Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Stormdancce - Vite tempestose, Contest Maggio 2015

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view post Posted on 30/5/2015, 10:33
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♥ Non piangere Nishimiya sai poco fa ti ho parlato in un sogno, mi sembrava di aver rinunciato a molte cose, ma non è così. Ho sempre pensato come te Nishimiya...♥
········

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Finché l'uomo non si accetta e non inizia un dialogo con se stesso,
non troverà mai la serenità a cui anela,
la pace interiore,
la capacità di affrontare le tempeste della vita.







Giorno 1 Giorno 2 Giorno 3 Giorno 4





Stormdance - Il portale del Dio -

Ore 7.00
Luogo: Una locanda in un villaggio del Dortan


Era ormai passato molto tempo e stava iniziando a chiedersi come mai, proprio ora, quelle immagini tornavano a tormentarla. In fondo quello era stato l’inizio di tutto, il principio di quel vagabondaggio alla ricerca di qualcosa; se proprio la si voleva dire tutta aveva dato anche un significato alla sua vita perché a lei non era rimasto più nulla. Non aveva una casa, non aveva una madre, non aveva un amico.

”Hai me.”



Proprio così. Lei aveva solo sé stessa e quel demone che non la lasciava in pace e con il quale continuava a combattere. Proprio come quella mattina, una delle tante in cui si girava nel letto cercando di negare completamente l’esistenza di Lilith senza riuscirci. Perché doveva soffrire in quel modo? Che cosa aveva fatto di male perché la sua esistenza venisse maledetta in quella maniera? Lei pensava di essere solo una vittima delle circostanze ma forse aveva delle colpe che non conosceva, in fondo era stata abbandonata da tutti e sulla sua strada nessuno si era dimostrato tanto clemente da capirla, da comprendere il suo dolore e da aiutarla almeno un pochino a sopportarlo. Lei non aveva le spalle abbastanza pesante per tutto quello, era solo una ragazzina, uno scricciolo a cui la vita stava chiedendo troppo.

”Tu non hai la forza? Ricordati quello che hai fatto fino ad ora. Ogni volta che pensavi di essere debole. Ogni volta che sei caduta e ti sei rialzata. Nonostante tutto dovrei essere molto orgogliosa di te, in fondo non mi sarei mai aspettata che un’umana come te potesse trovare tante energie. Ricorda: quelli come te la forza se la devono far venire; per forza.”


E il demone non aveva tutti i torti alla fine. Adesso aveva uno scopo e girovagava per quelle terre alla ricerca di qualcuno che le spiegasse il motivo della sua esistenza, doveva trovare un appiglio per capire che la sua vita non era completamente inutile e che c’era un posto anche per lei in quel mondo che sembrava averla ormai ignorata e messa da parte. Le era tornato in mente tutto quel potere che l’aveva invasa quando quella creatura di fuoco le aveva dato il potere di essere come Dio, di poter fare tutto quello che voleva e, ovviamente, ciò che desiderava di più era incontrare quel padre che avrebbe avuto tutte le risposte.
La verità la colpì come un pugno in pieno stomaco, tanto che fu costretta a mettersi seduta sul letto, ansante, sudata. Quella nuova consapevolezza era stata terribile perché avrebbe richiesto uno sforzo maggiore di quello che aveva fatto fino ad ora, esigeva una scelta che avrebbe potuto cambiare il resto della sua vita. Ma in fondo cos’aveva da perdere? Dentro di lei il demone scoppiò a ridere perché ci era già arrivata da tempo. Sapeva già cosa andava fatto ma purtroppo non comandava quel corpo di carne e non poteva sconvolgere la mente di per sé debole della sua giovane ospite, proprio come si doveva abituare a tutto il potere che Lilith era in grado di sprigionare, doveva anche abituarsi alla consapevolezza di avere un destino diverso dai comuni esseri mortali. Gli altri erano i buoni. Lei era il mostro. Non c’erano altre visioni.

”Ci sei arrivata alla fine. Bene.”


Lilith non poteva non ridere di lei perché ci aveva messo tanto a raggiungere quell’idea, troppo per i suoi gusti.

«Non posso trovare le risposte qui in superficie…devo trovare il modo di raggiungere il nostro mondo. Devo raggiungere i demoni.»


Dirlo a voce così alta era quasi raccapricciante e la fece rabbrividire. Lei non ci voleva andare. Più volte aveva provato ad interrogare la mente di Lilith per cercare di capire quale fosse il suo luogo di origine ma anche lei non ricordava nulla, le poche cose che c’erano di ciò che era stato prima di Ririchiyo era solo buio, oscurità…e freddo. No, non voleva andare in un posto del genere, forse era meglio morire, forse le cose sarebbero andate meglio se, quella notte, invece di prendere la vita di sua madre quel giovane avesse preso la sua.

”Non gliel’avrei mai permesso.”


Vero. Ormai era diventata così inutile la sua esistenza da non avere nemmeno il permesso di morire.

Ore 13.20
Luogo: Una locanda in un villaggio del Dortan


Ormai avevano deciso, o meglio Lilith aveva ordinato, di continuare la ricerca dello stregone ma non per chiedere solo il motivo della sua esistenza ma per cercare anche un modo per raggiungere quel luogo oscuro che tanto spaventava Ririchiyo.

”Per arrivarci devi volerlo davvero.”


Disse il demone toccando la coscienza della giovane mentre lei preparava il suo zaino per riprendere il viaggio, per allontanarsi sempre di più dalla Loggia dove la sua ricerca era stata molto infruttuosa e doveva aveva capito che avrebbe dovuto ricominciare da capo.


”Il problema è che io non voglio.”


Le rispose la giovane, rimettendosi in spalla zaino, faretra e arco a tracolla. Poteva riprendere il suo viaggio. Si fermò per un attimo sulla porta, guardando nuovamente quella stanza spoglia, quel letto dove aveva raggiunto la consapevolezza più grande della sua vita e dove non sarebbe più tornata. C’erano grosse probabilità che quella sarebbe stata l’ultima volta in cui avrebbe potuto stare nel Dortan, dove aveva abitato per un breve periodo della sua vita: dov’era nata. Aveva bisogno di andarsene e di non voltarsi più indietro per non cambiare idea. Con la morte nel cuore si chiuse l’uscio alle spalle e abbandonò per sempre quella locanda.
Aveva sentito delle voci, sapeva perfettamente dove doveva andare, nell’Akeran c’era uno stregone, difficile da trovare dal momento che non aveva una dimora fissa, però sapeva che quella sarebbe stata la sua direzione. Non c’erano altre possibilità. Avrebbe camminato giorno e notte ma lo avrebbe raggiunto, tanto se si trasformava durante l’oscurità poteva andare avanti Lilith. L’avrebbe fatto lei.

Ore 23.00
Luogo: Punti indefinito al confine con l’Akeran.


Sospirò guardando il cielo che ormai era diventato nero, come quell’oblio che l’aspettava nel buco dei demoni, come quella promessa di morte che schiacciava il suo cuore perché la sua scelta avrebbe posto fine alla sua umanità.

”Ne varrà davvero la pena?”



Continua al Giorno 2





Stormdance - Un gesto per salvare la propria umanità -

Ore 5.45
Luogo: Punti indefinito nelle vicinanze di un villaggio nell’Akeran.


”Adesso torno indietro…non sono più sicura di voler fare questa cosa.”


”Non ci pensare nemmeno. È troppo tardi. Dobbiamo fare ciò che è meglio per noi.”


Ririchiyo camminava ormai da ore e aveva deciso non solo di non fermarsi ma nemmeno di lasciare il posto a Lilith. Non si fidava di lei e non sapeva nemmeno cosa sarebbe potuto accadere se avesse disgraziatamente lasciato il proprio corpo a quella creatura. Era ancora in conflitto con lei così come il suo animo in tempesta non sembrava avere intenzione di placarsi. Continuava a dibattersi tra il “fare” e il “tornare indietro”. Aveva bisogno di un motivo, un solo motivo per cui la sua umanità doveva essere salvata e non distrutta. Fino a quel momento non aveva visto nulla che potesse deporre al bene della causa, gli esseri umani si erano dimostrati mostri ben peggiori, gli scorci di bontà erano stati troppo pochi, troppo brevi per potercisi aggrappare. Non poteva. Ma non voleva nemmeno uccidersi in quella maniera.

«…io non posso…»



Il suo mantello da viaggio le avvolgeva il corpo mentre il cappuccio copriva il capo e celava le corna, segno del fatto che non era come tutti gli altri, simbolo della sua condanna. I suoi occhi riuscivano ormai a scorgere un villaggio in lontananza, forse poteva chiedere riparo, rifocillarsi…pensare. Purtroppo la ragazzina, nella sua caparbietà, aveva portato il suo corpo troppo al limite e non ce la faceva più, non era sicura che sarebbe riuscita a ridurre quella distanza che la separava dal luogo del riposo. Doveva mollare. Era esausta e il suo corpo si stava rifiutando di continuare il cammino. Perse i sensi e cadde a terra, l’ultima cosa che riuscì a vedere fu un’ombra che si avvicinava a lei in maniera circospetta. Amico? Nemico? A quel punto cosa poteva importare, tanto lei sarebbe morta comunque. Uccidere la sua umanità era come recidere il filo d’oro della propria esistenza, si rifiutava di pensare che lei faceva parte davvero della stirpe di mostri che aveva generato anche Lilith. No, non poteva assolutamente concepirlo.

”Lo sapevo, sei ancora troppo debole.”


Un viso sconosciuto, il buio e poi più nulla. Nero. Oblio.

Ore 17.00
Luogo: Letto di una casa di un villaggio dell’Akeran.


Era così stanca da non riuscire nemmeno a sognare, vedeva solo Lilith che era seduta accanto a lei e che la fissava, continuando a ricordarle quanto la sua natura fosse debole e che sperava che quella tempesta di emozioni che la stavano sconvolgendo l’avrebbero resa più forte, invece non era così.

”Ti stanno uccidendo.”


Lo sapeva bene e non ne poteva più. Perché cercare di morire era così complicato?
Qualcosa di caldo poi la toccò e la figura del demone che stava davanti a lei iniziò a dissolversi, come uno specchio d’acqua smosso da un sasso. Cos’era quel senso di protezione? Cosa stava succedendo? Di Lilith non era rimasto più nulla, tranne il suo sorriso sornione che rimase impresso nel buio prima di svanire. Il nulla. Poi la luce.
Ririchiyo schiuse finalmente le palpebre e una luce fioca, grazie alle tende tirate sulle finestre, le accarezzò gli occhi dolcemente, senza farle del male, . Ma dove si trovava? Le ci volle qualche minuto prima di capire che si trovava in una stanza, non lurida come quelle delle locande, ma pulita e ordinata anche se non era ingombra di cose. E il calore? Quello era di una mano gentile, appoggiata sulla sua fronte. I suoi occhi viaggiarono ancora per un attimo prima di notare la fonte di quel dolce tepore: era un giovane dal volto gentile e dallo sguardo preoccupato. Forse lo era a causa sua?


«Dove sono?»


Chiese la ragazzina con un filo di voce. Era troppo bello stare a crogiolarsi in quel letto per uscire e conoscere davvero la verità e le modalità in cui era finita lì, però doveva essere stata raccolta, quasi sicuramente doveva averla trovata svenuta per strada, quello era stato il suo ultimo ricordo. Il ragazzo sorrise di nuovo e adesso poteva vederli, i suoi occhi erano di due colori diversi. Eterocromia, era davvero una cosa affascinante e piuttosto rara nelle persone, soprattutto quando avevano intensità così opposte come le sue.

«Ti ho trovato per strada svenuta, ero uscito dal villaggio per andare ai campi e mi sei spuntata fuori tu. Sbiascicavi qualcosa che non sembrava avere significato e alla fine hai perso conoscenza. Sei stata fortunata a trovare qualcuno, potevi anche rischiare di morire lì.»


Scherzò, ridacchiando appena e togliendo la mano dal suo volto. Ririchiyo rabbrividì, quel calore era così dolce e così bello che separarsene era difficile.

”Non intenderai fermarti spero…ti ricordo che devi…”


La voce di Lilith la riportò alla realtà ma non aveva alcuna intenzione di tornare su quel discorso, voleva anche dimenticare il motivo per cui era lì, le bastava stare in quel letto a navigare nel nulla e a farsi coccolare da quella mano calda. Nient’altro. Non le diede nemmeno il tempo di finire che la bloccò. Doveva tacere. Doveva sparire. E doveva farlo adesso.

”Sparisci Lilith. Non ti voglio più sentire.”


<blockquote>La ragazzina riuscì a imporre la sua volontà sul demone così bene che l’altra rimase in silenzio, impossibilitata a replicare. Finalmente calma poteva crogiolarsi in quella bugia, in quella casa, con quel giovane, almeno finchè non si sarebbe ripresa. Poteva fare finta di stare male. Poteva farlo per sempre. Certo, sarebbe stata una menzogna ma in fondo lì c’era quello che voleva e quel calore le ricordava sua mamma. Poteva vivere per sempre in un’illusione, le andava bene lo stesso, l’importante era non andare verso il buio e il gelo. Non voleva essere un demone. Voleva essere una ragazzina. Voleva una mamma, degli amici, un ragazzo di cui innamorarsi. Nient’altro. Sorrise la giovane a quel suo salvatore e cercò di tirarsi su per sedersi ma lui la bloccò con la mano appoggiandogliela al petto.

«Cosa pensi di fare? Devi stare a letto, prima di alzarti devi essere sicura di poterti reggere in piedi. Ora vado a vedere se mia moglie ha preparato la cena.»


Annuì il giovane, alzandosi dalla sponda del letto per andare verso la porta. Rimase fuori per qualche minuti prima di tornare e questo lasciò alla giovane il tempo di guardarsi ancora intorno e di sorridere felice. Da quando era morta sua madre quella era la prima volta che si trovava in una casa vera, in un vero letto: era una sensazione bellissima, ci si era già abituata e tutta la storia del demone era già finita nel dimenticatoio. Già…il demone. Purtroppo non poteva dimenticarlo del tutto perché lei aveva un segno indistinguibile sul suo capo, qualcosa che gli umani non avevano. Si mise a sedere di scatto e con altrettanta velocità portò le mani alla testa dove le ossa sporgenti si fecero sentire sotto le sue mani delicate, ovviamente le era stato tolto il mantello e si accorse che era stato appoggiato sullo schienale di una sedia che stava vicino ad una scrivania di legno. Li aveva visti? Ma certo che li aveva visti, mica era cieco. Erano passati una manciata di minuti da quando il giovane si era allontanato quando sentì la porta scricchiolare nuovamente. Istintivamente si nascose sotto le coperte, coprendosi il capo spaventata.

”Adesso mi odierà, mi scaccerà come fanno tutti. Alla fine mi voltano sempre le spalle.”


Pensò la giovane, forte dei ricordi di tutte quelle persone che erano riuscite a spingersi così oltre da vedere le sue corna. Nessuno era disposto ad accettare la sua diversità ma non voleva che quel ragazzo gentile e sua moglie la odiassero. Non voleva. Sentiva il suo sguardo su di lei, bruciava terribilmente.

«Cosa fai? Perché ti nascondi? Non serve.»


Disse il suo ospite, avvicinandosi a lei e scoprendole il capo, obbligandola ad affrontarlo. Gli occhi di Ririchiyo erano pieni di paura e dentro di lei una tempesta di emozioni continuavano a tormentarla e a dirle che adesso l’avrebbe cacciata. Sicuramente.

«M-m-ma come…le mie corna…non le hai viste…i-insomma io…»



Iniziò a balbettare senza capire. Perché non la mandava via? Perché non la scacciava? Eppure lui continuava a sorridere e alla fine sospirò incrociando le braccia al petto.

«Le tue corna? Devo dire che all’inizio sono rimasto molto sorpreso ma tu avevi bisogno di aiuto, con o senza corna.»


Rispose con una semplicità sorprendente. Era la prima volta che qualcuno si comportava in quella maniera davanti ad un simile spettacolo e non riusciva a capacitarsene. Rimase basita da quel comportamento così alieno per lei.

«Ce la fai ad alzarti? Mia moglie ha preparato un pasto con i fiocchi.»


Chiese poi lui con grinta ed energia e senza smettere di sorriderle. Dentro il cuore di Ririchiyo si stavano mescolando un sacco di sentimenti, in una vera e propria tempesta, cose che aveva dimenticato, sensazioni piacevoli che aveva dovuto lasciarsi alle spalle per intraprendere quel viaggio. Ma forse poteva fermarsi, perché no? Chi mai l’avrebbe trovata lì? Un posto dove fermarsi, un luogo caldo e dove tutti sono gentili. Ecco, sperava davvero che ciò che l’aspettava fosse così.

”Mi piacerebbe rimanere qui con loro.”



Continua al Giorno 3





Stormdance - Distruzione dell’animo -

Ore 20.00
Luogo: Casa Miketsukami.


Era davvero lì da poco ma in casa nessuno sembrava notare le differenze, ciò che a distinguevano dagli altri, quelle corna sembravano solo essere una particolarità e non un fattore di razzismo. Questo non fece altro che migliorare l’umore della ragazzina, sapeva che nell’umanità c’era qualcosa da salvare e tutta quella gentilezza le fece dimenticare l’amarezza di quello che aveva dovuto subire durante il suo percorso, la persecuzione che la parola “mostro” aveva significato per lei. Le avevano detto che sarebbe potuta rimanere finchè avesse voluto e, in caso di intenzioni di stabilirsi in quel villaggio, le avrebbero dato una mano. Non le chiesero niente del suo passato, non esplicitamente almeno, ma si vedeva che erano curiosi, gli si poteva leggere negli occhi che avevano voglia di scoprire il segreto che si celava dietro quella ragazzina che portava delle strane vesti e che aveva un paio di corna sulla testa. Non raccontò nulla del demone, narrò solo di come la sua infanzia era stata comunque felice al fianco della madre, di come quelli del villaggio sembravano averla presa di mira per quella sua differenza rispetto a tutti gli altri e anche di come sua madre aveva perso la vita per mano di un ragazzino. Poi la fuga e il vagabondaggio. Raccontò che aveva perso qualsiasi fiducia nelle persone e che si era adattata a fare qualsiasi tipo di lavoro, anche come cacciatrice. I loro sguardi erano a dir poco disgustati ed entrambi si trovarono d’accordo sul fatto che una ragazzina come lei non doveva lavorare per sopravvivere, doveva giocare, divertirsi e crearsi un futuro. Lo pensava anche lei, aveva sempre creduto che la vita fosse stata fin troppo crudele e che le avesse precluso importanti vie per il proprio futuro. Era felice di aver trovato qualcuno che poteva capirla. Ormai aveva deciso: sarebbe rimasta.
Lilith non si era fatta sentire per tutto il giorno, nessuna parola di scherno, niente di niente. Era rimasta in silenzio, probabilmente offesa dal modo in cui la ragazzina le aveva risposto precedentemente ma in fondo a Ririchiyo non importava, voleva solo rimanere in quella casa.
Il sole era ormai calato dietro l’orizzonte quando si sentì il rumore di una campana in lontananza. Lei era in camera, sotto le coperte, e seduta sulla sponda del letto c’era la moglie di Soushi che le accarezzava i capelli per consolarla, per cercare di farla addormentare ma quel suono metallico le fece ridestare da quel macabro quadretto e rizzarono entrambe le orecchie.

«Katrina…cosa sta sucedendo?»


Chiese la ragazzina, scendendo dal letto per andare a guardare fuori dalla finestra insieme alla donna. Ovviamente, per quella notte, le era stato dato un pigiama, e i suoi vestiti erano già stati puliti e piegai sulla sedia della camera. Per le strade c’era il caos. La gente correva come impazzita, urlando e, in lontananza, verso i campi, si poteva vedere del fumo alzarsi. Fuoco. Per Ririchiyo che aveva visto tanta distruzione era facile capire e non ci volle molto prima che i suoi sospetti diventassero reali. Soushi entrò nella stanza trafelato per la corsa che aveva fatto e andò verso la moglie afferrandola per le spalle.

«Katrina dobbiamo fare i bagagli, dobbiamo andarcene. Sono arrivati un gruppo di ladroni e stanno devastando la città. Uccidono chiunque si pari davanti a loro. Ririchiyo, anche tu preparati, dobbiamo andarcene.»


Se la donna era spaventata lo stesso non si poteva dire per la ragazzina che, con uno spirito ferreo, andò subito a prendere le sue vesti. Corse in bagno per cambiarsi e guardarsi allo specchio. Doveva proteggerli, doveva fare qualsiasi cosa per portare quelle due persone vive fuori da quel villaggio.

”Lilith…ci sei, Lilith?”


Con il suo pensiero cercò di raggiungere quel caparbio demone che aveva offeso e che, sicuramente, ci avrebbe messo un po’ a rispondere. Probabilmente fosse stata al suo posto non si sarebbe perdonata per come l’aveva trattata ma il demone lo avrebbe fatto, era obbligata a perdonarla per la sua mancanza di rispetto. Lilith rimase muta a quel richiamo, proprio come ogni volta che litigavano e, in attesa, la ragazzina si arò dell’arco per dirigersi quindi verso la porta in compagnia dei due sposi. Avevano i loro poveri bagagli e insieme erano pronti a fuggire in quelle strade. Soushi stringeva forte la mano di sua moglie e cercava di farsi avanti per proteggere anche la ragazzina che avevano accolto nella loro casa.

«Voi pensate a fuggire, se si presenta qualcuno ci penserò io a trattenerli. Non ricordate? Sono una brava cacciatrice.»


Sorrise piuttosto amaramente, in fondo non aveva mai detto che cosa cacciava, non aveva mai rivelato che lei toglieva la vita a coloro che diventavano troppo pericolosi per la sua esistenza. I due sembrarono essere convinti e, quindi, i tre si buttarono per le strade affollate mentre il fuoco si faceva sempre più vicino e così anche le urla concitate di quegli uomini che stavano razziando e uccidendo chiunque si presentasse davanti ai propri occhi.

«No Ririchiyo! Lì vai verso i campi…da questa parte….»


Urlò l’uomo nel vedere che la ragazzina stava andando nella direzione sbagliata. Si mise così a fare strada e ripresero a correre in quel dedalo di stradine in cui la giovane si sarebbe sicuramente persa senza una guida. Il cuore di Ririchiyo batteva ad un ritmo regolare, soltanto quando vedeva il fuoco avvicinarsi troppo a quelle due persone che erano state così tanto gentili con lei allora prendeva a battere forte, sempre più forte.

«Attenti.»


Mentre correva fra quelle strade in fiamme insieme ai due, improvvisamente, da una stradina secondaria spuntò fuori uno dei delinquenti ch avevano assalito quel villaggio per razzialo e prendere tutto quello che volevano. Uno di questi saltò proprio addossi a Katrina, facendola finire a terra sotto gli occhi di Soushi che, senza attendere un solo attimo, su buttò su di lui per cercarla di liberarla. Cosa poteva fare la mezzodemone davanti a quella scena? Alzò l’arco, incoccando una freccia mentre i compagni del suo nemico correvano verso di lei.

”Lilith….aiutami. Ti supplico, aiutami.”


La freccia era puntata proprio al collo dell’uomo vestito di nero che li aveva attaccati ma quando la scoccò si accorse che era troppo tardi. Quell’avversario vomitato fuori dall’oscurità aveva sgozzato la povera Katrina che adesso giaceva a terra, immobile, immersa nel suo sangue e la fissava con i suoi occhi spalancati, quasi a volerla accusare di non essere stata in grado di aiutarla. In quel momento si perse nella sua mente. Ririchiyo non faceva altro che ripetersi che era tutta colpa sua e non riusciva a non pensarci, era vero in fondo. Intorno a lei la furia della battaglia, dentro di lei una tempesta di sentimenti e si ritrovò come schiacciata fra due massi senza sapere più cosa fare.

”Adesso che ai bisogno di me mi cerchi? Cosa vuoi?”


Chiese il demone con aria piuttosto seccata. A lei non importava di quelle persone che stavano morendo, l’avrebbe aiutata solo se avesse messo in pericoloso la sua stessa vita. Ririchiyo alzò nuovamente il suo arco mentre un altro uomo compariva alle spalle di Soushi che non riusciva a fare altro che a fissare sua moglie a terra. Il giovane che l’aveva salvata era ora inginocchiato a terra mentre stringeva la donna fredda fra le sue braccia, coprendola con le sue lacrime, quando la freccia della ragazzina passò proprio sopra la sua testa per andare a conficcarsi nel cuore di un uomo in nero che si avvicinava a loro per ucciderli.

«Soushi, alzati. Combatti. Ti prego, non morire anche tu. Resta con me.»


Lo vedeva a terra, disperato mentre un altro degli assalitori spuntava da un vicolo con un suo compare e il giovane a terra non sembrava volersi alzare. Alzò il suo sguardo bicolore sulla ragazzina, implorante.

«Fuggi. Senza di lei per me non ha senso vivere.»


Quelle parole colpirono la ragazzina dritta al cuore. Non riusciva a capire come una persona, anche gentile come lui, potesse dare la vita per qualcun altro inutilmente, proprio come aveva fatto sua madre. Perché le persone dovevano morire per gli altri? Lei non lo avrebbe mai fatto, non lo avrebbe mai fatto nemmeno per Soushi. I suoi occhi si illuminarono quando la lama di uno degli uomini in nero andò a conficcarsi nella tenera carne del giovane che l’aveva salvata, che l’aveva ospitata e che adesso aveva chiesto di morire. In maniera stupida. In modo inutile.

”Si, penso proprio che ti aiuterò.”


Il demone rise perché quello era il momento giusto, aveva castigato la ragazzina che l’aveva trattata male facendola assistere alla morte delle persone a cui si era affezionata. Adesso poteva bastare, così inondò il corpo di Ririchiyo con il suo potere, prendendone il sopravvento e uscendo al suo posto per uccidere quelle persone che avevano fatto del male alla sua metà. Il demone, Lilith, adesso poteva sentire i raggi della luna bagnare la sua pelle, darle potere. Gli uomini che avevano assalito quel villaggio e che si erano beati della loro crudeltà adesso erano fermi, immobili, a fissare quel demone che alzò i suoi occhi luminescenti su di loro.

«Morite. La mia padrona lo vuole.»


Alzò il suo bastone e la pietra ametista incastonata dentro brillò per un lungo istante illuminando quella notte scura e distruggendo tutto ciò che si sarebbe disgraziatamente trovato nel suo raggio d’azione. Tutto, niente e nessuno escluso.


Continua al Giorno 4





Stormdance - La calma prima della tempesta -

Ore 00.01
Luogo: Rovine del villaggio di Miketsukami.


La sua ira era stata placata, quella di Ririchiyo per lo meno, Lilith si era semplicemente divertita a distruggere tutto e a uccidere chiunque. Buoni, cattivi; cittadini, saccheggiatori. Nessuno di loro meritava di vivere, non dopo che Katrina e Soushi erano stati così brutalmente uccisi. Dopo tanti anni quei due erano stati il primo briciolo di umanità che la ragazzina aveva trovato ma quel mondo li aveva distrutti. Su quella terra non c’era spazio per la bontà, ormai ne era sicura. Non valeva la pena combattere per gli uomini, non se lo meritavano. Doveva smetterla di spendere le sue energie nel cercare un solo motivo per cui valeva la pena salvarli, doveva solo pensare a sé stessa, doveva solo cercare uno scopo e smetterla di vagare su quella terra come un’anima in pena.
Ririchiyo osservava tutto dalla coscienza del demone che camminava fra i cadaveri, fra le rovine di quella città distrutta dal suo potere.

«Cosa facciamo adesso?»


Chiese Lilith alla sua controparte e lo fece a voce alta, lei non aveva bisogno di tenere nascosta la sua seconda identità, nessuno avrebbe osato darle della folle perché parlava con sé stessa…o meglio con il suo alter ego. La ragazzina, nascosta nella sua nicchia, ascoltava e rifletteva. Aveva bisogno di un segno, un chiaro segno della sua decisione prima di cercare l’inferno: la dimora dei demoni.

”Sei stata molto brava….da qui in poi ci penso io."


Ordinò la ragazzina. Una folgorante luce ametista avvolse il corpo del demone e quando questa si dissipò, al posto di Lilith, ora vi era Ririchiyo, con il suo arco in pugno e lo sguardo che saggiava la distruzione del demone. Cercò i cadaveri dei suoi due salvatori e, quando li trovò, si inginocchiò per un attimo accanto a loro.

«Vi ho vendicati. Riposate in pace ora che potete, ovunque voi siate.»


Riprese poi il viaggio verso il prossimo villaggio. Voleva un’arma nuova, una lama che avrebbe portato con sé la promessa che quella notte aveva deciso di stringere con il demone: diventare una cosa sola, essere finalmente in pace con sé stessa e poter combattere la stessa battaglia, affrontare insieme la tempesta che la vita avrebbe mandato loro incontro. Sapeva che ciò che era successo negli ultimi tempi, soprattutto in quegli ultimi giorni, era solo l’inizio.

Ore 15.00
Luogo: Villaggio indefinito dell’Akeran.


Più si inoltrava in quella terra più notava che le cose sembravano cambiare. Non era come stare nel Dortan, lì c’era qualcosa di strano, qualcosa di diverso.

”Sento qualcosa che mi chiama.”


E non lo sentiva solo il demone, anche lei percepiva qualcosa di strano qualcosa di diverso. Durante la notte si era fermata a dormire all’addiaccio con le sue poche cose prima di riprendere il viaggio e quando arrivò al villaggio successivo era già pomeriggio inoltrato. Si fermò a mangiare in una locanda, stando bene attenta a tenere il capo cornuto celato sotto il cappuccio del suo mantello da viaggio e, dopo aver finito, si diresse verso il primo fabbro che riuscì a trovare.

Guardò le armi che erano esposte e una attirò sia la sua attenzione che quella di Lilith. Era una spada strana. La lama era molto lunga e ricurva, monofilare, più larga verso l’estremità, inastata grazie ad un lungo codolo su un’impugnatura di una lunghezza ancora maggiore rispetto alla lama, cosa a cui si sarebbe dovuto quindi abituare, non solo nell’utilizzo in battaglia ma anche nel tenerla. Sembrava essere stata fatta a posta per essere impugnata con due mani. La ragazza ne rimase subito affascinata e non potè fare altro che prenderla.

«Mi scusi signore, vorrei questa spada.»



Ormai la decisione era stata presa e l’ultima cosa da fare era trovare lo stregone. Aveva deciso di rimanere in quel villaggio per la notte prima di ripartire verso il cuore dell’Akera, dove si diceva che questo stregone vivesse in perfetta armonia con la natura, come un eremita. Che stesse espiando qualche colpa? Questo a Ririchiyo non importava. Non aveva mai vissuto per qualcun altro, per sua fortuna era sempre stata abbastanza egoista da non pensare a nessun altro tranne che a lei. Nella sua vita le uniche persone che avrebbero potuto ottenere qualcosa da lei erano state sua madre, il ragazzo incontrato durante uno dei suoi viaggi, Katarina e Soushi. Da quel momento in poi non avrebbe mai più fatto un simile errore perché quando tieni a qualcosa sei come un nervo scoperto e lei non poteva permetterselo.
Fino a quel giorno aveva sentito come una tempesta dentro di lei ma, ora che aveva finalmente deciso, non solo si sentiva in perfetta pace ed armonia con Lilith ma anche con tutto il resto. Lei che era una guerriera sapeva bene cosa voleva dire, quella era la notte più buia prima dell’alba, quello era il sonno del guerriero prima del suo risveglio, la calma prima della tempesta, quella vera, quella che avrebbe spazzato via chiunque si fosse messa sulla sua strada senza più alcuna eccezione.


Continua in “Fetiales; abyssi” [X]



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-GdrOff-

So che è ambientata in più luoghi essendo un Diario, quindi per comodità lo posto nell’ultimo posto, proprio dove incontra infine lo stregone dando inizio alla quest. Se ci sono problemi fatemi sapere. Per quanto riguarda i giorni spero non sia troppo scomodo dover cliccare proprio sui giorni in alto, mi è sembrato un modo carino per farlo, spero non sia risultata troppo fastidiosa.

-GdrOn-
 
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