Facciamo il punto della situazione. La cabina della nave che mi ospitava era buia pesta, illuminata quel po' che bastava a distinguere appena i contorni di coloro che l'abitavano; i quali, in linea del tutto teorica, saremmo dovuti essere soltanto io e ChibiRay. La presenza di un ragazzo seduto a gambe incrociate su un barile di fronte a me pareva però voler confutare quest'altrimenti plausibilissima tesi. Biondo, le mani portate dietro la nuca e tre caratteristici solchi per guancia: non vi erano dubbi, era senz'altro lui. Ma cosa ci faceva il protagonista di un cartone malanimato in una cambusa addobbata ad alloggio di fortuna? No, più in generale, all'interno di un gioco di ruolo con la cui ambientazione faceva a cazzottoni peggio di Superman vs Muhammad Ali?! Mentre mi arrovellavo cercando di far quadrare i conti, quello dal canto suo - ormai calmatosi dopo un primo scatto d'ira mista a sorpresa - mi osservava con sguardo divertito e sfoggiando il più classico dei suoi sorrisi, forse a dimostrare di aver percepito amichevolezza nel mio pur vano tentativo di comunicazione inter-lingua. Tentativo in cui decisi però di non perseverare, vista la scarsezza dei risultati ottenuti. Mi rivolsi, con l'espressione interrogativa e arresa a cui il mio volto iniziava ad essere già sin troppo avvezzo, verso il broncio levitante che era il mio squamoso compagno di viaggio. Quello, senza mancare di rimarcare con la voce il proprio disappunto, si degnò comunque di farmi da faro nella fitta foschia del mio smarrimento.
« L'hai evocato inconsciamente, una volta acquisita la tua nuova abilità. »
« Nuova abilità...mentre dormivo? Cos'è - Oblivion - che fai level up mentre sonnecchi?! »
Il mio sguardo tornò rapido all'esotico ospite del mio improvvisato appartamento galleggiante, che nel frattempo si guardava intorno incuriosito, chiedendosi forse quale jutsu lo avesse catapultato in un luogo tanto insolito quanto maleodorante. Quindi, non sapendosi rispondere, incrociò infine il mio sguardo e rapidamente la comune confusione si tramutò in imbarazzo mutuo. La barriera linguistica rendeva quell'insolito incontro ancora più ambiguo, al punto da generare quel tipo di disagio che di solito si prova quando un amico vi presenta qualcuno e subito dopo se la fila con la scusa di andare in bagno. E voi lì, che vorreste poter seguirlo per fargli espiare la sua tremenda colpa nei flutti purificatori richiamati da più tiri di sciacquone. Privo sul momento di idee più valide, dissi la prima cosa che mi balenò per la mente pur di infrangere l'atmosfera gelida generatasi nella stanza in quei lunghissimi attimi, portando la destra chiusa a pugno all'altezza del mio capo e abbozzando un sorriso.
« Jan ken pon? »
L'altro alzò d'istinto un sopracciglio, e a me sovvenne il dubbio di aver cannato la scelta dei termini. Conoscevo pochissimi vocaboli appartenenti alla lingua nipponica, la maggior parte dei quali peraltro riferiti ad ambiti non proprio da innocentelli morigerati, per cui fui colto dall'improvviso timore di avergli proposto, piuttosto che una semplice morra cinese, una qualche esperienza bondage-tentacolare. Il panico da omopedofilo per caso mi abbandonò quando quello, scrollatasi di dosso l'iniziale insicurezza, mi fece un sorriso a 32 denti e alzò la sua destra in risposta, pronto per la sfida. Giocammo per svariati minuti, durante i quali tentai anche di introdurlo alle regole del "Carta, sasso, forbice, Lizard, Spock", con risultati sorprendentemente soddisfacenti. Quel bizzarro idillio durò però fin quando, nel bel mezzo dell'ennesima conta, il ragazzo si paralizzò aggrottando le sopracciglia. Io lo osservai perplesso, ma quello mi guardò di rimando e sorrise come a volermi rassicurare sul fatto che non fosse accaduto nulla di male. Infine portò le mani alle cosce e piegò il busto nell'accenno di un inchino.
« Sayonara, kibatsuna yūjin! »
Detto ciò sparì d'improvviso in una buffa nuvoletta di fumo bianco, come fosse stato uno dei suoi cloni. Da lì in poi la notte trascorse placida e indisturbata, e lo sciabordio delle onde sulla carena del vascello mi cullò in un sonno affatto anelato, piena com'era la mia testa di dubbi e aspettative per il futuro in quel mondo così strano.
« Ma se l'ho evocato io, allora perché parlava soltanto giapponese? »
La nave su cui mi ero imbarcato aveva infine raggiunto il suo capolinea, la città portuale di Qatja-yakin. Il capitano Zargon, come promesso, ci aveva portati sufficientemente lontano da Dorhamat - dove eravamo fuggiaschi ricercati! - insieme alla bella e triste Lanila, la quale però se l'era battuta di soppiatto non appena l'ultima fune ebbe assicurato il vascello alla banchina del porto. Poco male, mi dissi: noi avevamo assolto al nostro dovere. Poiché però ormai non più associati all'avvenente quanto indisponibile ragazza, l'untissimo nano a comando dell'imbarcazione ci congedò con ben pochi - ma comunque acutissimi! - convenevoli. Ne fummo in fondo poco dispiaciuti; io, dalla mia, non vedevo l'ora di toccar finalmente terra. Nemmeno feci in tempo a calcare i primi passi sul pontile che già ChibiRay iniziava ad ammorbarmi con i suoi consigli sul da farsi, blaterando qualcosa riguardo certi importanti avvenimenti che avrebbero avuto luogo nel Nord del continente e la necessità di recarci lì al più presto. Io lo sentii a malapena, tanto più preso com'ero da altri pensieri.
« Forse dovrei provare a rifarlo, stavolta da sveglio, per capire come funziona... »
A quelle parole ChibiRay, fin lì intento alla ricerca di un natante su cui poter imbarcarci per raggiungere le lontane terre dell'Edhel, fece una piroetta ad attrito zero e mi fulminò con lo sguardo prima di proiettarsi saettando a pochi centimetri dal mio viso, allora colto da un'espressione più che allibita.
« Non pensarci nemmeno. Non hai ancora padroneggiato il tuo potere, ed è per questo che le tue evocazioni risultano..."fallate". Questa volta siamo stati fortunati, ma non possiamo prevedere in che modo lo saranno le prossime, perciò ti proibisco di farne uso prima di essere arrivati a Matkara. Lì potrai addestrarti al suo corretto utilizzo senza il rischio di coinvolgere altri nei guai che potresti causare...ci siamo intesi? »
Che fosse una domanda retorica lo si capì dal fatto che, una volta conclusa la predica, quello si voltò e tornò ad ignorarmi, preso com'era dalla pianificazione dell'iter che avremmo dovuto a quanto pare intraprendere a breve. Ebbi una certa difficoltà a dare seriamente peso a quanto raccomandatomi, come ne avrebbe chiunque se ammonito da un Super Tele blu con la bandana, ma scelsi comunque di dargli retta per quella volta, poiché era ormai evidente che lo sgorbietto sembrava saperne più di quanto non condividesse apertamente con me. Feci dunque per seguirlo, avviandomi per la banchina sgombra ad 1 e 80, ma affollatissima ad altezza bacino: nonostante fossero le prime ore del mattino, infatti, sembrava che l'intera popolazione nanica dell'Akeran si fosse riversata in quel solo porto, affaccendata e di fretta al punto tale da non notare quasi il Gulliver che, unico nel suo genere, svettava oltre il brulicare dei loro capi; ho aggiunto quel "quasi" solo per il vago sospetto che lo scatarrare rauco che distinsi di tanto in tanto tra il vociare della folla e le macchie nero-verdastre sulle mie scarpe fossero in qualche maniera collegati. Mi lasciai guidare a lungo dallo spiritello - o fu la mia mente a dilatare il tempo così come la calura afosa faceva con lei, attanagliandola? -, fino a quando non giungemmo infine di fronte al mezzo che ci avrebbe offerto, mio malgrado, un'altra lunga crociera per i mari di Theras. Già che ci sono potrei anche prodigarmi a descrivervelo. Ma perché essere ridondanti quando c'è già tutto nel post successivo?
Avrete certo confidenza con il concetto di "buco descrittivo", no? Riassunto in spiccioli, è quella mancanza di cura espositiva propria di un narratore - o di un giocatore di ruolo, nel caso specifico - che può essere colta e sfruttata, talvolta sino al limite dell'abuso, da un altro partecipante alla stessa scena, al fine di trarne un qualche vantaggio; in un duello contro un avversario, in quest (spesso poco furbescamente) nei confronti di un QM, in una free con qualcuno evidentemente troppo pigro sia per cogliere gli assist narrativi fornitigli e dare così seguito e compimento alla brillante, ma purtroppo sprecata, outro ideata dal compagno di giocata, sia per delineare anche solo genericamente in game i tratti fisici del proprio personaggio, mai descritto altrove prima di allora...! Tutte situazioni parimenti generiche e comuni, ne converrete. Fu bizzarro che mi balenasse proprio quello specifico pensiero mentre - pur intento com'ero ad intrattenere il mio vicino di posto spacciando per mie alcune battute di Aldo, Giovanni e Giacomo - gettavo lo sguardo di tanto in tanto ad un curioso ragazzotto (tale Rob, a detta sua), seduto dall'altra parte della tavolata intorno alla quale ciurma e passeggeri si erano ritrovati per condividere il primo pasto serale di quel lungo viaggio: pur possedendo egli tratti comunque marcatamente virili, infatti, per qualche incomprensibile ragione si ritrovava a tenere i lunghi capelli biondo cenere raccolti ad ambo i lati della testa in corte codine da scolaretta elementare. Adorabilmente mascolino. Pur potenzialmente spassoso in qualsiasi altro contesto, però, quel suo aspetto non sembrò suscitare alcuna ilarità negli astanti. Il perché fu presto detto: a quella stessa tavola, infatti, s'erano raccolti i più singolari dei commensali; una coppia di uomini i quali per aspetto e atteggiamento mi ricordavano buffamente i fratelli Wario, un esile gigante ammantato che - già da seduto- superava in altezza la maggior parte dei presenti, nonché un assortimento variegatissimo di nani che neanche all'Ikea nella sezione "Accessori da giardino". La serata trascorse inaspettatamente rapida e allegra, un po' per l'assenza di quel guastafeste di ChibiRay - che si disse più a suo agio lontano dalle folle - e forse un po' anche per l'effetto di quella strana "acqua forte" che mi fu offerta come unica bevanda d'accompagnamento al pasto. Cosa fu e cosa non fu, c'è di certo soltanto che di ciò che accadde quella sera non ho memoria alcuna, se non quel poco che mi venne raccontato il mattino dopo da un mozzo più amichevole degli altri, il quale riassunse il me della sera prima come "sguaiato cantore di liriche esotiche, ballerino scoordinato ma entusiasta e straordinario prestigiatore". Memore delle mie sbronze da singolo bicchiere di Campari, mi fu impossibile dubitare di quanto riferito e perciò non indagai oltre, concentrandomi solo sul tremendo cerchio che mi cingeva stretto il capo.
Sala comune - la notte precedente
« Ah, look at all the lonely people! ♪ Ah, look at all the lonely people! ♫ »
Chiassoso quanto fortemente fuori scala, un Metagamer in inedite vesti da direttore d'orchestra guidava gesticolando animatamente il piccolo coretto di voci rauche che aveva più o meno volontariamente reclutato tra i componenti della ciurma più curiosi, raccolti intorno all'atipico soggetto più per burlarsi di lui che per reale volontà di assecondarlo. Essi riuscivano infatti a stento a trattenere le risa e i grugniti, tentando di imitare i vocalizzi da lui intonati in una lingua che, per improbabile assonanza, supposero fosse una qualche flessione dialettale dell'elfico. A metà dell'ennesimo ritornello, tuttavia, il Fab One steccò alla grande un acuto e si interruppe bruscamente. Immediatamente squadrò torvo il gruppetto di nani, non finalmente intuendo il loro intento canzonatorio ma piuttosto cercando il responsabile di tale inopportuna dissonanza, inconsapevole di esserne stato egli stesso l'origine. Puntò quindi il dito contro uno di loro, impegnato in una delicata operazione rino-speleologica e quindi evidentemente distratto, ammonendolo.
« Ehy, amico: così mi rovini l'esibizione. Se non la facciamo decente le daremo una buona ragione per ignorarci di nuovo...! Hic! »
Per tutta risposta, l'intero complesso - ormai stancatosi di dar retta al ragazzino - fece per sciogliersi e disperdersi. Metagamer però, colto da un improvvisa crisi da abbandono, li precedette sulla strada di ritorno alle loro mansioni e, saltato sopra uno sgabello e issate le braccia a V sopra il capo, iniziò a far proclami a gran voce.
« Si'ori e si'ore, preparatevi a rimanere esterrefatti! Assisterete stasera ad un'altissima prova di magia, di illusionismo, di prestidirigirimirizirizzazione! Ebbene, grazie ai poteri fattimi dono da forze esoteriche e misteriose, farò apparire dal nulla qui, proprio davanti ai vostri occhi increduli, un...uh...questo non lo so ancora. Ma state sicuri che sarà qualcosa di stupefacente! »
Nemmeno ebbe concluso lo sproloquio che già si ritrovava a mulinellare le mani per aria, con le dita protese a manipolare chissà quale invisibile fluido arcano e la lingua stretta tra le labbra in un'espressione concentrata di fantozziana memoria. Gli scettici spettatori stavano già per buttarlo giù di prepotenza dal suo pulpito per trascinarlo di forza alla sua branda, quand'ecco che un forte crepito li dissuase dall'intento e convinse a restare: dalle mani del ragazzo cominciò a fuoriuscire un denso fumo nero-bluastro, venato di azzurro elettrico e crepitante di scariche irregolari; addensandosi iniziò a turbinare, dapprima con viscosa lentezza, poi sempre più fluidamente, finché il crepitare non si fece più intenso e un'esplosione di luce investì l'intera stanza. I marinai, dopo qualche istante di esitazione, scostarono le mani portate d'istinto al viso per proteggere gli occhi dall'intenso bagliore e si prepararono ad ammirare qualsivoglia meraviglia fosse stata prodotta da un incanto così straordinario. Ciò che videro li lasciò senza parole: Metagamer, disteso per terra accanto allo sgabello riverso, che se la russava di gusto; e più nient'altro. Si scambiarono occhiate perplesse, ma infine decisero di prenderlo di peso e gettarlo sulla prima amaca incrociata sulla loro via. Ciò che non potevano immaginare era che, in realtà, l'evocazione non era affatto fallita com'era parso loro; aveva solo sortito il suo effetto un po' più in là, oltre la paratìa della cabina...
« ...il ché ci riporta al perché adesso io mi ritrovi sul sudicio ponte di questa bagnarola a narrarvi quanto accaduto. Peraltro, sono l'unico a trovare strano il fatto che io conosca tutto ciò che è successo prima di essere stato evocato?! »
« Perché dovrebbe essere strano? È bastato leggerlo qualche riga più su! »
Bananate a parte, come concordato sei libero di usare il caro Wade come più ti aggrada...ovviamente rispettando i limiti imposti dall'ambientazione, zimbello. Non mi fare pentire della fiducia concessati...
“Anche io sono capace di usare un vuoto narrativo a mio vantaggio” pensò Asura tra sé “Per burlare gli altri o semplicemente essere lamer, ma non sono tanto malizioso. Orbene, pur copiando spudoratamente lo stile di scrittura grazie al mio shrainflan con una tomoa – e no, non ho sbagliato a citare, solo che non è Naruto – purtroppo farò la figura di Saskè contro RockLee. Insomma, una figura di cacca al primo incontro, ma solo perché non sono ancora tanto bravo.”
Se ne stava lì, Asura, seduto al tavolo assieme ai nani, con quella parrucca e i codini, a guardare lo spicciolo spettacolino del singolare e strano tipo con la casacca color vomito. Nemmeno bere cervogia senza ritegno lo aiutava a soprassedere alle sue condizioni, sebbene avesse già svuotato almeno otto pinte. Un nano con grande azzardo gli diede un pizzicotto sul fondoschiena, al che Asura si voltò tirandogli un malroivescio. «Ti sembra il caso brutto screanzato? Anche le donne hanno una dignità! La prossima volta che ci provi con qualcuna offrile da bere prima per rompere il ghiaccio.» Il nano rimase impietrito a vedere in faccia l'uomo con i codini, e borbottando qualche bestemmia tra sé e sé ritorno da un gruppo di amici che se la ridevano alla grande in un angolo della sala. «Ora, Gennarino, dammi sta dannata armatura, ti sei divertito abbastanza!» disse al nano che lo affiancava. Una volta finito di ridere, torvo in volto, il piccoletto volle aggiungere qualcosa, ma l'uomo subito lo fermò, parlando per primo: «Sono già 5 ore brutto sgorbio, e se non vuoi dire addio al tuo pipino, faresti meglio a mantenere la parola data.» Il nano non ebbe altra scelta che portarlo nella cabina di stiva. Avvolta in una coperta vicino all'entrata, l' “introito illecito” del nano era in bella vista. Rossa e dorata, l'armatura sembrava ben tenuta e lucida. «Tiè, divertiti»
“Con questo esempio di poca coerenza narrativa, vi faccio entrare nel mondo del bad writing. Non è certo plausibile che un nano doni un'armatura per solo divertimento – e nemmeno quel tipo di divertimento -, ed è una lamerata grande a grossa far apparire armi e armature a caso. Ma ehy, sono un lamer e posso farlo. Ah, e ultima cosa, mai usare faccine nei post: vero Metagamer?”
Seppur non senza alcuni problemi, una volta indossata l'armatura, Asura si spostò sul ponte della nave per prendere un po' di aria fresca. «Mannaggia, questa armatura ciuccia magia come se non ci fosse un domani! E solo per delle lucine del piffero» disse guardando le mani e il petto che brillavano di una luce azzurrina.
«Ehy, amico, che ne dici di darmi un po' di spazio? Non sono ancora comparso se non all'inizio! Anzi, senti, che ne dici se faccio il ruolo del protagonista? Guarda, ho anche fatto uno script» *Deadpool indica un quaderno* «Ci aggiungiamo qualche sventola da paura, una piscina di quelle belle da ricconi e si parte con una festa in bikini.»
“Manca il budget, non sei su una rivista di playboy! Inoltre sarebbe molto contro ambientazione. Inoltre le mie meraviglie, io le voglio, quindi no.” «Perché becchiamo sempre le scene con gli squattrinati?» «Sfiga» «Almeno non siamo vestiti da contadini con la zappa in mano» «Zitto, non dargli altre idee che ci richiama anche così se vuole!» «Scusa, hai ragione, ma che dovremmo fare ora?» «Ehmmm, sembra che l'unico evento disponibile sia parlare con quel tizio» «Damn...» Moscio e con la schiena ricurva, Deadpool si avvicinò ad Asura, e tichettando con un dito sulla sua spalla, lo fece voltare. «Ehylà Stark, come butta?» Sotto l'elmetto Asura guardò accigliato il clown. «Eh no eh! Clown no! Non dovevi! Levati!»
Subito il mozzo sull'albero maestro iniziò a gridare a squarciagola. Un'onda molto forte fece tremare la nave, e l'uomo in alto cadde. Non ebbe nemmeno il tempo di toccare il ponte della nave che un enorme squalo saltò dall'acqua e lo mangiò al volo. I nani accorsero veloci, ma nessuno di loro poteva fare nulla contro quel mostro marino. «Deadpool!» gridarono in coro «Salvaci tu!» «Bhè Stark, che aspetti?» disse il ninja rosso. «Vola!» poi toccò la luce centrale sull'armatura, e in un attimo Asura si ritrovò a mezzaria con un ospite sulla sua schiena. Le spade sguainate e taglienti puntarono verso lo squalo che di nuovo stava saltando fuori dall'acqua. «Megasqualo o Sharknando, here we come!» «Ma non sarà pericoloso?» «Di che hai paura, è solo un pesce!»
Klang, swoosh, yawn, ratatata, pew pew.
«Whoa, ora è tempo di sushi!» in un attimo, vestito con un grembiule bianco e un cappello da cuoco, Chefpool incominciò a preparare il riso ed i filetti i pesce.
Puff
In una nuvoletta di fumo scomparve lo strano individuo, lasciando il ponte della nave silenzioso come prima del suo arrivo. «Quei funghetti nel risotto forse non erano champignon.» disse mentre se ne tornava verso la sua amaca. Mentre passava in uno stretto corridoio, dentro ad una cabina vide il pagliaccio di prima, quello con la casacca color vomito, dormire per terra russando senza ritegno. In un attimo una lampadina si accese nella testa di Asura, e subito andò a prendere l'inchiostro e la penna del capitano. Nemmeno un minuto ci volle e la sua opera d'arte si era concretizzata sulla fronte del maestro d'orchestra improvvisato: un pene dipinto sulla fronte. «Così impari!»