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La crociata del traditore ~ la tempesta sbagliata, Contest Luglio "Svolta"

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view post Posted on 19/7/2015, 17:44
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PROLOGO
ore più tardi


Col passare del tempo, lo sguardo preoccupato di Lindorm era sfumato nella rassegnata consapevolezza di non poter più comprendere Raymond: il Drago Nero s'era fatto silenzioso e distante nei suoi confronti, perso in una bufera di tormenti che il cucciolo non avrebbe mai potuto comprendere. Ciò non gli impediva di avvicinarlo comunque, con l'egoismo incosciente degli animali da compagnia che pretendono qualche coccola.
« Che cosa vuoi? » gli chiese aspramente il Lancaster quando lui gemette per un po' d'affetto, miagolando accanto al suo braccio. « Non ho voglia di giocare. »
Lindorm grugnì, facendo seguito a un verso gutturale e alzando una zampa per grattare il braccio del padrone.
« Hai fame? »
Il cucciolo di drago guaì spazientito, sgranando i grossi occhi marroni e stiracchiandosi contro il corpo dell'altro, scavandogli inavvertitamente la pelle con gli artigli. « Mi fai male! » esclamò il Drago Nero, alzandosi d'improvviso. « Si può sapere cosa vuoi?! »
Lindorm rispose soffiando nella sua direzione, allarmato da quello scatto.
« Zitto! » gli urlò Raymond di rimando, benché non vi fosse anima viva che potesse sentirli. « Se hai fame, abbiamo carne in abbondanza. Altrimenti, stai zitto! »
Incapace di tradurre quelle parole, Lindorm si agitò ancora di più, abbaiando con la sua voce rauca e saltellando contro il padrone, graffiandogli le caviglie nude e muovendo le zampe con fare agitato. Non era il cibo ciò che gli mancava. « Basta! » urlò Raymond, tentando si scacciarlo senza successo. « Basta! Piantala! Basta! »

« LEVATI! »
Lo schiaffo sul muso arrivò con la stessa forza di un martello che picchia su una ferita, inaspettato e crudele.
« VATTENE! LASCIAMI IN PACE! » Lindorm non poté ribellarsi, piccolo com'era, e venne afferrato per una zampa prima di ricevere una, due, tre altre botte sul viso dalla mano aperta di Raymond. « DEVI SMETTERLA DI FARE CASINO! » cominciò a tremare, spaventato da quella reazione violenta, alla quale non aveva modi di sottrarsi. Vedeva soltanto il palmo del Drago Nero precipitare ripetutamente sul suo muso e le sue orecchie erano piene delle grida furibonde del padrone. Il suo sguardo si agitò, galleggiando a malapena nel dolore, e le sue ali sbattacchiavano convulsamente alla ricerca di una via d'uscita. « STUPIDO DRAGO DEL CAZZO! »

« È tutto finito! »
« È tutto finito, Lindorm. »
« Niente sarà più come prima. »
« Niente. »

LA CROCIATA DEL TRADITORE
la tempesta | sbagliata


in riferimento a La crociata del traditore ~ Il trono che non trema

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ATTO I
prospero


La neve sferzò il viso di Prospero, schiaffeggiandolo e costringendolo a stringere dolorosamente gli occhi. Essere il consigliere del re non gli aveva mai conferito particolari privilegi né protezioni, e naturalmente non l'avrebbe salvato da quella situazione: le costose lenti che poggiava sul naso non gli permettevano di vedere oltre la bufera; il suono degli orecchini d'oro lo assordava; la veste rossa e lussuosa lo intirizziva e lo ostacolava, neanche potesse spiegare dov'era diretto. Sentiva la barba riccioluta gocciolargli e stringeva le dita affusolate contro il fianco dolente.
« Ariel... » chiamò, con voce spezzata dal dolore. « Ariel... »
Anni prima, a Lithien, gli era stato insegnato come generare e fermare tempeste di quel tipo, ma in quelle condizioni non sarebbe mai riuscito a lanciare un incantesimo del genere; non con lo stomaco dilaniato da ferite mortali e la mente sanguinante per tormenti altrettanto letali. Non con gli strumenti dell'accademia sparpagliati tra le pieghe dei suoi vestiti e irraggiungibili. Perso nella tempesta, l'unica cosa che gli veniva spontaneo compiere era quella di arrancare senza meta, muovendo un passo ogni mezzo minuto. Presto sarebbe giunta la sua fine e lui era alla disperata ricerca di un mezzo per redimersi, non riuscendo ad accettare l'inesorabilità di quell'ironico e crudele destino, sordo alle sue preghiere.
« Ariel... »

ATTO II
stefano e trinculo



« Ti dico che questa tempesta non è naturale. » affermò Stefano arcigno, tirando su col naso. « Ah? » « Spiriti. Spiriti, ti dico. »
I due servi avevano seguito e accompagnato il loro sovrano sull'Erydlyss, ma si erano pentiti molto presto della loro obbedienza. Vagavano nella neve da ore e avevano perso completamente il senso dell'orientamento, se mai ne avevano posseduto uno. « ...non sono delle tracce, quelle? » chiese Trinculo, allungando il braccio lardoso in una direzione e strizzando gli occhi porcini fra le guance gonfie. « Ma quali tracce?! Che cazzo dici?! » lo rimbeccò il vecchio e secco compagno. « Con una tempesta del genere, è un miracolo che non scompaiano le nostre non appena solleviamo i piedi da terra! » « Eppure mi sembrava... » « Ma taci! Aguzza le orecchie, piuttosto! Ci staranno di certo cercando! »

Quando la tempesta era piombata su di loro, la carovana era rimasta lacerata e divisa. Nessuno aveva saputo ripararsene: né il Re, né suo fratello, né Prospero, né Ariel, né loro due e nemmeno la guardia del corpo che avevano pagato profumatamente per proteggerli. L'ondata di neve li aveva sommersi come una valanga, sparpagliandoli fra le varie terrazze della montagna e impedendo loro di ritrovarsi. Chiamare a gran voce non era servito a nulla, e nemmeno aspettare per ore fermi nello stesso posto. Stefano aveva trovato lo stupido Trinculo che dormiva a faccia in giù nella neve, immerso nel suo enorme saio color senape, e aveva dovuto svegliarlo a calci, pestando i propri piedi nudi sul suo corpo pesante per evitare che morisse assiderato; ora era costretto a proseguire con lui, nonostante la goffaggine del compagno lo ostacolasse molto più di quanto i suoi occhi e le sue orecchie non lo aiutassero.
« Hai sentito? » chiese il grosso servo, con voce indecisa.
« Cosa? Cosa? »
« Una voce di donna... forse quella della signorina Ariel? »
« Quale voce di donna? Io non sento nulla! »
« Ma sì, ascolta... di là! »
Trinculo prese a saltellare rapidamente nella neve, seguito da Stefano che borbottava qualcosa riguardo ai "maledetti spiriti", alla "cazzo di tempesta" e "l'avevo detto al mago". Cessò immediatamente, però, quando anche lui iniziò a sentire le note di una canzone provenire da qualche luogo poco distante, tra il fragore della bufera. « Trinculo, fermati. » disse con tono più serio, quasi spaventato. « La signorina Ariel non ha mai saputo cantare, e io non mi fido. Ho sentito delle storie... »
« Ma è una voce così bella... »
« Appunto! È chiaramente una trappola per qualche sciocco viaggiatore perso nella tempesta. Allontaniamoci, ti dico! »
Improvvisamente, le note della canzone si fecero più vicine. « Andiamo via! » urlò Stefano, senza che servisse ad alcunché. Trinculo era come paralizzato, incantato dalla musica che giungeva alle sue orecchie. Stefano si mise a spingerlo, a tirarlo per la veste bisunta, a strattonarlo per le braccia sudate, ma nulla di tutto ciò bastò a fargli riprendere coscienza di sé.

E mentre i due giocavano a salvarsi, Calibano - che fluttuava nell'aria poco distante - approfittò di quella miserevole impotenza per piombare su di loro.
L'ombra aveva in effetti assunto fattezze femminili, presentandosi come una donna assiderata, dalla pelle cinerea, con gli occhi vitrei e un candido abito bianco orlato d'oro. Soggiogare le menti dei due servi al suo volere fu per lei semplice come schioccare le dita, o, per meglio dire, come intonare le brevi note di una canzone. Le personalità di Stefano e Trinculo vennero consumate dalla tempesta, annientandosi sotto il volere dello spirito.
« i vostri corpi potrebbero tornarmi utili. » disse l'entità con voce dolce, fluttuando senza difficoltà a pochi centimetri dalla neve. « cercate il mago. finitelo. »

ATTO III
re Alonso, il fratello Antonio e la guardia del corpo



« Cosa vedono i tuoi occhi, Serpe? »
« Poco più di quanto potrebbero vedere i vostri, temo. » rispose Raymond con tono serio e voce grave. « Maestà. »
Le cose avrebbero dovuto essere molto più semplici di così: si era unito a quella carovana come guardia del corpo solamente per evitare di dover varcare la minacciosa soglia dell'Erydlyss da solo, ma gli era stato assicurato un viaggio tranquillo. « È solo una formalità. Una precauzione. » gli avevano detto. « Chi mai dovrebbe attaccarci, sperduti sulle montagne? »
Quando la neve si era rovesciata su di loro, lui era riuscito ad afferrare per la vita re Alonso e suo fratello Antonio e a spingerli al riparo, sotto uno sperone di roccia che si protendeva dal fianco della montagna come un artiglio; c'era riuscito solamente grazie alle loro tuniche ampie, colorate ed eccentriche, che ora erano stese ad asciugare accanto al fuoco. In quel momento l'autoproclamatosi re dell'Ystfalda gli si rivolgeva nudo, senza poteri e intirizzito, quasi a farsi parodia del titolo altisonante con il quale si era nominato.
« Maledetto Prospero e le sue idee! » esclamò iracondo, battendo i denti. « Che bisogno c'era di celebrare il matrimonio a Lithien?! »
« Non avreste dovuto accettare in principio, allora. »
« Bah! È stata la sua viscida lingua a farmela passare come una buona idea! Mi ha stregato con i racconti maliziosi di celebrazioni incantate, luci nel cielo, giochi di prestigio e poesie ricercate. Io volevo soltanto che l'unione di mio fratello e mia figlia fosse degna del mio sangue! »
Antonio, dal canto suo, sembrava aver perso qualsiasi interesse nello sposarsi ad Ariel: anche lui nudo e tremante, stringeva il suo corpo secco fra le braccia gracili, con lo sguardo perso nella tormenta. Capiva perfettamente che se non fossero sopravvissuti a quella tempesta, non ci sarebbe stato alcun futuro da pianificare.

Sin dal primo istante in cui aveva adocchiato quella compagnia, Raymond si era convinto che l'avrebbero condotto solamente a guai seri. Tutti vestiti con tuniche leggere e vivaci, dipinte dei colori più luminosi, adornati con decine di gioielli, con le scarpe aperte e convinti a valicare - così addobbati - il passo montuoso più insidioso di Theras. Antonio e Ariel non si erano parlati nemmeno una volta da quando erano partiti, sottolineando persino a un estraneo come lui la natura combinata della loro unione. La figlia del re aveva passato la maggior parte del viaggio accanto a Prospero, il mago consigliere; Antonio, invece, a dibattere di alti temi filosofici con il fratello. Lui si era affiancato ai due servi, che purtroppo si erano in seguito persi nella tempesta.
Riflettendo sull'ironia di quella situazione, che aveva diviso persone già divise, il Drago Nero estrasse una lunga pipa da sotto la veste, la caricò con un pizzico di tabacco e si avvicinò al fuoco per accenderla. « Ti sembra il caso di startene tranquillo a intossicarci con le tue abitudini malsane? » lo fermò Alonso, incredulo davanti alla tranquillità di quel gesto. « Fai qualcosa! Ti abbiamo pagato proprio per situazioni come queste! »
Dopo alcuni secondi di immobilità, Raymond diede le spalle al sovrano e poggiò la pipa accanto a Lindorm, facendo cenno al cucciolo di drago di farle la guardia.
« Se ciò compiace a vostra maestà » disse atono, cogliendo l'occasione di sottrarsi a quella spiacevole compagnia. « Mi avventurerò nella tempesta alla ricerca di sopravvissuti. »
Solo in quel momento intervenne Antonio, recuperando la voce come per magia. « Morirai. » sentenziò, terrorizzato dal suono roboante del vorticare della neve. E Raymond che cosa avrebbe dovuto rispondergli? Che lo compativa e lo invidiava per l'osceno attaccamento che lo spingeva ad aggrapparsi a quella maledizione che chiamavano "vita"?
« Non morirò. » concluse invece, funereo.

ATTO IV
la svolta



Prospero si trascinava nella neve, senza rendersi conto che così facendo avrebbe rischiato un prematuro congelamento. Aveva perso la sensibilità delle dita di mani e piedi, e sebbene il freddo avesse contribuito a sanare il taglio che aveva nello stomaco, presto sarebbe morto dissanguato. I suoi occhi scorsero infine un incavo nella roccia, al riparo della tormenta, e decise di rifugiarvisi: quella sarebbe stata la sua scomoda, umida e gelida tomba; un'alcova sul fianco della montagna, dove né le sue ricchezze, né i suoi incantesimi sarebbero serviti ad alcunché. Quanti uomini morivano così, sull'Erydlyss, ogni anno? A cosa pensavano, prima che giungesse la fine? Maledivano il destino? Ironizzavano sul loro fato?
Distratto da quei pensieri, Prospero non sentì i gemiti che all'ultimo momento. Due figure gli si avvicinavano, nascoste dalla neve sferzante: la prima secca come un'aringa e la seconda piena come un pesce palla. Barcollavano nella sua direzione come corpi senza vita spinti dal vento e grugnivano come fiere assetate di sangue.
Stefano e Trinculo. Calibano doveva averli presi.
Prospero sospirò sconsolato, lasciandosi sfuggire un esasperato sorriso che rivolse alla sua stessa esistenza, culminante in quel momento. Moriva preso per il culo dal destino. Moriva solo, divorato da due cadaveri. Che venissero, allora, e si sbrigassero a porre fine a quella tortura.

I due servi si avvicinarono abbastanza perché Prospero identificasse in loro tutti i segni della possessione di Calibano: la pelle grigia; gli occhi privi di vita; le bocche spalancate. Proprio quando stavano per gettarsi su di lui, però, udì distintamente il suono di una spada che lasciava il proprio fodero e che tagliava le loro carni. I due corpi caddero in terra, rivelando la figura del loro assassino: Serpe.
Prospero ansimò dolorosamente, faticando a trovare le parole e a riconoscere la guardia del corpo, con cui si era a malapena presentato all'inizio del viaggio. « Chi sei tu che mi sottrai a un destino tanto infame...? » riuscì a soffiare, sbattendo stanco le palpebre. « È forse il Sovrano, che ti manda ad aiutarmi...? »
Le labbra di Raymond si contrassero impercettibilmente. « ...ne dubito. »
Prospero sorrise di rimando. « Beh... chiunque sia il tuo mandante, temo che resterà deluso. » colto da una fitta di dolore si contrasse, stringendo le mani sulla ferita allo stomaco. « Per me è finita. Non posso muovermi nella tormenta con queste ferite. Prendi questo anello... » e così dicendo, si tolse l'ornamento e lo passò a Raymond. Un gioiello raffinato e spartano, con una piccola incisione lungo il lato esterno che il Drago Nero riconobbe come lo stemma della città di Lithien. « ...e portalo al mio signore. Così saprà del mio fato. »
Il Lancaster intascò il sigillo, accettando quel compito. « Tu sei Prospero? Il consigliere? » chiese poi, pur sapendo già la risposta. « In questa situazione, la mia mancanza di capacità è un'umiliazione. » e i suoi occhi caddero sulla ferita mortale che il mago aveva allo stomaco, provocatasi chissà come. « ...Non posso salvarti. Credi che qualcun altro possa essere sopravvissuto? »
Prospero rise quanto era in suo potere farlo. « Non preoccuparti per me. Non hai nulla di cui doverti scusare... il tuo impegno ti fa lode, invero. » disse, tra un colpo di tosse e l'altro. « Nessun altro che me stesso è da biasimare per quanto è successo. Se solo fosse in mio potere, allora vorrei chiederti un favore... » Raymond rimase in attesa, impassibile. « ...cerca Ariel. Salvala, prima che sia troppo tardi. »
« Troppo tardi per cosa? »
Prospero attese a lungo prima di parlare; forse per il dolore, forse per il rimorso. « Perché Calibano la annienti. Il mio servo. La mia ombra. » il Drago Nero socchiuse gli occhi con severità, fissando lo sguardo sul mago. « ...è lui la causa di questa tempesta. ...sono stato io a evocarlo. »
Raymond strinse le labbra, sentendo piccoli frammenti di ghiaccio tirargli la barba incolta sulle guance.
« Perché? »
Prospero rise.
« Eravamo... alla ricerca di una svolta. ...io e Ariel. »

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Il Lancaster fissò il corpo vecchio e ferito di Prospero, sulla quarantina d'anni, cresciuto nel lusso e nelle comodità, e non se la sentì di negargli quell'ultima parvenza di sfarzo. Gli lasciò raccontare la sua storia e fece in modo di ascoltarla attentamente, senza interromperlo.
« ...È l'amore che ha mosso il mio corpo e ogni mia idea. » iniziò, ansimando. « L'amore che provo per Ariel e quello che lei prova per me... sin da prima che conoscessimo i piani del nostro re, i nostri cuori erano già una cosa sola. La sua anima guardava la mia e la mia guardava la sua. Tutto era perfettamente combinato e nulla avrebbe potuto separarci... » il mago strinse le mani sulla ferita. « Tutto tranne... un decreto reale. Io e Ariel eravamo già abituati ad incontrarci di nascosto... ma Antonio... il fratello del re... dopo il matrimonio l'avrebbe portata via. Lontano dalle mie braccia. Lontano dal mio sguardo. Non ci sarebbe stato più alcun cielo, nell'Ystfalda, senza la sua voce a riempirlo... tutte le cose del mondo avrebbero potuto godere della sua beltà... ma non io... non io. Io sarei dovuto rimanere accanto al mio signore... privato del mio stesso cuore. »
« Così... ideammo un piano. Lentamente, nei nostri animi... si fece strada la volontà di fuggire. » il mago strinse le palpebre, strozzandovi una singola lacrima. « Convincemmo Alonso... a celebrare il matrimonio a Lithien... la mia città natale. Qui... sulla montagna... durante il viaggio... io avrei dovuto evocare Calibano, la mia ombra servitrice... una tempesta e saremmo scappati. » per un attimo gli mancò la voce, soffocata da quel ricordo così iniquo. « Ma Calibano... mi ha tradito. Tu... devi fermarlo. »

Raymond non rispose. Rimase immobile per un intero minuto, senza dire nulla. Fissava Prospero con sguardo severo, senza lasciare trasparire alcuna delle sue emozioni. Dopo tutto quel tempo, chinò leggermente la testa e rispose con due parole soltanto.
« Lo farò. »
« Fermati, amico... » alzò un braccio Prospero, impedendogli di allontanarsi. « Il tuo sguardo tradisce... le tue opinioni. Sembri un uomo con... con molto da dire, ma con poche persone disposte ad ascoltare. » il Drago Nero corrugò la fronte, infastidito da quell'analisi. « Hai ascoltato la mia... confessione. Lascia che concluda la mia vita con una buona azione... liberati dei tuoi pesi... e io ascolterò i tuoi pensieri. »
Raymond poggiò la spada in terra, chinandosi lentamente sulle ginocchia. « Speri nella mia comprensione, mago? Vuoi che ti dica che hai agito per il meglio? » scese col corpo fino a trovarsi faccia a faccia con Prospero. « Non ho parole di plauso, per te. »
« Non... importa. Forse... è questa... la mia punizione. » e sorrise, fastidiosamente. « ...Parla. »

« ...Non c'è alcuna svolta. Non per gente come te. Non per gente come voi. » Non per gente come noi. « Ti sei riempito la bocca di parole d'amore, ma ciò che è giunto alle mie orecchie non è stato che un coro di incontrollato egoismo. Non c'è ironia nella tua morte; non c'è scherno nel tuo destino: la tua fine è lo specchio di come hai vissuto. Solo, irresponsabile, e perdendo di vista l'unica persona che abbia mai albergato nel tuo cuore. Una tempesta tanto fatale non sarebbe potuta provenire che dal tuo spirito, così tanto confuso. »
« Un cancro colga te e tutti coloro che come te hanno vissuto guardando solamente a se stessi. Non hai pensato che il matrimonio di Antonio e Ariel avrebbe potuto unire due regni dell'Ystfalda? Non hai riflettuto su chi avrebbe accolto tale notizia con gioia, dopo tutto ciò che ha dilaniato i Quattro Regni? Non ti sei preoccupato di re Alonso, che credendo sua figlia e il suo consigliere morti nella tormenta, sarebbe rimasto solo e senza famiglia? ...Hai messo in pericolo la vita di un'intero gruppo, solamente per soddisfare un tuo desiderio? »
« Questa non è felicità. Tu non meriti alcuna felicità. Alcuna svolta. E io inizio a essere stufo di queste nuove forme che inneggiano al "diritto di felicità" in quanto caratteristica fondamentale dell'essere umano. Le svolte vanno guadagnate. »
« ...tu hai portato solo dolore alle persone che avevi intorno, con le tue decisioni. »
« Quale svolta credi di meritare? »
Raymond aveva combattuto per anni per la felicità di tutti. Aveva sacrificato famiglia, affetti e amici per il regno, e quale svolta gli aveva portato tutto questo?
Nessuna.
Nessuna svolta.
E se non l'aveva avuta lui, la squallida e misericordiosa marionetta del destino, allora perché mai avrebbe dovuto meritarla un mago infreddolito che sputava egoismo a ogni frase? Un ometto cresciuto nella bambagia, che aveva idealizzato l'amore e che aveva riposto la sua intera identità in una relazione? Solamente perché aveva combattuto? Perché aveva calpestato i cadaveri delle intenzioni di chi era contrario alle sue volontà?
Era questo il mondo in cui viveva...?
« ...tu mi disgusti. »
Prospero rise.
« Invidi... la mia libertà? » ansimando. « ...la mia volontà? Quella di... tutte le persone? »
Raymond corrugò la fronte, si morse le labbra e sospirò.
« ...Forse. »
« Che cos'è che... ti trattiene... amico mio? »
Fu quella domanda a far sbottare Raymond, che si sollevò e riprese tutta la sua alterigia. « Smettila di parlare come se mi conoscessi. »
« Esiste... al mondo... qualcuno che può parlarti in tale... maniera? » la voce del mago rallentò, mentre esalava i suoi ultimi respiri. « Smetterò... se ricambierai... la cortesia. È la fine... non è più tempo... di chiacchiere... »
A quel punto fu chiaro a entrambi che il momento di Prospero era giunto.
« Addio, sconosciuto. » concluse Raymond chinando la testa e chiudendo un pugno sul petto, in segno di rispetto.
« Addio... sconosciuto. »

ATTO V
Ariel e Calibano



Ci mise diverso tempo a trovare Ariel, nella tempesta.
Il suo corpo si era abituato alla temperatura rigida e ormai non sentiva più nemmeno l'umidità; gli restava soltanto di chiudere gli occhi di tanto in tanto per evitare che la neve gli impedisse di vedere dove metteva i piedi, ma il mantello lo proteggeva a sufficienza dal vento tagliente.
Fu il canto a guidarlo. Un canto femminile stupendo, che indugiava su minime e tempi con precisione meticolosa, che non associò minimamente ad Ariel. Eppure, raggiungendo la fonte di quella musica, si ritrovò in fronte proprio a lei: una ragazzina di quattoridici anni vestita di bianco, seduta su una pietra, che intonava melodie degne dei Daimon. Il suo viso era ancora quello di una bambina e i capelli biondi le cadevano in boccoli vaporosi lungo le spalle.
Eppure, non era lei.
La sua pelle era scura, grigia come la cenere, e un terzo occhio si apriva sulla sua fronte.
Il possesso di Calibano sul suo corpo era evidente.

Nel vederlo avvicinarsi, smise di cantare. Si voltò meccanicamente nella sua direzione, sorridendo a bocca larga.
« la guardia del corpo. » disse, con tono divertito. « così ligia al dovere. "Serpe", se non ricordo male. »
Raymond in tutta risposta tirò su col naso, passandosi l'indice sotto le narici, ed estrasse la spada.
« vuoi combattere? » chiese Calibano. « sei stato tu a uccidere Stefano e Trinculo? »
« pensi di potermi sconfiggere? pensi che resterò qui a farmi uccidere? »
Il Lancaster non rispose. Calibano si portò una mano al viso, coprendolo per intero, dando alle fattezze di Ariel una sfumatura grottesca.

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« perché combattere? » chiese, ridendo in maniera sguaiata. « per l'oro? per una promessa? »
Raymond si fermò e indicò il terzo occhio sulla fronte dell'ombra.
« Mi ricordi qualcuno che mi ha fatto un grave torto. »
Calibano storse la bocca in un'espressione di delusione. « quindi è solo per sfogarti... triste. » così dicendo si sollevò dalla pietra, iniziando a fluttuare a pochi centimetri dalla neve e rimanendo perfettamente immobile a mezz'aria, nonostante la tormenta.
« io non ho ragione di combatterti, né ti conosco, dunque apprezzerei molto che te ne andassi. » disse, mentre Raymond riprendeva a camminare nella sua direzione. « finalmente ho ottenuto un corpo con cui calcare i piedi su Theras... non ho intenzione di sciuparlo. »
Raymond non si fermò.
« vattene! » urlò Calibano. « io e la ragazza siamo ormai una cosa sola: non puoi salvarla! uccidendo me, anche lei perirà. la mia vita è legata a tutta la famiglia di Alonso, e nella morte li porterò con me. »
Raymond continuò a camminare.
« tutto ciò è stupido! » continuò l'ombra, indietreggiando di un metro. « tu non c'entri nulla in questa storia! perché vuoi che prenda un corso differente dalla realtà? »
Raymond fissò Calibano con sguardo spento.
« ti ordino di fermarti! » urlò lui alzando il braccio. « io sono Calibano! l'amore è mio padre e la poesia il grembo che mi ha partorito! sono nato dal più puro dei sentimenti ed è per onorarlo che mi sono cercato un corpo! il legame che voi umani considerate più sacro! io sono tutto ciò che resta della famiglia di Alonso, delle intenzioni di Prospero e dell'innocenza di Ariel! rappresento tutto ciò che è buono e sacro, e se tu mi lascerai andare ti assicuro che non nuocerò più ad alcun uomo! tutta questa tormenta serviva solo a darmi l'occasione di possedere un corpo e fuggire. »
« uccidendo me, uccideresti un sentimento; uccideresti ciò di cui ogni uomo di questo mondo è alla ricerca sin da quando inizia a muovere i primi passi nella vita adulta! »
« come puoi rimanere così indifferente?! »

Raymond strinse la spada nel pugno, svuotato da qualsiasi emozione, poi si lanciò su Calibano. La colluttazione fu breve; l'ombra non aveva alcuna capacità combattiva e si frappose all'assalto del Lancaster come avrebbe potuto farlo Ariel, sollevando le braccia e lasciandosi trafiggere dalla lama, rovinando in terra e macchiando la neve di sangue.
« maledetto! » sibilò, isterico. « maledetto mostro! » si tastò la ferita con le mani, sporcandole di rosso. « io sono l'umanità stessa! come puoi...?! »
Raymond calò la spada sul suo viso, impietosamente, tagliandolo di netto. La calò una seconda volta. Poi una terza. Una quarta. Una quinta.
Perse il conto.

« ...questa è la contorta umanità che mi sono sacrificato tanto per proteggere? »

« e qual è la mia ricompensa? »

EPILOGO
ore più tardi


Il corpo di Calibano era ancora caldo quando Raymond abbracciò Lindorm, pentitosi immediatamente della sua reazione violenta di poco prima.
« perdonami. perdonami. perdonami. » disse al cucciolo in lacrime. « è stata una giornata difficile. perdonami. »

Poteva sentirle. Le macchie del rancore e di odio diffondersi nel suo sangue, inquinandolo e infettandolo, confondendogli i pensieri. Sentiva il rimorso aggredire il suo cervello e la rabbia muovergli lo stomaco. Gli era bastata la garanzia di poche parole di sfogo per cedere del tutto, come l'argine di un fiume che viene sfondato da un'alluvione, e annegare così nei propri dispiaceri l'esistenza di altre sette persone - e per poco anche quella del suo compagno.
Tutti. Erano morti tutti.
e ne aveva paura.


Con quale diritto aveva deciso del loro destino? Le sue sfortune lo qualificavano forse come arbitro delle vite altrui?

Si ripromise che mai più avrebbe agito d'istinto. Che mai più avrebbe ceduto all'abbandono.
Ma in cuor suo, nel profondo, sapeva perfettamente di aver compiuto i primi passi verso un abisso di sudicio dolore, varcando la soglia di una strada che l'avrebbe condotto verso bassezze ancora più turpi dell'animo umano.
La sua svolta risolutiva.

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Edited by Ray~ - 26/7/2015, 13:01
 
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