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A Nation of Thieves - all saints, dall'abisso

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view post Posted on 1/4/2015, 23:16




in riferimento a
Fetiales; la terza marcia


( Dorhamat, Palazzo della Ruota - Akeran )
pov - il Governatore

La mano del Governatore accarezzò distrattamente il legno ruvido dell'immensa ruota da mulino, rovesciata su un fianco e abbandonata al centro del salone. Non ricordava chi l'avesse smontata e posta lì: essa era parte fondante della cultura corsara di Dorhamat da ben prima che lui cominciasse il proprio mandato per ordine del saggio Sultano di Qashra. I pirati se ne erano serviti per anni come tavolo circolare al quale sedevano i grandi bucanieri nobili durante le caotiche e importanti assemblee plenarie - divisi da rivalità e fazioni, ambizioni personali e impulsività. Riusciva quasi a immaginarli, virtualmente eguali, che sedevano attorno a quella ruota osservandosi l'un l'altro con ostilità e sospetto, ognuno di essi spalleggiato da una ciurma di selvaggi.
Alla fine, quella ruota aveva dato il nome al palazzo coloniale che la ospitava - o forse era accaduto il contrario: qualcuno, stanco di riunirsi all'aperto, aveva deciso di gettare le fondamenta dell'edificio che sarebbe poi divenuta la residenza ufficiale del vicario del Sultano nel turbolento arcipelago di Dorhamat. La magione si era notevolmente ampliata - aveva costruito stalle, cucine, intere ali con camere e bagni -, ma quell'oggetto era rimasto.
Quella ruota era rimasta inutilizzata da molto tempo, quasi un lustro, eppure possedeva ancora una propria autorità.

Ogniqualvolta la vedeva, il Governatore provava un sordo disgusto: il tavolo circolare dei pirati era un monito al progresso, alla politica e alla civiltà. Senza l'illuminata guida del Sultano, dieci loschi individui si sarebbero trovati proprio in quel punto a deliberare delle sorti di migliaia di vite - uomini senza etica nè educazione, incapaci di contemplare con raziocinio il peso delle proprie decisioni. Il Governatore era stato sul punto di sbarazzarsene molte volte, ma era sempre riuscito a trattenersi: il dominio su Dorhamat non era ferreo come avrebbe desiderato - o come mai avrebbe esplicitamente ammesso. Intimamente, egli era convinto che l'arcipelago - e di conseguenza la sua popolazione - fossero ben oltre ogni tipo di redenzione: chiudere un occhio dinanzi alle razzie, al contrabbando e al generale lassismo della sacra legge di Qashra era un'azione che lo faceva soffrire al pari di una ferita in suppurazione. Rimuovere la Ruota dei Pirati Nobili (così la chiamavano quei selvaggi) sarebbe stato un pericoloso affronto: paradossalmente, essa era sia una sicurezza che un'ancora - un monumento all'anarchia che continuava a tormentarlo anche da epoche da lungo tempo trascorse.

Sospirò, abbandonando quel cimelio; sono riuscito a mantenere l'ordine molto più del mio predecessore, si disse. Lui era ufficialmente il secondo vicario del Sultanato che sovrintendeva sull'arcipelago dalla gloriosa Riunificazione: il primo non era durato molto. Ho migliorato questa fogna al meglio delle mie capacità, continuò. L'ho resa presentabile, le ho donato una parvenza di civiltà e le vaghe sembianze di un codice giuridico coadiuvato dai più audaci dottori in legge di Qashra. Ho serrato le fauci della pirateria in una stretta museruola, lasciando liberi soltanto alcuni capitani fidati e ufficializzandone altri con salvifiche lettere da corsa.
Ho portato l'ordine, si convinse. E ora sto per gettarlo via.

« Era molto tempo che non passavo di qui. »

Il Governatore si voltò lentamente, cercando di non guardare quell'uomo dritto negli occhi - occhi diabolici, uno azzurro e l'altro color oro. Nonostante fosse ormai trascorso il mezzodì e la giornata fosse ben lungi dal terminare, i raggi solari che s'infilavano all'interno del salone attraverso le grandi vetrate non riuscirono a scaldarlo. Un gelo innaturale ghermiva il suo corpo ogni qual volta era costretto a parlare al criminale, rendendone quasi insopportabile la prossimità. Cautamente, il Governatore lasciò che tra i due ci fossero diversi passi - e una scrivania - prima di tornare a concentrarsi su di lui.
« Sì, è stato proprio durante la mia efferat-- »
« Taci, Guillherme. », sentenziò il politico, ruvido e perentorio. Non poteva lasciare le redini di quella conversazione.
Guillherme Lopes De Santos rispose all'ordine del Governatore con un sorriso fanciullesco, serafico. Invece di avvicinarsi e sedere su uno degli scranni dinanzi alla scrivania, il prigioniero decise di balzare sulla Ruota e poggiare le proprie terga sul seggio del Pirata Nobile Urrka (un corsaro, com'era noto, fedele al Governo di Dorhamat).
« Abbiamo bisogno delle tue qualità, », disse il Governatore, riprendendo il discorso che aveva introdotto nelle segrete. Il tono ora era artificiale, ufficiale - pronunciato con una voce più distaccata possibile. « per fronteggiare il morbo che sta attanagliando l'Akeran. »
« Gli abitanti sembrano mutare istantaneamente e inspiegabilmente, trasformandosi in mostri del Baathos. », spiegò; alzò un sopracciglio, scrutando le mani di Guillherme - costrette e incatenate a spesse manette di ferro. L'inabilità del criminale - completamente vestito di nero, come un condannato a morte - lo rassicurò un poco, nonostante faticasse a ignorare l'occasionale tintinnìo degli anelli di metallo dei ceppi che gli serravano i polsi.
« Non siamo in grado di fronteggiare una simile malattia; ha già mietuto numerosi uomini notabili che-- »
« Chi. »
Il Governatore fece una smorfia, tossendo appena per schiarirsi la voce e portare alla memoria i volti degli sfortunati appestati.
« Manuel Laroche, Edmundo Elias, Jorge Damião de Estela-- »
« Interessante. »

ching

« Comunque, », continuò il Governatore, sempre più irritato. « sei qui perchè sei l'unico che possa comprendere l'origine di questo morbo. »

ching

« Avrai... Avrai degli uomini. Una squadra di gendarmi, autorità sulle loro azioni. »
Inarcò il sopracciglio, sempre più frustrato dal persistente clangore delle manette.
« Forse persino una nave. Il tuo incarico sarà tenere la gente al sicuro, pattugliare le strade...
Fermare il contagio e eliminare gli infetti.
»

ching

« Qui ci sono dei documenti che-- »

CHING

« Per gli dèi, PUOI SMETTERLA? »

In un istante, il prigioniero fu su di lui.
« È questo il gioco che mi proponete, Governatore? », sussurrò Guillherme. « ...il cane da guardia? », sibilò.
Il tono del criminale era deliberatamente basso, serpeggiante. Il De Santos si chinò leggermente in avanti, inclinando il capo verso il Governatore; egli non riuscì a sfuggire al suo sguardo: nonostante aleggiasse un'aria divertita sulle labbra di Guillherme, i suoi occhi eterocromi stavano letteralmente dilaniando la sua anima.
Il politico non riuscì a rispondere, soverchiato dallo straripante, soffocante carisma dell'avversario.
Guillherme allargò le braccia, sorridendo biecamente e muovendo il capo con sinuosa malevolenza.
« Giochiamo, allora. »

La testata giunse con inattesa violenza; la fronte del criminale colpì con brutalità estrema il volto del Governatore, frantumandogli il naso. Con un rantolo, il politicante cadde a terra ululando di dolore.
Guillherme si erse sopra di lui, udendo le guardie accorrere, attratte dalle grida del loro capo che riuscivano a raggiungere l'esterno del salone. Il pirata sorrise sadicamente, pulendosi il viso dal sangue dell'uomo che rantolava pietosamente al suolo. Poi, come ispirato da un pensiero casuale, sfilò l'elegante mantello dalle spalle del Governatore per appuntarselo sulle proprie.
Voltatosi, corse fuori dal salone; percorrendo a ritroso il tragitto che aveva appena compiuto, egli non dimenticò di strizzare l'occhio alla gigantesca Ruota, sorridendole maliziosamente: anche quest'oggi ella avrebbe assistito a uno straordinario evento, dopotutto.

Guillherme spalancò i portoni di legno con irruenza e entusiasmo; i due soldati di guardia vennero quasi travolti dal suo impeto, impugnando malamente i moschetti dotati di baionetta.
Il sole del sud, caldo e prepotente, tornò finalmente a baciare la pelle del De Santos; per un istante, egli si crogiolò nel puro piacere di cui l'aria salmastra del mare - la brezza della libertà - lo stava riempiendo; alla fine, però, dovette provvedere a quelle due sentinelle. La prima fu sufficientemente sciocca da pensare che potesse infilzarlo con l'arma bianca montata sul fucile, ma quando sferrò l'affondo Guillherme imbrigliò abilmente la baionetta tra le catene e stese il giovane con una crudele gomitata alla gola. La seconda, invece, ebbe il buon senso di fuggire.

« Quindi, brava gente di Dorhamat, », esclamò, rivolgendosi alla folla che quotidianamente transitava davanti al Palazzo della Ruota per compiere i propri affari e che ora si era immobilizzata, osservando la baraonda scatenatasi. « come intendete condurre le vostre vite d'ora in avanti? »
Il Governatore caracollò malamente verso l'uscio sorretto da un servitore, tenendosi debolmente il naso con la mano destra.
« Paralizzati nel terrore e nell'ignoranza, chiusi nelle proprie dimore per la paura che questa malattia vi rapisca? Lasciare impuniti e incontrollati coloro che hanno lasciato che questo morbo prosperasse? Questi nobili corrotti e posseduti, Laroche, Elias, Estela? Chi altri?! »
La folla mormorò, confusa e impaurita.

« POTETE PERMETTERE UN TALE SCEMPIO?! »

Guillherme levò le mani incatenate al cielo, gridando insieme alla folla - ormai schiavizzata dalla sua oratoria.

« Siamo tutti uomini di fede e sudditi esemplari... ma possiamo dire lo stesso di chi ci comanda? »
Cos'ho fatto, riflettè mestametne il Governatore. Pensavo di poterlo gestire... ma è assolutamente incontrollabile.
« È tempo che i coraggiosi si riuniscano e sorveglino questo malcostume. »
La ferocia con la quale Guillherme stuprò la mente collettiva della cittadinanza riunita fu sconvolgente; il criminale tese i muscoli, prorompendo in un grido che fece tremare le fondamenta stesse dell'isola.

« È TEMPO CHE GLI ONESTI SI RIPRENDANO DORHAMAT! »



A NATION OF THIEVES
all saints




« Vede, Governatore? », sorrise, semplice e genuino. « Siamo tutti santi - uomini di virtù. »

 
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