Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Sete di Ricchezza, corsa all'oro

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view post Posted on 15/8/2015, 05:54
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Cavalier Fata
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Sete di Ricchezza. ~ Corsa all'Oro.
« Terra Grigia, una settimana prima. »

Aedh Lancaster, seduto alla sua scrivania, osservava le carte davanti a sé con aria stizzita. Inarcò un sopracciglio passando la mano sulla prima pergamena davanti a sé, quasi a volerne carpire un oscuro segreto, accartocciandola poi di colpo con un movimento rabbioso delle dita. Non sopportava l'idea di quello che era successo al regno, né lo smacco ricevuto ad opera dei Corvi Leici, ma a tormentarlo sopra ogni cosa era quella sgualdrina amica di sua nipote che l'aveva quasi illuso. Oltre al danno persino la beffa. Ma ora le carte erano scoperte e il gioco era cambiato, aveva la sua occasione per provare nuovamente a risalire sulla vetta, al modico costo della vita di chiunque avesse anche solo pensato il contrario.
Il bussare ritmico di una mano sulla porta lo costrinse ad alzare lo sguardo: la sua preda era arrivata.

« Avanti. » disse, senza troppi preamboli. « È aperto. »
Dalla porta entrò una figura ammantata di rosso che, fermandosi a pochi passi dalla scrivania, si prodigò in un grazioso inchino. Portava legato alla cintura un pesante libro, assicurato con grosse catene tirate a lucido, mentre il capo rimaneva celato sotto il cappuccio.
« Volevate vedermi, sir Aedh? » disse, quasi con una vena di provocazione nella voce. « Sì, cara baronessa, volevo proprio vedervi. Sedete. »
L'accento perentorio dell'ultima parola la fece obbedire e, contemporaneamente, liberare all'aria i capelli biondi gettando all'indietro il cappuccio.
« Ho un compito per voi, qualcosa che mi aspetto eseguiate al meglio. » Azzurra lo fissò con un misto di curiosità e timore, arrivando a credere che l'avrebbe uccisa sul posto infischiandosene delle conseguenze, ma pur nel suo sdegno e desiderio di vendetta, Aedh non era un ingenuo. « Grazie a gente come voi le cose qui nel regno andranno in malora, ma c'è ancora qualcosa che potete fare... » lei, indispettita, cercò di intromettersi nel discorso alzando persino una mano con rara sfacciataggine. « Era meglio Mathias? » Aedh colpì il tavolo con la palma della mano, zittendola all'istante, in viso non un singolo accenno di rabbia o perdita di compostezza.
« Vi spedirò nell'Erydlyss come mia affiliata, mi sono giunte voci di svariate risorse strategicamente rilevanti e le voglio. »
Parlava con tranquillità, un uomo d'affari che stava semplicemente svolgendo al meglio il proprio ruolo. Poteva non sembrare, ma l'odio per Azzurra passava in secondo piano rispetto alla prospettiva di appropriarsi di nuove terre e ricchezze oltre ogni dire per quanto, se avesse potuto, l'avrebbe volentieri impiccata seduta stante.
« Col dovuto rispetto... » azzardò lei. « ...le nuove leggi non mi vincoleranno più a voi... »
« Fino a che non ci sarà un editto del nostro buon Re voi siete sotto la mia giurisdizione. »
A quelle parole la donna abbassò lo sguardo, colta in fallo dai grovigli burocratici che quel nuovo ordine aveva, inavvertitamente, trasformato in una pericolosa trappola. Tamburellò nervosamente sul bracciolo della sedia con le dita, tacendo ogni altra forma di dissenso. Aveva da perdere molto meno di quello che Aedh, infuriato, sarebbe riuscito a strapparle e non voleva rischiare così tanto.
Il Lancaster si sporse un poco in avanti sopra la scrivania, abbassando la voce e affilando lo sguardo.
« Ho dato disposizioni precise. Radunate i vostri pagliacci da circo e recatevi in quei monti. »
Poi, alzandosi e dando le spalle alla sua ospite, la congedò con un gesto della mano.
Azzurra, senza scomporsi, fece altrettanto girando i tacchi e dirigendosi a passi veloci verso la porta della stanza. Non sapeva cosa fare, ma sicuramente poteva essere un'occasione importante, qualcosa da volgere nuovamente a vantaggio del popolo. Ma doveva rimanere lucida e con gli occhi bene aperti.

« Oh, Azzurra... » la rimbeccò, quando oramai aveva poggiato la mano sulla maniglia pronta ad uscire. « Mia nipote vi ha insegnato a giocare davvero bene, ma non è certo la migliore di questa famiglia. » seppur girato di spalle ad Azzurra parve quasi di vedere il sorriso maligno dipinto sulle labbra del vecchio. Senza scomporsi e nemmeno voltarsi, rispose con poche semplici parole, più sottili e taglienti di qualsiasi spada.
« Avete ragione, Dama Ryellia sceglie solo gli alleati migliori. »
Quindi uscì, chiudendo la porta senza troppa grazia.

[ ... ]

Sete di Ricchezza. ~ Corsa all'Oro.
« Ystfalda meridionale, primo mattino. »

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Nonostante la stagione clemente e la giornata propizia, l'aria ai confini dell'Ystfalda era pungente e fresca, ristoratrice per chi veniva dalle regioni meridionali. Un grosso campo base provvisorio, costituito in larga parte da tende di vari colori e svariati carri, dava una chiara indicazione di quello che da lì a poche ore sarebbe successo: la lunga marcia verso l'Edhel. Il campo era stato approntato quasi una settimana prima, per dare modo a tutti i messaggeri di giungere nelle varie città e villaggi a raccogliere quanti più uomini e donne possibile, ed era andato ingrandendosi in maniera esponenziale radunando la ragguardevole cifra di un centinaio di personale civile e altrettanti militari. Ad aggregarsi a quella stravagante impresa erano stati perlopiù senzatetto, rifugiati, esuli di guerra o fuggiaschi che, dopo la ritirata dell'Abisso, volevano tornare a casa con un passaggio sicuro. La mescolanza di etnie lasciava, allo spettatore attento, un'incredibile varietà di casi. C'erano alcuni elfi dall'aspetto piuttosto civilizzato che si erano radunati in una tenda, discutendo animatamente del proprio ritorno in patria, un gruppo di nani mercanti, spinti sin lì dalle prospettive di un facile guadagno. Persino un paio di orchi, o mezzi tali perlomeno a giudicar dalla bruttezza, facevano stancamente la guardia ad una delle tende, probabilmente assoldati come mercenari.
La prima cosa che stuzzicava l'occhio, una volta in prossimità del campo, erano la quantità incredibile di bandiere, stendardi, vessilli e ogni altro tipo di orpello l'umanità avesse inventato per distinguersi. Appartenevano a nobili minori, cavalieri erranti o semplici delegazioni di personalità maggiori che avevano inviato i propri emissari a controllare cosa ci fosse di tanto importante oltre le montagne. Ma in mezzo al tripudio di vessilli uno in particolare risaltava su tutti gli altri: il blasone Lancaster che garriva orgogliosamente al vento capeggiando ogni altro colore con le sue tonalità grige e vermiglie.

Azzurra, in mezzo al campo, stava litigando animatamente con un uomo di mezza età, in armatura, che le indicava nervosamente le tende degli elfi. Landon Lancaster, accarezzandosi la corta barba bianca, si accigliò all'ennesima risposta evasiva da parte della sua interlocutrice. Non le andava a genio quella ragazzina, tanto meno che l'avessero messa a organizzare una cosa del genere per conto della nobile famiglia Lancaster. Lo avevano inviato lì col preciso compito di sorvegliarla e fare in modo che rigasse dritto, era stato ben redarguito sull'indole fastidiosamente liberale e umanista di Azzurra, doveva marcarla stretta ed evitare che avesse la libertà di mandare all'aria quel progetto. Lei, dal canto suo, aveva capito di essere chiusa in una gabbia dorata, ma cercava ugualmente di fare buon viso a cattivo gioco. Non le riusciva per niente bene, ma almeno nessuno aveva aggredito nessun'altro per la bellezza di sei giorni e mezzo, ergo poteva ritenere la prima fase dell'operazione riuscita con pieno successo.

« Dama Azzurra, dobbiamo partire entro metà pomeriggio, si sbrighi a comunicarlo alla carovana. »
La voce squittente e irritante del vecchio strideva un poco con l'aspetto robusto e per minuto che aveva.
« Sì, sir Landon, vado, lei si rilassi e prepari i nostri uomini a marciare. »
Azzurra si passò una mano sul viso spostando un lungo ciuffo di capelli biondi dietro l'orecchio. Poi, con un fischio, richiamò l'attenzione di Jeanne che stava lavorando poco distante, indaffarata a trafficare con una pila di rifornimenti alimentari a lunga conservazione.
« Jeanne trova Nola e mettila su un carro. Qualsiasi carro, basta che non resti indietro. »

La ragazza annuì e scappò alla ricerca dell'amica, mentre Azzurra saltò sopra una pila di casse per svettare sopra il campo. In altre circostanze avrebbe titubato, tremato forse, ma in quella situazione era più preoccupata che qualcosa andasse storto rispetto all'impicciarsi con le parole facendo una magra figura. Batté le mani un paio di volte richiamando l'attenzione dei più.

« Ultimo appello: questa non è una passeggiata, chi non è disposto o crede di non farcela rimanga qui o torni a casa. »
Non voleva portarsi dietro gente che, nel momento di difficoltà, si sarebbe rivelata problematica. Era una sfida difficile persino per soldati addestrati e motivati, figuriamoci cosa avrebbero potuto fare dei cittadini esasperati da un periodo di guerra e instabilità durato quasi due anni. Eppur, in cuor suo, sapeva che era anche un modo per riscattarsi, per superare la propria condizione sociale, non avrebbe vietato a nessuno di intraprendere quella corsa all'oro. Né avrebbe permesso che qualcuno perdesse la vita.
Di quelli che avevano teso l'orecchio nessuno si mosse, quindi continuò.
« Prendete quello che avete portato e caricatelo sui carri, stiamo per partire. Non sarà facile e potrebbe volerci un poco prima che ci venga data la possibilità di tornare a casa... ma sono certa che questo sia un momento importante per il Dortan e per coloro che sono qui oggi. »
Sorrise, sfoderando la sua più genuina espressione.
« Questa non è solo una nuova era per il nostro regno, è una nuova era per il mondo! Quindi prendete il coraggio a due mani e preparatevi a marciare verso il vostro futuro e verso un mondo fatto di meraviglie! »

Così aveva inizio, senza troppi preamboli e con la sola voglia di intraprendere una indimenticabile avventura, la grande corsa alle ricchezze dell'Edhel.

Quest Master's Point ~Benvenuti nel primo post di questa piccola quest aperta. La prima parte del post è ambientata una settimana indietro nel tempo, atta a mostrare chi sia il "mandante" della spedizione e quali siano le sue intenzioni, mentre la seconda parte, al mattino, è poco prima della partenza. Voglio lasciarvi la massima libertà espressiva, nei limiti del buonsenso, sul come avete sentito i messaggeri, sul modo in cui siete giunti al campo base, sentitevi liberi in ogni senso. Mi piacerebbe sapere perché i vostri pg desiderano andare nell'Edhel: vogliono il denaro? Tornano a casa dopo la guerra? Cercano una vita migliore lontano dal regno? Sono curioso! Se volete interagire con qualcuno dei png, fare domande di qualsiasi tipo On e Off GdR vi rimando al topic di confronto nell'apposita sezione, dove risponderò più celermente possibile.
Il prossimo post arriverà il 20/08/2015.


Edited by Last Century - 16/8/2015, 02:20
 
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Ystfalda - Campo Base
«Da Est a Nord»

Se ci si pensa è davvero divertente come il fato riesca sempre a mettermi sulla giusta strada. Insomma, siamo sinceri, quante probabilità ci sono di incontrare per due volte la stessa famiglia di contadini disposta a portarsi dietro una bambina solitaria? Davvero poche, specialmente di questi tempi. Le probabilità che suddetta famiglia si stia dirigendo in un campo di avventurieri e coloni diretti nell'Edhel? Davvero minime! Che la spedizione sia stata organizzata da mademoiselle Azzurra? Praticamente nulle! Ed invece eccomi qui, nel freddo ed accogliente abbraccio del nord. Anche se c'è qualcosa di strano, per un attimo ero quasi sicura di aver deciso di andare nell'Akeran, per vedere come fosse la situazione con i demoni e tutte quelle brutte cose che accadono li. Invece mi sono svegliata nei pressi di Ladeca, nascosta dentro un fienile. Ah beh, poco importa, finalmente potrò dirigermi nel mistico ed antico Edhel, con una scorta di grandi e grossi adulti pronta a proteggermi! Il campo sembra un pochino caotico, ma vista la grande varietà di individui presenti all'interno dello stesso non dovrei essere poi così sorpresa. Per lo più si tratta di esseri umani, forse qualche casata nobiliare minore che si vuole accodare alla spedizione in cerca di fortuna o di un prestigio a lungo perduto. Un bel po di elfi, per lo più civilizzati e provenienti dal Dortan. Probabilmente studiosi o storici interessati ad arricchire la informazioni sul passato della propria specie. Ed i nani, non dimentichiamoci dei nani! Vestiti con folte pellicce in vista del clima ben più rigido, probabilmente mercanti o artigiani in cerca di guadagno. Una sola cosa non è cambiata. Azzurra è la sua inattaccabile dedizione nel rivolgersi alle folle ergendosi sopra casse accatastate a mo di palco. Però c'è anche gente ben più strana e singolare all'interno del campo, chiaramente non correlati ai gruppi più ami presenti nello stesso. Un paio di vecchi soldati, un signore dagli occhi insoliti e poi... oh, questa si che mi mancava! Se ne sta un po in disparte, forse non gli piace essere disturbato. Sono stata in un monastero intorno ai miei cinquant'anni di età, è stato li che mi è stato insegnato a dominare la fame e a muovermi non vista tra la folla. I monaci sono gente strana per molti, capaci di atti di forza disumani ma non dediti all'utilizzo delle loro capacità. Poi, con quei vestiti buffi che si ritrovano, non c'è da sorprendere che la gente li guardi sempre con aria curiosa o stranita. Però non è giusto che stia li tutto solo, forse potrei fargli un po di compagnia! Mi avvicino a lui con passo pacato, cercando di scrutare oltre le sue spalle per vederlo in volto ma con scarso successo. Appena sono abbastanza vicina mi limito ad afferrare un lembo del suo sgargiante vestiario, tirandolo gentilmente per attirare la sua attenzione.



« Mi scusi... monsieur? » La sua pelata sembra quasi uguale a quella delle statue poste fuori dai templi Cavendish. Forse è fatto di pietra e non me ne sono accorta? « Non dovrebbe stare qui tutto solo, se la carovana partisse potrebbero scordarsi di lei e lasciarla indietro! »



Mi rivolgo a lui con una voce allegra e sommessa, un perfetto misto tra curiosità e timore. Ne ho visto un sacco di monaci in vita mia, ma mai con vestiti tanto colorati ed elaborati. La maggior parte dei monasteri predicano uno stile di vita semplice e privo di sfarzi, distaccato da qualunque bene che non serva la semplice e pacifica sopravvivenza del monaco. Ma, forse, qualcuno ha deciso di regalarglieli per qualcosa che ha fatto! I monaci tendono ad essere molto educati e non rifiuterebbero mai un regalo da qualcuno, specialmente se fatto con gratitudine. Probabilmente l'ha indosso da un sacco di tempo, ma sembra quasi nuova a vedersi. Magari è un regalo da una persona importante, per questo se ne prende tanta cura. Ohhhh, magari lui è uno dei primi monaci a dirigersi nell'Edhel dalla fine del conflitto! Deve trattarsi di un compito davvero importante, chissà quale monastero ha deciso di mandarlo fin qui. Con i vestiti che si ritrova finirà per l'avere un gran freddo una volta superate le grandi catene montuose. Magari dopo provo a chiederglielo, se non sta svolgendo una missione segretissima allora non avrà problemi a rispondermi, no?






¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯ ¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯
Riassunto

CS { 0 }

Fisico {75%} ~ Mente {75%} ~ Energie {150%}




Passive:

» Amuleto dell'Auspex: (6/6)
» Passiva Razziale - Scurovisione: (6/6)
» Passiva Razziale - Sensi Migliorati: (6/6)
» Passiva Razziale - Mira precisa: (6/6)
» Passiva Acrobata - Funanbolo: (6/6)
» Passiva Acrobata - Caduta Lenta: (6/6)
» Passiva Acrobata - Scalatore: (6/6)
» Passiva Acrobata - Contorsionista: (6/6)
» Passiva Ladro - Celarsi: (6/6)
» Passiva Ladro - Velo Sonoro: (6/6)
» Passiva Ladro - Velo d'Ombra: (6/6)


Attive:

//







Nulla da segnalare, Odette che si comporta da Odette :v:


 
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what a thrill
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Fray poggiò il suo sacco nel carro.
Le parole di Azzurra echeggiavano tra il brusio della folla, arrivando poco chiaramente al monaco. Il proprietario di quel carro, un uomo dalla pancia gonfia, il capo stempiato e dai modi di fare alquanto sbrigativi era invece assorto ad ascoltare l'annuncio della soldatessa. Nei suoi occhi brillava un certo ardore e le sue labbra sembravano faticare a nascondere un sorriso beffardo. Fray gli fece un cenno con la mano, comunicandogli di aver finito di caricare i suoi averi, e quello scese dal suo trasporto. Era un uomo piuttosto imponente, con braccia larghe e ricoperte di graffi e vecchie cicatrici probabilmente frutto di qualche impegnativo lavoro manuale, come la falegnameria. L'uomo, che si chiamava Hick Purrig, si avvicinò a Fray e guardò con occhio sospettoso il sacco del suo cliente. « Tutto qui? » gli disse, in modo indagatore.
Fray abbozzò un mezzo sorriso: « Mi è stato insegnato a non aver bisogno di molto. Ecco qui - » Quindi frugò in una fessura della sua armatura di cuoio e lasciò un paio di monete di rame a Hick. Lui soffiò rumorosamente dalle narici, come se insoddisfatto. I suoi occhi si soffermarono sui risvolti dorati e le decorazioni delle vesti di Fray, che sotto alla sottile armatura di cuoio nero indossava una tunica di un color arancio particolarmente sgargiante. Il monaco immaginò che il falegname si aspettasse più monete da qualcuno vestito con l'opulenza dell'est, e Fray gliele avrebbe anche date se ne avesse avute. « Questa? Un dono. » Disse semplicemente il monaco per scusarsi, prendendo un lembo della tunica. « Sono solo un viaggiatore, come molti qui. Tornerò da voi presto per la mia borsa, signor Purrig. Buon viaggio. »
Senza che il falegname potesse cercare di intavolare un altro argomento, Fray si ritirò nella folla brulicante. I mercanti non gli erano mai andati a genio, soprattutto quelli disposti ad approfittare delle emergenze per intascare altro denaro. Ma nemmeno con i frutti del suo severo allenamento Fray avrebbe potuto valicare a piedi una catena montuosa portandosi in spalla una pesante borsa senza cadere a terra esausto, quindi si era dovuto adattare. Non portava mai molto denaro con sé, un po' per i vecchi insegnamenti del maestro, un po' perché non ne aveva un reale bisogno; quindi si limitò a sperare di non doverne sborsare altro durante il tragitto.
I suoi occhi neri tornarono ad Azzurra, intenta a dare le ultime indicazioni alla carovana prima di metterla in marcia. Non la conosceva ovviamente, ma pareva avere la testa sulle spalle, e tanto bastava.
Fray aveva già compiuto quel tragitto, più e più volte. Non era spaventato per sé, ma dalla quantità di persone che intendevano intraprendere quel viaggio: era una mescolanza di stendardi, lingue e culture così densa da sembrare una tavolozza di colori rovesciata sul dipinto dell'Ystfalda. Probabilmente, in questo caleidoscopio confuso di pensieri e tradizioni si sarebbero anche potuti scatenare dei piccoli conflitti interni. Fray si chiese se avrebbe dovuto aspettare la carovana in caso di simili battibecchi, o continuare solitario fino all'Edhel. Anche se quel viaggio non era cosa nuova nella sua esperienza, ciò che avrebbe potuto attenderli al di là di quei monti lo era.
E Fray aveva visto bene la furia dei demoni nelle foreste del nord. Aveva visto i grandi alberi bruciare e gli elfi disperdersi, scacciati dalle proprie case. Alcuni di loro si trovavano in quella stessa carovana, disposti a tutto pur di tornare in una casa ora libera dalla minaccia del Signore delle Maschere. Anche lui, con loro, era fuggito da quelle terre maledette, incapace di fare la differenza.

L'obbiettivo della sua ricerca poteva anche trovarsi nell'Edhel, ma combattere da solo non avrebbe mai scacciato un intero esercito. Fray era un monaco, non un paladino. "La battaglia è un momento di gloria, una cerimonia attraverso la quale le energie del corpo e della mente possono diventare una cosa sola, è il momento che si avvicina di più all'illuminazione"; questo gli era stato insegnato e in questo Fray credeva. Sospirò malinconicamente, cercando riparo dalla calca di persone. Aveva visto molte vite spegnersi nelle fiamme della distruzione; avrebbe dovuto cercare di salvarle tutte, per quanto impossibile? Del resto, gli sembrava che le vite di tutte quelle persone avessero più valore della sua, che non poteva finire.
Incrociò le braccia, attendendo la partenza. Nella sua mente mille pensieri ancora si accalcavano, e con tutto quel caos che lo circondava, Fray non riusciva a concentrarsi. Si appoggiò ad un carro dai colori vermigli e chiuse gli occhi, cercando di meditare, ma non ne ebbe la chance: sentì la sua tunica essere tirata dal basso, e si voltò immediatamente. Una bambina gli si era avvicinata, probabilmente incuriosita dai suoi abiti o dai suoi tratti orientali. « Mi scusi... monsieur? Non dovrebbe stare qui tutto solo, se la carovana partisse potrebbero scordarsi di lei e lasciarla indietro! »
Fray aggrottò le sopracciglia, stupito e in parte infastidito. Che ci faceva una bambina in mezzo alla carovana? Quale scellerato casato o mercante avrebbe rischiato la vita di una creatura così pura? « Che ci fa una...- » iniziò a dire, ma si fermò immediatamente quando osservò meglio la piccola. Non era un'elfa e non sembrava di certo una rifugiata, ma c'era dell'altro: i suoi occhi erano interamente neri, come la pece, e le sue iridi scintillavano come oro appena fuso. Mentre parlava gli era anche sembrato di vedere dei canini stranamente lunghi, o era stata solo la sua immaginazione? Esitò un istante, cercando risposte a quella stranezza, ma non ne trovò alcuna. Anche se a disagio cercò di rispondere alla bambina con il tono più amichevole che aveva, anche se essere convincente (e specialmente mentire) non erano le cose in cui poteva dire di essere bravo: « Non ti preoccupare, stavo solo... pensando. Piuttosto, che ci fa una bambina come te qui? Sarà un viaggio ostico e pieno di fatiche, chi ti ci ha portato e perché? »

Fray non crede ai suoi occhi vedendo Odette e fa del suo meglio per trattarla come una bambina normale, ma temo che non avrà troppa difficoltà a capire della sua natura se lei fa vedere quei caninozzi di nuovo :argh:
In ogni caso, non avrebbe intenzioni ostili anche venendolo a sapere. Buona quest!
 
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Mezzora prima.

Giù da cavallo e montate le tende!

L’ordine fece immediatamente scattare giù da cavallo gli uomini, circa una decina, e portare avanti i tre muli sui quali avevano caricato tende e provviste per il viaggio. Uomini del nord e dei monti li si sarebbe detti dall’aspetto, coperti di pellicce ed avvolti in lunghi mantelli di lana marrone, lunghi capelli arruffati dalla cavalcata sui sentieri. Tutti armati, tutti con la stessa espressione segnata dal rigore di quelle terre inospitali. Molti sospirarono, preparandosi all’ultimo sforzo prima di potersi riposare per la prima volta in due giorni, qualcuno brontolò qualcosa ma poi si mise al lavoro con gli altri. Il Nobile Kasumaki li aveva avvertiti che avrebbe richiesto un’efficienza esemplare almeno all’arrivo, volendo impressionare quella che era stata la famiglia più importante dei Pari fino a poco tempo prima: erano stati chiamati perché conoscevano quella terra inclemente, perché proteggessero la carovana in cerca di risorse nei territori del settentrione: Shimmen non era uno che scherzava quando cercava di fare buona impressione e nessuno aveva piacere di sentirsi rimproverare da lui.

Rokuoi, Gosteg occupatevi voi di tutto, desidero trovarle pronte quando tornerò. Vado ad avvisare il rappresentante dei Lancaster che siamo arrivati, come richiesto.

Si congedò con queste parole e legò le redini del suo animale ad una staccionata di fortuna. La robusta giumenta iniziò subito a brucare la poca erba che era rimasta nei dintorni, affamata come sempre. Lui le rivolse un sorriso divertito e l’accarezzò sul collo chiedendole quanta fame avesse dopo il fieno di poche ore prima. Uno sbuffo ed un leggero scalpitare furono la sua unica risposta.
S’incamminò tra le tende e le bandiere mentre Rokuoi spiegava al vento il vessillo rosso con l’emblema della montagna e della spada, pensando a come quella spedizione – quella gente – avesse davvero un grande entusiasmo di partire, un desiderio che si avvertiva nell’aria colma di cento voci e rumori, e decine di bandiere svolazzanti nell’aria fresca delle montagne. Poteva essere così all’inizio, sorrise mestamente camminando lentamente verso il centro del campo e si grattava la barbetta che aveva iniziato a farsi crescere sul mento e sulle guance. Dopo i primi giorni di viaggio era certo che la maggior parte di quelle persone si sarebbero chieste cosa, per tutti i Kami, le avesse spinte ad intraprendere un cammino così duro. Eppure era un bene che vi fosse tanta aspettativa, dopo anni di scontri la gente voleva avere qualcosa, qualcuno, in cui credere. Quanto a lui andava a Nord per scoprire cosa ne fosse stato delle terre oltre la sua, oltre quell’estrema propaggine di Dotran che era diventata la sua terra. E per denaro certo. La vita era dura tra le montagne ed il suo feudo non florido nonostante lo smercio di pregiate pellicce e legname duro d’alta quota: qualsiasi fonte di guadagno era bene accetta e del resto il mestiere della lama di ventura non gli era sconosciuto.
Una voce familiare ed una massa di capelli biondi attirarono la sua attenzione, una donna discuteva animatamente con un uomo di mezza età, così compunto nella sua armatura su cui capeggiava lo stemma del Drago Lancaster.
Intuì che l’uomo aveva fretta di partire e che desiderava che lei comunicasse alla carovana di prepararsi, insisteva con una voce stridula che mal si adattava al fisico di un vecchio soldato. Capì che Azzurra, perché proprio della sua ex compagna nella Resistenza nonché servitrice della donna che pensava di amare Ryellia Lancaster si trattava, stava facendo buon viso a cattivo gioco e rassicurava il suo interlocutore. Era lei quindi, la guida ufficiale della spedizione. Ne fu soddisfatto. La udì ordinare ad una ragazza di andare a cercare un’altra, una bambina probabilmente, e caricarla su un qualsiasi carro e quando lei si girò nella sua direzione per salire su una pila di casse le rivolse senza pensarci un cenno di saluto ed un sorriso di incoraggiamento subito celato dall’abbassarsi della testa, quasi vergognandosi di aver avuto tanto ardire in presenza di qualcuno di fama: ricordava che lei non si sentiva a suo agio a fare discorsi in pubblico e magari un viso di un vecchio compagno di avventure le avrebbe fatto piacere. Soprattutto di uno che si presumeva fosse morto dopo aver sfidato da solo i due Lorch, tentando di assalirli alle spalle mentre infuriava l’attacco della Resistenza a Basiledra.

Lady Azzurra.

Non riuscì a guardarla in viso per più di qualche istante e così finì per fingersi interessato ad osservare la folla variegata che si disperdeva lentamente, strofinandosi nervosamente le mani mentre le parlava. Non riusciva più a farlo con alcuna ... dopo. Non con la stessa arzigogolata e scherzosa eloquenza di prima e questo fatto lo riempiva di fastidio e confusione:non sapeva bene per cosa provava fastidio, o se avrebbe dovuto invece provare gratitudine per il fatto che lo scontro di con la più letale dei Lorch gli avesse lasciato “solo” quella cicatrice, invece di prendersi la sua vita come sarebbe potuto succedere. Era rimasto in coma per quasi tre settimane prima di risvegliarsi ed il Corvo che l’aveva assistito aveva parlato di un miracolo del Sovrano quando si era risvegliato.

Come mi era stato richiesto ho portato dieci dei miei migliori soldati ed esploratori per contribuire alla scorta di questa spedizione.

Forse aveva parlato con un tono troppo brusco ma ripensare a quel passato riportava alla luce ferite ancora troppo recenti e troppe domande che non aveva voglia di farsi, un modo di vedere la vita che poteva essere partito nella maniera sbagliata. Sperava che lei lo potesse capire, era una persona a suo modo sensibile ed empatica a quanto ricordava.



Ora.

Cosa ... chi siete voi?

Inciampò sulla parola Shimmen, incerto su come ci si dovesse rivolgere a quel duo di tanto singolari creature, decidendo all’ultimo istante che se erano giunte all’attendamento non potevano essere considerate “cose”, era una parola tanto indelicata del resto da usare in quel contesto ma bensì persone. Piazzatosi davanti a loro a gambe larghe le squadrò per bene, non nascondendo affatto la sua curiosità ed anche quel turbamento interiore che si prova quando ci si trova davanti, letteralmente, l’ignoto: si mostrava così sicuro di sé perché cosciente di avere un pubblico ed una reputazione da mantenere di fronte ai suoi uomini che lo osservavano a poca distanza mormorando tra loro.
L’uomo-ombra, non avrebbe altrimenti saputo definire il condensarsi di oscurità fumosa che rassomigliava ad un essere umano, reggeva in mano una catena alla quale era legato quello che sembrava uno dei golem che aveva giù avuto modo di osservare al Nord, anch’esso fumoso ed indistinto nei suoi contorni ma ben percepibile per la presenza massiccia del nucleo stesso delle sue ombre.

Cosa vi porta qui?

Non sembrava avere cattive intenzioni ma una presenza tanto straordinaria aveva inquietato la gente, molti erano senzatetto o rifugiati, gente povera che aveva viaggiato poco e conosceva anche meno: qualcuno aveva già iniziato a parlare di malefici e stregonerie, di Ombre nere che calavano dai monti nottetempo e rapivano ignari dai loro letti ed animali dalle stalle e dai pollai ed era sua compito rassicurarli.
Superstizioni certo, e incomprensione di ciò che era diverso, erano comuni tra la gente comune e gli umani in generale erano una delle razze meno lungimiranti ed istruite, nonché meno tolleranti. Era per quel motivo, tra l’altro, che di recente si era sforzato di viaggiare il più possibile e giudicare ognuno in base a come lo conosceva e non appoggiandosi a pregiudizi e modi di dire comuni. Voleva ampliare i propri orizzonti, conoscere il mondo e magari cosa c’èra anche al di là di quello e poi trasmettere quel che avrebbe imparato alle future generazioni. Quale maniera migliore di farlo, che con un esempio diretto?

 
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«Da Est a Nord»

Fondare una nuova colonia non è certo un gioco da ragazzi. Al contrario, si tratta di un'azione incredibilmente complicata che richiede la completa dedizione tanto dei coloni quanto degli individui desiderosi di fondarla. Le difficoltà iniziali sono considerevoli. Esplorare un'area sconosciuta, localizzare le fonti di acqua potabile e di cibo, stabilire una prima linea di difesa contro i possibili pericoli. Se si sopravvive alla prima fase, allora si ha la possibilità di stabilire una posizione stabile. A quel punto bisogna trovare le sementi in grado di crescere nel clima presente nell'area e trovare una zona abbastanza grande da poter lavorare. In tutto questo bisogna tenere in considerazione la concreta possibilità che le tribù elfiche locali non siano poi così amichevoli, il che può significare anche una guerra su piccola scala se le cose dovessero volgere al peggio. Non mi è ancora chiaro del perché Azzurra abbia deciso di rivolgere i suoi sforzi verso il nord, non mi ha mai dato l'impressione di qualcuno così interessato alle mire espansionistiche di qualsivoglia tipo. Inoltre, ora che I Corvi Leici detengono il potere su buona parte del Dortan, non sarebbe nei sui interessi rimanervi per assicurarsi che tutto vada per il verso giusto? A meno che... questa non sia una sua scelta. Ryella? No, non manderebbe mai una persona a lei così vicina a svolgere un tale compito. Ufff... allora chi? Beh, ho settimane di viaggio per trovare una risposta a questo quesito. Tornando al buffo monaco, devo dire che ha un modo di fare un tantino insolito. Oh, insomma, è normale che i monaci abbiano un'attitudine gentile e distaccata allo stesso tempo. Credo dipenda dal fatto che esssi misurino persino le loro relazioni emotive con le altre persone. Fa un po paura a pensarci, il dover prestare attenzione a non essere mai eccessivamente felici o tristi, calmi o arrabbiati. Equilibrio in ogni cosa, il problema è che non c'è un valore fisso a stabilire il concetto di equilibrio. Ognuno ha il suo, e ce ne vuole a trovarlo prima di stare in pace con se stessi!



« Oh, che cose buffe che dice, monsieur monaco! » Faccio scorrere una mano per coprirmi la bocca, ridacchiando con fare divertito alle parole del monaco. « Ci sono un sacco di famiglie di fattori qui! Non potevano certo lasciare i loro figli e le loro figlie da soli nel Dortan! »

« Vede... con tutte le brutte cose che sono successe, molte persone hanno finito col perdere tutto quanto. » Sul mio volto si dipinge una leggere amorfi di disappunto, mista al rammarico mentre sospiro leggermente. « Molte di queste persone vogliono solo rifarsi una vita, lontani dalle guerre e dagli intrighi presenti nei Quattro Regni. Lei non è qui per questo motivo? »



Beh, certo che non lo è! Ai monaci piace un sacco girovagare di villaggio in villaggio, aiutando la gente del luogo, istruendo i figli dei contadini come imposto dalla loro tradizione. Pochi lo sanno, ma quando si tratta di cucinare del riso un monaco conosce almeno un centinaio di modi diversi per cucinarlo! Ed il pesce, sono molto bravi a prendere i pesci! Niente canne da pesca o trappole. Si mettono in piedi dove il fiume non è particolarmente profondo e li sfilano fuori dall'acqua, a mani nude! A mademoiselle Azzurra farà veramente comodo avere qualcuno come lui al villaggio. O beh, accampamento. Ci vorrà un po per costruire un bel villaggio, però sarà divertente essere parte del tutto! Chissà che nome gli darà...






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Nulla da segnalare, Odette che si comporta da Odette :v:


 
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view post Posted on 18/8/2015, 13:27
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Gli occhi della bambina si spalancarono come due grandi specchi luminosi. Il loro bagliore dorato era freddo e immobile, dava i brividi. Mentre Fray continuava a raccapezzarsi sul significato di quell'innaturale caratteristica, la piccola continuava a parlargli: « Oh, che cose buffe che dice, monsieur monaco! Ci sono un sacco di famiglie di fattori qui! Non potevano certo lasciare i loro figli e le loro figlie da soli nel Dortan! » Famiglie? Fray si guardò attorno più attentamente. C'erano numerose congregazioni militari, mandate dai signori di tutta la regione per esplorare l'Edhel liberato, poi c'erano numerosi avventurieri e esploratori come lui, mercanti d'ogni specie, e infine i rifugiati che desideravano tornare nelle loro terre, tra cui numerosi elfi Arshaid e Rahm as Aid. Gli era anche parso di vedere un golem. Ma Fray non vedeva molte famiglie umane. L'Edhel era un luogo pericoloso e selvaggio, anche se libero dai demoni. Certamente le ombre che infestavano la regione da più di un decennio non erano sparite; a queste si aggiungeva l'incognita dei misteriosi liberatori del Nord.
Voci che parevano più come fiabe e leggende descrivevano che erano stati i draghi, discesi dal cielo, a ricacciare i demoni nelle profondità di Baathos. Fray stentava a crederci: draghi erano praticamente estinti, pochissimi di loro resistevano ancora su Theras grazie alla loro incredibile longevità, senza la quale sarebbero certamente scomparsi completamente secoli, se non migliaia di anni prima. Da dove sarebbe spuntato un esercito di loro? Non era semplicemente possibile.
Eppure, il monaco era iindeciso. "Impossibile" era una parola da usare con cautela su Theras.

« Vede... con tutte le brutte cose che sono successe, molte persone hanno finito col perdere tutto quanto. Molte di queste persone vogliono solo rifarsi una vita, lontani dalle guerre e dagli intrighi presenti nei Quattro Regni. Lei non è qui per questo motivo? »
« No, non è per questo che sono qui. » rispose in modo secco Fray, assumendo un'aria più severa. « Molti anni fa mi è stato predetto che nel momento in cui sarei tornato nell'Edhel, una tragedia sarebbe avvenuta. Appena pochi mesi fa si presentò l'occasione di oltrepassare l'Ystfalda con un gruppo di avventurieri, così mi unii a loro. Ma quando arrivammo nelle terre del nord, i demoni avevano già iniziato a diffondersi come un'onda nera su tutto il territorio. » Fece una breve pausa accarezzandosi il mento, perso nelle sue reminiscenze. « Anche noi fummo travolti da quell'onda, e fui costretto a fuggire.
Ora voglio tornare nell'Edhel, per ultimare il viaggio e onorare la memoria di amici scomparsi.
»

Gli sembrava di vederli ancora, all'inizio del percorso, radunati ad aspettarlo. Anne, Frederick, Noir. Si erano ritrovati anche loro in quella zona, pronti ad iniziare il loro ultimo viaggio, ognuno per motivi e obbiettivi diversi, ma tutti uniti nello scopo comune di raggiungere l'Edhel. Avevano impiegato due settimane per oltrepassare le montagne, cercando di aggirare gruppi briganti un tempo parte della Guardia Insonne sconfitta a Basiledra. Avevano anche incrociato un orco delle nevi, un cosiddetto yeti, ed erano riusciti a sopraffarlo insieme. Ma all'arrivo solo il fuoco della distruzione li attendeva. Fray ricordò bene che era vivo in quel momento solo perché morire gli era proibito.
Anche lui sarebbe caduto in battaglia, se non fosse stato per la maledizione che lo affliggeva.
« Puoi chiamarmi Fray. » Disse poi, cercando di riprendere un tono amichevole. « Tra poco ci metteremo in marcia, ma sono curioso di sapere la tua storia. Qual'è il tuo nome? »


Post breve per continuare il dialogo con Odette
 
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Ystfalda - Campo Base
«Da Est a Nord»

Incredibile come una domanda banale come il voler sapere i motivo della propria presenza in un luogo siano in grado di far riaffiorare ricordi così unici e singolari. Comprendo di aver toccato un tasto dolente quando la parvenza di pace e gentilezza viene lavata via dalle fredde acque della realtà. Di quanto è accaduto nell'Edhel non ho udito altro che semplici storielle, quasi favole per bambini dal modo in cui venivano raccontate. Come nell'Akeran, le orde demoniache erano emerse dall'abisso per mettere a ferro e fuoco le lande circostanti, puntando sempre più a sud. Questo finché i draghi presenti in quelle terre hanno deciso di fare la differenza nel conflitto, permettendo agli eserciti di elfi e uomini presenti li a sud di far battere in ritirata le orde demoniache. ma la guerra, si sa, impone sacrifici. Mi basta guardare il volto serioso del monaco, lo sguardo immobile a tal punto da farlo sembrare una statua più di quanto non sembrasse prima. Il rammarico del sopravvissuto, mi piace chiamarlo. L'altra faccia della medaglia di chi riesce a scampare a morte certa, il solo tra molti. Un osservatore esterno la definirebbe fortuna, ed in effetti lo è. Ma ciò che chi osserva dall'esterno non riuscirà mai a comprendere è il tremendo di non essere riusciti a fare di più. Perché solo io? Perché il fardello di volti familiari che vanno svanendo nella memoria continua a tormentarmi? La risposta, sempre la stessa. Quell'intrinseca consapevolezza che, se solo fossi stata un po più forte, allora non sarei solo un'altra sopravvissuta. Perché in fondo è questo che ci spinge ad andare avanti, no? Diventare più forti, salvare il maggior numero di persone possibili, in cerca di una qualche strana redenzione. Anche se in realtà, tutto ciò di cui abbiamo bisogno, è il perdono. Non di dio, non dell'uomo. Solo... di noi stessi. A mia memoria nessuno è mai riuscito ad ottenere un simile perdono. nemmeno io.



« Il mio nome è Odette, monsieur Fray! » Annuisco rapidamente al mio interlocutore, inclinando la testa sulla destra mentre lo scruto con fare inquisitorio. « Hmmmm... la mia storia? Non è che ne abbia una. Voglio dire-... »

« Ho una storia, proprio come tutti quanti! Però... sono solo una bambina. » Faccio scorrere la mano destra fra i capelli, carezzandomi la nuca con fare imbarazzato mentre rivolgo lo sguardo verso il campo base. « Sono certa che persone come lei o mademoiselle Azzurra avete una storia molto più interessante della mia. »


« Ah, giusto! Io conosco mademoiselle Azzurra, sono certa che a lei piacerà un sacco conoscere un'uomo come lei! » Faccio un leggero saltello in direzione del monaco, guardandolo dritto negli occhi con fare infantile, pronta ad avanzare la mia proposta. « Le piacerebbe incontrarla prima della partenza? »






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view post Posted on 18/8/2015, 16:03

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continua da qui
Lòthspell contemplò il deserto un'ultima volta.
Il vento modellava le dune in pigre onde e trasportava granelli di sabbia per l'aria che solcando la mutevole superficie d'ombra del Viandante tracciavano righe sottili nella materia onirica, come se il respiro antico di quel mondo volesse incidere sulla sua pelle la storia futura che lo aspettava, vergata in rune misteriose. A quel pensiero il suo volto indistinto e fumoso abbozzò un sorriso, mentre lo sguardo scivolava sul panorama dinnanzi a sè. I ruderi in legno di vecchie costruzioni e impalcature emergevano a stento dai muraglioni sabbiosi, relitti sommersi e dimenticati di un mare prosciugato. Chi li aveva edificati, chi aveva popolato quell'oasi ormai non era che polvere tra la polvere, le loro vite meri barlumi di luce in confronto alla sua, generato ben prima di essi e destinato a perpetuarsi ben oltre la loro morte. Più lontani, stagliati contro l'orizzonte, monoliti di pietra si innalzavano dal deserto, protesi verso il cielo in un disperato appello; lì da qualche parte Lòth aveva lasciato Pohrrient, il fauno, e il suo scheletrico amico. La creatura lo avevo incuriosito, almeno all'inizio, ma ben presto le sue farneticazioni su quella tale Kjed, nonchè l'aspetto repellente della bestia gli erano venuti a noia e nel corso della notte si era allontanato. Inoltre quel posto era privo di interesse per lui: ciò che cercava e agognava era la vita di quel mondo, tumultuosa, frenetica e ribollente, e le risposte che lì poteva trovare, non la morta fissità del deserto. E se anche il figlio del Gelo si era offerto di accompagnarlo nel suo viaggio, non sarebbe stato altro che un inutile fardello: Lòth intendeva muoversi molto più in fretta di quanto al fauno consentissero le sue goffe zampe.

Si voltò verso Tanæquil, la cui massa imponente torreggiava accanto a lui.

« E' tempo di andare. »


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~

SETE DI RICCHEZZA
- corsa all'oro -


Era riverso nella polvere fradicia di sangue, grida assordanti nelle orecchie e una mano a tappare lo squarcio nello stomaco perchè le intestina non colassero fuori. Con l'altra impugnava una lancia, mentre fissava terrorizzato il guerriero che avanzava contro di lui, arma in pugno, deciso a finirlo. La disperazione gli scorreva nelle vene come fiele tossica, gli opprimeva il petto come un macigno inamovibile, offuscava ogni suo senso per lasciare spazio solo a un nero abisso di dolore. Eppure fu la stessa disperazione a dargli la forza per frapporre l'asta fra sè e il nemico all'ultimo istante, impalandovelo sopra. Quello abbassò lo sguardo sbigottito, vacillò all'indietro di qualche passo e alla fine rovinò per terra, trascinandosi via anche la lancia. Ora al posto dell'arma il soldato ferito stringeva un orsacchiotto di pezza; non era più ferito però, e neppure un soldato se è per questo, nè la battaglia infuriava attorno a lui: era una bambina, sola col suo animale farlocco in mezzo al buio della notte, gli occhi sgranati dalla paura alla ricerca del mostro che - lo sapeva - sarebbe presto emerso dalle tenebre. La scena mutò ancora e questa volta vi erano due giovani avvinghiati in una morsa passionale; la forza dell'amore che li univa eclissava il mondo esterno e li rendeva dimentichi di ogni affanno, timore o preoccupazione. Esistevano solo loro due, l'uno per l'altra.
Questi e altri ancora furono i sogni che Lòthspell attraversò, sfruttando le fantasie dei dormienti e le scorciatoie oniriche per superare il deserto, guadare fiumi e valicare monti, finchè non riemerse nel mondo reale. Non era solo un modo per viaggiare più in fretta, anzi questo aspetto passava in secondo piano al confronto del suo vero intento. Bramoso com'era di conoscere e sperimentare le emozioni che animavano gli esseri viventi e gli umani in particolare, i sogni erano il luogo e il momento ideale per farlo: nei sogni i sentimenti e le sensazioni si esprimevano al massimo grado, amplificati a dismisura dall'inconscio e dalla dimensiona onirica, senza il filtro annichilente della razionalità e del controllo, come un fiume in piena, ingrossato dalle piogge ma costretto nei suoi angusti argini e bloccato da una diga, che all'improvviso riusciva a spezzare gli ostacoli e straripare in tutta la sua forza.

Non sapeva di quanto si fossero spostati, lui e Tanæquil, ma certo il paesaggio era profondamente mutato. Si trovavano in un povero villaggio, niente più che una manciata di casupole gettate alla rinfusa sul terreno spoglio. Pioveva, e per la strada fangosa che tagliava a metà il centro non si vedeva anima viva. Lòth rimase fermo qualche minuto, assaporando il tocco della pioggia sulla propria pelle d'ombra, poi si avviò per il viale senza alcuno scopo preciso. Intravide le tende di una finestra scostarsi e il volto di un bambino fare capolino, ma non appena si girò nella sua direzione il piccolo, spaventato, si nascose dietro il drappo. Accanto al vetro scorse però un volantino affisso alla parete della casa che attirò la sua attenzione. Una parola scritta a grandi caratteri capeggiava al centro del foglio: Edhel. Poco sotto, promesse di avventure e ricchezze in quella rigogliosa terra, ma quest'ultime non interessavano affatto al Viandante. Era il titolo che aveva smosso qualcosa in lui; gli tornarono in mente le parole di Pohrrient, la sera prima, nell'oasi in mezzo al deserto:

« Ti condurrò al cuore della conoscenza di Theras, lì dove risiede l'interezza del sapere. »

Così aveva detto, riferito proprio alla regione settentrionale del continente.
La decisione fu facile da prendere. Al momento non aveva alcuna traccia particolare da seguire nella ricerca del proprio sognatore, nè un posto specifico dove recarsi; l'Edhel era di per sè una scelta valida come tante altre, e con l'allettante aggiunta della promessa conoscenza diveniva la preferibile. A quanto ne sapeva, poi, quelli erano i luoghi più a stretto contatto con l'Oneiron, tanto che in alcuni punti le due dimensioni quasi si sfioravano, circostanza senz'altro a lui gradita. Infine nel bando si parlava di una carovana organizzata per la spedizione, occasione perfetta per iniziare a familiarizzare con la vasta gamma degli abitanti di Theras.

L'indomani giunse al punto di raccolta: aveva infatti scoperto che si trovava a breve distanza dal villaggio e scelto dunque di coprire l'ultimo tratto a piedi: i viaggi attraverso i sogni potevano risultare debilitanti, se praticati troppo spesso.
L'accampamento si estendeva per un buon tratto, caotico e variegato. C'erano tende di ogni foggia, colore e dimensione, da quelle più piccole degli sbandati e dei cavalieri erranti ai grandi padiglioni dei nobili, simili a veri e propri palazzi, coi drappi sgargianti impreziositi da ricami d'oro e d'argento e guardie armate all'entrata. La stessa confusionaria molteplicità si rifletteva nelle razze e nell'aspetto di quelli che circolavano per il campo, così come negli stendardi che garrivano al vento e negli stemmi risplendenti sugli scudi. Gli spazi tra le tende erano affollati da capannelli di persone radunate attorno ai falò e ai paioli messi a scaldare sul fuoco, dai carri gravati di salmerie e merci e dagli indaffarati che correvano di qua e di là per terminare gli ultimi preparativi.
Lòth stava camminando tra due ali di folla col golem al suo fianco quando fu avvicinato da un giovane uomo in tunica, capelli rosso sangue e occhi neri come la notte, dai tratti del volto aristocratici. Squadrò il Viandante con una certa diffidenza, prima di rivolgergli la parola con tono circospetto.

« Il mio nome è Lòthspell, » rispose in tono cordiale ma serio, « e lui è Tanæquil. Siamo un essere solo, per quanto le apparenze possano ingannare. »

Il comportamento cauto dello sconosciuto attirò l'attenzione su alcuni dettagli che fino ad ora aveva ignorato: le occhiate di traverso delle altre persone, i sussurri che avevano accompagnato la sua avanzata, il rapido ritirarsi degli uomini al passaggio dei due. Doveva essere per loro una vista ben strana ed era normale che le loro menti limitate e superstiziose lo giudicassero con sospetto e paura. Timore reverenziale, decise il Viandante.

« Per rispondere alla tua domanda, è la ricerca di conoscenza che guida i nostri passi. Siamo viaggiatori, provenienti da un luogo molto lontano. »

Mentre parlava il suo aspetto mutò, filamenti d'ombra modellati da una mano invisibile a plasmare una nuova forma. Non era più un concentrato indistinto d'oscurità, ma un uomo in carne ed ossa, giovane e atletico, folti capelli scuri e lineamenti marcati. Conservò il lungo mantello candido drappeggiato sulle spalle, così come la falce nera e affilata appesa alla schiena e gli occhi cerulei, penetranti, unico dettaglio del suo aspetto fisico rimasto invariato a testimoniare la trasformazione.

« Dovrebbe andare meglio, ora, » disse al proprio interlocutore con un cenno d'intesa, prima di indicare il conglomerato d'ombra che formava Tanæquil: « Per lui, però, non posso fare molto. »

Da qualche parte oltre la fila di tende udì una voce femminile chiamare l'adunata; pareva che la partenza fosse ormai prossima.

« E la tua storia qual è? »



Segnalo solo l'uso della mia nulla di teletrasporto e della passiva razziale camuffamento.
{♦} viaggio onirico ~ 19/25 ~ nullo ~ natura magica ~ abilità di teletrasporto tramite i sogni delle persone
{■} camuffamento ~ passiva razziale ~ ombra ~ 6 usi ~ capacità di celare il proprio aspetto (salvo per un dettaglio riconoscibile) e assumere qualsiasi forma desiderata purchè umanoide; 5/6 usi disponibili
Per il resto, non ho che da augurare buona giocata a tutti!

 
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Lill'
view post Posted on 19/8/2015, 23:46





– …verso un mondo fatto di meraviglie! –
  La voce della guida della spedizione risuonò nell’aria mattutina.

  Rick Gultermann seguì il brusio generato dal discorso della ragazza propagarsi negli angoli del campo.
  Così dicono..., alluse, alzando leggermente il mento verso Rune. L’elfo in tutta risposta si strinse nelle spalle, per poi continuare a ficcare la sua roba nelle bisacce di cuoio. Erano in qualche decina gli Arshaid a ripartire dal soggiorno forzato che li aveva visti arrangiarsi per giorni ai margini settentrionali della Roesfalda, e, come Rick aveva potuto capire, in pochi erano particolarmente soddisfatti.
   Quindi quel tuo cugino -come hai detto che si chiama?
  – Stiggsen –
  Stiggsen, anche lui è tra quelli che li ha visti di persona. il nano proseguì, stringendo le asce da lancio al fianco dei calzoni. Si pattò l’armatura sul petto e le saccocce, dunque ributtò un’ultima occhiata nella tenda; pareva non aver lasciato nulla.
  – Sì. Ti ho detto, è dovuto ripartire di fretta e non è che ci abbia parlato granché, ma si trovava su una collina che dava sulla piana prima dell’Erynbaran, e li ha visti.
  Gli Höfundum; I draghi delle leggende.–

  Mh-Mh. E di quell’Urraig, il ragazzo, quindi non sapete come sia finita...
  – No, mi spiace. Già normalmente, non comunichiamo molto con i Rahm.–
  A quel punto Rick Gultermann rientrò nella tenda-albero dei profughi Arshaid per qualche istante, per poi uscire con una borraccia stretta in mano. Ringraziò Rune e se ne andò. Non c’era niente di meglio che nettare di patate di Kholm, allungato con una buona dose di alcol, per darti una sveglia decisa. E Rick di una sveglia ne aveva bisogno. Dopo le varie tappe nei regni a Nord del Dortan in cerca di armi e supporto per la causa Rahm, una ben magra scia successi, il vagabondo si era infine deciso a raccattare quanto racimolato e tornare nell’Edhel. Fu pochi giorni dopo essere arrivato ai piedi delle montagne, l’alcol già finito e la voglia di camminare poca, che gli giunse voce di quella bizzarra traversata declamata ai quattro venti. Si precipitò al campo. Che a organizzarla fosse qualcuno che aveva conosciuto settimane prima, a Rick parve una strana coincidenza. Si chiese se fosse il caso di andare a dire una parola ad Azzurra de Rougelaine; l’aveva giusto salutata al suo arrivo al campo, per poi vederla di rado. Di parole, però, non gliene veniva in mente nessuna quella mattina, così si diresse verso il recinto delle bestie.

  Trovò Torbo a mangiare fieno, lì dove l’aveva lasciato qualche attimo prima. Nero, basso e impostato, il bastardo da scalata gli era costato più del classico mulo che normalmente usava per grossi carichi -ma si fottesse la madre dei tirchi, stavolta non poteva rischiare. Riattaccandola al carro, Rick tolse il fieno di bocca alla bestia senza troppe feste; Torbo mugugnò spazientito, ma Rick se ne infischiò, perché la scorta che aveva doveva durargli tutta la traversata. Anche il carro sembrava apposto: ben coperto da un telo di cuoio contro l’umidità, il carico di Occhio di civetta sferragliò allegramente quando il nano spostò il carro ai limiti del campo, per fare colazione.

  – Anche se il pericolo sembra scampato, non dubito che i clan accetteranno di buon grado come hai speso i nostri averi –, le aveva detto Kellen, l’anziana Rahm di un gruppo di rifugiati, quand’era ripassato per Haistone, nella Roesfalda. – Avranno di certo bisogno di lance nuove a sostituire quelle andate perdute. E poi, anche se si sono udite le grida dal cielo e di armate non ce ne sono più, non mi pare sia finita così.   Insomma: l’Abisso attende. –
  E Rick era certo attendesse davvero. Attaccò Torbo a un albero e si sedette su una cassa. Attorno a uno scuro, enorme tronco di abete mozzato stavano seduti diversi membri della spedizione, uomini che Rick non conosceva, né si era sforzato di conoscere nei due giorni spesi al campo. Agguantò un po’ della colazione che i commensali avevano messo in comune su quel tavolo improvvisato, ammorbidendola con qualche sorso dalla borraccia. Era tutto pronto. Così, aspettando la partenza, si ritrovò a pensare agli Arshaid, e alle loro storie sugli Dei del cielo e le scalogne della terra. Gli avevano detto che le città degli uomini erano piene di sapori e odori artefatti, di cose incomprensibili. Rune sosteneva che aveva dovuto tirar via sua sorella da un variopinto imbonitore che, in pubblica piazza, cercava di convincerla ad aggiustare tramite denaro con sostanze strane e sospette quello che aveva chiamato fetore da spalamerda. Forse Rune non capiva niente di profumi; di sicuro non gli fregava un cazzo imparare.

  Rick Gultermann ripulì la testa dai pensieri e la gola, buttando giù l'ennesimo sorso. Quando gli parve che il tipo al suo fianco lo stesse guardando, fece per offrirgli la borraccia: Alla salute.
  L’altro rifiutò gentilmente, ma levò il suo bicchiere.
  – Alla salute signore, ed al successo di qualsiasi cosa stiate cercando nelle terre del Nord: nel mio caso, denaro per la mia gente e curiosità di scoprire cosa è cambiato dall'ultima volta che sono stato in quelle zone così lontane dalla – ponderò un istante la parola da usare, per poi sorridere beffardo – politica. Nel vostro caso invece? – chiese l’uomo.
  Oh, cerco solo un passaggio.
  Anche Rick levò la borraccia, per quindi starsene pensieroso qualche istante.
  Certo di carovane così non se ne vedono spesso, no.
  – Non vi sarebbero i Lancaster alla sua guida, né la scudiera di Ryellia Lancaster, Azzurra, alla guida di una qualunque spedizione. Questo è certo, – replicò il commensale.
  – A me hanno semplicemente chiesto di formare un gruppetto di gente per la scorta, visto che il mio feudo si trova appunto a qualche giorno da qui, sulle montagne... gente che conosce il posto, abituata al clima. –
  A quelle parole il nano lo guardò meglio: portava un mantello marrone, e non era vestito come il più dei soldati o dei vagabondi. A colpirlo però furono i capelli color del fuoco, che a quel che ricordava non era una cosa comune tra gli umani, anche se vicino alle montagne.
  Allora tu - voi... cioè, sei un nobile, e di un feudo a Nord anche!
  Si girò all'indietro, verso il carretto e il suo carico, che luccicava metallico dove il telone si alzava sui bordi; quindi tornò al commensale.
  Beh, di cose strane nell'Edhel ce ne sono, se è quelle che qui vanno cercando. Ma di solito, chi le trova trova anche cose ancora più strane. Cose da starci attenti. Occhio di civetta scrutò l’altro di sottecchi.
  O insomma, fece, rauco così dicono...
  Rick si alzò, salutando con un cenno del capo il nobile dalla testa di fuoco. Aveva fatto la traversata dell'Erydlyss diverse volte. Prima di prendersi il vezzo di sapere nomi o cercare favori, sapeva ch'era meglio aspettare di arrivare interi dall'altra parte.




SPOILER (click to view)
Eccomi! Interazioni concordate con Vulcano. Per ora niente specchietto, passive o altro da segnalare.
Buona fortuna a tutti :sisi:

EDIT: sistemato un errore :sisi:


Edited by Lill' - 20/8/2015, 01:53
 
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Atelstano
view post Posted on 20/8/2015, 02:03




Correre, nascondersi, cercare un riparo per la notte, guadagnarsi un pasto a stento e di nuovo fuggire.
Non credevo fosse così difficile la vita di un ricercato. Dovevo andarmene, il prima possibile.
"Forse dovrei prendere sul serio quella voce"
Pensai, così forte che quelle parole mi parvero pronunciate da qualcuno.
Da qualche giorno avevo sentito di una spedizione nell'Edhel: fama, gloria e fortuna attendevano chi aveva abbastanza coraggio (o follia, che dir si voglia) di abbandonare tutto per recarsi lì. Chiacchere da taverna, forse.
O forse no.
Stare lontano dalla città, da Godiva, per Dio solo sa quanto tempo cosa avrebbe potuto significare per me?
Non lo volevo, certo, non avevo la minima intenzione di abbandonare ogni tentativo di riaverla, ma... cos'altro potevo fare?
E, ancora, come potevo sapere che dall'altro lato non mi attendeva una vita all'insegna della follia?
Strinsi forte i palmi alla mia testa: dannazione, potevo forse – d'altro canto – continuare a sopravvivere in quella maniera? Sapevo, oh sì, lo sapevo, sapevo che le guardie mi avrebbero potuto trovare da un momento all'altro!
Forse dovevo veramente andare, sì.
Mi stavo convincendo.
Sarei andato nell'Edhel, avrei fatto fortuna. Oh, sì, già mi vedevo. Adornato a bella posta, più ricco di quanto avessi mai potuto pensare prima, più forte anche e – che Dio mi fulmini se non succederà – persino più elevato socialmente! Sì, non avrei dovuto tener conto di nessuno, sarei stato al di sopra della legge!
Cominciai a ridere in maniera sguaiata, ma ero solo, che importava.
Oh, con quanta labile razionalità perseguivo la mia follia!
Ed ero un folle, sì, qualcuno può forse negarlo? Qualcuno può forse fare a meno di notare l'insanità nella mia mente, nei miei ragionamenti? Vi prego, risparmiatemi la risposta, la conosco già.
Fantasticavo una vita in cui avrei potuto fare quel che volevo, in cui avrei potuto avere chi volevo!
Che pazzia!

___ ___


Persone di tutti i tipi, accalcate nella massa, come tanti topi in attesa che il sadico di turno gli dia una mollica di pane prima ancora di bastonarli. Troppo cinico?
Beh, l'andare in guerra, eseguendo ciecamente gli ordini, mi aveva portato alla follia e alla perdita di ciò che avevo di più caro: come potete biasimarmi?
Non mettevo assolutamente in dubbio le parole della donna – colei che probabilmente era il "capo" della spedizione, ma allo stesso tempo non le presi come verità assolute.
Mi scivolarono addosso, vuote. Quasi come se la possente armatura, che ormai da troppo tempo non indossavo, mi proteggesse – no, no, mi isolasse dagli altri.
Sfilai l'elmo, facendo attenzione che le lunghe corna non mi ferissero, ed osservai meglio chi mi stava attorno.
Ciò che vidi cominciò a convincermi che forse folle lo ero davvero.
Un essere umanoide, formato di sola ombra e legato – così pareva – a qualcos'altro. Cos'era?
Una sagoma fumante, un pericolo – probabilmente – eppure così calmo, pacato.
Così freddo, così...
Così diverso da me.
Cominciai a tremare. Ero incerto se quella cosa esisteva realmente o era solo frutto della mia mente.
Cosa dovevo fare? Ignorarlo, semplicemente?
Stava parlando con un altro uomo, ne sono sicuro. Dovevo avvicinarmi, intervenire nel caso fosse successo qualcosa e difendere chi lo necessitava.
Rimisi l'elmo, avanzai timidamente: le gambe mi tremavano!
Non c'era traccia, però, di quella desolante luce che accompagnava ogni mia allucinazione! Forse, solo forse, non stavo delirando.
Feci una altro passo, ed un altro ed un altro ancora.
Strinsi forte le mani alle else delle spade.
Ero ormai vicino a loro due.
Non parlai, ma ero pronto a intervenire qualora la situazione lo richiedesse.
Ancor prima di iniziare l'avventura che stavo per intraprendere, tremavo di fronte ad un pericolo forse inesistente.
Avete ancora il coraggio di definire sana la mia mente?



Beh, buona quest a tutti. Evito il dialogo per motivi di tempo <.<
 
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view post Posted on 20/8/2015, 05:45
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Cavalier Fata
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Sete di Ricchezza. ~ Corsa all'Oro.
« Ystfalda centrale, pomeriggio. »

La grande carovana iniziò a muoversi poco prima dell'orario stabilito. Il chiasso era notevole, così come il vociare insistente e diffuso di svariate persone, civili e militari assieme, che discutevano animatamente di quella strana e innovativa impresa. Per gli uomini del Dortan era un'esperienza nuova, la colonizzazione, non si erano mai posti il problema o l'interrogativo di raggiungere terre oltre i loro domini, prediligendo la guerra intestina alla scoperta e all'esplorazione. Comprensibile, soprattutto in un momento delicato a livello sociale e politico come quello, eppure questo non li aveva affatto fermati dallo spingersi ben oltre, dal cercare di cambiare in qualcosa di migliore e di diverso. In testa a tutti, a cavallo, Azzurra e Landon stavano ancora discutendo, stavolta a voce più bassa, ma agli occhi dei più scaltri l'intera conversazione doveva apparire piuttosto aspra sia nei toni che negli argomenti. La bionda sembrava voler cercare il dialogo con una rara insistenza, mentre l'anziano Lancaster faceva di tutto per troncare sistematicamente ogni tentativo di interazione. Non che fosse una scena rara o mai vista: la nobiltà era nota per una certa arroganza e, nel nuovo regno di Julien, c'era ben poco spazio per la loro classe sociale. In un certo qual senso Landon cercava quasi di aggrapparsi ad una sorta di malcelato orgoglio pur di non conversare con quella che, ai suoi occhi, risultava essere una traditrice in piena regola. Sbuffò più volte, decidendo infine di allontanarsi di qualche metro cavalcando distante dalla petulanza di Azzurra.

In poche ore di marcia il paesaggio mutò notevolmente, lasciando spazio a profondi valichi montani dove solo sparuti ciuffi d'erba e qualche raro stambecco osavano mettere radici. Alle loro spalle si estendeva un meraviglioso paesaggio collinare che dominava, per gran parte, l'intera Ystfalda sin quasi a scorgere, appena visibile, la vegetazione della bassa Roesfalda. Persino l'aria, fresca e sempre più leggera ad ogni passo che facevano nelle alture, pareva indicar loro un costante cambiamento. L'accesso all'Edhel era presidiato dall'Erydlyss, l'immensa catena montuosa che fungeva da barriera naturale per qualsiasi incauto viaggiatore, quindi anche l'incedere, dapprima rapido e senza difficoltà, dovette rallentare sin quasi a diventare snervante per i più avvezzi a quei passaggi stretti tra la roccia. Se tutto fosse andato come previsto, aveva detto loro Azzurra, avrebbero potuto accamparsi per la notte nei pressi di un piccolo lago montano di sua conoscenza, sulla sommità esatta del passaggio tra il Dortan ed il profondo Nord.
Gli elfi, guardati con una certa diffidenza dalla maggioranza dei coloni e dalla quasi totalità dei soldati, erano stati relegati all'ultimo posto, avanzando come coda dell'immensa carovana, relativamente protetti da sguardi indignati e disgustati, ma nemmeno tra di loro serpeggiava il buonumore. Uno dei giovani Rahm as Aid del gruppo aveva alzato la giusta obiezione che, in caso di problemi, loro non avrebbero potuto difendersi risultando completamente inermi, ma il capo del gruppo, un'elfa dai lineamenti particolarmente spigolosi, lo aveva brutalmente zittito davanti a tutti quanti, annientando di fatto quel piccolo impeto d'orgoglio. A Landon era andato bene ed Azzurra, per quieto vivere, si era dovuta limitare ad uno sguardo carico di rammarico. Del resto, pensavano sia lei che tutti gli altri, una volta varcato il confine sarebbero stati liberi di tornare a casa e lasciarsi alle spalle l'ingiusto trattamento riservato loro.

Senza eccessive soste, verso sera, il gruppo arrivò nei pressi di un lago montano. Acqua fresca e pulita per uomini e animali, la certezza di non avere i fianchi scoperti e un generale senso di tranquillità nei confronti dell'oramai scarsa e risibile presenza dei demoni nella regione fecero il resto: nel giro di mezz'ora, giusto al calare del sole, le tende erano di nuovo montate e svariati fuochi illuminavano tutt'intorno le sponde. Le vivande erano abbondanti e fresche, perlopiù cacciagione e verdure di stagione, ma non mancavano anche pane e vino in modesta quantità. Tutto considerato le provviste avrebbero dovuto coprire un paio di settimane complete, mentre di viaggio avrebbero impiegato forse un'altra giornata, due in caso di problemi. Tutto era tranquillo, persino alcune canzoni erano state intonate allegramente da uomini e donne, desiderosi di lasciarsi alle spalle una serie di orrori e povertà alla volta del nuovo mondo.

[ ... ]

Sete di Ricchezza. ~ Corsa all'Oro.
« Ystfalda settentrionale, sera. »

Poco distante, nelle tende degli ufficiali, il discorso tra Azzurra e Landon non accennava a placarsi. Pur essendo al riparo e dietro una spessa tenda scarlatta, le loro voci superavano di gran lunga il sempre minor baccano dell'accampamento.

« Come vi ho già detto si tratta solo di un'altra giornata, due al massimo! »
La voce di Azzurra, più stridula del solito, lasciava spazio al viso pallido e affaticato. Aveva passato gran parte della sera a cercare di convincere il suo supervisore a lasciare in pace il gruppo di elfi, dimenticandosi persino di mangiare. Poggiò una mano sulla colonna portante al centro della tenda, sospirando sconfortata.
« Io non so perché Aedh ti abbia lasciato venire qui, sappilo. » il tono dell'uomo era acido, sprezzante, privo del rispetto e del buon tono tenuto in pubblico. « Potrò non avere l'autorità per agire contro di te - non ancora - ma quella feccia non la voglio a consumare il nostro stesso cibo. » tirò su col naso, sputando poi a terra disgustato. « Adoratori degli alberi che praticano strani riti magici e chissà quante altre porcherie... almeno sarebbe giusto usarli come manovalanza! In cambio del passaggio sicuro. »
Azzurra trattenne l'ennesimo sospiro, convinta che non sarebbe servito assolutamente a niente, ma non riuscì a esternare, vigorosamente, il proprio disappunto per quel modo di fare.
« No, per l'amor di Dio no. Vi ho già detto che ho dato la mia parola a quegli elfi, smettetela di propormi queste stupidaggini. »
Era su questo che avevano dibattuto aspramente durante il viaggio. In realtà Azzurra sapeva di star andando contro corrente, molti nella carovana avrebbero avuto giovamento dal ritrovarsi il lavoro alleggerito da qualche aiutante, specie se non retribuito. Non ci sarebbe stato nulla di male, ma a lei non andava proprio giù, quasi come se ledere quella sottile differenza tra aiutare e servire le stringesse il cuore sin a farle male. Di contro Landon odiava quel suo moralismo. Vedeva in lei una saccente ragazzina che non aveva trovato un uomo per le sue cosce e niente, o quasi, l'avrebbe potuto smuovere da quell'idea. Per non parlare della questione dei Leici, quel tradimento ancora bruciava come il fuoco dentro il suo cuore.
« Ascolta bene, stupida. » fece un passo verso di lei, minaccioso. « Siamo qui per un motivo e non è la carità. E tu lavori per noi, quindi se ti dico di fare qualcosa abbi la decenza di farla, invece che comportarti come una cazzo di ragazzina viziata. » Azzurra lo affrontò, impettita e piuttosto irritata da quell'atteggiamento offensivo e dittatoriale. « Non osate rivolgervi a me in quella maniera! » strillò. « Questa è la mia carovana e si fa a modo mio, avete capi- gh »

Un manrovescio piuttosto violento le urtò la guancia mentre stava ancora parlando, facendola cadere di lato, in ginocchio. Si portò una mano alla bocca, notando che quel colpo le aveva spaccato il labbro inferiore, macchiando appena di sangue le dita e soppresse l'immenso desiderio di sviscerare quell'uomo lì, su due piedi. Rimase immobile, inginocchiata e con la testa bassa, conscia che reagendo avrebbe solo peggiorato le cose.
« Questa non è la vita per una sgualdrina. » estrasse signorilmente un fazzoletto da una piccola tasca, porgendolo alla ragazza. « Datti una ripulita alla faccia, mangia qualcosa e va a dormire, domani partiamo all'alba. »
Azzurra afferrò il fazzoletto senza degnarlo di uno sguardo, uscendo dalla tenda.

Sarebbero stati giorni molto, molto difficili.

Quest Master's Point ~Si prosegue col viaggio! Tutto sembra procedere bene, siete liberi anche di narrare, se volete, il prosieguo delle vostre scene del primo post, laddove vogliate. A questo punto la sosta notturna, nei pressi di un lago montano,anche qui siete liberi di agire in qualsiasi modo, continuando a parlare tra di voi e quant'altro! Come bonus, per chi desidera, c'è la possibilità di sentire il dialogo tra Azzurra e Landon e di interagire con uno dei due (in confronto se volete farlo). Nonostante l'atmosfera serena tutti i vostri personaggi hanno sentito o capito in modi a vostra discrezione che quel gruppo di elfi che segue la carovana è finito nel mirino dei soldati Lancaster, potete interagire anche con gli elfi, volendo! Mi piacerebbe sapere cosa ne pensano i vostri pg dell'imperante xenofobia Dortaniana e vedere come si rapportano con essa! Se c'è qualche piccolo errore perdonate, non volevo tardare col post.
Il prossimo post arriverà il 25/08/2015.
 
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Lill'
view post Posted on 23/8/2015, 14:59





  Ogni notte, nel corso di quella singolare traversata, Rick Gultermann passava a vedere come stava Torbo. Anche la sera in cui misero campo nei pressi del lago e si udì la discussione, il nano era a pochi passi della tenda; capì quindi presto il motivo delle urla, intento com’era a dar da bere all’animale con un secchio d’acqua che aveva prima messo sul fuoco perché non congelasse, ad assicurarsi che la tettoia arrangiata da quelli del campo non fosse malmessa proprio in quel punto, e a svangare merda. Non gl’era mai toccato di prendersi un giogo sulle spalle. Così, tra una bestemmia e uno starnuto, si assicurava che non solo il carico, ma anche la bestia stesse come doveva stare. Metà delle armi stipate nel carro le aveva scucite nel corso di decine di ridicole trattative con mezzi-nobili del Dortan e cavalierucci occasionali, sprecando tempo e nervi. L’altra metà, invece, era venuta dietro accordi più complessi.
  Ricordava ancora un palazzo di pietra, con le grandi sale e decine di corridoi, alcuni sfuggenti e lugubri; e più di tutto ricordava gli occhi del re di Deyrnas in un giardino florido di Ombre e segreti arcani, alla luce indolente di un tramonto di fine estate.
  Tolse di colpo il secchio da sotto il muso di Torbo, che strepitò e batté lo zoccolo sul suolo gelato.

  Quando ripassò davanti alla tenda, il nano incrociò il Lancaster che aveva discusso con Azzurra de Rougelaine, assieme a uno soldato di scorta. Riscosso dai suoi ricordi, tolse in fretta la mano infilata sotto la palandrana. Se la prese più comoda nel camminare.
  Oh, generale , fece mentre lo avvicinava. Hai un minuto?
  – Dovresti darmi del lei –, gli rispose Landon, il nobile dei Lancaster
  – ...ma sono di buon umore, quindi sì, ho un minuto per te. –
  Rick Gultermann si fermò, imbracciando il secchio vuoto con ambo le mani.
  Beh, il fatto è che io conosco qualcuno di quegli elfi, disse.   Non tutti, qualcuno. Se la questione è badare alle bestie o altro per guadagnarsi il viaggio, lo faccio io.
  Landon alzò gli occhi al cielo. – È generoso da parte tua, ma non si tratta semplicemente di un equo scambio. Questa è una carovana di uomini, per gli uomini, nata dagli uomini... ed è così che intendo portarla avanti. Se fosse dipeso da me non li avrei nemmeno portati, ma quello che è sicuro è che voi, da solo, per quanto possiate impegnarvi, non riuscireste a ripagare per tutti loro.
  C'era una nota di rammarico nella sua voce, come di chi vorrebbe fare ben altro che parlare. Era un uomo abituato al comando.
  – Inoltre ci farebbero comodo alcuni servi quando ci stabiliremo, il loro aiuto potrebbe essere prezioso. Vitto e alloggio in cambio di servitù, mi sembra onesto rispetto ai demoni e alla fame,
  implicò,
  – non credete?
  A quel punto Rick prese a fissarlo, senza cambiare espressione. Il respiro dei tre venne fuori in una decina di nuvolette gelate, mentre Occhio di civetta cercava qualcosa nel volto di Landon.

  Su quello che faranno dopo, non lo so. Ma per i lavori da fare qui, parlerò con quegl'elfi.
  Ci penso io. Non calcare troppo la mano su quegli orecchie-a-punta.


  – Se pensate che possa funzionare, ma non vedo come questo possa cambiare quanto ho detto.
Io non parlo con la feccia, ma se volete portare loro la mia offerta ve ne sarò grato.

  Gli disse l’altro, e prese commiato.

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  Lasciato il nobile, Rick fece un giro rapido tra fiaccole e padiglioni, assicurando i suoi averi in un bauletto di fortuna e scrutando il cielo tutto sommato pulito tra due vette. Il lago riluceva come un coccio di vetro sul fondo della valle montana. Tutto intorno, il campo si distendeva tra gli abeti, tanti spaventapasseri nel buio palpabile delle notti dell'Erydlyss. Non ci volle molto perché Rick trovasse le tende degli Arshaid, distanti dal resto dell’accampamento. Lì gli indicarono una donna, una sciamana di nome Ramira che per un attimo gli ricordò Kellen.

  – Cosa ti porta qui? – chiese lei.
Aveva capelli ramati che le cadevano sulle spalle, e occhi gialli e grandi. La sua voce aveva un tono di Glögg speziato, musicale e calda.
  Rick Gultermann gli disse di Landon, e che gli conveniva collaborare fino a che non passavano le vette; Ramira gli rispose che avrebbe mandato qualcuno, e lui seguì con blandi cenni d’assenso, che sfumavano in un silenzio povero di qualsiasi espressione. Non aveva intenzione di immischiarsi al punto da rischiare i suoi affari; non proprio mentre passavano le montagne più maledette del continente. Quando lei gli chiese se si potessero fidare di Azzurra de Rougelaine, Rick si chiuse nelle spalle.
  Quello che so è che tra i nobilastri che ho visto ultimamente, lei è l'unica a cui può fregare qualcosa di voi. Per il resto, io sono Rick.

  Non parlarono molto, e il viandante accennò senza troppi problemi all’acquavite che gli aveva donato Rune, loro consanguineo. Ramira lo invitò a restare, indicandogli un posto vuoto tra alcune fanciulle elfiche. Così, procuratosi un invito, Rick Gultermann si fermò tra le stuoie di giunchi e i tappeti con impressi forme e colori buffi e intrecciati. Non bevve molto; non più di quanto faceva calato il sole con una bottiglia in mano, e un'inaspettata attenzione femminile da conquistare. Fuori dalla tenda non c'era molto vento, né grossi rumori. Era una sera tranquilla, in cui le ombre si muovevano caute, come l'altro straniero che dopo un po' si presentò nella tenda degli Arshaid, parlando con Ramira delle guardie e delle loro fanfaluche. Rick in principio non ci badò granché, rispondendo al suo saluto con un cenno. Quando però gli occhi del nano ondeggiarono dall'elfa biondiccia al suo fianco al nuovo venuto, lucidi di acquavite, a Occhio di civetta sembrò di vedere qualcosa.

  – Qualcosa ti angustia, mastro nano? Sembra che tu abbia visto un fantasma.

  E quandò l'uomo parlò, a Occhio di civetta sembrò di sentire più di quanto egli in realtà dicesse. Un nugolo di sussurri gli formicolava sul collo. Si portò una mano sotto la palandrana, ad accarezzare il suo nero amuleto.



SPOILER (click to view)
Energie: 125 - 10 = 115
Fisico: 100
Mente: 75
CS: 0

Passive
QUOTE
PRIMA LEGGE
La vita è effimera e fugace. Non sforzarti di considerare l'esistenza degli altri e vivi appieno la tua. Preservala gelosamente, avvinghiati a lei, rimanine aggrappato. Anche a costo di far del male a chi ti sta intorno. Piuttosto menti, ferisci, uccidi se è necessario. Sopravvivi finché puoi e cerca solo amicizie convenienti per te. [Passiva; il portatore dell'artefatto avrà un auspex in grado di localizzare i personaggi tendenzialmente malvagi.][6 - 1 = 5 Utilizzi]

TERZA LEGGE
Nessun uomo è uguale all'altro. Abbiamo tutti peculiarità differenti ed ognuno di noi è unico. Per questo motivo anche i nostri diritti e doveri lo sono. Alcuni hanno più privilegi rispetto ad altri e non tutti devono seguire gli stessi precetti. Tu sei un favorito. Manifesta questa tua fortuna più che puoi. Discrimina chi non ha il tuo stesso rango sociale, circondati di gente come te. [Passiva; il possessore dell'artefatto sarà in grado di comunicare telepaticamente con tutti i personaggi tendenzialmente malvagi.][6 - 1 = 5 Utilizzi]

P ~Io speriamo che me la cavo.
Rick se la cava sempre, anche contro tutti i pronostici. Persino quando la situazione appare disperata, il nano sarà comunque in grado di imbastire una difesa: non importa quanto sia scomodo o inverosimile, qualcosa per salvarsi i fondelli se la inventerà.
Sarà dunque in grado di erigere le sue difese in maniera istantanea ed inconscia o, parimenti, di difendere eventuali alleati in un'area con lo stesso sforzo con il quale difenderebbe se stesso. Egli potrà, infine, ispirare una sorta di sentimento positivo - o meno negativo - nei suoi alleati, la voglia becera di tirare avanti e non farsi buttar giù con lui affianco. Azzardato chiamarla fiducia, però.
[Talento Guardiano, Passive liv. I, II; Possibilità di difesa istantanea, Difese ad area con Potenza pari al Consumo, Difese inconsce, Aura di Fiducia][6 Utilizzi eccetto Fiducia, 5 Utilizzi]

Attive
QUOTE
SECONDA LEGGE
Tu sei libero. Il tuo corpo e la tua mente ti appartengono e nessuno può tenerti soggiogato. Non tutti però meritano la tua stessa libertà. Perciò approfitta dei deboli per sfruttare le loro capacità a tuo vantaggio. Quando puoi farlo, limita l'autonomia degli altri, costringili a compiere i tuoi doveri. Manifesta pure il tuo pensiero ed il tuo credo. Obbliga chi vuoi a pensarla come te. [Potenza Alta, natura psionica; con un consumo di energie Medio il possessore dell'artefatto potrà impartire un ordine alla vittima ed essa lo seguirà. La tecnica può essere difesa con un Basso e, se non adeguatamente contrastata, cagionerà un danno Alto alla mente della vittima sotto forma di umiliazione. La tecnica non può essere castata su se stessi.][Bersaglio Mente]


Note:
Interazioni e descrizioni concordate con Alchimista e Malzhar.
 
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view post Posted on 24/8/2015, 08:10
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what a thrill
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Il fuoco danzava negli occhi di quattro avventurieri in viaggio per l'Edhel.
Il legno scoppiettava e schioccava, rompendosi nella sua graduale trasformazione in cenere. Frederick, il più possente dei quattro ed un uomo la cui altezza e la foltissima barba bruna gli avevano guadagnato il soprannome di orso della montagna, fu l'ultimo a sedersi attorno al gentile calore di quel falò. Gettò un altro paio di grossi rami -probabilmente strappati a mani nude da qualche albero vicino- e si sistemò attorno ai suoi compagni.
« Dicci un po', Noir -» attaccò Fray, stringendosi attorno al suo mantello per cercar riparo dalle correnti gelide che attraversavano il confine tra l'Ystfalda e l'Erydlyss. « raccontaci di come vivete al nord! » Noir lo guardò con scetticismo, alzando un sopracciglio. L'elfo non sembrava dell'umore di cantare storie. Ma prima che potesse chiedere al monaco che senso aveva fare una domanda di cui sapeva già la risposta, Anne gli rifilò una scherzosa gomitata e ridendo gli disse: « Non siamo tutti viaggiatori professionisti come voi, qui! Forza orecchie a punta, sputa il rospo. » Anne era una giovane donna, un'ex soldatessa, che aveva deciso di abbandonare la Guardia Insonne dopo la disfatta a Basiledra. Era solo grazie a lei che il gruppo aveva evitato le pattuglie di briganti e le forze residue dell'esercito Insonne che ancora orbitavano attorno all'Altaloggia. La soldatessa era intenzionata a rifarsi una vita nell'inesplorato nord, magari cercando la leggendaria Lithien e accumulando una fortuna divulgando la sua posizione. « Va bene, va bene. Da dove posso iniziare? » si arrese l'elfo. Fray sorrise, nascondendo quell'inaspettata felicità nel mantello. Non si sarebbe mai aspettato che un banale viaggio si sarebbe trasformato in un'occasione per conoscere persone così interessanti. Era in momenti come questi che i glifi sulla sua schiena si alleggerivano e la loro maledizione sembrava smettere di esistere. Noir era un Rahm as Aid, un elfo delle foreste, ma era anche un avventuriero professionista. Stava tornando nelle sue terre dopo due anni di assenza, nei quali aveva partecipato ad una spedizione per scavare ed esplorare un'antica tomba Maegon ritrovata nel deserto dei See. Si poteva vedere come le correnti gelide del nord fossero come una boccata d'aria fresca per lui, che era stato costretto a sopportare le Maree del deserto.
Ma prima che l'elfo potesse iniziare a parlare, Frederick iniziò a frugare rumorosamente nel suo borsone. « Ah ah! Prima di una buona storia, una fumata è obbligatoria!» disse con soddisfazione, quindi passò ai tre viaggiatori una pipa che "lui stesso aveva intagliato con grande pazienza" e disse di prendere una boccata ciascuno. Il primo, reclutante, fu Fray. Il monaco non aveva nemmeno idea se quella sostanza avrebbe violato gli insegnamenti che gli erano stati impartiti, ma come in ogni situazione in cui era indeciso sul fare qualcosa di spiritualmente dubbio si ricordò che -in effetti- il suo maestro lo aveva tradito infine, quindi non aveva nessuno verso il quale sentirsi in colpa. Dopo aver scaldato la pipa sul fuoco acceso, provò a prenderne un respiro, ma finì per tossire convulsamente in cerca di aria pulita, per il divertimento del resto del gruppo. « I monaci non fumano! Non ti hanno insegnato niente a scuola, testa pelata? » Fray fece un'espressione sconsolata e passò la pipa ad Anne, ma alla fine anche lui si unì alle risate dei compagni di viaggio.
La strada per l'Edhel non era poi lunga, ormai.
_____________________________________________

L'accampamento dei Dortaniani dominava sul lago.
Fray si sedette su uno sperone roccioso al limite di una scarpata che discendeva direttamente nell'acqua di quell'enorme specchio, che sotto la luce della luna e dei fuochi dell'accampamento splendeva come una gemma rara. Il monaco aveva preferito la solitudine durante questo viaggio. Aveva detto alla piccola Odette che sicuramente Azzurra non era abbastanza libera da ricevere visite da monaci sconosciuti che non avevano nessun interesse nei suoi affari, e la bambina (sempre che lo fosse davvero) era sgattaiolata via verso la sua amica in un batter d'occhio.
Non molto dopo, Azzurra stessa e un capitano della casata -che Fray non mancò di riconoscere come quella dei Lancaster- si misero a discutere piuttosto rumorosamente, attirando l'attenzione dell'intero campo. Quando la donna fu colpita, Fray fu colto dall'impeto di andare a soccorrerla, ma si trattenne. Sapeva che prima o poi cose come quella sarebbero successe, era una parte immancabile di qualsiasi carovana militare senza una chiara scala di comando. Certamente Azzurra era a capo della spedizione, ma questo non significava che fosse indipendente nelle sue decisioni. Il fatto che fosse stata colpita lo testimoniava.
Il monaco non poté fare a meno di sentirsi in colpa, visto che avrebbe potuto evitare quello smacco se avesse accettato l'offerta di Odette, ma si sforzò di rimanere in disparte, almeno per il momento. La tensione nell'accampamento cresceva di minuto in minuto, insinuandosi nei bisbigli della gente e instillando un'odio ancor più profondo di quello che aveva dato origine a quella stessa tensione. Era un circolo vizioso che se l'arrivo nell'Edhel non avrebbe fermato si sarebbe certamente trasformato in puro caos.

Fray rifletté a lungo sul da farsi, fissando l'oscurità infinita del lago.
Anche in quel momento sentiva la brezza fredda del nord gelargli il sangue, ma la accettò.
Cavò fuori dalla tasca una lunga pipa di legno parzialmente bruciacchiata e se la mise tra le labbra. Il legno era intriso del sapore del fumo, lasciando un gusto amaro della bocca del monaco.
Era proprio disgustoso, pensò Fray nascondendo un triste sorriso con la mano sinistra.

Piccolo post di transizione prima della mia partenza, mi scuso per non aver partecipato al confronto (probabilmente non ci riuscirò regolarmente) ma impegni e altre giocate non me lo hanno permesso completamente.
 
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view post Posted on 24/8/2015, 12:28
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Ystfalda - Campo Montano
«Of Elves and Men»

L'attraversamento dei valichi montani è stato sorprendentemente rapido e privo di intoppi. Insomma, rapido quanto può esserlo una carovana folta di umani ed elfi, con pesanti carri di vettovaglie e altri gingilli al seguito. Questo però non sembra far desistere nessuno, diversi motivi ma un obbiettivo comune, un buon compromesso! Mi dispiace un po per gli elfi, emarginati a fondo fila come degli appestati, ma questo è l'unico modo per assicurarsi che qualche umano capoccione non si metta a creargli problemi di alcun tipo. Inoltre la fortuna sembra arriderci, visto e considerato il bel posticino in cui siamo riusciti ad accamparci. Un lago montano, ed anche bello grosso! L'acqua viene dall'alto, probabilmente causata dallo scioglimento dei ghiacciai. Intorno la selvaggina non deve certo mancare, specialmente in questo periodo dell'anno. E comunque stiamo parlando di un lago, quindi un sacco di pesce! Non credo sia il caso di fermarci qui, ma per il momento direi che come posizione sia più che sicura. Le pareti rocciose fungono da barriera naturale, permettendo una facile difesa del campo in caso di pericolo. Credo che userò il tempo precedente al tramonto per esplorare un po la zona, magari accertarmi che non ci siano pericoli prossimi al campo. E magari, con un po do fortuna, scoprirò anche qualcosa di interessante.



[...]



La sera avvolge l'interezza dell'accampamento con un velo di silenzio, le sonore chiacchiere e urla del giorno trasformate in poco più che semplici brusii e racconti sussurrati intorno a fuochi da campo scoppiettanti. Girando per le boscaglie vicine non ho trovato pericoli o cibarie, ma in compenso c'è una splendida sorgente d'acqua calda generatasi vicino ad una delle pareti rocciose. Penso proprio di sapere chi potrebbe far uso di un tale lusso, anche se di lusso davvero non si tratta, ma poco importa. L'unico problema di un accampamento silenzioso è la sua incapacità di nascondere le discussioni più accese. Se poi questa discussione è tra Azzurra e Landon, allora la cosa non è nemmeno una gran sorpresa. Mi dispiace solo che il Monaco dall'anima triste non abbia voluto incontrare Azzurra, ma in fondo avrà altre occasioni per farlo, durante questa piccola avventura. Nell'avvicinarmi sento quanto la discussione sia animata, anche più di quelle precedenti, che di certo non erano amichevoli conversazioni tra vecchi amici. Poi il suono, secco e pesante, seguito dal forte impatto del metallo che cozza contro il suolo abbastanza da far vibrare per un'istante il terreno intorno alla tenda. Attendo che il prode Lancaster faccia la sua uscita, astenendomi dal piantargli i canini sul collo e farlo diventare la mia cena, l'appetito stuzzicato ulteriormente dal piacevole odore di sangue proveniente dall'interno della tenda. Ed eccola li, riversa al suolo con una mano mossa in viso, uno spacco sul labbro a testimoniare le buone maniere di Landon.



« Che cattivoni questi Lancaster, hmmm? » Mi avvicino a lei con passo cauto, non voglio certo spaventarla dopo la giornataccia che ha passato. « Che maleducato, guarda cosa ti ha combinato. »

Prendo un semplice fazzolettino di seta bianca, infilato per pura comodità nella manica sinistra. Cerco di portarlo sulla ferita al labbro, carezzando la carne con tocchi gentili per non causare più dolore di quanto quel maiale Lancaster non abbia già fatto. Cosa che mi riesce impossibile, in fondo Azzurra è una donna ed un cavaliere, il doppio dell'orgoglio e l'intrinseca necessità di mantenere un portamento dignitoso. Certe volte mi chiedo se all'infuori della principessina ci sia qualcun'altro in quella famiglia che meriti di essere risparmiato. Julien dovrebbe mandargli qualche assassino a fargli una visitina, nessuno piangerebbe la loro dipartita nel Dortan. Io no di certo. Ed invece gli tocca mantenere le apparenze, tenerseli buoni per evitare un altro conflitto che, si sa, finirà solo col danneggiare il popolo ancora di più.

« Gli elfi dovrebbero avere delle erbe mediche, con se. » Le sorrido candidamente, potendo fare poco altro per tirarle su il morale in quella complicata situazione. Beh, potrei fare molto di più, ma quello che vorrei fare io a lei sicuramente non andrebbe bene. « O magari ti va di parlare un po? Hanno cucinato un agnello davvero gustoso la fuori, posso portartene un po se vuoi! »

La verità è che dopo questo piccolo diverbio Azzurra non ha proprio voglia di mangiare, semplicemente ci dirigiamo insieme ad uno dei bivacchi e cerchiamo comunemente il calore del fuoco da campo. Davanti al fuoco da campo, poi, si può discutere davvero di tante cose! Il problema di Landon e di buona parte del Dortan sta nell'ignoranza delle sue genti. Nel sud la diversificazione razziale è una cosa talmente comune dal rendere il razzismo poco più che un semplice pretesto di guerra. Nel Nord invece le accademie di magia e le città della saggezza generano individui dall'intelletto fin troppo fine per cadere in simili trabocchetti. Però il Dortan ha avuto la sua ricca dose di problemi, trovandosi spesso dilaniato da guerre e conflitti di ogni sorta ha finito col creare una generazione di zucconi bravi solo a seguire il proprio punto di vista. pecore, ecco cosa sono gli umani laggiù, un branco di pecorelle smarrite! Ma, con il ritorno di Julien e l'ascesa al potere dei corvi Leici, allora potrebbe esserci davvero una speranza per la prossima generazione. Magari si potrebbe trasformare Basildera in un centro della sapienza, riempirla di librerie e scuole di ogni sorta per istruire le nuove generazioni e renderli individui migliori! Lei lo sa bene, il fatto che mi diverta a schernire i soldati Lancaster sembra averla offesa.



« Oh, ma cosa importa ciò che penso io. In fondo sono solo una bambina che ha letto un sacco di libri. » Le ammicco con fare sbarazzino, muovendo lo sguardo verso il cielo stellato. « Però devi ricordargli che sei tu a comandare, altrimenti si metterà a fare come gli pare. »

In fondo non è diverso dal doversi portare dietro un bambino viziato. Ha sempre la pretesa di aver ragione, non ascolta mia i consigli di chi ne sa più di lui e ha la presunzione di poter fare quello che gli pare. Azzurra è come un tutore davvero sfortunato. Per farlo rigare dritto basterebbero un paio di ceffoni, un "Vai al letto senza cena!" un po più adatto alla situazione. Ed è quasi ironico constatare come i vecchi è i bambini abbiano così tanti punti in comune nella loro personalità. Però un bambino è innocente, non ispira rabbia e rende un adulto incline al perdono. Un vecchio del genere, invece, ti da solo altri motivi per odiarlo. Beh, se non altro, le mie parole sembrano aver messo Azzurra di buon umore, finalmente.

« Comunque, avresti davvero bisogno di rilassarti per un po, sei tesa come una corda di violino! » Mi guardo intorno con fare guardingo, neanche stessi per rivelare uno dei segreti più oscuri di tutto l'Edhel. « C'è un posto non lontano dal campo, l'ho scoperto in mattinata mentre girovagavo per la foresta. Ti va di andare a vederlo? »



Non mi aspettavo davvero che accettasse, in fondo gli impegni dell'accampamento non devono darle neanche un attimo di tregua. Le avrebbe fatto davvero bene rilassarsi un po, in fondo se anche fosse sparita per una mezz'ora chi se ne sarebbe accorto? Ma il dovere è dovere, le responsabilità vanno mantenute! Sono sul punto di allontanarmi, quando l'idea che Azzurra non abbia ricevuto un minimo segno d'affetto durante tutto il viaggio. A quanto pare starà a me porre rimedio a questo grave inconveniente, devo assicurarmi che il morale del nostro capo-spedizione non venga afflitto da certi problemi. Rimedio una semplice coperta di lana, grande abbastanza da avvolgere Azzurra nella sua interezza con un movimento simile ad un abbraccio, piantandole un bacio sulla guancia con un semplice augurio di buon sonno. Le avrei anche portato un bicchiere di latte caldo con un po di miele, ma qui non abbiamo ne uno ne l'altro, ahimè.



[...]



Ero sul punto di andarmene, se non fosse per il fatto che di notte il clima nordico diventava particolarmente rigido. Molti pensano che la Ystfalda sia un postaccio, ma le catene montuose che la separano dall'Edhel rendono il suo clima ben più sopportabile di quanto non sia qui. Mi infilo in una delle tende usate come magazzini, cercando tra le vettovaglie e appropriandomi di una morbida coperta di lana. Se ad Azzurra prendesse un malanno allora si che ci sarebbe da preoccuparsi, non voglio mica arrivare al punto di dovermi disfare del Lancaster! Senza fare troppi complimenti mi avvicino alle sue spalle, avvolgendo la morbida coperta intorno alle sue spalle, facendola scendere sul busto. Senza dire altro, poi, mi dirigo verso il falò degli elfi. Non sono la prima ad aver avuto quest'idea, altri sembrano aver preso confidenza con la comunità elfica.



« Bonsoir! » Senza troppe cerimonie saltello vicino al falò, scrutando tutti i presenti con fare curioso prima di congiungere le mani, sfregandole tra di loro più di qualche volta. « Posso sedermi anche io vicino al fuoco? Fa davvero freddissimo qui! »

« Merci! Ai soldati non piace che dei bambini ronzino vicino ai loro accampamenti. » Seduti intorno al fuoco ci sono diversi elfi di tutte le età, ma solo quello che si è degnato di offrirmi una risposta sembra essere curiosamente giovane rispetto agli altri. Mi rannicchio su me stessa, spingendo le ginocchia contro il petto alla ricerca di un calore davvero non necessario. Lo sguardo si fissa rapidamente sul giovane elfo, curioso come sempre e desideroso di risposte. « Questa è la prima volta anche per te, vero? Dico, a trovarsi qui, nell'Edhel. »



Vivere a lungo ti porta a capire cose che la limitata esistenza di un essere umano normalmente non concede. Il grande difetto dell'umanità è la loro scarsa longevità, il tempo limitato che l'esistenza stessa offre loro per diventare persone migliori, la causa comune di tutti questi problemi presenti nel Dortan. la generazione passata può anche tramandare conoscenze, ma se quella presente preferisce farsi la guerra piuttosto che fare tesoro di tali insegnamenti, allora non c'è nulla che i saggi dei tempi andati possano fare. La stupidità umana ha un margine di perdono, dipende da qualcosa intriso nella loro esistenza, qualcosa di cui pochi individui sono stati in grado di disfarsi. So cosa significa guardare un essere vivente dall'alto verso il basso e giudicarlo inferiore. Per buona parte della mia esistenza le persone per me non erano altro che bestiame. Lasciavo che vivessero la loro vita, non gli torcevo neanche un capello, ma non si trattava di gentilezza o empatia. Quando avevo fame entravo nelle loro case e ghermivo il mio pasto, lasciando alle altre bestie il compito di pulire quanto lasciato. In parte era perché li odiavo. Tutto ciò che avessi mai ricevuto dall'umanità era il male, non avevo mai visto le altre razze umanoidi se non come creature malvagie. Ed è stato un Vampiro, una creatura considerata oscura e corrotta, a salvarmi dalla mia sofferenza. Prima che un altro essere umano me la portasse via, lasciandomi da sola, ancora una volta. Bestie da macello, cibo sul mio tavolo. Questo era il mio motto. E se non fosse stato per quel viaggio nelle terre dell'est, probabilmente lo sarebbe ancora. Adesso posso solo essere amareggiata nel vedere un elfo, forte della sua longevità e degli insegnamenti ricevuti, abbandonarsi a certi primitivi sfoghi d'odio. Eppure, lo capisco. Capisco il dolore che gli umani devono avergli causato, capisco come lui possa realmente vederli. Capisco che non sta a me mostrargli l'altra faccia della razza umana, quella migliore, nascosta nei cuori di campioni e martiri. Quell'umiltà e bontà di cuore che pochi possiedono, ma che i più temerari riescono a comprendere, sfuggendo alla loro stessa natura. Non aggiungo altro, lascio l'elfo picchiatello con le sue idee, stendendomi vicino al lago per rimirare il cielo stellato. Domani sarà un altro giorno di marcia. Forse, un altro buon giorno di marcia.






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Riassunto

CS { 0 }

Fisico {75%} ~ Mente {75%} ~ Energie {150%}




Passive:

» Amuleto dell'Auspex: (6/6)
» Passiva Razziale - Scurovisione: (6/6)
» Passiva Razziale - Sensi Migliorati: (6/6)
» Passiva Razziale - Mira precisa: (6/6)
» Passiva Acrobata - Funanbolo: (6/6)
» Passiva Acrobata - Caduta Lenta: (6/6)
» Passiva Acrobata - Scalatore: (6/6)
» Passiva Acrobata - Contorsionista: (6/6)
» Passiva Ladro - Celarsi: (6/6)
» Passiva Ladro - Velo Sonoro: (6/6)
» Passiva Ladro - Velo d'Ombra: (6/6)


Attive:

//






Tutto come in confronto, nulla da segnalare.


 
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view post Posted on 24/8/2015, 21:54

Esperto
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Il viaggio proseguì di buona lena e senza incidenti, la carovana simile a un lungo serpente rumoroso che si snodava attraverso i paesaggi in mutamento.
Le ore si trascinavano, una dopo l'altra, mentre la pianura cedeva il posto all'ondulato terreno collinare e quindi alle pendici dell'imponente catena montuosa che si stagliava contro il cielo all'orizzonte, con le sue cime dentellate incappucciate di bianco. Fu allora che l'avanzata subì un brusco rallentamento: i carri faticavano a procedere sul terreno impervio, la gente affondava nel manto di neve sempre più profondo e la stanchezza della marcia iniziava a mostrare i suoi effetti. A Lòth, però, la situazione non dispiaceva affatto: l'approssimarsi dell'Edhel, la regione in qualche modo più vicina all'Oneiron, era quasi come tornare a casa; con l'aumento dell'altitudine, poi, l'aria si faceva più sottile e rarefatta, il tessuto del reale quasi impalpabile, tanto che in alcuni momenti gli sembrava di poter stendere una mano e squarciare il velo del concreto per sfiorare la sua dimensione natia. La colonna in marcia proseguiva tra valichi innevati e passi impervi, sferzata dalle raffiche taglienti del vento, sfilando in cupe gole serrate da alte pareti a strapiombo. Il Viandante modulava il suo passo e ora la discendeva, ora la risaliva per esaminare, incuriosito, la sua variegata componente umana. C'erano vecchi, donne e bambini; c'erano guerrieri armati e infermi trasportati sui carri cigolanti; c'erano le razze più disparate, e ognuno di essi, lo leggeva nei loro occhi, portava con sè il suo carico di pensieri, esperienze, emozioni, ideali, speranze e paure, quel crogiolo indistinto e immateriale nel quale si forgiava l'essenza, il nucleo della loro individualità - tutto ciò che, insomma, a Lòthspell in principio era stato negato e che ora si sforzava di acquisire.

Tra tutti, la sua attenzione fu catturata dal gruppo degli elfi che procedeva sul fondo della processione, lì dove erano stati relegati alla partenza. L'ostilità nei loro confronti era evidente, quasi palpabile, e si sostanziava di occhiate sospettose, sussurri maligni e della cura profusa da chiunque per non entrarvi in contatto. I soldati che volgevano lo sguardo verso le retrovie avevano dipinte in volto espressioni di disprezzo, e persino le due guardie che fiancheggiavano la colonna a quell'altezza parevano messe lì più per sorveglianza che per protezione. Per il Viandante quei segnali erano tutt'altro che nuovi: era un ombra, un sogno, uno straniero, abituato da sempre nei suoi viaggi a essere trattato come un escluso, marchiato dalla sua diversità che inevitabilmente recava in dote con sè un'aura di paura e sospetto. Non era un problema per lui, anzi il contrario: non poteva chiedere di meglio che essere lasciato in pace, nella sua missione, senza intrusi che lo infastidissero e ammorbassero dal basso delle loro limitate esistenze; comprendeva, però, che per gli elfi non era così. La discriminazione di cui erano vittime era tutt'altro che indolore, e lo vedeva tanto negli sguardi abbassati e insicuri dei più giovani quanto in quelli risoluti e altezzosi degli anziani, che non riuscivano a celare appieno i sentimenti nascosti dietro la facciata sprezzante. Decise dunque di rallentare, lasciandosi sfilare dalla colonna, fino a ritrovarsi alla loro altezza. Tanæquil era al suo fianco e non poche furono le occhiata circospette, ma Lòth le ignorò ed esordì:

« La vostra presenza non sembra molto gradita. Da straniero, mi domandavo il perchè. »

« È raro trovare qualcuno che non capisce la nostra situazione, venite forse da lontano? » A rispondergli fu un'elfa dalla corporatura asciutta, profondi occhi gialli e capelli ramati - il loro capo, suppose. « Gli uomini tendono a mancare di lungimiranza, invidiano la lunga vita e la conoscenza. La maggior parte, perlomeno. Il risultato è una viscerale gelosia che porta al rifiuto... » qui alzò una mano per indicare i soldati più avanti, e lui notò i vari braccialetti lignei che le adornavano il polso « ... è solo una questione di tempo prima che la paura prenda il sopravvento sulla ragione. »

« Oh, sì, molto lontano. » Rispose enigmaticamente Lòth, annuendo alle sue parole. « Credo proprio di capirti. » Riflettè per qualche attimo, quindi proseguì: « Se per voi va bene, potrei tentare qualcosa... forse non cambierà l'attitudine degli umani verso il vostro popolo, ma potrebbe assicurarvi un viaggio più sereno. »

Non sapeva nemmeno lui come mai si stesse offrendo d'aiutarli. Forse perchè gli elfi erano coloro cui si sentiva più affine tra tutti quei mortali, per via della loro lunga vita e ricercata saggezza; forse perchè era rimasto colpito dall'ostilità nei loro confronti che gli aveva ricordato la propria situazione; forse, ed era l'ipotesi più plausibile, per semplice noia e desiderio di un diversivo. Ad ogni modo la sua interlocutrice l'ascoltava incuriosita, quindi proseguì:

« Il primo passo è guadagnarsi la benevolenza di quei soldati, » e indicò i due armati che fiancheggiavano la colonna degli elfi. « Poi, questa sera, quando si siederanno coi loro commilitoni davanti al falò e a un buon pasto caldo, spargeranno la voce alle altre guardie. Con un po' di fortuna, vi sarete ingraziati tutta la scorta, cosa che il loro capitano non potrà ignorare. O quanto meno, non vi guarderanno più come se volessero vedervi cadere nel primo crepaccio a disposizione. »

Procedette dunque ad esporre nel dettaglio il suo piano, guadagnandosi l'appoggio e la collaborazione che gli servivano. La messa in pratica fu la parte più semplice e andò tutto come previsto. Lòth si concentrò innanzitutto sulla prima guardia, bersagliandone la mente con delle visioni terrificanti di demoni e altre creature abiette che lo aggredivano in massa, squarciandogli la carne e strappandogli le membra. L'uomo ne fu subito sopraffatto e cadde in ginocchio con un grido di dolore; a un cenno del Viandante un anziano elfo dal volto incartapecorito gli si avvicinò, protendendo le mani verso di lui. Il soldato dapprima fece per scostarsi, poi però ci ripensò e lasciò che il guaritore gli appoggiasse i palmi sul capo, mormorando alcune formule magiche mentre Lòth richiamava la sua malia. L'uomo sollevò lo sguardo colmo di sorpresa e gratitudine e si alzò per abbracciare calorosamente il vecchio. Nel frattempo anche l'altra sentinella, appartatasi nella stentata boscaglia ai limiti della colonna per assolvere le proprie personali incombenze, ebbe il suo bel de fare quando un lupo dal manto candido spuntò fuori dalla neve cogliendolo con la guardia abbassata. La bestia fessurò gli occhi, snudò le fauci a mostrare le zanne scintillanti e si esibì in un ringhio basso e minaccioso, pronta a spiccare un balzo letale; il guerriero era immobilizzato dalla paura, quando in suo soccorso si fece avanti un altro elfo che puntò le braccia contro il lupo famelico, pronunciando una serie di parole intellegibili. La fiera esitò, quindi voltò le spalle e battè in ritirata, scomparendo tra la vegetazione. Il soldato si voltò verso l'elfo e mormorò un grazie titubante: era talmente scosso che durante l'aggressione neppure aveva fatto caso a come il suo salvatore, stranamente, avesse indirizzato i propri anatemi verso un punto distante due passi buoni da dove stava il lupo.
Gli altri elfi osservarono le due scene con cenni d'intesa, gomitate complici e bisbigli divertiti, volgendo al Viandante sguardi di gratitudine. Più scettica si dimostrò il loro capo quando lo prese in disparte per parlargli.

« Combattere l'odio e la paura con le bugie è davvero una buona idea? » Non c'erano dubbi su quale per lei fosse la risposta. « Nel lungo termine agire così ci porterà alla rovina, ma per adesso, forse, ci lasceranno stare. Considerati nostro ospite questa sera, se vorrai, mi sembra il minimo che possiamo fare per ricambiare il tuo aiuto. »

« E' una buona idea fintantochè non riconoscono la bugia, » rispose Lòth con un sorriso beffardo. Ad ogni modo era chiaro che nonostante i timori di futuri sviluppi lei gli era sinceramente riconoscente, per cui annuì alla proposta e disse: « Accetto volentieri il tuo invito, saggia... »

« Ramira, » completò lei cogliendo il senso della sua esitazione. « Voi, invece? »

« Chiamami pure Lòth, e lui è Tanæquil. »


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Quella sera si accamparono sulle rive di un lago cristallino, nelle cui acque blu ghiaccio si specchiavano le cime dei monti soprastanti. L'atmosfera al campo era serena: i fuochi crepitavano con forza, rischiarando le tenebre e scacciando il freddo; donne e uomini si affaccendavano intorno a paioli e tegami preparando da mangiare e c'era cibo abbondante per tutti; nelle tende o attorno ai falò accrocchi di viaggiatori si scambiavano pareri e aneddoti di giornata. Lòthspell gironzolava tra i bivacchi e raccoglieva le voci che gli giungevano frammiste ai rumori delle stoviglie e agli schiocchi delle fiamme. Aveva sciolto Vorvoros, la catena che lo legava al golem d'ombra, e lasciato che la creatura si confondesse nella notte, fuori dagli aloni luminosi dei fuochi; in tal modo poteva curiosare senza attirare troppe attenzioni. Passò accanto a un gruppo di armati, silenzioso come uno spettro, e tese l'orecchio:

« Massì, sarà l'aria di montagna o non so cosa, ma vi dico che a una certa sono completamente partito, vedevo 'sti demoni che mi saltavano addosso... mi azzannavano e poi... » Il tono era concitato, accaldato. « E poi l'elfo guaritore ti ha curato con due belle paroline » Lo interruppe un'altra voce, ben più scettica. « E te invece, Greg? Ti sei fatto beccare con l'uccello per aria da un cazzo di lupo - hai detto - e un altro arrampica-alberi ti ha salvato quella pellaccia schifosa? » Il secondo uomo proruppe in una grassa risata, quindi proseguì: « Secondo me vi siete fumati qualcuna delle loro erbe magiche, se capite che intendo. » L'ultima allusione suscitò l'ilarità generale nel gruppo, tranne che per i due armati protagonisti dei fatti di giornata. « Pensala come vuoi Lem, intanto è stato un elfo a salvarmi, mentre voi corteggiavate la figlia di quel tale, il mercante. » « Un elfo che ti salva! Ah! Senti a me, tu ti sei rammollito, Greg! E' da quella volta in cui... »

La discussione proseguiva ancora quando Lòth si allontanò e le voci sfumarono in lontananza: aveva un invito da rispettare. La tenda del gruppo di Ramira era semplice ma non disadorna, con l'interno arredato da stuoie e tappeti decorati. Entrò senza far rumore e salutò i presenti, notando un individuo tozzo e possente, barba nera e viso segnato che non aveva molto a che spartire con le aggraziate figure attorno a lui.

« Non sono l'unico, allora, a non guardare gli elfi con sospetto, in questa carovana, » osservò, quindi prese posto e poco dopo iniziò a raccontare quello che aveva sentito in giro. La riconoscenza delle due guardie fu apprezzata, mentre l'ostilità delle altre non sorprese nessuno. A un certo punto notò che l'altro invitato lo fissava con uno sguardo strano, forse appannato dall'acquavite, forse per qualche altro motivo.

« Qualcosa ti angustia, mastro nano? Sembra che tu abbia visto un fantasma. » Chiese con un sorriso enigmatico.

« Ne ho visti tanti di fantasmi, straniero. Qualcuno ha anche visto il mio martello. » Stringeva un ciondolo nero e forato, visibile tra i suoi indumenti di lana.
« Qualcuno. Non tutti. »

« Comprendo. » Lòth si esibì in un cenno d'intesa vagamente divertito. « Del resto, non tutti gli spettri sono ostili. »

I loro sguardi si intrecciarono e dissero molto più di quanto fosse stato affidato alle parole.
Un muto e reciproco patto di non belligeranza, in attesa - forse - di scoprire qualcosa in più l'uno dell'altro.



Tutto come da confronto; le interazioni sono ovviamente concordate con Lill. Finale forse un po' affrettato, ma come potete vedere mi stavo già dilungando troppo e i tempi stringono. Segnalo abilità e consumi per questo turno (velo sonoro l'ho usata nella seconda parte, alla sera.).
Energia: 120% (150-30)
Corpo: 75%
Mente: 75%

Abilità:

{°} illusione estesa ~ pergamena mentalista ~ medio ~ fonte energia ~ natura magica ~ illusione a bersaglio singolo, durata due turni;
{♦} ossessionare ~ 17/25 ~ alto ~ fonte energia ~ bersaglio mente ~ natura psionica ~ si insinua nella mente del proprio avversario, ossessionandolo con visioni per 2 turni, danno medio a turno;
{°} velo sonoro ~ pergamena ladro ~ passiva ~ 6 usi ~ capacità di muoversi e spostarsi senza emettere alcun suono. 5/6 usi rimanenti.

 
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22 replies since 15/8/2015, 05:54   772 views
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