- e in un paio di occasioni, quando si erano accampati, aveva avuto modo di ringraziarlo alleggerendogli la borsa del grave peso causato dal conio. Perché sul campo di battaglia Xari poteva anche essergli superiore, ma ai dadi e alle carte il goblin restava imbattibile.

Intanto il drappello si apprestava a guadare un torrente nel folto del bosco. Il terreno già ridotto a un pantano di muschio e piante acquatiche. Procedettero in una fila che si era allungata in due unità, immersi nel silenzio selvatico di quella landa, per appostarsi infine in una radura abbastanza ampia da ospitarli tutti. Sopra di loro, il cielo aperto come una conca blu punteggiata del fuoco freddo degli astri. La luna si assottigliava notte dopo notte. Vagun si augurò che lo stesso accadesse alla loro sfortuna. E alla borsa di Xari. Si accostò al fuoco e, armato di dadi, raggiunse l'altro per impartirgli una terza sonora lezione di umiltà.

__ _ __

poco dopo..


« Devo ammetterlo, amico mio, ero convinto fossi un avversario facile quando ti ho sfidato per la prima volta...
Il mio borsello sta ancora insultando la mia arroganza!
»

« Mi stai simpatico Xari, ecco perché ti spiegherò dove sbagli. »

Berciò allegramente il goblin, occupato a inascarsi un altro paio di monete sottratte al pover'uomo.

« Sei troppo umano. La vostra razza è impulsiva e avventata, e alla lunga questo vi rende prevedibili. »

« Credevo di essere sufficientemente insolito da apparire imprevedibile!» Rispose Xari, scoppiando a ridere. « Di questo passo, mi giocherò tutto quanto troveremo a ʤɛna... Credo smetterò prima che qualche nostro compagno pensi che i miei fondi siano infiniti.
Hai mani leste e cervello fino, Vagun: sei un bene prezioso per sollevare la tetraggine di questo gruppo.
»

Vagun lo osservò con aria sorniona, sembrava un vecchio topo bonario, accoccolato di fronte al fuoco, le carte ancora tra le mani. Un piccolo colpo di tosse.

« Cerca di non essere altrettanto avventato se finiamo nei guai. Quando si è nel mezzo di una mano di carte, o sul campo, tutto dev'essere fatto per portare a casa il successo. »

Lo ammonì, e provando improvvisamente imbarazzo si sentì in dovere di aggiungere qualcosa d'altro in tono ironico. Non voleva dare l'impressione di fare la paternale a una persona conosciuta solo pochi giorni prima, per quanto a pelle gli andasse a genio.

« E poi se mi lasci da solo non saprei a chi altri spillare un po' di soldi, eheh.»

Xari sorrise di rimando, accennò un inchino e infine si congedò, lasciando il goblin solo coi suoi pensieri.

__ _ __

Vagun si svegliò di soprassalto nel cuore della notte, un urlo di dolore a rimbalzare dalla giungla. Balzò in piedi, gli occhi a frugare ogni angolo dell'accampamento. L'aria era satura di un lezzo nauseabondo, un miasma acido simile al Salghigno -uno degli intrugli alchemici appartenuti al maestro Ozkan- e contro cui il goblin dovette fare appello a tutta la sua concentrazione per resistere ai suoi effetti rintronanti. Si massaggiò la fronte, mentre la venefica sensazione di intorpidimento andava via via svanendo. Qualcosa di molto brutto stava per accadere, e il goblin non era tanto sprovveduto da non aver inteso di che si trattasse. Le scene di una mattanza erano sempre uguali. Carne, sangue, acciaio, mani piccole e luride di sangue levate a chiedere pietà. Era prevedibile, alla fine, che parte di quella spedizione si lasciasse contagiare dall'avidità o dalla paura di essersi spinta troppo avanti, che scegliesse di pugnalare alle spalle il suo organizzatore, e chiunque lo fiancheggiasse.
Ma indietro non si poteva tornare. E Vagun aveva voglia di crepare in un posto migliore di una lurida boscaglia ai confini del mondo.
Sarebbe morto altrove, che diamine.

L'agitazione divampava, gli uomini e i nani imprecavano inferociti, ombre indefinite in agguato nella notte. Metà spedizione in preda al caos, l'altra metà già con le armi in pugno. Equilibri improbabili, si sarebbero eliminati a vicenda risolvendo tutto nel sangue, e avrebbe vinto la fazione più numerosa. A Vagun non interessava chi, tutto ciò che voleva era sopravvivere. Scorse Xari vicino al carro delle provviste, fermo in mezzo a tutto quel movimento, disorientato quanto lui. I loro sguardi si incrociarono. Un cenno d'intesa. Sapere d'avere qualcuno a coprirgli le spalle lo fece sentire più sicuro.

« Ah! Maledetto! »

Il goblin si fermò, come impietrito, con la coda dell'occhio colse il movimento alle sue spalle. Uno degli umani lottava contro Mehmet, tra i due un groviglio di braccia e un pugnale. Il manico era dalla parte del primo, che spingeva con forza per vincere la resistenza del caposquadra, e affondargli la lama nel petto.
Non poteva fermarsi. Non poteva rischiare la pelle in modo così stupido. in fondo Mehmet se l'era andata a cercare, era stato lui a trascinarli tutti in quel guaio. Come aveva detto prima, a Xari? Sul campo tutto doveva essere fatto per portare a casa il successo. Quindi, la cosa più ragionevole da fare sarebbe stata..

« Aack! Al diavolo! »

Ringhiò, scacciando dalla mente ogni altro pensiero. Tra le dita della mancina già scintillavano due coltelli in acciaio brunito nero. Uno scatto del braccio, una torsione del polso, e un doppio lancio simultaneo. Colpì l'assalitore alla schiena, costringendolo ad allentare la presa sul pugnale. Mehmet non perse tempo, e se ne approfittò per torcere l'arma contro lo stomaco dell'altro e affondarla sino all'elsa. Xari si avventò mulinando la sua spada storta, a dare il colpo di grazia. L'uomo si accasciò al suolo, una marionetta disarticolata cui sono stati recisi i fili. Vagun li raggiunse di corsa, strattonò Xari con forza.

« Presto, filiamo via di qui! »

Correre. Nascondersi nel folto della vegetazione. Nient'altro. Non un pensiero. Non una parola. Mehmet fissava il vuoto con occhi vitrei. La speranza di quel nano era infranta, forse, ma il goblin poteva ancora aprire la via della sua salvezza.
La giungla corse loro incontro, cancellando tutto il resto.

1-1

Astuzia~ 2 CS Tenacia~ 1 CS


Energia residua: 100% -10% = 90%
Status Fisico: Illeso
Status Psicologico: Lucido

Passive del personaggio


Ferocia - passiva razziale dei pelleverde, "stomaco di ferro"
Giochi mentali - passiva di I e II livello del talento "Stratega"

Attive utilizzate

Giochi mentali__ _“Ogni tanto sembra sia tutto solo un gioco.”

Sin dalla nascita Vagun ha sempre mostrato una intelligenza straordinaria del tutto innaturale per un pelleverde, motivo di fondo che lo ha sempre costretto all'isolamento, al sospetto e addirittura all'odio tra i membri del suo clan. Gli orchi lo sbeffeggiavano apertamente, mentre gli altri goblin si limitavano a evitare quella creatura tanto abile ad apprendere e a parlare, più "umana" che orchesca, tanto che ben presto aveva padroneggiato da sola la lingua comune che loro tanto faticavano ad articolare. Dopo aver abbandonato il suo clan Vagun imparò in soli due mesi a leggere e scrivere a Castelgretto, e ci mise ancor meno ad apprendere la sottile arte dell'imbroglio e della truffa, cose che gli venivano come naturali. Il suo straordinario intuito lo porta infatti a una superiore comprensione del mondo che lo circonda e la sua capacità di deduzione è ben maggiore di quella di qualsiasi altra persona. Per questa ragione nel caso in cui si dovesse trovare innanzi ad una illusione - indipendentemente dalla natura di quest'ultima - sarebbe sempre in grado di discernerla come tale, pur non dissolvendola né distruggendola, distinguendo quei banali inganni sempre per ciò che sono. Allo stesso modo la mente è perennemente schermata da eventuali malie psioniche passive, poiché semplicemente troppo forte per essere scalfita. Una sorta di invalicabile barriera mentale. Per questa ragione spendendo un consumo Basso o Medio di energie Vagun sarà in grado di schermare la propria mente dalle offensive del nemico facendo leva sul proprio acume, non ha importanza ed è totalmente personalizzabile. Questa tecnica ha il valore di una difesa di natura psionica di potenza Bassa o Media a seconda del consumo speso.
{Talento Stratega - Passiva & Abilità Attiva a costo Basso o Medio}

Note:
il mio pg e quello di Drag optano per salvare Mammolo, che quindi dovrebbe uscirne più o meno illeso -al contrario del suo assalitore. Subito dopo ci dirigiamo in direzione della giungla, per cercare riparo.



Edited by Lenny. - 11/12/2014, 21:40
 
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view post Posted on 14/12/2014, 11:42






Xari sapeva comandare.
Era stato capitano di una nave pirata e di un'organizzazione illegale abbastanza a lungo da sapere come gestire i propri uomini; intuire gli umori del tuo equipaggio era una sorta di gioco ai dadi, perchè era estremamente complesso e rischioso. Prima di tutto era necessario conoscerli, sapere le loro attitudini ed ambizioni. Era poi necessario sapere chi potesse essere davvero degno di fiducia - e non era concesso sorprendersi se la risposta a questa tacita domanda era "nessuno". Faceva parte del gioco. Esistevano diversi modi di guidare degli uomini - la paura, l'autorità, la saggezza, il rispetto, l'amore - e Mehmet mancava in ognuno di questi aspetti.

Il Plaakar era molto diverso dalle rigogliose giungle delle isole che si affacciavano sullo Zar, e persino Drenthe si sentiva a disagio nella soffocante coltre verde che li aveva inghiottiti da giorni. Era una sensazione strana, inquietante: il caldo era opprimente e c'erano intere aree dove sembrava che l'ossigeno non riuscisse a farsi largo tra il fitto fogliame, ristagnando e marcendo. Xari aveva imparato molte cose nella sua vita, ma la convinzione che il mare semplicemente tollerasse gli esseri umani non gli era mai stata strappata via: l'oceano non era nè buono nè malvagio - era soltanto paziente. La giungla che stavano attraversando, però, era di tutt'altro avviso: il pirata poteva percepirne l'ostilità, densa e compatta, quasi accarezzabile con il palmo della mano. Per quanto egli biasimasse le scarse attitudini al comando di mastro Şahin, non poteva non ammettere che quel genere di ambiente avrebbe provato i nervi di chiunque.

« Me pareció oír el Viejo dice: / "¡Déjala, Jhosi, dejarla!" / Mañana os recibirá su paga,
y su tiempo para nosotros para salir de ella.
Oh , el viento era falta y el mar eran altas / ¡Déjala, Jhosi, déjala! / Ella lo envió verde y ninguno pasó.
Y es hora de que nos vayamos ella.
»

Così, Xari cantava.
La voce del pirata raccontava nella lingua del mare numerosi eventi, per lo più legati al mare ed alla vita sui vascelli del sud. Aveva scoperto che alcuni membri della spedizione non erano infastiditi da quel passatempo, quindi, di tanto in tanto, lasciava che le rime uscissero senza freni dalla sua memoria. Nessuno lo seguì mai nei cori, specialmente dopo i primi attacchi delle Ayilar; la sua curiosità, il suo desiderio di potere erano capaci di vincere anche sullo sconforto e la fatica: Xari sperava davvero di trovare ʤɛna, la leggendaria capitale dei Maegon. Il solo pensiero lo elettrizzava, dipingendogli un largo sorriso sul volto e pervadendo il suo corpo di eccitazione. Se da un lato era deluso dalla leadership del nano a capo della spedizione, dall'altro non poteva che inchinarsi dinanzi all'obbiettivo che aveva deciso di perseguire: non esisteva abitante dell'Akeran che non avesse favoleggiato, almeno una volta, dei tesori di ʤɛna: i suoi segreti, i suoi misteriosi saloni, le sue incommensurabili ricchezze. Si trattava di un'occasione così grande da levargli il peso della marcia dalle spalle, sgravando il suo cuore da ogni pesantezza; persino il forzato atteggiamento che assumeva - stravagante, eccentrico ed eccessivo - risultava genuino. Non esisteva altro modo per sfogare la felicità che provava dentro di sè.
Dopo gli avvenimento del quinto giorno di cammino, Xari cominciò a valutare i propri compagni di viaggio. Era naturale che qualcuno di essi sarebbe caduto durante il tragitto - ed altri sarebbero stati caduti vittime di sfortunati incidenti per sua mano. La compagnia andava sfoltita dai pesi morti e dai membri potenzialmente pericolosi - con tatto ed intelligenza. Non era facile calcolare tutte queste variabili in un tempo assai ristretto ed in circostanze sfavorevoli come quelle in cui versavano: nonostante la facciata affidabile ed amichevole, Drenthe restava un avido calcolatore.
Tra tutti, l'unico che colpì davvero il suo interesse fu Vagun; era decisamente inusuale trovare un pelleverde lontano dalla sua tribù, persino nel cosmopolita sud di Theras. I goblin, lontani cugini della più pura razza orchesca, generalmente non si allontanavano mai dalle regioni del Dortan - e mai Xari aveva incontrato una creatura così spigliata! Vagun possedeva uno spirito sagace e furbo, come una scintilla elettrica sprigionata dal cozzare del metallo. Era affascinante sia come camerata che come potenziale fonte di profitto. Se non fossero sorti problemi, avrebbe potuto investire molto in quel goblin.

« Devo ammetterlo, amico mio, ero convinto fossi un avversario facile quando ti ho sfidato per la prima volta...
Il mio borsello sta ancora insultando la mia arroganza!
»
Com'era facile aspettarsi, Xari aveva cominciato a valutare le personalità dei suoi compagni giocando d'azzardo con loro. Era un'occupazione che gli riusciva molto bene ed era piuttosto semplice valutare personalità, attitudini ed abilità degli avversari. Tra coloro che avevano raccolto la sfida c'era stato proprio Vagun, il goblin che qualche giorno prima aveva salvato dall'assalto di una Ayilar. Le gigantesche tigri del Plaakar avevano preso diletto nell'attaccare la carovana durante la notte, nei momenti più bui e distratti della guardia. Erano creature temibili e malevole, mosse dal desiderio della caccia e del sangue, ma Drenthe, a modo suo, era un predatore ancor più pericoloso. Si era guadagnato la riconoscenza del pelleverde affondando Litigio - la sua wakizashi - nella tempia della belva, e da quel momento nel pirata era sorto l'interesse di testare le potenzialità del compagno appena salvato.
Aveva, subdolamente, perso le prime partite. La sconfitta non lo bruciava, perchè il denaro non era affatto un problema per lui. Vagun era stato più che lieto di alleggerirlo di diverse monete, apparentemente senza accorgersi dell'imbroglio. Xari voleva calcolarne le reazioni, l'intuito e l'istinto.
Ma Vagun era un avversario decisamente poco sprovveduto.
Quando il pirata aveva deciso di colpire, la vera natura del goblin era sorta sconfiggendolo lealmente; per quanto la maschera d'ingenua innocenza reggesse ancora sul volto di Drenthe, egli sapeva che Vagun se ne era accorto. Era un inizio sorprendentemente eccellente.

« Mi stai simpatico Xari, ecco perché ti spiegherò dove sbagli.
Sei troppo umano. La vostra razza è impulsiva e avventata, e alla lunga questo vi rende prevedibili.
»
Forse. Forse no.
« Credevo di essere sufficientemente insolito da apparire imprevedibile! » Rispose Xari, scoppiando a ridere. « Di questo passo, mi giocherò tutto quanto troveremo a ʤɛna... Credo smetterò prima che qualche nostro compagno pensi che i miei fondi siano infiniti.
Hai mani leste e cervello fino, Vagun: sei un bene prezioso per sollevare la tetraggine di questo gruppo.
»
E valutare attentamente da che parte stare.
Vagun sogghignò sornione. « Cerca di non essere altrettanto avventato se finiamo nei guai. Quando si è nel mezzo di una mano di carte, o sul campo, tutto dev'essere fatto per portare a casa il successo.
E poi se mi lasci da solo non saprei a chi altri spillare un po' di soldi, eheh.
»
Xari sorrise caldamente: non avrebbe potuto parlare più chiaramente, nè esprimersi con vocaboli che gli fossero più affini di quelli. C'era tuttavia un altro personaggio che lo impensieriva, ed a lui riservò una fugace occhiata. Lamrael Redskin era un individuo relativamente famoso nell'Akeran poichè era stato una delle figure chiavi della Riunificazione: di lui si narravano le storie più disparate, alcune probabilmente esagerate dai cantastorie e dal folklore meridionale, ma l'aura di esperienza e letalità che la sua stessa figura incuteva era reale e palpabile. Drenthe non conosceva il legame che univa un guerriero così famoso alla spedizione di Mehmet Şahin, e la cosa lo infastidiva terribilmente - trattandosi di un tassello importante per comprendere quel personaggio. Fino a dove si sarebbe dovuto spingere per sfruttare quell'uomo?
Il pirata distolse lo sguardo, inchinandosi brevemente per omaggiare Vagun dei consigli e della partita appena giocata.

______

Si suol dire che ogni pirata dorme con un occhio aperto, perchè la colpa delle sue azioni lo tiene vigile e timoroso durante la notte.
La leggera sonnolenza che agguantava Xari non aveva, in realtà, nulla a che fare con sentimenti di rimorso o paura di dover rendere conto delle proprie scorribande dinanzi alla legge: era il compito di un comandante dormire poco, attento al volubile umore dei suoi uomini. Il puzzo sottile del veleno gassoso gli solleticò le narici, svegliandolo istantaneamente. L'adrenalina divampò prepotente nelle sue membra, scacciando ogni traccia di intorpidimento e di fatica. Qualcuno stava cercando di toglierli di mezzo, e non era difficile immaginare chi - ed a quale scopo.
Drenthe sorrise appena, acquattandosi nella tenda come un felino pronto a balzare all'esterno: stavano commettendo un errore. L'ammutinamento, lì, era una mossa da dilettanti; ribellarsi alla loro guida era un pensiero che anche Xari aveva valutato, ma farlo nel bel mezzo della giungla, sotto costante asedio delle Ayilar e probabilmente lontani dalla loro meta era un suicidio tattico. Sarebbe stato più prudente attaccare Mehmet quando avessero raggiunto ʤɛna e sgomitato il branco di tigri che li inseguiva: ora, se avessero vinto, non avrebbero avuto i numeri per fronteggiarle e si sarebbero trovati lontani miglia e miglia dalla civiltà.
Il pirata legò i lembi di un panno dietro la nuca, proteggendosi le vie respiratorie con una bandana su naso e labbra. Se il gas lo aveva raggiunto, significava che Xari non faceva parte degli ammutinati.

Drenthe corse verso l'esterno, sguainando Litigio dal fodero; la wakizashi riluceva di bagliori rossi lungo il filo damascato, apparendo pericolosa e letale. Doveva mantenere il sangue freddo - ragionare; calcolare.
Scorse Vagun, e l'occhiata che il goblin gli lanciò - ed al quale rispose - era sufficiente a costruire una salda alleanza.
Ma Xari aveva altro per la mente: se gli uomini stavano assassinando gli altri membri della spediione, allora avrebbero portato via con sè ciò che di più prezioso possedevano: le mappe. Il pirata fece un passo in direzione dei carri, senza sapere però dove cercare e sperando che i cartigli non fossero già spariti.
Imprecando, decise di inseguire il goblin; dovevano restare uniti o non sarebbero sopravvissuti.

Vagun si scagliò sull'aggressore di Mehmet, allontanando il traditore dal corpo del nano; non se l'aspettava, e le ferite che subì riuscirono a distrarlo quel tanto che bastava perchè il pirata gli sfregiasse mortalmente il volto con la sua lama. L'oscurità non era un problema per i suoi occhi, ma il caos era troppo grande per distinguere amici da avversari.
Il goblin lo trascinò via, portando al sicuro uno sconcertato Mehmet nel fitto fogliame del Plaakar; Xari pregò Voljund e Loec che il poderoso nano avesse una buona memoria... perchè altrimenti aveva appena scommesso sul dado sbagliato.


Status: illeso, mana 90% (-10% Medio). CS: 6. 3 Astuzia - 1 Determinazione - 1 Destrezza - 1 Maestria nelle Armi
Equipaggiamento:
coltello: una kagamaki (nel fodero)
litigio: una elegante wakizashi (sfoderata).
pistola: una semplice pistola a pietra focaia. 5 colpi per giocata.
armatura: una strana armatura composta da varie parti diverse e scombinate, che protegge principalmente gli arti, i fianchi ed il cuore.
trucchi del mestiere: biglie-bombe di varia natura, assicurate ad un braccialetto (2 deflagranti, 1 fumogena, 1 accecante, 1 dissonante, 1 stordente, 1 tossica)
Passive da considerare:
NATURAL BORN LEADER - passiva di natura psionica di carisma (pergamena Comune Guerriero "Aura di coraggio"), passiva di natura fisica di abilità tattica (pergamena Comune Guerriero "Tattiche di combattimento")
MAESTRO DELL'INTRIGO - tomo infido, passiva di natura psionica di allineamento imperscrutabile (abilità passiva personale I), passiva di difesa psionica (passiva di secondo livello del Talento Stratega), passiva di natura fisica di individuazione della razza anche al di là di travestimenti (passiva razziale Umano "Diffidenza"), passiva di natura fisica di scurovisione e vista attraverso cortine fumogene (pergamena Comune Mentalista "Scrutare le tenebre")
A BEAUTIFUL MIND - passiva di natura psionica di discernimento delle illusioni, passiva di immunità al dolore ed agli effetti collaterali derivanti dalle tecniche psioniche (passive di primo e terzo livello del Talento Stratega)
SWORD DANCER (part two) - abilità personale passiva di istant-casting tech difensive (abilità passiva personale IV), abilità personale passiva di difese inconsce basate sull'istinto (abilità passiva personale V)
EXPLORER - passiva di natura psionica di orientamento (abilità passiva personale VIII)
Tecniche utilizzate:
DOMAIN OF THE MIND: La manipolazione delle persone è un'arte che sfiora appena il dominio della mente; ciò che Xari compie è spesso molto più sottile e brutale. La sua capacità psichica di difendere la propria ragione (schermando la sua mente) è solo una parte del suo potere. Il suo acume è talmente elevato, la sua mente così contorta ed intricata da risultare impenetrabile per qualsiasi offensiva qualcuno gli rivolga contro: questo muro viene eretto con un consumo equivalente alla potenza dell'attacco subìto, e può proteggere anche da offensive ad area (purchè perda in potenza di un livello rispetto al consumo speso). [tecnica di natura psionica difensiva, consumi basso/medio/alto]
 
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view post Posted on 14/12/2014, 22:00

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Fetiales; ʤɛna

Lamrael stava iniziando a perdere la pazienza, avrebbe voluto che la sua spada, quel dì lontano, non si fosse fermata alla gola ma fosse affondata oltrepassandogli la giugulare. Si sarebbe risparmiato tante seccature, o per lo meno quel viaggio insensato all’interno del Plaakar. Mehmet faceva il sicuro di sé, ma in realtà si comportava come uno che chiaramente non sapeva dove stava andando, solo che era troppo orgoglioso, e probabilmente aveva anche troppa paura, per dirlo ai propri sottoposti. Lamrael proseguiva il suo viaggio in silenzio, ma era palpabile l’agitazione che cresceva dentro di lui e, chi aveva provato a stargli accanto per più di qualche secondo, se ne era ampiamente accorto. Erano i piccoli gesti a tradire quella grande calma che ostentava: nei suoi occhi baluginavano di tanto in tanto dei piccoli lampi d’odio; le sue dita tamburellavano nervosamente contro la gamba per qualche secondo, per poi fermarsi nuovamente tornando calme. Infine, quando il nano parlava, la mascella d’istinto si contraeva, diventando più dura e cagnesca, quasi famelica. Ad accompagnare quel malessere generale c’era il caldo, il sudore, la pelle appiccicosa e gli insetti che si attaccavano sopra. Era l’inferno, anzi, per lui che negli Abissi c’era veramente stato, quel posto era molto più caldo.

« La mia pazienza ha un limite nano, » sbottò d’istinto, quando l’ennesimo albero sempre uguale gli si parò dinanzi a suoi occhi, mostrando uno scenario piatto che tardava a cambiare, « non abusarne. »

La sua voce era dura come il suo viso, le sue parole rare e mai dette a caso. Lamrael odiava parlare, ma quando lo faceva sperava di non doversi ripetere, di essere stato sufficientemente chiaro. Così anche con i suoi compagni di viaggio; aveva parlato poco e, quando lo aveva fatto, sempre con pochi giri di parole.
C’era una credenza popolare, radicata soprattutto nei regni orientali di Dortan, che narrava di un albero maestoso e con una chioma folta e rigogliosa. Questo albero, dal tronco molto spesso, era denominato Albero del Silenzio e, si credeva, che si legasse alle persone, soprattutto quelle dalla lingua lunga, per aiutarli in un percorso di crescita che li portava a dosare meglio le parole, a diventare più “saggi”.
Ogni parola, era una foglia che volava via per sempre, ogni foglia persa era un momento di vita dell’albero che fuggiva via nel vento e, quando la chioma sarebbe stata completamente spoglia, l’albero sarebbe morto, portandosi con sé l’uomo a cui esso era legato.
Lamrael non credeva molto a questa sciocchezza, eppure la dietrologia di questa storia lo aveva da sempre affascinato, nella vita si gettavano troppe parole al vento, troppe parole sprecate, troppe occasioni perse per stare semplicemente in silenzio. Bisognava dosarle le parole poiché, molto spesso, i chiacchieroni erano quelli a morire per primi, e Mehmet si stava rivelando uno di quelli.
Il malumore degli uomini cresceva e, presto o tardi, qualcuno si sarebbe ribellato.

_________ __________ _____________

Era notte, Lamrael era sempre stato uno di quei bambini dal sonno leggero che, a ogni minimo rumore, si svegliavano e si mettevano a piangere, impauriti o semplicemente nervoso e con gli anni questo difetto non gli era passato. Aveva un sonno leggero che aveva scoperto essere utile sul campo di battaglia. Anche nel sonno il mercenario era come se non riposasse mai per davvero, come se con un occhio dormisse e con l’altro osservasse il mondo circostante. La mano, anche durante il sonno, era sempre poggiata vicino allo spadone, rigorosamente accanto alla sua testa, pronto a scattare al minimo sentore di pericolo.
Come quella notte, fu l’urlo a svegliarlo, fu il pericolo a metterlo in guardia. L’adrenalina fece schizzare a mille i suoi sensi e, dopo qualche secondo necessario a mettere a fuoco ciò che stava accadendo intorno a lui, si accorse che qualcosa voleva penetrare nei suoi polmoni e nella sua testa, logorandone il corpo. Una nebbia azzurrina, un veleno subdolo che, tuttavia, non riuscì a intaccare le barriere mentali che Lamrael aveva sorretto nel tempo. La sua mente era costituita di tanti cunicoli e di tanti muri, eretti a protezione dei suoi pensieri e della sua psiche, gli bastava alzare un muro nella sua testa per evitare che intrusioni subdole come quella potessero debilitarlo. Non sarebbe stato quello a fermare Lamrael, non un subdolo veleno.
Il soldato si precipitò fuori dalla tenda, l’atmosfera che trovò fu quella che, in fondo, temeva e si aspettava.
Una ribellione in piena regola stava avvenendo nell’accampamento, i ribelli razziavano dove potevano e il clangore delle armi e delle urla, si alzava nella notte come il boato di una fiera vigorosa.
Gli occhi oro di Lamrael si iniettarono di sangue, la belva all’interno del suo corpo ruggì poderosa.
Osservò qualcuno dirigersi verso il nano, qualcun altro cercare di salvare le mappe, ognuno provava a fare qualcosa per arginare quella sommossa. Lamrael ispirò profondo e, semplicemente, si gettò a capofitto verso il primo bastardo che gli capitò davanti.

« Hai sbagliato persona da fottere, figlio di puttana. »

La presa sulla spada si fece più stretta, l’arma parve quasi vibrare e luccicare nella notte, mentre la rabbia del rosso esplose in un grido di rabbia.
La lama penetro nella gola del nano tranciandogli la trachea, riducendo in brandelli qualsiasi osso incontrava. Vide la vita spegnersi negli occhi del nano, sentì il suo ultimo sospirò. Lamrael poggiò il piede sul suo petto, facendo leva – e con brutalità – estrasse la spada da suo corpo, lasciando l’essere riversarsi al suolo di faccia. Morto e inerme.
Riuscì a uccidere solo quello, mentre altri erano riusciti a scappargli.
Avrebbe potuto braccarli, come un leone con la sua preda, ma capì che sarebbe stata solo un’enorme perdita di energie e di tempo.





Lamrael Redskin



4 cs Forza + 1 cs Riflessi +1 Determinazione


Energia: 90%
Status Fisico: 150%
Status mentale: 50%
Armi: Spadone;



Abilità Attive:
~ Mental shield
Contro gli psionici, contro i mentalisti, Lamrael ha sviluppato una difesa naturale, un bunker che, con un po' di sforzo, si chiude rendendo impermeabile la sua mente. Gli basterà, con un piccolo sforzo, concentrarsi sulla sua mente per renderla vuota. Priva di informazioni, priva di ogni cosa. A seconda del consumo speso, Lamrael potrà schermare la sua mente per difendersi dalle offese di natura psionica [Variabile personale]. Usato medio.
Abilità Passive:

Normal Hero

Null'altro che un umano, un contadino forgiato dal sudore e dalla fatica, un guerriero addestrato alle armi da un padre troppo severo e non troppo abile. Eroe creato dal caso e dal destino avverso, un eroe atipico e moderno, dalla grande forza e dall'incredibile resistenza alla stanchezza e al dolore. Umano dello Akeran, lì dove li dove la vita è più dura e il nettare della povertà contamina l'acqua e abbevera gli infanti più del seno delle madri. Lamrael è instancabile, mai arrendevole. Fino alla fine delle sue energie Lamrael continuerà a combattere per ciò in cui crede. In termini di Gdr Lamrael raggiunto il 10% delle energie infatti, non sverrà. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0% [Abilità Raziale]. Corpo forgiato dalla fatica e dal lavoro, dal fisico muscoloso e ben allenato. Contadino avvezzo al dolore fisico, dalla grande forza e dalla grande resistenza alle ferite più di qualsiasi altro umano. Lamrael non è come gli altri, la sua condizione e il suo luogo natio hanno sviluppato in lui caratteristiche diverse e particolari che lo hanno reso più simile a demoni, gli stessi che lui caccia e abbatte. Lamrael sarà in grado di maneggiare armi pesanti come se fossero armi normali, inoltre sarà insensibile al dolore a avrà una resistenza alle ferite maggiore rispetto agli altri, divenendo così in grado di sopportare un mortale più un critico prima di morire, ma la sua mente, altresì, non potrà reggere uno sforzo maggiore di critico. La sua capacità lo porterà persino a combattere o a utilizzare arti rotti, sarà in grado dunque di correre con una gamba spezzata o effettuare un fendente con una spalla lussata, rischiando persino di aggravare la situazione, ma Lamrael non si fermerà fino alla morte [I-II-III Passiva del talento Avanguardia + Pergamena Irriducibile]. Eroe normale per definizione, la sua forza più grande è quella di non arretrare mai dinanzi ai maghi e i demoni, anzi è dinanzi a loro che Lamrael combatte con ancor più forza e devozione, divenendo in grado di accrescere le sue doti fisiche. In termini di gdr ogni qual volta l'avversario utilizza tecniche magiche, le caratteristiche fisiche di Lamrael crescono. Per la durata di quel turno Lamrael acquisisce 2 CS in caratteristiche fisiche [Passiva personale]. Alcune persone nascono con la dote del leader, con un carisma superiore rispetto a tutti gli altri. Questo non è il caso di Lamrael, sconosciuto che gli eventi lo hanno portato a divenire eroe, uomo dal grande coraggio e dalla grande forza di volontà che gli eventi hanno forgiato in un leader, in un comandante esperto, una dote meritata e non innata. Lamrael sarà in grado di infondere fiducia agli alleati, ogni personaggio sarà istintivamente portato a fidarsi di lui, a combattere con maggior sicurezza e non si perderanno d'animo nemmeno nelle condizioni più disperate [Pergamena Aura di coraggio]. Inoltre, grazie agli anni di battaglie, di scontri contro demoni, di guerre e mischia, in cui Lamrael è sempre riuscito a sopravvivere, ha sviluppato dei riflessi fuori dall'ordinario che gli hanno permesso sempre di reagire prontamente a ogni tipo di situazione e portare il culo sempre a casa. Inoltre, grazie agli allenamenti, alle battaglie, grazie all'utilizzo costante della sua grossa spada, Lamrael ha sviluppato ancor di più la sua già notevole forza superando i suoi stessi limiti. In termini gdr Lamrael, acquisisce passivamente 1 CS in riflessi + 1 CS in forza [Diamante x2]. La sua innata dote, i suoi duri allenamenti e le ore sfiancanti di lavoro, gli hanno permesso di elevarsi rispetto gli altri guerrieri, di essere sempre un passo avanti rispetto ai pari di livello e, altresì, questa dote gli permette di specializzarsi in altri modi di combattere. Lamrael sblocca il livello successivo di dominio e acquisisce la classe campione [Cristallo del Talento + Tomo Sacro].


Note: scelgo di salvare i viveri, o meglio solo metà di questi. Con un medio mi difendo dalla psionica.



Edited by Lud† - 15/12/2014, 10:06
 
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Ashel
view post Posted on 15/12/2014, 10:06






Erano passati ormai tredici giorni dalla loro partenza da Qashra, la città natale di Arsona.
Il pensiero di casa sua la riempì di sconforto: il viaggio nel Plakaar si stava rivelando molto più pericoloso del previsto e Mehmet un capo spedizione molto meno assennato di quanto avrebbe dovuto.
La nana, avvezza alla fatica della vita militare, trovava che la maggior parte degli uomini mancasse di sufficiente disciplina per muoversi in un territorio così impervio; crepacci e bestie selvagge li attendevano ad ogni angolo e commettere un'ingenuità poteva significare rimetterci la pelle: proprio come era capitato al nano che aveva inseguito una specie di felino selvatico alla ricerca di qualcosa che gli era stato rubato.
Ma se gli uomini non obbedivano agli ordini o facevano di testa loro prendendo iniziative che poi finivano per costare loro la pelle, era anche vero che Mehmet non aveva la stoffa del capitano come Arsona aveva invece pensato quando l'aveva arruolata e quando aveva rivolto loro il discorso inaugurale nella piazza della Capitale.
D'accordo che l'unica spedizione a cui aveva mai preso parte era finita con un tradimento da parte del gerarca militare che li guidava, ma era certa che non fosse così che un comandante avrebbe dovuto guidare i suoi uomini, specialmente in un territorio di cui non si conoscevano affatto le insidie.
Sentiva che il malumore saliva tra i suoi compagni, ma non fece mai nulla per evitare che quei sentimenti, anziché dissiparsi, si esacerbassero come in effetti stava accadendo.
La giungla era fitta, tutta uguale, popolata di bestie che Arsona non aveva mai visto nemmeno negli spessi tomi che sua zia Armida consultava di tanto in tanto nella biblioteca della sua abitazione; perennemente coperta di sudore, sentiva addosso la densa umidità che si insinuava sotto i vestiti, sotto la pelle e fin dentro le ossa. L'aria era pesante, il caldo insopportabile persino per lei, abituata alla calura del deserto.
La morte dell'esploratore per opera delle Ayilar gettò un'ombra sulla spedizione e questa volta la tenacia di Mehmet a rimanere saldo nelle sue convinzioni non bastò al gruppo per convincersi a dargli di nuovo ragione.
Arsona lo sentiva: si trovavano tutti quanti in una situazione assai precaria.

~

- Ah! Maledetto!

La branda da campo di Arsona era straordinariamente scomoda; ciononostante aveva il sonno assai pesante, complice anche la stanchezza di quegli ultimi giorni di viaggio attraverso la giungla. Eppure un urlo del genere avrebbe svegliato un reggimento.
Rotolò giù dal suo giaciglio confusa e istupidita dagli ultimi residui di quel sogno che la stava avendo come protagonista e si guardò intorno.
Un brivido le scivolò lungo la spina dorsale.
Tutto stava accadendo troppo rapidamente. L'unica cosa che vide con assoluta e cristallina chiarezza erano quei riflessi blu che aleggiavano attorno a sé; ebbe la sensazione che quella nebbia sottile le penetrasse i polmoni e le bruciasse la gola.
Bulut.
Quel solo pensiero governò la sua mente mentre imponeva a se stessa di non perdere la concentrazione per afferrare le sue armi - l'unica cosa di cui probabilmente avrebbe avuto ancora bisogno - e percepire, salda attorno a lei, la protezione del suo antico alleato che, quasi dotato di vita propria, vibrava nelle sue mani avvolgendola di rinnovata forza d'animo.
Fu l'intervento di Tughlaq a proteggerla dagli effetti venefici della nebbia, un'arma insidiosa usata dai vigliacchi e dai cospiratori per uccidere senza fatica.
Uscendo dalla tenda Arsona vide il finimondo. Un ammutinamento, senza dubbio, che si stava consumando con buona pace di Mehmet e dei suoi saldi propositi per la sua spedizione.
Qualcuno lo stava difendendo, qualcun altro optava per saccheggiare cibo, armi e altre ricchezze indispensabili per sopravvivere in quella giungla; Arsona, incurante del resto, si precipitò a prendere l'unica cosa che avrebbe potuto permetterle di uscire viva da quell'inferno di alberi e bestie selvagge: le mappe.
Aveva osservato gli esploratori di Mehmet che le maneggiavano durante il viaggio e aveva da subito dimostrato grande curiosità per quelle pergamene sgualcite che odoravano di stantio e di umidità, probabilmente perché da bambina aveva spesso sfogliato gli atlanti di Armida sognando impossibili avventure in terre sconosciute con il suo bel cavallo bianco e la spada raggiante che si figurava di possedere da grande; ora che si trovava in una di quelle spedizioni che aveva tanto sognato non vedeva l'ora di tornarsene a casa, non sapendo se sarebbe sopravvissuta a quella notte ma, ancor di più, ad un sempre più ipotetico viaggio di ritorno.
Sapeva dove i galoppini di Mehmet avevano conservato le mappe e corse verso la tenda giusta menando fendenti a destra e a manca senza farsi troppe domande su chi stava colpendo. Venne ferita a una spalla ma non prestò la minima attenzione a nient'altro che non riguardasse il suo obiettivo.
Non c'era tempo per maledire quel viaggio, la stupidità del loro capitano o la felloneria di quei traditori; non c'era tempo per niente che non fossero quelle dannate mappe, più preziose di qualsiasi altra cosa avrebbe potuto sperare di recuperare da quel bailamme.
Frugò tra gli oggetti e tra i documenti, ne afferrò alcuni, se li mise sottobraccio o nella bisaccia, si voltò per difendersi da qualcuno che era entrato nella tenda e che voleva quello che aveva preso lei. Lo colpì senza nemmeno guardarlo in faccia e fuggì.
Fuori urla e schiamazzi.
Vide con la coda dell'occhio qualcuno che aveva avuto la sua stessa idea e pensò di seguirli, avanzando verso la giungla.



Arsona "Shah" Jahan



Stato fisico: Ottimo
Stato psicologico: Ottimo
Energia: 90%

Armi: Tughlaq (sulla schiena), Balestra (15/15) (infoderata)
Pericolosità: E
Fascia: Gialla

CS: 1 Destrezza, 1 Costituzione

Passive attive:

~ Contrattare. Arsona ottiene più facilmente le informazioni da chi viene interrogato; inoltre le sue parole risultano più convincenti sia che abbiano finalità benevole che minacciose. L'avversario subirà un contraccolpo psicologico relativo all'approccio di Arsona.
[Passiva razziale]

~ Gli attacchi di Tughlaq infliggono danno di elemento Luce; in aggiunta provocano un senso di intorpidimento nei muscoli della zona colpita, rallentandone i tempi di reazione.
[Passiva Artigiano I]

~ Tughlaq emana una malia psionica passiva nei confronti degli avversari: essa si manifesta tramite un'aura di istinto omicida che pervade la mente dei nemici nelle vicinanze, naturalmente portati a provare un timore istintivo nei confronti del martello e della sua padrona.
[Passiva Artigiano II]


Attive utilizzate:

CITAZIONE
~ Incorruttibile
Tughlaq veglia sul corpo di Arsona come sulla sua mente.
Egli farà quindi in modo di difenderla dalle insidie psioniche degli avversari non appena queste si manifesteranno; può anche proteggere gli alleati della sua padrona con una difesa ad area, di potenza Bassa.
Difesa psionica Media.
[Pergamena Iniziale Campione Aura di Incorruttibilità]
Consumo di energia: Medio

Riassunto: Nel corso dell'ammutinamento Arsona cerca di prendere le mappe e poi fugge verso la giungla.
Alla nebbia risponde con la difesa psionica media.

Note: Alla fine ho postato anche io. Naturalmente mi scuso ancora per il ritardo, non accadrà più.
EDIT: Errore nello specchietto tecnico corretto.


Edited by Ashel - 15/12/2014, 16:00
 
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view post Posted on 17/12/2014, 14:52
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Plaakar; XIV giorno

Fino a quel momento, l'unica scoperta positiva di quella spedizione era stato il colorito frasario di imprecazioni di Mehmet.
« Maledetto T'al! » esclamò il nano mentre girava per il campo, facendo l'inventario di ciò che era loro rimasto dopo l'ammutinamento « Spalamerda sürgün-zematiani! E io che mi ero fidato... mai! Mai più! Neppure se gli antenati dovessero venire a farmi i loro nomi personalmente, tirandoli fuori uno a uno dalla cloaca dalla quale sono stati vomitati! »
I rimanenti membri del gruppo assistevano alla scena impietriti, aiutandolo come lui permetteva loro di fare: dopo ciò che era successo, il nano era precipitato in uno stato psicologico di nervosa urgenza, chiudendosi persino più di prima e spezzando del tutto le razioni di fiducia che aveva magramente diffuso fino a quel momento. La logica supponeva che avrebbe dovuto essere grato a quei membri della spedizione che gli erano rimasti fedeli e gli avevano salvato la vita, eppure il carattere di Mehmet non fece che inacerbirsi come una bottiglia di vino dimenticata da anni.
« La statua del Kahraman invidierebbe la vostra impassibilità, se potesse. Cosa aspettate a muovervi? Aiutatemi! » borbottava mentre saltellava da un punto all'altro del campo come un animale selvatico, per poi contraddirsi immediatamente dopo « Ah, lasciate perdere! Statevene in un angolo e non disturbatemi. Preparatevi a ripartire, piuttosto. »

Dopo il tradimento, il viaggio divenne molto più pesante. Mehmet era sempre più intrattabile e la mancanza di scorte e manodopera rendeva l'esplorazione molto più impegnativa di prima. Il gruppo dovette iniziare a razionare le scorte di cibo, ad aggirare alcuni ostacoli impossibili da superare senza attrezzatura e a tracciare nuove mappe. Si persero più di una volta, ritrovandosi a girare in tondo e scatenando l'ira del loro finanziatore. La giungla fu tutt'altro che clemente con loro, ma non ci fu modo di convincere il nano a recedere dai propri intenti. Per qualche ragione, lui sembrava convinto di essere sempre più vicino alla meta, nonostante nulla sembrasse confermare tale pensiero.
Il Plaakar stava giocando con loro come fa il gatto col topo, mettendoli con le spalle al muro e divertendosi a vederli girare senza meta e senza speranza. Ciò finì ben presto col fiaccare il gruppo e consumare le loro energie.

« Troveremo questa maledetta città. Fosse l'ultima cosa che faccio. »

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Qashra; archivi

Le rivelazioni riguardanti la Iğfall furono illuminanti. Nonostante gran parte degli studiosi dell'Akeran non la considerasse altro che una leggenda, essa rispondeva a tutti i quesiti che Venatrix aveva finito col porsi sul comportamento dell'Ahriman, nonché coincideva perfettamente con quanto gli era stato detto dallo stesso signore dei demoni. Se davvero egli obbediva a un ordine naturale superiore, allora non c'era da stupirsi se non aveva ancora attaccato la superficie di Theras direttamente: stava aspettando l'ordine per farlo.
La rivelazione più spaventosa, però, consisteva nell'interpretazione dell'esercito dell'Ahriman, che a quanto pare non sarebbe stato costituito da altri demoni come lui, bensì da abitanti dell'Akeran deviati dalla corruzione. La Iğfall agiva spingendo le società all'autodistruzione, e il signore dei demoni ne era soltanto il portavoce materiale; il suo ruolo consisteva a malapena nell'impedire che qualcuno si intromettesse nel ciclo, da quanto aveva scoperto. I testi sembravano suggerire che ci fossero altri elementi da tenere in considerazione riguardo all'identità dell'Ahriman, ma nessuno di questi aveva studiato sufficientemente a fondo l'argomento per dargli le risposte che stava cercando; ogni volta che credeva di trovarsi sulla pista giusta, le ricerche si dimostravano incomplete e imperfette e gli impedivano di rispondere a tutte le sue domande. Pian piano, però, iniziò a notare una tendenza comune riguardante tutti gli autori che stava esaminando: prima o poi, finivano sempre per parlare dei Maegon.

Pareva infatti che la razza dei Maegon fosse profondamente coinvolta nel meccanismo della Iğfall, anche se non ne era ben chiaro il motivo. Alcuni sostenevano addirittura che gli antichi figli dei draghi si fossero lentamente trasformati in "portatori sani" di Tentatio, e che semplicemente trovarsi nelle loro vicinanze o in quelle delle loro città potesse influenzare il comportamento di chi non fosse coinvolto direttamente dal Ciclo. Altri credevano invece di aver trovato le prove che dimostravano come la magia dei Maegon derivasse per intero dalla deformazione della Tentatio. Altri ancora credevano che i Maegon addirittura assecondassero il Ciclo, partecipando all'elezione degli Ahriman e accettandole come un decreto divino.
Ciascuna di queste teorie si dimostrava però priva di reale fondamento, alimentata perlopiù dalla fantasia dell'autore.

[...]

È evidente che le condizioni devastate dell'Akeran non ci permettono di esaminare i fatti con la precisione che ne sarebbe richiesta. Decine di rovine Maegon attendono di essere scoperte nel fitto delle giungle del Plaakar, eppure dopo aver barbaramente insediato Taanach, gli studiosi paiono ritenersi pienamente soddisfatti delle loro scoperte (per quanto vi sia molto di ignoto riguardante persino la suddetta città).
ʤɛna era una delle più importanti città dei Maegon e potrebbe contenere buona parte delle risposte che stiamo cercando, eppure la situazione sociale ed economica della regione in cui viviamo ci impedisce di organizzare una spedizione per svelare i segreti che vi sono celati. La città perduta resta un mistero per chiunque l'abbia studiata e a me non resta che la speranza di vederla scoperta ed esplorata in un prossimo futuro.
Sono convinto che le risposte che ci mancano per interpretare il mistero della Iğfall siano celate nel profondo del Plaakar.

[...]


Venatrix chiuse i libri per l'ultima volta.
Almeno adesso sapeva da che parte iniziare con la propria ricerca.

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Plaakar; XXI giorno

Più procedevano verso il centro del Plaakar, più i membri della spedizione iniziavano a sospettare che il loro malumore non dipendesse interamente da ciò che era loro successo. Una forte velleità si era impossessata dei loro animi, facendoli scattare impulsivamente per il minimo stimolo e spingendoli a esprimere i loro pensieri sempre nella maniera più schietta. Spesso capitava loro di sentirsi braccati da presenze invisibile, oppure presi in giro dalla foresta stessa, che col tempo aveva assunto connotati quasi antropologici. Mehmet passava da momenti di ira incontenibile a lunghissimi silenzi, rendendo incomprensibili i suoi pensieri, e come lui anche gli altri avventurieri diventavano sempre più lunatici e sospettosi.
Fu in questo contesto che iniziarono le allucinazioni.
Nessuno capì a che cosa erano dovute, ma dopo qualche giorno fu evidente che tutti ne erano diventati oggetti. Inizialmente intravidero solamente ulteriori pericoli, bestie feroci, passaggi ostruiti e trappole mortali, ma col tempo le fugaci visioni iniziarono si rivelarono anche seducenti, mostrando al gruppo lo scintillio di tesori nascosti, facendo sentire loro musiche e voci tentatrici, radure accoglienti e altro ancora. Mehmet interpretò tutto ciò come la conferma che stavano procedendo nella direzione giusta e non si lasciò scoraggiare.
« Lo sanno anche i polli che i Maegon difendevano le loro città con potenti incantesimi, illusioni, seduzioni e stregamenti. » affermò convinto, con rinnovato spirito d'avventura « Non lasciatevi spaventare; è sufficiente che non crediate a ciò che vedete. Queste allucinazioni devono essere senza dubbio dovute ai residue delle antiche difese di ʤɛna. Significa soltanto che siamo sempre più vicini. »
Nessuno sottolineò - almeno in quell'occasione - che quello poteva essere il primo vero indizio sul percorso che stavano intraprendendo.

Fu il ventunesimo giorno dalla loro partenza che avvenne il secondo incidente.
Dopo essersi fatti strada attraverso un fitto muro di vegetazione, il gruppo incappò in uno spazio molto più ampio rispetto al resto della giungla; la radura si apriva per decine di metri, proseguendo all'interno della foresta come un tortuoso corridoio e torcendosi fino a non poterne vedere la destinazione. Lì, come a guardia di un'entrata, vi erano le statue di due giganteschi serpenti cobra in posizione d'attacco, le cui orbite vuote fissavano il gruppo in maniera inquietante. Erano due statue antiche, di pietra arancione, perlopiù divorate dalla vegetazione circostante, ma inconfondibilmente Maegon.
« Ci siamo! » esclamò Mehmet, senza nemmeno vagliare la possibilità che potessero essere un'allucinazione più consistente delle precedenti « ʤɛna dev'essere poco più avanti! » e senza aspettare il resto del gruppo, scattò in avanti, abbandonandoli e attraversando il passaggio fra le due statue...

...facendo scattare la più grande trappola a protezione dell'antica città.



CITAZIONE
Perdonatemi il ritardo. Ecco il post!

Innanzitutto, le conseguenze delle vostre azioni nel post precedente: avevo strutturato la scelta in modo che sacrificare determinate risorse piuttosto che altre avrebbe danneggiato i vostri personaggi in un modo, piuttosto che in un altro. Nel particolare:
• Perdere Mehmet avrebbe danneggiato la vostra mente, poiché vi sarebbe mancata la motivazione per procedere nel Plaakar.
• Perdere il cibo avrebbe danneggiato la vostra energia, perché... fame, duh.
• Perdere le mappe avrebbe danneggiato il vostro corpo, perché vi sareste persi e sareste stati preda di ulteriori attacchi da parte delle Ayilar.
• Perdere l'attrezzatura avrebbe danneggiato le vostre CS, perché avreste dovuto sforzare il vostro corpo per superare ostacoli altrimenti "easy to overcome".

Considerando le scelte che avete compiuto in precedenza, quindi, i vostri personaggi hanno accumulato un danno basso al fisico, hanno perso il 5% delle energie e hanno perso 2CS (a loro scelta). Potete guarire normalmente da questi danni, utilizzando le tecniche o gli oggetti di guarigione appropriati, qualora li possediate.
Detto questo, passiamo al post successivo:

Mehmet fa scattare una delle antiche difese a protezione di ʤɛna, correndo come un disperato e attivando una trappola dimenticata, sparendo alla vostra vista. Non ho descritto volutamente gli effetti di quest'ultima nel post, poiché sono diversi per ciascuno di voi:
• Il primo effetto della trappola è quello di farvi perdere nella foresta. Che sia perché inseguite Mehmet, perché venite attratti da una delle narrate allucinazioni, o perché a un certo punto vi rendiate conto che gli altri sono spariti, vi trovate tutti da soli nella giungla.
• Il seconda effetto è quello di farvi attaccare l'uno con l'altro, illudendovi che siate nemici.


In poche parole, ciascuno dei vostri personaggi si troverà all'improvviso da solo, e un'allucinazione lo spingerà ad attaccare un altro dei partecipanti alla quest, dopo essere incappato in lui e averlo scambiato per qualcos'altro (o facente qualcosa di erroneo). Tale allucinazione può essere interpretata liberamente, e vorrei che vi metteste d'accordo per creare qualcosa di comune ed efficace. Siccome so che state collaborando su altri canali, voglio vedere fino a che punto posso spingere questa collaborazione :asd:
Vi do comunque alcune idee per interpretare l'allucinazione: potreste vedere il vostro bersaglio che sta rubando le scorte rimaste, che sta attaccando Mehmet, che si sta comportando in modo sospetto, o addirittura vederlo come un mostro, un nemico, una bestia feroce, ecc.

I post dovranno seguire le normali regole di un duello ufficiale, e l'ordine sarà:

1° post: Drag, che attacca Lud
2° post: Lud, che può difendersi e poi attacca Ashel
3° post: Ashel, che può difendersi e poi attacca Lenny
4° post: Lenny, che si limita a difendersi - alla fine del tuo post descrivi Mehmet che vi raggiunge e, col suo arrivo, spezza l'allucinazione (magari con una bella bestemmia, visto che è il suo stile :D:)
Ciascuno di voi ha a disposizione 4 giorni per postare (cerchiamo di essere puntuali, altrimenti rischiamo di allungare tantissimo questa quest).

Insomma, la Iğfall colpisce ancora. Se avete domande, chiedete pure in confronto. :sisi:
 
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view post Posted on 18/12/2014, 23:46




Aveva sempre più difficoltà a concentrarsi. Il Plaakar aveva cominciato a giocare con la sua mente, insinuandosi nella vista e facendolo dubitare di ciò che vedeva; Xari non era uno sprovveduto: sapeva riconoscere un'illusione quando ne vedeva una.
Non doveva fidarsi dei suoi sensi.

Era una frase che aveva imparato a ripetersi continuamente, come un mantra inscalfibile. Dopo l'incidente con i traditori, la pazienza del pirata era completamente esaurita; sebbene l'amichevole facciata reggesse ancora, dentro Drenthe stava rapidamente montando l'idea di prendere lui stesso le redini di quella spedizione eliminando l'inetto Mehmet. Ecco, l'aveva ammesso: il nano era un vortice di inadeguatezza e sfortuna. Se fossero stati su una nave e quello fosse stato il loro comandante, Mehmet sarebbe finito inchiodato all'albero maestro già da diversi giorni al fine di scacciare gli spiriti che flagellavano la carovana. In almeno due casi, Xari venne quasi convinto dall'immagine - vivida, quasi reale - di fantasmi iellatori che danzavano attorno all'irrequieto nano.
Era la giungla, riconobbe: una magia opprimente e totale, annientante, troppo antica e potente perchè lui potesse contrastarla. Era già un miracolo il fatto che si accorgesse della sua influenza, ma non poteva far nulla per rendere nuovamente limpida la sua mente. Ogni passo del pirata era pesante quanto il suo cuore, come se si stessero avvicinando ad un pozzo senza fondo di rancore. Smise di contare le volte in cui si scoprì tenere gli occhi chiusi a fessura, misurando attentamente i centimetri che lo separavano dalla gola del compagno che lo precedeva...

Doveva fermare la sua mano. Fermala, Xari. Sentì la stoffa dell'impugnatura di Litigio sulla pelle; la stava estraendo...? Non riusciva a capire.
Fermati. Rifletti. Ragiona. Gestisci e conduci.
Brividi di freddo lo fecero tremare impercettibilmente nonostante non rallentasse affatto il cammino. Stava combattendo una battaglia durissima che esisteva soltanto nella sua mente, orchestrata dalle menzogne che la vista gli offriva; gli pareva di osservare l'inestricabile labirinto verde come attraverso una bottiglia dal vetro scheggiato - che ne deformava colori e dimensioni, abbagliandolo e lasciandolo senza respiro. Aveva bisogno di aria - di arrampicarsi sull'albero di mezzana ed assaporare ampie boccate d'ossigeno dall'irraggiungibile altezza della coffa.

« Sei molto lontano da Dorhamat, Xari. » Barreus? « Molto lontano. »
Molto, molto lontano...

« Ci siamo! »
Il grido di Mehmet lo riscosse dal torpore che aveva ghermito il suo corpo, muovendolo automaticamente lungo il percorso come una marionetta senza raziocinio o scopo.
« ʤɛna-- »
Il pirata non udì ciò che concluse la frase della loro guida, poichè il rancore era tornato prepotentemente ad assalire il suo giudizio, ed il primo bersaglio che scelse fu proprio Mehmet. Il Şahin si era fiondato nel varco protetto da due enormi statue-sentinella, un presagio che qualsiasi avventuriero avrebbe accolto con scorno; la sete di successo di Mehmet rasentava la follia, e tale imprudenza gli sarebbe costata cara: Xari non apprezzava le approssimazioni ed il nano, purtroppo, era davvero un essere molto approssimativo.
« Stupido mezz'uomo. », mormorò a denti stretti, perdendosi nel fogliame alla sua ricerca.

Tutto ciò che trovò fu la schiena di Lamrael Redskin.
Non ricordava come il mercenario l'avesse superato; tutto ciò che vedeva attorno a lui era un tunnel di pietra, un'ampia galleria scavata nella roccia levigata e costruita da mani esperte ma preda del tempo e degli arbusti; c'era luce, ma non riusciva ad identificarne la fonte. Tutto ciò che la sua attenzione vedeva, però, era la figura del compagno mercenario. Lamrael era dinanzi a lui, non aveva dubbi: Xari percepiva, sapeva che quel che lo circondava era falso - la galleria, la vegetazione, la luce soffusa. Ma non Redskin - il più temibile delle spade al soldo dell'intero Akeran.
Era un ostacolo - una minaccia. Lo era sempre stato; era un amico troppo potente da poter controllare e sfruttare: Xari sapeva che avrebbe dovuto affrontarlo ben prima di venir catturato dai malevoli spiriti di ʤɛna: ora erano soli, avevano raggiunto la città, e non poteva ottenere occasione migliore per affondare il colpo.
« Tutto questo ha un senso. », si disse, insicuro della propria posizione. Era davvero un assassino? La risposta era desolatamente affermativa, ma non aveva mai ucciso senza uno scopo preciso - un guadagno effettivo ed un solido profitto. Non si trattava di avidità, ma di pragmatismo: eliminare Lamrael avrebbe paradossalmente reso la sua posizione più salda all'interno di quella spedizione - garantendogli maggiori probabilità di successo, alleati più sicuri e una percentuale di bottino più cospicua. « Il fine giustifica i mezzi. » Stava davvero parlando? Non ne era certo: era così complesso capire la portata delle proprie azioni, là dentro...
Il fine giustifica i mezzi. Il fine giustifica i mezzi. Solo così avrebbe conquistato ʤɛna, e con essa avrebbe potuto...

Prima di comprendere cosa stesse muovendo la sua mano, Xari realizzò di aver appena gettato dinanzi a sè una delle sue biglie magiche; questa si fracassò ai piedi del mercenario, liberando nell'aria un soffocante gas tossico che avrebbe disorientato quel leggendario guerriero quel tanto che bastava perchè il pirata gli scagliasse contro una subdola malìa della mente, tanto potente quanto aberrante: Lamrael avrebbe visto il proprio corpo decomporsi lentamente ed inesorabilmente ad ogni carezza del gas tossico che lo circondava, benchè da questi non fosse causata.
Sarebbe stata una fine indegna per un uomo tanto valoroso - una fine accelerata dal colpo di pistola che l'altra mano di Drenthe sparò senza alcun ripensamento.


Status: illeso, mana 65% (-20% Alto -5% Malus). CS: 6 4. 3 Astuzia - 1 Determinazione - 1 Destrezza - 1 Maestria nelle Armi
Equipaggiamento:
coltello: una kagamaki (nel fodero)
litigio: una elegante wakizashi (sfoderata).
pistola: una semplice pistola a pietra focaia. 5 colpi per giocata (4 rimanenti)
armatura: una strana armatura composta da varie parti diverse e scombinate, che protegge principalmente gli arti, i fianchi ed il cuore.
trucchi del mestiere: biglie-bombe di varia natura, assicurate ad un braccialetto (2 deflagranti, 1 fumogena, 1 accecante, 1 dissonante, 1 stordente, 1 tossica)
-utilizzata biglia tossica: ha la forma di una biglia arancio del diametro di un paio di centimetri. Se gettata a terra si fracasserà come se composta di vetro, generando un pericoloso miasma che se inalato indurrà nausea o stordimento che perdureranno per qualche istante.
Passive da considerare:
NATURAL BORN LEADER - passiva di natura psionica di carisma (pergamena Comune Guerriero "Aura di coraggio"), passiva di natura fisica di abilità tattica (pergamena Comune Guerriero "Tattiche di combattimento")
MAESTRO DELL'INTRIGO - tomo infido, passiva di natura psionica di allineamento imperscrutabile (abilità passiva personale I), passiva di difesa psionica (passiva di secondo livello del Talento Stratega), passiva di natura fisica di individuazione della razza anche al di là di travestimenti (passiva razziale Umano "Diffidenza"), passiva di natura fisica di scurovisione e vista attraverso cortine fumogene (pergamena Comune Mentalista "Scrutare le tenebre")
A BEAUTIFUL MIND - passiva di natura psionica di discernimento delle illusioni, passiva di immunità al dolore ed agli effetti collaterali derivanti dalle tecniche psioniche (passive di primo e terzo livello del Talento Stratega)
SWORD DANCER (part two) - abilità personale passiva di istant-casting tech difensive (abilità passiva personale IV), abilità personale passiva di difese inconsce basate sull'istinto (abilità passiva personale V)
EXPLORER - passiva di natura psionica di orientamento (abilità passiva personale VIII)
Tecniche utilizzate:
Necrosi mentale: (MENTALISTA): Il mentalista induce nella mente dell'avversario la sensazione che il suo corpo si stia decomponendo. La tecnica ha natura psionica. In seguito ad un'onda mentale emanata dal caster, la vittima inizierà ad osservare gravi e orride ferite aprirsi sul proprio corpo. Tagli infetti, necrosi veloci, e quanto di più cruento il mentalista sia in grado di immaginare. La mente della vittima percepirà questi danni in modo tanto reale e concreto da rifletterli sul corpo, che verrà ferito esattamente allo stesso modo della visione. Sebbene la tecnica sia di natura psionica, provocherà danni fisici pari ad Alto. [tecnica di natura psionica offensiva, consumo alto]
Note:
Come da copione, Xari attacca Lam. A fronte delle numerose passive del mio personaggio (leggasi: personali di difesa e passive del Talento Stratega) ho deciso di renderlo consapevole di essere vittima di un'illusione, ma di non essere in grado nè di vincerla nè di sollevarla dalla propria mente (liberando così il proprio giudizio), facendo leva sulla sua natura doppia e subdola per scatenare la sua "ira" (così interpreso la Igfall) sul mercenario ammazzademoni. Xari pensa di vederlo di spalle, ma è ciò che l'allucinazione gli fa vedere per spingerlo ad agire, quindi Lud è libero di interpretare la situazione come preferisce - proprio come decidere se udire le parole di Drenthe o meno. L'attacco consta di una biglia tossica ai suoi piedi, seguita dalla tecnica Necrosi Mentale e da un colpo di pistola al cuore.
 
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view post Posted on 23/12/2014, 13:46

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Fetiales; ʤɛna

Sentiva la rabbia crescere nella sua mente, ogni passo effettuato nel Plaakar era come se qualcosa di tremendamente strano si facesse beffe dentro la sua testa. Sudava freddo, mentre i suoi occhi proiettavano immagini sempre diverse e cangianti, immagini che non rappresentavano la realtà. Ma questo Lamrael non poteva saperlo. Ogni passo verso il centro della foresta, era un passo ulteriore verso la pazzia e ormai il ragazzo riusciva a stento a distinguere realtà da finzione. La foresta pareva mutare continuamente, come a volersi prendere beffe di loro: i rami si accorciavano e si allungavano, come a volerli soffocare in una morsa sempre più pressante; l’ambiente si faceva sempre più tetro e lugubre e gli alberi parevano quasi muoversi, facendo prendere vita alla foresta. Poi c’erano gli occhi, languidi, lattiginosi e bianchi come globi luminescenti, che lo fissavano, lo scrutavano da dietro i cespugli e i tronchi, dai rami e dalle chiome dei giganteschi e mostruosi alberi; il tronco ora era un volto scarnificato e tremendo, distorto da chissà quale droga, un’altra volta ancora era cremisi, come il sangue, che colava dai noduli del legno generando pozze lorde ai loro piedi. Poi arrivarono le visioni, quelle ammalianti, quelle seducenti, quelle che lo rendevano sempre più avido e sempre più bramoso. Nella sua testa si insidiavano canti di gloria e fama eterna, cascate d’oro riversate sul suo corpo, c’era la musica, quella festante che riempiva l’ambiente saturo di festoni. Infine c’era lui, glorioso trovatore di ʤɛna; UNICO trovatore della città Maegon.
La bestia, quella oscura e sopita, corrotta e decaduta, graffiava all’interno del suo petto, per di più strillava, unendosi a quel coro di folle avidità. Famelica come una iena che spolpava il suo recondito fino a gustarsi persino l’osso, incitandolo a uccidere, uccidere, uccidere.
Le sue dita tamburellavano sempre più nervosamente sulla sua gamba, la sua mano scorreva sempre più spesso verso l’impugnatura dello spadone. Però, quella stessa bestia che lo invitava a dilaniare e scarnificare, gli infondeva calma e pazienza; doveva attendere, solo una volta arrivato a ʤɛna avrebbe potuto ucciderli, tutti quanti.
Fu, con queste sensazioni ed emozioni sempre crescenti, che d’improvviso Lamrael si ritrovò solo nella foresta. Si girò in tondo, con sguardo perso e spaurito, perché si, le sue granitiche certezze stavano lentamente crollando sotto i colpi tremendi di quella foresta.

Intorno a lui c’era il buio.
C’era il silenzio.
C’era il nulla.

I giochi di luce cambiavano la forma degli alberi, il vento ululava tra le fronde, i rami graffiavano tra di loro come tetri presagi di pericolo. Infine arrivarono le risate, gli occhi nuovamente puntati sul suo corpo.

« Avanti! – disse estraendo la spada, rabbioso - fatevi avanti! »

Nella sua testa le risate continuarono a moltiplicarsi, ora da destra, ora da sinistra, davanti, indietro, ancora destra, sinistra, dietroavantisinistradestra. Lui scattava, brandendo la spada come una mazza, girandosi, voltandosi, colpendo a vuoto. Sudava.

« Ci sono solo io. »

Disse una voce, autoritaria, ferma, irriverente, superiore.
Lamrael lo riconobbe, era quel bastardo d’un pirata. Il mercenario, già dal primo momento in cui l’aveva visto, lo aveva considerato come uno dei più pericolosi, ne aveva studiato i suoi atteggiamenti, i suoi movimenti, lo aveva guardato come un cacciatore osserva – e conosce – la propria preda.

« Hai già commesso il tuo primo errore, pirata. »

Lo disse denigrandolo, offendendolo, ostentando una superiorità che, in quel momento di smarrimento, sapeva di non possedere. Il bastardo rise, e le risa si accalcarono nella sua testa una sopra l’altra, una più forte dell’altra. Lo sguardo di Lamrael si fece sempre più piccolo, sempre più furioso, sempre più famelico.
Era l’apoteosi della sua disperazione. Vedeva il suo corpo riempirsi di pustole, tumefazioni, pus, sciogliersi come cera al fuoco. Ma, a parte l’umiliazione, lo stordimento, la nausea, Lamrael non provava dolore.

« BASTA! »

Urlò a tutti e a nessuno, urlò per zittire tutte quelle rise che si facevano beffe di lui. Il mondo cominciò a girare. Lontano, da qualche parte, un colpo di pistola esplose nell’aria, sentì il boato ma non l'effetto. Probabilmente Lamrael venne colpito, o forse no, in quello status fisico non riusciva a discernere la realtà dalla finzione, il vero dal fallace. Per lui era solo una cacofonia di risa, una mescolanza di sensazioni, un mondo oscuro che, intorno a lui, non smetteva di girare.

« AHAHAHAHAHAHAHHAHA
AHAHAHAHAHAHAHAH
AHAHAHAHAHAHAHAHAHHA
»

Le risa crebbero, intorno a lui, ovunque.
Xari era dappertutto e, ovunque si girasse, non vedeva che la sua faccia di merda, così come la immaginava, orgogliosa e beffarda; sorridente. Il mercenario continuò a girarsi intorno mulinando la sua spada, come un ossesso.
Dalla rabbia la sua forza crebbe, dalla rabbia i suoi muscoli si gonfiarono. Il leone ruggì come una belva inferocita puntando il nulla dinanzi a lui, puntando una figura nell’ombra. Una delle tante.

« Xari Drethe, è arrivata la tua fine. »

Sentenziò furioso, sentenziò e basta.
Stordito, claudicante, partì all’attacco brandendo la sua spada, a testa bassa fiutando la sua preda.

« AAAARGH! »

Con tutta la forza in suo possesso, e molto di più, puntò il piede destro in terra spazzando l’aria in direzione della figura, la lunghezza della lama gli avrebbe permesso di centrare l’obbiettivo mantenendosi comunque a distanza. Terminata la prima spazzata avrebbe cambiato mano passandosi l’arma sulla sinistra ed effettuando un medesimo colpo ma dalla parte opposta. La forza avrebbe fatto di quei due attacchi una combinazione micidiale che neanche quel pirata avrebbe potuto evitare.
La sua rabbia esplose tutta contro Arsona, ma Lamrael non poteva minimamente immaginarlo.





Lamrael Redskin



7 cs Forza

Energia: 70%
Status Fisico: 115% Tumefazioni da danno Alto su tutto il corpo; danno basso al pettorale sinistro; danno basso al braccio destro; danno basso generale.
Status mentale: 50% momentaneamente stordito.
Armi: Spadone;



Abilità Attive:

~ Increase
La rabbia, il dolore, l'allenamento, lo sforzo, tutte componenti che hanno portato Lamrael a sviluppare una forza superiore a quella degli altri, tuttavia in alcune situazioni questa forza potrebbe non essere sufficiente, potrebbe non bastare contro avversario molto più forti di lui, per questo Lamrael ha imparato a spingersi oltre ogni suo limite, oltre ogni umana comprensione. Tuttavia, a volte, questo sforzo porterà danni stessi al corpo di Lamrael e la perdita di razionalità portando Lamrael ad attaccare indistintivamente amici e nemici a guadagno di un maggiore incremento della propria forza. In termini di gdr Lamrael, spendendo un consumo a scelta tra medio, alto e critico, può rispettivamente aumentare i propri CS in forza di 4, 8 e 16 unità. Inoltre, spendendo un consumo pari a critico, il guerriero per un turno di gioco vedrà aumentati i propri CS in forza di 32 unità, tuttavia la sua furia renderà impossibile riconoscere alleati o nemici attaccando tutti indistintamente. Al termine del turno Lamrael subirà un contraccolpo al fisico pari a critico [I-II-III Talento Avanguardia + Pergamena Furia Omicida]. Usato medio.


~ Sacrifice
Sforzare il corpo ogni umano limite, un dogma sacro per Lamrael, un umano non può chiedere molto dal suo corpo se non è disposto a sacrificare la sua incolumità per accrescere il proprio potere, la propria forza. Spendendo un consumo pari a Basso Lamrael può incrementare la forza nel prossimo colpo a scapito della sua integrità fisica. Il colpo successivo creerà nell'avversario un danno Medio, tuttavia, al termine dell'attacco, il corpo di Lamrael subirà un danno Basso all'arto con il quale avrà portato il colpo [Pergamena Martirio].
Abilità Passive:

Normal Hero

Null'altro che un umano, un contadino forgiato dal sudore e dalla fatica, un guerriero addestrato alle armi da un padre troppo severo e non troppo abile. Eroe creato dal caso e dal destino avverso, un eroe atipico e moderno, dalla grande forza e dall'incredibile resistenza alla stanchezza e al dolore. Umano dello Akeran, lì dove li dove la vita è più dura e il nettare della povertà contamina l'acqua e abbevera gli infanti più del seno delle madri. Lamrael è instancabile, mai arrendevole. Fino alla fine delle sue energie Lamrael continuerà a combattere per ciò in cui crede. In termini di Gdr Lamrael raggiunto il 10% delle energie infatti, non sverrà. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0% [Abilità Raziale]. Corpo forgiato dalla fatica e dal lavoro, dal fisico muscoloso e ben allenato. Contadino avvezzo al dolore fisico, dalla grande forza e dalla grande resistenza alle ferite più di qualsiasi altro umano. Lamrael non è come gli altri, la sua condizione e il suo luogo natio hanno sviluppato in lui caratteristiche diverse e particolari che lo hanno reso più simile a demoni, gli stessi che lui caccia e abbatte. Lamrael sarà in grado di maneggiare armi pesanti come se fossero armi normali, inoltre sarà insensibile al dolore a avrà una resistenza alle ferite maggiore rispetto agli altri, divenendo così in grado di sopportare un mortale più un critico prima di morire, ma la sua mente, altresì, non potrà reggere uno sforzo maggiore di critico. La sua capacità lo porterà persino a combattere o a utilizzare arti rotti, sarà in grado dunque di correre con una gamba spezzata o effettuare un fendente con una spalla lussata, rischiando persino di aggravare la situazione, ma Lamrael non si fermerà fino alla morte [I-II-III Passiva del talento Avanguardia + Pergamena Irriducibile]. Eroe normale per definizione, la sua forza più grande è quella di non arretrare mai dinanzi ai maghi e i demoni, anzi è dinanzi a loro che Lamrael combatte con ancor più forza e devozione, divenendo in grado di accrescere le sue doti fisiche. In termini di gdr ogni qual volta l'avversario utilizza tecniche magiche, le caratteristiche fisiche di Lamrael crescono. Per la durata di quel turno Lamrael acquisisce 2 CS in caratteristiche fisiche [Passiva personale]. Alcune persone nascono con la dote del leader, con un carisma superiore rispetto a tutti gli altri. Questo non è il caso di Lamrael, sconosciuto che gli eventi lo hanno portato a divenire eroe, uomo dal grande coraggio e dalla grande forza di volontà che gli eventi hanno forgiato in un leader, in un comandante esperto, una dote meritata e non innata. Lamrael sarà in grado di infondere fiducia agli alleati, ogni personaggio sarà istintivamente portato a fidarsi di lui, a combattere con maggior sicurezza e non si perderanno d'animo nemmeno nelle condizioni più disperate [Pergamena Aura di coraggio]. Inoltre, grazie agli anni di battaglie, di scontri contro demoni, di guerre e mischia, in cui Lamrael è sempre riuscito a sopravvivere, ha sviluppato dei riflessi fuori dall'ordinario che gli hanno permesso sempre di reagire prontamente a ogni tipo di situazione e portare il culo sempre a casa. Inoltre, grazie agli allenamenti, alle battaglie, grazie all'utilizzo costante della sua grossa spada, Lamrael ha sviluppato ancor di più la sua già notevole forza superando i suoi stessi limiti. In termini gdr Lamrael, acquisisce passivamente 1 CS in riflessi + 1 CS in forza [Diamante x2]. La sua innata dote, i suoi duri allenamenti e le ore sfiancanti di lavoro, gli hanno permesso di elevarsi rispetto gli altri guerrieri, di essere sempre un passo avanti rispetto ai pari di livello e, altresì, questa dote gli permette di specializzarsi in altri modi di combattere. Lamrael sblocca il livello successivo di dominio e acquisisce la classe campione [Cristallo del Talento + Tomo Sacro].


Note: Tutta la conversazione con Xari avviene nella testa di Lamrael, quindi nulla è detto dal pg di Drag, pensì è una proiezione della mente del mio pg. Xari, per Lamrael, è ovunque intorno a lui, quindi il ragazzo semplicemente incazzato punta una delle tante figure nel vuoto e mena un fendente da destra verso sinistra con martirio e un altro dalla parte opposta potenziato con i PU. Per quanto riguarda la difesa, subisco in toto le offensive di Drag, tuttavia il colpo di pistola, invece di uccidermi, si ferma nella pelle poiché si infrange prima contro l'armatura, perdendo potenza poi, una volta incontrato il petto esaurisce la sua forza causandomi così solamente un danno basso, vista anche la parità di Cs.



Edited by Lud† - 23/12/2014, 14:10
 
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Ashel
view post Posted on 28/12/2014, 09:26






La compagnia, che constava ora di soli cinque elementi, era infine ripartita.
Ciascuno dei sopravvissuti al massacro di quella notte aveva portato con sé qualcosa di indispensabile per la spedizione che, contrariamente ai desideri di Arsona, Mehmet non aveva nessuna intenzione di abbandonare.
Strillava ordini a destra e a manca persino ai suoi due salvatori, Xari e il goblin che la nana aveva incontrato nei pressi di Basiledra e che si chiamava Vagun, e pareva che non avesse tratto alcun insegnamento dall'ammutinamento dei suoi perché continuò a trattare tutti quanti con il medesimo disprezzo.
La nana comprendeva che da sola sarebbe stato impossibile tornare indietro; e sebbene non riponesse la minima fiducia nei suoi compagni di viaggio non poteva fare altro che stare in guardia e avanzare assieme al pazzo che li aveva arruolati e la cui unica funzione era blaterare ad ogni passo e in ogni momento qualcosa di spiacevole contro di loro o contro la giungla.
Eppure erano stati gli unici a non averlo tradito e questo, almeno in teoria, avrebbe dovuto rincuorarla circa le loro qualità morali.
Ma come poteva fidarsi di un pirata, di un mercenario e di un baro?
Il razionamento delle vivande fu organizzato con la massima rigidità e questo non giovò affatto al morale del gruppo. Arsona sapeva che quel cibo non sarebbe bastato fino alla fine della spedizione e pensò immediatamente a come avrebbero potuto fare per trovarne altro; comprese però che non sarebbe stata un'impresa facile.
Viaggiavano stanchi, appesantiti dalle circostanze, infastiditi dal carattere di Mehmet e oppressi dall'umidità e dalla sete.
La giungla, nel frattempo, pareva dotarsi sempre di più di una propria volontà.
Arsona aveva preso l'abitudine di segnare in un taccuino l'andamento della spedizione annotando con pochi e sintetici particolari il resoconto di ogni giorno di marcia.
Poco prima di dormire era solita dedicarsi a quel lavoro che, a dire la verità, non aveva alcuna funzione se non quella di scandire il tempo e di darle quell'illusoria quanto debole sensazione di avere ancora tutto sotto controllo.
In realtà nessuno di loro, nemmeno Mehmet nella sua sciocca spavalderia, aveva più controllo su qualcosa, foss'anche la loro mente.
I giorni erano tutti uguali e le notti si assomigliavano le une alle altre. Durante i turni di guardia Arsona era tesa e credeva di scorgere ogni genere di pericolo tra le ombre, cosicché quand'era il momento di coricarsi non riusciva mai a prendere sonno.
Aveva alle spalle non soltanto quelle ultime notti di insonnia ma l'intero viaggio, durante il quale le era mancato ogni agio di comodità e pulizia, e ben presto la tensione e la stanchezza accumulate cominciarono a giocarle brutti scherzi.
Spesso sbagliavano strada, a volte confondevano la direzione da prendere e perdevano l'orientamento; guidavano il gruppo ritrovandosi di punto in bianco davanti a un crepaccio o a un vicolo cieco con sommo disappunto di Mehmet, che nel frattempo li rimproverava sempre più aspramente.
Cominciò ad immaginare che qualcuno li stesse seguendo. Spesso chiudeva la fila lasciando avanzare gli altri e voltandosi continuamente indietro le sembrava di scorgere le sagome di nemici invisibili che prontamente sparivano nel fogliame.
Erano stati messi in guardia dalle magie che i Maegon avevano posto a protezione dei loro tesori e non volendo fare la figura della sempliciotta non disse nulla; eppure anche di notte, quando tutti dormivano, aveva la sensazione di essere spiata attraverso le tenebre.
Sentiva su di sé uno sguardo costante e instancabile, che non la lasciava mai e che non le concedeva riposo, cosicché rimaneva sdraiata sotto il suo mantello da viaggio, con gli occhi sbarrati ad ascoltare l'oscurità, senza dormire.

~

Infine, lo vide.
Mehmet era sparito, come pure Xari e gli altri.
Era rimasta sola a fronteggiarlo, il suo avversario che la seguiva da giorni, instancabile; ora erano uno di fronte all'altro.
Un cavaliere senza volto, che emanava un puzzo insopportabile di morte e che riusciva a mescolarsi alle ombre della giungla senza fine come se ne facesse parte.
Un gigantesco campione che i Maegon avevano posto a difesa della loro città: li aveva fiutati, li aveva seguiti, li aveva studiati.
Arsona era solo una piccola nana e in confronto a quel colosso si sentì presto insignificante.
Egli avanzò calpestando il terreno il tutto il suo immenso peso e ad ogni passo pareva che la terra tremasse e si ribellasse al suo passaggio; mulinò il suo spadone nell'aria e la nana strinse il suo martello come se egli solo potesse proteggerla da quella minaccia.
Tughlaq rispose alla sua richiesta e infuse alla piccola donna che osava brandirlo la forza d'animo necessaria a fronteggiare quel demone sputato dalle tenebre di una civiltà perduta: le braccia di Arsona si indurirono fino a diventare simili al metallo e accolsero con terrore l'attacco avversario.
Fu stridore di lame e poi silenzio; la nana cadde, qualcosa la colpì, non vedeva più niente davanti a sé; ovattate zoccolate nel buio, il calore del suo sangue sul suo corpo freddo, la volta annerita del cielo sopra di lei.
Rotolò nella polvere come un verme e prese la via degli alberi.
Non aveva alcuna speranza di vincere.
Una folle paura di morire si impossessò di lei, che aveva pensato di essere invincibile solo perché portava il dono di suo padre, quella reliquia dei Maegon che avrebbe farle dovuto vincere tante battaglie; si era sentita coraggiosa prima di partire, si era sentita senza macchia, senza difetti, senza mancanze nel reggimento di Tulunay, e nella giungla si era creduta migliore dei suoi compagni pirati, mercenari e truffatori; invece non era altro che una sciocca.
La foresta si ingrossava e la inghiottiva ad ogni passo sempre di più facendole perdere il senso del tempo e dello spazio. Ansimante, correva a perdifiato nel buio senza guardare, la mente sconvolta da molti pensieri che non sempre riusciva a decifrare.
Poi incontrò di nuovo quell'ombra, quel piccolo spettro maligno che li aveva ingannati per tutto il viaggio e che voleva derubarli di tutto, come aveva fatto con gli umani quella volta nella locanda. Piegato sul corpo dei suoi compagni di viaggio rubava loro cibo, mappe e armi.
Li aveva venduti!
Li aveva venduti al nemico e li aveva uccisi nel sonno, come un ladro.
Livida di rabbia, alzò il martello e scagliò un rapido fendente verso di lui: una luce accecante si propagò nelle tenebre intorno, spezzandole.
Ma fu solo un istante. Avanzò ancora per cercare il viscido traditore.
Questa volta lo avrebbe ucciso.
Menò la sua arma molte volte contro di lui, verso il suo viso, fronteggiandolo senza paura ma senza riuscire più a distinguere la realtà dall'illusione.
Da tempo ormai la sua mente era governata da altri, ma stentava ad accorgersene.




Arsona "Shah" Jahan



Stato fisico: 1 Basso, 1 Medio
Stato psicologico: Scossa
Energia: 100 - 10 - 5 -10 - 10 = 65%

Armi: Tughlaq (mano destra), Balestra (15/15) (infoderata)
Pericolosità: E
Fascia: Gialla

CS: 1 Destrezza, 1 Costituzione

Passive attive:

~ Contrattare. Arsona ottiene più facilmente le informazioni da chi viene interrogato; inoltre le sue parole risultano più convincenti sia che abbiano finalità benevole che minacciose. L'avversario subirà un contraccolpo psicologico relativo all'approccio di Arsona.
[Passiva razziale]

~ Gli attacchi di Tughlaq infliggono danno di elemento Luce; in aggiunta provocano un senso di intorpidimento nei muscoli della zona colpita, rallentandone i tempi di reazione.
[Passiva Artigiano I]

~ Tughlaq emana una malia psionica passiva nei confronti degli avversari: essa si manifesta tramite un'aura di istinto omicida che pervade la mente dei nemici nelle vicinanze, naturalmente portati a provare un timore istintivo nei confronti del martello e della sua padrona.
[Passiva Artigiano II]


Attive utilizzate:

CITAZIONE
~ Indistruttibile
Arsona è in grado di rendere per un turno una parte del suo corpo, benché minima, dura come il ferro. I suoi muscoli si ingrosseranno e la sua costituzione si farà in quel punto particolarmente coriacea.
Questo le permetterà di difendersi da un attacco di potenza pari al consumo speso.
Tecnica difesa fisica.
[Pergamena Iniziale Guerriero Tempra di Ferro]
Consumo di energia: Medio

CITAZIONE
» Effetto attivo: spendendo un quantitativo Basso o Medio di energie, sarà possibile sprigionare dall'arma incantata una bordata di natura magica dal potenziale pari al consumo, che infliggerà danni per la medesima portata.
La tipologia di manifestazione magica sarà di elemento Luce e si manifesterà sottoforma di potenti raffiche di energia luminosa.

Riassunto: Arsona si difende da uno degli attacchi di Lamrael, mentre subisce il secondo. Poi scappa nella giungla e attacca Vagun con l'attiva del Talento (consumo Medio) e in seguito con due fendenti diretti al viso.
Le illusioni dei Maegon l'hanno ingannata facendole credere che Lamrael fosse un nemico che li inseguiva da giorni e che Vagun, dopo averli traditi, stia sciacallando i cadaveri di Xari e Mehmet.

Note:
 
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Lenny.
view post Posted on 29/12/2014, 17:10




Fetiales~
ʤɛna


Dopo tre settimane Dɛna spalancò finalmente le sue fauci.
L'ingresso della città sembrava deserto, una radura avvolta da un silenzio duro come granito e assordante come una battaglia. Vagun e Xari si guardarono preoccupati, come chi annusa nell'aria una sciagura consumata; ma non parlarono, si incamminarono insieme dietro Mehmet, come attratti da un magnete verso la foresta. Il nano dal canto suo sembrava essere resuscitato. In quelle tre settimane era invecchiato, l'aura dell'amabile guida scomparsa, il volto scavato, ulcerato dalla stanchezza, ricurvo, solo con l'angoscia e la rabbia per il fallimento a piegargli a schiena, a sussurrare imprecazioni che non avevano mai trovato ascolto. E adesso eccolo lì, a rincorrere l'ennesima chimera. Vagun procedeva più cauto. A ogni passo saliva l'ansia di una minaccia ignota, eppure nitida, presente, discesa sulla foresta a inghiottirla tutta. Si trattava davvero della fantomatica capitale del Plakard abbandonata? E anche concesso e non ammesso che fossero finalmente giunti a capo in quella stramaledetta ricerca, dov'erano finiti gli abitanti? Un segno del loro passaggio, un retaggio del loro passato...i cinque avventurieri non avevano incontrato nessuno sino a quel momento, non un cane pulcioso, un bel niente a parte quelle inquietanti statue serpentesche. Vagun affrettò il passo, cercò di fermare il nano prima che si gettasse a capofitto verso l'ignoto.
Troppo tardi.

Avrebbe giurato di procedere alla destra di Xari, e invece si ritrovò nel fitto della giungla completamente solo, immerso nella natura soffocante disposta tutta attorno a lui, a vomitare il proprio trionfo sopra la sua testa, gli alberi come mute sentinelle a scavarlo implacabili, coi loro verdi occhi, a dargli la caccia fin dove non poteva nascondersi, dentro il desiderio di poter fuggire, finalmente, all'aria aperta. Vagun imprecò tra i denti e proseguì, il volto livido, truce e forte di chi a dispetto di tutto sa che non gli resta altro che andare avanti. La paura c'era, l'avvertiva, era in fondo al coccige, ma se rimaneva lì poteva essere un motore. Se invece la paura sale e tocca le viscere, pensò, ecco che ti caghi addosso.

E fu proprio allora che Vagun dovette maggiormente sforzarsi per non far salire la paura dal perineo alla pancia. Una sberla lo colpì alla nuca. Un dolore lancinante, una botta improvvisa perfettamente verticale, tanto forte da fargli vedere le stelle, e fargli provare la sensazione d'avere al posto del cranio una noce appena rotta. Il goblin crollò carponi sul terreno, sputò sangue, cercò di tornare in piedi. Per poco non si era mozzato la lingua, eppure volle lo stesso a voltarsi verso la sua assalitrice, con la ferma intenzione di sradicare il suo albero genealogico a suon di improperi. Ashel. La nana guerriera impugnava ancora il martello con cui aveva cercato d'ammazzarlo, tratti duri, fin troppo, labbra carnose piegate in una espressione di malessere e minaccia infantile, uno sguardo di furore omicida. La giungla doveva averla fatta impazzire. Vagun bestemmiò in silenzio. Avrebbe preferito tentare di ragionare, ma sapeva che sarebbe stato inutile. Tra la lingua dolorante, il fiato corto, le membra pesanti, tra l'urto e il dolore, riuscì soltanto a mugugnare qualcosa, prima di assumere la posizione di combattimento. Sogghignò, malevolo.

« Mi spiace cara, sono troppo bello per farmi liquidare da una fighetta come te. »

Era una di quelle guardie, busto arretrato e pugni chiusi in avanti, che suo padre -ai tempi della sua infanzia- chiamava alla Imperiale, anche se lui nei Quattro Regni non c'era mai stato, e dalle parti delle Hooglands di umani se ne vedevano ben pochi. Vagun schivò una martellata diretta allo zigomo, fintò un calcio basso. Poi avanzò a due mani, menando sventole e manrovesci che Ashel riuscì in gran parte a schivare. In gran parte, mica tutti. Una seconda martellata lo colpì alla bocca dello stomaco. Dolore. Ci voleva un sorso di Torcibudella del buon Kvothe, durante combattimenti come quello. Arretrando, Vagun ritornò nella solita guardia, palmi tesi, niente pugni. I pugni erano rischiosi. Coi pugni si rompono le mani sulle ossa, diceva suo padre, in genere una zucca è più dura delle nocche.
Spaccala tu coi pugni, la zucca di un umano
Vaffanculo, pensò Vagun. Con entrambe le braccia cinse la nana sotto le ascelle, la sollevò e la gettò a terra. Montò sopra di lei, ginocchia sulla pancia, e prese a tempestarla di colpi. Alcuni la stronza li parava, li deviava, li ammortizzava con le mani, ma altri la raggiungevano. Poi Ashel dette un colpo di reni, disarcionò l'avversario e la situazione si capovolse. Toccò a Vagun difendersi dai colpi che gli calavano sulla faccia. Finché dalla foresta di braccia emerse il martello, che Ashel tornò a impugnare a due mani, sollevò sopra le loro teste e si preparò a calare con ferocia inaudita sulla faccia del goblin. Colpo terminale, ecco cos'era, pochi istanti e la testa del pelleverde si sarebbe sfracellata come un frutto marcio colpito da un attizzatoio.

« FERMI! »

La voce di Mehmet tuonò dalla parte opposta della radura. Il nano si stagliava tra i due serpenti, ritto in piedi, una maschera di furore, le gambe larghe, due radici. Paradossalmente sembrava un gigante. Braccia e testa verso loro quattro, accapigliati uno contro l'altro. Vagun e Ashel tornarono a guardarsi con aria sorpresa e vagamente imbarazzata, come se entrambi si fossero appena risvegliati da un brutto sogno.

« Le illusioni che proteggono questa città non ci colpiranno oltre. Andiamo avanti, su! »

Il goblin si diede una rapida sistemata, e tornò in piedi. Un morso al labbro inferiore per raccogliere i pensieri. La testa pulsava di dolore, il corpo era stanco e ammaccato, ma almeno la nana sembrava essersi ripresa. In un certo senso, gli dispiaceva averle fatto del male. Le avrebbe persino chiesto scusa, non fosse stato per l'infimo dettaglio che a rischiare di rimetterci la pellaccia era stato solo lui. Le si avvicinò, col sorriso storto, e le sussurrò qualcosa all'orecchio mentre l'aiutava a tornare in piedi.

« Sei una pugilatrice cazzuta. Devo tenerlo a mente, nel caso volessi farmi la pelle un'altra volta. »

1-1

Astuzia~ 2 CS Tenacia~ 1 CS


Energia residua: 90%
Status Fisico: Ferita da contusione alla nuca (Medio), ecchimosi e escoriazioni superficiali sparse su tutto il corpo (Basso)
Status Psicologico: Stordito ma ancora in forze

Passive del personaggio


Ferocia - passiva razziale dei pelleverde, "stomaco di ferro"
Giochi mentali - passiva di I e II livello del talento "Stratega"


Note:
autoconclusività concordata in privato °-°

 
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39 replies since 26/11/2014, 16:59   1480 views
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