Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

A Sea of Gold and Blood vyande, Arcana Imperii

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view post Posted on 18/5/2015, 23:08
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prosegue da
a sea of gold and blood; l'ultimo orizzonte



II
Era nero come la notte,
fiero come dieci furie, terribile come l'inferno
e scuoteva un dardo terribile.



Davos Duca entrò trionfalmente nella Sala degli Arazzi. Sapeva di dover recare delle buone notizie e questo lo inorgogliva ma sapeva anche che quelle buone notizie avrebbero dato ben poco piacere al suo buon amico Petyr. Nonostante questo, però, non riusciva ad esserne amareggiato. Ciò che stava accadendo aveva del prodigioso e forse, dopo molti anni, la fortuna si era decisa a sorridere alla loro causa.
Il Merovingio gli dava le spalle, teneva i suoi occhi neri sul braciere davanti a lui, ma avvertì comunque la sua presenza.
« Spero tu abbia delle buone notizie, Davos. » biascicò. Ultimamente sembrava stanco, quasi che la fine della lunga attesa avesse spento la fiamma che ardeva febbrile nel suo animo ed ora che l'impresa era iniziata non vi fosse che una svogliata curiosità.
« Magnifiche, mio Lord. » rispose il Siniscalco.
« Anche Ertasia è caduta, ieri pomeriggio. Ce lo ha fatto sapere Kerr-- »
« Il Capitano Kerrigan. »
« ...il Capitano Kerrigan, certamente. Con un dispaccio urgente. »
Finalmente il Lord si voltò. Il suo volto faceva paura, pallido più del solito e con le guance tanto scavate che gli zigomi alti e affilati sembravano cuspidi deformi. Difficile dire cosa lo tormentasse, di certo non dormiva da parecchie notti. Qualcuno diceva addirittura di averlo sentito piangere durante la notte, che non dormisse da quando Kerrigan era partito. Qualche lingua più velenosa delle altre aveva supposto gli mancassero i servizi del Capitano della Guardia.
« Che altro diceva il dispaccio? »
« Il Comandante Horison vi invita a raggiungerlo per raccogliere i giuramenti di fedeltà dei vostri nuovi vassalli. »
Il Lord prese a camminare verso il suo scranno e Davos non poté fare a meno di notare che zoppicava vistosamente, trascinando la gamba sinistra. Solo quando ebbe raggiunto la sua seduta e si fu accomodato con estenuante lentezza, il Merovingio parlò.
« Chi sarebbero? » domandò, accarezzandosi i baffi con aria pensosa.
« I Lord Beaufort, Wilmore e Columna. »
Il Merovingio sbuffò, disgustato. « Dei baroni, piccola nobiltà di periferia. »
Davos annuì. « Ma si sono presentati spontaneamente dopo la caduta di Ertasia. Horison procede rapidamente seguendo l'itinerario studiato con il Capitano Kerrigan. Gli altri Lord della regione vorranno combattere. Quegli uomini ci servono. »
Il Merovingio era stato convinto da quelle parole ma tentò di opporre un'ultima resistenza.
« E dovrei fidarmi di quegli sciacalli? Per ora mi temono, magari sperano di arricchirsi o ottenere favori ma saranno sempre pronti a vendermi. »
Davos scosse il capo. « Non dovete fidarvi, mio Lord. Ma potete usarli. »
L'altro annuì, ancora pensieroso, nonostante la convinta perorazione del suo siniscalco.
« Va bene. Andremo a raggiungere Horison, fra tre giorni. Che tutto sia pronto. »

Davos si inchinò e fece per uscire. Era proprio sulla soglia quando la voce del Merovingio richiamò la sua attenzione.
« Ricorda lo stendardo. Quello con la corona. »


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A SEA OF GOLD AND BLOOD
vyande



asobag
~ ~ ~

Alcrisia, nei pressi di Ertasia; Vespro
. pov ― horison



Gli piaceva, gli era sempre piaciuto.
Osservare le sue truppe vittoriose sfilare sul campo di battaglia, fra i cadaveri dei nemici e le loro armi sparse ovunque, rimaneva la parte che preferiva di tutto quell'orrore.
Non amava la guerra, non l'aveva mai amata. Non odiava le persone che combatteva, nemmeno quelli che uccideva, eppure non si era mai considerato costretto a uccidere. La sua visione della guerra, che qualcuno avrebbe potuto definire cinica, era in realtà scevra di qualunque ipocrisia. Non gli piaceva la guerra, nonostante la sua pluridecennale permanenza fra i Pelleverde non era mai riuscito a vederla come un gioco. Lui aveva scelto di vivere in quell'inferno semplicemente perché sapeva farlo, perché gli era stata data la possibilità di farlo e perché -anche se inizialmente l'aveva affascinato la possibilità di poter accedere al potere tramite un comando militare- col tempo si era reso conto di avere delle responsabilità, dei doveri nei confronti di tutti quei combattenti che si erano affidati a lui, rimettendogli ciò che avevano di più caro: non tanto la propria vita, quanto le proprie armi.
Non gli piaceva la guerra, ma la faceva. C'era del lavoro da fare, ecco tutto.
Sporcarsi le mani non l'aveva mai spaventato, fin da quando, da ragazzo, era costretto a rubare per sfamarsi, fra i vicoli sabbiosi e le case di mattoni crudi del sud. Era nato nell'Orbrun e la sua giovinezza era stata funestata da esseri osceni che ora si diceva fossero estinti: i Kaeldran. Ancora giovanissimo era riuscito a fuggire, raggiungendo il Dortan e arruolandosi nell'esercito del Re, salvo poi disertare alla vigilia della Guerra del Crepuscolo.
Era stato catturato, processato, condannato e venduto come schiavo. Gli orrori di quegli anni gli corsero davanti agli occhi, quegli occhi dall'iride la cui curiosa pigmentazione dorata aveva generato una lunga serie di leggende sulla sua natura non umana -leggende che lui si era guardato bene dallo smentire.
In guerra la verità era la prima vittima e lui sapeva fin troppo bene che il timore che avevano del mistero che rappresentava era il suo maggiore alleato.
Erano passati molti anni da quando era fuggito dallo Xuaraya e dalla sua schiavitù, rifugiandosi fra i Pelleverde del deserto. Ventitré anni dopo quel giorno, era in piedi su uno spuntone di roccia che veniva fuori quasi con arroganza dal lato ovest di una collina a una parasanga da Ertasia e scrutava il sangue dei nemici tingere di rosso le armature e le membra dei suoi uomini che marciavano ordinatamente sul campo in cui il giorno prima avevano mietuto una schiacciante vittoria.
Quando anche l'ultimo degli uomini fu passato e il rituale concluso, gli aiutanti e i servi iniziarono a raccogliere i morti nemici, spogliandoli delle loro armi e dei loro averi e ricomponendone i corpi. I caduti di entrambi gli schieramenti sarebbero stati bruciati quella notte, ma le armi ancora buone e tutti gli oggetti preziosi ottenuti sul campo facevano parte dl bottino di guerra, queste erano le regole d'ingaggio della Compagnia del Teschio.

Una voce alle sue spalle lo colse di sorpresa.
« Ancora una eccellente vittoria, mio Comandante! » lo canzonò Kerrigan, comparendo dietro una macchia di biancospino.
Horison le ghignò in risposta e incrociò le braccia, tornando a contemplare il campo di battaglia.
« Una battaglia è solo una battaglia. » sentenziò, come se questo spiegasse tutto.
« Ho il conto dei caduti. » annunciò la rossa, mettendosi accanto a lui, che si limitò a guardarla.
« Quindici dei nostri... e centottanta dei loro. »
Kerrigan non riuscì a vederlo, ma sotto la maschera del teschio che portava -come sempre, d'altra parte- Horison sorrise.
« Feriti? » « Un centinaio per noi, nessuno grave. Gli altri non saprei. »
Horison si passò una mano fra i capelli d'oro rosso e per un po' entrambi rimasero in silenzio. Non avevano molto da dirsi, sebbene fossero uniti da qualcosa di più da una semplice relazione. Il rapporto successivo alla battaglia li metteva sempre in imbarazzo perché in quel momento Horison tornava ad essere il Comandante e Kerrigan il suo luogotenente -per quella campagna. Una campagna che era iniziata da solo dodici giorni e fin lì era stata svolta in maniera esemplare: tre cittadine, inclusa Ertasia, erano cadute e dopo la sconfitta dell'ultima resistenza da parte di Lord Zeryon, scomparso dopo la battaglia, altri tre nobili dei luoghi si erano sottomessi al Merovingio.

« Perché gli hai detto di venire? » domandò Kerrigan, dopo un po'.
Il mercenario fece una smorfia. L'idea di avere il Merovingio fra i piedi non faceva impazzire nemmeno lui.
« Questa guerra è sua, è giusto che ne veda il prezzo in termini di vite. »
« Inoltre » riprese dopo una breve pausa « Non ho nessuna intenzione di avere a che fare con quei signorotti di campagna che sono venuti a fare professione di fede. »
Queste ultime parole caddero nel silenzio. Un silenzio che durò ancora alcuni minuti, poi toccò di nuovo alla rossa spezzarlo.
« Ho saputo dai nostri informatori una notizia che non ti piacerà. »
Horison la guardò da dietro la maschera del teschio, gli occhi ridotti a due fessure luminose.
« Vediamo se indovino. Il Kraken è sulle nostre tracce, è riuscito ad attraversare il deserto e conta di precederci a Malombra. »
Kerrigan lo guardò sorpresa, poi, ripresasi, agitò il dito indice davanti a lui.
« Quasi! » esclamò.
Fu il turno di Horison di restituirle uno sguardo perplesso.
« Pare che abbia rinunciato a raggiungerci e si sia fermato a soccorrere le popolazioni delle città che abbiamo lasciato senza rifornimenti, tagliandoli fuori dalla via commerciale. E sembra anche che alcuni dei suoi sarebbero riusciti facilmente a precederci a Malombra, visto che sono già arrivati ancora più a nord. »
Il mercenario stavolta era davvero stupito: Malombra era l'unica vera città di quella contea, per quanto non fosse nemmeno lontanamente comparabile al centro urbano degli antichi fasti. Era governata da un Vicariato che nel tempo -dalla scomparsa del legittimo Lord- aveva acquisito poteri praticamente assoluti. Lasciare Malombra alla mercé del Merovingio era una autentica follia.
« Dove sono diretti? »

Kerrigan allargò le braccia e il proprio sorriso.
« Non ci crederai mai! »
« ...alla Fiera Annuale di Tarresa. »

 
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