Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Fetiales; la terza marcia

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view post Posted on 25/2/2015, 00:07
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Sultanato; Qashra
in riferimento a Fetiales; Kahraman

« Mio signore Al Adhel » disse il guerriero, terrorizzato. « Il viandante aveva ragione! »

Zeheb Al Adhel non era stato nominato sultano soltanto per la sua amicizia con Jahrir Gakhoor. Fra tutti i membri del consiglio di Qashra era sempre stato il più prudente e lungimirante, nonché il più attaccato ai valori portati avanti dai nani nel corso della gloriosa riunificazione. Per questo aveva prestato ascolto al viandante dai capelli rossi, quando si era presentato alla sua corte per informarlo del futuro attacco di un signore dei demoni. Gli aveva prestato ascolto, ma non gli aveva creduto.
Con che coraggio avrebbe potuto presentarsi alla sua gente e ammonirla di un grande pericolo, basandosi solo su quanto detto da uno sconosciuto? Senza contare che l'uomo dai capelli rossi gli aveva chiesto di intervenire direttamente attaccando l'Ahriman, quando lui non si sarebbe mai prestato ad una follia del genere: anche ammettendo che tale signore dei demoni esistesse, lui avrebbe comunque preferito porre i suoi uomini a difesa del territorio, piuttosto che mandarli a morire nel Sürgün-zemat.
Aveva deciso di allontanare il viandante, ma le sue parole l'avevano tormentato per giorni. Al punto tale che aveva deciso di mandare una pattuglia a osservare la veridicità di quanto gli era stato comunicato.

Quella stessa pattuglia che, decimata nel numero e nelle forze, gli si presentava in quel momento.
« Un potente signore dei demoni sta ammassando le sue forze nel Sürgün-zemat! » disse il capitano, tenendo ferma con forza la propria spalla ferita e gemendo di dolore. « Centinaia di demoni stanno uscendo dall'abisso seguendo i suoi ordini e si stanno schierando con intenti chiaramente ostili. »
Alcuni attendenti stavano intorno a ciò che rimaneva della pattuglia, tamponando le loro ferite e porgendo loro piccoli bacili d'acqua fresca per lavarsi dalla sabbia e dal sangue.
« Siamo in grave pericolo. »

Il sultano intrecciò le dita con aria pensosa, lasciando che gli sguardi allarmati dei suoi consiglieri gli scivolassero addosso. La prospettiva di una guerra contro i demoni non lo allettava affatto, specialmente a così breve distanza dalla gloriosa riunificazione. Non smaniava all'idea di armare ancora una volta il suo popolo, né di farlo partecipare all'ennesimo massacro.
Avrebbe invece dovuto proteggerlo.

« Dovremmo chiedere aiuto alle città libere? » intervenne un consigliere, spezzando il silenzio con voce timida. « Se riuscissimo a unire tutti gli eserciti dell'Akeran, avremmo possibilità molte più alte di opporci a questi abomini. »

« Questo mai. » rispose il sultano con tono perentorio. Non aveva ancora dimenticato la schiavitù che aveva sofferto il suo popolo - e che ancora alcuni soffrivano - a causa della depravata condotta delle città libere. Non aveva dimenticato tutto il sangue versato per spezzare le catene della razza nanica. « Non proponetelo neppure. »

« Evacueremo il sultanato e faremo in modo che il nostro popolo possa rifugiarsi qui, a Qashra. »
Se i demoni volevano combatterli, l'avrebbero fatto sul terreno a loro più sfavorevole. L'avrebbero fatto sfidando l'interezza del popolo nanico, in tutta la sua potenza.
« La gemma del regno si chiuderà per abbracciare e difendere i nani, salvandoli anche da questa catastrofe. »

Taanach; arena

« È lui? »

La sabbia dell'arena accecò i due messaggeri, nonostante si trovassero ben al riparo sugli spalti. Nessuno di loro apprezzava che una città così antica e potente come Taanach non fosse ancora riuscita a liberarsi da un intrattenimento così barbaro, ma non poterono negare a se stessi l'eccitazione del momento: i gladiatori si combattevano al centro della pista e sangue e sabbia risplendevano nella luce afosa di mezzogiorno. I cittadini di Taanach che stavano sugli spalti esultavano ogni volta che una ferita si apriva sul corpo dei condottieri, alzandosi dalle loro panche e gridando per l'esaltazione. L'odore del ferro e della ruggine fungevano quasi da afrodisiaco naturale, impregnando l'aria.
Al centro dell'arena un solo gladiatore allargava le braccia verso il pubblico, attirando grida di gaudio e ingiuria allo stesso modo. Sorrideva con aria strafottente, sfidando il pubblico a rimanere impassibile davanti al suo successo.

« È arrogante proprio come dicono. »

Il gladiatore stava sfidando tutti gli altri combattenti, che erano posti in cerchio intorno a lui. Uno a uno si fecero avanti e uno a uno vennero sconfitti: al gladiatore era sufficiente una mossa, un fendente o un pugno per abbattere i propri rivali, lasciandoli esanimi in terra e passando al successivo sfidante.
I messaggeri attesero pazientemente il termine del gioco. Quando lo spettacolo fu finito, si unirono alla fiumana di gente che stava lasciando l'arena, deviando all'entrata della struttura e dirigendosi verso gli spogliatoi. Lì trovarono l'uomo che avevano ammirato fino a poco prima, impegnato a spogliarsi dell'armatura e vestirsi con abiti più consoni alla vita mondana.
Fu il gladiatore il primo a parlare.
« Che volete? » chieste con voce seccata. « Se siete venuti per assassinarmi, cascate male. »
e sorrise, depravato.
« ...si da il caso che abbia appena finito di riscaldarmi. »

« Non cerchiamo lo scontro. » rispose immediatamente uno dei due messaggeri, con tono orgoglioso. Credeva che i titoli dei suoi mandanti lo rendessero intoccabile; non poteva sbagliare di più. « Siamo qui solamente per consegnare un messaggio al campione di Taanach, per conto dei Beik stessi. »
Stringeva la pergamena fra le mani e, vedendola, il gladiatore allungò il braccio mimando la palese pretesa che gli venisse consegnata. Il messaggero non si fece pregare e gliela passò senza discussioni, seppur senza perdere la sua aria superba.
Il campione lesse a lungo il contenuto del messaggio, facendo attendere i suoi interlocutori per diversi minuti.
Quando si rivolse a loro, solamente una parola fece la sua apparizione sulle sue labbra, con tono sconcertato.

« Tsar? »

Dorahmat; prigioni

« Governatore, mi raccomando, » disse il secondino all'uomo che lo seguiva, conducendolo per i corridoi umidi e angusti della prigione. « non parlategli; non ascoltatelo; non guardatelo neanche. È così che è evaso le ultime quattro volte. »
« Non hai ragione di preoccuparti per me, amico mio. » gli rispose il governatore con voce tranquilla. « Conosco il detenuto personalmente. So perfettamente con chi abbiamo a che fare. »
« E allora perché desidera incontrarlo? » chiese la guardia, rendendosi immediatamente conto di stare ponendo la classica domanda che nessuno avrebbe dovuto permettersi di fare. « Anzi, lasci perdere... » aggiunse immediatamente. « ...non lo voglio sapere. »

Il governatore di Dorhamat venne condotto ancora a lungo attraverso i cunicoli stretti della prigione, passando affianco a numerose celle anguste. Gli uomini accovacciati all'interno lo osservavano con sguardi spenti e umiliati, privi di qualsiasi intenzione di rivalsa; sembravano incuranti di qualsiasi cosa accadesse al di là delle sbarre, semplicemente in attesa della loro condanna.
Infine raggiunsero una cella che, a differenza delle altre, era chiusa da una porta spessa di legno che impediva di scorgerne l'occupante.
« È qui. »
Il governatore allontanò il secondino, che fece un breve inchino e tornò da dov'era venuto. Dopodiché attese che si fosse allontanato a sufficienza perché non sentisse le sue parole, prima di rivolgersi al prigioniero.

« Guillherme? » nessuna risposta. « Riconosci la mia voce? »
La voce proveniente dall'altro lato della porta si fece attendere. Quando giunse, lo fece con tono dolce e suadente, come quella di una sirena.
« Governatore. » disse lentamente. « Crede davvero che potrei dimenticarla? Ricordo con dolcezza le sue parole, l'ultima volta che mi ha spedito qui dentro. »
Ci fu una lunga pausa.
« Devo supporre che non si sia scomodato a scendere sin qui solamente per assicurarsi della mia salute. »
Ancora il governatore non rispose. Non voleva entrare in conversazione col detenuto, e Guillherme ne era perfettamente cosciente. Il suo tono si fece gradualmente più divertito.
« ...È qui per propormi un nuovo gioco, vero? »

Il governatore sospirò rumorosamente.
« Non avrei mai pensato di dirlo... » confessò con tono ferito. « ...ma abbiamo bisogno del tuo aiuto. »

Sürgün-zemat

Nelle profondità di Baathos, migliaia di voci rispondevano al suo volere. Migliaia di anime obbedivano a ogni suo comando. Migliaia di corrotti restavano incantati innanzi alle maree della corruzione.
Migliaia di loro, senza che fra di loro vi fosse chi aveva desiderato.
La corruzione non si era rivelata abbastanza potente da raggiungere suo figlio e lei, l'Ahriman, lo vedeva allontanarsi ogni giorno di più. Aveva tentato di colpirlo direttamente, ma neppure quello aveva funzionato.
Era tempo di procedere col piano; era tempo di attendere alle richieste della Tentatio.

vsCtOjA

« Marciamo. »

la superficie attendeva.



Edited by Ray~ - 25/2/2015, 20:36
 
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