storyteller ······ - Group:
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| in riferimento a Nefas; lupi di mare
the king and his men stole the queen from her bed and bound her in her bones the seas be ours and by the powers, where we will we'll roam
- il cielo ed il mare -
« Era molto tempo che non lo vedevo. » disse in tono reciso. Il mare, quella splendida massa d'acqua scura, gli rispose mandando le sue onde a infrangersi sugli scogli, una quarantina di metri più in basso. Dal promontorio si godeva di una vista spettacolare sul molo principale di Dorhamat, accarezzato dalla luce della luna. La mezzanotte non era ancora scoccata e la vita nei bassifondi della città andava già accendendosi nonostante gli sforzi degli Onesti -o forse proprio grazie a questi. La luna si cullava tra le nubi che ne nascondevano la falce a tratti, impedendole di specchiarsi nel mare, in quel mare che nelle vicinanze del porto, vicino alle navi mercantili lasciate ormeggiate, si colorava di rosso e violetto, riverberi delle luci che andavano accendendosi in locande e bordelli. La figura avvolta da una cappa damascata, in piedi sul faraglione più grande, osservava le luci notturne di Dorhamat prendere vita in silenzio, assaporando la salsedine sulle sue labbra e godendosi il rumore quieto della risacca, simile a una ninna nanna che volesse cullarlo lontano dalle sue preoccupazioni. Lei gli si avvicinò, muovendosi silenziosamente, con quella grazia che sembrava possedere lei sola, che non aveva nulla di affettato o volutamente seducente. Una dote innata, la semplice signorilità di chi è nobile nel sangue e nell'animo. Sorrise lei, ma era un sorriso pallido, senza forze. « Deve esserti mancato tutto questo. » « Mi è mancato, sì, anche se non nel modo che potresti immaginare. » Lei osservò il firmamento e sorrise ancora. « Ci sono molti modi di avvertire una mancanza. » concesse. Rimasero in silenzio entrambi, per alcuni minuti, osservando le onde che increspavano la superficie dell'acqua. Lui chiuso nel suo silenzio ostinato, pieno di ricordi -quasi tutti terribili- cercava con lo sguardo una risposta che non sarebbe arrivata. Una risposta diversa da quella che gli avevano proposto tanti anni prima. Una risposta che avrebbe potuto accettare e sostenere. Lei lo prese per mano, con quella leggerezza insostenibile, con semplicità. Non come un gesto impulsivo ma più come un bisognò. Ignorò il fatto che la mano di lui fosse fredda, così come le sue parole. Gli rimase accanto, in piedi. Finché non videro i fuochi esplodere sulla spiaggia. Rimasero per qualche istante a guardare i giochi di luce proiettati sul canale, poi insieme si volsero verso l'interno.
« È ora di andare. » disse il Cielo, specchiandosi in quegli occhi così diversi da come li aveva conosciuti. « È ora di andare. » rispose il Mare, tornando a chiudersi nel suo silenzio.
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NEFAS l'ombra dello zar
- il boia di sicak-ev -
Arrivando dal molo esterno, il più piccolo di quella zona, lo stesso presso cui arrivavano le navi da Sicak-ev, i Quattro Fuochi rappresentavano il primo grande incrocio, la prima scelta obbligata sul come muoversi all'interno di Dorhamat. Il nome della piccola piazza nasceva da una vecchia consuetudine, quella di porre degli altari votivi agli déi agli angoli degli incroci. Questi altari si presentavano come piccole nicchie scavate nella parete di ogni prima casa alla destra della via di riferimento. All'interno delle nicchie si trovavano piccole statue, solitamente commissionate dagli abitanti del quartiere e per questo ben lontane dall'essere dei capolavori, e dei fuochi che dovevano ardere sempre, giorno e notte. Così era nata la piazza detta dei Quattro Fuochi. Ora, molti anni dopo, l'unico fuoco rimasto era quello alimentato nella locanda dei Granchi Monchi, come recitava orgogliosamente l'insegna dipinta a mano che mostrava due granchi con una sola chela nell'atto di attaccarsi a vicenda. La prima volta che aveva visto quell'insegna, parecchi anni addietro, Seagur N'sahr era rimasto colpito dal nome che, in fede sua, trovava buffo. Così aveva deciso di chiederne la ragione ai proprietari, venendo così a scoprire la loro storia: da ex-pirati, avevano ricevuto uno sconto della pena dall'allora governatore e gli era stata tagliata soltanto la mano destra, quella con cui avevano retto la sciabola d'arrembaggio nei loro giorni di gloria. Così erano finiti insieme a lavorare per quella locanda che, alla morte del padrone, avevano rilevato e a cui avevano dato quel nome, apparentemente ridicolo, per ricordare sempre a sé stessi ciò che avevano dovuto pagare e la generosità di quel governatore, ormai defunto da anni. Negli anni successi, quando era ormai divenuto il boia di Casacalda, o Sicak-ev come la chiamavano i nani, ogni volta che si era trovato a passare da Dorhamat, Seagur aveva sempre trovato vitto e alloggio presso quella locanda, finendo col diventare buon amico di quei due ex-pirati -proprio lui che, per lavoro, i pirati doveva decapitarli. Erano trascorsi anni dall'ultima volta che era stato lì, eppure nulla sembrava essere cambiato. Le solite mura sporce di fuliggine e unto, le solite puttane sotto ai tavoli o in braccio ad avventurieri e marinai, le solite urla scomposte -alle quali si erano aggiunti gli insulti, più o meno velati, all'indirizzo degli Onesti. Sentiva tutto questo oltre il debole muro che separava la sala grande dagli appartamenti di Cloazio, l'unico dei due padroni ancora in vita, che gli aveva ceduto per sostenere il suo colloquio di affari con un minimo di riservatezza. Così, seduto a capo di una tavola imbandita di ogni ben di dio che fosse a buon mercato, con in mano un bicchiere di un vino corposo del sud, Seagur si mise ad osservare i suoi quattro commensali, accarezzandosi la barba rossiccia.
« Come vi ho già detto » riprese, sorridendo amichevolmente, « lavoro per una corporazione mercantile specializzata nel recupero delle navi andate perdute o del loro carico. » Bevve un sorso di vino e riprese a parlare con la consueta bonomia. « Non si tratta di atti di sciacallaggio, sia chiaro. Abbiamo regolari contratti con gli armatori o i proprietari di quelle navi che, non avendo i mezzi per provvedere al recupero, si rivolgono a noi. » Fece una smorfia, sbattendo la lingua contro il palato. Quel vino non lo appassionava troppo ma non riusciva a tollerare la birra, dunque aveva dovuto accontentarsi. « Proprio in questi giorni ci è stata fatta una proposta parecchio allettante per il recupero di una nave che si credeva perduta e che invece pare sia stata avvistata. Spiaggiata su un atollo in mezzo all'oceano. » Fece una breve pausa per cogliere eventuali reazioni dei presenti, poi riprese. « Non un gran tempismo: la nostra ultima nave era partita per una spedizione appena due giorni prima! » Posò il calice sul tavolo, meditando in silenzio. Poi prese una borsa, che fino a quel momento aveva tenuto sotto il tavolo, e la lasciò cadere pesantemente sullo stesso. I laccetti della sacca di aprirono, cominciando a vomitare monete d'oro di nuovo conio, tutte presentanti l'effige del Sultano. « Quindi siamo costretti a ricorrere al vostro aiuto. » spiegò, sottintendendo che, vista la somma in gioco, sarebbero stati ben ricompensati. « Qui ci sono due talenti d'oro in moneta del sultanato. Dovrebbero bastarvi per procurare una nave e riempirla con tutti gli uomini e i viveri necessari per il viaggio. » Tornò a grattarsi la barba con aria pensosa. Quanto altro doveva dir loro? « Voi quattro sarete a tutti gli effetti degli ufficiali, a bordo. Ma per evitare che vi venga voglia di litigare fra voi, manderò un mio uomo con il ruolo di Capitano e un Nostromo che conosca la rotta e sia un marinaio esperto. » Solo a quel punto riprese il calice in mano e lo sollevò per un brindisi. « Se accettate, in capo a due settimane saremo tutti più ricchi. Alla nostra! » E speriamo che y'Negesydd sappia ciò che fa, o sarete tutti cadaveri ben prima di due settimane.
CITAZIONE Come chi mi conosce ben sa, non sono avvezzo ai salamelecchi, quindi diamo per esaurite le formalità e lanciamoci direttamente nel vivo. Ho deciso di rinunciare al solito noioso giro di post di 'presentazione' per lanciarvi direttamente nel gioco vero e proprio. Eravate a Dorhamat da alcuni giorni (avete carta bianca sul come/perché foste lì) e siete venuti a conoscenza di un uomo chiamato 'il Boia' o 'l'altro Barbarossa', che cerca avventurieri da mettere su una nave. Quando vi presentate, lui vi invita a cena e vi espone il progetto come nel post. Se volete porre domande al Boia potrete farlo nel topic di confronto e io vi risponderò. Una volta accettata la missione (del cui compenso non si parlerà chiaramente, ve ne prevengo), il vostro compito sarà, per questo turno, di andare in giro per Dorhamat e procurarvi una nave in grado di affrontare il viaggio di due settimane (a Dorhamat ci sono numerosi cantieri navali che potrebbero vendervene una, diversi armatori disposti ad affittarla; potreste perfino pensare di rubarla, volendo risparmiare) e riempirla con un equipaggio adeguato (sarà mia cura, per ogni tipologia diversa di nave -sloop, goletta, brigantino, vascello, galeone- indicarvi di quanta gente avrete bisogno per manovrarla, quanti viveri potrà imbarcare e quanto sarà resistente). L'equipaggio potrete trovarlo andando nelle taverne o limitarvi a far circolare la voce e sperare bene. Per fare tutto questo, avrete a disposizione due talenti d'oro in valuta del sultanato (sono circa quattromila monete). Potete agire in gruppo o dividervi denaro e compiti. Per questo turno limitatevi a procurarvi nave ed equipaggio. Per qualsiasi domanda vi rimando al topic di confronto. Benvenuti in alto mare, pesci d'acqua dolce. Yarr!
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