Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Fil Rouge ~ Ghiaccio Sottile II, Dall'Abisso - Scena Free.

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view post Posted on 5/7/2015, 01:21
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Cavalier Fata
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Fil Rouge ~ Ghiaccio Sottile II
« E se ti svegliassi
ricordandoti chi eri, ma non chi sei. »

In riferimento a Ghiaccio Sottile.

L'avevamo trovata a notte fonda sulle rive di un lago montano, dopo averla sentita urlare in lontananza, priva di conoscenza. Era un'elfa, palesemente, ma il motivo per cui fosse finita così tanto a sud sulle montagne non mi era chiaro. Né, ovviamente, mi era venuto in mente quale fosse stato il motivo per cui, da sola, avesse deciso di attraversare un lago ghiacciato durante la stagione più calda sui monti, finendoci ovviamente dentro. Per quanto l'estate si facesse sentire anche lassù, alle pendici dell'Erydlyss, l'acqua fredda e il vento notturno avrebbero potuto ucciderla in un istante... a dire il vero era un miracolo, di fatto, che non fosse annegata.
Era molto bella, nonostante i tratti piuttosto marcati tipici della sua razza, col il volto allungato e la pelle pallida come se vi avesse cosparso della polvere di gesso. Mi ricordava, almeno vagamente, alcune caratteristiche di mia cugina Euridice. Lei, tra le altre cose, era seduta a poca distanza da me intenta a cuocere un pezzo di carne di cinghiale cacciato durante il pattugliamento. Non aveva proferito una parola in merito al salvataggio dell'elfa, ma sapevo che, in cuor suo, moriva dalla voglia di riempirla di domande e farsi raccontare tutto quello che poteva. Io avrei fatto lo stesso, al suo posto, se mi fossi ritrovata le orecchie a punta dalla nascita.
Era già tardo pomeriggio quando, all'improvviso, la nostra ospite aprì gli occhi cogliendomi del tutto impreparata. Aveva uno sguardo davvero affascinante, color smeraldo, che risaltava in maniera netta dal candore di capelli e incarnato. Cercò di tirarsi a sedere, ma la stanchezza la sopraffece così come, ebbi l'impressione, anche la luce la stesse infastidendo. Non avevo nemmeno idea di cosa fare, quindi mi limitai a salutarla.

« Salve. » le sorrisi, alzando una mano in sua direzione. « Ti senti meglio? »
Quella, stropicciandosi gli occhi, mi guardò con aria perplessa. Sembrava non aver capito ciò che le stavo chiedendo e, nella mia beata ignoranza attribuii allo svenimento prolungato quella lentezza nel rispondere.
« Stai bene? Ti fa male qualcosa? » avvicinai una mano per toccarle un braccio, ma si ritrasse squadrandomi con uno sguardo freddo e piuttosto distante. « Cò thusa? » rimasi interdetta a quella risposta, perlopiù perché non era in una lingua che conoscevo.
« Non parli la mia lingua? Parli la lingua umana? »

Mi indicai le labbra, per cercare di farle capire quanto le stavo dicendo. Probabilmente non aveva mai avuto contatti diretti con gli uomini o, per qualche strano motivo, non ne aveva mai imparato la lingua universale.
Scosse la testa in risposta, piegandola un poco di lato come se stesse cercando di capire chi aveva davanti. Avevo paura che la mia armatura d'ordinanza e tutti i miei compagni che andavano e venivano facendo piccoli lavoretti per il nostro campo potessero disturbarla, ma non parve spaventata quanto più curiosa.

« Io sono Azzurra. » le dissi, indicandomi il petto. « Azzurra. Tu... » la indicai. « ...come ti chiami? »
Si drizzò sulla schiena guardando la mia mano. Sembrava un animale curioso che osserva un oggetto bizzarro. Impiegò qualche minuto prima di aprire bocca, ma alla fine riuscii a produrre qualcosa.
« Io... sono... Azzurra? » « No, no... io sono Azzurra, il mio nome è Azzurra... tu chi sei? » « Ah! » sembrò rendersi conto di quello che chiedevo. « Daonna? »
Euridice, riconoscendo una mezza parola nella lingua dei nord, mi guardò di sottecchi. « Ha detto "donna". Se non altro è cosciente di che razza tu sia. »

Le sorrisi, grata della traduzione approssimativa, per poi tornare sull'elfa. « Sì, sì sono una donna, umana. Tu sei una elfa... » mi indicai le orecchie e poi, senza troppa grazia indicai quelle di Euridice che spuntavano affusolate da sotto i bianchi capelli.
D'improvviso quella parve illuminarsi, come se aver visto le orecchie di Euridice le avesse aperto un mondo davanti agli occhi. Inizio a parlare ad una velocità esorbitante in quella sua incomprensibile lingua, frasi intere all'indirizzo di mia cugina che, in tutta risposta si limitava a farle gesti affermativi o negativi, senza troppa grazia.

« Cosa sta dicendo? Euridice chiedile come si chiama! » la mezz'elfa mi guardò scocciata. « È una Arshaid, mio padre era un Rahm as Aid, crede che io sia come lei perché sono albina... non ho idea di come spiegarglielo, conosco solo poche parole della sua lingua. »
Euridice allora, provò a chiederle nella lingua del nord quale fosse il suo nome e, per la prima volta, l'elfa parve capire. Si voltò verso di me con uno sguardo costernato, come se provasse vergogna per aver male interpretato così tante volte le mie parole.
« Io Nola. Nola... elfa. » le sorrisi, tendendogli la mano. « Piacere di conoscerti Nola. »

Lei la accarezzò, invece di stringerla, spingendola verso il basso e sorridendo. Iniziavo a sospettare, dentro di me, che avesse qualche problema mentale o che l'annegamento a cui era andata incontro avesse compromesso gravemente la sua psiche. Dallo sguardo che avevo, probabilmente, la cosa fu abbastanza palese da arrivare persino a Euridice. Lei mi guardò come a dire "è possibile", ma non volle aggiungere altro. Per evitare che si stancasse la feci mettere nuovamente a sedere, offrendogli da mangiare una mela che, tra l'altro, divorò senza battere ciglio. Ai miei occhi appariva come una grossa bambina dalle orecchie a punta e, in quel suo stato piuttosto precario e quasi incapace di comunicare se non a gesti, andava a toccare un nervo scoperto direttamente sul mio cuore. Sorrisi, tra me e me, lasciandola un attimo da sola mentre aiutavo Jeanne e Patrick a pulire la pelle di un cervo ucciso poco prima.

Eravamo lì come pattuglia, dopo quello che avevo visto accadere a Sud mi volevo assicurare che gli abomini che fuoriuscivano dall'inferno restassero debitamente confinati e lontani dalle nostre case. Avrei desiderato qualche uomo in più, che non solo i miei tre compagni, ma almeno avevamo l'occasione di stare un poco tutti assieme e imparare a conoscerci meglio. Distogliendo un secondo gli occhi dal lavoro mi resi conto che Patrick e Jeanne si stavano scambiando un lungo sguardo. Rimasi immobile ad osservare quella scena, consapevole di quanto fossero diversi, di quanto bisticciassero di continuo per ogni cosa e poi, alla fine, riuscissero sempre a risolvere tutto con uno sguardo ed un lungo sorriso. Il mezzo a tanto orrore, alla guerra, momenti come quelli erano più unici che rari e decisi di non disturbarli, tenendo quell'immagine dentro di me come un piccolo tesoro.
Tornai al lavoro; avevamo ancora molta carne da preparare e cuocere prima che arrivasse la notte.

[ ... ]

La cena proseguì senza particolari complicanze, eccezion fatta per lo sguardo triste che Nola aveva. Le offrii altro cibo, carne stavolta, ma la rifiutò tornando a distendersi nel suo giaciglio. Nel pomeriggio sembrava avere voglia di ridere e comunicare, mentre con l'avvicinarsi della sera e della notte era cambiata, come se volesse solamente starsene per conto suo e dormire. Si addormentò quasi subito, probabilmente provata dalla fatica e dalle precarie condizioni fisiche. Parlando a bassa voce, per non disturbarla e non turbare la quiete delle montagne, mi rivolsi ai miei tre compagni.

« Voi cosa dite? Voglio dire... non sembra pericolosa. »
Euridice gettò un ossicino dentro alle fiamme, esibendosi in una specie di smorfia. « È un'elfa, è pericolosa a prescindere. »
Non aveva mai amato l'essere nata ibrida e, oltretutto, aveva sempre accusato il suo ignoto padre elfico di averla abbandonata e non essersi assunto le proprie responsabilità. Sapevamo tutti quanti che, invero, l'aveva lasciata per proteggerla dall'odio razziale, ma agli occhi di una figlia non poteva essere così semplice il motivo dell'abbandono.
« Non sa nemmeno parlare la lingua franca, Euridice, è fortunata a non essere morta congelata. » biascicò Jeanne, mentre addentava un pezzo di carne senza troppa grazia, sporcandosi persino il naso con il grasso. « Forse sarebbe più giusto lasciarla andare. » mosse la mano a indicare la catena dell'Erydlyss. « A casa sua. A Terra Grigia vivrebbe da serva, o comunque da cittadina di classe inferiore. »
« Per l'amore di Dio, non avrai intenzione di portarla a casa, spero! » la mezz'elfa s'inalberò quasi all'istante. « Per quanto mi riguarda può finire i suoi giorni qui. »
« Euridice, sei troppo dura, non la conosci neanche e già vorresti lasciarla morire di stenti. Calmati accidenti! » la bacchettò Patrick.
Le lanciai un'occhiataccia tale da zittirla, almeno per un poco.
« Potrei portarla a Lithien e sentire se qualcuno può aiutarla. Sareste d'accordo? »
Annuirono tutti, lentamente.

Alla fine non mi dispiaceva tornare in quella città, l'avevo trovata affascinante e meravigliosa la prima volta. C'ero andata per leggere quel racconto a Raymond Lancaster, per mantenere la mia promessa, e non mi ero concessa il lusso di vivere le meravigli di quel luogo con la dovuta calma. E poi, speravo, qualcuno avrebbe sicuramente potuto aiutare Nola a tornare in sé oppure, quantomeno, mi avrebbe confermato la più terribile delle ipotesi sull'ipotentica malattia mentale. Quella poveretta stava camminando su una lastra di ghiaccio veramente sottile e, se non avesse trovato me, non so come sarebbe andata a finire la sua storia.
NolaSmall_zpsj0mtvzkw

[ ... ]

« لم يكن من المتوقع هذا. شيل لا أناشد جميع. »
Questo non era previsto. a Sheel non piacerà affatto.

Due figure, lontane nella boscaglia, osservavano l'accampamento. Kensillah, gemelli, si guardarono l'un l'altro nei piccoli occhi scuri, indecisi su cosa fare. Avrebbero tanto desiderato aggredire gli stranieri, ma si erano già spinti ben oltre il loro dominio e non volevano arrischiarsi rimanendo isolati dal resto dell'Abisso. Avevano sguinzagliato tutti quegli omuncoli contro l'elfa e, contro ogni aspettativa, quella maledetta era riuscita a sfuggirgli e avere salva la vita... e come se non bastasse era pure stata aiutata. Uno dei due annusò l'aria, arricciando il naso come se avesse sentito un olezzo insopportabile.

« لماذا لا نستطيع قتلهم، هناك ما يمنع ذلك. »
Perché non possiamo ucciderli, cosa ce lo impedisce?
« شيل لا تريد أن تأخذ أي فرص. هيا. وقالت انها سوف تعود لنا. »
Sheel non vuole correre rischi. Andiamo. Sarà l'elfa a tornare da noi.

Finito di parlare poggiò la mano sulla spalla del fratello, invitandolo a tornare sulle montagne. Dovevano riferire quello che era successo. Del resto la loro Nolarshad non sarebbe andata lontano, dopo quello che le avevano fatto.

« Bello è il ghiaccio, fintanto che riflette la luce e brilla di bianco e d'azzurro. Ma sotto di esso,
rannicchiato nell'oscurità bramante, s'annida un demonio di raro terrore.
Non camminare mai sopra il Ghiaccio Sottile.
»



Edited by Last Century - 5/7/2015, 02:50
 
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