Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Fetiales; indictio belli, Contest Agosto 2015 - Akeran - Vigilia

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view post Posted on 15/8/2015, 16:21
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Fetiales; indictio belli

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in riferimento a Fetiales; Ιανός

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Duman allungò le dita tozze sulla canapa che gli scivolava via, stringendo i nodi perché la rete fosse 'llesta. « Akay, dov'è il punto? »
« Camora, ma un po' più in là. » l'altro si passò il dorso della mano contro le narici, annunciando la propria risposta con un risucchio e pulendosi in una tasca del gilet. Con la stessa mano indicò l'acqua agitata. Il mare si alzava in grossi spruzzi e rumoreggiava come una pentola di fagioli, trovando conforto solamente nel taglio provocato dal passaggio della feluca.
Duman strizzò gli occhi ma l'orizzonte gli sembrava tutto uguale, spaccato appena dal contrasto fra le nuvole nere e il cielo rosso del tramonto. Un colpo di vento fece sbattacchiare le vele col suono di un applauso e il rollio della nave spinse il giovane nano lungo il legno umido del ponte. Gokmen si accigliò e recuperò il filo di verme da oltre la murata; puzzava ancora d'aceto e non aveva intenzione di vederselo strappare dalle onde. « Mari mannatu. » affermò mentre riavvolgeva la lenza. « Lo dicevo io, che libici mai beni fici. » Duman avrebbe voluto dirgli che non capiva metà delle parole del loro dialetto. Invece sospirò stanco e il suo fiato spezzato si diffuse come un fantasma menagramo nell'aria. « Le acque mi sembrano agitate. » disse grattandosi la fronte. « Non vorrei obbligarvi a rimanere in mare più di quanto non fareste senza di me. »
Akay eruppe in una risata simile a quella di una iena. « Il bimbo ha paura! Gokmen, lo senti? » l'altro fece un cenno affermativo con la testa. « Questo è solo un po' di ventu ‘i terra... Gokmen, ti ricordi la vigilia dell Riunificazione dell'anno scorso? Quella sì che è stata una tempesta! » l'altro continuò a muovere il capo senza guardare nessuno in particolare, come se si fosse addormentato. Akay volse il corpo tozzo nella direzione di Duman e corrugò le sopracciglia cispose. « Ti preoccupi solo perché non hai niente da fare e te ne stai lì con le mani in mano; hai controllato la sciabbica? »
« Sì. »
« E allora vai a pulire le cascitte, o che so io! »
Duman si mosse verso le casse per il pesce. Strinse la spugna e la sfregò sul legno con vigore, chiudendo gli occhi a ogni schizzo d'acqua sul viso. « Ma è poi vero che pescheremo qualcosa? Il pesce non scappa, con questo tempo? »
Akay sbatté un piede contro il legno della nave e le sue guance si gonfiarono d'ira. « Senti ragazzino, io non ti ci volevo nemmeno, qui. » prese una manciata di tabacco e se la infilò in bocca, masticando a bocca aperta. « Vuoi cucinare una cenetta di pesce alla tua fidanzatina per la Riunificazione? Noi siamo i migliori. E se vuoi stare con noi devi renderti utile e sopportare il rollio della nave. Oppure pensi di poterci dirigere meglio di Gokmen? » come al solito, l'interpellato non reagì. « In questo periodo dell'anno è normale che il mare sia agitato. Smettila di lamentarti. »

Il giovane nano restò a bocca aperta per un istante, poi deglutì e abbassò il capo. "vedrai, Banu cadrà ai tuoi piedi." gli avevano detto a casa, e al solo ricordo lui si ritrovò a sfregare la spugna con ancora più energia. "una bella cenetta, pesce fresco... di questi tempi il mare è particolarmente generoso, quindi ce ne sarà di certo anche per te; i pescatori dicono che al largo si trovino branchi giganteschi, anche di pesci che normalmente non sono di queste zone. Una cosa mai vista prima!"
Il sole finì col rimboccarsi l'orizzonte mentre lui era costretto a soddisfare ogni capriccio del capitano Akay, e nel frattempo gli spruzzi d'acqua intorno alla nave erano arrivati a toccare persino le vele, costringendoli a indossare delle vesti di tessuto resinato per ripararsi. A un certo punto gli era sembrato di scorgere un gruppo di pesci color arcobaleno appena sotto il pelo dell'acqua, ma erano spariti prima che potesse comprendere ciò di cui i suoi occhi l'avevano informato. Il vento gli graffiava le guance e l'orizzonte era una linea confusa dove il mare saltellava a spirali, prendendosi gioco delle sue pupille e della sua percezione della distanza.
Fu a questo punto che Duman credette di impazzire quando, guardando in acqua, riconobbe quelli che aveva confuso poco prima per un branco di pesci come un ammasso di vestiti colorati. E poco più in là il legno gonfio e spezzato di una casa. E i rami di un albero. E una zolla di terra. E mille altre rovine che galleggiavano appena sotto il pelo dell'acqua, celate dall'oscurità degli abissi che si aprivano sotto di loro.
« Akay! » chiamò passandosi la mano sul viso e sgranando gli occhi. « Guardi! »
Il capitano mormorò tra sé e sé qualcosa che suonò come "u' bugghiu d'acqua", poi agitò la mano verso Gokmen. « Ci siamo! Butta la mazzara! »
Il vecchio marinaio si alzò e si diresse a prua, da dove gettò in acqua una grossa pietra nella quale era stato scanalato lo spazio per incavarci una catena arrugginita. Duman si avvicinò ad Akay e gli indicò l'acqua per la seconda volta. « Come: "ci siamo"? » chiese, poggiando le mani contro la murata e guardando con occhi da pazzo i relitti che galleggiavano tutt'intorno a loro. « Le sembra normale? Che cos'è successo, qui? »
Akay lo afferrò per la collottola, sputandogli in faccia mentre parlava. Il suo alito odorava di tabacco e stantio. « Ascoltami bene, bimbo! Tira fuori un po' di palle o prendo una friccina e ti ci appendo fino a botta ‘o mari! » e gli indicò un gruppo di fiocine a terra, tutte schierate come soldati. La minaccia gli risultò comprensibilissima nonostante il dialetto. « Qual'è il tuo problema? »
« Nell'acqua... i resti... qualcosa... » boccheggiò per prendere aria, col collo della veste stretto dalla mano del capitano e il naso impestato dal suo fiato. Quindi si strappò a quella presa, cadendo in ginocchio. « Insomma... che cosa è successo? »
« È esplosa un'isola. »
« È esplosa... cosa?! »
« Un'isola, bimbo! Un'isola! Niente di segnato sulle carte o conosciuto. Non so che cosa l'abbia distrutta, quindi non chiedermelo; so soltanto che qualunque dannata ragione stia dietro a tutto questo, sta attirando pesci da praticamente tutto lo Zar! Quindi piantala di porti domande e inizia a far andare le mani: prima gettiamo le sciabbiche, prima rientriamo. »
« Capitano! » lo interruppe Gokmen con un gorgoglio, formulando le parole con la stessa lentezza di chi non apre bocca da anni. « Pinneddu! »
Duman e Akay si voltarono nella direzione indicata dalla mano grinzosa del lupo di mare e sussultarono con tanta foga da rischiare di cadere in acqua. A qualche decina di metri di distanza l'agitata superficie del mare era troncata dal dorso immobile di una creatura che si inabissò non appena voltarono lo sguardo verso di lei, come una ragazza imbarazzata che si nasconde dietro le mani quando sa di essere stata notata. Doveva essere grande almeno quattro volte la feluca e accanto alla sua ombra videro affiorare in superficie mezza dozzina di tentacoli color rosso sangue.
« Akay... » chiese Duman, trovando appena il coraggio di parlare senza battere i denti. « Che cosa... »
Il capitano lo interruppe tirando su col naso. « Via! » urlò. « Voga ‘a manu di Dorhamat! »
« La mazzara! » gli rimbeccò Gokmen strizzando gli occhi e indicando a prua.
« Bimbo! » Akay gli si rivolse sbattendo le palpebre, correndo verso il ponte di comando e scivolando sul legno fradicio. Le sue mani si poggiavano alla murata senza riuscire a mantenere la presa e la punta del suo naso ingobbito si era colorata di rosso. « Stacca la catena! »
Duman non se lo fece ripetere due volte. Sollevò le gambe con tutto il coraggio e la forza che aveva in corpo e si diresse a prua, cadendo una volta ogni due passi. Più di una volta si ritrovò con le guance contro il ponte e lo sguardo rivolto verso la cambusa, sentendo nelle orecchie il rimprovero di suo padre che gli rammentava che: "i nani cadono sempre in piedi". Digrignò i denti e alzò i palmi delle mani perché lo schermassero dalla pioggia, quindi cominciò a gattonare verso la catena che ancorava la nave. Intorno a lui percepiva appena le voci di Akay e Gokmen che imprecavano nel loro dialetto incomprensibile, e le cui frasi venivano divorate dal ruggito del vento.
« Reggi il timone! »
« Nta barca ì Cacai! Sta a maschiari! »
« Reggilo, oppure ittàri ‘a unu a mari cu ‘na petra ‘o coddu! »
Dopo un intero minuto di tentativi, Duman afferrò uno stroppu di canapa poco distante, lo slegò dal remo e se lo legò alla vita. Riuscì a stringere le mani sulla catena a prua e iniziò a svitare i bulloni arrugginiti che la tenevano fissa al legno. I polpastrelli gli scivolavano sul ferro e dolevano per lo sforzo, e il suo fiato si condensava in nuvolette di vapore acqueo davanti ai suoi occhi, impedendogli di vedere. Il vento ululava come una fiera in procinto di azzannare la nave e la pioggia gli picchiava negli occhi con la precisione di uno scalpellino. Era sul punto di svitare il primo bullone, quando la creatura fece la sua apparizione.

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Emerse esattamente davanti a lui. Il suo corpo era lungo e sinuoso come quello di un serpente marino, ma il suo muso, sproporzionatamente più piccolo rispetto al resto della figura, aveva le fattezze di un granchio. La carne rossa era coperta da un carapace bianco simile a pietra, tranne che in fronte e lungo la linea delle zampe, dove decine di chele e tentacoli larghi ciascuno quanto l'albero maestro della loro nave dondolavano intorno a lui. L'interezza della sua mole si perdeva nelle profondità sotto di loro, ma bastava quella porzione per fargli capire che le sue dimensioni erano di gran lunga superiori a quelle della loro piccola imbarcazione.
« Kraken! » urlò qualcuno alle sue spalle, mentre la feluca sobbalzava per l'impatto con il mostro. Per un attimo Duman pensò di cadere in acqua, ma poi sentì lo stroppu strattonarlo e riportarlo sul ponte, e ringraziò la sua buona stella per avergli dato l'idea di legarsi a qualcosa. Fissò la creatura e la vide muovere i cheliceri uno dopo l'altro nella loro direzione, lasciando colare un filo di bava nera che iniziò a fumare a contatto con il legno della barca; la puzza emanata da quella reazione gli provocò un conato di vomito e lo costrinse ad allontanarsi dalla prua, gattonando come un topo. Vide i tentacoli del Kraken abbrancarsi alle murate della nave e raggiungere il ponte; erano ricoperti da un liquido bianco dall'odore pungente e la loro forza era tale da far scricchiolare l'intera imbarcazione stretta nella loro presa. Fu per allontanare lo sguardo da loro che Duman notò le fiocine con cui il capitano l'aveva minacciato poco prima.
Non seppe cosa gli prese. Prima di elaborare qualsiasi forma di pensiero si ritrovò con le dita di entrambe le mani strette contro il freddo metallo dell'arpione. Sentì Akay urlargli contro, ma il fragore della tempesta gli impediva di comprendere che cosa stesse dicendo. Il Kraken emise uno stridio simile al suono di una forchetta che graffia un piatto, perforandogli i timpani e facendogli dolere il cervello; non riusciva più a distinguere i contorni di ciò che lo circondava e vedeva il mare rollare peggio della nave su cui poggiava i piedi. Era come se avesse ingollato due interi barili di grog tutto d'un fiato.
A quel punto si alzò, trattenne il fiato, chiuse gli occhi e si mise a correre verso la prua, tenendo la fiocina dritta davanti a sé. Quando sentì il legno sollevarsi sotto i suoi piedi caricò l'arma dietro le spalle e la lanciò con tutta la forza che aveva in corpo.
L'arpione rimbalzò contro la corazza del Kraken, senza provocargli alcun danno.

Duman rimase a bocca spalancata, nemmeno in grado di comprendere la sciocchezza che aveva appena compiuto. La belva fissò su di lui i suoi occhi neri d'ossidiana e abbatté un tentacolo su di lui. Il nano evitò quell'assalto per meno di un braccio di distanza, gettandosi all'indietro e ricadendo sul legno ruvido e compatto della nave. Uno scricchiolio sovrastò il suono delle onde e voltandosi vide la prua della nave strapparsi lentamente dal resto della feluca, trascinata a fondo dal peso della mazzara e dalla forza di quello schianto.
« Via! » gridò con quanto fiato aveva in corpo, senza capire che in quelle condizioni l'imbarcazione sarebbe stata destinata a raccogliere l'acqua del mare fino a portarli con loro sul fondo dello Zar.
« Tenetevi a qualcosa! » replicò il capitano, gracchiando per farsi sentire sopra al vento ululante. Duman abbracciò la base dell'albero maestro e si voltò a guardare il Kraken: il mostro grondava acqua salata dalle proprie fauci e aveva coperto con la propria ombra tutto il ponte della nave. Stava sopra di lui e tutt'intorno alla feluca, che gemeva ogni volta che stringeva la presa. Guardò la bestia negli occhi e sentì il sapore delle lacrime bagnarli le labbra, o era l'acqua del mare?
Era certo che sarebbe morto lì, quando alle sue orecchie arrivò un suono in grado di fargli dimenticare qualsiasi altra cosa. Un fragore tale da sottomettere ogni altro rumore, simile al boato di un'eruzione vulcanica. Insieme a esso, un'ombra nera cadde su tutto l'oceano, portando con sé una notte senza luna.
Poi capì che era il corpo di una creatura grande quanto una montagna.
Un mostro.
No. Era un Dio.

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Il suo muso era come quello di un drago, ma con quattro occhi scintillanti come lampi. La sua pelle era ricoperta di squame verde smeraldo, che tuttavia Duman ricordò come nere. Il resto del suo corpo era impercettibile per lui, poiché era talmente grande da non poter essere contenuto per intero dal suo campo visivo. La sua mole era tale da far dubitare su come l'oceano avesse potuto nascondere una creatura di tali dimensioni sino a quel momento e il suono del suo ruggito era l'unica spiegazione possibile dietro a quei tuoni che si sentono di tanto in tanto esplodere in lontananza.
Quel mostro lo impressionò a tal punto da divenire la spiegazione di tutto ciò che aveva visto sino a quel momento: l'isola distrutta, i branchi di pesce, il kraken... ciascuna di queste cose non poteva che essere stata provocata o richiamata da lui, poiché esso era il mondo, o ciò che il mondo l'avrebbe distrutto. Non c'erano alternative.

Con un movimento di inesorabile grandezza, il Dio azzannò il kraken e lo fracassò fra le proprie fauci, causando lo stesso suono di un tronco d'albero che si spezza prima di cadere a terra. Il verme poté emanare solo un ultimo non più così assordante stridio, prima di venire ingoiato con un solo scatto del collo.
Duman sentì una voce antica come lo Zar stesso sussurrargli all'orecchio, ma quando si voltò per cercarne la provenienza non vide nessuno. Era certo che gli stesse parlando in una lingua sconosciuta, eppure riusciva a comprenderne le parole senza difficoltà; era come se stesse immaginando la presenza di qualcuno accanto a sé e questi gli stesse bisbigliando: "Piegati al cospetto di Ιανός." "Ιανός" era il nome di quella creatura?
Il Dio non vide nemmeno la loro imbarcazione; dopo aver divorato il kraken, tornò a inabissarsi nelle profondità dell'oceano, provocando con quel solo movimento più beccheggio di quanto non avesse fatto la tempesta sino a quell'istante. Lo vide distintamente prendere la direzione della costa, allontanandosi da loro. La feluca dondolò al punto tale da costringerlo a stringersi con tutte le proprie forze all'albero maestro, mentre i suoi occhi cadevano per puro caso sui corpi di Akay e Gokmen, aggrappati al timone e sventolanti come bandiere al vento. « Reggetevi! » urlava il capitano, le cui vene scoperte erano visibili lungo il collo. « Non mollate per nessuna ragione al mondo! »
Ma Duman dalla sua posizione vide qualcos'altro: inabissandosi, il corpo del Dio aveva portato con sé una parte del mare stesso, provocando un gigantesco vortice che stava trascinando verso il fondale non soltanto la loro nave, ma anche i branchi di pesce, i mucchi di vestiti, le travi delle case, i rami degli alberi e tutto ciò che aveva scorto in acqua sino a quel momento. Gli oggetti più grandi venivano trascinati verso il centro del gorgo, mentre quelli più piccoli sopravvivevano alla furia dell'oceano, venendo sbalzati a grande distanza e allontanandosi autonomamente dal vortice.
Per la seconda volta, il giovane nano agì senza pensare: subito decise di slacciare lo stroppu di canapa che lo teneva legato alla vita e si lanciò dalla nave prima che venisse trascinata all'interno del gorgo. « Pazzo! » sentì appena la voce di Akay, mentre annaspava con l'acqua alla gola. Il sapore del sale gli segava le labbra e bruciava gli occhi, ma riuscì comunque a vedere una piccola trave di legno galleggiare a poche braccia di distanza da lui, così mosse il suo corpo al meglio che poteva per raggiungerla. Strinse le dita doloranti contro la ruvida sensazione del legno, quindi chiuse le palpebre e iniziò a trattenere il respiro.
Si gettò nel Maelstrom. Sarebbe stato Dio a decidere della sua sopravvivenza.
No; sarebbe stato Ιανός.

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Il sapore dell'aria salmastra penetrò nei suoi polmoni come una consolante benedizione. Si ritrovò a latrare per lunghi minuti, azzannando tutta l'aria che riusciva a respirare, prima di ricordare ciò che era successo.
Ce l'aveva fatta. La sua intuizione si era rivelata corretta.
Mosse un braccio in acqua, roteandolo lentamente su se stesso, mentre con l'altro si teneva stretto al legno gonfio e scheggiato della trave che gli aveva salvato la vita. Guardandosi intorno non vide nulla di ciò che ricordava: lo Zar aveva già ingoiato la nave e i due marinai. Di loro ricordava soltanto alcuni termini in dialetto incomprensibile, ma era come se Ιανός avesse divorato anche il ricordo dei loro visi, delle loro parole e delle loro ammonizioni. Si rese conto di stare tremando e di essere ferito; quel dolore gli ridiede lucidità come se fosse stato infradiciato da una secchiata d'acqua gelida. Alzò una mano per tastarsi il viso e vi scoprì un profondo taglio orizzontale sulla fronte, di certo provocato dalla collisione con un altro oggetto nel gorgo.
Quando aprì gli occhi vide galleggiare intorno a sé un grande numero di sottili fili neri che riconobbe immediatamente.
I suoi capelli.
Non capiva se era stato lo spavento, l'acqua o Ιανός stesso a strapparglieli, ma comprese che nessuno sarebbe stato in grado di dargli una risposta. Mosse la trave davanti a sé e ci si appoggiò con entrambe le braccia, poi alzò le gambe tremanti e iniziò ad agitarle, appesantite dalle vesti fradicie, nuotando nella direzione in cui credeva l'avrebbe atteso la riva.
Passarono ore prima che raggiungesse la costa. Quando i suoi arti toccarono la spiaggia, il suo stomaco si lamentò con un profondo gorgoglio per la fame e dovette rimanere aggrappato alla terra per una buona mezz'ora. Quando si alzò sentì la terra vorticare sotto i suoi piedi e le sue gambe tremare come fiammiferi stretti tra le dita di un gigante. Per sua fortuna, era naufragato poco distante da un misero villaggio di pescatori che gli corsero incontro e lo sollevarono, portandolo al sicuro.
Si riprese del tutto solamente il giorno dopo.

« Non potete non averlo visto. » Duman si accigliò e contrasse le labbra. Ancora non aveva avuto il coraggio di lasciare il letto su cui l'avevano ricoverato, ma era riuscito a rinsavire a sufficienza da ricostruire i propri ricordi e rielaborare ciò che era successo. « Era un mostro grande come una montagna. No, come l'oceano stesso. Ed era diretto verso terra; non potete non averlo visto. »
Il capo del villaggio di pescatori scrollò le spalle ed emise uno sbuffo sonoro, facendo tremare baffi e barba. « Eppure è proprio così. » quindi allungò una pipa alle labbra e l'accese. « Non ho idea di che cosa tu stia parlando. Oggi è la vigilia della Riunificazione; non potresti startene tranquillo e ringraziare la barba di Jahrir di essere stato salvato? »
Duman tossì quando il fumo raggiunse le sue narici e quel movimento gli fece torcere le budella. « Qualcuno dovrà saperlo! » esclamò alzando una mano e poggiandola sulla spalla del vecchio. « Che cosa dicono gli altri villaggi della costa? »
« Ragazzo, ti preoccupi troppo. » il capo villaggio allontanò la mano dal suo corpo. « Siamo in contatto con tutti i porti della costa orientale dell'Akeran e nessuno ha avvistato niente del genere: ci siamo messi a controllare non appena hai iniziato a delirare nel sonno, ma a quanto pare il tuo è soltanto un caso di brutta allucinazione. » riprese a fumare la pipa, socchiudendo gli occhi e rimuginando con le labbra. « Avrai mandato giù troppa acqua salmastra. Quella roba ha brutti effetti sul cervello. »
Duman si alzò di scatto. « So che cosa ho visto. » lasciò il letto e si infilò un soprabito di tela sul petto scoperto; si diresse verso l'esterno, scansando l'altro che tentava di trattenerlo. « Se non volete allarmare gli altri villaggi del pericolo, sarò io a farlo. »
"Oppure quel mostro divorerà l'Akeran."
« Sono certo di averlo visto dirigersi a riva. »
"Ma se non ha raggiunto la terra, dov'è andato?"
Il capo villaggio ispirò dalla pipa inclinando la testa all'indietro e lasciando passare almeno mezzo minuto. Non fermò Duman né lo incitò a rimanere: i preparativi per la festa nel villaggio erano ancora incompleti e i deliri di un naufrago erano l'ultima delle sue preoccupazioni. « Beh... auguri, allora. » e si portò il pugno destro al petto, replicando il saluto che la comunità nanica aveva ideato per ricordare quell'occasione. « Felice Riunificazione. »
Duman replicò allo stesso modo e prese a zoppicare verso l'esterno del villaggio.
Si passò una mano sulla testa pelata. Ιανός aveva cambiato ogni cosa di lui.
...Chissà se Banu l'avrebbe riconosciuto?



zucUk89
Alla vigilia della Riunificazione e dello scontro finale con l'Ahriman, Ιανός muove la sua dichiarazione di guerra iniziando a spostarsi verso l'Akeran. Di solito si parla di "calma prima della tempesta"; in questo caso di "tempesta prima della tempesta più grossa", lol.



Edited by Ray~ - 16/9/2015, 17:06
 
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