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Le piogge di Caystone, Arcana Imperii - Contest Aprile 2015 "Lealtà" (Dortan)

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view post Posted on 8/4/2015, 12:33




3.
« le piogge di caystone »

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Nubi cariche di pioggia si addensavano sul cielo sopra Caystone mentre la notte volgeva al termine e con lei l'oscurità, all'orizzonte si intravedevano le pallide dita dell'aurora colorare il cielo di tinte rosate. Naberius osservava quello spettacolo dalla finestra di una stanzetta, forse un ripostiglio, in cui era stato fatto accomodare in attesa che Mastro Inverno finisse di parlare con Gwein per organizzare le prossime tappe del viaggio di quel corvo fuggiasco. Assiso su uno sgabello che ben poco donava alla sua naturale maestà, Naberius iniziava a chiedersi cosa ci facesse in quel luogo, perché si fosse intestardito a seguire le tracce di quell'uomo di ghiaccio. Più ci pensava e meno riusciva a darsi una risposta, cosa che ultimamente accadeva fin troppo spesso e gli instillava una sensazione di disagio. Era partito, aveva abbandonato la sua casa in cerca di una risposta ma sembrava che a ogni passo corrispondesse una nuova domanda. O forse era semplicemente lui ad essere inadeguato a quel mondo e a quel modo di vivere, dove non contavano più domande e risposte ma solo le azioni che un uomo era in grado di compiere. L'età del pensiero era tramontata, Theras continuava a procedere e, a volte, ricordare. Ma fino a quando?
A distrarlo da quelle considerazioni ci pensò il cigolare della vecchia porta di legno che si aprì alle sue spalle. Naberius non si voltò, rimanendo a guardare il cielo su Caystone, sempre più cupo, ma riconobbe subito la voce alle sue spalle.
«Pare che io debba ringraziarti, nonno.»
Lo stregone si accigliò, anche se il suo interlocutore non poteva accorgersene. Quel soprannome non gli piaceva, sembrava quasi un insulto.
«Gwein mi ha raccontato cosa hai fatto per lui, ti deve la vita. E noi tutti i ringraziamenti per non aver reso vano il lavoro di mesi.» continuò Mastro Inverno, mettendoglisi accanto davanti alla finestrella.
Naberius scosse il capo in senso di diniego. «Nessun ringraziamento, Mastro Inverno.»
Di fronte all'espressione interrogativa dell'altro, continuò: «Non ho fatto nulla di straordinario, seguivo soltanto il mio cammino.»
L'uomo di ghiaccio sorrise. «Il tuo cammino ti porta spesso in mezzo ai boschi a salvare la vita di sconosciuti?»
Naberius nicchiò e l'altro ne approfittò per aggiungere: «Per quanto ne sapevi, quell'uomo poteva essere un predone. O un assassino. Nondimeno lo hai salvato. Perché?»
«La violenza mi ripugna e non credo che la vendetta sia una ragione valida per uccidere.»
Mastro Inverno gli poggiò una mano sulla spalla con un eccesso di confidenza che stupì il vecchio, più che infastidirlo.
«Vorrei che tutti la pensassero come te. Sei un uomo giusto, Naberius.»
Fece una breve pausa e sospirò.
«Non potevo aspettarmi di meno da un figlio dei draghi, vero?»
Lo stregone si voltò a guardarlo, sorpreso. Certo, il suo aspetto regale, le sclere dorate e le orecchie vagamente appuntite potevano far intuire la sua natura più che umana ma da lì a chiamarlo figlio dei draghi ne passava, ancor più considerando che quella precisa espressione era il motto del suo casato, quando ancora esisteva.
«Sì, so chi sei.» ammise candidamente il suo ospite. «Non è stato difficile scoprirlo, la tua è l'unica famiglia con questa ascendenza nei dintorni di Braford.»
Così, quell'uomo misterioso si limitò a dargli un buffetto sulla spalla e sorridergli.
«Immagino tu abbia parecchie domande. Vieni con me.»
E il vecchio figlio dei draghi non poté fare altro che seguirlo.

*

Camminavano da oltre mezz'ora, seguendo una stradina nascosta fra le basse case di mattoni e fango costruite a ridosso dei baraccamenti, nella zona più periferica della cittadella, al limitare delle palizzate. L'aria era pesante, carica d'umidità e le nubi scure che aveva visto addensarsi ormai minacciavano pioggia da un momento all'altro.
Mastro Inverno gli aveva spiegato come quella che in apparenza sembrava una piccola città le cui fortificazioni non avrebbero fermato il più scalcagnato esercito di Dortan era in realtà una sorte di piazzaforte della resistenza. Gli uomini di Caystone si facevano un vanto di non essersi mai schierati in combattimento durante le guerre che avevano insanguinato l'impero e tuttavia si ritenevano dei sudditi leali: in quella situazione di pericolo e incertezza si erano schierati dalla parte di quello che sembrava il più debole. La resistenza non aveva lì una vera base operativa: Caystone era troppo distante dal cuore di quelli che erano i Quattro Regni, ma possedeva qualcosa di più importante. Era, di fatto, una zona abbastanza isolata perché i fuggiaschi del sud che volessero raggiungere l'Erydlyss o addirittura fuggire verso l'Edhel potessero attraversarla trovando un riparo sicuro senza il pericolo di essere notati o riconosciuti. Da Caystone era facile raggiungere le fortezze dislocate per tutta la Ystfalda e lì trovare ricovero o un passaggio verso le regioni più a nord. Questo combaciava con quanto gli aveva detto Gwein ma lo stregone trovava ancora qualcosa di sbagliato in quella storia, dei tasselli che sembravano inseriti a forza in un mosaico che non li contemplava.
Osservò attentamente l'uomo che gli camminava a fianco, avvolto nella solita tunica.
«Sei prudente, Mastro Inverno.» «Cerash, è il mio nome.»
«Cerash.» annuì il vecchio. «Mi hai detto molto, ma nulla che non avrei potuto desumere per conto mio. Ci sono altre domande che aspettano una risposta. Chi è Gwein e perché lo inseguivano? Non si sarebbero dati tanta pena per un corvo fuggiasco. Cosa fate veramente qui? Prima hai parlato del lavoro di mesi. Mi sembra eccessivo per organizzare la fuga di un solo uomo, o forse volevi alludere a qualcosa di più grande, un progetto che la prematura scomparsa del nostro amico avrebbe messo in pericolo?»
Naberius si fermò, proprio davanti a una larga pozza di fango che bloccava la strada, e cercò lo sguardo di Cerash, tanto simile al suo. «Tu chi sei veramente?»
Ancora una volta, Mastro Inverno sorrise.
«Hai ragione, nonno, non ti ho detto tutto, semplicemente perché non è necessario. Ti basti sapere che hai salvato qualcosa di più che la vita di un poveraccio. Il resto è nelle mani degli déi.»
Un tuono sottolineò quelle parole e rade gocce di pioggia iniziarono a cadere, picchettando sui tetti e al suolo, increspando la pozzanghera davanti a loro. Cerash osservò il cielo in silenzio, poi concluse: «Siamo quasi arrivati. Andiamo.»
Arrivati dove? Naberius non fece in tempo a chiederselo che la risposta gli giunse in soccorso. Svoltarono a sinistra e lì, a circa venti metri, c'era una scala di legno che portava al terrapieno su cui si reggeva la palizzata interna. Mentre la raggiungevano, il vecchio riprese il discorso.
«C'è una cosa che non capisco: perché ti affanni tanto? Non sei nemmeno del Dortan.»
Di fronte allo sguardo interrogativo dell'altro, si spiegò: «I tuoi abiti. Io sto qui, avvolto in un mantello pesante, a battere i denti mentre tu, con quella tunica leggera addosso, sembra che stia camminando in un pascolo baciato dal sole del sud.»
Si concesse un sorriso storto mentre saliva la scala dietro il suo interlocutore e accettava la mano che questi gli porgeva per issarsi sul terrapieno.
«Si vede che sei abituato a ben altri rigori, se anche non bastasse il tuo nome a tradire le tue origini.»
Si tirò su e rimase a rifiatare. Mastro Inverno si appoggiò con entrambe le mani alla palizzata.
«No, non appartengo a questi luoghi ed essi non mi appartengono, ma questo non ha importanza. Te l'ho già detto, ricordi? Quella notte a Braford: 'vado dove c'è bisogno'.»
I suoi occhi si persero all'orizzonte ma con la mano destra fece segno a Naberius di mettersi di fianco a lui.
«Cerco di fare la mia parte, anche se qualcuno direbbe che inseguo un ideale». Naberius si sistemò accanto all'uomo di ghiaccio ma non guardò l'orizzonte. Non riusciva a togliere gli occhi dall'espressione indecifrabile che il volto dell'altro aveva assunto.
«Quale ideale?» domandò. Cerash sospirò. «Giustizia» fu la sentenza. «Una giustizia che sia qualcosa di più che una vendetta o una punizione. Una giustizia che sia equilibrio, protezione, un'egida sotto alla quale raccogliere tutti gli uomini buoni. L'onore non è più la moneta del Regno e non lo è da parecchio tempo. Fedeltà, coraggio, pietà, non sono nient'altro che parole svuotate del loro significato.»
Un nuovo tuono, giustapposto a quella frase, scandì il nuovo vigore della pioggia che si faceva battente.
«Avevo la possibilità di aiutare il popolo di questa regione e l'ho fatto. Ora è tempo per me di partire. Altri hanno bisogno di me.»
«Dove andrai? E perché mi dici tutto questo?»
«A Lithien. Tutto l'Edhel è in subbuglio, è rimasto poco tempo.»
Naberius non era sicuro di aver capito a cosa si riferisse, ma preferì non insistere.
«Quanto al perché io ti stia dicendo queste cose, è semplice. La tua parte in questa storia è finita, guarda!» e così dicendo indicò un punto scuro all'orizzonte. Lo stregone si volse a guardare quella sagoma indistinta che si allontanava.
«Gwein è partito verso la sua destinazione finale. Ciò che accadrà da ora in poi non ha nulla a che fare con te o con me.»
Si voltò nuovamente, scendendo dal terrapieno e aspettando che Naberius facesse lo stesso. Poi rimase in piedi, davanti alla scala di legno. Ormai entrambi erano zuppi d'acqua e la pioggia torrenziale non accennava a voler smettere.
«Ma questo non significa che anche le nostre strade debbano separarsi. Sei venuto a cercarmi, nonno, e ora io ti dico: vieni con me. Tu stai cercando qualcosa, altrimenti non ti saresti mai messo in viaggio in queste condizioni e alla tua età. Non so cosa sia. Sono un uomo curioso ma posso fare a meno di scoprirlo.»
Naberius gli si fece da presso, guardando il suolo su cui poggiava gli stivali inzaccherati.
«Una risposta.» mormorò. «Cerco una risposta.»
«E una risposta avrai.» assentì gravemente Mastro Inverno.
«Non posso prometterti nient'altro, se non che sarò al tuo servizio come tu sei stato al mio, anche se non lo sapevi ancora. Anche questa è una forma di giustizia.»
Il vecchio stregone, conscio della solennità di quel momento e di quelle parole, abbozzò un inchino.
«Tanta devozione ti fa onore.»
Cerash scosse il capo, poco convinto. «Non è l'onore quello che cerco. Quello su cui corro io è un cavallo azzoppato, nonno. La fedeltà a una persona è più redditizia e soddisfacente. Inseguire un'idea è l'inizio di una corsa che non finisce mai.»
Non sapendo cosa rispondere, Naberius tacque. Non ricordava di aver mai sostenuto una conversazione tanto lunga. Entrambi rimasero in silenzio, ascoltando lo scrosciare della pioggia sotto il cielo scuro di Caystone.
«Ci vedremo a Lithien, il settimo giorno da oggi.» concluse,
e iniziò a scendere.

 
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