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| Tre lune prima
Esausto per il lungo volo, il corvo si abbattè sulla nuda terra esalando un lieve gemito di sollievo misto a disappunto: nonostante ogni previsione e ogni recondito desiderio, il viaggio non l’aveva ucciso. Chiuse gli occhi sfinito, lasciando che la ruvidezza del terreno spoglio gli accarezzasse il becco e le ali, scomposte ai lati del corpo come vele lacere dopo una tempesta. Una brezza tiepida gli portò profumi di fiori e luoghi sconosciuti, e per un istante una scintilla di vita guizzò flebile come la fiamma di una candela nel suo piccolo cuore.
Non era morto dopotutto.
E forse quell’altura ignota lo avrebbe accolto come una nuova casa, ignara del passato pesante come un macigno che le ali nere avevano condotto fino a lì. Ma l’incongrua ingenuità insita in quel pensiero puro strideva a tal punto con la sua vita e il suo passato che il corvo non poté trattenere una gracchiante risata, un suono spettrale e lugubre che a poco a poco lasciò il posto a un singhiozzare sommesso, mentre le nere ali si cangiavano in dita affusolate e gli occhi scuri languivano in un verde smeraldo lucente di lacrime represse. Stolta, maledetta sciocca che non sei altro - era il sottinteso di quei singhiozzi. Quante volte Zaide si era creduta a casa, illusa da una falsa sensazione di calore e sicurezza che nel giro di breve tempo sarebbe crollata miseramente come un castello di carte nella tempesta? Eppure lei non aveva mai chiesto altro. Tutto il resto era venuto da sé: il potere, la paura, la morte e la rinascita, la distruzione e l’esilio. Ma lei, fin dall’inizio, non aveva che cercato un posto da chiamare casa, un luogo che la accogliesse come figlia; invano, però. Ovunque andasse lasciava dietro di sé una scia di morte e sangue che bruciava ogni legame con quei luoghi e le persone che incontrava: poche le amicizie su cui poteva contare, ancora meno le persone che avevano lasciato una traccia indelebile nel suo cuore: Viktor von Falkenberg, Shivian, Helaayne, Kirin, Raymond. Gli altri non erano che un pallido ricordo già destinato a svanire. Cosa resta di te, Zaide? Ecco dove ti hanno condotta i tuoi vagabondaggi. Un’altura brulla e dimenticata dal mondo dove niente del tuo passato conta più, dove le immagini indelebili ai tuoi occhi della Torre di Velta, di Taanach e del Buco del Diavolo non hanno importanza per nessuno. La donna affondò le unghie nel terreno accogliendo con gratitudine il dolore della terra dura che le scheggiava la carne. Le sue lacrime e il suo sangue avrebbero nutrito quella terra, i suoi capelli si sarebbero sciolti come una canzone nel vento, il suo corpo sbriciolato nella polvere a confondersi con il resto del mondo.
Era ora di morire.
Oggi
- Datevi una mossa, voi laggiù! - Ve lo ripeto un’ultima volta, state compiendo un enorme errore! - Non è saggio inoltrarsi… - Non mi interessa. Lo straniero, quell’Ishtar, si è già allontanato all’alba senza dire niente a nessuno. E’ evidente che sa qualcosa, o che cerca qualcosa o qualcuno nella foresta. E se c’è anche solo una minuscola possibilità di scoprire chi o che cosa abbia indotto Shanti a… La voce di Aaron si incrinò. Non riusciva ancora, e forse non sarebbe mai riuscito, ad articolare la parola che da quella terribile notte correva sulla bocca di tutti. Shanti, la sua dolce Shanti, non poteva essersi uccisa. Quella mattina aveva radunato un piccolo gruppo di avventurieri e curiosi che non avevano paura di addentrarsi nella foresta: non aveva intenzione di iniziare una crociata contro l’essere che stava ammorbando la loro terra, sempre che non si trattasse di una sua fantasia. Voleva solo vedere e capire. Accanto a lui stava silenziosa e pallida Cassandra, la giovane donna giunta poche settimane prima da lontano in cerca della sua amica: aveva ragione di credere che le sparizioni, la follia di Shanti, i sogni che ormai da settimane perseguitavano alcuni di loro raccontando storie di demoni, madri e figli mai nati fossero collegati. E lui avrebbe capito di cosa si trattava, fosse stata l’ultima cosa che faceva prima di morire.
Il silenzio della foresta lo avvolgeva come un sudario. Un altro forse si sarebbe spaventato all’idea di quella completa solitudine che sembrava echeggiare nell’alba silente. Ma non lui. Ad ogni passo la sua mente si affollava di infinitesimali dettagli, luci e ombre che si combinavano come in un caleidoscopio: l’immagine era sfocata, ma Khaeyman sentiva che la risposta era lì, poco più avanti. La scorgeva senza vederla, la avvertiva senza udirla. E quando l’avrebbe raggiunta, ogni tassello sarebbe tornato finalmente al suo posto. Da settimane lo stesso sogno si ripresentava nella sua mente, ammantato di pura luce e bellezza: ma al risveglio, ogni traccia di ricordo svaniva lasciandogli una cocente sensazione di disillusione e incompletezza che lo lacerava. Ma in qualche modo sentiva che era lì che doveva andare: al cento della foresta, lontano dagli occhi dei mortali, si ergeva un’altura considerata maledetta dalle cupe leggende della zona: storie di fate, demoni e misteri si intrecciavano da secoli proprio in quel punto. Se c’era una risposta, era lì che l’avrebbe trovata.
Due lune prima
E infine la morte era giunta. Accoccolata tra le radici e bagnata di rugiada, bruciata dal sole e accarezzata dal vento Zaide guardava l’avvicendarsi della luna e del sole in silente e paziente attesa. Era in pace. Abbastanza lacrime avevano bagnato la terra su cui posava, abbastanza sangue era stato sparso da lei e per lei: il mondo avrebbe continuato a vivere senza sentire la sua mancanza. La Strega di Taanach aveva compiuto il suo percorso, e ora lasciava che solo le stelle la guardassero dall’alto, senza giudicarla. La terra l’aveva accolta in grembo come una madre, cingendola di fiori e rovi: il suo stesso sangue nutriva le rose, che crescevano rosse come fuoco sopra e dentro di lei.
Era la morte, e vita allo stesso tempo.
- L’hai capito, finalmente. Un’alba rosata iniziava appena a scolorire il cielo con tinte pastello, e il vento gelido spirava voci lontane e dimenticate. - La vita e la morte: due facce della stessa medaglia. Come la luce e l’ombra, il bene e il male. Cosa stava accadendo? Un vago barlume di coscienza guizzò tra le pieghe della morte, simile alla brace sopita sotto un cumulo di cenere che il vento riattizza per brevi istanti prima di spegnersi del tutto. - Svegliati, Rooivrou. Guardami.
E Zaide lo vide.
Non comprese cosa fosse più stupefacente, se quel torpido risveglio dall’oblio o la visione che le compariva davanti: non era nemmeno certa che tutto ciò fosse reale. Ma nulla poteva ormai turbarla: l’abbraccio della terra la proteggeva, donandole pace e forza incrollabile. - Sei tu...Ma tu sei...eri...Esiste dunque una vita dopo la morte, se siamo entrambi qui? Shaman sorrise. - Non sei cambiata, mia piccola umana. Tormentata, ferita, spaventata...ma le prime tue domande sono quelle di un'inguaribile curiosa. E ne sono felice. Il vecchio sciamano sedette accanto a lei accarezzando i petali rossi dei fiori umidi di rugiada. - Una rosa del deserto...E’ quello che sei sempre stata, Rooivrou, non è vero? Una magnifica rosa incompresa, solitaria. - Shaman...Mi sei mancato tanto. Cosa sta succedendo? Cosa sono diventata? Il pelleverde la scrutò con il suo sguardo enigmatico, come a soppesare le parole. - Nient’altro che te stessa, Rooivrou. Semplicemente...non puoi ancora incontrare la morte, mia cara. Non in questo mondo. Zaide lo guardò senza capire, ma dopo qualche istante un’intuizione parve illuminarla e si portò la mano al petto senza riflettere, cercando con le dita il ciondolo: e in quell’istante si accorse della mano liscia e candida di fronte ai suoi occhi, dei lunghi capelli rossi che le solleticavano il palmo. Ammutolì. Le dita si strinsero intorno alla pietra nera che le cingeva il collo, e quella emanò in risposta un calore rassicurante: era il cuore di Shaman, l’ultimo suo dono e insegnamento prima di morire. Il segreto della morte e della resurrezione di cui Zaide aveva fatto tesoro in passato, riportando in vita se stessa e poche, importanti persone che avevano avuto la sventura di incrociare il suo cammino. Una fitta dolorosa le attraversò il petto nel ricordare la prima anima che aveva accompagnato nel viaggio di ritorno dalla morte: Helaayne, la Bambina. La sua bambina. - Rooivrou, non lasciarti sommergere dal dolore. Lui non voleva questo, quando ti ha inviato Helaayne. - Come sai di… - la voce le morì in gola, perché nel voltarsi verso Shaman aveva finalmente visto se stessa. Il suo corpo giaceva bocconi nel terreno, a malapena distinguibile dall’intrico di rovi e radici che attraversavano le sue membra: il corpo di una donna consumata, irriconoscibile e finito. Shaman sorrise mestamente. - Eccoti alla fine, bambina mia. Non rimpiangere nulla della tua vita, perché ogni singolo respiro, ogni cicatrice e ogni sorriso ti hanno resa quello che sei. - E cosa sono, Shaman? - Immortale. Un lungo silenzio calò tra i due, mentre il sole continuava il suo viaggio nel cielo cupo del Plaakar. - Prima hai detto che...Lui non voleva questo. Lui chi? Vuoi dire...l’Ahriman? Sorprendentemente pronunciare quel nome non le fece alcun effetto. - Come fai a sapere dell’Ahriman? Shaman la fissò col suo sguardo penetrante senza risponderle per un lungo istante. - Rooivrou, ti ho insegnato molte cose in passato - disse infine meditabondo, mentre Zaide annuiva. - Tuttavia ci sono cose grandi e potenti di cui non ti ho mai potuto parlare, e che hai dovuto apprendere nel modo più difficile: sulla tua pelle e nel tuo cuore, ferita dopo ferita, paura dopo paura, la più grande delle creature ti ha messa alla prova in modi che nessun altro essere umano avrebbe potuto sopportare. - Intendi...l’Ahriman? - esitò Zaide. Non osava mettere in dubbio la parola del suo venerato maestro, ma quel mostro che si annidava al Buco del Diavolo era stato la causa della sua rovina, e la strega non era sicura di volerne sentire parlare. Era a causa sua che si era lasciata morire, dopotutto. - Intendo l’Ahriman - annuì Shaman con aria grave. - Sono certo che avrai compreso la grande affinità che c’è tra voi… - Lui mi ha distrutta! - lo interruppe Zaide urlando. - Ha messo in gioco mia figlia pur di annientarmi! Ha trovato il mio punto debole e lo ha usato come trappola per… - No, Rooivrou - esclamò lo sciamano. - Sei in errore. Non come trappola. Ma come prova. Gli Shabaha sono soffi vitali generati dall’Ahriman, è vero, ma il suo intento è sempre stato quello di metterti alla prova. Non quello di usarli come esca per distruggerti: lui non ti vuole morta. Zaide non seppe replicare a quell’enormità. Effettivamente l’Ahriman aveva avuto più di un’occasione per ucciderla, ma in un modo o nell’altro era sempre uscita viva dalle più terribili insidie. - L’Ahriman ha impiegato molto tempo, Zaide. Molto tempo - ripeté sottolineando accuratamente le parole - per trovarti, comprenderti e istruirti. Ti ha insegnato la passione e l’odio, inviandoti Caelian. Zaide lo ascoltava a bocca aperta. Caelian, la fanciulla perduta con cui aveva intrecciato una relazione intricata fatta di amore cieco, abbandono e tradimento, la bionda e dolce Caelian tramutatasi in uno spirito mostruoso accecato dal veleno covato in seguito all’allontanamento di Zaide. - Ti ha insegnato l’amore e la disperazione, donandoti la figlia che non avevi mai avuto. - Per poi togliermela crudelmente! Quale mostro può giocare con i sentimenti di una madre, Shaman? Lo sciamano sospirò. - L’Ahriman è crudele, Rooivrou. Come ogni realtà. Ricorda il mio motto: non c’è luce… -...senza ombra, lo so. - completò Zaide stancamente. - ma ancora non capisco cosa c’entri tu. - Il terzo Shabaha infine ti ha donato l’insegnamento più grande di tutti, quello che ti rende unica e potente. Zaide lo guardò perplessa. - Il terzo Shabaha? Non ho mai conosciuto un terzo Shabaha, oltre a Helaayne e Caelian. Shaman sorrise. - Il terzo Shabaha ti ha insegnato il segreto della vita e della morte, piccola mia. Ti ha donato il suo cuore perché tu lo sapessi usare per passare tra i mondi, per provare che l’amore di una madre può muovere le montagne, per dimostrare che dall’odio e dalla paura può nascere qualcosa di più grande e potente. Io sono il terzo Shabaha. Era tutto vero. La discesa negli inferi per salvare Helaayne e Kirin, la resurrezione delle vittime annientate dall’Ahriman stesso al Buco del diavolo erano esperienze che l’avevano segnata per sempre, distruggendola intimamente ma al tempo stesso fortificandola come una roccia, al punto che nemmeno la morte poteva realmente toccarla. - Mi stai dicendo che l’Ahriman alla fine...è buono? - commentò scettica. Shaman rise di gusto. - No di certo, Rooivrou! - i suoi occhi brillavano di sincero divertimento. - L’Ahriman è il Tutto e il Niente, il bene il male, il sole e la luna. E da quando ti ha conosciuta, l’Ahriman è anche te. Tu sei l’Ahriman.
Oggi
Khaeyman Ishtar avanzava con passo sicuro nella foresta, districandosi tra sentieri abbandonati da anni come se li percorresse da sempre. Il suo faro era poco più avanti, lo sentiva: una presenza oscura, dimenticata da tempo eppure in qualche modo viva e palpitante, si era risvegliata dentro di lui e lo chiamava a rendere i conti. Raramente si era trovato a fronteggiare una simile forza magnetica capace di plasmare la sua volontà al punto da accantonare ogni prudenza e lasciarsi trascinare in quella ricerca alla cieca. Ma lui procedeva, consapevole di essere seguito dai cacciatori del villaggio e altrettanto consapevole di non potersi fermare finché non avesse raggiunto il misterioso tesoro che lo attraeva come una falena verso la luce. Se e quando Aaron e i suoi seguaci l’avessero raggiunto, avrebbe deciso sul momento come comportarsi. Per ora solo il vago ricordo di un sogno incantato lo guidava verso il centro della foresta, con la muta promessa di risolvere l’enigma che lo attanagliava da ormai troppo tempo. Quando vide la rosa, seppe di essere arrivato nel posto giusto. E all’improvviso si ritrovò circondato da decine e decine di sagome silenziose che sembrarono prendere corpo direttamente dall’aria: sinuose forme femminili danzavano attorno a lui, alcune apparentemente fatte di nebbia, altre di pura luce, altre ancora di riflessi cangianti nel vento. Donne, bambine, anziane dai tratti umani, elfici, pelleverde o diafane come sirene, sguardi ridenti e volti truci, ragazzine che ninnavano neonati e fanciulle dagli occhi curiosi. Khaeyman le guardava affascinato, vagamente conscio del pericolo a cui si esponeva rimanendo lì senza reagire di fronte a quell’apparizione prodigiosa: ma in qualche modo sentiva che le risposte alle sue domande erano lì, in quella rosa rossa che splendeva come una stella in mezzo alle creature di luce e ombra. - Ciao, Shivian. Ti stavo aspettando. Lei era lì, bella e delicata come la ricordava. Khaeyman sbattè le palpebre un paio di volte. Si sentiva strano, intorpidito come sotto l’effetto di un’arcana malia, o come quando ci si sveglia in un sogno convinti di essere davvero desti. - Sto sognando? Chi sei tu? - riuscì a mormorare recuperando parte della propria lucidità mentale. La fanciulla aveva i capelli rossi come il rame e due incredibili occhi di smeraldo che lo guardavano con malinconica ironia. - Il viaggio è stato davvero tanto terribile? - sussurrò lei, e qualcosa di caldo e indefinito si agitò nel cuore dell’Ishtar. Quelle parole...Quella donna… - Zaide - mormorò. Zaide. Da tempo immemore non pronunciava quel nome, dimenticato in un oscuro recesso della sua memoria. Come se avesse rotto gli argini di una diga, una fiumana di immagini e pensieri gli annebbiò la mente facendolo barcollare, ebbro di ricordi cancellati e strappati. - Zaide, sei tu? La fanciulla per tutta risposta lo prese per mano attraendolo a sé e lo baciò delicatamente sulle labbra. La prigione del Goryo. Iena. Il sole nero. La torre di Velta e il suo crollo, la follia di Shakan, il sogno di Eitinel: tutto questo e molto altro si accalcava nella sua mente confusa, ricordi, suoni, immagini spezzate ma vive, pronte a riprendere il loro posto nella memoria lacerata di Shivian. Ma per ora tutto ciò che contava era quel bacio.
- Siamo arrivati. - mormorò Aaron. C’era qualcosa di strano nell’aria, un’elettricità quasi palpabile mista a un vento gelido assolutamente fuori stagione. Il sole sembrava essersi offuscato sebbene nessuna nuvola solcasse il cielo, e i rumori sommessi della foresta parvero tacere di colpo, in attesa spasmodica di qualcosa di terribile. Un paio di cacciatori si guardarono nervosamente stringendo tra le mani sudate le lance, come ad assicurarsi un appiglio sicuro alla realtà. Un ragazzo smilzo che si era accodato al gruppo non resse alla tensione e cacciò uno strillo acuto prima di voltarsi e darsela a gambe inciampando più volte nelle radici sporgenti di alberi secolari. - Idiota! - sibilò Aaron, irritato. Lanciò un’occhiata di sbieco a Cassandra, il cui viso non sembrava tradire emozioni di sorta. E poi dovette mordersi la lingua per non urlare. Davanti a loro si era materializzata Jaahya, la demone apparsa in sogno a molti di loro per diverse notti, turbando il loro sonno, instillando dubbi e paure, diffidandoli da quella ricerca ma allo stesso tempo attirandoli come mosche sul miele. E come mosche sul miele stavano per morire tutti loro, Aaron lo sentiva mentre un gelo mortale gli percorreva le membra tremanti. - Vi avevo detto di non venire - insinuò Jaahya avvicinando il viso in modo provocante a uno dei cacciatori, prossimo a svenire di terrore. - Cose più grandi di voi accadono su questa collina, e voi avete avuto la faccia tosta di presentarvi senza invito. Avvicinatevi allora, guardate più da vicino lo spettacolo. - Lo straniero! - sbottò un ragazzo notando l’Ishtar in piedi al centro della radura. Ma in quel momento dal nulla si materializzarono decine e decine di figure spettrali che presero a vorticare attorno a loro sibilando maligne il loro odio. Aaron tutt’a un tratto divenne bianco come un cencio e fece per scappare, ma le gambe lo tradirono e si trovò con la faccia a terra, incapace di rivolgere un secondo sguardo alla figura incorporea che gli si era avvicinata. - Aaron, mio sposo. - esalò lo spettro. - Guardami, non riconosci la tua Shanti? - N-no, nooo… - tremò Aaron. - Vai via, mostro! Tu non sei Shanti! - Sono proprio io invece. E tu ora mi guarderai. Come strappato da terra da una forza sovrumana, Aaron si trovò in piedi contro un albero, schiacciato da un peso invisibile e agghiacciante. - Scommetto che hai recitato bene la tua parte, sposino mio. Hai pianto la tua giovane mogliettina al villaggio? Hai fatto credere a tutti che non sapessi perché mi ero buttata dalla scogliera, non è così? La voce dello spirito si faceva sempre più dura e tagliente ad ogni parola, mentre Aaron era ammutolito dalla paura. - Io non so...di cosa… - Non mentire! - Shanti… - Ammettilo! Ammetti davanti a te stesso quale verme schifoso tu sia, dì ai tuoi compagni come sono andate le cose! Aaron sembrava annichilito, mentre il fantasma di Shanti lo torturava. Questa poi rise amaramente e sputò sul viso del giovane con sommo disprezzo. - Non meriti nemmeno il mio odio, bastardo. Ti basti vivere fino all’ultimo dei tuoi giorni nella paura e nell’incertezza di non sapere quando e come mi rivedrai. Sì, perché mi rivedrai. Ti tormenterò in sogno, farò impazzire gli animali a cui dai la caccia, e soprattutto farò in modo che tu non possa mai dimenticare. Cosa c’è, hai già rimosso tutto? O hai davvero pensato che a una ragazzina di quindici anni piacessero le tue attenzioni malate? Per quanto tempo sei riuscito a nascondere le tue violenze, Aaron...Per quanto tempo hai tormentato me e le altre bambine del villaggio, senza che nessuna di noi trovasse mai il coraggio di parlare? Ma ora tutto questo è finito, e tu sarai maledetto in eterno! Aaron cadde in ginocchio con un gemito. I capelli gli erano diventati candidi per il terrore, ma ciononostante riuscì ad alzare lo sguardo un’ultima volta per vedere lo spirito di Shanti che si riuniva agli altri spettri danzando un girotondo infernale, e al centro riconobbe la figura dell’Ishtar chino su una rosa rossa come il sangue. Di fronte a lui una sagoma nera simile a un corvo scheletrico pareva allungare le sue ali lacere sul suo viso, e compiere un gesto scelleratamente simile a un bacio. Aaron chiuse gli occhi, incapace di sopportare tale orrore: un covo di streghe, un vero e proprio sabba, ecco dove erano capitati. Come un automa riuscì a sollevarsi da terra, indietreggiando per non vedere più quel consesso di perdizione e terrore; riuscì a muovere un passo, e poi un altro e un altro ancora finché le sue gambe non furono abbastanza sciolte da consentirgli di correre. Quando raggiunse le impervie rocce del burrone si fermò un solo istante ad assaporare il silenzio della montagna, riempiendosi le orecchie di pace e assoluto.
Poi udì il corvo. E si gettò nel baratro, con la risata di Zaide impressa nel cuore per l’eternità.
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Uno dei post più importanti che abbia mai scritto, anche se certamente non uno dei più belli. Con questo post ho voluto tirare le fila delle storie di Zaide, portando a compimento la sua vita nel modo che mi sembrava più "vero" e congeniale a lei: vi basti sapere che quasi nulla di quanto ho scritto era pianificato, ma è scaturito naturalmente man mano che andavo avanti a scrivere. Era dunque la strada giusta. Mi dispiace che la quest sia fallita in quanto quest a causa del mio pesante rallentamento; tuttavia credo che nonostante gli spunti minori presenti nel corpo della quest siano stati per forza di cose ignorati, con l'ultimo post sia possibile comunque avere un quadro generale chiaro e spero godibile della situazione. Un post per pochi "intenditori", forse. Ma era necessario per me che fosse così. Non tutti potranno cogliere i riferimenti alla Battaglia del crepuscolo naturalmente, ma è lì che la vita di Zaide è cambiata per sempre; la scena con Shivian è la conclusione del loro tormentato rapporto iniziato proprio a quel tempo e interrotto bruscamente a causa della perdita della memoria di entrambi per mano di Eitinel; la frase in corsivo che Zaide rivolge a Shivian sono proprio le prime parole che egli le ha rivolto all'inizio del loro viaggio. Ma in soldoni, cosa è accaduto a Zaide? La frase "Tu sei l'Ahriman" è da considerarsi ovviamente un puro effetto scenico, ma la verità dei fatti non è molto lontana: le sue spoglie mortali giacciono sull'altura, sepolte dal roseto: ma allo stesso tempo vive e agisce, non come puro spirito ma come diretta emanazione di tutte le sue esperienze ed emozioni. Esteticamente è una giovane donna più simile all'affascinante strega dei primi tempi piuttosto che la larva consumata di se stessa che era diventata alla fine: ma poiché da sempre in Zaide è forte e presente la consapevolezza delle sue molte sfaccettature, può assumere di volta in volta le sembianze di un'anziana, di una bambina; o di chiunque altro, di fatto. Come un faro nella nebbia, il suo dolore e il suo potere attraggono a sé altre anime devastate da esperienze come la sua: fanciulle oppresse o vittime di violenze, madri infelici, donne bramose di vendetta. La fama della Rosa del deserto non tarda a spargersi su tutto il continente, assumendo di volta in volta sfumature diverse a seconda dei racconti: una dea madre, un'implacabile vendicatrice, una strega dei boschi, una luce nella notte, un canto consolatore. Questo è diventata Zaide, capace da sempre di attrarre a sé gli spiriti affini e manipolarli a suo piacere: un'immensa e inesauribile fonte di potere che abbraccia, consola, uccide e vendica. Sono certa di aver dimenticato qualcosa: in caso di domande o incongruenze sarei felice di rispondere. Grazie a tutti i partecipanti della quest nonostante la mancata conclusione della stessa: chi lo desidera (mi riferisco principalmente ad Ashel, che ringrazio pubblicamente per il sostegno) può prendere spunto dalla vicenda per creare un post (in un altro topic) che dia degna conclusione alla propria avventura. Non sono previste ricompense per svariate ragioni; tuttavia se possibile vorrei assegnare ad Ashel una ricompensa di consolazione a discrezione di uno staffer per la sua partecipazione attiva nonostante gli intoppi. Grazie di nuovo! Riferimenti principali: Shivian e Zaide 1 (Valzer al crepuscolo): PostShivian e Zaide 2 (Valzer al crepuscolo): postZaide, la perdita della memoria (Valzer al crepuscolo): postShaman e Zaide 1 (Sandstorm - reunion): postShaman e Zaide 2 (Sandstorm - reunion): postHelaayne e Zaide (Il cimitero dei mondi - Cancro della terra): link alla quest Edited by Zaide - 23/11/2015, 13:39
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