Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Più forte dell'acciaio., Scena Free.

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view post Posted on 2/8/2015, 03:52
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Cavalier Fata
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Più forte dell'acciaio. ~ Il giorno dopo la fine.
« Cosa c'è di più duro dell'acciaio,
più robusto della pietra
e più potente della morte? »

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Nel mezzo del nulla, sperduta lungo le strade che portano in mezzo ai terreni desertici, una spada luminosa giaceva conficcata nella sabbia. Rifletteva i raggi del sole come un faro in mezzo al mare, chiamando al soccorso chiunque avesse la bontà di cuore di fermarsi un secondo ad osservarla, oscillando debolmente per le forti raffiche di vento caldo e polveroso. Era difficile immaginare in che maniera ci fosse finita, quale vicissitudine l'avesse portata a smarrirsi in un luogo tanto inospitale e, col calare del sole oramai non troppo lontano, ben presto avrebbe smesso anche di emanare quel suo vitale riflesso abbagliante, diventando un semplice pezzo di metallo freddo nelle sabbie notturne.
Poco distante, semi ricoperto dalla sabbia e avvolto in un manto scarlatto, giaceva il corpo inerme di qualcuno. Si nascondeva quasi con la sabbia, da lontano chiunque l'avrebbe scambiata per una roccia rossa o una banale distorsione dei raggi del sole, ma così non era: lì per terra giaceva una fanciulla dai capelli biondi e dalla pelle arrossata dalla calura che si muoveva, appena, respirando a fatica. Vestiva un'armatura sobria, di quelle che usano i soldati in guerra e non le bellezze ornamentali dei nobili intenti a pavoneggiarsi, macchiata di sangue nero in più punti e rovinata da infiniti graffi e ammaccature. Doveva aver visto una bella battaglia, quella ragazza, per essersi ridotta in quel modo, eppur pareva non aver riportato nessuna ferita evidente. Attorno non v'era altro che sabbia calda e assoluto nulla in ogni dove, eppure in qualche modo Azzurra, questo il suo nome, era riuscita a giungere sino a lì. O forse, per meglio dire, qualcuno l'aveva portata lì nella speranza che venisse ritrovata.

Quella si mosse, nel sonno, gemendo per il dolore che le causavano le articolazioni: pareva quasi stesse cercando di rimettersi in piedi, giacché nella sua mente stava ancora combattendo contro qualunque cosa l'avesse ridotta in quello stato. Sognava di essere ancora a Da'sah, nella piazza principale di una città che non esisteva oramai più, intenta a fronteggiare orde e orde di demoni feroci. Un incubo? O forse un ricordo sbiadito e riproposto dall'inconsapevolezza durante il sonno? Non riusciva a cogliere la differenza e continuava ad agitarsi, a gemere e rantolare, stretta nel suo mantello. Pareva quasi un'infante, rannicchiata a quel modo, mentre cercava di muovere le mani, troppo pesanti racchiuse nell'acciaio, per difendersi da colpi immaginari. Era per lei che la spada chiedeva aiuto, per svegliarla da quell'incubo.

[ ... ]



Non ho mai creduto nei miracoli. Certo, sono una donna di fede disposta a morire per ciò in cui crede, ma ho anche capito che il mondo non funziona per desideri, ma per azioni. Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria, positiva o negativa, la grandezza risiede nel saper dosare sapientemente le due parti del tutto per ottenere ciò che si desidera. Ero consapevole di quello che mi avrebbe atteso dopo aver sfidato Shaoran, ero certa che il mio destino fosse segnato e che la mia vita avrebbe trovato l'eroica conclusione che mi ero sempre immaginata. Ma mi sbagliavo. Su tutto quanto.
Noi non siamo soli in questa terra, la condividiamo con esseri immensamente più potenti e consapevoli della vita - e della morte - di quanto qualsiasi mortale potrà mai esserlo. Che li si voglia chiamare Dei generici, spiriti o ancora affibbiargli un nome più "umano" per dar loro una parvenza di somiglianza a ciò che comprendiamo, poco importa, perché loro vegliano su questo mondo e agiscono sempre per vie misteriose. Da umile serva a testimone del fato, sino ad essere stata graziata e perdonata dalla morte per uno scopo che non mi era ancora chiaro. Molti, al mio posto, si sarebbero sentiti fortunati o, quantomeno, benvisti dalla propria divinità, ma io non potevo fare a meno di immaginarmi quale sarebbe stato il mio destino in quel mondo e perché Zoikar, tra tanti, avesse scelto proprio colei che meno di tutti avrebbe potuto combattere in suo nome.

In quell'istante spalancai gli occhi, accecata dalla luce del sole, fissando un cielo limpido e chiaro. Non riuscivo a muovermi, sentivo le braccia indolenzite e le gambe riuscivano a stento a strisciare nella sabbia in cui erano adagiata. Da'sah era scomparsa, non c'era più nessuno, né vivo né morto. Alzai una mano verso l'alto, ma subito persi forza vedendola ricadere al suolo, impattando al suolo, inerte. Un giramento di testa mi colse all'improvviso tutto tornò ad essere nuovamente nero, spaventoso e silente. Ciò che riuscivo a percepire erano le mie stesse parole, dette in preda alla febbre e alla confusione.

« Mi dispiace... »
« Avrei voluto fare di più! »
« Non è stata colpa mia, non sono un'eroina... »
« Sarebbe più facile... »
« ...fuggire. »



Scena privata, si prega di non intervenire, grazie!
 
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PARACCO TRAVESTITO ALOGENO
view post Posted on 3/8/2015, 02:43




Atto IV
Incontri inaspettati


Il mio nome è Bålverk Oppa Savaşçı, sono un uomo e sono solo.
Non sono mai stato molto loquace, fin da quando ero piccolo e giocavo solo con i miei genitori. Penso di aver preso da mio padre, ma questo non fa che farmi odiare quest'aspetto del mio carattere, che non riesco a cambiare in alcun modo. Ricordo che ero sempre quello che rimaneva da solo nelle feste di paese, anche se agli altri bambini serviva poco per familiarizzare con gli altri. Io ero quello in disparte, grande e grosso, eppure solo come un cane. Allora non mi preoccupavo, perchè avevo sempre la mia mamma ad aspettarmi a casa, ad accogliermi tra le sue braccia, ad ascoltare le mie idiozie da bambino. Ora però rimpiango quei momenti. Se solo fossi stato un bambino migliore, forse ora sarei un adulto migliore. Il pensiero non mi fa dormire.



Più forte dell'acciaio
di salvataggi e rimorsi

— Sotto un nuovo sole —

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Oppa
sera; deserto del Bekâr-şehir


Il sole picchiava duro sulla carovana, ma i componenti rimasti resistevano in un silenzio funereo, senza una lamentela o un piagnucolio a bassa voce. Era troppo stanchi per poter parlare e troppo vuoti dentro per dar voce al loro dolore. Quello che era successo il giorno prima non sarebbe mai dovuto accadere. Quei morti sarebbero stati ancora vivi, la carovana avrebbe proseguito per la sua destinazione e Nawal...
Oppa si voltò a guardare la giovane ragazza, che camminava come se non avesse più uno scopo nella vita. Ogni tanto inciampava nella sabbia, ma si riprendeva sempre abbastanza in fretta per continuare a camminare. Proprio lei che si lamentava più di tutti ora rimaneva in silenzio, un silenzio tanto pesante da pesare su tutti loro come un macigno. Aveva assistito alla morte violenta del padre senza poter fare niente per aiutarlo, ed era stata violentata in un modo che persino un animale avrebbe trovato brutale. Si scostava da qualunque persona che provasse a toccarla, e l'unico pensiero che sembrava portarla avanti era riportare il cadavere del padre a casa, per organizzare un degno funerale. Quelle erano le uniche parole che aveva detto. Non voleva più sapere niente di nessuno matrimonio, di nessun mercante interessato alla sua mano, di niente di niente.
Oppa la capiva, eppure non poteva fare a meno di compatire lei e se stesso.
Tornò a guardare avanti, quando nel riverbero della sabbia intravide un luccichio che lo accecò per un attimo. Scostò la testa per cercare di vedere meglio, ma quel bagliore continuava a tornargli sugli occhi.
Con uno sbuffo si protesse gli occhi con una mano, mentre cercava di vedere qualcosa nel piattume sempre uguale della sabbia del deserto.
Sgranando gli occhi per la sorpresa vide una spada conficcata nella sabbia, di sbieco, come sconfitta.
E il guanto d'arme di un'armatura che crollava sulla rena.
Una persona viva, lì? Nel deserto?
Doveva controllare di persona: si allontanò dalla carovana, ignorando le parole di Fuad, il figlio della guida che era morto durante l'assalto che aveva preso il comando dopo la morte del padre. Con il cuore in gola vide che non era un miraggio: scavò con le mani, liberando una persona in armatura, semisepolta dalla sabbia. La prese in braccio come se nulla fosse, nonostante fosse in armatura, constatando con stupore che si trattava di una donna.
Si voltò verso le persone della carovana, che intanto si erano fermate e lo guardavano da lontano con curiosità.
« A-aiutatemi! »




Oppa
sera; Oasi di Ku Fräq


La notte lo trovò come sempre isolato dagli altri.
Lontano dal falò, lontano dalle persone, lontano dalle loro domande, dai loro sguardi, dalla loro curiosità.
Sapeva che dopo la battaglia lo rispettavano e probabilmente lo avrebbero trattato con rispetto, ma per una volta non erano loro il problema.
Era lui.
Avevano salvato quella donna in armatura, e lei aveva salvato loro.
Nawal aveva avuto qualcosa da fare, dimenticando il dolore per la perdita di suo padre, e rendendosi finalmente utile a tutti. Aveva spogliato la donna dell'armatura, fasciando le ferite come meglio poteva e rimanendo accanto a lei. Le parlava, raccontandole della sua infanzia, delle piccole cose, delle sue gioie, mai dei dolori. Anche se la donna misteriosa dormiva, Nawal si sfogò lasciando correre lacrime amare come fiele.
Gli altri avevano rotto il silenzio attorno al fuoco, tornando a parlare del più e del meno, evitando accuratamente il dolore per i caduti e cercando risposte su quel misterioso ritrovamento.

Oppa invece, in disparte, cercava di dare pace ai suoi pensieri. Aveva salvato quella donna sperando di redimersi dalla colpa di aver fatto morire tutti, ma non era servito a niente. Loro rimanevano morti, lui rimaneva vivo e vigliacco. Si passò una mano sull'addome, là dove l'armatura si era danneggiata nello scontro. Lo avevano aiutato a ripararla, ma sentiva come se gli mancasse qualcosa in quel punto. Come una parte di sè, un'innocenza che gli era stato strappata via.
Era stato egoista, cercando di salvare una vita solo per se stesso, sperando di sentirsi meglio dopo. Non era andata così.
Si sentiva il solito vigliacco, il solito, stupido, grosso Oppa.
Era come un sapore persistente che non riusciva a togliersi dalla bocca, per quanta acqua bevesse.
Era come una piccola sfera di metallo.
Piccola e invisibile, eppure si muoveva ad ogni passo che faceva.
Per quanto la cercasse mai riusciva ad afferrarla e a strapparsela di dosso.
Poteva solo aspettare, sperando che non diventasse sempre più grande, tanto da soffocarlo.
Si portò una mano alla gola.
Improvvisamente sentiva il bisogno di respirare aria fresca, come un assetato cercherebbe acqua.
Alzò la visiera dell'elmo, osservando con stupore la quantità di cose che riusciva a vedere in quel modo.
Quella sarebbe stata una lunga notte.
Una notte lunga e solitaria.



Bau.
Continua da qui.
 
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view post Posted on 3/8/2015, 17:47
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Cavalier Fata
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Più forte dell'acciaio. ~ Il giorno dopo la fine.
« Cosa c'è di più duro dell'acciaio,
più robusto della pietra
e più potente della morte? »

Una voce continuava a parlarmi, mentre lambivo tra il sonno e la veglia. In quell'ingarbugliato intrico di sogni, incubi e mezze verità, quella voce mi guidava fuori dall'abisso, lungo un sentiero sicuro, evitando che mi perdessi nei meandri della disperazione e della paura. Lentamente la confusione trovò pace, tutto prese ad avere nuovamente un senso, una logica. La battaglia terribile a Da'sah, la morte dei legionari e l'intervento di quella forza misteriosa che mi aveva salvata dalla morte trasportandomi altrove. Era ancora tutto confuso, i ricordi faticavano a riaffiorare chiari e puliti, ma se non altro il battito del cuore e il respiro si erano andati regolarizzando, lasciandomi dormire un lungo sonno ristoratore tra le cure amorevoli di una giovane ragazza.
Aprire gli occhi mi costava una fatica che raramente avevo provato, ma riprendendo coscienza mi resi subito conto di non essere da sola e di non aver affatto immaginato la voce innocente e rotta dalle lacrime di colei che si stava accertando delle mie condizioni. Mossi una mano, lentamente, come a cercare di afferrare la sua, andando a tastoni, senza aver nemmeno la certezza di mirare nel punto giusto. Mi sentivo alla stregua di una donna schiacciata da una frana, ogni respiro era faticoso e dolente, ma le vesti comode che riuscivo a percepire sulla mia pelle avevano alleviato il senso di costrizione e rigidezza dovuto all'armatura. Voltai la testa in direzione della voce, sforzandomi di aprire gli occhi lentamente, quasi come una bambina che li apre, timidamente, per la prima volta.

« Perché... » sussurrai, con un filo di voce. « ...piangi? »
Non rispose, si limitò a ritrarsi e guardarmi sottecchi, al pari di un animale ferito.
« Dove... ? »

In quell'istante, aperti gli occhi e ottenuta un minimo di consapevolezza, mi guardai lentamente attorno senza aver la forza di muovere il busto o tirarmi in piedi. Ero ancora nel deserto, lo potevo sentire dall'aria, ed ero viva. Qualunque cosa fosse successa non era importante, la mia mente riusciva solo a pensare al fatto che sarei potuta tornare a casa, dalle persone che amavo. Mai, come in quel momento, avevo sentito il bisogno di correre in un porto sicuro, una casa dove riposare e guarire tutte le mie ferite: al corpo e all'anima. Poggiai lo sguardo sulla ragazza, ora riuscendo a vederla bene, scoprendo quasi una bambina piuttosto che una donna. Non riuscivo a capire cosa le fosse successo, né perché mi avesse parlato durante il sonno, ma dentro i suoi occhi riuscivo a vedere qualcosa di sofferente, di rotto, che anche nelle mie miserabili condizioni non poteva fare a meno di sfiorarmi il cuore. Allungai nuovamente la mano verso la sua, stavolta potendola vedere, anche se con un movimento lento e per niente fluido, provato dal dolore alle articolazioni che ancora mi tormentava.

« Mi hai... salvato la vita. » le dissi, con la voce rotta dalla fatica ma con un tono colmo di riconoscenza. « Ho sentito la tua voce... nei miei sogni. »
« Ho rischiato di perdermi. » tossii, portandomi la mancina al petto per contrastare il dolore. Gemetti profondamente, costringendomi a non lamentare troppo il male.
« Grazie. » le donai un sorriso, usando tutta la forza che mi era rimasta. « Io... »
Prima che riuscissi a finire la frase, la stanchezza prese nuovamente il sopravvento, lasciandomi di nuovo in balia del sonno.

AzzurraILL_zpsyurypipq

Ma non c'erano più incubi o strani sogni a tormentarmi, quella volta, solamente un breve e meritato sonno allietato dal vociare tranquillo dei mercanti e di quella ragazza costretta a farmi da balia. Nel dormiveglia mi immaginai di tornare a casa, di riabbracciare i miei amici e salutare di nuovo Ryellia... e avevo la certezza che non fosse solamente il miraggio o la follia di una moribonda, ma solamente l'anticipazione di quello che sarebbe successo, una visione del futuro. Nessun demone più avrebbe separato la mia corsa verso casa, non appena ne fossi stata in grado. Non avevo rimpianti di quello che avevo fatto, potendo tornare indietro avrei agito esattamente alla stessa maniera, ma quel momento di pace e di umanità, dove per la prima volta era qualcuno a occuparsi di me e non vice versa, mi rinfrancò lo spirito e rilassò la mente. Era splendido sentirsi al sicuro, anche se per una sola notte.

Quando riaprii gli occhi erano passate un paio d'ore e, a giudicare dal vociare pacato, ancora nessuno nella carovana era andato a coricarsi. Non avevano nemmeno idea di quanto io dovessi loro. La ragazza era ancora vicino a me, probabilmente l'avevano vista come l'unica in grado di prendersi cura di un'altra donna senza mancare di rispetto alla sacralità del corpo e, anche di questo, non potevo essere loro che grata. Con la voce più ferma, sebbene non esente da una stridente nota di sofferenza, le parlai di nuovo.

« Scusami. » soffocai un piccolo colpo di tosse. « Ero... molto stanca... »
« Il mio nome è A-Azzurra. »
Sentivo le labbra umide, durante il sonno quella gentile fanciulla doveva avermele umettate per evitare che si spaccassero per l'arsura, ma la gola non aveva ricevuto il medesimo trattamento. La sentivo secca, rovente, avevo il disperato bisogno di bere acqua fresca.
« Ti prego... puoi portarmi un sorso d'acqua? »
Le domandai, con tutta l'umiltà che solo la riconoscenza può trasmettere.
« Come ti... chiami? »
« Nawal. » rispose, atona. « Mi sono presa cura di te, non ti ho salvata. Non ho salvato nessuno. »
Detto questo si allontanò prima che potessi aggiungere qualsiasi altra cosa. Non riuscii a vedere bene dove stesse andando, ma non si diresse subito verso l'oasi, preferendo raggiungere un luogo in disparte, come se desiderasse avvisare qualcuno o controllare qualcosa. Pochi istanti dopo, però, tornò con un piccolo otre d'acqua. Mi fece bere molto piano, a piccoli sorsi, impedendomi di ingurgitare troppa acqua per la mia disidratata e debole gola.
« Ho chiamato una persona. Non so se verrà, però. »
« Chi? »
« Quello che ti ha trovata.... »
Lasciai che lo sguardo cadesse alle sue spalle, alla ricerca di quella fantomatica persona che, da lì a poco, immaginavo fare la sua comparsa.

 
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PARACCO TRAVESTITO ALOGENO
view post Posted on 5/8/2015, 02:19




Più forte dell'acciaio
di ricordi e parole non dette

— Sotto un nuovo sole —

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Oppa
sera; Oasi di Ku Fräq

Sentì dei passi che si avvicinavano alle sue spalle, ma non perse tempo a girarsi. Se qualcuno lo cercava bastava parlargli, e non credeva di avere nemici persino in quell'Oasi.
Un brivido di freddo gli percorse la schiena quando riconobbe la voce di Nawal. Abbassò lo visiera dell'elmo con un clang secco.
« È sveglia. » Le sue parole erano fredde come il metallo che indossava Oppa, ma almeno aveva fatto come gli aveva detto. Si alzò lentamente, lasciando che la sabbia gli scendesse dall'armatura in piccoli rivoli dorati.
La ragazza fece un passo indietro, intimorita, stringendo con forza un panno che torturava spasmodicamente tra le mani. Oppa non le disse niente: la colpa era sua. Lui era il mercenario, colui che era stato pagato per difendere i membri deboli della carovana. Lui era il mastino da combattimento, anche se troppo vigliacco per fare appieno il suo lavoro. Lui era la fonte e il bersaglio di tutta la sua rabbia repressa. Era troppo giovane per provare odio genuino, ma probabilmente presto avrebbe imparato. Certe esperienze insegnano sempre qualcosa.
« Come sta? »
La ragazza lo guardò di nuovo direttamente, alzando lo sguardo per incontrare i suoi occhi. Oppa vide che aveva pianto, e si vergognò ancora di più. Cosa poteva dire a una ragazzina che aveva perso tanto in così poco tempo?
Era furente, si vedeva, stringeva i pugni e volentieri lo avrebbe ucciso se avesse potuto. Ma non poteva, perchè l'armatura era troppo dura per lei. Al corazziere andava bene così: più odio teneva fuori, più si sentiva libero dal mondo.
« Non sono un dottore, sono... sono... » Buttò il panno a terra, scoppiando a piangere e scappando in una delle tende.
Nei suoi occhi aveva potuto vedere la sua sicurezza incrinarsi fino a rompersi, in un pianto che non le avrebbe portato nessun aiuto. Sapeva come si sentiva: sola al mondo e l'unica a lottare contro l'ingiustizia del destino. Aveva avuto anche lui quei pensieri, non sapeva quante volte, e non sapeva nemmeno quante volte aveva pianto di nostalgia e di rabbia.

- - - - - - - - - - - - - - - - - - -

Pochi secondi dopo entrò nella tenda, oscurando quasi completamente l'ingresso. In una bacinella d'acqua sporca galleggiavano pigramente le bende con cui Nawal aveva pulito il suo viso. L'armatura giaceva a terra, in un angolo, e nella luce scarsa sembrava essere vecchia di anni. Conosceva quella donna, l'aveva incontrata nel Dortan, quando era stato costretto a fuggire dal suo ennesimo fallimento. Ai suoi occhi apparvero le fiamme che inghiottivano le navi che avrebbe dovuto proteggere, mentre decine di persone morivano tra atroci sofferenze. Scacciò con forza quelle immagini, fermandosi a pochi passi dal giaciglio dove la donna riposava.
« Azzurra. »
Non era una domanda. Ricordava il suo nome, quando si era presentata nella piazza di Scotia, di fronte al palco dove erano stati giudicati degli uomini. Giustizia del Dortan, qualcosa che mai avrebbe capito. La differenza tra quella donna, così a suo agio in armatura e così fiera del suo ruolo, e quell'altra che giaceva di fronte a lui, esausta e vulnerabile, lo colpì nel profondo. Anche lui sarebbe apparso a quel modo, se qualcuno gli avesse tolto l'armatura: nudo come un verme, senza alcun potere sul mondo, costretto ad annegare in un destino che non gli apparteneva. La sua situazione si rifletteva in quella della donna, solo che lui era riuscito a resistere a qualunque cosa il mondo gli avesse messo contro. Soldati, mostri, persino le sue paure. Era sempre andato avanti, fino a quel momento.
Ma quanto sarebbe durata quella fortuna?
« Come stai? Riesci a muoverti? »



Oppa dà del tu ad Azzurra perchè crede che il voi si usi solo quando si parla con persone davvero più importanti (re, nobili) o con gente che possono dargli un lavoro. :v:
 
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view post Posted on 5/8/2015, 05:24
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Cavalier Fata
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Più forte dell'acciaio. ~ Il giorno dopo la fine.
« Cosa c'è di più duro dell'acciaio,
più robusto della pietra
e più potente della morte? »

Quando il cavaliere entrò nella tenda la sua stazza per poco non oscurò ogni cosa. Distesa sulla branda, quasi all'altezza del suolo, la mole dell'uomo aveva un'aria ancora più imponente e maestosa di quanto già non avesse normalmente. Indossava l'armatura completa, celata inclusa, il che mi sorprese un poco visto la situazione di assoluta calma che regnava nell'oasi, ma cercai di ignorare quei dettagli dando maggiore peso alle poche parole che pronunciò. Ricordava ancora il mio nome, detto di sfuggita nella piazza di Scotia e, con un sorriso e un cenno gentile del capo, ricambiai.

« Siete voi sir Oppant- » mi interruppe con un cenno, voleva che lo chiamassi solamente Oppa. « Sir Oppà. »
Cercai di tirarmi a sedere, ma il dolore mi colpì come una fitta lancinante, permettendomi solamente di alzarmi un poco con la schiena e stare in una posizione più consona per dialogare. Se quanto aveva detto Nawal era vero, Oppa era stato il primo a raggiungermi e soccorrermi, gli dovevo ben più di un semplice scambio di cortesie formali. « Nawal, la ragazza mi ha detto che siete stato voi a trovarmi... » tossii di nuovo, a bocca chiusa, sopportando il fastidio al torace. « Grazie, vi devo la vita. »


Con cosa avrei potuto ricambiarlo, però, proprio non sapevo. Non possedevo denaro, né poteri di sorta, al massimo avrei potuto avere un debito d'onore che difficilmente mi sarebbe stato permesso ripagare, dato che, a giudicare dalla stazza, avrebbe potuto agilmente frantumare il cranio di un essere umano senza particolari problemi. Ora che avevo un attimo per riflettere e la mente abbastanza sgombera da poter ponderare in tranquillità, trovavo particolare lo stridente contrasto tra come quell'uomo appariva e la palpabile gentilezza che emanavano le sue parole. Mi incuriosiva, molto, ma in quelle pietose condizioni dovevo solamente fargli una gran pena: ridotta all'ombra di me stessa, vulnerabile e spogliata del fiero orgoglio cavalleresco. Ma, dopo tutto, ero ancora viva... e questo contava più di ogni altra cosa al mondo. Allungai una mano indicando il suolo.

« Vi prego, mettetevi a vostro a-agio. » nonostante tutti i miei sforzi non riuscivo a evitare qualche balbettio e un tremito costante alle mani. « Vorrei ringraziarvi in modo adeguato, m-ma non posseggo niente... » abbassai lo sguardo, sinceramente intristita e ricolma di vergogna. « Spero accetterete la mia umile riconoscenza. »

Poi, fissandolo nella celata alla ricerca di uno sguardo umano sotto il metallo, continuai. « Quella r-ragazza... » spostai lo sguardo oltre il corazziere, a indicare l'esterno. « ...cosa le è successo? »

Supponevo di essere stata recuperata da una carovana mercantile, ma mi sfuggiva il perché di quell'atmosfera funerea e per nulla consona alla naturale allegria che avevo visto nei grandi mercati di Qashra. Il deserto aveva fatto qualcosa a quella gente, a Nawal, a me. In quel mentre, dall'esterno, iniziò a muoversi una flebile corrente d'aria che si limitò ad accarezzare dolcemente le mie ferite regalandomi una sensazione di sollievo dal dolore. In un altro mondo, tempo e luogo, quella sarebbe potuta essere una bellissima notte per guardare il cielo stellato.
 
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PARACCO TRAVESTITO ALOGENO
view post Posted on 13/8/2015, 02:18




Più forte dell'acciaio
di verità e bugie

— Sotto un nuovo sole —


Oppa
sera; Oasi di Ku Fräq

Si sedette per terra con un clangore di metallo a cui non fece nemmeno caso. Non sapeva che dirle, non era un tipo loquace e di sicuro non era venuto lì per fare conversazione. Si sentiva un po' in colpa per averla usata per espiare quelle che credeva le sue colpe, ma non era pronto a dirle proprio tutto. Oltretutto cosa importava a lei di quello che era successo a Nawal? Si prese qualche secondo per cercare le parole, poi parlò a bassa voce, facendo rimbombare le poche frasi all'interno dell'elmo.
« Ieri... siamo stati attaccati da dei mercenari. Ha perso il... padre. » Sperò che quello bastasse per saziare la sua curiosità. Doveva riposare e parlare di certo non accelerava la sua guarigione. O almeno così credeva, visto che le sue nozioni di medicina si fermavano al bacio della mamma sulla sbucciatura del ginocchio quand'era piccolo. Era sempre stato di costituzione robusta e incredibilmente resistente alle malattie che di solito i bambini prendono ciclicamente. In questo assomigliava a suo padre: mai una volta lo aveva visto prendersi un malanno o un semplice raffreddore, che fosse estate o inverno. E dire che di volte che era tornato a casa bagnato fradicio, perchè costretto a lavorare sotto la pioggia battente, ce n'erano state a dozzine. O questo, oppure tutti i rimedi che sua madre lo costringeva a prendere servivano davvero a qualcosa. Mangia quest'erba. E prendi quest'altra. Questa me l'ha consigliata l'erborista del villaggio vicino. Questa ce l'ha data la nostra vicina, vorrai mica buttarla? Eccetera, eccetera.

Si accorse dopo qualche secondo di essersi perso ancora una volta nei suoi pensieri e di essere stato rimasto in silenzio. Cosa avrebbe dovuto dirle? Ah, lo aveva ringraziato per averla salvata, forse doveva dirle che era stato suo dovere salvare una donna in difficoltà, ma non era mai stato un cavaliere e mai lo sarebbe stato. Andò quindi sul sicuro, tanto per non fare la figura dell'allocco. « Q-quindi... cosa ci facevi tu... nel deserto? ».
Odiava le conversazioni troppo lunghe, non sapeva mai cosa dire. Si faceva prendere dall'ansia, iniziava a sudare e a un certo punto si bloccava, senza riuscire ad andare avanti. Gli capitava solo con gli sconosciuti però, ma visto che in tutto l'Akeran conosceva non più di venti persone, doveva farci l'abitudine. O almeno poteva cercare di sembrare una persona normale, non uno scarto della società.
Era stata anche la sua incapacità nel parlare agli altri a farlo sembrare quel temibile soldato che lo aveva portato poi a capitanare un'intera unità. La stessa paura di spiccicare parola, che veniva sempre presa per un atteggiamento da "so cosa fare", gli garantiva la maggior parte dei lavori come guardia del corpo. Era l'unico tipo di impiego in cui non sembrava completamente strano che lui indossasse l'armatura per tutto il tempo. In quei casi sembrava solo molto efficiente.
O semplicemente paranoico.



Perdona il ritardo. Andiamo avanti.
 
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view post Posted on 21/8/2015, 04:43
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Cavalier Fata
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Più forte dell'acciaio. ~ Il giorno dopo la fine.
« Cosa c'è di più duro dell'acciaio,
più robusto della pietra
e più potente della morte? »

Mi dispiaceva per quella povera ragazza e, senza volerlo, anche l'espressione sul mio viso doveva essersi velata a lutto. Sapevo sin troppo bene quale fosse il senso di vuoto e abbandono che la morte di un genitore portava con sé, specialmente quando questo avveniva in maniera traumatica. Io a vent'anni e con sufficiente tempo per dirle addio, ancora pativo saltuariamente la perdita di mia madre... non potevo davvero capire come stesse Nawal. Le avrei parlato, non appena fossi stata in grado di alzarmi: tenersi dentro un dolore simile non avrebbe fatto altro che distruggerla.

Sorrisi a Oppa, prima di rispondere. « È una bella domanda la vostra. » mi lasciai andare di nuovo sul giaciglio, mettendomi più comoda. « Siete credente voi? T'al, Zoikar... » alzai una mano roteandola, quasi fosse una domanda retorica. « Scusatemi sto divagando. Ero a Da'sah, una città del Beca Seir, quando è stata attaccata dai demoni... »

Lasciai passare alcuni istanti, mentre cercavo di trovare le parole meno ridicole per descrivere la mia disastrosa avventura. Se avessi detto quello che mi era davvero capitato, con tutta probabilità, avrei ricevuto una sonora risata in risposta e perso ogni credibilità. Eppure Oppa era stato buono e mi aveva salvato la vita, meritava di sapere cosa mi era successo, magari edulcorando leggermente il tutto, quanto bastava per non dargli l'impressione che fossi completamente pazza.

« ...combattevo con la Legione, mi ero "arruolata"... » sottolineai quella parola virgolettandola con un gesto palese delle mani. « ...i demoni hanno attaccato. Purtroppo la mia divisione è stata spazzata via quasi subito, sono stata fortunata, ho impattato contro una finestra al piano terreno mentre scappavo e sono svenuta. devon oavermi creduta morta... »
Nel dire questo indicai distrattamente la testa dove, nascosta dal biondo della chioma, giaceva una brutta ferita. « Quando ho ripreso i sensi ho affrontato alcuni demoni cercando di tornare vicino ai soldati, ma era già troppo tardi: quasi trecento anime cancellate in uno schiocco di dita. »

In quel momento sentivo gli eventi passati distanti, lontani dalla mia vita. In realtà non era passato nemmeno un giorno, eppure quell'atmosfera tranquilla e la convinzione che Shaoran fosse ancora vivo, nonostante tutto, rendevano sopportabile il ricordo della carneficina. Sopportabile ma indimenticabile al tempo stesso.

« E poi qualcuno mi ha portata lì. » sorrisi di nuovo al corazziere, incerta se oltre il suo elmo avesse mostrato un'espressione sorpresa o sconfortata. « Credo sia stato Zoikar, ma non vi biasimerò se decidete di vedermi come una pazza, di questi tempi la follia è all'ordine del giorno. »

Improvvisamente un altro forte colpo di tosse mi costrinse a smorzare la frase, tramutandola in una specie di rantolo.
« Scusate, ho il vizio di parlare anche a scapito della mia salute. » afferrai l'otre portatomi da Nawal bevendone un piccolo sorso per placare l'arsura e, in breve, il bruciore venne meno. « Sentitevi libero di non rispondere, ma perché indossate la corazza e l'elmo... qui? »
Era una domanda che sino a quel momento non aveva sfiorato nemmeno l'anticamera dei miei pensieri, ma ora che lo guardavo non potevo esimermi dal pensare quale fosse il motivo che lo spingeva a celare il proprio volto anche in presenza di una donna inerme. Che fosse sfigurato? Oppure un demone sotto mentite spoglie timoroso che gli uomini non riuscissero a tollerare la sua vista? Era così strano che, tra tante domande più interessanti, quella mi intrigava più di tutte.
E non mi avrebbe fatto certo male smettere di ricordare, almeno per un momento, il mio passato.

 
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PARACCO TRAVESTITO ALOGENO
view post Posted on 4/9/2015, 16:03




Più forte dell'acciaio
— Sotto un nuovo sole —


Oppa
sera; Oasi di Ku Fräq

Ascoltò la risposta di Azzurra senza aggiungere altro, semplicemente cercando di mettere in ordine quello che lei gli stava dicendo. Per qualche secondo nella tenda regnò il silenzio, mentre la domanda della donna si disperdeva come sabbia al vento. Oppa chiuse e riaprì le mani, lentamente, cercando di calmarsi: com'era possibile che quella donna lo prendesse in giro così? Le aveva sicuramente salvato la vita e lei lo ricompensava con quella storiella da quattro soldi? Lo credeva forse uno stupido bifolco?
Senza ancora spiccicare una parola fece forza con un braccio sulla terra e si issò in piedi, sovrastandola di svariate spanne in altezza. Se fosse stato un altro uomo l'avrebbe insultata fino a farla vergognare. Se fosse stato un altro uomo l'avrebbe picchiata, per farle capire che con lui non si scherza. Ma Oppa non era quel tipo di uomo, nè mai lo sarebbe stato. Sarebbe stato troppo simile a suo padre, e per lui avvicinarsi così tanto a quell'uomo significava imboccare una strada maledetta che non aveva intenzione di vedere nemmeno da lontano.
Tuttavia, per quanto gli riguardava, il tempo della conversazione era finito. Le diede le spalle, respirando velocemente per scacciare la frustrazione che continuava a salirgli alla gola come rigurgiti acidi. Conosceva Da'sah ed era a parecchi giorni di viaggio di distanza dal luogo in cui l'aveva trovata. Soldati che spariscono all'improvviso e addirittura bestemmie contro gli dei, che secondo la sua storia l'avrebbero portata via da lì! Chi era lei, la contessina di Sotuttoio? La duchessa del Regno di Tiprendoingiro? Non ricordava di aver dipinto sul suo elmo la parola "cretino", nè di essere agghindato come un buffone di paese. L'aveva salvata ed ecco la ricompensa: una sfilza di bugie e la stessa identica domanda che gli facevano tutti. Come se il resto del mondo non fosse già abbastanza.

Scostò la tenda, facendo entrare un po' di luce dal falò che gli altri avevano acceso.
« R-riposati, tra due giorni si riparte. » disse, con voce stranamente tranquilla.
Parole che lei non si meritava, ma almeno - a lui - sua madre aveva insegnato a non trattare male gli altri, anche quando era arrabbiato.
Sopratutto quando ti salvano la vita e ti chiedono come stai.
Lasciò la tenda, ignorando il falò e andando a riprendere il suo posto ai confini dell'accampamento, sotto il cielo tappezzato di stelle.
Quelle, almeno, non gli avrebbero mai mentito.



Che ci vuoi fare, Oppa è fatto così. :v:
 
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view post Posted on 20/9/2015, 05:49
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Cavalier Fata
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Più forte dell'acciaio. ~ Il giorno dopo la fine.
« Cosa c'è di più duro dell'acciaio,
più robusto della pietra
e più potente della morte? »

Dovevo averlo offeso. In qualche modo o maniera l'avergli chiesto dell'armatura doveva averlo turbato al punto tale da non riuscire a sostenere la conversazione. Con la testa ancora frastornata ma decisamente troppo poco stanca per tornare a dormire, decisi di provare a tirarmi in piedi. Senza corazza e con l'aiuto di un paio di incantesimi poco invasivi, trovai quanto meno la forza di barcollare. Per non cadere, dovendo muovermi sulla sabbia, afferrai uno dei pali di scorta della tenda, usandolo come appoggio. Uscendo all'aria aperta guardai il cielo stellato: era meraviglioso. L'avevo visto solamente un'altra volta, così bello, nell'Alcrisia, lo stesso giorno in cui io e Patrick decidemmo reciprocamente di non prendere mai più strade diverse. Un bel ricordo che alleviò il peso dei miei pensieri.
Seguire le tracce di Oppa risultò semplice, dopo tutto la sua mole non era clemente con la sabbia, e quando lo raggiunsi provai a richiamarne l'attenzione.

« Oppa, non andate via. » dissi, trascinandomi vicino. « Non volevo offendervi... ho capito troppo tardi che non avrei dovuto fare commenti sulla vostra corazza. »
« Perdonatemi, sono solo una donna eccessivamente e inopportunamente curiosa. »
Gli sorrisi, sinceramente dispiaciuta di averlo messo a disagio.
« Ma non voglio stare da sola stanotte... » abbassai lo sguardo. « ...credo di non voler stare da sola ma più dopo quello che ho visto. »

Scacciai i brutti pensieri, non l'avrei sopportato nuovamente. Oppa non era un buon oratore, ma almeno se l'avessi convinto a parlare con me mi sarei distratta o, quanto meno, avrei evitato di tornare a pizzicare un nervo ancora dolente. Mi sedetti al suolo, troppo stanca e debole per fare anche un altro passo.
« Inoltre, se qualcosa vi turba, tenerla dentro non vi aiuterà. Non parlatene con me, sono una straniera, ma lasciate che v-vi- » tossii nuovamente, portandomi la mano alle labbra. « ...dia un consiglio e non chiudetevi in voi stesso. »
Poi, alzando di nuovo lo sguardo alle stelle, gli parlai a bassa voce, per non sforzare i polmoni più del dovuto.
« Vi prego... mi avete salvato la vita, tutto quello che voglio è conoscere la persona a cui devo il privilegio di poter ancora guardare il cielo, stasera. »



Perdona l'immane ritardo. È stato imperdonabile, ma Z mi ha richiesto tempo ed energie che non credevo, rallentando gli altri progetti. Tuttavia cercherò di essere molto più celere da oggi. Perdona anche se c'è qualche errorino di distrazione, :*
 
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8 replies since 2/8/2015, 03:52   182 views
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